III. ANNO. Movimento nella popolazione di Trieste secondo atti pubblici. II foglio officiale deli' Osservatore triestino nel N. 68 deli' anno decorso dava lo stato della popolazione di Trieste pel 1847 come segue: I Rubrica Indigeni......... 55,000 II Rubrica a^lre provincie austriache 12,200 j Esteri..........5,200 II foglio officiale di quest'anno N. 138 da la popolazione di Trieste pel 1848 senza Rubrica di indigeni, per modo che non ,si sa se questi formino rubrica sepa-rata da sommarsi colP altra dei forestieri, o se i forestieri debbano* essere sottratti dagli indigeni. Sembre-rebbe che gli indigeni sieno 55,800, per modo che la popolazione si sarebbe aumentata dali'anno scorso di 800 persone. I forestieri di altre provincie sarebbero quest' anno 27,000; pressocche 15,000 piu che nell'anno decorso, gli esteri sarebbero 3000, 2200 meno che nell' anno decorso. I quali risultati di numerazione offiziosa, farebbero partiti da Trieste- in cerca di nuovo domicilio 2000 forestieri, e 15,000 Triestini per dare luogo a 17000 delle altre provincie che vennero a supplirli per compiere il numero della popolazione. Nell'anno 1845 secondo prospetto pubblico da noi veduto gli indigeni sarebbero stati 58,520; quelli di altre ^provincie e gli esteri 605 (seicento cinque). Secondo gli elementi statistici per quest' anno non vi sarebbero triestini che 25,800 (nella citta s'intende) e sottraendo da qucsti il numero di quelli di altre provincie che o per aggregazione, o per domicilio, o per pcquisto di realita unita a domicilio, divennero triestini, e di esteri che si fecero cittadini austriaci e poi si ag-gregarono al comune (numero che non dovrebbe essere minore dei forestieri presenti, cioe di 30,000), non ri-mangono di triestini, che S. Giusto e S. Servolo, S. Ap-pollinare, cogli altri nostri Santi Protettori. Non troviamo poi nessuna rubrica per i forestieri delle provincie austriache non ereditarie (nome questo ultimo dato alla Boemia e Moravia, aH' Austria, alla Stiria, al Carnio, alla Carintia, al Tirolo, alla Contea d'Istria, perchč paesi venuti per eredita nella časa d'Austria), Lombardo-Veneto, p. e., Ungheria, Gallizia, Dalmazia ecc.; e non pare che in Trieste manehino di questi, ne che sieno compresi nel numero degli esteri. Ouesti sono elementi desunti da atti pubblici; e siccome 1' esercizio dei diritti politici, e dei diritti di citta, come di provincia, dipende dalle condizioni di provinciale, di cittadino, convien dire che se i Registri dello Stato Civile non sono redatti con migliore esattezza, siamo in alquanto di confusione. Al tempo del governo francese gli abitanti di Trieste erano 25,000 (e, meno poehi individui, tutti erano divenuti o per amore o per forza cittadini triestini), i forestieri se ne erano andati, ed erano 5000 circa, questi 25,000 con tutte le aggregazioni posteriori, con tutti i novelli domiciliati, con tutta la prolificazione, non fosse altro di venere vaga, si sarebbero aumentati soltanto di 800, in trentacinque anni. Abbiamo gia dichiarato nel N. 43-44 che gli elementi statistici da noi dati nel N. 39 erano tolti dal foglio officiale di Trieste; oggidi richiamiamo quell'articolo, in vista del foglio officiale di quest' anno N. 138, con-fessando di avere allora fidato nel risultato di pubblica anagrafi, ma di non credere oggidi ne a questo ne quello; di perseverare piuttosto nelle calcolazioni approssima-tive piu verosimili e piu ragionevoli, secondo le quali i Triestini emigranti in un anno non sarebbero mai 15,000. Suli' Emporio di Trieste. Nel N. 63 di questo foglio avevamo cominciato a discorrere qualcosa che riguardava 1' Emporio di Trieste, ed avevamo indicato il dubbio se il šolo commercio sia 1' unica sorgente di vita di Trieste, sebbene 1' ammettessimo come la precipua e la regolatrice delle altre; avevamo e-sposto questo dubbio come nostro personale, ed avevamo indicato che 1' articolo sarebbesi continuato, e come e na-turale, al termine si sarebbe veduto quale fosse il nostro pensiero di conchiusione. Sennonche uno dei signori della societik del Diavolo, credette di non lasciare che nemmeno finissimo, e volle opporci una confutazione, della quale una meta soltanto ci fu intelliggibile, non cosi 1' altra, perche sebbene borghesi di nascita e di vita, non ci accadde finora di conversare con persone che usassero di quel linguag- \ gio, ne se accidentalmente 1'udimmo, ebbimo mai agio di apprenderlo; ne siamo poi inclinati sia di mescolarsi colla plebaglia, sia di intruderci in classi che si credono piu alte per le migliori marsine che portano, a fine di farne esercitazione. Ma siamo ben lontani da fare rimprovero a chicchessia, ognuno usa quel linguaggio che e consentaneo alla educazione avuta, e che trapela ad ogni atto e ad ogni parola. Dell' altra parte diremo bensi che desiderio di ap-prendere, e di ritrattarci se mai avessimo errato, (il che non dovrebbe recar sorpresa ad alcuno), fe' si che sos-pendemmo la pubblicazione del nostro scritto, per ripi-gliarla con migliore conoscenza di cosa, siccome ci pro-poniamo. Avevamo detto non credere noi che il commercio dia esclusivo alimento alla citta, avevamo detto cosa intendiamo per commercio ed avevamo accennato che la statistica fu tra noi finora merce proibita; avevamo in-dicato non credere noi che vi fossero trecento čase di commercianti ali' ingrosso, e ci parve dire cosa piuttosto abbondante che no; 1' avversario nostro non credette di rettificarla con altra cifra, ma di dirla esagerata in meno; noi speriamo che egli vorra darla precisa, pero secondo la definizione che noi ne abbiamo data, non secondo altra che a lui piacesse di sostituire, dacche altrimenti non ci comprenderemmo mai. Esso cito due esempi: il molino a vapore, ed il danaro portato da esteri a Trieste. II molino da grano e impresa industriale non comtnerciale, tanto e vero che ve ne sono di siinili a Duino, nel Goriziano, senza che Duino e Gorizia sieno Empori mercantili. Ammettiamo che il molino a vapore dia elemento di vita a centinaia a migliaia di persone, anzi andiamo piu in la, ne dia a tanti che nessuna časa mercantile tenga agli stipendi tanta gente; Iddio benedica quello stabiliinento; ma per essere industriale prova appunto che non tutti vivano del commercio in Trieste; noi v' aggiungiamo di piu. che 1' opifizio medesimo nella difficolta di trasportarlo offre una gua-rentigia di qua!che stabilita. Vi fu tempo, ed era quello non lonlano dei nostri padri, che le fabbriche (come le chiamavano) erano numerose in Trieste, a tale che le primarie čase erano di fabbricatori; Carlo VI volle pro-muovere grandemente 1' industria in questo suo emporio, e vi riusci, ma dopo il 1814 altri pensamenti si ebbero, non appunto di distruggere 1' industria, ma nell' effetto furono equivalenti, forse in buona fede, ma certamente per desideri parziali. Un' altro articolo del Diavolo, mostro i benefizi del Lloyd, e le migliaia di persone cui da alimento; ma anche questo stabilimento non e una časa mercantile, ne tratta il commercio, e proverebbe appunto cio che noi abbiamo sospettato che il solo commercio non dia alimento alla citta di Trieste. C' era 1' emporio senza che vi fosse ne il molino a vapore, ne il Lloyd; pare anzi che a quest'ultimo parecchi negozianti, ed il corpo mercantile, non fossero troppo propensi, e tutti non sono di eguale avviso se faccia poi bene realmente ali' Emporio, la quale questione decidano gli esperti ed il tempo. Ed a questi due stabilimenti non mercantili, po-tremmo aggiungere molti altri, lo stabilimento della fab- brica Saponi Chiozza, quelli altri che vi sono a produ-zione di articoli; i navali che lavorano con lode gran-dissima, e che si attivarono anche in altri luoghi prossimi, sebbene non empori di commercio, da persone di Trieste. La stessa marina mercantile non e commercio, ne i suoi interessi sono sempre identici col commercio; di che si ha prova in cio che in Trieste vi fu commercio nel secolo passato senza marina propria, e che nel secolo presente la marina lagnavasi di cio appunto di che il commercio faceva grandi allegrezze; se ne ha prova in cio che la Borsa mercantile non ammetteva siffatte persone nel suo collegio, e che sebbene questo fosse chiamato a provvedere anche agli interessi della marina, i marittimi non credettero che lo facesse, se tante lagnanzo mossero; prova quest' ultima che gli interessi erano ben diversi e forse opposli. Nel nostro medesimo litorale abbiame due distretti centro di marineria che non sono empori mercantili nš lo saranno mai, Lussino e Volosca. Vi sono le imprese di assicurazione contro pericoli di fuoco, di grandine, di mare, ed altre ancora. Da parecchi anni lo spirito per le industrie ci tra-pianto in Trieste, non per essere operoso soltanto in questa citta, ma in qualunque luogo si sia; la mente di Carlo VI, o diciamolo, la mente del principe Eugenio ebbe suo elfetto, anche in tempi nei quali le tendenze furono ben diverse; in quanta estensione lo sieno, e conve-niente che sia pošto in chiaro. Un' altro articolo dello stesso Diavolo ripeteva 1' antica canzone sulla scomparsa della classe dei pescalori, canzone che mosse nel secolo passato il nostro Giuliani, il quale, non negoziante, ma amante di patria, avrebbe volentieri veduto una marina propria. Ma quell' articoli-sta avrebbe potuto dirci il perche 1' Einporio fa sparire i pescatori, e perche non li fa rivivere mentre se gli aven-licci entrano da una parte, non pochi nostri escono dal-1' altra in traccia ... in traccia ... di pane, fosse anche coll' andare per cambi in qualche reggimento di soldati. II Diavolo fe'registro delle importazioni deli'Emporio del tempo corso fra il 1809 ed il 1813 pensando forse di persuaderci che non dobbiamo desiderare una guerra accanita cogli Inglesi, un blocco di tutto il Me-diterraneo e di tutto 1' Adriatico, e la mancanza di propria flotta per tenere lontano il nemico; su che non abbiamo bisogno di avvertimenti, ma avrebbe fatto miglior cosa il darci lo stato delle importazioni dal 1805 al 1809, per farne confronto con altri elementi. E convien dire che dal 1809 al 1813, allontanate le čase-di commercio precipue, sottrattisi gli esteri, la citta non fosse a si catlivo partito se pote pagare 20 (venti) milioju di fiorini, parte con taglie, parte con mutui forzosi, che non si vollero poi pagare, e nonnostante durare citta, senza che vi fosse emporio. Abbiamo la lista delle čase mercantili dimesse allora, i fallimenti loro non provano gran fatto che reggessero sulle loro spalle la citta, pure lo credevano, od almeno lo dicevano, nonnostante v' ebbero allora di quelli che arricchirono. E moltissimi che non vollero allora dividere con noi il pane del dolore, torna-rono poi quando le mense era.no apparecchiate a festa. II nostro avversario parla delle somme di danaro recate dagli esteri nel commercio, certamente non sono 'in queste compresi i danari mandati per mutui, per im-prese industriali, per acquisti di realita, perche cio suc-cede anche in luoghi che non sono empori, e dipende da condizioni ben diverse. Ouanto a persone mercantili venute con capitali propri, sarebbe beli'opera se ne dasse lista; perche e vecchia canzone che a Trieste mancavano i capitali, e vi ahbondasse 1' attivila. Ed aH' invece non abbiamo esempi si frequenti e si strepitosi di fortune aumentate, conser-vate, trasrnesse. Invitiaino a farlo, perche cio gioverebbe gramlemente a sciogliere il quesito, se lo stato eccezio-zionale di Trieste in inerito di imposizioni, sia erroneo jed ingiusto. Le leggi che crearono 1' emporio vollero crearlo coll' attivila non sempre coronata in sui primi esperi-menti da successo, credettero che questa attivita fosse tanto necessaria da farne un' asilo, garantendo i venuti da ogni pagamento di debiti incontrati altrove, e perlino da quel!a soddisfazione che e dovuta al genere umano per delitti cominessi, siccome per leggi stampate e chia-ro; ma si suppose che Trieste somigli ad un giovanelto chiamato bensi a portare il fucile, ma che non giunge-rebbe ad essere soldato, se a ott' anni si volesse cari-carlo della giberna del sacco e della daga; ma se le cose sono altrimenti, non e giustizia che altri porti il fucile per lui, e trascini peso. Lo si dica francamente. L'ex-ministro Schwarzer che fu per molti anni compi-latore di un giornale del Lloyd, e per le statistiche com-merciali ebbe partecipazione di cose che per noi volgo da tenersi in ignoranza, sono secreti, penso che Trieste poteva pagare un decimo di tutte le imposte della Monarchia, e lo stampo. Esso certamente non intese delle cainpagne che pagano la quota di legge, ne delle čase che portate al massimo della legge darebbero 320,000 fiorini; esso * non intese parlare delle classi artiere che tra bolli, dazi pagano abbastanza, e dai quali non potrebbero trarsi i dieci milioni; esso intese del commercio. Possiamo esserci ingannati nel supporre che il commercio dia bensi vita, ma non sia elemento eselusivo al sostentamento di Trieste; ma non augureremmo poi che quel suo detto, certamente non passato di volo alle o-recchie delte altre provincie, e di molti che non sono di nessuna, trovasse sostegno e comprovazione, nelle parole di uno della Societa del Diavolo, che forse non e dei nostri, e che scoceato il dardo, puo andarsene senza attendere 1' effetto che porta. Noi abbiamo sospeso la continuazione deli'articolo; siamo disposti a rierederci, e ad unirci ali' opinione del Diavolo, confessandolo se egli arriva a persuaderci il suo assunto; quarul'anche ne dovesse venire naturale applicazione del censo, imposta ben desiderata in Juogo della fondiaria, e specialmente deli'indiretta che realmente e ingiusta ogni qunlvolta e grave e male ripartita. E sarebbe a desiderarsi che prima di dare a lui perfettamente ragione egli fornisse altre prove di suo assunto, dacche quelle date provano contro di lui, ed hanno apparenza come avesse torto. Ma aneor due parole a chiusa. La novella citta di Trieste comincio con intendi-mento di imprese cisatlantiche e transatlantiche, il commer- cio doveva essere una scienza, posta a profitto di una nazione: una Societa ricca, intraprendente, ebbe la dire-zione del commercio. Se abbia saggiamente trasportato da altri luoghi il sapere mercantile, e ardua questione, perche dagli effetti non e sempre dato di giudicare degli uomini. Una marina di guerra, numerosa, forte, doveva giovare alla creazione della novella citta. — Forse cio era troppo inallora: marina, societa si sciolsero. Poi venne 1' epoca del commercio non diretto da sapienza, sibbene dal caso, lo serivere ed il conteggiare non era dote di tutti i negozianti; somma eoltura desiderata e nqn sempre raggiunta si era il leggere lo serivere, ed il far conti; il resto fu tenuto in dispregio. Poi ripigliarono il pensiero di commercio transatlan-tico e mondiale, ma questo pure fu un lampo, le vicende d' Europa segnarono poi la via dei commerci per questa citta. Dopo il 1814 altra vita sorse, e sembra che il pensiero di Eugenio abbia il suo effetto; che lo stadio di preparazione sia compiuto, che la citta sorga. L' una generazione prepara 1' altra, 1' uno stadio 1' altro, cio che era conveniente or sono trent'anni per disporre, non lo e piu oggi che e fatto; gli interessi generali pretendono il loro diritto sugli interessi individuali, sugli interessi di casta, sugli interessi di fraterna, per slanciarsi sugli interessi delte provincie e delte nazioni. E forse, chie-deremo noi, prematuro il tempo di questi interessi generali ? L' epoca deli' infanzia o della gioventu di questo emporio non e forse passata? Non e ancora il tempo in cui Trieste possa sorgere a citta non solo, metropoli di industrie e di commerci, ma di provincialita, e di civil-ta? Non e ancora il tempo nel quale 1'emporio possa dire: eccomi in mezzo a famiglia umana, che io ho fatta possibile, e della quale promovo gli interessi? Non e ancora il tempo nel quale il commercio anzi che starsi fra i limiti di personali speculazioni lasciando che ne venga di conseguenza cio che vuol venire, si slanci ad essere elemento effieacissimo e predisposto di civile con-sorzio, non fra le stanghe di Trieste, ma per il Mediterraneo tutto, e per le provincie al .Danubio? Non e forse il tempo di essere convinti che la grande famiglia Austriaca di cui siamo membri, basti senza cercarne altre? Noi non ci ristaremo dali' entrare in tenzone, per amore di patria e per vedere rettificate le idee o degli uni o degli altri, e portate a tranquillizzazione o di quelli che pensano poter ahzarsi Trieste a piu alti, a piu nobili destini, o di quelli che pensano dover Iimitarsi Trieste a semplice compravendi, opera del caso, e che non sapendo se abbia base fissa e quale, sono agitati da apprensioni puerili e volgari. Una discussione non potrebbe riuscire mai a pre-giudizio, e quand' anche chi si e fatto impugnatore delle nostre dubbiezze, non potrebbe deporre certi modi che accennano ad animo rozzo ed incomposto, quandanche eolla ininaccia di non accordarci cariche ed onori, manifesti la stoltezza di credersi il padrone, alto e sdegnoso di questa citta; noi non ci soffermeremo a queste forme, ma faremo umile e sommessa giustizia a quel solo che di-stingue 1' uomo dai bipedi semoventi, 1' uso cioe del ragionare. 268 f Sulle ragioni che il Patriarcato di Grado esercitava neti' Istria dal VII ali' XI secolo. Nel Num. 65 di questo foglio abbiamo indicato il sospetto che le relazioni passate fra i Dogi di Venezia e le citta istriane, prima cheiqueste si' dedicassero al dominio di Venezia, dipendessero da quella giurisdizione sui mare, che era di origine assai piu antica. I censi o tributi che si pagavano al Palazzo, ossia al tesoro veneto, ed i servigi coi navigli erano tutti per mantenere la sicurezza nell'Adriatico, ed abbiamo indizio di cio nelle frequenti notizie storiche che le citta istriane avevano mancato di pagare i censi, nelle frequenti .notizie che i Veneti avevano fatta censuale 1' Istria, e, meglio che tutto, nel frequente sottrarsi delle citta, sottrarsi, che i Veneti trattavano da ribellione. Ed allorquando 1' Istria passo ai Patriarchi di Aqui-leja, il novello governo di questi venne in collisione coi Veneti, appunto per li censi che i patriarchi non voleva-no fossero pagati , perche quasi segno di dominazione straniera, ed i Veneti li pretendevano per compenso della cura che avevano del mare, per cui scissure e paci e guerre e quella soluzione che tutti sanno. Nella pace tra Winthero marchese d' Istria e Can-diano II vedemmo intervenire tutte le citta e castella Istriane poste sull' Adriatico, non cosi Albona, non cosi i luoghi mediterranei. Della quale cosa noi crediamo tro-vare giustificazione nelle ragioni di chiesa; imperciocche la' chiesa si modello quanto aila formazione di provincie su cio che fece il governo civile, e fu in relazioni strettis-sime per la partecipazione che ebbe il clero aila rappresentanza ed al governo civile. Allorquando caduta Aquileja la terra ferma del Friuli e del Veneto passo in potere dei Longobardi, in Grado si formo patriarcato, al quale fecero capo le citta rimaste in potere dei Bizantini (Tra le quali citta non intendiamo eccettuata Venezia) ed il Duca di Venezia fu centro provinciale di queste regioni, comprese poi tutte nell' Esar-cato di Ravenna. Come il dominio dei Veneziani si esten-deva, vediamo 'estendersi i poteri dei patriarchi di Grado, a tale che ebbero giurisdizioni in Žara, in Ragusi, in Costantinopoli, concesse da quel governo, sancite dai Pontefici. II sospetto che le cose della Metropoli ecclesiastica di Grado possano dare lume, sembra giustificato. Gia dali' atto del parlamento deli' 804 si vede che la chiesa di Grado aveva beni temporali in Istria a sua dotazione;. non appare se li avesse in tutta la provincia, poiche si fa parola di cio in termini amplissimi. Diploma del 974, di soli 41 anni posteriore aila pace di Winthero (diploma registrato nel Codice Trevi-sani) col quale Ottone II conferma aila chiesa di Grado gli antichi possedimenti nell' Istria, fa registro delle Comunita ecclesiastiche sulle quali la chiesa di Grado aveva percezioni e possidenze. Oueste comunita sono registrate in quest' ordine = Trieste, Capodistria, Pirano, Cittanova, Parenzo, Rovigno, Pola, ed il Castello di S. Giorgio. Nello stesso diploma si fa piii tardi menzione di Umago, ma incidentalmente, Umago era gia fino dal 929 unito a perpetuita col vescovato triestino. Nessuna menzione ne di Pedena che era Vescovato, ne delle altre Comunita-ecclesiasliche di secondo rango che allora esistevano, di Albona, di Montona, di S. Lorenzo, di Due Castelli, di Buie, e d' altre piu interne. Nella pace di Winlhero non figurano queste comunita interne, non figurano nemmeno Umago, Rovigno, e Castello S, Giorgio, pero sapendosi che in qucsto tempo Umago e Rovigno erano distrutte (gli aggregati di edifi-zt) e naturale che non intervenissero a segnare un atto quei corpi che non avevano chi li rappresentasse. Ma la chiesa di Grado aveva ali' invece terre dalle quali riscuo-tere censi, o esercitare pascolo d' animali, e queste terre non cessavano d' esistere anche se la persona morale che formava la comunita e distrutta. Nella pace di Winthero figura ali' invece Muggia della quale si tace negli atti Gradensi; ma e ragionevole che avendo Muggia fatto parte di Trieste, e continuando a starvi per le cose baronali in dipendenza del Vescovo, non prendesse notizia deli' alfrancainento di Muggia, e del miglior rango avuto fra i Comuni. Vi ha bolla del Papa Benedetto IX del 1040 nella quale si registra il biasimo a Popone Patriarca di Aqui-leja perche. divenuto metropolita deli' Istria, (nel 1028) avesse usurpato i beni della chiesa di Grado anche in Istria. Le comunita- ecclesiastiche nelle quali avvennero questi "usurpi sono registrate nello stesso ordine come. appariscono nel diploma di Ottone II del 973 cioe: Trieste, Capodistria, Pirano, Cittanova, Parenzo ..... Pola, e Castel- SL.Giorgio. Dal confronto col diploma di Ottone, si vede che nella lacuna ci stava Rovigno. Novella prova questa, che le percezioni della chiesa di Grado non s'estendevano sui Vescovato di Pedena, ne sulle comunita religiose poste fra terra o confinanti con qual-che seno di mare interno. Le comunita tutte sono note meno quell' ultima la quale si intitola il Castello di S. Giorgio. A primo leg-gere ricorre aila memoria il nome di quel Castello che stava gia aila foce del Quieto sopra i Santi Ouaranta; ma quel Castello non ebbe mai irnportanza alcuna, ne fu Comune per quanto si ha indizi; apparteneva ali' agro giurisdizionale di Cittanova, era compreso in questa Comunita ecclesiastica. D' altronde il pošto che occupa nella serie dei nomi messi secondo posizioni topica, dovrebbe persuadere a cercarlo di la di Pola, e supporsi 1' ultimo dei comuni istriani sui mare aperto. Vi fu invero un Comune di secondo ordine fra Pola e P Arsa, menzionato da Plinio, registrato da P. Guido di Ravenna, e del quale spariscono poi le traccie, ed era questo Nesazio nel quale si die fine aila guerra istriana. Non e strano che prevalesse il nome di S. Giorgio; imperciocche questo Santo che rsppresenta un cavaliere romano, uccidente il Drago CDracu in romanico e il diavolo) fu adottato in protettore dai piu dei Castelli d' Istria, da Pirano, da Rovigno, da Fianona, da Lovrana, da Pisino vecchio, da Bersez, da Bogliuno, da Portole, mentre le cattedrali presero nome dalla Beata Vergine assunta in cielo; anzi questi titoli delle chiese, se sono antichi, sembrano corrispondere aila condizione politica antica dei comuni. Aila diligenza del sig Tomaso Luciani dobbiamo la notizia di una localita di la del Canale d' Arsa delta S. Giorgio, a capo di strada che mette ad Albona, in sito dove v' aveva e vi ha traghetto per di qua d' Arsa. Ouella localita conserva avanzi di rovine antiche. E di qua d'Arsa nel luogo ove comincia la strada di terra per a Pola, sta appunto quella localita detta Molino Blas, ove lo Stancovich pensd che fosse stata Nesazio ed ove veg-gonsi rovine. OuelP Agro appartiene a Castelnovo, agro che fu sempre separato dal Polense terminato a Porto-lungo, e che con Barbana formava comune ecclesiastico da se ahbinato, come pare da due comuni civili. Ouesto sarebbe il Castel S. Giorgio, il nome del quale Santo si conservo dali'altra parte deli'Arsa; e Castelnuovo, Castel Rachele avrebbero in tempi successivi conservata la qualificazione di Castello, Pero non e la nostra piu che congettura, la quale volentieri cederemmo a migliorc scienza. E se cosi fosse chiuderemmo col dire che gli antichi-diritti della chiesa Gradense (intendiamo di perce-r zfoni di censi o simile) fossero soltanto sui comuni ma-rittimi da Trieste a Castel S. Giorgio o Nesazio, e che cosi, e non piu, avessero anche gli antichi Dogi; non a-vessero poi diritto alcuno ne su Albona, ne su Pedena, ne su tutto P interno della Penisola; che P obbligo per le cose di mare era soltanto delle municipalita e dei Comuni al mare Adriatico, non dei comuni interni ne di quelli sui Ouarnero, che non era di quella parte di provincia ove stavano gli agri tributari. E se cosi fosse la cosa sarebbe questo non ispre-gievole materiale per riconoscere la costituzione romana della provincia. J' • — Della Costituzione provinciale deli' Istria nel IlOO. Poco prima di questa epoca divenute anche in Istria ereditarie le cariche ed appannaggio di famiglie, la Costituzione provinciale ebbe a soflerire modificazione. L' antica piant? per cui in D.uca era proposto a piu provincie durava ancora, e quei duchi che appariscono essere stati dominatori deli'Istria, non lo erano soltanto di questa provincia, ma d' altre ancora. II duca Giovanni del Parlamento, tenuto nell' 804, era nello stesso tempo Duca del Friuli, piu tardi I'Istria fe'parte tlel ducato di Baviera, e di Carintia. Sottoposto al Duca v' era il Marchese, del quale si si -fe' poi carica assai indipendente pel sistema baronale che prese predominio. Era veramente desso il Governatore il quale su tutta la provincia esercitava P alta giu-stizia civile e penale, era tutore dei comuni liberi od alErancati, ai quali preponeva podesta di sua scella od approvazione; aveva di proprio appannaggio quello che poi si disse per eccellenza =: il Marchesato = e che costituisce oggidi il marchesato di Pietrapelosa, (forse dato in sostituzione di Cittanova, o alTrancata totalmente o concessa.per liberalita reale a quei Vescovi nel X secolo) aveva inoltre la percezione di alcune imposizioni in tutti i comuni, sieno liberi, sieno soggetti. La liberalita degli imperatori si mostro anche verso i Marchesi divenuti ereditari, e se ne ha memoria del 1060, quando re Enrico donava ai Marchesi venti e piu luoghi, i nomi dei quali si possono congetturare dalla donazione che di questi veniva fatta quarant' anni piu tardi ai pre-lati di Aquileja. La giurisdizione del Marchese d' Istria si estendeva in origine a tutta intiera la provincia, dal porto di Se-stiana al Ouarnaro compresavi Albona; ma sofferi dimi-nuzioni. Nel 948 avendo i Vescovi di Trieste ottenuto dai re tutto intero il dominio (che dicevano anche Co-mitatus) Trieste fu sottratta alla giurisdizione del Marchese e fece causa separata nel governo della Provincia. Pero non cesso di appartenere aH' Istria, ne nella mente degli uomini, ne nelle cose pubbliche, ricorrendo Trieste per aiuto ed ai Marchesi d' Istria ed ai Conti, e questi lo prestavano si costantemente, che non dovrebbersi dire relaziohi di alleanza soltanto. E d' altra parte Trieste prestavasi e pel Marchesato e per la Contea, ma erano relazioni assai leggere, che i Patriarchi divenuti padroni deli' Istria vollero indarno rinforzare, e che cessarono colla dedizione di Trieste ali' Austria, colla dedizione delle altre citta a Venezia. Altra carica vediamo figurare in Istria con poteri propri, eguali a quelli che esercitavasi dalla citta di Trieste, e dal Marchese; i quali, cioe, avevano cio che si dicevano il mero e misto impero. Arduo si e il risalire ali' origine di questa carica fatta essa pure ereditaria ed appannaggio di famiglia. Vitige re dei Goti, o piuttosto Cassiodoro scrivendo nel 538 di nostra Era ai posses-sori istriani, parla di Cornitatenses excubiae le quali ve-nivano facilinente alimentate dali'Istria. Abbiamo sospetto che divisa la milizia in palatina, comitatense, e mobile, la prima fosse cio che noi diciamo la guardia, la seconda fossero le guarnigioni, la terza fosse la linea destinata alle operazioni di guerra contro i nemici. Le truppe che stavano di presidio nelle provincie erano dififatti agli or-dini dei Comites rei militaris menzionati nel Codice Giu-stinianeo, i quali pei poteri venivano parificati ai Procon-soli (Lib. XII, t. 12), e questi Comites si vedono altresi incumbere anche ali' amministrazione civile, di licenza deli' autorita competente, e venivano parificati ali' autorita Vicaria. Due generi di monumenti attestano la presenza in Istria di instituzioni militari a comune; lapida del Museo tergestino nella quale apparisce P esistenza dei comuni militari, nei quali officiali della Milizia esercitano potesta gindiziaria in cose reali, sotto gli ordini di un Legato deli'imperatore Claudio; ed i castellieri tanto fre-quenti, disseminati per tutta P Istria, nei quali indubbie traccie di alloggiamenti militari, e di presenza di militi anche nel tempo bizantino; castellieri che veggonsi dis-posti in modo da corrispondere e formare un complesso unito. E degli agri in comuni militari diremo, essersi tratta la lapida sovraccennata da luogo, ove la lingua romanica duro a lungo prima che in secolo vicino venisse sopralfatta dalla slava; e dura ancora in sito che fino a tempi nostri erasi conservato della Contea d'Istria. Non sarebbe troppo arrischiato il supporre che il comando militare di questa provincia con giurisdizione reale sui comuni militari venisse anche in tempi romani affidata a persona diversa dal procuratore della provincia, fino a che il potere militare abbino in se il potere civile nella persona dei Maestri dei militi sottoposti al Duca che era civile e militare insieme, e che piu tardi, cioe nel medio tempo, questi poteri si dividessero. Nell' Istria trovansi diffatti Conti prima che comin-ciasse 1' eredita delle cariche, pero la serie e spesso rotta, meno come pensiamo per deflicienza di memorie, di quello che per ritrovarsi la carica di Marchese abbinata nella stessa persona, la quale certamente non a caso ostentava simultaneamente 1'uno e 1'altro titolo. Ouale fosse il territorio che propriamente costi-tuiva la Contea non e si facile il dirlo, perche di tre specie di possessi si hanno nei Conti, quantunque su tutti esercitassero eguale autorita. Terre cioe, avute in feudo dai Vescovi di Parenzo e dai Vescovi di Pola delle quali e indubbia la memoria; terre le quali erano indub-biamente proprieta dei Patriarchi di Aquileja, prima ancora che fosser sovrani d' Istria, e, che si possono ragio-nevolmente supporre, passate per investita feudale nei Conti; terre, per ultimo, la di cui provenienza nei Conti e del tutto ignorata e che percio potrebbero supporsi come quelle che erano di propria ed antica giurisdizione, mentre le altre sono di aggregazione posteriore. L' autorita che avevano i Conti su tutte queste terre non era certo dipendente dalle investite dei Vescovi di Parenzo e di Pola, perche questi medesimi non avevano baronia maggiore, che era propria del Conte; non dipendeva dalle investite del Patriarca di Aquileja, perche i Conti v' erano prima che questi prelati avessero la Sovranita deli' Istria, in antecedenza erano baroni minori. Pure i Conti avevano pennello e bandiera, segni di alta baronia, e si figuravano a cavallo in altitudine di attacco; anche assoggettata 1'Istria ai Patriarchi non prendevano da questi investitura; ebbero quindi potere di alti baroni da chi aveva facolta di darlo, 1'ebbero dai Re e dagli Imperatori, e siccome proprio della persona lo e-stesero anche a quei distretti baronali', comunque venissero in loro dominio. I Conti d'Istria al pari della citta di Trieste, non facevano causa comune coi Marchesato, ma al pari di Trieste non si tennero stranieri ali'Istria della quale anzi assunsero il titolo Comitale. L' edifizio sociale del medio tempo, e troppo contrario ai nostri pensamenti ed ai principi nostri (parliamo deli' Istria) e troppo lontano dai tempi nostri per arrivarne prontamente ali'intelligenza; il sistema che dicono feudale, e che noi preferiamo dire baronale, aveva troppi elementi dissolutivi per ravvisare nella decorrenza dei tempi cio che era originario; le relazioni di soggezione erano si tenui, che secondo in-clinazioni, una baronia appare uno stato, un comune, una repubblica, e di rincontro la baronia, appare distretto amministrativo, comune', congrega di tesserandoli ; la fedella, quel vincolo che unisce a Principe vassallo, o popolo, apparisce a piacimento ribellione, o generosa devozione di chi potrebbe facilmente sottrarsene. II parlamento o piuttosto letto di giustizia deli' 804 mostra quali persone vi prendessero sede; mancano gli atti di tempi posteriori al 1200 per riconoscere come il parlamento si formasse (e ragione vuole che ve ne fosse uno) od almeno come si componesse quell' alta Corte di giustizia che ne teneva le veci, e che si radunava in Capodistria; di un diploma del 1100 veduto or son cent' anni in Friuli, si ha P argomento che appunto per essere breve, ingenera desiderio di farvi supplemento. Ouesto argomento dice Patti fra il marchese Vodalrico ed il Conte, i Vescovi ed i Magnati deli' Istria. = A noi sembra vedere un Parlamento provinciale. Nel quale sedeva primo il Marchese, siccome Go-vernatore, quasi principe dirimpetto ai Rappresentanti della provincia. Poi veniva il Conte deli' Istria, piu pros-simo in dignita e poteri al Marchese, tanto prossimo, che poco stette a scio^liersene, tanto da fare quasi provincia da se. Pero ancora vi teneva. Seguivano i Vescovi, dei quali non puo andarsi errati dicendo: di Trieste, per Trieste e Capodistria, di Cittanova, di Parenzo, di Pola, di Pedena. Ouello di Trieste figurava certamente e per la dignita e pei possessi fuori del territorio di Trieste, come tigurava fino a tempi nostri nelle diete del Carnio. Se figurasse come alto barone, come Conte di Trieste (titolo assunto piu tardi dai Vescovi) e difficile 1'asse-rirlo, propendiamo al si, per la stessa ragione che vi prendeva sede il Conte d' Istria. Vi figuravano i Prepositi delle chiese insigni (se allora v'erano Prepositi) gli Abbati dei Conventi; ma sarebbe poesia il dire: il Preposito di Rovigno, di Pisi-no; gli Abbati di S. Petronilla, di S. Pietro in Selve, di S. Maria Formosa, di S. Michele ecc. ecc. Venivano poi i Magnates, cioe i Cavalieri o. Baroni minori, i quali sembrano aminessi come figure parlamen-tarie appena coll' eredita delle grandi dignita, sarebbero questi i Militi coi cingolo d' oro dei quali si ha menzione in carta posteriore, i Castellani, ecc. ecc. Nel 933 non prendevano parte come pare. Nell' argomento del diploma si tace dei Comuni; ma se questi erano ammessi nell' 804 e nel secolo sue-cessivo, se ebbero sempre poteri eguali a quelli dei baroni non v' ha motivo a supporre che ne fossero e-sclusi. Tra i Comuni sarebbero compresi le citta, e le castella affrancate. Trieste certamente non figurava ne poteva figurare perche faceva cosa separata — Capodistria, Pirano, Pin-guente, Montona, Parenzo, Cittanova, Rovigno, Pola, Al-bona, Fianona, Pedena; di Umago non e certo; Muggia, Momorano no certamente, S. Lorenzo non sembra.j La contadinanza era rappresentata da se medesima? No. E verosimile che formasse corpo politico al pari della nobilta, e della cittadinanza, ma non ebbe sede nel parlamento. Ouale sede nel parlamento aveva la capitale della Provincia, la qual capitale nell' 804 aveva preferenza di voto ? Oual Cavaliere era regolatore del parlamento? Come ripartivansi i carichi ed in quali proporzioni? Era questo parlamento una restrizione del potere marchesale ? Noi sappiamo. (Sara conlinuato.) CODICE DIPLOMATICO ISTRIANO. Anno 543. Parenzo, 24 Maržo, Indizione VI. Eufrasio Vescovo di Parenzo impone la decima ed il quartese a profitto del clero. (Da Carte delt'Archivio Parentino pubblicate per le stampe.) In Nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Imperante Fl. Iustiniano Romanoriim Imperatore Triumphatore Aiig-usto, anno Imperii ejus XVI die vero XXIV, mensis Martii, indictione VI feliciter. Nos quidem Dei gratia Eufrasius Parentinae Ecclesiae Praesul, curator pupillorurn, viduarum, et orphanorum, pastor in Ecclesia B. Mariae Virginis, et S. Mauri martyris, qui pro Christi nomine martyrii palmam non recusa-vit accipere, residentibus nobišcum Constantio, et Laurentio directis ab urbe Romana a Fl. Iustiniano Imperatore insimul nobis jubentibus, et volentibus, praesente Clero et populo Parentino, et Claudio Arcbidiacono, et Mašimo Archipresbytero, et Andrea S. Joannis Abbate, alque Joanne Magistro Militum advocato Ecclesiae S. Mariae et S. Mauri, et aliorum quamplurium, volumus, praecipimus, et statuimus, ut populus Parentinus majores, et minores insimul omnes etiam Parentini eo quod supra lerram nostrae Ecclesiae resident, aut mansionem liabent, vel terras laborarias excolunt, tam de vineis, quam de agris quartas persolvant, sicut antea antiqui praedecessores sui fecerunt, sic faciant ipsi, et nullus Episcopus successoruin nostrorum aliam superpositam eis imponant, sed omnis Parentinus tam clerus, quam populus, et liaeredes eorum in liunc modum quiete, secure, et libere habeat, et possi-deat sine contradictione hominum, et etiam supradictus clerus, et populus Parentinus praedictas terras, mansiones, vineas, et haeredes eorum.....habeant potostatem vendendi, donandi, commutandi, alienandi, seu pro anima judicandi, vel quidquid eis placuerit faciendi ad censum praedictum reddendum Ecclesiae S. Mariae, et S. Mauri. Et insuper tam per nos, quam per successores nostros statuimus, et ordinamus, ut Parentini Canonici praecipue in Cathedrali Ecclesiae Dei et S. Mariae, et S. Mauri servientes decimam omnium habitantium in Tarentina civitate sine aliqua contradictione habeant tam de omnibus frugibus terrae, quam de animalibus, et quiete, et pacifice possideant. Volumus etiam ut ipsi Canonici habeant tertiam partem de salinis, quas habemus in Insula, quae vocatur Briona et habeant tertiam partem de piscatione quae provenit ad Ecclesiam S. Mauri de ripa Lemi. Insu per habeant tertiam partem de molendinis, quae habemus in aquis, quae vocantur Gradulae. Item volumus, et disponimus, quod Clerus, Parentinus tam majores, quam minores habeant XII convivia annuatim cum Episcopo Parentino, primum in festivitate omnium Sanctorum, secundum in solemnitate S. Mauri, tertium in Nativitate Domini, quartum in Epiphania, quintum in carnis laxatione, sextum in Domini ca de Palma, septimum in Coena Domini, octavum in Resurrectione, nonum in Ascensione Domini, deci-mum in Pentecoste, undecimum in festivitate S. Petri Apostoli, duodecimum in Assumptione S. Mariae Virginis. Volumus etiam quod nullus Episcopus ex successoribus nostris, vel aliquis tyrranus prae-sumant gravare, vel molestare aliquem Clericum Parentinum ex confratribus nostris, videl, de ipsis, qui Ecclesiae S. Mariae Virginis, et S. Mauri martyris serviunt, nec ipsi Clerici Parentini quartas, vel decimas alicui personge aliquo tempore dare teneantur. Nos quidom supranominatus Eufrasius Episcopus Parentinus si in vita nostra vel per obitum nostruin, successores nostri, aut aliqua submissa persona hominum per a!iquod jus, vel ingenium, aut temporis spatium contra hanc institutionis nostrae paginam aut corrumpere, aut confringere] tentare voluerint, maledictionem. Dei omnipotentis, et B. Mariae, et BB. Apostolorum Petri, et Pauli, S. Mauri martyris, et aliorum sanctorum se noverint in-cursuros. Et post haec componant auri libras XX clero, et populo Parentino, et hoc privilegium nostrae ordinationis in perpetuum firmum et inviolatum permaneat. Ego Petrus Parentinae Civitatis diaconus tabellio scripsi, complevi et roboravi. Ego Elias Episcopus meis temporibus propria manu scripsi. Ego Joannes Episcopus meis temporibus propria manu scripsi. Ego Raschivus Episcopus meis temporibus propria manu scripsi. Ego Angelus mei temporibus. Ego Stauratius Episcopus temporibus mea manu scripsi. Ego Laurentius Episcopus etc. Ego Julianus Episcopus etc. Ego Dominicus Episcopus manu mea scripsi. Ego Anlonius Episcopus meis temporibus etc. Ego Slaudemundus Episcopus meis temporibus mea manu. k Ego Eripertus Episcopus meis temporibus etc. /frtst'1 Ego Andreas Episcopus meis temporibus mea manu scripsi. Ego Adam Episcopus etc. Ego Andreas Episcopus etc. Ego Sigimpuldus Episcopus etc. Ego Engilmerus Episcopus etc. Ego Arnus Episcopus meis temporibus etc. Ego Ursus Episcopus etc. Ego Adalmarus Episcopus etc. Ego Cadolus Episcopus eto. Ego Paganus Episcopus etc. Ego Bertoldus Episcopus etc. Ego Terungus Episcopus propria manu etc. Ego Rodemundus Episcopus meis temporibus etc. Ego Vincentius Episcopus. Ego Ubertus Episcopus. Ego Petrus Episcopus totum istud confirmavi. Ego Joannes Episcopus temporibus meis mea manu. Ego Fulgerius Episcopus temporibus meis mea manu.