Gian Paolo Gri Intorno alia friulanitä (e alle essenze etniche) Kako naj danes razumemo furlansko identiteto? Prispevek skuša dati odgovor na to in pri tem uporablja “odprte” in dinamične kategorije, ki jih je izoblikovala kulturna antropologija v zvezi s pojavi kot so poliet ničnost, plurilingvizem, prevzem in stik kultur ter večpripadnost. How should one understand the Friulian identity'!1 The paper tries to provide an answer by means of “open" and dynamic categories employed by cultural anthropology in relation to multiethnicity, multilingualism, acculturation, contacts with and belonging to different cultures. Che cos’e la friulanitä? Chi puo dirsi friulano? In ehe termini si configura l’identita friulana? Domande di questo genere mi vengono riproposte, anno dopo anno, anehe dagli študenti ehe seguono il corso di antropologia culturale, quando si affronta l’argomento dell’identitä culturale e dei concetti correlati (etnia, comunita etnico-linguistica, confini e frontiere culturali, lingua/cultura, e simili) e lo si misura con l’esperienza piü vicina ai giovani. Ho sempre trovato difficoltä a formulare una risposta chiara e diretta, ed e una difficoltä che a sua volta mi interroga, obbligandomi a una riflessione articolata. E’ una riflessione ehe mi vede debitore dell’esperienza di vita di uomini di confine come Milko Matičetov. 1. A impedirmi risposte dirette sta innanzitutto il sentimento di fastidio ehe provo ogni volta che sento qualcuno dispensare interdetti e patenti di etnicitä: interdetti e patenti di friulanitä, in questo caso; e’e la convinzione ehe i discorsi intorno a questi argomenti siano sempre rischiosamente sostitutivi. Si viene indotti a giocare con gli stereotipi (e si sa ehe gli stereotipi dicono molto su chi li crea e li utilizza, e dicono poco o nulla su chi ne e l’oggetto) e a sottovalutarne la forza; si viene indotti egual-mente a dimenticare ehe i discorsi sulle identitä e sulle appartenenze sono quasi sempre «soltanto metafore di ciö ehe .si desidera», come indicava Giulio Bollati1 tentan-do di rispondere alla domanda (ancora piü impegnativa di quelle rivolte a me) su chi fosse l’italiano. Metafore di tutto cio ehe puo essere oggetto di desiderio: valori, ma anche profitti, costruzioni ideali da realizzare, ma anche interessi piü o meno nobili da difendere, voti da accalappiare, risorse da rapinare. Quando tentiamo di deserivere un’identitä, cio che essa e stata e cio ehe e, finiamo faeilmente (anche se spesso inconsapevolmente) per coniugare il nostro discorrere in forme ottative e condizionali. Credendo di essere oggettivi, parliamo invece di come vorremmo ehe quell’identita fosse stata, di come ei piacerebbe che fosse e diventasse. 2. Anticipando la conclusione del mio ragionamento, alla domanda su che cosa signifxehi la friulanitä e su chi sia il friulano, oggi risponderei a questo modo: -Friula-na», per me, e - meglio: diventa - la persona che nella costruzione del proprio sistema di valori, nella messa a fuoeo dei modelli culturali e delle prospettive di vita, nel processo esistenziale della propria maturazione, ha come riferimento diretto o indiret-to, implicito o esplicito, qualche aspetto del Friuli; aspetti della memoria storica che riguarda il Friuli, cioe, oppure il suo ambiente, alcuni elementi della sua tradizione culturale (la lingua, la musica, 1’arte maturata qui, altre strutture simboliche), e soprat-tutto relazioni strette e vitali con altri friulani (presenti o passati: il padre e la madre, naturalmente; ma anche, e talvolta anche con maggior forza, qualche amieo, un maestro, qualcuno ehe ha eontato veramente nella vita). Do eonfini larghi alla mia categoria di friulanitä, come .si vede; larghi, ma concreti. Mentre rifiuto con forza di ancorare la friulanitä a fattori ereditari e oggettivi da cui derivare poi eonfini stretti e definiti (rapporti di diseendenza, radicamento territoriale, lingua, e simili), non riduco neppure la friulanitä a fattori di ordine puramente sogget-tivo ed emotivo del tipo: e friulano chi si sente tale, chi decide di esserlo. Se posso fare un paragone, la mia idea di friulanitä e vicina alla categoria di credenza cosi come e stata formulata in ambito antropologico da M. Douglas2: come esperienza di vita che non si eredita, che non deriva dalla decisione di credere, ma che matura nel vivere in eompagnia di credenti. Ecco allora ehe non ho dubbi nel rieonoscere la qualifica di friulana a mia moglie; sua madre e suo padre erano del Piemonte e della Tuscia, ma la sua vita e impregnata di relazioni vitali eon il Friuli e i friulani. Riconoseo la qualifica di friulano a David Maria Turoldo ehe seriveva poesie sul Friuli in italiano. Allo stesso modo - per toccare altre identitä compenetrate con quella friulana -, trovo coerente che il Comune di Resia abbia dato la cittadinanza a Milko Matičetov, o che il Comune di Montereale Valcellina abbia fatto lo stesso con Carlo Ginzburg: il loro rapporto, rispettivamente, con la cultura tradizionale resiana e con le strutture simboliche del mugnaio Menocchio incontrato sulle carte d’archivio hanno pesato sulla storia personale di questi studiosi, non solo sulla loro vicenda intellettuale. Ecco perche mi sento vieino alle radici ' II testo di Giulio Bollati cui mi riferisco e L'italiano, in / caratleri originali - Storia cl’Italia Einaudi, Torino 1972, pp. 949-1022; poi in volume: I. ’italiano. II ca rattere nazkmale come storia e come invenzione, Torino, Einaudi, 1983. 1 Mi richiamo alla categoria di credenza epressa da M. Douglas in Risk andBlame(Xtad. it.: Credere epensare, Bologna, II Mulino, 1994): ma evidentemente essa rimanda oltre; in particolare per le implicazioni di questa riflessione, almeno a B. Pascal. L’affermazione di P. Fabbri e tratta da La luce di Babele, in Identitä linguistlche e relazioni culturali, Trieste, Circolo Semiologico Triestino, 1992. (multietniche) del cristianesimo originario d’Aquileia piü quando partecipo - con alcuni friulani in mezzo a tanti non friulani - al hattesimo di un bambino figlio di senegalesi o argentini, nel Centro di accoglienza di Zugliano; che quando sento una Messa (monoetnica) in friulano a Santa Eufemia di Segnacco. Gli esempi non sono a caso. Vorrebbero quanto meno richiamare un principio e tre questioni che ritengo decisive per la definizione di un eventuale specifico friulano, cosi come di ogni altra ambigua essenza etnica. 11 principio e semplice: il Friuli non e affatto un oggetto storico e culturale giä definito e completato; esi.ste solo come oggetto in formazione. La prima questione 6 quella della lingua. Potrebbe essere riassunta sinteticamente cosi: e motivata la centralitä che la lingua friulana ha assunto nella coscienza dell’essere friulani, rispetto all’esperienza storica del plurilinguismo propria anche dei friulani e di ogni altro che abbia abitato e abiti il Friuli? Oppure la questione andrebbe posta in termini piü articolati, a partire dall’evidenza stessa che quella coscienza, e il di piü di valore simbolico acquistato nell’ultimo periodo dal parlar friulano, sono maturati proprio in riferimento al fatto che anche la lingua friulana, come scriveva Nencioni, -ha abbandonato lo stato di costume passivo»? La seconda questione e forse meno complessa (almeno da esprimere; e complessa da realizzare, invece, se appena ci si guardi in giro e si getti l’occhio sulla produzione editoriale e sulle politiche culturali): riguarda la scelta, o meno, di indagare in maniera spassionata la storia e le forme della cultura tradizionale del Friuli, contro ogni falsifi-cazione e semplificazione. La terza questione e nei fatti: e la realtä del Friuli cambiato, del Friuli trasformatosi da terra di emigrazione in terra di immigrazione, del Friuli plurietnico e pluriculturale; e la coscienza che il Friuli partecipa in tutto e per tutto alle grandi questioni che investono l’esperienza dell’essere uomini e donne oggi. Torno alla mia definizione di friulano e di friulanita. Non pianto pietre di confine che delimitino la mia idea di friulanita. Essa non rimanda a un dato, ma a un sistema mutevole di relazioni. La considero (al pari di ogni altra costruzione di natura etnica) come una sorta di nuvola, come una forma che ha la sua essenza nel continuo cambiamento. Posso disegnare i suoi contorni soltanto in relazione ad un momento dato. E’ una frontiera con le sbarre alzate; e una porta socchiusa. E’ come una nebulosa: contiene al suo interno l’esperienza di chi non ha conosciuto altro orizzonte che quello del paese stretto, ma anche l’esperienza della tloppia patria di chi ha vissuto l’emigrazione o di chi e arrivato qui - celta, italico, ävaro, longobardo, slavo, tedesco, ebreo, zingaro, pugliese, toscano, veneto, siciliano, bosniaco, argentino di ritorno..., nell’arco della storia di questa regione - e qui in Friuli ha trovato qualche forma di radicamento. E’ una nebulosa in ebollizione: quel che e nel centro si trova poco dopo in periferia e viceversa. Non e forse accaduto, nel corso deü’ultimo secolo, che il sotän, contadino povero e senza terra, abbia sentito per i suoi figli l’italiano come strumento di liberazione dall’orizzonte chiuso cui egli era costretto; e che il parön invece, dopo aver parlato tedesco o veneto per generazioni per adeguar-si a parons piü alti di lui, abbia avvertito il fascino delle radici (perche neppure lui vive di solo e abbondante pane) e torni oggi a parlar friulano? Per alcuni l’essere friulano e il fondamento da cui muovere, la prima radice che apre ad altre e nuove appartenenze, e in questa esperienza di apertura l’essere friulano puö perdersi o puö restare parte vitale di se; per altri e un incontro, una scoperta, una .scelta. Solo a posteriori posso dire se uno e, oppure non e, rimasto segnato dal rapporto con il Friuli, con i friulani e con la friulanitä: se dunque e, oppure non e, e in quale misura, anch’egli friulano. Questo modello aperto mi mette spesso in conflitto con gli «operatori etnici»: con chi, avendo scelto di portare il problema della tutela e della valorizzazione dell’etnicitä sul piano politico, ha bisogno di frontiere nette, di pali di confine ben piantati, di definizioni chiare; ha bisogno di sapere con certezza chi e ehe cosa e friulano, chi e ehe cosa non lo e, a chi spettano i fondi di sostegno regionali e comunitari e a chi no, a chi spettano e a chi no i eontributi delle leggi regionali e nazionali per la tutela e valorizzazione delle lingue minori. Mi trovo spesso in disaccordo, insomma, con chi dovendo basare il proprio lavoro su criteri oggetlivi, finisce col privilegiare in modo pressoche esclusivo il versante linguistico della questione, trasformando in sistematico e coerente quel che e tale solo nella modellistica astratta dei linguisti (anzi, quel che era tale; perche proprio i linguisti, prima e meglio di lutti gli altri, hanno abbandonato i modelli chiusi della propria tradizione scientifica), mentre nell’uso anche il friulano e sempre parte di un sistema plurilingue, ed e sempre, come ogni altra padata, «in stato di traduzione continua» (Paolo Fabbri). Si tralta naturalmente di un conflitto componibile, perfino utile. Mi permetto pero di rivendicare la superioritä incommensurabile delle rnie categorie aperte (creative -processuali come si dice) di friulanitä. Quando vedo che in ultima istanza prevalgono le categorie burocratiche, chiuse e aggressivamente difensiviste, penso male. 3. Non si e friulani in maniera esclusiva, dunque. Quella di friulano non e la mia sola identitä. Compartecipo anche ad altre caratteri-stiche, faccio parte di altri raggruppamenti, alcuni scelti e altri subiti. Appartengo al genere maschile, sono parte del gruppo di quelli di una certa etä, di un certo stato sociale, condivido con un certo gruppo di persone l’esperienza professionale, condivi-do con alcuni dei valori etici e religiosi, condivido con altri (non necessariamente quelli di prima) delle idee politiche e un modello di societä... Insomma, non ho una sola appartenenza. La mia identitä e costituita da un fascio di identitä, spesso tutt’altro che coerenti. Per me, come per tutti, l’identitä e sempre un insieme di identitä. Si tratta di insiemi gerarchizzati: ognuno di noi dä forma diversa a questa gerarchia, stabilisce di volta in volta quale identitä privilegiare, decide intorno a quale appartenenza investire la parte migliore, piü profonda, piü vera di se stesso. La friulanitä ha collocazioni diverse entro i sistemi di appartenenza dei friulani. Sarebbe suicida, per la friulanitä, considerate friulani solo coloro che pongono questa loro identitä etnica comunque e sempre al primo posto; sarebbe altrettanto distruttivo se tutti la sentissero come l’ultima e la piü trascurabile delle appartenenze. Anche in questo caso sono le differenze a garantire vitalitä. Ma, soprattutto, la friulanitä non va affatto necessariamente perduta nel processo di crescita e di allargamento del proprio senso di appartenenza; nel migliore dei casi ne e anzi il presupposto e il fondamento. 4. Per fortuna non si e friulani allo stesso modo, dunque, e puö non essere facile muoversi nella varietä dei modi di essere e di vivere la friulanitä senza cadere nel relativismo (nel relativismo del «tutto va bene»), da un lato, o nel fondamentalismo dall’altro (per cui alcuni si arrogano il diritto di stabilire le condizioni per la patente di friulanitä). Come posso descrivere la situazione in parole piü chiare? Anche all’interno del gruppo ehe vive l’essere friulano come una appartenenza da tenere in buon conto nella propria esperienza di vita, ci sono valutazioni diverse intorno al significato ehe questo comporta. C’e chi lo giudica un’ereditä storica obhligata, chi un accidente storico; chi lo considera secondario rispetto a un’identificazione sovraetnica, sovranazionale, universalistica, chi lo mantiene a fondamento; chi si sente prima italiano e poi friulano, chi prima friulano e poi italiano, chi prima carnico e poi friulano, chi europeo e friulano e per nulla italiano. C’e chi privilegia questa sua identitä etnica friulana e ne fa una questione di vita o di morte. Con la loro posizione forte, questi ultimi mi aiutano a precisare un ragionamento. Essi fondano il privilegio accordato all’appartenenza etnica sul presupposto che da essa (soprattutto attraverso la lingua) discendano i caratteri fondamentali della perso-nalita di base comuni agli individui di un eerto gruppo umano, consapevoli o meno che essi siano di questa specie di imprinting originario. L’eventuale scarso interesse degli altri soggetti compartecipi della friulanita verso la sorgente, verso le radici stesse della loro individualitä e specificitä culturale, viene spiegato come una sorta di auto-castrazione o come una prova del successo ottenuto dai processi di omologazione e di marginalizzazione messi in alto dai gruppi di potere centrali e maggioritari nei con-fronti delle minoranze. Ne deriverebbe l’obbligo morale di svelare l’inganno e di svegliare le coscienze. La questione ruota ancora una volta intorno alia realtä e alia legittimitä del cambio linguistico e del cambio etnico: del modo diverso di configurare la gerarchia delle proprie appartenenze, cioe. Non ho dubbi sul fatto ehe i rapporti fra gruppi umani, fra stati, nazioni, classi, religioni, etnie, culture e lingue si giochino come rapporti di forza, condizionati da possibilitä differenziali di accesso alle risorse materiali e simboliche; so ehe sono esistiti ed esistono fenomeni di acculturazione violenta e feroce, subdola e accatti-vante. Tutto questo vale anche per il Friuli: per il rapporto fra i friulani e gli altri, per gli stessi rapporti fra friulani. Li giudico fenomeni negativi che esigono un forte impegno per essere riconosciuti, denunciati e per quanto possibile rimossi, a tutti i livelli. Non condivido invece l’opinione ehe qualifica i fenomeni di cambio linguistico ed etnico in termini pregiudizialmente passivi e negativi. Fra gli emigranti del mio paese, alcuni sono rimasti radicalmente friulani, altri hanno scelto di vivere consapevolmente due identita, altri ancora hanno deciso (loro, o i loro figli) di farsi francesi, belgi, argentini, venezuelani. L’etnicita e prima di tutto una omeostasi di convenienze, come e stato detto. Non pronuncio giudizi di valore intorno a queste scelte, e sento di dovere rispetto anche ai genitori (friulanofoni) ehe hanno scelto di parlare italiano con i loro figli. Sbaglierei se pensassi ehe queste decision! sono state frutto di semplice passivitä, di acritico abbandono alia moda, di spirito pecoreccio di imitazione, frutto di bovarismo deteriore. Se lo facessi, sarei io ad avere un deteriore concetto dei processi ehe guidano le scelte delle persone e governano la dinamica dei fatti sociali e culturali; sarei io ad avere un concetto deteriore del diritto delle persone a mutar condizione e a decidere per se una propria strategia di vita. Penso ehe nei confronti del proprio universo culturale e linguistico gli uomini abbiano da sempre spazi di libertä e di scelta. Non sarebbero uomini, altrimenti. Proprio come scrive T. Todorov: «Costruiamo noi stessi, necessariamente, dentro una cultura determinata. Ma ciö ehe ci distingue tutti e ci rende simili e la eapaeitä di rifiutare queste determinazioni»3. Al diritto a veder rimossi gli ostacoli che impediseono alle persone di esprimere la propria identitä eulturale (dando per seontato ehe eosa questa significhi, e tenendo eonlo ehe si tratta di un diritto relativo e non assoluto: anehe il razzismo e 1’etnocentrismo danno identitä eulturale!) e ehe impediseono alle persone di vivere la propria identitä etnieo-linguistiea, deve eorrispondere il diritto ehe definirei alla «conversione»; il diritto al mutamento, alla scelta dell’opzione avvertita eome pili opportuna. Sta qui - nella decisione di non adeguarsi, di rifiutare le determinazioni - la fonte da eui sprigiona fra gli uomini la diversitä. Da essa e storieamente sprigionata anehe la diversitä friulana. E se la diversitä eulturale e un valore, questo valore non puö essere eoniugato soltanto al passato e al presente. Vanno tutelate anehe le diversitä potenziali date alle persone e ai gruppi umani e insite nel fatto stesso di eomunieare e di raggrupparsi. Ci sono mondi nuovi ehe naseono anehe nella periferia friulana, e oeeorre saperli rieonoseere e guardare. Ci sono anehe modi nuovi, modi futuri di essere friulani. E anehe questi eontano. Che non si tratti di affermazioni generiehe e ideologiehe, ne di un passivo laissez faire, me lo dieono in tutta evidenza la linguistiea e l’etnologia''. Era i gruppi umani, il cambio linguistieo e il eambio etnieo avvengono eontinuamente, sono assolutamente la norma, non l’eccezione; talvolta sono il frutto di pressioni autoritarie, pili spesso sono il frutto di seelte e di Strategie individuali e eollettive guidate da bisogni ehe traseendono ogni eapaeitä di governo politico. Cosi eome norma (anehe per me, anehe per noi) e il plurilinguismo, non il monolinguismo; eosi eome normale e la eapaeitä dei migranti di tutti i tempi e per qualsivoglia ragione (a partire dalle donne, nell’esperienza del loro migrare, sposandosi, da un gruppo familiare all’altro) a far eonvivere dentro di se piü appartenenze. Le conversioni e le identifieazioni e appartenenze multiple vengono avvertite spesso (e soprattutto quando la storia mette in erisi le strutture simboliehe ehe sostengono le appartenenze tradizionali) eome una sorta di tradimento. Si tratta di una sensazione tutto e molto europea, frutto della rigiditä delle eategorie eon eui la eultura etno/ eurocentriea ha guardato e guarda il fenomeno della diversitä umana. La nostra e stata e resta una eultura bisognosa, affamata direi, di eonfini definiti e di etichette slabili, ossessionata dal bisogno di etnieizzare e di tribalizzare. Cosi si diee: la stabilitä sono eondizioni essenziali per la pulizia e per l’igiene morale e soeiale; la nettezza dei eonfini e la pulizia delle distinzioni e eondizione essenziale per la stabilitä. Come ieri -cuius regio eius religio», eosi oggi: ad ogni etnia la sua lingua; ad ogni etnia e lingua il diritto al rieonoseimento di lino statuto nazionale; ad ogni nazionalitä il diritto ad essere Stato... Viva la multietnicitä, si diee oggi, ma ognuno a easa propria e dopo aver firmato una opzione non ambigua; viva l’Europa delle pieeole patrie, ma ognuna sul suo, eon la sua propria seuola, la sua propria ■' I.a citazione di T. Todorov e in Nous el les attires, a p. 457 della trad, italiana (Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversitä umana, Torino, Einaudi, 1991). Sulla rigiditä delle categoric europee nei confronti della differenza eulturale, U. Fabietti, /. idea lila etn tea. Sloria e critica di un concetto equivoco, Koma, La Nuova Italia Scientifica, 1995; F. Remotti, Conlro l’idenltlä, Roma-Hari, Laterza, 1996. * Ethnos e comunitä linguistiea: un con fronto metodologico interdisciplinare. Atti del convegno internazionale del Centro Internazionale sul Plurilinguismo, a eura di K. Bombi e G. GrafFt, Udine, Forum, 1998. polizia, i suoi propri giudici... E cosi la torre di Babele resta comunque scandalo e peccato; scandalo e peccato sono le tante e troppe torri di Babele: Sarajevo, Gerusale-mme, tutte le grandi niegalopoli del mondo, e ora anche la periferia di Udine e domani anche gli altri paesi friulani: macchie di confusione da lavare. Non e for.se una sventura che esistano soltanto 200 Stati a fronte delle 5000 lingue parlate nel mondo? Non e un’assurditä che siano 60 le lingue parlate dai taxisti di New York? Non sarehbe piü logico e utile che ne esistesse una sola? E non sarehbe hello se in Friuli si parlasse soltanto friulano (e magari un bei friulano uniformato e standardizzato!), in Italia solo italiano, in Francia solo francese, in Slovenia solo sloveno, in Serbia solo serbo, in Germania solo tedesco... che farsene dei veneto/friulani, dei friulano/sloveni, degli sloveno/austriaci, dei turco/tedeschi e degli indiano/inglesi, degli algerino/francesi, degli afro/americani, dei meticci (nel corpo, nella lingua, nella religione, neü’anima) di ogni angolo del mondo? 5. Se non si e friulani allo stesso modo, non si resta gli stessi friulani neppure nel tempo. Ci sono molti intrecci, a questo proposito, che andrebbero dipanati (come altri hanno fatto) e ai quali posso solo accennare: il friulano come storia e come invenzio-ne; la friulanitä come costruzione storica nel suo intreccio con l’ideologia clella friulanitä (una vicenda ben rappresentata dalla storia del mandi: dell’originario os.se-quioso «mi racomandi», nobilitato dai friulanisti negli impossibili «mane diu», «mane in Deo»); l’intreccio fra le percezioni interne che i friulani hanno avuto di se stessi e le percezioni esterne. C’e la relazione fra l’ethos e l’ethnos dei friulani; ci sono i profili tracciati da psicologi, psichiatri e sociologi5. Questi ultimi ci rimandano oggi, dalle loro inchieste, un’immagine interna ed ester-na del friulano positiva: fidato, concreto, saldo, lavoratore, anche se introverso, repres-sivo verso se stesso, e cosi via: ma furlan, fra Cinquecento e Seicento, nella lenga zerga dei marginali e vagabondi valeva ladro; fino a tutto il Settecento si vedeva il Friuli come terra di faide, violenza e contrabbando; e ancora oggi, per Trieste, Venezia e mezzo Veneto, dime can, ma no sta dirme furlan. Uno sguardo affondato anche in maniera superficiale nella storia mostra la relativitä di questi stereotipi, di questi sforzi di definizione di un carattere nazionale e di una originalitä etnica. Ma c’e poco da scherzare con gli stereotipi. Va sempre ricordato che si tratta di strumenti tutt’altro che secondari di controllo interno ed esterno. Creati, divulgati, interiorizzati, questi stereotipi esigono l’adeguamento dei valori e dei com-portamenti, diventano il criterio fondamentale per il giudizio collettivo e per la valuta-zione di se. Da essi dipende per molta parte il sistema di attese che si trova di fronte, come un muro, ogni ragazzo che cresce. Si tratta di strutture simboliche che obbligano al disincanto. Per il mestiere che faccio, fa parte di questo necessario disincanto anche l’osservazione critica nei confronti del revival etnico che contrassegna questi nostri anni. C’e chi lo legge come un fenomeno provvidenziale di emersione, di liberazione quasi, della dimensione culturale piü vera e autentica, dopo secoli di compressione 5 I’eralcuni intrecci cui mi richiamo, H. Strassoldo, Lingua, Identitä, autonomia. Ricerche e rißessioni sociologiche aulla questions friulana, Udine, Ribis, 1995; id., L’identitä friulana alle soglie del terzu millennia, in -Atti dell’Accademia Udinese di Scienze Lettere e Arti, XC (1997), pp. 21-44; T. Maniacco, L’ideologia friulana. Critica dell'immaginarlo collettivo, Udine, KappaVu, 1995. sotto il coperchio dei nazionalismi sovraetnici e delle ideologic. Le vicende di quest’ultimo periodo in Europa, in Italia (nell’Italia settentrionale, non a caso) e in Friuli mi hanno convinto una volta di piCi della bonta dell’altra chiave di lettura, quella messa a punto nei contesti d’osservazione dell’etnicitä entro i grandi e nuovi agglome-rati urbani multietnici formatisi e in via di formazione in mille angoli del nostro mondo6. La richiamo con una sinteticitä brutale per la quale mi seuso in anticipo. L’etnicitä e innanzitutto una risorsa (simbolica; ma pur sempre una risorsa). Da sempre e uno strumento potente nella competizione per il possesso e per il controllo di altre risorse (non solo simboliche questa volta; ma concretamente materiali ed economiche: dal controllo delle risorse finanziarie dello Stato al controllo degli affari illeciti). L’etnicitä e oggi, con forza, una delle nuove facce di questa competizione. Di etnicitä sono colorati tutti i nuovi conflitti, militari, economici e politici. In situazioni di caduta dell 'idioma religioso, 1’idioma etnico - in Africa, in America, nella penisola balcanica, nel Caucaso, nella «Padania», ovunque - viene accentuato quando gli inte-ressi in competizione rendono conveniente per alcuni la solidarietä interna del grup-po. E magari riuscire a sovrapporre e a far coincidere entrambi gli idiomi. Allora la solidarietä etnica viene indotta con efficacia come nuovo obbligo morale. Non ci stai? Ci pensano i nuovi clerici dell’etnicitä, i geometri dell’ortodossia etnica, esperti in confinazioni precise, a darti la pagella, a sistemarti. Non ci stai? Sei un traditore, ei contro il Friuli, sei un cattivo friulano, non sei friulano. 6. Non esiste una storia (ne una controstoria) del Friuli ehe mostri una vicenda lineare della friulanitä, come sostanza ehe resta e dura sotto tutto e nonostante tutto. Anche nella storia del Friuli e’e tutto e il contrario di tutto; ognuno ritrova quel ehe vuole: radici venetiche, celtiche, latine, sabine, barbariche, ebraiche, germaniche, venete, romane, padane, mitteleuropee... Per fortuna e’e chi in tema di radici scrive e pensa cosi: »...Scenclere da molti innesti sarä allora un litolo, e la nobiltä consistent nell’aver trovato nel proprio catasto ance-strale piü stirpi, piCi pelli, piü religioni« (E. De Luca). Qualunque radice e qualunque innesto io privilegi, mi resterä comunque fra le mani uno scarto ehe rimanda ad altro. Un tratto di continuitä e ben riconoscibile, per questo, nella storia dell’essere friulani, ed e riflesso in maniera evidente nella storia della lingua friulana. E’ il senso della differenza, e la categoria dell’estraneitä. Credo valga anche per l’intero contesto piü ampio del Friuli l’impressione ehe Claudio Magris rievocava recentemente a pro-posito della Bisiacaria, uno dei suoi »microcosmk l’impressione di sfiorare un mondo parallelo a cui si passa accanto senza mai entrarci, -come in certi paesi in margine all’autostrada»7. Si tratta dello scarto ehe rimanda all’esperienza storica della separazione, della marginalitä e della conservazione proprio nei secoli in cui la lingua friulana acquistava identitä specifica, mentre le parlate sorelle e cugine venivano investite da processi di trasformazione piü intensi e rapidi. E’ l’esperienza storica (per richiamare il filone della linea Guglielmo Biasutti-Gilberto Pressacco, ehe si rivela particolarmente fertile per 6 Mi richiamo alia chiave di lettura utilizzata in V. Maher (a cura di), Questioni di etnicitä, Torino, Rosenberg & Sellier, 1994; U. Hannertz, Soulside. Inquiries inti) Ghetto Culture and Community, New York, Columbia U. I’. , 1969: lisplomndo lit cittii. Verso un’antropolofiia urbana, Bologna, II Mulino, 1992. 7 La citazione e da E. De Luca, Una nuvola come tappelo, Milano, Feltrinelli, 1991, p. 113. La Bisiacheria di C. Magris: Bisiachi. Sull’Isonzo un microcosmo di esuli, in -Corriere della Sera-, 21.9.1997, p. 33. questi rami della ricerca storico-antropologica) della ruslicitas del cristianesimo aqui-leiese, intesa nel suo senso proprio di rus opposta a urbs: il Friuli senza cittä, senza civitas comunale, con la sua gabhia di tenace feudalitä imposta e protratta fino all'esperienza dei nostri bisnonni. E’ la continuitä della lingua friulana garantita nei secoli - per loro disgrazia e per nostra fortuna - dalle classi popolari costrette alla subalternitä. Ma c’e anche la friulanita radicalmente diversa dei giorni nostri. Quella dell’autostrada imboccata (ma non da tutti! C’e anche il Friuli rimasto, come il Canal del Ferro, sotto l’autostrada, irrimediabilmente al margine). E’ la friulanita ricca e grassa della Confratemita della polenta, per indicare l’ultimo esempio che ho incrociato in questi giorni, in termini di autentico Friuli-Doc: parodia della polenta vera (e di mio bisnonno, che centovent’anni fa annegö, suicida, nell’Arzino, con la mente sconvolta dalla pellagra); parodia delle confraternite, che per secoli, prima di sclerotizzarsi in strumenti di potere e di controllo, sono state il luogo fonda-mentale per l’esperienza della solidarietä comunitaria. Io non ho dubbi, e sono con Turoldo e con quelli come lui. Si fa un buon servizio al Friuli d’oggi (e si e perciö buoni friulani) se lo si guarda con occhi impietosi. Mai come oggi lo spaesamento di cui scrive Carlo Ginzburg8 e condizione obbligata per la comprensione del paese e per la sua «salvazione». Non e un caso che maturi e viva proprio questo atteggiamento anche la miglior poesia friulana del dopoguerra (la poesia in friulano - anzi, nei diversi friulani - e in italiano; la letteratura che ha saputo assumere il dovere di stare, scomodamente, a cavallo della staccionata fra antico e nuovo, fra friulano e italiano, fra dimensione locale e universalismo). Una delle poesiis protestantis di Elio Bartolini (Domandä e final; recentemente riproposta dal Circolo Menocchio di Montereale9) lo esprime perfettamente: Li resons ches ch’a ti feivin segno spalancät tra sil e tiere a' no son pi, Friül. Al reste il pes da i ains insieme un non il batiment di courpar ogni volte ehe j pass i il Tiliment. (Le ragioni / quelle che ti facevano / segno spalancato tra delo e terra / non sono piu, Friuli. / Resta il peso degli anni insieme / un nome / il col po al cuore ogni volta / ehe passo il Tagliamento) Provo anch’io un colpo al cuore, quando attraverso il ponte di Latisana, ogni volta ehe torno in Friuli. E anch’io, per questo, come tanti, cerco ragioni nuove per garantire futuro all’identita friulana cui devo una parte importante della mia identitä personale e della mia e nostra irriducibile uničita. C. Ginzburg, Occhiacci di legno. Nove liflessiont silila distanza, Milano, Feltrinelli, 1998. E. Bartolini, Le molte iiile. Racconti dipopolo. 1945-1955, Montereale Valcellina, Circolo Culturale Menocchio, 1997. Gli “uomini di confine« sono davvero nn buon segno di contraddizione nel nostro riflettere su chi sia il friulano; sono una buona metafora dei modelli aperti con cui tutta la questione puo essere guardata. Si tratta di modelli ehe vaccinano da uno sguardo contrappositivo nell’ambito delle relazioni interetniche e interlinguistiche; modelli ehe rendono disincantati rispetto alle Ideologie di matrice etnica; modelli ehe obbligano a cercare le differenze sotto le somiglianze apparenti, e le somiglianze dietro le diffe-renze. Povzetek O furlanstvu in o etnični bitnosti Kaj je furlanstvöt Ali obstaja kakšen tak etnološki predmet in kako je opredeljen (objektivno ali subjektivno)? Problem uradnega priznanja in iz tega izhajajoče zakonske zaščite lokalnih, regionalnih in manjšinskih jezikov in kultur vedno pogosteje postavlja “zaprte” pojme etničnosti (etnično-lingvistična skupnost, “nacionalnost”, etnična meja, pripadnost in podobno) v nasprotje z “odprtimi" vzori, ki so jih človeške vede izoblikovale v procesu kritičnega pregleda lastnih razlagalnih sredstev in lastnih raziskav v zvezi s pojmom etničnosti. To nasprotje je prisotno tudi v obmejni regiji Furlaniji. Avtor predlaga ponovno branje furlanske zgodovine in etnografije, pri čemer naj bi se upoštevalo: • pluralni značaj etničnih in jezikovnih pripadnosti v furlanskem okolju, ne da bi jih to izključevalo iz njega, • kritiko kulturnega determinizma, kot ga lahko izvajamo tudi iz zgodovinskega pojava kot je furlanska emigracija, • pazljivost v zvezi z jezikovnimi in kulturnimi spremembami v nasprotju z samodejno nadrejenostjo furlanskega jezika in etnije, • kritično oceno tako etničnega oživljanja, ki je zajelo tudi Furlanijo in ki so ga pospeševale ideološke in konzumistične pobude, kot kulturne politike javnih organov, posledice tega oživljanja, • analizo globokih socialno-ekonomskih sprememb (kot tudi geo-političnih in antropoloških) v Furlaniji v zadnjih dvajsetih letih.