Liliana Spinozzi Monai Un esempio minimale di etnolinguistica ispirato al pensiero di Jan Baudouin de Courtenay Avtorica predstavlja droben primer s področja etnolingvistike tako s teoretičnega kakor tudi z aplikativnega vidika. Pri tem analizira in upošteva razmišljanje Jana Bauduina de Couttenaya, ki je imel že v mladih letih jasno predstavo o nalogah jezikoslovja in njegovega razmerja do narodopisja. Obe stroki se razlikujeta glede na predmet raziskave in različno stopnjo znanstvenih spoznanj. Analyzing and taking into consideration the views of Jan Bauduin de Couttenay, who even as a young man had a very dear perception of the tasks of linguistics and of its relation to ethnography, the au thor discusses theoretical and applicative aspects of a tiny ethnolinguistic example. Each of these two disciplines has its own research subject as well as a different level of scientific findings. Premessa Se tra gli studiosi chiamati a raccolta per festeggiare il genetliaco di Milko Matičelov figura anche la scrivente, do va a merilo del Festeggiato, che ha avuto un ruolo determinante nell’orientarla verso una disciplina tanto affascinante quanto la linguistica, specie se contemplata nelle sue naturali istanze di tipo demologico. L’amico e mentore Milko ha fatto invero da mediatore della svolta, ehe non sarebbe esagerato definite ‘esistenziale’, coincisa con l’accostamento alia figura di Jan Baudouin de Courtenay, alia sua ereditä ■scientifica trasfusa in un intrecciarsi di ricerche teoriche ed empiriche, testimoniate da oltre seicento pubblicazioni e da un enorme complesso di materiali dialettologici inediti, quasi tutti relativi all’area slovena (efr. Tolstoj I960: 78 ss.). L’incontro con Milko risale alia primavera del 1984: da allora i testi raccolti da Baudouin nelle Valli del Natisone durante la sua prima spedizione scientifica in Italia (1873) hanno visto la luce grazie all’impegno congiunto Matičetov-Spinozzi Monai (= Baudouin 1988); e - cosa assai piü notevole, data la natura e la mole dei documenti - da allora si sono intensificati i lavori di redazione del Dizionario resiano, che sta per uscire nell’ambito dell’Accademia di scienze e arti di Lubiana, e ehe registra la collabo- razione del ‘trifoglio’ Duličenko-Matičetov-Tolstoj (l’espressione si deve a Matičetov 1993: 63). E’ dunque per sottolineare il filo ideale che unisce gli odierni cnltori del grande Polacco che, nell’onorare il piü significativo tra essi operante in ambito sloveno, si e pensato ad un piccolo saggio di etnolinguistica di matrice baudouiniana. Va detto subito che l’impronta di Baudouin investe entrambi i piani su cui verrä articolandosi il contributo, quello delle premesse teorico-metodologiche e quello del dato empirico: due piani tenuti distinti per pura necessita di analisi, ma che dal punto di vista della lingua tout court, agli occhi del linguista finiscono per fondersi in sintesi perfetta. Il pensiero linguistico di Jan Baudouin de Courtenay 11 titolo di questa prima sezione riprende di peso quello apposto da Maria Di Salvo alia summa dei principi ispiratori del Linguista (Di Salvo 1975), intendendo con cio riferirsi al fondamento primo su cui essi poggiano, fondamento ehe Baudouin aveva enunciate da giovanissimo in due opere, la cui attualitä, per molti versi, non e venuta meno con l’evolversi della teoria. Nel primo dei due lavori, intitolato Rozprawa maj;ica zwjuzek z kwestßi jpzykoiVfi “Trattato sulla questione della lingua”, steso nel 1864 (l’Autore era nato nel 1845) e rimasto inedito fino al 1975 - anno in cui venne tradotto e pubblicato da M. Di Salvo cit. (pp. 77-101) nel rivendicare alia linguistics lo studio della lingua come oggetto esclusivo dell’analisi scientifica, a fronte della filologia ehe se ne serve anche per comprendere, ad es., la realtä spirituale di un determinate popolo, Baudouin aveva affermato: “1 dialetti privi di letteratura, il vocio confuso delle popolazioni selvagge, [...] le modulazioni vocali degli indocinesi sono per noi ugualmente importanti; anzi, per risolvere certe questioni sono anche piu interessanti, pin preziosi, della poesia d’Omero. [...] Vogliamo studiare non la lingua, ma il linguaggio, e la base per farlo e una visione d’insieme; vogliamo farci un’idea chiara e approfondita di ehe cosa sia la lingua e di ehe cosa possa essere strumento, organo per la comunicazione dei pensieri; e vogliamo conoscerne l’origine, la natura, le leggi, e solo per giungere a tale conoscenza raccogliamo, ordiniamo e classifichiamo tutti i dati linguistici ehe riusciamo a procurar-ci; in breve, la grammatics scientifica aspira a prendere coscienza dei fatti linguistici...; la lingua non e strumento per ottenere un fine, ma e in se un fine, ehe trova soddisfa-zione nella conoscenza o nello studio del proprio oggetto.” (in Di Salvo 1975, 91 s.). Non potranno sfuggire i toni, e per certi versi i contenuti, di un futurismo ante litteram, volto, in questo caso, a rovesciare l’impostazione metodologica della glot-tologia dell’epoca, ehe privilegiava i testi classici, ignorando quelli dialeltali o subordi-nandoli ai primi. Nel secondo lavoro progismmatico, costituito da una lezione di prova letta nel 1870 (Baudouin 1871) presso l’Universitä di San Pietroburgo in vista dei corsi di ‘grammatics comparata’ ehe vi avrebbe tenuto di li a poco, Baudouin compose i toni enfatici appena uditi entro un ciuadro sistematico rigoroso, distinguendo sul piano teorico tra linguistics pura e applicsta, delineando per ciascuna una graduale specializzazione degli ambiti di ricerca e offrendo nel contempo un modello metodologico ai fini dell’analisi. Procedendo per dicotomie, all’interno della linguistics pura egli individua la sezione “positiva” (o storica), distinta a sua volta in “grammatics” e “sistematica”: la prima studia la struttura ecl il lessico (parte integrante della grammatical) delle singole lingue naturali; la seconda riguarda la loro comparazione e classificazione. Entrambe le sezioni, in quanto considerano i fattori interni, inconsci, dello sviluppo linguistico, verrebbero ad esaurire lo studio scientifico delle lingue. L’uso del condizionale da parte nostra, tutt’altro che teso a mettere in discussione le convinzioni di quel Grande in un campo in cui rimane maestro indiscusso, vuole semplicemente lasciare in sospe-so una riflessione su come si debba intendere una affermazione cosi drastica, owero quali rapporti, a livello scientifico, la linguistica pura intrattenga col suo pendant rappresentato dalla linguistica applicata, che Baudouin correla ai fattori esterni del divenire linguistico. Questi ultimi, invero, rivestono carattere storico, in quanto esulano dalla sfera dell’inconscio; e assumono valenza sociale, in quanto il parlante implica un interlocu-tore e in quanto, in un crescendo di socializzazione insieme convergente e divergente, un gruppo umano ne implica perlomeno un altro. I fattori esterni, che rientrano tra quelli genericamente ‘culturali’, possono essere colti nella loro essenza piü intima e veritiera - sostiene Baudouin - in applicazione della linguistica pura. La linguistica applicata, pertanto, altro non e che 1) “la utilizzazione dei dati grammaticali per questioni mitologiche (miti etimologiji), delle antichitä, e, in genere, della storia della cultura (confronto di parole impor-tanti dal punto di vista della storia della cultura, il cui prodotto e rappresentato dalla storia primitiva, o preistorica, ricostruita con l’aiuto della linguistica, e chiamata anche paleontologia linguistica), nella definizione dell’influsso reciproco delle popolazioni per mezzo della lingua e cosi via”; 2) “la utilizzazione dei dati forniti dalla sistematica per questioni etnografiche ed etnologiche e, in genere, alle questioni di storia di popoli ...” (Baudouin 1871 nella trad, di Di Salvo 1975: 120 s.). A questo punto pare doveroso compiere perlomeno due rilievi: - il procedimento dicotomico adottato da Baudouin risponde unicamente a esigen-2e di metodo e non incrina affatto la visione unitaria del fenomeno lingua - di per se complesso - come prova lo stretto legame instaurato tra i punti 1 e 2, lä dove la sistematica viene inglobata nella grammatica, se e vero che quest’ultima (costituita, lo rammentiamo, anche dal lessico) riflette nella propria struttura “l’influsso reciproco delle popolazioni per mezzo della lingua”; - nella misura in cui il dato culturale - di qualsivoglia natura: politico, artistico, etnologico e/o etnografico (o etnologico/folklorico, demologico o quant’altro) - e recuperabile attraverso la grammatica, la linguistica applicata si pone come scienza a pieno titolo. Ne consegue che, come la corretta interpretazione di una categoria grammaticale propria di una struttura linguistica fa della linguistica una scienza, lo stesso avvenga per la etnografia, qualora riesca ad interpretare correttamente un elemento culturale -anche di tipo materiale - dal punto di vista, ad es., di un campo semantico. In altri termini, l’assegnazione del lessico ad una grammatica di tipo ‘dinamico’ come quella concepita da Baudouin, permette di comprendere in un unico quadro teorico le due branche finora ritenute bensi correlabili, ma pur sempre distinte (la linguistica e l’etnologia/etnografia). ln tale quadro Papproccio finisce invero per essere sempre e comunque di tipo linguistico, e la differenza sarebbe riposta nell’oggetto dell’analisi, dato, nel primo caso, dalle categoric grammatical! contrassegnate dal massimo grado di ‘chiusura’ (quelle comunemente definite ‘chiuse’, per l’appunto); nel secondo caso dalle categorie contrassegnate dal massimo grado di ‘apertura’, comune-mente ascritte alla semantica. ln ultima analisi, il differente grado di scientificitä delle diverse branche della linguistica - comunque applicata - dipenderebbe in larga misura, per non dire comple-tamente, dal diverso grado di analizzabilitä degli elementi sottesi ai fatti di lingua. II grado di analizzabilitä, a sua volta, dipende strettamente alla natura dell’oggetto di analisi, che vede contrapposti ad es. una marca di genere, correlata ad una visione del mondo relativamente generalizzata e quindi stabile e durevole in un dato sistema di valori1, e il termine per indicare uno strumento d’uso, per sua natura legato al progres-so tecnologico, alla moda, e pertanto soggetto al rapido avvicendarsi delle cose con-lingenti. Se dunque correliamo i fatti di lingua di opposta ‘apertura’ e di diversa mutabilitä con i valori sottostanti, di lipo eminentemente semantico, possiamo concludere che la minore scientificitä degli studi folklorici e affini e sostanzialmente imputabile alla labilitä del dato empirico, difficile da cogliere nella sua attualitä, per non parlare delle epoche passate. Di qui 1’importanza della disponibilitä di materiali ottimali, anche non linguistici, capaci di offrire allo studioso elementi in praesentia e in absentia (vale a dire passibili di ricostruzione) ai fini della spiegazione causale dei fenomeni linguistici e culturali. “Un intelletto coerente non puö ammettere la possibilitä di fenomeni privi di causa, e allo stesso tempo occuparsi seriamente di scienza” sostiene Baudouin ([1871] Di Salvo 1975: 106). Come a dire che, se allo studioso non riesce di riportare alla grammatica le componenti culturali del linguaggio umano, ciö non toglie che esse vi affondino necessariamente le radici. Il tema della metodologia linguistica, inerente alla raccolta e selezione dei materiali necessari alla ricerca, e ampiamente trattato da Baudouin, specie nella lezione di prova del 1870. Non potendo dilungarci su questo aspetto del suo magistero, per quanto interessante, ci limiteremo a ricordare che, nell’universo dei tipi documentari elencati, egli privilegia le varietä orali, il piü possibile scevre da restrizioni normative e maggior-mente esposte al contatto, e per ciö stesso atte piü di ogni altra a svelare i meccanismi della lingua. Chi ha un minimo di dimestichezza con il ‘credo’ di Baudouin sa certamente che egli vede nel contatto tra lingue o ‘mistione linguistica’ il principio costitutivo della lingua, o meglio, del suo naturale evolversi, dato che il sistema, lungi dall’essere statico, porta in se i germi della propria dinamica, che sta al ricercatore individuare e valutare correttamente. In tale visione, confortata dagli studi di Schuchardt, col quale il Nostro intrattenne una lunga corrispondenza incentrata su questo tema (cfr. il Fondo Bau- 1 L:i riprova che i morfemi grammaticali, come ad es. quello riferito alla categoria genere, soggiacciono potenzialmente alle medesime vicende che interessano in maniera macroscopica i morfemi lessicali, la si e avuta grazie ad un fenomeno di mutamento incontrato presso il dialelto sloveno del Natisone (nadiSko), che una serie di circostanze particolarmente favorevoli ha permesso di interpretare in chiave culturale (cfr. Spinozzi Monai, La ‘femminilizzazione’ del neutro in un’area di contatto slavo-mmanzu, in «Donna e linguaggio. Atti del Convegno Internazionale di Studi: Sappada/l’lodn (Belluno) 1995-, a c. di G. Marcato (I’adova 1995 [1996]), pp. 545-556; Implicazloni morfosemantiche della deissi. Uno studio fondato sulla dialeiiologia (area stauo-romanza), in -AGI- 83/1 (1998), pp. 45/76; e infine Dialektologija in deiksa kot plodna instrumenta pri raziskavi morfsemantičnih pojavov, -80 let Tineta Logarja - 1. mednarodni dialektološki simpozij, Maribor, 9. in 10. februarja 1996- - in stampa). douin 102, Op. 2, N. 365 dell’Archivio dell’Accademia delle scienze russa - Sez. di San Pietroburgo) persino la lingua individuale e da considerarsi “mista”, dato il continuo condizionamento sociale cui viene sottoposta. Il principio della ‘mistione’ linguistica, ovvero della presenza obbligata di elementi forestieri in una data grammatica, era del resto adombrato nelle stesse parole con le quali Baudouin assegnava alla linguistica applicata il compito di definire gli influssi culturali tra diversi gruppi di parlanti at-traverso l’analisi delle rispettive grammatiche, prese singolarmente, ([uindi comparate tra loro. Muovendo da tali premesse, Baudouin ipotizza che Pevoluzione linguistica proceda secondo principi universali, che tuttavia si esplicano con diverso dosaggio e diversa accelerazione a seconda degli eventi esterni (cfr. Baudouin 1901). Un mutamento che in una comunitä monolingue, rimasta isolata per un periodo prolungato, avverrebbe comunque, anche se lentamente e in maniera impercettibile, avviene in misura mas-siccia e in maniera accelerata presso una comunitä esposta al continuo rinnovo dei suoi membri, o presso due o piü comunitä esposte a reciproca influenza. Quanto ai principi di ordine universale, ricorderemo perlomeno la tendenza alla semplificazione strutturale, che traspare massimamente in situazioni di contatto tra lingue tipologicamente distanti, ad es. rispettivamente sintetica e analitica, delle quali - ceteris paribus - sarä la seconda a prevalere sulla prima, grazie alla maggiore perspi-cuitä e intelligibilitä delle sue categorie morfologiche. Queste dunque le convinzioni profonde di un Baudouin appena ventisettenne, intento a registrare le parlate Slovene del Friuli Orientale, con l’obiettivo primario di verificare le premesse teoriche alia luce del dato ‘vivente’. Siamo negli anni 1872/73: Baudouin non poteva sapere allora quanto la storia della linguistica avrebbe registrato con grande ritardo: che egli stava incarnando ‘il’ Pioniere dell’autentica rivoluzione segnata dall’anno 1873 nel modo di intendere i rapporti tra linguistica e dialettologia, se e vero che dopo i Saggi ladini dell’Ascoli il mondo degli studiosi avrebbe progressivamente scoperto per vie indipendenti quanto il Nostro aveva realizzato da un pezzo (cfr. Spinozzi Monai 1994: 65-75; Värvaro 1984). La circostanza che, all’epoca, le varietä piü genuine, ideali per deduzioni di linguistica generale e per gli studi etnografici, coincidessero con i dialetti, e che quelli parlati lungo la fascia confinaria slavo-romanza portassero i segni di un contatto millenario, spiega ampiamente i motivi che spinsero Baudouin ad esplorarli, ricavandone una fonte doviziosa e altrettanto preziosa per i suoi inlendimenti euristici. Quäle reciprocitä tra linguistica applicata cd etnolinguistica? Giunti a questo punto del nostro contributo, dobbiamo constatare, ahime, lo stretto margine ‘tipografico’ rimasto per quello che avrebbe dovuto costituirne il nucleo... Che fare? Entriamo subito in medias res, riducendo al minimo la parte esemplificativa, nella speranza che lo spazio concesso alle premesse teorico-metodologiche offra prima o poi lo spunto per una loro ulteriore applicazione. Abbiamo ricordato, in apertura, l’enorme ereditä di materiali dialettologici raccolti da Baudouin tra gli Sloveni del Friuli, e mai pubblicati. Tra questi spiccano le 7643 schede del cosiddetto Glossario del dialetto del Torre, varietä posta tra resiano e nadiško lungo la verticale Nord-Sud2. Come le schede del Dizionario resiano, citato nella nostra Premessa, rimandano per la gran parte a testi precedentemente pubhlicati (Bandouin 1895), cosi quelle del Glossario rinviano ai Materialy.../Materialien... II. (Baudouin 1904). Prendiamo allora un testo a stampa risalente alia prima spedizione del Linguista (1873), ehe diamo qui di seguito corredato anche da una versione italiana, nel presup-posto ehe non tutti i potenziali lettori eonoscano le due varietä slave ivi rappresentate (sloveno dialettale e russo), tenendo d’occhio le schede corrisponclenti, date in facsimile, e cerchiamo di verificarlo alia luce dello stato di lingua attuale, identificato con un idioletto3 alio stesso modo in cui lo era stato allora (il lesto a stampa - pag. 87 di Baudouin 1904 -, qui riprodotto, porta invero l’indicazione dell’informatore, tale Angelo Negro, quarantenne, con ‘nome di famiglia’ Sabotic). VII. 3aßepx (Zavärx) (Villanova). HtcKOJiLKO oÖpa3gOB 33UEa. 3anncanimx b 1873 r. Einige im J. 1873 r. niedergcsclrriebenen Sprachproben. Ohh 3anBcann co c.toii Aajaie.ia Herpo no npo3n. CaSoiasa (Negro Anjelo sorakotjurj Saböti]), 40 jLt. 4i8 iKIlko oblačilo su-mjčle žene tiza - 'Wursaif? 418 Katere o-raä ragadin, kišni me^elinu. Dam - böt su-mjde žene te-stkre čemusu bjč-lo wbz - wöwne; faculžte BU-mjele bjkle 42owuz-nltb še-te alpur wüs - preje (all wus- preje). Su-mjkle še pks čir wüs-korjkna; BU-mjŽle še kami.žolu po-zime wimz -wöwne, lb bjžlu, lb čžrnu, 4 po - ljfte w-sräkbcb w - rubnajeta.r; sn - mjčle Jamižbt čir po - ljete. 418 ,;KaKoe tnaTbe Gbuo y men mn u 3a-Bepxoji? 418 y OAHoro tio.iocaTaii Maiepia, y jpyroro nojvuiepcnman. Hi- Korja cTapbm ateiimnnbi mrhin (noca.ru) Ci.ibiii mepcTHHOfi none; 420 3.iaTHH j um Gbi.ni 6tabie mnnubie lunate B3 npiiatB. [Myamanbi] aocnjH Tome tepnbiS Koataiibifl nosc (nyman); hocbjh Toate shuoio aiancT (no.iVKaanau) uiepcTniioß, .inGo GLibtii, jbGo sepnhiS, .rkroM me [xoahjb] b pyGainnk c pyi;aaa.'n; [rpoiit Toro] iiocbjb .iftom septtbiS ban30J. 1 Per una descrizione del tersko c fr. Ramovš 1935: 53 ss. e Merku 1979; Logar 1993,130ss.; per il Glossario eft. Spinozzi Monai 1996. ' L’idioletto fa riferimento all’informatrice Pia Lovo, di anni 76, parlante nativa di Villanova (delle Grotte)/ Zavaril (Comune di Lusevera), ehe eonta attualmente un centinaio di abitanti. Se consideriamo il fatto clie il censimento del 1871 aveva registrato per detto Comune ab. 2526 a fronte degli 809 del 1988, e verosimile triplicare anche per Villanova 1’odierna consistenza demografica. In assenza di informazioni dirette circa il repertorio linguistico della comunita visitata da Baudouin oltre un secolo fa, potremmo ricostruirlo attraverso le parole di Pia Lovo, la quale ricorda bene di aver affrontato le scuole elementari (nel 1929) assolutamente 418 Che [tipo di] abiti portavano le donne a [ = di] Villanova? 419 Alcune [li] hanno di rigatino altre di mezzalana. Un tempo le donne anziane avevano una cintura bianca di lana; i fazzoletti li avevano bianchi, in filo anche quelli, oppure in filato. 420 [Gli uomini] avevano anche una cintura di cuoio; avevano inoltre una giacchet-ta di lana, d’inverno, o bianca o nera, mentre d’estate [andavano] in camicia, in mani-che di camicia; avevano un camiciotto nero d’estate. Intitolazione originale esegnaiura del complesso lessicograßco cui appartengono le quattro schecle, (]ui rtprodotte per cortese concessione c/elle autoritä preposte all’Archivio dell'Accademia äelle scienze russa, sez. di San Pietroburgo: Bodučn-de-Kurtenč Ivan Aleksandrovic. Terskie slavjane (Slavi del Torre) v severno/ Italii. Slovaniyj material Iti73 g. na kailočkach, Fondo 102, Op. 1, N. 10, digiuna di una qualunque delle tre varietä romanze parlate nella pianura friulana: italiano, friulano e veneto. Oggi la situazione e radicalmente mutata, in quanto la varicta slovena locale permane quasi esclusivamente in bocca degli anziani. L’inchiesta sul terreno e stata eompiuta dalla scrivente il 7 maggio 1999 in časa dell’informatrice, da poco trasferitasi dalla nativa Villanova a Ciseriis (Tarcento). ~/y f" Čfc/ ( / & J f,// C' /J0 / / 'TA1 €.fe c'via-jAj^o ‘rf'O L^_y *. X /'c/1- /