anno vii—n. 20. Sabbato 15 Raggio 1852 Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestrcin proporzione.- L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. Donazione di Sipar, di Umag-o e dell'Isola Padana ai Vescovi di Trieste. Il diploma che il Bar. de Hormayer pubblicava nel-l'Archiv fiir Siiddeutschland tratto dall' originale da lui veduto, e che contiene la donazione di Sipar e diUmago fatta ai Vescovi di Trieste dal Re Ugo di Provenza nel 929, fu sconosciuto ai raccoglitori delle cose nostre, ed è veramente tale da rallegrarsene molto. I Vescovi di Trieste ebbero molte possidenze nell'Istria tutta, conferite e confermate da vari Re ed Imperatori cominciando da Re Lotario fino a Federico II Io Svevo; e le carte erano certamente nell'Archivio vescovile; però essendo mancate tutte, si suppose che fossero in Roma inviate dal Vescovo Antonio de Negri, quando nel 1352 volendo ricuperare il dominio di Trieste ceduto dalli suoi predecessori Volrico de Portis, e Brisa de Toppo, avviò processo in Roma, troncato poi per transazione col Comune. Lo Scussa, il Manarutta, il Piccardi, il Bonomo, il Ban-delli, il Francol accolsero nei loro scritti vari diplomi di concessione di terre e castella, nessuno vide il diploma di Re Ugo, di cui non vi fu che indicazione in diploma di Federico II, dal quale impariamo che altro diploma oltre questo di Ugo è perduto. Le pubblicazioni di Hormayer e del Canonico Chinel ci danno speranza che importanti carte di questa provincia non sieno come si deplora perdute, ma passate altrove per occasioni ignote, e che sieno per farsi di pubblico uso. Re Ugo faceva nel 929 dono a Radaldo Vescovo di Trieste, di Sipar, di Umago, e dell' isola Paciana nel Friuli, donava cioè i provventi di questi luoghi con insieme il pubblico potere di governo in prima istanza, come dires-simo oggidì, e la giudicatura penale minore; i quali pubblici poteri erano conseguenza naturale di dominio in mani ecclesiastiche. Imperciocché fino dalI'8Òl Imperatore Car-lomagno aveva accordato alla chiesa aquilejese la giudicatura dei propri coloni e servi, e l'esenzione dagli obblighi verso le grandi cariche e verso il Re medesimo, mentre quelle erano in visita, questo di passaggio; concessioni che Re Carlomanno confermava nell'879. Le quali concessioni fatte in origine alla chiesa madre, crediamo fossero comuni alle chiese tutte dell'Istria; ritenendo noi il diploma dlll'Imper. Ottone 1 del 967, piuttosto conferma alle chiese istriane, di quello che novella concessione. Così che pel diritto pubblico di allora ogni chiesa di primo rango era esente sulle proprie terre dalle giurisdizioni di prima istanza, e dopo Imp. Ottone lo furono anche quelle di secondo rango. Donava Ugo le terre, e case e campi e prati e boschi, ed acque e pesche, il che và inteso di quelle cose che erano in proprietà piena e libera della chiesa di Sipar e di Umago, non già dell'intero territorio di Umago e di Sipar. E tutte le persone addette a queste terre venivano date al Vescovo di Trieste, fossero servi in perfetta condizione di schiavitù, aldioni, escusati, cartolati, commendati o libellarii, tutte persone che stavano in legame col padrone del fondo. La presenza di servi in condizione di schiavitù e di ancillae non fa meraviglia, perchè sì vedono durare in Istria ancor per parecchi secoli. Anzi se ne facéva traffico, che i Veneziani proibirono nel 944, quindici anni dopo il tempo del diploma, non volendo che si comperassero uomini in Istria, nè che si trasportassero sopra navi venete. Aldiones erano fra i liberti e gli schiavi, erano manomessi non però nelle chiese, come facevasi dei servi, ma per documento scritto. Non dipendevano più dall'arbitrio dei padroni, ma erano astretti a certe opere determinate, in compenso della libertà conceduta. Carlu-lati erano liberti manomessi mediante carta scritta. Ex-cusati erano servi, i quali avendo mancato al loro debito, ricorsi alla chiesa avevano ottenuto il perdono della loro colpa, e riavuti in grazia dai loro padroni. Non vanno confusi cogli excusati nel placito istriano del 804, nel quale sono invece persone esentate da pubblici servigi, per stare agli ordini unicamente dei Tribuni. Libellarii erano enfìteuticarii liberi della persona, addetti alla gleba, per la terra utilizzata. Commendati erano liberi, a-bitatori di villa, che si ponevano sotto protezione del padrone della villa, ed in segno di protezione pagavano o-gni anno prestazione determinata, o davano opere. Ex-hibitiones, redhibitiones sono tributi, certamente vari pel titolo; pensiamo che le redhibitiones si pagassero per terre di dominio fosse anche alto, del percipiente; exhi-bitiones quelle dei commendati. Funclio crediamo fosse veramente il censo dovuto per titolo d'imposta, non le prestazioni che a' tempi nostri dicevansi urbariali. Freda è la multa inflitta per avere violata la pace pubblica, o che pagatasi dal reo al fisco, aveva di conseguenza il perdono totale dal Principe. Mundburdium è precisamente il protettorato. Sculdasius è il rettore. Gastaldius è a' tempi Longobardici, prefetto delle ville, più tardi figura prefetto anche delle città, nell'Istria è giudice penale, fino a che emancipatisi i comuni, abbinarono 1' officio a quello di Podestà. Decanus è il giudice minore, pei pie- coli debiti, pei pìccoli reati nella campagna. Abbiamo aggiunto la spiegazione di queste ultime voci contenute nel diploma, per non ritornare più tardi a spiegazione di nomi andati in disuso. La giurisdizione accordata ai Vescovi di Trieste era su persone libere, su schiavi, su coloni, su persone poste fra mezzo li schiavi ed i liberi, su persone che si erano poste sotto protezione della chiesa. Ed in ciò abbiamo conferma che Re Ugo non avesse estese le giurisdizioni assegnate alle chiese, più in là di quello avevano conceduto Carlòinagno, Carlomanno ed Ottone, le carte dei quali fortunatamente non sono perdute; e ne è testimonio il diploma di Re Ugo che riproduciamo. La quale giurisdizione non sembra essere nuova del tutto nell'Istria; nel placito istriano dell' 804 i Comuni lagnavansi che simili giurisdizioni fossero state loro tolte coli'introduzione del reggimento franco, ed il Duca pronunciava: libertos vostros reddam vobis secundum legem Parentum vestrorum, liberos homines vos habere permittam ut ve-stram habeant commendationem sicut in omnem potesta-tem Domini nostri faciunt. La concessione delle cose laiche, è in vero propizia per riconoscere lo stato del diritto pubblico della provincia nel secolo X; ma di maggiore interesse sono le cose ecclesiastiche; dacché collo stesso diploma seguì l'aggregazione del Vescovato di Sipar e à'Umago al Vescovato triestino. La quale aggregazione fatta per diploma di Re non faccia meraviglia, imperciocché in tutti - i tempi la fissazione della diocesi fu argomento nel quale la potestà laica prese ad iniziativa o parte precipua; - ma non si pretenda che tale aggregazione fosse seguita in forza dei poteri laici delRe, e senza assenso dei poteri di chiesa, sebbene manchi il documento. Così durante l'Impero Napoleonico si videro in Francia create nuove diocesi ed a-bolite le antiche con decreti imperiali; ma è noto per altre «arte che il sommo Pontefice vj aveva assentito. Il diploma espressamente dichiarai che Sipar ed U-mago fosse vescovato! Nèi sècoli più lontani della chiesa i vescovati si dissero parocchié, ma non ci è mai accaduto di leggere il contrario, ned' è verosimile che dignità i tale di chiesa, la quale è massima, desse il nome a frazioni inferiori, come il nome di Vescovo non venne mai dato ai parochi, bensì quello di paroco al Vescovo che è veramente paroco dei parochi. Il nome di episcopatus non corrisponde a quello di diocesi-, vescovato » nostro vedere è una,chiesa sola di rango maggiore la' qualè è vescovile; diocesi è l'aggregato dì più chiese, delle quali uria la vescovile, le altre o baptismali > O' di rango : inferiore, tutte sotto un solo vescovo, e crediamo tolto il nome alle diocesi politiche che molte provincia; e distretti abbracciavano, crediamo che tale distinzione trai vescova^ to e diocesi si mostrasse in pratiòa, ; qU'ando sui altro piede vigevano i capitoli. Così p. e. nella diočesi di Trieste il solò vescovo aveva e dapertutto giurisdizione; ma entro quel distretto che ancor nel medio tempo dicevano Vescovato aveva giurisdizione il capitolo cattedrale di Trieste, il quale non l'aveva poi nella chiesa di Muggià capitolare pur questa; e nelle pievanie def Carso. E quando spettando il diritto di eleggere i vescovi di Trieste ai capitolari, i capitolari di Muggia pretesero prendere voto e seggio, soccombevano iil lite nel 1232] evidentemente perchè la sola chiesa vescovile quasi dominante, non le diocesane quasi soggette avevano diritto di eleggere il Vescovo. Nè deve fare meraviglia che in Umago e Sipar vi fosse chiesa vescovile. Imperciocché essendosi la chiesa per la ripartizione territoriale basata sulle ripartizioni dell'impero romano; ed attivata la gerarchia ecclesiastica in armonia colla politica, come è convenienza di tutti i tempi, ebbero vescovati i comuni di rango maggiore i comuni liberi, fu vietalo di formare chiese vescovili nei villaggi; ed Umago e Sipsr hanno troppe condizioni favorevoli e troppe testimonianze di antichità per dubitare che non fossero in rango ben migliore che oggidì, quand' anche Fa testimonianza di Pre Guido da Ravenna volesse tenersi in poco conto. La chiesa di Umago ha conservato indicazioni di antica chiesa di prino rango, le quali vengono in sussidio al diploma di Re' Ugo, cioè a dire Arcidiaconato, Capitolo con insegne distinte, chiesa madre intitolata alla B. V. Assunta, battistero antico, calendario proprio, palazzo vescovile e sopratutto la presenza di un martire Santo Pelagio, riconosciuto dalla chiesa madre Aquilejese, dalle chiese provinciali, il quale in Umago, nel sito ove ancor sorge chiesa in suo onore un miglio discosto, riportò la palma del trionfo nel 290 nell'ultima delle persecuzioni. Nè dimenticheremo che la chies.a di Umago diede nel 612 il patriarca Epifanio a Grado; nè dimenticheremo altro argomento che a noi sembra di grave peso. Umago stà fra Cittanova e Capodistria, vescovati tutti e due di contemporanea origine, del 524 cioè di. nostra Era. Se Umago fosse stata in condizione di semplice "pieve, di chiesa di secondo ordine, sarebbe stata dipendente o dall'uno o dall'altro vescovato, ma a Capodistria non appartenne mai ; e le liti incoate dai Vescovi di Cittanova che nel secolo XVI la reclamavano come di loro diocesi, terminarono col torto degli emo-niensi, condannati perfino nelle spese. La povertà od altre condizioni clìe impedissero di avere proprio pastore, non toglievano alla chièsa la condizione vescovile e la possibilità di far rivivere la serie dei propri pastori; le chiese vedove è depauperate assume vansi in governo o dal Metropolita, o dal Vescovo più prossimo. Così avvenne di Cissa, la quale distrutta per sprofondamento nel mare, la chiesa durò in Kovigno, assunta prima in governo dai Patriarchi-di Aquilejà, poi data ai Vescovi parentini; così di altre* ,'chièsé> istriane avvenne; così di Cittanova che doveva i'abbuiarsi«'à Pa-renzo nel secolo XV: : ; r.I a Jbipgo < Dal diplomaci Re Ugo apprendiamo che Sipar ed Umago erano in governo di un Vescovo di' nome Sigi— fredo, dicendosi oi Sipar ed Umago : plebs ipsius 'episcopi fuit. : '.■■.■)■ . io!) i.v'. ■> Chiesto Sigifredo non era vescovo di i Umago >é Sì-par, non sembrando'verosimile che desso'sì privasSfl'della propria chiesa perchè venisse data ad altro.': Noi siamo tratti a credere che questo Sigifredo fosse 0 Metropolita, o Vescovo di Diocesi contermine àd Umago; meglio metropolita, perchè la vastissima diocesi Aquilejese, che dal Tagliamento giungeva ai confini della Croazia, dall'Adriatico fino al Dravo, e le dovizie di quella mensa, meglio disponevano quei patriarchi a soccorrere, e ad aumentare Je chiese istriane, ed a liberarsi da soverchie cure. Vi ha un vescovo di Aquileja precisamente di quei tempi, il cui nome si registra Engelfredo dal Rubeis, ma più che la facile varietà del nome, ci fa dubbiosi nel crederlo: d'A-r quileja, il titolo di vescovo a lui dato, mentre quello, di Patriarca era comune e dato dai Principi d'allora. Questo Vescovo Sigifredo non era successo ai suoi predecessori nel governo della chiesa di Umago, vi fu tempo in precedenza nel quale la chiesa di Umago era in governo dei Vescovi di. Trieste, ai quali era allora per ritornare. Capodistria non ebbe vescovi dopo Senatore del ;760 o circa, e noi pensiamo non li avesse più dopo il conquisto del Reame dei Longobardi fatto da Carlomagno. Forse fu durante la vedovanza in governo dei patriarchi, ma nel 929 avrebbe dovuto già. essere in governo dei Vescovi di Trieste che la tennero fino al 1187. .Sembra diffalti naturale che confinando le diocesi di Trieste e Capodistria colla chiesa di Umago, questa venisse attribuita al Vescovo prossimo di.Trieste; e siccome Tabbinazione non era limone per eguaglianza colla diocesi Giustinopolitana, ma soggezione al Vescovo di Trieste; allo ristabilirsi della serie dei Vescovi Giustinopolitanì, Umago rimase ai triestini sebbene distante dal corpo della diocesi, e sì staccata, da non potersi trovare ragione di questa soggezione, se non fosse intervenuta l'abbinazione di'Trieste e Capodistria sotto un solo pastore. Le diocesi di queste provincie, Friuli cioè ed Istria, sono tutte a forma di corpi uniti, senza salto oltre altre diocesi, senza corpi staccati ed isolati, i quali appunto come eccezione hanno sempre origine in condizioni specialissime. iRileviamo alcune parole di concessione ai Vescovi triestini — sipariensem episcopatum qui olirn plebs ipsius sancle iergestine ecclesie fuit •— Insuper eandenl eccle-siam tergestinam cum ipsa ecclesia sipariense (Re Ugo le parifica) et cum eodem episcopo et cum clericis ibidem sercientibus, et cum liberis hominibus et famulìs seu quos jamdudum praefatae ecclesiae (di rinuovo parificate distinguendole) liabuerunt. . . . sub nostrae tuitìo-nis mundburdio recepimus. Il Re prendeva sotto la sua protezione regale tutte e due le chiese; però non sembra caro che alla triestina sia dato l'epiteto di santa per maggiore onore. Sipar era in condizione miserevole; i Corsari Na-rentani l'avevano distrutta nell'876. insieme a Citlanova ed a Rovigno; per cui Sipar ebbe per ciò che riguarda il vescovato le stesse vicende di Rovigno. Noi pensiamo che Sipar fosse il luogo principale, che poi non più risorse, Umago il luogo di porto maggiore, ma che tutte e due possano tenersi per uno stesso luogo, tanto sono prossime, e gii antichi edifizi sono in continuazione; forse Umago non è che nome speciale dell'isolotto in oggi a-bitato. Le esenzioni accordate da Re Ugo nel diploma che riproduciamo non sono soltanto per Sipar, ma anche per le altre possessioni che avevano i Vescovi di Trieste o la chiesa di Trieste. A nessuno sia lecito di costringere gli uomini liberi o servi od i chierici di Trieste e di Si-par, nessuno proceda contro di questi all'oppignoramento di beni ; nessuno decida questioni sulle terre della chiesa o sulle mansioni '(stanzio dicono in Istria) senza assenso del Vescovo; nessuno costringa gli "schiavi, i liberti, i commendati della chiesa di comparire dinanzi ad altro giudice, od esiga da questi qualche dazione, od imposte 0 multe, o qualunque altra cosa che appartenga alla categoria di esazioni regali; ma sia lecito al Vescovo di giudicare secondo buona coscienza. L'esercizio di questi poteri costituiva la così detta avvocazia, e i così detti avvocati ( Vogt dicono i tedeschi) figurano frequenti nelle icarte làiche dei vescovi. -'_>'>) i'fl 'diritti di governo sui beni propri della chiesa si veggono'conferiti ai Vescovi di Trieste da Re Lotario nel 948 siilta città stessa di Trieste con tre miglia all' ingiro; ma non' è con questo diploma che intendiamo annojare 1 nostri lettori. Questi diritti non comprendevano però l'alta giustizia penale la quale, i Vescovi istriani esercitarono più tardi.in Trieste, in S. Lorenzo di Daila, in Orsera. Bellissimo diploma di duca Ulrico di Carintia del 1265 avverte i confini dei diritti baronali del Vescovo di Frisinga sulle terre che aveva nel Carnio, dai diritti di alta giustizia che erano riservati al Duca; l'ultimo Conte d'Istria: nel voler assicurati collo scritto (1365) i diritti che avevano da antico -i suoi vassalli, non segna linea granfatto diversa fra l'alta e bassa giustizia; così Federico li nel diploma per noi pubblicato del 1238, con cui vieta ai baroni istriani l'esercizio dell'alta giustizia. I Vescovi di Trieste certamente l'avevano nella città nel secolo XIII, ma per quale via e da chi conceduto lo ignoriamo. Imperciocché nel diploma di Federico II si confermano citandole le donazioni di Lotario I, di Lodovico, di Berengario, di Ugo, di Lotario II, di Ottone III, di Enrico JII; dei quali si hanno le carte soltanto di Berengario I, di Ugo, di Lotario li, di Enrico III; mancano quelle idi Lotario I, di Lodovico, e di Ottone III, la quale .ultima sarebbe fra il 983 ed il 1002; e siccome quella di Enrico/III non è che conferma di precedenti liberalità, ed Ottone III fu largo di concessioni, dovrebbe dirsi che da lui provengano i poteri di alta giustizia che ébbero i Vescovi di Trieste; seppure non provennero dai Marchesi d'Istria, che nelle carte vescovili triestine si citano come largitori", dicendoli duchi di Carintia, della quale cosa e-rano diffatti i Marchesi, non solo della Casa, ma anzi mandati dai Duchi. Umago e Sipar durarono lungamente in dominio dei Vescovi di Trieste, Umago come Comune tributario della .decima, Sipar come feudo concesso dai Vescovi ; lungamente durarono le giurisdizioni ecclesiastiche dei Vescovi di Trieste. Nel 1784 regolandosi fra il Principe Veneto ed il Principe Austriaco, le diocesi secondo i confini politici, a fine il Yescovo di uno stato non avesse giurisdizione nell'altro, Umago insieme al dominio decimale passò al Vescovo di Cittanova; nel 1843 Umago veniva ridotta a parocchia, tolto il capitolo. Dell'isola Paciana abbiamo detto altrevolte ; pensiamo fosse Monfalcone, o più veramente Marciliana che diè vita all'odierno Monfalcone, il quale nel nome ricorda dominazione baronale; e vi ha rocca malamente creduta la Veruca che Teodorico fe'costruire presso Trento, che giustifica 1' opinione. La chiesa triestina conservò lungamente terre nelle prossimità dell' odierna città. Paciana pensiamo fosse antico Municipio rovesciato totalmente a tempi delle distruzioni Attilane. Pace fra Patriarca Pellegrino d'Aqnileja e Conti Mainardo ed Engelberto di Gorizia. NEL 12.02. Leviamo da un Codice Manoscritto copia d'altro che già era del Fiscalato di Gorizia, la pace, seguita nella Chiesa di S. Quirino presso Cormons fra Patriarca Peregrino di Aquileja e Conti Mainardo ed Engelberto di Gorizia. Nell'anno 1202 mentre Patriarca Pellegrino era già Signore del Friuli, i Trevisani confinanti dei di lui stati dal lato di ponente avevano per loro ausiliari i Conti di Gorizia che toccavano dalla parte di levante le terre del Patriarcato del quale erano vassalli. Fermata la pace nella Chiesa di S. Quirino presso il Castello di Cormons ne vennero fissati i patti. Il Castello di Gorizia, il quale era stato nel 1008 donato per una metà alla Chiesa di Aquileja per 1'altra metà al Conte Weribent del Friuli, e che nel 1120 passò alla famiglia degli Eppenstein (che presero il titolo di Conti di Gorizia) sarebbe rimasto ai Conti Mainardo ed Engelberto con ogni proprietà coi servi, e colle dipendenze, però eccettuati i vassalli, che si dicevano Ministeriali per 1' officio vario cui erano obbligati verso i Patriarchi. Sarebbe loro rimasto anche il Castello di Moggio nella Carnia con ogni diritto e proprietà, coi servi. È questo il Castello di Moggio, celebre per l'Abbazia di S. Gallo di Benedittini della quale lu tra gli altri commendatario S. Carlo Borromeo, celebre pel Conte Cacellino, che fu anche Conte d'Istria, e che morto nel 1099 lasciò erede il Patriarca Yolrico. Gorizia e Moggio sarebbero tenuti dai Conti come feudi della Chiesa Aquilejese, ai quali erano abili di succedere tanto i maschi che le femmine. Che se la famiglia di Gorizia si estinguesse per mancanza di eredi, il castello di Gorizia colle proprietà e persone sarebbe devoluto alla chiesa d'Aquileja, nessun cangiamento seguendo per riguardo ai ministeriali; ma il castello di Moggio ricadrebbe al Patriarca insieme ai ministeriali. Tutte le terre avute dai Conti sia con mezzi giusti sia con mezzi ingiusti nei tempi del Palriarca Uldarico e del Patriarca Golfredo sarébbero rimaste tranquillamente ai Conti. I Conti promettono di rinunciare ad ogni federazione coi Trevisani, e di non rinnovarle dando per ciò garanzia. La pace si intende fatta anche pei Conti Alberto ed Enrico, per gli alleati del Patriarca e per gli alleati del Conte di Gorizia, che rimangono nel possesso imperturbato dei loro;feudi. Le questioni fra il Conte Engelberto ed il Conte Alberto verrebbero decise dal Duca di Me-rania. 1 1 •: ' ■'■' > i."> < ■ • :> i in <. Qualora i Conti tentassero di rompere: le cose convenute, ed avvertiti dal Patriarca non desiitessero, ne darà avviso ai duchi di Stiria, di Merania > e dì Carintia; e qnalora le ammonizioni di questi non giovassero il Patriarca, userà dei suoi diritti nel modo che a lui parerà. I Conti Goriziani giurarono la pace essendo in Gorizia qual- che giorno dopo conchiusa; interpositori della pace furono il Duca d' Austria ed altri illustri. Il Patriarca Pellegrino era della famiglia dei Duchi di Čarintia, quindi non istraniero per sangue ai Conti di Gorizia; l'Engelberto della pace era il Conte d'Istria che morì nel 1220 e fu sepolto in S. Pietro in Selve; ma non dell'Istria si tratta nella pace poiché l'Istria, non era allora in dominio dei Patriarchi, venutavi soltanto nel 1208 in Wolkero, dopo che Enrico Marchese ne fu esautorato per la parte presa all'uccisione dell'Imperatore Filippo. Sembra che i Conti d'Istria fossero vassalli, ma in tale caso lo erano dei Marchesi; noi li riteniamo vassalli non solo per gli avvenimenti di Gorizia, ma perchè nella concessione dell'Istria ai Patriarchi vi si comprende anche la Contea, ed i Conti prestavano servigi di guerra ai Patriarchi, come sembra per vassallagio. Non dee sorpassarsi nella ricognizione di vincolo feudale fra Patriarca e Conti, l'abilitazione delle donne di succedere nel feudo al pari degli uomini. Ciò rileviamo perchè è comune ad altri feudi goriziani, e nella carta che il Conte ultimo d'Istria Alberto diedo agli Istriani nel 1365, la quale sarebbe tuttor legge se vi fossero feudi nella Contea, è precisamente espresso l'ordine , dei feudi. Ce&enfóap, &a&en ©9 bie Sfeijt fcer&radjt, ba3 »ir i&nen Cei;&eu, ©ii&n itnb SSdjterir, unì) ter Sltifl in beni ©efd)!ecf)t, fofl btc Cetjen empfa(ien »nb trogen, onb fotfen »ir i tire Sefcen let^en in ber ©raf|cf>afft 3iTterreic&. Db baS fùegt, baà mir im 2anb nicfjt aaren, »te lang fiefy baé »erjùs ge, beoinacfc (jaben i(jre Se&en nicfjt »ermant, auf bfc 3ftt, baé »ir inž Sanb fyommen, fo folten »ir t&ne Wpfcen, onb ©p con &n3 empfa&en tfcre Ce&en. Il che suonerebbe in italiano: Per riguardo ai feudi fu loro trasmesso il diritto che noi investiamo per feudo, tanto i figli che le figlie; il più anziano della famiglia riceve l'investitura e tiene il feudo. L'investitura dei feudi deve venire data da noi entro i confini della Contea. Se avvenisse, che noi non ci recassimo nella Contea, durante la nostra assenza non decadono dai feudi, ma noi gliene daremo investitura quando ci troveremo nella Contea. Noi pensiamo, che come gli altri ordinamenti di governo, di giustizia, di esazioni erano comuni al Marchesato ed alla Contea, cosi in tutta l'Istria fossero di regola le donne ammesse al possesso dei fqudi al paro degli uomini, è che i fèudi maschili sieno piuttosto stati introdotti dai Yeneti, siccome contro generale credenza il sistema baronale, era frequentissimo e regolato o severo nell'Istria Veneta; ma nell' una e nell'altra Istria (seppure sono due) mite di confronto a provincie di là d'Alpe. " ' ..... ' • .'.V. Anno 1)20. ' % t 7 Agosto Indizione II.' Pavia. : ■ ■ i • r: • ..">.'../ ;..;! .;;•, i ' ; '■>. . t ;-:y : ! Re Ugo fa dono al Vescovo Radaldo ed alla chiesa di Trieste, diSipar, di Umago, e dell' isola Padana nel Friulir ed unisce il vescovato di Sipar ed Umago al Vescovato di Trieste. (Dall' Archivio F. Suddeutsch del Hormayer p. 219). Ili nomine Domini dei aeterni. Hugo gratia dèi rex. Noverit omnium fidelium Sanctae dei ecclaesiae 'nostrorumque pre-sentium scilitet ac futurorum industria. Sigefredum vénerabilem episcopnm et dilectum fidelem nostrum humiliter nostram exorasse clementiam. Quatinus episcopatus separiensis sive Humago pleps ipsius episcopi fuit cum omni sua pertinenza cum piscationibus et vanutionibus suis atque insula quae nominatur Paciano et adjacet in Comitatu Forojuliensi, cum omnibus suis pertinenti tam cum ve-nationibus suis, quam et piscationibus montibus, vallibus planitiebus atque olivetis rupis et rupinis aquis aquarumque decursibus vulgarii cultis et incultis et cum omnibus suis pertinentiis sanctae terge-stinae ecclesiae cui Radaldus in presenti presul esse videtur praeceptaria auctoritate sub omni integri-tate concedere atque largiri dignaremur. Cuius petitionibus assensum prebentes predictum sipariensem episcopatum qui olim plebs ipsius sanctae tergestinae ecclesiae fuit, cum omni sua integritate prò ut juste et legaliter possumus nostra praeceptaria auctoritate eidem sanctae tergestine ecclaesiae et episcopo Radaldo suisque succes-soribus omnino concedimus donamus atque largimur. Nec non predictam insulam Pactianam sub omni integritate funditus eidem ecclesie et predicto episcopo suisque successoribus delegamus, quatinus potestatem habeant tam predictus episcopus quam et successores sui de eodem episcopatu qualiter illis melius secundum deum visum fuerat faciendum et ordinandum atque predictam insulam plenariam li-centiam et potestatem habeant ad tenendum et possidendum. Igitur concedimus sancte tergestine ecclesie et superdicto episcopo suisque successoribus eundem Sipariensem Episcopatum, atque predicto Humago sub omni integritate. Una cum casis terris campis pratis silvis salectis sactionibus aquis aquarumque decursibus molendinis piscationibus servis et ancillis aldionibus et aldianis montibus valibus planitiebus et cum omnibus ad eundem episcopatum atque ad eandem insulam juste et legaliter respitientibus ad babcndum tenendum et racionabiliter commutan-dum ac perhenniter possidendum omnium hominum remota contraditione. Insuper eandem ecclesiam tergestinam cum ipsa ecclesia sipariense sibi concessa et cuin jam dieto Humago sub omni integritate et cum eodem episcopo et cum clericis ibidem servientibus et cum liberis hominibus et famulis seu quos dudum prefate ecclesie habuerunt et quos nunc impresenti habero videntur et cum omnibus rebus iuste et largiter in ipsis ecclesiis respicentibus sub nostrae tuitionis mundburdo recepimus. Precipientis igitur jubemus ut nullus dux marchio comes vicecomes sculdasius gastaldius decanus vel cujuslibet ordinis vel dignitatis parvaque persona deinceps eundem episcopum Yel suas ecclesia» aut suos libero s vel comendatos aut excusatos vel servos seu ejusdem ecclesiae clericos deinceps iniuste molestare presumat. Nullus in super eos distringere, pignerare vel iniusto ordine temptare. Nemo etiam in prediis prelibate ecclesie aut in suis mansionibus absque voluntate iam dicti episcopi resol-vat. Nullus quoque commendatos libellarios vel cartelatos aut encusatos jam sancte ecclesie per pu~ blica placita ire compellat, aut ab eis aliquas dationes exhibitiones reddibitiones fredas, vel quidquid ad publice partis functionem pertinere videtur exigat. Nihilque quod jnjustum videatur inferat. Sed liceat eidem episcopo suisque successoribus omnia canonice previdere et judicare secundum deum et vivere cum omnibus sibi subjectis secure ac quieto ordine remota totius potestatis inquietudine. Si quis igitur hoc nostrae munificentiae preceptum seu tuitionis mundburdum aliquando in-fringere vel violare temptaverit sciat se compositurum auri optimi libras centum medietatem prelibate sancte tergestinae ecclesie. Quodut verius credatur et diligentius observetur, manu propria robo-rantes de anulo nostro supter anotari iussimus. , , ■ . / C -J. i t Signum Domini hugonis piissimi regis. Reccho cancelarius ad vicem Garlani abbatis archicancellarii recognovi et subscripsii. Hugo rex. Data Yn • Idus Augusti -Anodominice incarnationis DCCCCXXIIII • Regni domini hugonis piissimi regis quarto • Indictione secunda • Actum Papié feliciter. _• ■ _ Tipog. del Lloyd Austriaco. Anno 1202. ; . . i i m ultima die exeunte Januar Indictione V. Cormons. Pace tra il Patriarca Peregrino che era della Casa dei Duchi di Carin-tia, ed i Conti Mainardo ed Engelberto di Gorizia ad interposizione del Duca d' Austria. (Da apografo tratto da libro che era già del Fiscalato di Gorizia). (Registrato anche dal de Ruleis Moti. Eccles. Aquil.J In nomine sanctae et individuae Trinitatis amen. Notum sit omnibus Christi fidelibus, tam praesentibus quam futuris, qualiter discordia quae inter Dominum Patriarcham Peregrinimi, et Comitem Meynardum et fratrem ejus comitem Engilberlum de Goritia, Deo auxiliante, ex utriusque partis consensu terminata est, et pax inter eos firmata. Comites quidem de Goritia debent habere castrum de Goritia cum omni proprietate servis et ancillis, et omni jure ad ipsum pertinente, ministerialibus exceptis;, et castrum de Monsburg cuin omni jure et proprietate servis et ancillis ab ecclesiae Aquilejensi in feudum, ita ut tam masculi, quam foeminae in idem feudum aequaliter succedant; et si ipsi aut eorum haeredes aliquo tempore sine haeredibus decederent praedictum castrum de Goritia cum omni jure, et proprietate hominum e possessionum, exceptis ministerialibus; et castrum de Monsburg cum ministerialibus in omni familia e proprietate pertinente ad ipsum, libere ac integre ad Aquilejensem devolvi debent ecclesiam; insuper omnem tenutam quam pater eorum.....tempore Vodalrici Patriarchae in ultimis habuit vitae ipsius, usque ad Patriarcham Goltefridum, sive juste, sive injuste habuit, ipsi habere debeant, et si Patri- archa diceret.........Finita vero expedilione ista, vel si desisterent, Comites a Ter- visinis recedere debeant incontinenti secundum consilium D Patriarchae et ejus misericordiam, et quam-cumque securitatem a Patriarcha exigerent quod non faciet aliquo tempore confederationem autsocie-tatem cum Tervisinis incontinens ipse eis praestabit eandem, si comites ei prestabunt eandem cau-tionem, quod contra eum nunquam cum Tervisinis confederationem facient, aut societatem; sed haec pax facta non tam prò Domino Patriarcha, sed prò comite Alberto, et comite Henrico, et prò omnibus ip sius Patriarchae adjutoribus, et prò comitibus Goritiae et omnibus adjutoribus eorum. Et cartellis, liinc inde quocumque modo a jure feudi deciderint in feudo prius habito, et feudi jure libere et quiete permanentibus, salvo quod dissensio quae est inter comitem Engilberlum partim et comitem Albertum per Patriarcham et Ducem Meraniae......finiri debet sane ad majorem hujus pacis firmi- tatem, dictusque Patriarcha fide prestila D. Yenandus de Stasenella, D. Detricus de Fontebono, D Hen- ricus de Glemona, D. Hermes de Pertistein, D. Robertus de Tricano, D. Yalt Bertoldus, D. Duringus de Mels, et D. Yerberus do Cucanea .... Patriarcha et ipsius mandato, et Comes Engelbertus, et D. Folcherus de Doremberg, et D. Henricus frater ejus, D. Pellegrinus Ylogil, D. Conradus do Flo-rentia, D. Renaboto de Ceron procurator . . . . Statutum est etiam ut si comites aliqua, quae supra dieta sunt, infringere molirentur et a Patriarcha commoniti non desisterent, Patriarcha id Duci Styriae, Duci Meraniae, et Duci Carinthiae notificare debet, et sic ab eis commoniti desistere nollent, tunc Patriarcha non obstante pace quae facta est, jure suo, prout melius poterit, utetur. Acta sunt ista anno Domini MCCII Indictione quinta Mensis Januarii ultima die exeunte a-pud ecclesiam S. Quirini juxta Cormons, sicut supradictum est; ex parto comitum juramento firmata deinde sunt eadem apud Goritiam quinto die infrante Februario; de utriusque partis consensu et voluntate stabilita, et scriptis authenticis cum Patriarchae, Ducis Meraniae B, et ipsorum comitum de Go-ritia sigillis feliciter roborata. Haec autem omnia facta sunt verbo et authoritate Domini L Ducis Au-striae, Styriacque, Duce Carinthiae Bernardo, Comite Quinto de Epan et cornile Alberto de Tyrol, et comite Alberto Viltelberch presentibus, et suam authoritatem praestantibus. Testes hujus rei sunt duces et comites prenominati, excepto duce Austriae, Styriacque, et omnes qui supra nominati sunt hane pacem juramento firmasse, et insuper Yipertus de Yalesberg, Gotefridus de Teveferth .... de Lilienberg, Gerlocus de Steim, Fridericus de Glismenthz, Hugo de Limerz, Lambertus de Mureck . . . . . . Folcherius juvenis de Doremberg, Yosenlech, Vernardus, Pellegrinus, Otto, Federicus, Daniel, Mainardus de Capris, Arnoldus, Jacobus de Evemberg, Perae de Vipoch, D. Otto, et D. Henricus filii Ducis Meraniae. 'et alii plures. .....- ' ' - J ( " ' / .ir. . .•; r ' ,••.:..'.'.• ' - ; '. : Ego Stephaniis D Patriarchae Capellanus de parlium mandata hanc cartam et aliam, quarum unam Domino Patriarcha aliam Comites habere debent, scripsi, et sigillis Patriarchae, Ducis Meraniae et Comitum de Goritiae roboravi et dedi. .' t: ,1 iyp '■> h '.. .——s--—-;—<-:---■........:' r.r •'.'>< r:'.•••":•: :':.• •::!■•, r.'ih'iijitn ; i-i • 11'; i Yt; 1 ■ ' ' ' '•'■■ ■ '• ' : Vj',1 li. ':-.'r aojs'n'.rts^t.^^<;"jvf.i ; ;1 v- 8 •••..!=;. i:.,Vi. '. i;,!•••!.:;•.*'>(;" j; tSttó^hMl K^ifltl ': •'.:<'•*: ';;<•• •';, {; !•(;•.• , i ' .' . < i» .'ti' J'-i/ii i:'.:w<ìm'i' !..'."> i •■ : t::m,ìHwt t',;nhiil «j:•.>;i»>n: :'i mi.«ir^iìfm tfi®$ jrt'.rrj i:•>:•;•• t: ; ;.ìo:ì ■ •• . ottnun 'ì-i ,<■'. m'1/. •.:' e • • .: ' * ' > ''> <' ; (.:••:: i • :' - ' !{