Soldi IO al numero. L'arretrato soldi 20 L'Associazione è anticipata: annua o semestrale — Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 75 — 25 settem. 76 importa fior. 3 e s. 20 ; La semestrale in proporzione. Fuori idem. Il provento va a beneficio dell'Asilo d'infanzia 7-7' M. CRONACA CAPODISTRIANA BIMENSILE. si pubblica ai 9 ed ai 25 Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore I L'integrità di un giornale consiste nell' attenersi, con costanza ed energia, al vero, all' equità, ulta moderatezza. ANNIVERSARIO — 28 Gennaio 814— Muore Carlo Magno — (V. Illustrazione). Alcuni brevi cenni storici sul giornalismo (Cont. V. i N. 18, 20, 23 del I anno ed il N, 1 del II) Come appare dalle cifre qui sopra scritte abbiamo un vecchio debito da soddisfare: è tempo di sdebitarci. Abbandonando per ora la culla del giornalismo, cioè Venezia, faremo una rapida rivista dei primi e principali giornali dell' Europa che veramente con più appropriata locuzione si dovrebbero chiamare periodici, poiché uscivano a periodi e non quotidianamente. In Francia il primo giornalista fu il medico Teofrasto Renaudot, il quale nella prima metà del seicento, per distrarre i suoi ammalati faceva loro recapitare la così detta Gazette, vale a dire un accozzamento di novità le più disparate, che dapprincipio riguardavano solo la città e la corte (Enrico IV e Luigi XIII borboni) eppoi tutto il mondo. Questa gazzetta fu l'atava dell' attuale Gazette de France, il più antico dei giornali politici della Francia. Nel 1665 principiò a Parigi il celebre Journal des Savans sotto la direzione di certo Salo col pseudonimo di Sieur de He-douville: dava estratti e notizie di tutti i libri nuovi. Di tal fatta furono pure le Transazioni filosofiche di Londra, gli Ada Eru-ditomm di Lipsia e parecchi altri ancora. Nel 1672 comparvero Les Mcmoires et Conferences des Arts et des Sciences di Battista Denis, figlio di un vigile parigino ed in seguito medico, da non confondersi con Michele Denis bibliografo e poeta tedesco nato in Baviera nel 1729, e che poi venne nominato primo conservatore della biblioteca imperiale a Vienna. Tali Memoires erano la continuazione del Journal des Savans; ne uscirono alquante anche nel 73 e 74, e contenevano oltre a bellissimi trasunti di opere, anche i pubblici discorsi che il medico Denis teneva nella propria casa, e trattavano iunoltre APPENDICE. BARBABLEUE RACCONTO DELLA TURINGIA della signora E. Marlitt Traduzione dal tedesco di ANNA P. Lo sgrìglio degli stivali destò la zia che aveva pisolato : si rizzò sorridente, e prese gli occhiali per leggere ancora un poco. Sauer intanto chiuse le finestre e prima e con fretta quella di mezzogiorno, guardando alla sfuggiasca Lillì con fare che voleva dire: celiamo a quello sguardo innocente la lubrica scena. Lillì tolse dalle mani della zia Barberina le gazzette e gliele lesse fino allo scocco delle dieci. Allora la consigliera, non decampando dalle abitudini rigorosamente metodiche, accompagno Lillì nella sua stanzetta, e, dopo di averle impresso un bacio sulla fronte, le augurò la buona notte. Ivi le finestre erano ancora aperte, e vi entrava il profumo delle viole in- di fisica e matematica. Non è da passare sotto silenzio che questo medico fu zelante fautore della trasfusione del sangue. In Olanda nel 1684 comparvero Les Nouvelles de la Bepublique des Lettres cominciate da Pietro Bayle (secondo Voltaire: il primo dei dialettici e dei filosofi scettici), anche questo da non confondersi col medico Francesco Bayle, pure francese, nato ai primi del settecento - nell'86 Lì Istoria delle opere degli eruditi dell' avvocato e scrittore Enrico Basuage di Beauval (continuazione delle Nouvelles) - nel 93 La Biblioteca Universale e Storica del ginevrino Ledere - ed altre ancora pubblicazioni periodiche che il nominare sarebbe troppo lungo. I principali giornali tedeschi furono il Monatlichen Unterredungcn (1689-98), (Trattenimenti mensili) di Guglie! mo Ernesto Tent-zel filologo e numismatico, e la Biblioteca curiosa (1704-7) dello stesso; il Giornale di Hannover (1700-2) diretto dal celebre Leibnitz, e continuato da altri; il Vecchio e Nuovo, giornale teologico, che poi cangiò il titolo in Notizie imparziali (1701-46) di Valentino Loescher, profondo anche in filologia. Lipsia, Francoforte e Aja ne ebbero uno ciascheduna veno la stessa epoca. Dall' Olanda il giornalismo si estese all'Inghilterra ove poscia in causa delle lotte parlamentari raggiunse uno sviluppo grandissimo. Quivi il più antico giornale, La Gazzetta di Londra data dal 7 novembre 1665 ed usciva due volte alla settimana. Contemporanei ad essa L'osservatore, il Mercurio Ate- ■ niese (filosofia scolastica e annedoti) e la Collezione per lo sviluppo dell' industria e ' del commercio che più degli altri conteneva uua moltiplicità di notizie ed avvisi di natura disparatissima. E poscia La storia delle opere dei letterati (1699) seguita dalla Censura temporum, (1708), dalle Memorie della Letteratura le quali erano semplicemente una sieme ai raggi della luna che facevano biancheggiare il lettuccio. Le ultime nuvolette del temporale solcavano intermettenti il disco lunare, e lassù nella torre dietro il cristallo i-storiato passava e ripassava ancora quell'ombra solitaria. A poco a poco le nubi minacciose si sciolsero, e la pallida luce della luna si versò dai loro orli improvvisamente sulla terra, dandole quell'aspetto strano ed enigmatico, che desta nel cuore umano le domande a cui fu negata la risposta, e che noi dif-finiamo con una sola parola: desiderio indefinito. La lampada della torre si spense; ma Lillì si decise di vegliare ancora e di non chiudere le imposte. Certo, Barbableu s'era coricato, ed auche i suoi servi bianchi e neri riposavano ; epperciò questo era il momento propizio per lanciare uno sguardo senza riguardo sulle temute ed attraenti sontuosità dell' altra parte della siepe. Uscì di stanza e pian pianino senza fiatare percorse l'andito, passò inosservata dinnanzi alla cucina ove Dorotea e Sauer sbrigavano le ultime faccenduole, e giunse alla porta del giardino. Una melodia dolce, piena e commovente da sembrare vo- raccolta di articoli dei giornali europei tradotti in inglese; e dalla Miscelany che consisteva di trattatelli sopra svariati argomenti. E giù giù veniamo fino agli odierni Daily Te-legraph colla tiratura quotidiana di 170 mila copie, Standard con 140 mila, Daily News con 90 mila, al Times con 70 mila. A proposito del Times riusciranno certo interessanti ai nostri lettori le seguenti notizie sul sig. Delayne redattore in capo (morto in questi giorni) che si lessero nell' Èvenement scritte dal sig. Yriate. "Anima del Times è il sig. Delayne; uomo che attualmente ha 60 anni circa e lavora fin dall'età di 18 anni nel giornale in cui suo padre occupava un posto importante. Egli principiò coli'essere sotto redattore, indi redattore; si famigliarizzò col maneggio degli affari, fu abituato fino da giovine alle grandi transazioni, visse iu mezzo agli uomini di stato inglesi, vide sorgere i varii incidenti che determinarono a poco a poco quelle che si chiamano questioni e ricevette, per così dire, quale deposito le grandi tradizioni inglesi dalla bocca stessa dei più illustri rappresentanti della politica nazionale. „ "All'età di 28 anni il sig. Delayne venne nominato redattore in capo del Times; sono quindi più di 32 anni ch'egli è a capo di questo giornale e fa la vita che descriviamo qui appresso. „ " Il redattore in capo si alza all'una pomeridiana, scrive alcuni biglietti, dà degli appuntamenti per la sera negli ufficii del Times a tre o a quattro redattori più particolarmente atti a trattare le questioni che sono all'ordine del giorno e le attualità del momento. Egli fa colazione e riceve per un' ora di temp} gli uomini politici inglesi o di tutte le nazioni che trovatisi di passaggio a Londra. Va a passeggiare nel parco a cavallo od a piedi, e quindi va da lord Granville o dal suo capo di gabinetto, ove naturalmente si parla ce umana, risuonava per l'aria ora crescendo, ora estinguendosi ed ora affievolendosi quale eco di un dolore passato o di un desiderio segreto: erano le vibrazioni di un violoncello che scendevano dalle finestre aperte della torretta. Lillì stette immobile ad ascoltare, senza por mente che le sue leggere pantofolette premevano la ghiaia bagnata e che gli orli insucidati della veste di mussolina la tradirebbero l'indomani. Colui che sapeva trarre suoni così simpatici, che nel silenzio della notte sfogava nella musica le emozioni dell'anima, non poteva essere quel superbo e prepotente che dall'alto del suo cavallo ispirava timore, e che teneva prigioniera una povera donna custodendola come un cerbero. Durante il finale morente dell'adagio, Lillì si diresse inavvertita verso il padiglione, nel quale v' era la finestra, la vera causa, secondo 1' opinione di Dorotea, della demolizione. Il suo pensiero corse a quella finestra perchè non avrebbe potuto giungere a guardare oltre la siepe: anche il lunghissimo Sauer vi avrebbe rinunziato, chè troppo alta e fitta era la verde parete. Quante volte per lo passato delle questioni del giorno; dà il suo parere, i suoi consigli, comunica le sue impressioni, si fa l'eco dell' opinione pubblica, reclama tale soddisfazione, accenna ad una soluzione ed apre una prospettiva. Lo si può quasi considerare un ministro consulente. „ "Alle otto pomeridiane pranza in città od in qualunque luogo egli si trovi, fosse anche a Corte; alle dieci precise egli si reca all'ufficio del Times. Già verso quest' ora le lettere dei corrispondenti di tutte le nazioni del globo, lette dai redattori, dai segretari, da tutto uno stato maggiore infine, sono state stampate, e le prove di stampa radunate tutte sul suo scrittoio. Lì lo aspettano pure anche tre o quattro redattori ch'egli ha convocati ed ai quali rimette un abbozzo composto di dieci, o venti o trenta righe al massimo, indicando i punti principali delle questioni del giorno, le tendenze che fa d'uopo fare spiccare negli articoli da scrivere, la forma sotto la quale debbono essere presentati, in una parola le linee generali. È appunto nella redazione di questi abbozzi politici che risplende, da quanto pare, il genio di grande giornalista del sig. Delayne. Questi abbozzi sono così bene tracciati e così vivaci, che l'anatomia dell' articolo trovasi già disegnata, e non rimane che a svilupparlo.» (Continua). I « I E X E (Cont. V. dal N. 13 dell'anno 1 in poi) Dopo aver parlato degli effetti salutari dell'acqua in generale, passiamo all'applicazione di questo prezioso farmaco per certe malattie in particolare. V acqua per le febbri infiammatorie L'acqua ha la proprietà di rattemperare l'eccessivo calore dell'organismo, di somministrare alla massa del sangue la corrispondente parte di fluidi e d'allontanare la tendenza a produzioni anormali. Essa vale a sedare la soverchia attività del sistema arterioso, di a-gevolare la secrezione delle feccie e delle urine, nonché la traspirazione della pelle. V' ha di quelli che nelle malattie infiammatorie ricorrono tosto al salasso. Certo che se la infiammazione è grande, il salasso diventa mio dei rimedii principali e più efficaci, ma supposto anche il salasso, intorno alla necessità ed opportunità del quale bisogna lasciare la decisione al medico, il salasso solo non basta. Il salasso non fa che diminuire la quantità del sangue ed agisce beneficamente iu quanto che la diminuzione della massa toglie pel momento od almeno diminuisce nell'individuo la diatesi infiammatoria, cioè il carattere proprio della malattia, ma non influisce punto a migliorare la qualità della massa sanguigna, nè ristabilisce l'equilibrio dei fluidi e dei solidi, il qual equilibrio, se non viene ristabilito, non può aver luogo la perfetta guarigione. ella non si era arrampicata su quella finestra per giuocare coi fanciulli della famiglia che teneva in affitto la vicina campagna! Era già tardi e il padiglione stava nell'ombra, nessuno quindi di sicuro la vedrebbe. Gli arruginiti chiavistelli dimostravano chiaramente che la finestra era chiusa da molto tempo. Finalmente cedettero; aperse con cautela le imposte, e al chiaro di luna le apparve il palazzo di Barbableue. Il profumo dei fiori esotici che vi aleggiava d'intorno contrastava coli' incanto misterioso che circondava l'orrenda fola del Barbableue, in cui il sangue ruscella. Più in là spiccava una donna di marmo bianco colle braccia rivolte al cielo, come se cercasse ansiosa di sfuggire dagli amplessi dell'edera che ne rivestiva il basamento; la luce della luna nuotava nello stagno in milioni di scintille tremolanti, ma splendeva invece piena ed immobile sopra i grandi cristalli delle finestre, e attraverso le cortine di seta entrava impunemente nell'interno misterioso del palazzo, e forse sorrideva iu due belle pupille, le quali nessuno sapeva se piangessero o brillassero di felicità. O lo sapevano forse le fontane che bisbi- Ed eccovi 1' effetto che, con o senza il salasso, secondo i casi e le circostanze, ha da produrre l'acqua. Essa si usa come bibita, come clistere (lavativo) e come fomento. Per usarla come bibita si preparano delle infusioni di piante adattate, come sarebbero il tiglio, il sambuco, la viola ed altre, o la si unisce a degli acidi vegetali quali sarebbero il limone, l'arancio, il lampone e simili. Bisogna che l'ammalato beva spesso assai se anche il farlo gli riesce molesto e per senso di gonfiezza che prova e pel dover muoversi ad orinare ogni momento. Si tratta di guarire, e questo riflesso deve rendere tollerabile qualsisia incomodo. Si teme da alcuni che il troppo bere indebolisca lo stomaco. A questo inconveniente rimediano le sostanze aromatiche unite all'acqua, ma quand' anche lo stomaco rimanesse un po' sfibrato, s'ha il vantaggio che si risparmiano salassi e si ovvia ad una lunga e penosa convalescenza. Alle bibite s'unisca 1' applicazione di clisteri e di fomenti. L' acqua sì negli uni che negli altri opera come vapore penetrando a traverso i pori della pelle esterna e di quella dell' intestino retto (el budel zentil), viene in parte assorbita allo stato liquido ed entra a produrre il suo effetto nell' interno dell' organismo. Vedete bene che la malattia, per quanto indiavolata, non può fare resistenza, ma aggredita contemporaneamente per davanti e per di dietro ed ai fianchi, deve battere la ritirata ed allontanarsi dal corpo umano. L'uso dei fomenti e dei clisteri dev'essere molto più applicato nel caso che il povero malato non possa bere che con somma difficoltà, o assolutamente no, imperciocché mancando l'effetto interno e principale dell'acqua bisogna supplirvi coli'uso esterno. Mi domanderete l'applicazione del rimedio che vi suggerisco. In quanto alia bibita procurate di secondare il gusto del vostro paziente, anche cambiando erbe od acidi e somministratela calda co^ che la possa mandar giù senza sentire un senso di freddo. Ma che beva spesso veh! spesso assai; quanto più beve tanfo più presto e più perfettamente sarà guarito. Il Padre della Medicina Ippocrate lasciò fra i suoi aforismi che nelle febbri si deve o bevere o morire (In febribus aut bibeiidum aut mo-riendum). In quanto ai clisteri sieno piuttosto caldi, ned'è necessario che vi mettiate dell'olio. Non v'inquietate so non restano a lungo nel budello, vi resta il vapore e il budello rimane bagnato. Riguardo ai fomenti : se la infiammazione è locale applicateli alla parte che soffre. Se la è generale fateli estesi quanto più potete. I fomenti siano di acqua calda e si rinnovino gliavano incessantemente? O forse i fiorellini lunghesso il viale muti custodi del segreto? Liliì spalancò macchinalmente le imposte. Delle foglie gigantesco dell' aristolochia, che foderavano il tergo del padiglione, le circondarono le spalle; nei loro verdi calici scintillavano le ultime goccie della pioggia. Un albero, tocco dall'imposta, si mosse, ed un pavone intimorito no volò a terra, e arrotondando la magnifica coda se n'andò via attraverso il praticello. L'aria era imbalsamata di profumi, le fontane mormoravano, lo smagliante volatile giva pel giardino, e tutto aveva un aspetto così fantastico, così immobile, da far credere che tutta la scena al tocco di una bacchetta magica sparirebbe. Dalla torretta risuonò di nuovo la melodia. Lillì sedette sul davanzale, incrociò le mani sulle ginocchia, e fissò lo sguardo come inebbriata in quel mondo strano e isolato. Ma sotto quel nereggiante pergolato non passeggia forse la statua di marmo scesa dal piedestallo ? No : le candide braccia stanno ancora immobili e rivolte al cielo, e sn quella rigida e fredda faccia passano 1' aria e la luce della luna senza ammalia. In quella tostochè il calore dell'umido non sia minore che il calore della pelle dell'ammalato. Nelle malattie infiammatorie è il sudore un sintomo preziosissimo, e perciò se il vostro malato si trova in sudore non lo disturbate con clisteri o con fomenti, ma contentatevi di fargli prendere tratto tratto qualche cucchiajo di te ben caldo onde coltivare la disposizione al sudore comparso. (Continua) G. F.—A L' uccellagione (Bozzetti) Vienna 15 Gennaio (Cont. V. i N. 3, 4, 6 e 7) La è sempre così quaggiuso. Da papà Adamo in poi l'uomo viene balestrato da sorte fatale in una vicenda di casi che formano ciò che chiamiamo vita: rose e spine; gioje e dolori ; amore e odio ; operosità, fatica ; virtù, delitti;. .... mamma mia! che preambolo p*r venirvi a dire che l'uccellatore quale individuo della specie Uomo deve portare anch'egli la sua croce e sottostare ai colpi della volubile dea che bazzica con tutti ma burlandosene in breve a nessuno si affida. Le disgrazie che visitano spesso l'uccellatore sono lievi, alle volte ridicole, ma pur sufficienti a mandar a rotolo le sue Attiche e strappargli il pane dalla bocca. Veuite per un po' di tempo nel boschetto con me in ispìrito. Bau ! bau . . lo seutite l'importuno di un cane che entratovi non ne trova l'uscita? salta, corre, fruga, guaisce, mette tutto sossopra ed addio speranze di preda. — Fin, fin . . . risuona il grido d'allarme degli uccelli liberi alla vista dello sparviere che in curve concentrici si libra ad ali tese lassù nell' aria. I richiami spauriti fan eco con canto più accellerato e ... via! via! chi li piglia più i beccafichi? Non odi un grido stridulo? — altro allarme del più imprudente fra una brigata di fringuelli che t>cco dalla pania spiffera il tranello agli amici liberi. Nè questo è tutto il male che mette a dura prova la pazienza e la lingua di chi uccella. Anche gli elementi si prendono qresti briga turbando crudelmente i di lui lavori. Siamo ancora nel boschetto: ecco una nuvoletta argentea che si aggira veloce nell'aria ; in pochi istanti essa vince il sole lo copre di uno strato nero nero ; e poi giù t'inaffia con de' goccioloni grossi e spessi. E l'uccellatore intanto ? corre di qua e di là, mette al riparo i richiami, raccoglie le paniuzze sempre sotto quel bagno a doccia punto desiderato e meno salutare. Altra volta egli ha da fare colla patria bora che colle sue raffiche violenti atterra paniuzze, slega ver-gelli, dibatte richiami e rendendo impossibile l'uccellagione dà egualmente da lavorare alla sua vittima: nettar le paniuzze dall' erba e dalla polve, che vi si appiccicano e metter al sicuro le gabbie. Non basta lettori miei! figura invece che sempre più s'avvicina c' è vita ... un sospiro giungeva fino a Lillì . . . senza dubbio, era dessa, la moglie di Barbableue... si fermò un'istante ad orecchiare: era una figura alta, maestosa; una veste leggera e lunga ne copriva le forme snelle e venuste. Teneva stretta al seno la destra in atto di calmare il cuore agitato, mentre il braccio sinistro le peudeva al fianco. In quell' atteggiamento v'era una grazia indescrivibile, v'era anche della rassegnazione e dell' abbandono simile a quello del salice piangente che lascia cadere a terra i suoi deboli rami. Un velo nero scendente dal capo sugli omeri, le copriva il viso, celando agli sguardi della fanciulla la forma e l'espressione di quei lineameuti. Per un momento nella mente di Lillì la realtà si confuse colla fola: sentì però istintivamente che non doveva farsi scorgere, e volle scendere inosservata dal davanzale, ma come per incanto il suo sguardo tornò a fissarsi in quel-l'apparizione. Se era infelice perchè non fuggiva dalla prigione? Passare la siepe e rifugiarsi nel giardino della zia Barberina non pareva poi a Lillì un'jmpresa impossibile'; ella accoeolato nel capanno odi le grida degli agricoltori vicini che si chiamano, chiaccherano, stimolano i buoi nell' arare, o cantano cacciando al pascolo la gregge o si bisticciano per turbato possesso. Bell'uccellagione in fede mia a cui non manca che la visita (Dio scampi gli uccellatori!) di un sordo! Ne ho numerate parecchie fra le disgrazie che possono toccare a chi uccella, molte le lascio nella penna per entrare in un campo più ilare e meno nojoso: da uomo di parola mantengo la promessa e vi narro gli annedoti. Ad un patto però : — chi li conosce mi prometta di non appressare la destra distesa all' estremità del mento in quella guisa usata da noi per dire d'una cosa ch'essa ha la barba grigia se non bianca affatto. — Certo non son' io che voglio attribuirmene il pregio della novità, li narro come li udii. Ne' primi anni del secolo uccellava a Luparo 1) certo Pre' M.. . che fra i vespori e la messa si prendeva quel divertimento a lui carissimo. Un bel dì mentre se ne stava rannicchiato nel capanno scorge fra i rami del boschetto una figura color tabacco che a poco a poco colla vicinanza prese le sembianze di un cappuccino suo. amico. Alla visita inaspettata imaginatevi le festose accoglienze da parte di Pre' M.. . Si scambiano due grosse prese, le annasano rumorosamente mentre il proprietario fa le lodi del suo boschetto e l'amico se ne sta tati' orecchi ad udirlo. Ben presto la cosa muta aspetto. Il cappuccino anch' egli vuole fruire del divertimento; va infatti a perlustrare il boschetto e rientrando nel capanno pulisce dal vischio gli uccelletti predati ed accarezzandoli li ridona alla libertà ripetendo a più riprese: va, carino! che prorompeva sincero dal suo cuore tenero e zoofilo. Pre' M ... peraltro che da due ore fiuta l'arrosto di là da venire è malcontènto di vedere così miseramente sfruttate le sue fatiche. Si sdegna e non facendo vista di nulla imagina una vendetta strana quanto bizzarra. Mette cioè alle porticine del capanno due panioni in modo che il cappuccini' rientrando da una perlustrazione dà colla barba nel vischio ed ha che fare per levarsi d'impiccio fra le risa dell'amico. Ecco un a tro racconto più recente e non meno storico successo una trentina d'anni fa. In una campagna di Provè 2) uccellava l'avv. C. . . di carissima memoria. Il modo era strano, poiché egli, apprestate le paniuzze, si metteva a dettare nel capanno ad un giovane di studio, certo Nicoletto, con voce sonora e che invano tentava d'indebolire. Le scritture per il Foro erano ivi composte: fra un § e l'altro, fra una petizione ed una controconclusionale entrambi, avvocato e scrivano, sbucavano a visitare il boschetto, ma di uccelli, ben lo potete imaginare, non trovavano piuma. Rassegnati faceano ritorno al lavoro nel casotto, e l'avvocato ingenuamente si consolava dicendo: Semo sempre sfortunai .... basta, andemo avanti Nicoletto. E continuava a dettare. Questi gli annedoti a cui vanno aggiunte due burle stupende fatte non so a qual'uccellatore dei nostri luoghi da un capo ame- stessa avrebbe osato ben altro per tener fronte a quel tiranno . . . piuttosto morire che vivere in quella prigionia. Che quella misera donna sopportasse il giogo volontariamente per amore verso il suo carceriere, non le venne mai in mente. Lillì non aveva ancora nessuna esperienza delle contraddizioni e delle stranezze dell'amore, per la semplice ragione che l'amore per lei era ancora un sentimento affatto ignoto. Il suo cuore palpitava all'idea di poter forse assistere e sollevare quella sventurata, e perciò invece di ritirarsi, sporse la sua testolina piena di eroici propositi, lasciando cadere la piena luce della luna sulla di lei personcina, che quale genieto protettore dei fiori emerse dalle larghe toglie dell'arrampicante. In quella echeggiò un grido di do'ore: la straniera si compresse il velo con ambe le mani no suo amico. Questi imbiancò di calcina la sommità degli alboreti, e 1' altro per parecchi giorni discervellossi nel trovare la causa onde di uccelli non vedea neppur l'ombra. — Un altro applicò dei piccoli frantumi di specchio in cima agli alboreti; il sole rifietten-tendosi vi scintillava di sopra, ed al lucicchio gli uccelli prendevano il volo alto e lontano Molto tempo vi abbisognò di fatica improba primachè l'uccellatore scoprisse la burla. Purché lo aggradiate ancora per poco, sarà continuato. __E. L. 1) Villetta nel territorio di Capodistria. 2) Presso Capodistria. CHI A CCIIERATA DI l \ BACO Signor, mi pasco sol di verdi fronde Altrui lasciando sempre il frutto e il flore; Il mio valore e le virtù profonde Mi rendon cavalier degno d' onore ! Mentre sereni dì fanno gioconde Queste mìe poche velocissime ore, Nel suo medesmo tetto ognun m'accoglie Per farsi erede poi delle mie spoglie. Ma or son più anni in ver che anch'io sdegnato Pel modo che mi trattano cortese Non do che poco frutto e sì sgraziato, Che quasi mai non ponno aver le spese. Ma più costor m' avranno accarezzato E più mi sdegnerò, sinché palese Cotesto mio capriccio sia a coloro Che voglion tramutarmi in lucid'oro. V' è chi accoppiar mi prova a una cinese, Un altro poi mi dà una sposa sana E sia del Turkistan o giapponese. Ma inveì- costor non hall la testa piana ; 10 torto mai farò al mio sì bel paese Col tornii una sposina oltramontana. Dunque lascino pur cotesto spasso E li consiglio a farsi un buon salasso ! V' è chi mi studia ancor s'uno strumento Di forma tale e di virtù sì rara Che se ci guardi dentro in sul momento Un bue ti sembra un'esile zanzara; Un altro infine il cibo succolento Con spessi tagli al gelso mi prepara . . Ma che mi cai parlar più di costoro, Inutilmente il so me n'addoloro! Conosco anch' io non nego già il progresso E anzi il capo modesto ad esso inchino; Ma in certe cose inver te lo confesso Mi piace assai di più quell' adagino Che dice : "Non cangiar tuoi usi spesso » Poiché più cangi e più sarai meschino ; „ E chi la vecchia lascia per la nuova „ Più volte assai burlatosi ritrova.,, Ammetti pur eh'ancor Sfinente io sia 11 modo che condurti con me devi, Sarà di ben spruzzarmi tutto in pria, Come una volta sempre tu facevi, Con generoso vin di malvasia, Di quel che spesse volte tu ne bevi E poi fai il pazzo e canti sì stuonato Che sembri un asinelio innamorato. Non mi porrai tu a nascere eh' allora Che vedi il cibo mio ben germogliato; Se lo facessi prima tal dimora Verrebbe destinata a me sgiaziato Da invidiarne assai quella di Plora, Ove 1' aere è puro e imbalsamato : Certo verrei gettato senza piòta 'Ve la decenza qui Bpiegar mi vieta. Riparami, se il puoi, da freddi tardi. Dunque ben vedi che una stanza voglio Con stufa ; e se fa freddo in questa v' ardi Del spin ginepro d' ogni legno spoglio ; E con ba'cone che a levante guardi Ed a ponente un altro ; il grande soglio e fuggì come inseguita, sulla scalea; si aprì tosto la porta della terrazza e nel vano illuminato comparve il moro. Giuuta presso di lui sembrò per un istante che svenisse, ma improvvisamente si rizzò, e dopo di aver accennato col braccio il padiglione, entrò nel vestibolo. Lillì, come ben puossi immaginare, era rimasta pietrificata; ma al vedere il moro che scendeva da furibondo, chiuse in tutta fretta le imposte. Aveva appena inanellato il primo chiavistello ch'esso già batteva terribilmente 1' imposte proferendo in cattivo tedesco una sfuriata d'imprecazioni e di maledizioni. La giovanotta spinse colle dita convulse anche il secondo chiavistello, mentre udiva ancora attraverso le fessure della gelosia la voce rauca del moro, sembrandole quasi di sentire il tepore del suo respiro. Continua A tramontana ; e il tutto chiuso bene, Da farmi al caso mitigar le pene. Ho anch' io i miei vizii, molto ghiotto sono, Mi piace assai l'odor delle salsiccie 1) ; E quando mi vedrai che mi sprigiono Ad una ad una delle mie pelliccie Dammi un bel pasto sostanzioso e buono; Non darmi mai le foglie secche e riccie, Chè quanto io tengo innanzi mangio tutto E cresco sù poi giallo nero e brutto. Molto inver ci sarebbe ancora a dire, Ma più non vo' abusar di tua pazienza. ■Ricorda ancor che mi farai languire Se cibo non avrò a sufficienza. E il letto non lasciarmi imputridire Chè questa ò la peggiore negligenza . . . Per oggi basta; addio, ci rivedremo E verso luglio ancor ne parleremo. __Alessandro C. 1) Lessi in un vecchio trattato di bachicoltura che i eontadini lombardi per appurare l'aria infetta dalla soverchia puzza del fogliame riscaldato, ponevano sulle brage cotichini e salsiccioni credendo che i piccoli bachi fossero avidissimi di quegli odori. Rime in dialetto veneto di Polifemo Acca. — Trieste, Stabilimento tipografico Appolo-nio & Caprin Chi vuol passare qualche ora di buon umore legga questo libretto. Sono piacevolissime poesie di argomento sempre faceto, scritte con grande scioltezza ed arguzia; e le facezie non sono di quelle che fanno imporporare le guance alla donna ammodo e ridere sgangheratamente lo s eusierato: non c'entrano i lubrici bisticci, le meschine risorse a cui s'appigliano di frequente gli scrittoielli che non sanno in in altra gu sa sollazzare. La .-atira vi corre piana, linda, non acerrima, e molte persone nel leggerla si troveranno fotografate s-euza provare astio per l'autore. Lo scopo adunque propostosi e pienamente raggiunto dal modesto poeta triestino che si cela col pseudonimo di Polifemo Acca, cioè dal signor Giglio Padovan, non fu già il comune e frivolo di provocare risate, ma uno importante perchè informato alla sana morale, alla meta della satira utile, quello cioè di rampognare certi difetti frutti di educazione falsa o trasandata, certe passioni dalle quali una volontà risoluta può riuscire a scatenarsi, e certe a-bitudini moleste pel prossimo che la leggerezza fa incontrare facilmente. E tra le abitudini moleste sferzate dal poeta ci siamo imbattuti in quella dei nostri popolani (ora redarguita dalla polizia), i quali nelle sere d'estate, appena arripato il vaporetto alla cima del molo s. Carlo, saltavano giù da tutto il bordo e si davano a correre sfrenatamente verso la piazza grande, perchè s'erano fatta tra loro la convenzione che la scelta dol posto più opportuno del mercato a vendere l'indomani mattina le frutta, Terrebbe sognata inviolabilmente da ciascheduno col gettare in quel sito la giacchetta, e colla facoltà poi d'andarsene. Ed ecco come la descrive il brioso poeta : La corsa dei barbari Tuti quanti me dise : Vare là, Vu che andè in cerca d'un genial sogeto:; Varè là che magnifico quadreto Pieri de grazia, de brio, de novità! E i me mena davanti a un vaporeto 1) Che vièn fischiando alegramente in qua, Stracarego de zente ch'ai mercà Vien col panier, la sporta, e'1 cesteleto. La machina e' 1 timou se move ancora, Che i salta come rospi sula riva, E in quatro slanzi el molo i se divora; Ghe bagia i cani e spazemai li schiva; D'ogni banda le guardie sbalza fora Drio sta marmagia ch'à ciapà la briva; E là sul campo de la Piatza Magna Come un stormo de corvi i se sparpaglia In mancanza de pele de pantera, Su le giachete i se stravaca in tera ; E ronchizando co la lengua fora La fergnocola 2) i speta de l'aurora. 1) Di Capodistria. 2) Buffetto. Illustrazione dell' anniversario Della storia di Carlo Magno ne sono piene lè fosse, è. vero ; ma noi coerenti al nostro assunto, non. possiamo ommettere l'anniversario; e dopo di aver rovistato e scartabellato non ci fu possibile di trovarne un altro. Brevissimi quindi in quello che lo riguarda come uomo publico ci intratteremo sopra alcuni particolari della sua vita privata, forse di non generale conoscenza. Carlo Magno, re di Francia, nacque in Baviera nel 742. Dopo di aver guerreggiato a lungo contro i varii popoli, il suo impero si estendeva dall' Ebro fino al Raab in Ungheria ed all'Oder nell'oriente; dallo stretto del mare del settentrione, dall'Eider e dal mar Baltico a tramontana fino al Mediterraneo ed al Tevere. Neil'800 si fece incoronare imperatore da Papa Leone III ; e fu al pnnto di essere signore del mondo, accettando la mano offertagli dall' ambiziosa I-rene imperatrice d'Oriente, se questa non fosse stata detronizzata. Fu politico e legislatore di grande senno. Divise l'impero in distretti con a capo un conte, lasciando ai popoli soggiogati le leggi nazionali. Organò l'esercito coll'eribanno, legge questa che costringeva a militare in caso di guerra tutti gli uomini liberi, coll'obbligo di provvedersi a proprie spese del vitto per tre mesi, delle armi e delle vesti per sei: gl'indigenti rimanevano a custodire la patria. Gli Scalini amministravano la giustizia. V'era un'assemblea formata dai grandi tanto laici che ecclesiastici. Ispettori erano i Missidominici Fondò conventi e vescovati, e sempre ebbe a cuore il benessere del clero. Promosse di frequente concilii ecumenici onde opporre argine alle eresie. S'occupò di strade e di canali, e vagheggiò il progetto di unire il Beno al Danubio e 1' Oceano al Ponto Eusino. A tal fine, occupando tutto l'esercito fece scavare un canale, il quale doveva unire l'Altmuhl presso Ratisbona col Eezat di Svevia che sbocca nel Regnitz, fiume che va nel Meno, ma dopo due mila passi di lavoro, piogge, frane ed imperizia mandarono a vuoto il progetto. Ebbe 5 mogli, 6 figli e 8 figlie. Era alto di statura, fortissimo e nuotatore insuperabile ; aveva grossa la testa e grosso il collo, grande il ventre, lungo il naso, esile la voce; e portava soltanto dei piccoli mustacchi. "Non portava nel verno, dice Eginardo, cronista contemporaneo, che una semplice giubba di pelle di lontra sopra una tonaca di lana orlata di seta; si poneva sulle spalle un sajone di colore azzurro e per calzari usava corregge di varii colori., Protesse le arti ed amò l'istruzione. Fece venire dalla Grecia degli istruttori ed obbligò tutti i suoi e la servitù a frequentare la scuola. Di lui rimangono i Capitolari, un frammento di grammatica ed il suo testamento. Narrano i Cronisti che assalito in gennaio dell' 814 da violenta febbre unita a pleuritide, egli, secondo il solito pretese di curarsi anche in tale circostanza colla sola dieta ; ma la natura aveva esaurite le sue ricorse morì a 72 anni ai 28 dello stesso mese alle ore 10 della mattina, tranquillissimo, colle braccia incrociate sul petto, esclamando : Signore io raccomando l'anima mia nelle tue mani. Fu calato in una tomba ad Aquisgrana, seduto sopra un trono d' oro. cogli abiti imperiali, colla corona sul capo, cinto della spada, con un calice in mano, sulle ginocchia il suo libro degli Evangeli, lo scettro e lo scudo d'oro ai piedi. Empiuto il sepolcro di profumi e di monete d'oro, venne suggellato, e di sopra vi venno eretto un magnifico arco di trionfo colle parole : "Qui riposa il corpo di Carlo, grande ed ortodosso imperatore, che ampliò gloriosamente il regno dei Francesi e lo governò felicemente per qua-rantasette anni.,, Nel suo testamento, fatto nell' 806, lasciò diviso lo stato tra i suoi tre figli superstiti, dando libertà ai popoli di sciegliersi un sovrano dopo la loro morte, purché fosse del sangue reale; e dispose che se fra i tre successori avvenisse discordia, si ricorresse al giudizio della croce. Il giudizio della croce, era un modo curioso di decidere i litigii : si conducevano in chiesa due uomini, i quali colle braccia alzate e tese in guisa da raffigurare colla persona la lettera T, dovevano assistere alla mess i : quella parte il di cui rappresentante era il primo a stancarsi, perdeva la causa. Salii della Loggia. — Assassini, catene e baionette . . . ina signor cronista, dove diavolo andiamo a parare? esclameranno i trecento lettori dell' Unione, supposto che tutti gli associati la leggano, senza limitarsi a fare un'opera di beneficenza ... ma il cronista imperturbato continua: assassini, catene e baionette s'affacciarono più volte alla nostra mente (tra parentesi : tutti i cronisti contemporanei parlano sempre col noi come gli scettrati) durante le velocissime ore dell'accademia favoritaci dalla società Filarmonica la sera dei 15 corr.; e non per l'associazione delle idee (grazie tante! altra esclamazione dei trecento) ma per un ricordo storico sbucatoci improvvisamente da un recondito ripostiglio della scato-luccia dei pensieri. In questa medesima sala, ove ora Euterpe ci procura ogni qual tratto sollievo e spasso, ai bei tempi del Regno d'Italia (come li chiamano i nostri vegliardi ancora entusiasti) vi regnava l'inesorabile Astrea, v'erano le Assise. Alla parete d'occidente, presso la quale suona l'orchestra, sedeva la Corte ; dove adesso pompeggia ed olezza il bouquet centrale costituito dalle dame, stavano sbigottiti o truculenti gli accusati ; ed alla porta si pavoneggiava l'usciere togato colla mazza. Quale mutamento! Oh la fatale incostanza degli eventi! (nella quale moltissimi sperano, soggiungeranno probabilmente tutti i trecento). Nel volo dei secoli quaute volte essi si cangiano, si modificano e si ripetono più o meno compiutamente ! Quindi nessuno dovrebbe trasecolare se un giorno venissero . . . ossia ritornassero ... le Assise in questa sala. Entriamo nel solco eh'è tempo; ma vi entriamo perplessi, poiché non avendo potuto intervenirvi il nostro consunto relatore musicale, ed essendo noi profani, abbiamo dovuto raggranellare quà e là i giu-dizii di varii intelligenti e metterli insieme come le nostre deboli forze lo consentirono. Possa questa franca e dovuta confessione implorarci indulgenza. L' orchestra sotto l'elegante impulso del valentissimo maestro Angelo Montanari (di rado il superlativo dell' epiteto è giustificato quanto in questo caso), il quale sembra trasfondere colla punta della bacchetta le maggiori virtù musicali, suonò briosa e pienamente intonata due belle Sinfonie una in Do di F. Yanduzzi e una in Sol minore del conte Stefano Rota di Pirano; la seconda di grande effetto perchè di grande studio, grandiosa e di belle ispirazioni, specie nell'adagio ; e non altrimenti poteva riuscire un lavoro di un poeta quale è il sig. conte Rota. Applaudite esecuzioni dell'orchestra furono ancora il "Coro e duetto,, nella Norma ; e qui meritano particolare menzione i due flauti, cioè il marchese Antonio Gravisi (Norma) ed il prof. Stefano Persoglia (Adalgisa) ; e la marcia Alpi Giulie del maestro Montanari in cui a felicissimo saggio di melodia se ne unisce uno di ammirabile contrappunto ; c' è in essa un' avvicendamento di entusiasmo e mestizia che si diffonde nell'animo di tutti. Due care giovanotte le signorine Lauretta de Belli e Marianna Bratti cooperarono col suono del pianoforte a rendere il trattenimento ancora più leggiadro, 1' una mostrandosi dapprima brava accompagnatrice negli ardui fiori Rossiniani del Cavallini che il Montanari eseguì col clarino da "peritissimo concertista, (e queste due parole ci furono suggerite da tutto l'uditorio) ; e poscia disimpegnandosi sola nell' andante di J. Ascher sulla Lucia di Lamermoor cou tocco agile e preciso — l'altra facendoci lidi re una fantasia zeppa di malagevolezze di Ketteler sn\V Africana, che superò con molto slancio riscuotendo lunghi e generali applausi. Il programma era ancora costituito da un centone sull'opera Un ballo in Maschera concertato colla solita eccellenza d'arte dal Montanari, ed eseguito egregiamento dai signori Nicolò de Belli (violino), march. Antonio Gravisi (flauto), maestro Montanari (clarino), prof. Stefano Persoglia (pianoforte), Vittorio Scampicchio (violino), prof. Federico Simzig (viol. di concerto) L'allegro convegno finì in mezzo alla generale soddisfazione, e lasciò desiderio intenso che altri simili e frequenti ne avvengano. Monte Civico. — Sovvenzioni verso pegno nel IV trimestre 1875 : Introito nel mese di ottobre fior. 2119; in novembre fior. 1G55; in dicembre fio. 1527.50; insieme fi. 5301.50. — Esito nel mese di ottobre fior. 1853.50 ; in novembre fior. 1641 ; in dicembre fior. 1826 ; insieme fior. 5320.50. Monte M. I*. Grisoni. — Sovvenzioni verso pegno nel IV trimestre 1875. Introito nel mese di ottobre fior. 2225.50; in novembre fior. 2242; in dicembre fior. 1464; insieme fior. 5931. 50. — Esito : nel mese di ottobre fio. 2078.50 ; in novembre fi. 2347.80 ; iu dicembre fior. 2041 ; insieme fi. 6467.30. Giurati principali di Capodistria (Legge 23 maggio 1873 N. 121) per l'anno corrente, estratti dalla lista annuale della Corte di Giustizia in Trieste : Francesco Cadamuro Mor-gante - Giuseppe Cobol - D.r Antonio Gam-bini - Pietro Longo - D.r Pietro de Madonizza - conte Giovanni Totto. La Direzione del Civico Ospedale ci fa sapere che, dopo compilato l'elenco degli oblatori pubblicato nel N°. precedente, i signori tipografi Appolonio e Caprin contribuirono al medesimo scopo fior. 6 mediante ac-cettilazione di un conto. Neil' "Omnibus, (9 gen. corr. ) di Novi-Ligure, provincia di Alessandria, abbiamo letto con piacere le seguenti righe che concernono il nostro concittadino Nicolò Borisi. La compagnia drammatica Borisi, che a-gisce su queste scene, continua a giustificare la favorevole impressione dei primi giorni. Il capocomico e primo attore signor Borisi ebbe sempre più campo a palesarsi un artista distinto. Il suo metodo di recitazione lo indica educato a buona scuola; non freddo, non esagerato: ha giusta intuizione dei diversi caratteri che rappresenta : pose, voce e gesti sempre appropriati ; e nell'esprimere i sentimenti secondo la loro successione e gradazione ora subitanea, ora progressiva sa tenere giusta regola e misura. Fu sempre applaudito, in ispecie nel Duello, nella Prosa e nel Sullivan : mostrò anche di essere valente nella declamazione, avendo riscosso meritati applausi nel Conte Ugolino. Mediche e cliirurglie . — La Settimana di Pietroburgo annuncia che le alunne dei due primi corsi dell' Accademia di medicina e chirurgia durante l'anno scolastico 1874-75 furono 171. Di queste 102 sono nobili,"17 figlie di mercanti, 14 borghesi, 12 figlie'di preti, e le altre 26 appartengono a varie altre classi sociali; 23 sono maritate; 132 ortodosse, 23 israelite, 12 cattoliche, 3 luterane ed una armena. ECGEMO SOLFERINI (Dall' Opinione del 9 corr.) La scorsa notte, dopo non lunga malattia, moriva un uomo che spese l'intera sua vita a benefizio della libertà, lasciando immersi nell' afflizione quanti lo conobbero. Eugenio Solferini, triestino, nel quale la illibatezza dell'animo andava del pari con l'amore all'Italia e alla sua cara Trieste, per cui con sicurtà di cuore ebbe a patire ogni maniera di amarezze, non è più dei nostri. Ma la sua memoria rimpianta e benedetta resterà fecondo esempio a tutti coloro che sentono il debito di amare operosamente la patria. Trapassati nel mese di decembre 1875 2 Santina Surian di mesi 1; Giovanna Gerin d' an. 2 m. 7. — 5 Ersilia Vouck di Trieste d'an. 1 m. 6. — G Maddalena Arrigo da Padova d' an. 44. — 7 G. D. d'an. 41 da Lussinpiccolo (carcerato). — li Margherita Ceriani d'an. 74 m. 9. — 12 Maria Divo di g. 18. — 18 S. S. d'an. 47 da Maovizze -Dalmazia- (carcerato). — 14 Maria Cernivaui d'an. 71; Catterina Vidossich di m. 2; Antonio Scher d'an. 73. — 15 Anna Liska di m 4; Antonio Va-scotto di m. 5. — 17 Maria Rosman d' an. 39 m. 8 di Trieste. — 19 Anna Cernivani d'an. 65 m. 4 ; Anna Debellich di m. 2 g. 3; Giov. Lonzar di g. 3; Z. M. B. d' an. 30 da Krusseno -Dalmazia- (carcerato). Lucia Fornasaro d'an. 10 di Pirano. — 21 Maria Braiuich d' an. 4 m. 6 di Cere. — 22 Nazario San-drin di g. 1. — 27 Anna Miria Almerigogna di g. 29; Anna Paulettich di g. 6 di S. Marco; Orsola Zernich d'an. 3. — 29 N. di Andrea Minuti, nato morto. — SO Giuseppe Devetag d'an. 50 d.i Vii-lesse. __ Corriere dell'Amministrazione (dal 6 a tutto il 22 corr.) I seguenti signori associati hanno pagato 1' associazione come segue : Piacenza. Prof. Alberto Giovannini (II sem. del II an.) - Pola. Ing. Giovanni Mattiassi (I sem. del II anno); Nicolò Rizzi (idem); Guglielmo Scbòfel (id.) — Rovigno. Dr. Luigi Barsan (il II anno) — Seghetto. Deputato G. B. de Franceschi (il II anno) — Trieste. Maria Marsich-Morsan (I sem. del II anno). II "«iHsiiBiopoIi,, oontlsma l'orario del 7 Novembre (V. il N. 3)