ANNO XXVII. Capodistria, 16 Settembre 1893. N. 18 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Jrimeetre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'intere»«« general« li stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco »Ila Red&iione. — Ua numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Il Castel Leone di Capodistria (Continuazione vedi N.o 10 e seg.) Sbrigata questa faccenda del cerusigo e del ponte, torniamo sui nostri passi per occuparci della relazione presentata nell' Eccellentissimo Collegio a' 17 Marzo 1588 dal Nobil Homo Alvise Moro-sini ritornato di Podestà et Capitanio di Capo d'Istria. Saltiamo a piò pari diverse cose, e veniamo all'argomento. — È circondata,- scrive il Morosini, la città di Capo d'Istria di muraglie vecchie et antiche, e fuori di essa in capo al Ponte che passa alla terra ferma ha un castello chiamato Castel Leone, il quale ha più della porta che del castello.......... Ha alla custodia sua un capitanio con otto soldati, la qual spesa, a giudizio mio, è del tutto superflua, perchè già centenara d' anni che fu fabbricato altro fine s'aveva a que' tempi ; ed altra era V offesa et la difesaQui il Podestà vede giusto. Segue „Fu fabbricato in acqua molto profonda, et vi si potevano accostar le Galee, ed ora è in terra del tutto, è piccolissimo e di ninna difesa quanto alla forma con che è fatto. Ma quello che è peggio, è così vecchio di muraglie e di ogni altra cosa, che si può dire ruinoso, et se no sarà disfatto da altri, credo che si disfarà per sè stesso ; oltre che in tempo di alcun cattivo accidente potria il nemico terrapienandolo valersene grandemente a malefizio di tutta quella città. Potria la Serenità Vostra farlo gettar a terra, et impiegar quella spesa de' soldati in altro luogo con maggior utilità e riputazione sua; et io giudico che molto meglio sarebbe che quei soldati fossero posti sotto il Governatore alla guardia della piazza, perciocché oltre alla riputatione che se gli darebbe, si veneria anco a rimediare a qualche inconveniente che per mala sorte potesse occorrere." E qui con licenza del nobil uomo Morosini ci metto bocca io per far notare ai lettori che il sopraddetto capitano e podestà non fu già un pessimista, come si sarebbe inclinati a credere alla prima lettura di questa sua diligente e circonstanziata relazione, ma vide giusto e fu veramente profeta. Quello che egli temeva accadde per vero, come abbiamo veduto, pochi anni dopo1); e i Triestini poterono impunemente sforzare le prigioni in piazza, liberare il cerusico, e ammazzare di giunta il vice cavaliere. Ma forse una qualche tendenza a veder tutte in nero le cose *b era nel Morosini, come appare dallo sfavorevole giudizio, sui Capodistriani (Op. cit. pag. 394) „assuefatti ad una negligente e trascurata inobedienza" e dalle seguenti parole sul conto del Vescovo Giovanni Ingenerio veneto „Et mi dispiace grandemente doverle dire che ho veduto con grandissimo disturbo e travaglio d'animo un vescovo sedizioso, che ha pratica strettissima con Principi alieni confinanti, vestito solennemente con seguito di preti, mover il popolo sotto pretesto di religione, a far quanto particolarmente scrissi all' hora dove biso--guava: il che forse non sarebbe seguito, uè promossola lui, se fosse stata custodita la piazza della maniera che ho detto." Che cosa mestasse questo vescovo contro il governo a ine non consta, né sono in grado di saperlo : mi basta però di aver messo sull' avviso gli eruditi in loco, perchè facciano opportune ricerche su di lin fatto che può gettare qualche lume a meglio conoscere i tempi. Forse fu zelo soverchio a sradicare le ultime reliquie del protestantismo e a perseguitare gli amici del Vergerio, o (anche questa è possìbile) un assalto del popolo per liberare qualche prete dal carcere civile : le parole sottolineate ci autorizzano a so- spettarlo. Quello che è strano si è il favorevolissimo giudizio sul vescovo stesso dato nel 1596 dal Podestà Capello e che così suona — „Nel spiritual vengono governati da Monsignor Vescovo affegio-natissimo Servitor di questa Repubblica sendo cit-tadin di questa città, di Casa Ingenerio Prelato litteratissimo, assiduo nelli studii et di vita esemplare, amato e stimato da tutti, col qual nel corso del mio Reggimento non ho avuto pur minimo disparere ; ma ben son vivuto con ottima intelligenza. Hora se ritrova a Roma, sendo molti anni che non è stato, giusta li ordini di S. Santità." (Atti e Memorie, voi. VII, fascicolo 1 e 2, pag. 98). Sono parole, si capisce, sottolineate e scritte appositamente per ribattere le accuse del JLorosini. In ogni modo queste collisioni fra le due autorità erano frequenti allora; e il governo veneto prudentemente sconfessava i suoi stessi officiali, per timore di peggio, e sosteneva i vescovi ; fra Paolo Sarpi non era ancor sorto a dare, in altri tempi, ben altre e necessarie lezioni. (Vedi per esempio Atti e Memorie vol. VI, fascicolo 3 e 4, pag. 315). Ma affinchè non si dica che a proposito di cavoli noi parliamo di cavalli, torniamo a dire di quella bicocca del Castel Leone, che dopo tutto, vantava sempre l'onore di avere anche un cappellano per la celebrazione della Santa Messa ai bombardieri ed agli otto soldati e che costava sette ducati e mezzo all'anno, meno del Trombetta pagato con otto ducati, e meno di „un che liga alla corda" quale era retribuito con dodici ducati. (Atti e Memorie, vol. VI, fascicolo 3 e 4, pag. 399). Le relazioni dei provveditori dopo il Morosini sono tutte in istile pacato : tutto vedono in color di rosa; si capisce che amano vivere quieti e non vogliono fastidi ; neppure col signor Santorio, capo dei bombardieri ; un fannullone come appare con documenti dalla relazione del podestà Morosini, quello dello stile focoso : segno evidente dei tempi. Tutti però convengono, quanto al Castel Leone, nello stesso giudizio. Il Malipiero (1585) dice che non. si trova più in quella fortezza, poiché è atterrata la laguna, e sarà facile cosa occuparlo in tempo d'incursioni (Op. cit. pag. 409). Tre anni dopo (1587) il Ca da Pesaro su per giù ripete le stesse cose (Op. cit. pag. 416). Alvise Soranzo nel 1592 raccomanda „si abbia almeno a scavalla palude dalla porta della città fino al castello, che possono essere circa passi ottanta, chè tanto a ponto tiene il ponte di pietra fatto da novo, sotto gli archi del quale scorrendo le acque et havendo il suo flusso e riflusso pel detto cavamente, con le occasioni delle innondationi che sogliono causare li fiumi de Risano eFiumicello poco discosti si farebbero alveo." (Op. ait. pag. 433). Qui si allude al ponte di pietra fatto de novo, consigliato dal Podestà Bon. Dunque qualche cosa si faceva ancora; ed è prematuro declamare contro la fiaccona veneziana. Chi alza di nuovo la voce contro il povero castello e gli otto di guardia è Ser Vincenzo Mo-rosini, tornato di capitano nel 1593. „11 castello è rovinoso per la sua vecchiezza, senza piazza et senza fianchi con una strada de larghezza de' piedi undeci, che li passa per mezzo per andare in terra ferma.....alla custodia c' è Vido Baldo con otto soldati.....spesa inutile ... sì per essere soldati di poco valore per havere le paghe stentate---- in una città che è carestia di tutto .... et a mio giudizio saria bene disfarlo .... poiché non si adopera più balestre, ma artiglieria et arcobusi, alli quali colpi non può resistere, et rovinandosi per batteria, atterreria il tutto attorno, et farvi strada soda et ferma per venire alla città, et quando fosse preso dai nemici, che Dio non permetti, senza rovinarlo, terrapienandolo faria un eminente con i! quale mettendovi sopra artiglieria, batteria e rovinarla tutte le case della città." Il bello si è che il Morosini si lamenta anche di ciò che era ben fatto, cioè del ponte di pietra alzato sotto il podestà Loredan, invece di quello di legno, perchè impedendo lo scolo delle acque ha reso il terreno più paludoso. Meglio sarebbe, continua il prefatto capitano, atterrato il castello, fare due baluardi uno per banda della Porta del Ponte, nella quale si accomoderebbe il corpo di guardia per li soldati.... et con le pietre del castello se incamiseria li suddetti baluardi ecc. ecc. . . . (Op. cit. pag. 435). Della stessa opinione è il Podestà Marc'Antonio Contarini che nel 1600 scriveva essere il castello in pessimo stato, aver bisogno di accomodamento con spesa grandissima e con nessun utile {Atti e Memorie, voi. VII, fase. 1 e 2, p. 111). Ma tanto per imbrogliare le carte, ecco il parere contrario del Podestà Contarini nel 1601. Gran buon uomo questo illustrissimo, e vede tutto color di rose! „II castello è in forma di rocca.....di assai bella architettura, comodità d'alloggiarvi duecento e più soldati. Ma viceversa si lamenta dei soldati che sono pochi, e oramai fatti casalini : custodia di poco rilievo et di manco reputatione della fortezza. (Op. cit. pag. 114). Gli tiene bordone nel 1603 il Podestà Grimani che ammira il ponte di pietra fondato sopra venti archi, e la rocca edilìzio antico assai vago e mirabile. Si lamenta però delle mura della città che sono in pessimo stato e del belloardo Mosella quale a San Gregorio ha fatto grande apertura .... (Op. cit. pag. 120). È dunque un continuo dire e disdire; i podestà per lo più giudicano così all'ingrosso, forse per sentita dire: non stanno in carica che un anno, e con molte faccende sulle braccia, specie per le incursioni degli Uscocchi che appunto in que' tempi cominciarono le loro ladre imprese. Di quando in quando veniva un podestà energico, vedeva giusto, proponeva rimedi radicali, ma non era ascoltato. Tali, oltre ai già rammentati, il Basadonna (1604) il Boldù (1606) e il Gradenigo (1608). Il primo insiste sull' interramento cagionato dalla fabbrica del ponte di pietra con molti volti ovvero archi di poco lume che impediscono il flusso e riflusso delle acque .... Anzi a proposito di detto ponte c' è un passo da cui si rileva che il ponte di pietra che dalla Muda metteva al castello, era lungo passi 81 ; e I' altro di legno che dal castello metteva in terra ferma, passi 24. Nel Castelleone poi la cortina verso tramontana minacciava di precipitare per la lunghezza di passi- dieci. La cortina, come si sa, è il «uro forte fra due baloardi, e nel caso nostro la cortina minacciava di cadere sulla testa di quelli che entravano od uscivano ; e forse già allora si cominciò ad atterrare la parte superiore del castello, che rimase così mozzatto, come nel disegno a penna del signor Bortolo Dezorzi. (Op. cit. pag. 182). Il Boldù teme un' impovvisa rovina „sendo la muraglia consumada dal tempo e il legname di dentro affatto guasto" e propone la demolizione. (Op. cit. p. 188). Più esplicito ancora il Gradenigo il quale, dopo il ' solito lamento pel ponte di pietra, così scrive: — „II castello, che è sul detto ponte, detto Rocca ! Liona è tutto distrutto e consumato dalla vecchiezza j sua, che non vi è mezzo di poterlo abitare, ed è i necessarissimo venire a qualche assoluzione, tanto più che le paludi sono accresciute in maniera attorno di lui che pare che egli sia in terra ferma, s perchè siccome è stato maraviglia che non sia caduto per li strani tempi che sono stati il verno passato, com' io dubitava grandemente, così non anderà sicuro molto alla lunga, che coprirà sotto di sè quelle povere famiglie che lo abitano, che sono il Cap.o con sette soldati ed un bombardiere provisionato, il quale è superfluo, poiché non essendovi in detto castello alcun pezzo, e non esercitandosi mai questo tale in cosa alcuna, si può far di meno di questa spesa e farla piuttosto andare in augumento delle paghe del Cap.o e dei soldati, che sono tenuissime, perchè se esso Cap.o non ha se non ducati 8 per paga, a paghe 8 all' anno, et li soldati ducati 3 solamente, onde non si trova alcun forestiero che voglia servir per sì poco soldo, e bisogna serrar gli occhi, et a viva forza permettere che le persone più miserabili e vili della città servono esse per soldati in detto luogo, se ben questo è contra le pubbliche constitutioni. (Op. cit. p. 145). (Continua) P- T. ____;_-- INDICE DELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 9. (Continuazione vedi n. 8 anno XXIV e seg.) anni 1526, 1227, 1528 e 1529 p. 183-316 Capitano Filippo Donk Instrumentorum et stridarum primus, secundus, tertius Proclami di strumenti, concessioni della vicinanza di Pin-guente a chi vuol venire ad abitarvi ed esenzione triennale dalle imposizioni che sogliono pagare i vicini. — Cessioni, inventari assunti d'ordine del capitano di beni pupillari. Notai: Prete Martino Sottolichio, Sebastiano de Germanis, Gerolamo Benenatis e frate Bartolomeo Cocever. — Vedasi qui quale documento della vita privata dei Pinguentini nei primi anni del secolo decimosesto (a. 1529) questo inventario dei beni mobili che una madre morendo lascia, oltre una caxa da muro in contra dela porta pizola in Pinguente, al suo figliuolo. Due arzelle mezane una cassa mezana de nogara una altra cassa de talpon mezana una cassela de albedo pizola uno scanzel da scriver vechio uno schagno picholo da manzar Brente tre triste et una bona Dui alboli uno grande et uno mezan uno albolcdo pizolo una sechin de legno da aqua Tre tamisi uno bon et dui tristi • una altra sechia de legno da aqua una cariega de legno Due calderole de rame pichole It. due caldiere de rame ut quanto mazorte (?) una cadena de ferro da fogo due padele pichole una bona -et una trista uno cazol forado et uno cazol altro de ferro una lume de ferro, una gradela de ferro uno spedo da rostir de ferro una '■noleta da fuogo. et una paleta da fogo uno cortei da cerchi, una zapa trista uno paro de peteni da lana tristi uno zapon bon. Due manare una grande et una pizola Dui falzeti tristi, uno rampegon de ferro una corda da ligar soma uno cauechio de c. a some XVI de meza vita uno cauechieto de some sei de meza vita uno mastel da due rechie Bote tre de circa s. 15 luna bone vino circa s. IO. una pidria da imbotar vino una botexela de tenuta de circa s. sei bona Bote tre vechie da tenir biave una pignata granda de tenir oio de circa s. uno Piadene de legno odo tra grande mezane et pichole. Tal-gieri de legno numero diexe una stadiera pichola uno botexel cum circa s. uno axedo uno cavai moreto cum suo basto Trombi quatro de appe sono alla rnitta da Zuan Pugnave quatro usade. It pugnate 2 triste Dui banchali una coltra listada trista Dui limoli uno tristo et laltro de meza vita, uno belz (?) tristo, ima cortineta trista uno cauazal de piuma tristo uno cusino de piuma tristo uno paro de bisaze vechie uno sacho de lana bon vodo (?) Due veste da. Dona de griso negro de meza vita Due veste da Dona una bianca bona et una negra de meza vita de pano Dui camisoti bianchi uno bon et uno tristo. Due carnise da dona mezane Due velli da dona mezani una cimosa de scartato mezana Dui fazoli picholi da sugar man una tovalgia grosa da tavola uno tavagiolo mezan uno cortelo da calegar forme da scarpe para diexe lana da calcinar lire diexe K quest'altro dei beni lasciati da un Podrecca quale documento della vita privata degli abitanti di Rozzo in questo tempo (a 1528). La mittade de una^ caxa in roto appresso la caxa del Zupan sirgo qual e in pegno per ducati quatro a andrea urtis Animali minuti tra grandi et picholi numero sexanta una casa depenta una vesta de pano bianco da homo uno paro de calze de pano roso da homo paro uno de brente uno mastello da due rechte uno cauechio de circa XIIII some la mittade de ima caldiera da pegorar uno zapon et una zapa una manareta. una spada ed una targa da caual due casse bianche uno piron d argento anno 1526 p. 317-320 Capitano Filippo Dona Processus civilis inter Franciscum Coren agentem et D. michae- lem de Oravisiis se tuentem Differenza tra Francesco Coren e il contestabile Michele Gravisi occasionata da certe pietre di molino (Proc. non esped.) anno 1527 p. 321-324 Denuncia per furto patito di vari capi di bestiame ad opera di alquanti morlacchi nel territorio del capitanato anno 1526 Capitano Filippo Dona p. 325-338 E contestato il testamento di Margherita di Racizze. Frammento. anno 1527 p. 339-342 Processus civilis inter Iacobum Ielenich et Peraz stezanum (?) se tuentem Frammento di processo civile tra Iacopo Gelenich e Pietro Stezano. anni 1524 e 1525 p. 343-366 Capitano Alvise Benedetto (?) Processus civilis inter Iacobum Ielenich uti procuratorem ursie uxoris et catharine sororum ex una agentem et peraz schozanum de slum ex altera se tuentem Iacopo Gelenich chiese che sia rilasciata una casa posta in Pinguente nella contrada della torre nuova indebitamente occupata da Pietro Scozano (?) di Slum. anno 1527 p. 367-400 Capitano Filippo Dona Nel tempo delle guerre prowime passale accadde che Matteo Greblich di Rozzo sopra li Carsi de raspo fosse sta preso dalli subditi cesarei et conducto preson al loco de cernical. Nel tempo che egli si trovava in codesto luogo, avvenne che Michele de Germanìs si offerse di ricuperarlo per il prezzo di dieci ducati che al Germanis furono anche contati dal cognato del Greblich. Senonchè la mattina seguente compare a Rozzo il Greblich che frattanto era fuggito. Ciò stante, il cognato Gherse Sprinz si reca a Pinguente onde avere di ritorno i suoi ducati; ma non potendoli avere ricorre al tribunale del capitanato. (Continua) Q, v. — Portole ---—----ÌSZX-St------ ILnT o t i z I e Riportiamo dall' Istria del 9 settembre 1' appello diretto agli elettori del Collegio delle città di Parenzo, Umago e Cittanova, e aggiungiamo, se mai occorressero, le nostre raccomandazioni agli fi-lettori perchè concorrano tutti, il giorno 20 in Parsilo, a dare il loro voto all' egregio Dr. Matteo Bartoli. „La Presidenza della Società politica istriana, mossa da supreme ragioni di convenienza, e al tempo stesso sicura di fare il bene del paese e di interpretarne la volontà, ha deciso di raccomandare al suffragio degli elettori del collegio vacante delle città di Parenzo. Umago e Cittanova, la persona dell' onorevole dott. Matteo Bartoli, deputato al Consiglio dell' Impero. Fino dal giorno che il prefato dott. Bartoli fu mandato al Parlamento di Vienna dal voto degli elettori del grande possesso istriano, e P on. dott. Rizzi da quello delle nostre città, si imponeva la convenienza di aprir loro un seggio anche nella Dieta provinciale, sia per offrirne opportunità di meglio chiarirsi e impossessarsi delle nostre svariatissime questioni politiche ed amministrative, e rendersi poi efficaci interpreti dei nostri bisogni nelle alte sfere governative e nello stesso Parlamento, sia per avere più immediato contatto cogli altri deputati dietali, e quindi render loro agevole l'affiatamento e il consiglio con ogni membro della Rappresentanza provinciale. La Presidenza della Società politica, dunque, resosi ora vacante il collegio delle città di Parenzo ecc., nel proporre a candidato l'on. dott. Matteo Bartoli, si è ispirata a questi criteri di ben intesa opportunità politico-amministrativa provinciale, pur sapendo ancora di proporre persona di provata competenza e di intensa volontà nell'adempimento dei gravi doveri derivanti dall'importante mandato. Ciò tutto considerato, ci sembra persino superfluo di raccomandare 1' on. dott. Bartoli al voto degli elettori di questo collegio ; sicuri come siamo, eh' essi saranno ben lieti di dare il loro voto al proposto della nostra Società che, per consenso unanime, fu chiamata, tino dalla sua istituzione, arbitra particolarmente in materia elettorale provinciale. Nessuno, quindi, si asterrà di dare il suo voto all' on. dott. Bartoli, vuoi per intimo convincimento, vuoi in omaggio al proposto di quella Società, che noi tuttf rispettiamo ed amiamo, vuoi a titolo di riconoscenza e di incoraggiamento all' egregio giovane, che tutto si dedicò al servizio della patria, in momenti, per verità, poco lieti e di scarsissima soddifazione morale. Speriamo, dunque, che il 20 corr., giorno dell' frazione in questo collegio del nuovo deputato provincia-una splendida votazione chiamerà al seggio dietale, isciato vacante dal compianto on. F. Sbisà, il nostro eputato al Consiglio dell'Impero dott. Matteo Bartoli Abbiamo creduto opportuno pubblicare la seguente Relazione che fu approvata nella ultima lessione dietale, con tutto che sia stata divulgata sol mezzo della stampa negli Atti della Dieta, e mehe in separate puntate. Relazione dell' Istituto agrario e della Stazione sperimentale dell'Istria per l'anno 1891. fusione, adattamento ed innesto delle viti americane. La preparazione del materiale occorrente alla ri-lostituzione dei vigneti su radice americana, e gli studi elativi all' adattamento ed alla innestabilità delle viti ■esistenti alla fillossera nelle particolarissime coudizioni li elima e di suolo tanto della parte già infetta della rovincia, quanto della restante ancora immune dal agello, dovevano naturalmente costituire 1' obiettivo su-remo dell'attività dell'Istituto nel trascorso periodo. In continuazione pertanto delle ricerche sperimentali, i cui già si è data ampia notizia nella voluminosa [ubblicazione uscita sotto il titolo „ Sull' adattamento dei légni e sul modo di determinarlo = Ricerche viticole„ l'Istituto ha continuato ad occuparsi alacremente di questi difficili e capitalissimi studi, estendendoli sia alla terra rossa nel podere sperimentale in Parenzo, sia nella terra bianca tassellosa nel podere succursale di Pisino, sia infine sui terreni già fillosserati di Pirano e Capodistria, a mezzo dei vigneti americani di prova colà rispettivamente eretti nella Valle di Sicciole e nella Val d' Olmo. L'importanza di queste ricerche, condotte sistematicamente e con tutto il rigore sperimentale, apparirà chiarissima, di fronte alla deplorevole confusione di idee e di opinioni, che tuttavia perdura nella grande maggioranza dei viticoltori e dei possidenti interessati, riguardo a cotale questione delle viti americane; dovendo puitroppo ancora oggigiorno constatare la riluttanza di molti ad esperire questo potente mezzo di difesa, e la inconcepibile leggerezza di altri, che importano e diffondono in Provincia viti americane riprodotte da seme; epperò sospette d'ibridismi contrari alla resistenza, e jagioue forse d'irreparabili e fatali disastri in un prosiamo avvenire. Assumendosi la prima iniziativa in questo compito difficile e sopraccarico di responsabilità, l'Istituto ha dovuto affrontare una ingrata impopolarità presso il non ristretto circolo dei dubbiosi e degli increduli, e far fronte così a non poche opposizioni ingiustificate e sistematiche, causa spesso di dolorose e violenti invettive di giudizi non sempre improntati alla verità ed alla giustizia. Perseverando nell' ardua missione impostagli dal suo imprescendibile dovere, l'Istituto è però pervenuto alfine a rimuovere gran parte di quella opposizione, e a raccogliere oggidì i primi frutti della propria iniziativa, cotanto avversata e disconosciuta in principio. 11 bisogno di tener sempre presente questa suprema méta, come quella che tende alla soluzione di una delle più formidabili crisi agrarie che minaccino la nostra Provincia, ha concentrato gran parte delle forze dell'Istituto su questo campo delle viti americane, sospingendolo a procurare nel più breve tempo possibile la soluzione dei quesiti tecnici sull'adattamento e sulla innestabilità di quelle viti, e sull'allestimento di una gran massa di materiale da difondersi in ogni distretto. L'ingente cifra di circa 100 mila talee e barbatelle, apparecchiate dall' Istituto per la diffusione nella volgente primavera, è un primo frutto visibile dell'opera iniziata, colle modestissime proporzioni allora concesse, nel 1886 e nel 1887 in Parenzo, e proseguita con isforzi perseveranti d'allora in poi, qui e a Pisino; mentre i risul-tamenti tecnici, di cui si venne in possesso colle prove in Parenzo, Pisino, Pirano e Capodistria, già vengono a costituire uu primo complesso di dati pratici e positivi, preziosissimo a servire di ammaestramento e di scorta nelle ulteriori applicazioni. Se non che P impossibilità creata all' Istituto d'importare dalla Francia i primi adatti materiali per le prove sui terreni eminentemente calcarei, conosciuti a Pirano e Capodistria sotto il nome di „Biancuzzi," è venuta ad interrompere il normale e sistematico svolgimento del concepito piano d' esperimenti, appunto allorquando l'incremento dell' infezione fìllosserica reclamava speciali studi in questa direzione. Riassumendo sinteticamente lo stato di questi studi sull' adattamento e sulla innestabilità delle viti americane in Provincia, puossi qui intanto dare come assicurata la riuscita della Riparia, del York-Madeira, del Solonis e Rupestris su tutto quel vasto triangolo ricoperto dalla terra rossa siderolitica, che va compreso tra le punte di Salvore e di Promontore ed il seno di Fianona; cioè a dire per tutta 1' ampia regione dove domina oggidì la vitilcotura condotta col maggior grado d' intensività di sistemi colturali. Il che torna luminosamente dimoiato tanto a Salvore su terra tillosserata, come a Parenzo in territorio immmune. Riesce pure posta fuori di dubbio la riuscita del Solonis in tutti i terreni a sottosuolo umidiccio e talora salmastro, che caratterizza una vasta estensione di vigneti delle valli di Sicciole e di Fasano, e in generale della zona litoranea più depressa. Il Refosco, il Cabernet sauvignon,- il Teroldigo e parecchie altre varietà di vitigni nostrali e forestie-I, ri hanno colà già bellamente fatte le prime prove ' su detto portainnesto americano, dando soddisfacentissi risultati tanto per la vigoria, quanto per la fecondità degli innesti; e ciò specialmente nelle contrade S. Udorico, Fasano, S. Martino, Comedon, Cortina e Gorgo su quel di Pirano. Per 1' alluvione leggera di sabbia silicea mista con argilla, predenominante nella contrada Comedon nella Val grande di Sicciole, meglio che il Solonis riesce però il Rupestris, e dopo il Solonis il York-Madeira e la Riparia Portalis. 11 Jacquez vi deperise prontamente. Nella località Costa di S. Martino, e nel sottostante piano di Cortina, il Refosco sulla Riparia offre tralci vigorosi e carichi di uva, ed il vivaio erariale erettovi nel 1890 presenta bellissime piante madri di Solonis, Vialla, York-Madeira, Rupestris, Othello Riparia e Portalis ; mentre vi si mostrano più deboli e meno promettenti il Jacquez, il Noah e la Riparia comune. Il suolo vi è piuttosto siliceo ed alluvionale, con sottosuolo fresco e spesso umido. Nel vigneto sperimentale fillosserato Castro in Val di Fasano, eretto da questo Istituto nella primavera 1889, con 12 filari, di cui quattro di Cabernet sau-vignon su Rupestris, Solonis, Riparia, e York-Madeira, ed otto di T e ria no innestati pure rispettivamente, due a due, su Rupestris, Solonis, Riparia e York-Madeira, sulla terza foglia si raccolsero nell'ultima vendemmia 7 brente di Terrano e 3 brente di Cabernet sauvignon, con uva sana, ben matura e nudrita. Colà primeggiano per vigore dopo gli innesti sul Solonis, quelli sul York-Madeira, poscia gli altri su Riparia, con una vegetazione in complesso rigogliosa e promettentissima. Il parere sempre emesso dal!' Istituto, in opposizione alla generale tendenza favorevole alla diffusione delle viti americane. per produzione diretta, trova piena conferma nei risultamenti offerti da dette viti sul Piranese. Ed invero incominciando dal Jacquez, s'incontra nella contrada S. Udorico un impianto d' età scalata, da uno ai cinque anni, in cui è visibilissimo il deperimento causato dal difetto di resistenza alla fillossera, regolamente crescente coli'aumentare dell'età. Mentre infatti i Jacquez di un anno d'impianto si mostrano colà bellissimi, a tralci grossi e vigorosi, spesso con oltre due metri di lunghezza, e quelli sulla terza foglia furono già capaci di somministrare il raguardevole prodotto di quintali 2 '/2 di uva su 200 ceppaie; altri al quinto e sesto anno presentano invece tali differenze di diametro tra i capi da frutto vecchi e i nuovi, da segnalare un deperimento gravissimo. Il che pure osservasi, come già si è avvertito, anche negli altri Jacquez esistenti nella contrada Comedon della Valle grande di Sicciole. Dell'Othello esistono su quel di Pirano impianti che datano rispettivamente dal 1887, 1888 e 1889. Anche per questo altro produttore diretto americano i risultamenti non sono punto più soddisfacenti che pel Jacquez. E ciò perchè il primo getto primaverile va colpito talmente dalla clorosi, da affatto scomparire, e da solo persistervi sulla vite il getto di sott'occhio in sua sostituzione; il che, aggiunto alla dubbia resisteuza di quel vitigno alla fillossera, e alla grande sua inclinazione ad andar gravemente colpito dalla peronospora, consiglia a rinunciarvi, malgrado la sua straordinaria fecondità, di cui si ebbe chiara prova anche nei suddetti impianti, avendovi ottenuto persino 2 brente di uva su 150 ceppi da 3 ai 5 anni. Nè migliori furono le prove date dal Secretary, su impianti del 1887, 1889 e 1890, constatandosi che coli' invecchiare la resistenza scema al punto da cagionare la morte dei ceppi. La qual sorte pur è toccata ad impianti di Triumph del 1887 e 1890 attualmente moribondi sotto gli assalti dell' insetto. Si conduce un pò meglio finora il Noah, sul quale non sono rari i tralci di 2 metri su ceppi al secondo anno. Venendo ad altre varietà di viti americane che si erano particolarmente raccomandate quali meglio adatte alle terre calcaree, noteremo che la Vitis Cinerea, di cui esistono colà alcuni ceppi di 2 anni, prospera finora abbastanza bene nella regione S. Udorico in terreno alluvionale salmastro ; mentre la Berlandieri, pure di 2 anni, si mostra con vigore molto saltuario da ceppo a ceppo di cui taluno è meschinissimo. Non conviene poi qui sottacere come sia la Cinerea, sia la la Berlandieri si sieno mostrate di difficilissima ripresa per talea, tanto da non riuscire in una proporzione maggiore del 5 al 6 per cento. _ L'Othello, il Jacquez, il Triumph, il Noah, la Cinerea e la Berlandieri, qui menzionati, .erano stati introdotti in quei vigneti fillosserati, a titolo di prova, per iniziativa di questo Istituto, nella primavera del 1837, con materiale ritirato direttamente dalla Francia. Degli esemplari di Elvira, Senasqua, Black Dèfiancet; Cordifolia rupestris, Duchess, Northons Virginia e Riparia tomentosa rossa Martin de Pallierès, parimenti distribuiti colà dall' Istituto nella suddetta primavera 1887, non restano oggigiorno altri superstiti. In quanto poi ai caratteri dei vini dei produttori diretti americani, dai numerosi assaggi che il Direttore ebbe opportunità di fare di detti vini in occasione della Giurìa dell' Esposizione, e nelle escursioni effettuate pel Congresso enologico 1891 in Gorizia, si è condotti alle seguenti deduzioni. Brand: vino nero foxé, disarmonico, con sapore! di bacche di sambuco : Cunningham: vino bianco non troppo foxé; ma. soverchiamente acido e vuoto; uva con profumo di muschio ; Canada: vino rosso rubino, sensibilmente foxé;. Secretary: vino rosso, molto foxé, eccessivamente astringente; uva con profumo leggiero di muschio; Black Dèfiance: vino nero, quasi privo di foxé, molto astringente e disarmonico ; Senasqua: vino rosso non molto foxé, ma assai astringente; uva con profumo di muschio; Triumph: vino bianco, molto acido e foxé; Othello: vino rosso cupo, sensibilmente foxé, disarmonico ; Jacquez : vino rosso violaceo cupo, non foxé, spesso molto acido, dotato di un sapore speciale, non a tutti aggradevole: Croton: vino bianco, non foxé, con profumo leggero di moscato, aggradevole, armonico. Il Croton è un ibrido del Delaware col Chasselas. Stando alle esperienze fatte dal Guiraud a Nimes, nou resiste più di cinque anui alla fillossera. In complesso, di tutti i prodotti diretti americani 1' unico capace di offrire un vino da taglio, di brutta tinta, ma di sapore tollerato in commercio, sarebbe il Jacquez; che però a Pirano ha dato prova di non resistere alia fillossera, mentre da per tutto si è mostrato etremamente sensibile ai danni della peronospora e dell' antracnosi. Nè miglior sorte attende il Noah e 1' Othello. Dei portainnesti più diffusi, quello che meno si adatta alle terre bianche è naturalmente la Riparia, più: I soggetta ai danni della clorosi. A non dissimili deduzioni si è condotti dai risultameli delle prove già iniziate dall'Istituto nel 1890 in Semedella, e nel 1891 in Val d' Olmo su quel di Capodistria, con filari modello di Riparia, Solonis e York-Madeira innestati con Chasselas, Portugieser, Refosco e Cabernet Sauvignon; esperienze che nel volgente anno «estenderanno colà con appositi vigneti sperimentati da erigersi in Valle su terreno argillo-calcareo, ed alluvionale sabbioniccio, a mezza costa su terreni calcarei di mediana composizione e consistenza, e finalmente nella zona dei „Biancumi." Se non che per quest'ultima natura di terreni «cessivamente calcarei, occorrerebbe potere introdurre dalla Francia quegli ibridi della Berlandieri colla vite Europea, che il professore Ravaz ha trovato adattarsi al suolo eminentemente calcareo di Cognac nelle Cha-rentes, ove ogni altra vite americana si mostra fin qui ribelle all' adattamento. Il metodo d'innesto, ora da tutti adottato in Provincia, è quello inglese ad incastro cortissimo, preconizzato dall' Istituto in seguito alle riuscitissime esperienze tattene in grande nei vigneti americani in Parenzo. Se si pone mente alla superficie ingentissima dei figneti ormai completamente resi improduttivi dalla illossera nell' Istria, la quale non ammonta a meno di 1200 ettari, e se si calcola il numero delle viti americane fin d' ora richieste per la ricostituzione loro, di certo non di molto inferiore ai 10 milioni di ceppi, trattandosi prevalentemente di veri vigneti impiantati in ardine chiuso; risulta in tutta la sua reale entità il disastro già toccato alla Provincia; la quale fino l'ora soffre una diminuzione dell'annuo suo raccolto idei vino, di circa 50 mila ettolitri, del valore poco lontano da un milione di fiorini! Di fronte a dati gì eloquenti l'Istituto dovrà per-anto continuare a concedere a questo supremo obiettivo a maggior parte dei propri studi e lavori, all' oggetto i spronare i dubbiosi, ed illuminare e dirigere la cliffi-lile impresa della ricostituzione dei vigneti su radice ipericana. I _:__^QS&SÌ*57®---—----- Appunti bibliografici La donna nell'opera di Henrik Ibsen. Trieste, G. i Balestra 1893. — Un opuscolo di pagine 51. La donna nell'opera dell'Ibsen è argomento nuovo, ardito, e si capisce come si sia imposto alla mente del Boccardi romanziere. Il tema è arduo tosi per 1' opera paradossale, ma originalissima di un ingegno di primo ordine, come per la disparità dei giudizi della critica. Difficile anche il condensare in poche pagine, da leggersi in una conferenza, l'idee dell'Ibsen. M'affretto a dire che l'autore vi i riuscito in gran parte; ed ha pure il merito di essersi guardato da due' estremi opposti, tenendosi i cavallo del fosso. In gran parte, dico, perchè un maggiore sviluppo del tema, ed uno sguardo più profondo nella mente del poeta nordico esigeva un volume di critica. Pure in questa conferenza ci sono qua e là alcuni sprazzi improvvisi di luce che danno a chi legge occasione di completare le idee dell'autore, o lo mettono sulla via di trovarne di nuove. Il Boccardi prende le mosse del suo esame dalla narrazione delle prime vicende dello scrittore nordico. L' Ibsen adolescente soffrì la fame per acquistare i libri di studio, quindi scrisse la sua prima tragedia — il Catilina che identifica lo spirito della rivolta contro la tirannide dell'oligarchia: ecco la guida costante della sua operosità letteraria, e la causa prima della sua rivolta contro le forme dell'arte, e i tipi tradizionali della scena. Ribellarsi ad una società che fa soffrire è il primo movente di questi diseredati dalla fortuna. Ma 1'Ibsen non è un egoista; il suo odio diventa amore pei fratelli: „Osservatore acuto, scrive il Boccardi, dotato di una profonda intuizione delle anime egli vede, sente e giudica le ansietà, gli scoraggiamenti, le aspirazioni, i dolori, le viltà che contristano ed affannano la società moderna: egli scruta e misura le cause recondite, le origini remote, le derivazioni atavistiche di questo stato penoso di permanente orgasmo, che affievolisce le energie, abbassa i caratteri ed annebbia le intelligenze, avvilisce ed u-milia la nobiltà umana: e si chiede come, quando, per quale concorso di elementi restauratori si possa arrestare e paralizzare la piaga occulta che compie silenziosamente ed accanitamente la sua opera fatale e deleteria.» Come paralizzare la piaga occulta? ecco la tesi; l'idea fissa dell'Ibsen: e ciò forma uno squilibrio nella mente del pensatore od è nello stesso tempo la debolezza dell'artista. Vediamolo. L'atavismo, ecco il grande nemico! Fa capolino nella Casa di bambola col dottor Rank, nella Signora del mare, nell' Anitra selvatica. trionfa negli Spettri. Conviene abbatterlo, e rialzare il carattere. Con quali mezzi? Qui sta il nodo della questione. Con la reale, e viva pittura dei suoi tristi effetti, col coltello anatomico dell'operatore, sulla fredda lastra di marmo dell' ospedale ? No, mille volte no ; se tutto è prestabilito, se i figli soffrono pei peccati dei padri, se così deve essere e non può essere altrimenti, perchè tante lezioni al rispettabile pubblico? Brontoliamoci un requiem Senza tanti discorsi. Ai padri è inutile parlare; sono quel che sono; e i figli, terrorizzati da una idea dominante, visto inutile lottare, ricorreranno al bicchierino verde per 1 fuggire mattana. Ecco le conseguenze ultime della tesi. Ma giacché si vuol redimere questa povera società, rialzare il carattere, snebbiare l'intelligenza, perchè l'arte, perchè il teatro in particolare mi presentano sempre questa eterna e fatale lotta dei degenerati; perchè non mostrarmi la potenza dell'e-ducazione, che può dare una seconda vita fisica, intellettuale e morale? Riconosco le difficoltà, sono pronto ad ammetere essere gravi impedimenti alla libertà l'atavismo, l'ambiente fisico e morale; pure egli è un fatto (e tutta la storia lo prova) che in tempi di grandi disordini, e di abbassamento del carattere da una società corrotta, sorsero i grandi riformatori, grandi perchè vollero e fortemente vollero. Eccezioni si dirà, e le eccezioni confermano la regola. E sia pure, ma perchè a migliorare la società, non mi si dà sulla scena il sano ed efficace spettacolo di un uomo che lotta contro sè stesso e vince e trionfa? Altro errore e gravissimo nell'opera dell'Ibsen. „I protagonisti de' suoi drammi sono per lo più individualità straordinarie, rare, creature mostruose e patologiche, i cui raziocini e gli atti si sottraggono all'esame della logica." Sarà vero, aggiunge il Boccardi dando un colpo alla botte, ed uno al cerchio; ma concesso l'intendimento fond;wnentale, a cui 1'Ibsen fa scopo i suoi lavori, tale osservazione perde gran parte del suo valore. Più che personaggi veri e reali, i tipi ibse-niani sono altrettanti coefficenti di una dimostrazione.. Egli pone il personaggio a servizio dell'idea; il simbolo ha la supremazia sulla persona scenica. Adagio a ma' passi. Qui il Boccardi ha dato un colpo così vigoroso sulla botte, che me l'ha proprio sfondata. In ciò sta appunto l'errore dell'Ibsen ; il simbolo, la tesi hanno la supremazia sui personaggi veri e reali; i tipi non sono tolti da uomini che mangiano, bevono e vestono panni; sono semplicemente coefficenti d'una dimostrazione. E tutto ciò si dice e si scrive dagli ammiratori dell'Ibsen, a questi lumi di luna dopo tanti discorsi contro il romanticismo, e panegirici, al verismo, al realismo? L'Ibsen adunque, con tutto il suo grande ingegno non potrà mai raggiungere in teatro pienamente il suo effetto, e al più produrrà un momentaneo sbalordimento negli spettatori, appunto per questa mancanza del reale, e di quello studio dei tipi colti dal vero che rese immortali Mòliere e Goldoni. Vediamolo particolarmente in Casa di bambola. Nell'esame delle donne del teatro dell'Ibsen, (studio del resto ben fatto e a rapidi tocchi) il Boccardi a giustificare l'improvvisa risoluzione di Nora, e la catastrofe strana del dramma, che esercitò pro e contro la critica, scrive che „Nora, credendo tutto | CAPODISTRIA, Tipografia Cobol-Priora. nella vita bontà, felicità, sorriso, non seppe mai che cosa fosse il male ; non udì mai la parola che le insegnasse la via dei grandi doveri, e degli utili sacrifici, obbediente, nella sua credula fidanza, al solo ed irriflessivo impulso del cuore." Ora io domando semplicemente : È possibile esista al mondo una donna, sia pur bambola quanto si vuole, la quale non sappia così in confuso, per quanto le detta il senso morale, che il falsificare una cambiale è un' azione da galera, e che, secondo il vecchio proverbio, non si ha fare it male per ottenere un bene? Lo potrà fare benissimo, lo ammetto, per salvare il marito, per iin-'j pulso del cuore, ma non senza che la ragione le suggerisca qualche cosa in contrario. E non c' è donna al mondo per quanto bimba ingenua e viziata, la quale abbia sempre creduto alla bontà, alla felicità, al sorriso. Simili donne non esistono che nella fantasia dell'Ibsen. sono simboli, sono coefficenti di speculazioni filosofiche, e non hanno mai portato gonella. E una simile ingenua ha poi tanta forza d' animo da abbandonare i figli ed il marito| e di tenere que' tali sproloqui ! Conclusione: 1'Ibsen è uno spirito superiore,, P opera sua è originalissima (d' accordo in ciò col Boccardi) ma discutibile, bizzarra, paradossale. Ed anche sattoscrivo alle sue calde parole rivolte ai giovani drammaturghi. „La scena italiana non è fatta per le pallide sfingi del nord. Il sentimento, che è 1' anima di tutte le cose veramente grandi e ve-; ramente belle, rimanga sempre l'inspiratore precipuo dei nostri artisti. Restiamo italiani anche in-questo." Il sentimento sta bene, ma non basta, mi sia lecito aggiungere. Al sentimento si aggiunga lo studio del vero, 1' osservazione attenta della natura umana còlta al volo, come faceva il Goldoni e fecero : tutti i sommi: fotografie istantanee hanno ad essere e non pose; uomini e non manichini, tipi e noni simboli. p. t. i Pregati pabblichiamo: | RINGRAZIAMENTO Profondamente commosso alle molte e care manifestazioni di cordoglio, ricevute per la perdita della dilettissima moglie MARIANNA il sottoscritto si sente in dovere di esternare i più vivi ringraziamenti allo Spettabile Municipio, al liev.mo Clero e a tutte quelle gentili persone, che resero 1' estreme onoranze alla cara defunta, od altrimenti parteciparono al grave suo lutto. Capodistria, li 9 settembre 1893. _Luigi Sossich Pietro Madoniz?a edit. e redat. responsabil«