N. 5. Si pubblica il 1" e 16 d'ogni mese. Abbonamento annuo Cor. 4.— ; Singolo numero Cent. 20. uova Inserzioni a prezzi da convenirsi. Redazione ed Amministrazione : TRIESTE Piazza Barriera vecchia N. 5, pianoterra. Organo del partito democratico istriano. I COMMEDIANTI E doloroso constatare: la stampa provinciale che si è assunto il pericoloso còmpito di ostacolare il galoppo alla democrazia istriana, si degrada, ogni giorno più, moralmente ed intellettualmente. Di tale auto-degradazione gioverà addurre le prove : riepilogheremo dunque, in breve, ciò eh' essa ha fatto, gli argomenti ch'essa ha portato in campo contro di noi e contro la società dalla quale noi emaniamo. E riusciremo a dimostrare : che quella stampa, la quale combattendo gli slavi che la ignorano, è innocua, la quale combattendo il governo che la fa sequestrare, è senza pericolo audace, quella stampa, messa alle prese con chi conosce da vicino le condizioni della provincia, del partito nazionale, degli uomini publici, palesa ignoranza degli avvenimenti e degli uomini, e inabilità a spiegare gli avvenimenti e a difendere gli uomini suoi, e inettitudine al ragionamento, che quella stampa, in mancanza di ragioni, si serve di grossolane accuse, smentite dalla stessa volgarità loro, e insinua dubbi gratuiti sulla onestà delle intenzioni altrui, che il valore di quella stampa è dunque zero, zero morale ed intellettuale. Da principio hanno detto che noi e la società nostra eravamo superflui. Ma, fosse pur stato vero, 1' osservazione sarebbe stata egualmente fuori di posto, perchè tenendo noi al vantaggio del popolo, è precetto evangelico di dare il superfluo ai poveri. Subito dopo, hanno messo da parte l'aggettivo, perchè la superfluità nostra era troppo pepata. Noi intanto dimostravamo con fatti, che nessuno ha potuto smentire, la decadenza del partito nazionale e il pericolo che ne derivava alla nostra causa nazionale e giustificavamo pertanto la costituzione della nostra società, sorta appunto per rivolgere ogni pensiero ed ogni cura al popolo e per impedire i danni che la pigrizia e l'inettitudine altrui minacciavano all' italianità dell' Istria. Gli avversari non seppero opporre parola all' evidenza dei fatti, ma ripetettero che l'origine della società era da ricercarsi nel risentimento personale di qualcuno, intendi: on. Gambini. E allora ci accusarono di far delle chiacchiere e o' invitarono sul terreno dei fatti. Noi, che eravamo su quel terreno già da un pezzo, non abbiamo fatto fatica per restarci, e prima abbiamo confutate ad una ad una le asserzioni degli avversari e poi addotti altri fatti, recenti, vivi, palpitanti, per dedurne la necessità di un' associazione quale la nostra, non ispirata dall' odio alla demolizione, ma dall' amor di patria alla depurazione. E gli avversari zitti. Ci fecero delle domande, con la certezza che noi non avremmo risposto, e noi vi abbiamo risposto, invece, categoricamente, e vi hanno risposto aderenti nostri, che già furono, anche a giudizio degli avversari, patriotti pronti all' azione ed al sagrificio, aderenti nostri, che gli avversari tentano invano di riconquistare con blandizie e con mezzi disonorevoli ad un partito che si rispetti, e le risposte dicevano: senza il caso Gambini, che ce ne ha offerto l'occasione, noi avremmo, ad ogni modo, al primo momento opportuno, tentato di allontanare il danno che la pigrizia e l'inettitudine minacciavano di arrecare al carattere nazionale della provincia. Invano ; gli avversari, i finti sordi, non udirono. E continuarono a ripetere, come chi avesse imparato la lezione, con la cocciutaggine di un fonografo : è il risentimento personale dell' on. Gambini. E una bella dote, la cocciutaggine ; possedendola, si può benissimo fare a meno del cervello. Questi soldati del partito, che pretende al monopolio della difesa nazionale, se non avessero anche troppo rettile il ventre, sarebbero perfettamente eguali ai soldatini di piombo, delizia dei fanciulli, e dei soldatini hanno la rigidità, il coraggio, la disciplina, l'intelligenza. La loro strategia dialettica dimostra già ad esuberanza l'impotenza loro ; e il lettore che non si lascia commuovere dai sentimentalismi e dalle lagrimuccie avversarie, avrà compreso che i nostri sarcasmi e la brusca maniera nostra di chiamar le cose col loro nome, potranno arrecar danno a persone non alla patria, che noi amiamo assai più di quelle persone cui vogliamo demolite appunto a vantaggio della patria. L'amor di patria è per essi una commedia che si rappresenta da loro che ne sono gli attori. Per un esempio : se il governo fa una concessione agli slavi, se, poniamo, esso nomina a membro del Consiglio scolastico provinciale uno slavo, invece d'un italiano, essi strepitano ed urlano, e fanno bene ; ma se, causa l'inattività del partito dominante, accade quanto è accaduto a Canfanaro e a San Vincenti, che pur sono a due passi da Pola e daRovigno, essi stanno zitti. Per loro è patriottismo sommo coprire col silenzio il danno che i monopolizzatori del nazionalismo arrecano alla nazionalità nostra, danno assai più grave di quello che ci possano fare governo e slavi uniti assieme, quando noi manteniamo le posizioni nostre. Se i patriotti veri e i mestieranti di patriottismo chiamassero severamente a rispondere i responsabili delle offese, in tal modo arrecate alla nazionalità nostra, se non si avesse la debolezza sistematica di coprire con un velo gli errori e le colpe dei propri, coloro i quali vogliono allontanato ogni pericolo dalla patria, senza riguardi a persone, senza pietà colpevoli, avrebbero maggior fiducia negli uomini che dicono di voler avviare a buona meta i destini dell' italianità. Ma, purtroppo, abbiamo da fare con commedianti, che declamano troppo e non sentono niente. Ritornando al fatto della nomina del parroco Zamlich, slavo, a membro del Consiglio scolastico provinciale, noi dobbiamo, tanto per dimostrare, come promesso, l'ignoranza degli avversari, rettificare un' osservazione dell' organetto sistema Ariston, il quale incolpa l'assessore provinciale, referente in affari scolastici, on. Gambini, di non aver avvertito a tempo la Giunta e i deputati della possibilità che ci venisse giuocato il brutto tiro di quella nomina, del tutto, secondo 1' organetto, inaspettata. Ora stà il fatto, che non solo la Giunta fu avvertita, ma che la Giunta avvertì i deputati al Parlamento della necessità di agire a Vienna, affinchè all' italiano Druscovich, succedesse altro prete italiano. L' avvertimento rimase senza frutto, certo senza colpa dell'assessore referente. E si noti, che dell' avvertimento non c' era bisogno alcuno perchè nel Consiglio scolastico provinciale siede, quale delegato della Giunta, un deputato al Parlamento, il quale non poteva ignorare che il Druscovich era morto e che gli verrebbe nominato un successore. Ma anche qui si palesa il commediante. L' organetto chiama responsabile, o quasi, l'assessore referente Gambini della nomina dello Zamlich per una pretesa sua ommissione, ma non gli viene in mente, neppure per ischerzo, di chiamar responsabile il referente giuntale, che ha in mano le cose dei comuni italiani, degli avvenimenti di Canfanaro e San Vincenti. I commedianti non hanno tanto abilità, da parere equi, anche se soltanto esteriormente. E qui cade in acconcio una curiosa osservazione ; da una parte s'impreca al dott. Gambini, e contro di lui si tendono i pugni chiusi, chiamandolo unica causa del dissidio, del rettorico pericolo che incombe all'italianità, dell'abisso che s'apre per inghiottire le vestigia di Roma e di Venezia, a beneficio di tutti gli agitatori e di tutti i preti slavi, e dall' altra si pretende la spinta o l'imbeccata dal medesimo dott. Gambini, perchè gli altri facciano qualche cosa a difesa della medesima italianità. I maligni, ricordando che i giornali della provincia furono ostili alla candidatura Gambini, e ricordando le parole di un giornale slavo che confessava di aver temuto a Vienna più la misteriosa attività sua, che tutti gli altri deputati italiani, i maligni potrebbero credere che quei giornali furono ostili, appunto perchè il governo potesse fare senza seccature il piacer suo, ed essi potessero aver quindi agio e pretesto di gridare e di farsi sequestrare, dimostrando così la necessità della loro esistenza, che altrimenti non si comprenderebbe. E, al contrario dei nostri ingenui avversari, noi qualche volta siamo maligni. D'altronde i minori non fanno che imitare i maggiori, i quali pure da poco tempo in quà sono commedianti. Contro la democrazia che minaccia il loro predominio in provincia, essi non hanno saputo escogitare finora altra difesa, che quella, vieta, di fingersi animati dagli stessi sentimenti degli avversari, ed hanno incominciato, come abbiamo già detto altre volte, a fare i democratici. Accettato questo sistema di difesa, è in-| cominciata la rappresentazione. Si dà, per un esempio, a Pirano un banchetto politico, nel quale un deputato vanta la sua attività di qualche settimana, nel quale un uomo politicamente morto, che al suo comune è stato assai più dannoso della fillossera, tenta di risuscitare, in momenti assai poco opportuni per la sua risurrezione, e si mescola agli operai, e brinda alle loro donne, ed esalta il loro patriottismo, pronto a pregarli il giorno j dopo di tacere se, per far effetto, gli è scappata qualche frase arrischiata ; e questo si chiama fare i democratici. Oh, la società politica potrebbe andar peggio, quando ha bisogno di simili cadaveri!? E i giornali, gli umili giornali del partito, ancora per qualche tempo dominante, esaltano l'esempio e chic-dono che si ripeta e che si moltiplichi, così che anche gli assessori e i deputati provinciali raccontino agli assonnati ascoltatori per forza, che cosa hanno dimenticato di fare. Pare che quella gente si diverta alla stupida commedia. A Rovigno, in seno all' associazione cittadina, il podestà diceva: „purtroppo nel passato i bilanci comunali non rispecchiarono fedelmente il vero stato delle condizioni del Comune ; l'introito riusciva artificiosamente aumentato da una quantità di crediti inesigibili...."-ed il secondo vice-podestà, e democratico come il primo, correggeva la triste impressione prodotta da quelle dure parole, accentuando che: „le amministrazioni passate possono essere criticabili per il sistema da esse seguito, ma non sono certo attaccabili dal lato delll'onestà; esse anzi agirono con lealtà, con piena buona fede e con disinteresse, avendo l'unica mira di fare del bene al paese." Ambidue gli oratori furono applauditi, il che dimostra come certe associazioni democratiche incretiniscano i loro soci. Si gonfiarono artificiosamente i bilanci, ma in buona fede e nell' interesse del paese che deve ora pagare per allora, e in nome della buona fede — che, per esser miti, vuol dire in questo caso ignoranza — in nome dell' ignoranza s'invoca la sanatoria per quelle amministrazioni, come s'invocherà — nel nome istesso — per gli avvenimenti di Canfanaro e San Vincenti. E i democratici della democratica associazione cittadina di Rovigno, applaudono. Bravi, perdio ! Tutto ciò in fondo — mettiamoci una mano sulla coscienza — è grottesco. Questa politica dell' apres moi le déluge è insana. Noi vorremmo che questa gente la quale per restare al potere e per dominare il popolo, assai, purtroppo, ignorante, inscena simili commedie, sentisse una volta il rimorso di quanto fà, e volesse una volta provvedere, anziché al proprio, all' interesse generale. E la stampa che la serve, diventa più grottesca ancora. Questa stampa che rubacchia qua e là, per i giornali o dalle polemiche celebri, la frase o l'intonazione, e che quando scrive in fretta imbastisce dri periodi oscuri, sconnessi, sconclusionati, lunghi infinite righe di stampa, e poi si erige a giudice di eleganza e di proprietà, essa gobba parecchio e parecchio mal fatta, in questo atteggiamento attillato e assestatuzzo e impettito, sembra una caricatura offensiva del romano Petronius arbiter elegantiarum ed è insuperabilmente grottesca. Su via, perbacco, montate a cavallo, per far più figura. Badate soltanto che il cavallo sia ammaestrato e castrato, che non accadano disgrazie. Sarebbe peccato togliere simili fenomeni alla conservazione alcoolica ! E sentano, infine, questi signori, quattro parole serie. Essi ci hanno accusato d'introdurre il sistema revolver nella stampa provinciale. Osservino bene : sono essi, che in mancanza d'altri argomenti, imitano il riprovato sistema. Noi abbiamo criticato uomini publici nelle loro publiche manifestazioni, noi abbiamo portato fatti, che nessuno ha smentito, noi abbiamo inaffiato con un po' di spirito le loro rispettabili persone, che si sono per questo offese, appunto perché mancano di spirito, noi non abbiamo usato nè mezzi termini, nè insinuazioni gratuite, nè allusioni ipocrite. Voi sì, voi avete insinuato velatamente, vigliacca- mente dunque, proprio come fa quella stampa riprovata, dei dubbi sulla onorabilità, sul disinteresse di una persona. Ebbene, badate : o voi portate fatti o noi vi specifichiamo le elemosine e le sovvenzioni che ricevete voi, souteneurs della causa nazionale. Voi, virtuosi censori, mondi accusatori, voi sarete forse, salvo l'intelligenza, i gesuiti della italianità; noi, al caso, potremo diventare i giansenisti della democrazia italiana dell' Istria. PRIMO MAGGIO In questo giorno cade la festa del lavoro. Festa non segnata nei calendari, non fissata da alcuna legge, ma fermamente voluta da milioni di coscienti lavoratori i quali alla loro Fede vollero pure consacrare un giorno. E fu geniale la scelta. Simbolo del ridesiarsi della coscienza popolare il maggio offre, per noi almeno, nel rigoglioso rinovellamento della natura l'immagine del rinovellamento sociale e così come i fiori smaglianti sono pegno di un futuro raccolto, le fulgide visioni degli idealisti si tramuteranno un giorno in realtà. Si scateneranno tempeste e non tutti i bei fiori giungeranno alla maturazione del frutto, ma i più resisteranno alla furia dei venti. A torto e ferocemente osteggiata in sul principio la bella festa del lavoro rifulse di bagliori sinistri, che l'anima popolare si era ribellata con ragione all' egoismo brutale dei padroni. Ma, mano mano che l'idea progrediva, andò scemando la diffidenza; i privilegiati, vistisi impotenti, smisero la persecuzione ed il lavoratore potè celebrar la sua festa in pace ; ond' è che in questo giorno non più vediamo turbe minacciose alle prese con truppe agguerrite, ma colonne imponenti di cittadini tranquilli solennizzanti il risveglio della civiltà. Maestosa riesce la cerimonia di rito. Nello stesso giorno, alla stessa ora, in tutto il mondo civile milioni di adepti si raccolgono a sentir la parola de' maestri celebranti la santità dell'idea e quindi, fatti voti al trionfo della causa, s'avviano in lunghe processioni composte, alle tombe dei morti, dei martiri, recando fiori, al canto degli inni fatidici. E qui i maestri tessono le lodi dei precursori incitando all' imitazione i credenti. Poi la festa diviene profana. Pei colli, sui prati, all'aria tiepida e pura, le comitive affluiscono. Famiglie intiere, colle donne ornate dal tradizionale colore, esultano all' aria libera, profumata, dimenticando per un istante i disagi e le fatiche diuturne E non la devono a nessuno questa festa ; non alla sospetta liberalità dei padroni, non alla legge grettamente umana, la devono a sè stessi, al loro fermo volere, alla loro coscienza. E come procedono giustamente alteri quando, la sera, rientrano in fitte schiere in città ! Sembrano consci di aver compiuto un dovere. E lo hanno compiuto, poiché hanno riconfermato anche una volta il patto di fratellanza umana, hanno contato le loro file opponendole, monito minaccioso, alle ingorde velleità dei potenti, hanno proclamato il diritto alla vita. Tale dev' essere la festa del lavoro. Energica, ma dignitosa, significante, ma tranquilla. Il concetto socialista deve sfuggire da ogni violenza non provocata, anche nel suo proprio interesse. Dacché il partito ha adottato il sistema della propaganda pacifica, molta maggior strada s'è fatta l'idea e molti più cuori ha guadagnato la causa. Un ordine di idee come quello professato dai socialisti non si attua che in due modi : o con una grande rivoluzione o con un lento lavoro. Ma a che condurebbe ai dì nostri una rivoluzione mondiale ? Alla rovina economica anzitutto, e ad un enorme ecatombe di vittime umane, senza contare le inevitabili esorbitanze e i non meglio evitabili traviamenti malsani. A conti fatti la civiltà ci avrebbe forse perduto. Sembra che i socialisti lo abbiano compreso e lo dimostrano col loro comportamento. Fanno bene ad agire così. La simpatia per loro sale ognor più attraverso i vari ceti della popolazione e, se continueranno così, non andrà guari ch'essi vedranno attuata buona parte del loro programma. GIUSEPPE CANELLA s'è spento sabato scorso a Riva, sua patria diletta, fra il compianto generale dei suoi concittadini non solo, ma di quanti italianamente e liberamente sentono. Poche figure di uomini politici seppero al pari di Giuseppe Canella conservare intatta la purezza di un ideale per lunghissima serie di anni senza lasciarsi traviar dalla ambizione, senza piegarsi alle persecuzioni, senza lasciarsi infiacchire dall'età. Giuseppe Canella fu a settant' anni ciò che era stato a diciotto, vale a dire un' anima ardente e fiera, anelante alla libertà della patria, ma rigida nemica sempre di ogni strappo alla libertà cittadina, cui per avventura i reggitori si lasciassero trascinare. „La verità innanzi a tutto" in ciò si compendia il suo carettere, e com'egli sapesse applicare l'assioma sempre ed in ogni caso lo dimostra una sua lettera, publicata nel '98 dal Secolo di Milano, nella quale egli fieramente e nobilmente | protestava contro le angherie cui nel Regno si | assoggettavano i condannati politici. E naturale che con una simile fibra la sua vita, anche per le condizioni speciali del periodo di tempo in cui egli visse ed oprò, dovesse rie-scire estremamente avventurosa ed agitata. Un breve cenno biografico di lui, valga a mostrare quali prove egli seppe subire senza esserne scosso. Giuseppe Canella nacque a Riva nel 18B0 da famiglia non ricca il che non gli permise di dedicarsi a quegli studi superiori, cui l'acuta intelligenza naturale l'avrebbe chiamato ; si dedicò quindi alla farmaceutica. Nel 1848 prese parte alle 5 giornate, dopo le quali si stabilì a Milano in qualità di praticante di farmacia. Passò più tardi a Padova, onde dar fine ai suoi studi presso quella Università, prendendo viva parte a tutti i moti politici che ebbero luogo durante il suo soggiorno in quella città. Compiuti nel 56 gli studi ritornò a Milano, fu poi farmacista a Villa Legarina fino a che nel '63 si stabilì a Roveredo. Nel '61 avea condotta in moglie Antonietta de Mori da Capodistria che gli fu degna compagna fino al '95. Cominciano nel '64 le persecuzioni politiche contro il Canella. Coinvolto nel moto rivoluzionario, che i trentini organizzarono in quell'anno per preparare il terreno ad una spedizione garibaldina, e, palesata da un traditore la trama, ei fu arrestato assieme ad altri e si buscò sei anni di carcere. Parte di questa pena, egli la scontò a Capodistria. Liberato, dopo molte difficoltà, in seguito all'amnistia del '66, prese poco appresso dimora nella città natale. Un discorso pronunciato nel '76 a Legnano, in occasione del VII centenario della battaglia omonima, gli fruttò un'altra accusa d'alto tradimento, seguita da parecchi mesi di carcere preventivo, e nel '89 fu nuovamente in prigione sotto accusa dello stesso reato; non si contano poi le perquisizioni domiciliari e personali cui Giuseppe Canella fu fatto segno da parte della polizia. Giuseppe Canella prese parte attivissima alla vita publica del suo paese. La sua coltura, il suo ingegno, la sua larga conoscenza di uomini e cose lo designarono ben presto al voto dei suoi concittadini, tanto più che l'inflessibile tempra del suo carattere e lo sconfinato amore che egli portava alla nazionalità nostra e alle libertà cittadine davano affidamento sicuro sul-l'indirizzo della sua attività. Fu consigliere municipale, deputato dietale e dal '92 Podestà di Riva. In questa ultima sua qualità egli si rese altamente benemerito della città natale, che deve a lui tutte le opere di publica utilità e decoro condotte a fine nell'ultimo decennio e che fanno oggi di lei una città a nessuna seconda nel suo rango. Fu inoltre a capo di molte associazioni e fondò un Asilo d'infanzia ed una Banca cooperativa. Il Pro Patria e la Lega Nazionale ebbero in lui il più valido ed entusiasmato sostenitore. Malgrado le varie e complicate sue occupazioni, egli trovò anche il tempo di occuparsi di lettere ed oltre che nel „Benaco", giornale politico fondato e diretto da lui, e nel „Giornale Farmaceutico Trentino" pure da lui diretto, scrisse ancora parecchio negli annuari della Società degli Alpinisti Tridentini. Alcune sue relazioni di escursioni alpine sono piene di buon gusto e molto pregiate. Oggi Giuseppe Canella non è più. Questa simpatica figura di vecchio venerando d'anni e giovane di pensiero è scomparsa lasciando un di quei vuoti che difficilmente si coprono. Così ad uno ad uno sen vanno i campioni della vecchia guardia e a noi non resta che il pianto ; ma col pianto ci resta l'esempio. Possa l'intemerata vita di Giuseppe Canella servire di guida nelle tristi traversie della nostra vita nazionale, a quanti italiani da Trento a Zara lo piangono ! COSE AGRARIE (Continuazione vedi N. precedente). A S. Giovanni invece, si dovettero interrompere gli spari, perchè la pioggia penetrata nella capanna bagnò la polvere. Però finché si sparò la grandine era minutissima, poi divenne grossa ed anzi osservatori da lontano videro dileguarsi la nube grandinifera sopra Pinguente. La popolazione è in parte entusiasta, v'hanno però gli scettici, che ci credono punto. Taluni se la presero coi cannoni, versando nella falsa credenza, che la loro azione, oltre allontanare il nembo graudinifero, impedisca anche la formazione della pioggia; perciò ci fu qualcuno, che di notte appiccò il fuoco ad una stazione. Pirano : Nella valle di Sicciole e di Cortina si collocarono le stazioni disposte in guisa di formare due scaglioni, nella direzione di maestro-tramontana, quasi in linea retta partendo da Castel-venere. Tre cannoni si disposero nelle saline ed uno sul colle di S. Martino, ad una distanza di circa 600 metri. Tale disposizione non era vantaggiosa per salvare la valle, ma si decise di fare così l'impianto, affinchè eventualmente potesse servire d' esempio per 1' avvenire. I cannoni in numero di 6, della ditta Carlo Greinitz-NefFen di Graz, avevano un' altezza di metri 2.60 ed erano muniti di 5 mortai ciascuno, che si caricavano con 100 grammi di polvere da mina. Attenendosi alle prescrizioni del Congresso di Casale, si sparò sempre a tempo e con ordine, talora anche senza necessità, nei giorni 30 luglio 4, 9, 11, 22, 27 e 29 agosto e 4 settembre. Ai 30 luglio ed ai 4 agosto il nembo era molto minaccioso, ed anzi la prima volta cadde qualche grosso chicco di grandine. Osservando da lontano lo svolgimento dei temporali e l'influenza dei cannoni, si potè constatare ai 30 luglio uno sconvolgimento delle nubi, mentre ai 4 agosto venne osservata una fenditura lunga circa 2 chilometri sopra le stazioni di sparo, talché vedevansi brillare le stelle, con somma meraviglia degli spettatori. La Presidenza del Consorzio è del parere, che la valle di Sicciole sia facile a difendersi anche cogli apparati finora utilizzati, poiché le nubi dei temporali provenienti dal mare sono tanto basse, da sfiorare i colli circostanti. Pisino : Nel distretto di Pisino funzionarono a Vermo 5 stazioni con cannoni tipo I. Lorber e C. di Sachsenfeld a retrocarica, con tromba di 2 metri di altezza. A Lindaro ce n'erano due altre con cannoni Greinitz B. Tutte le stazioni erano collocate sul colle all' altezza di circa 330-350 metri e precisamente nel Comune di Vermo presso le ville di Surani, Russi, Traba, Millohanich e Vermo stessa. Nel Comune di Lindaro ce n'erano due, una sul versante di Pisino e l'altra su quello di Sco-pliaco, all'altezza di 450 metri. Si caricarono i mortai del tipo Greinitz con 100 grammi di polvere ; i cannoni Lorber con apposite patrone. Circa alla metà di giugno un temporale, che apportò grandine a N. W. del Comune di Mon-treo, lasciò cader soltanto nevischio a Vermo. In agosto ed in settembre si sparò diverse volte, ottenendo sempre buoni effetti e si osservò che sopra i due Comuni difesi si squagliarono sempre le nubi. Si deve però notare, che quest'anno i temporali non erano sì violenti e che anche nelle parti indifese del distretto la grandine arrecò ben lievi danni. Di fronte a questi risultati il Segretario del nostro Consiglio agrario provinciale formulò la seguente conclusione, comunicata nell'ultima seduta plenaria del Consiglio stesso: Come convengono anche i più ferventi patrocinatori degli spari contro la grandine, nel 1900 mancarono in Provincia i soliti temporali disastrosi degli anni precedenti, tanto fa, che non si ebbero a deplorare danni molto gravi, neanche in quelle regioni, in cui la disastrosa meteora di consueto distruggeva ogni cosa, lasciando fatali conseguenze anche per l'avvenire. Nella passata campagna grandinò, più o meno, fortemente soltanto nei territori di Pinguente, Castua, Anti-gnana, Zumesco, Portole, Buie, Grisignana, Or-sera e Dobasnizza sull'isola di Veglia. Perciò, si rese molto difficile di farsi un esatto concetto sui risultati pratici della nuova difesa e non deb-bonsi lusingare sì facilmente quei signori proprietari, le cui campagne rimasero immuni sotto il presunto raggio protettore dei cannoni. La prova deve venir ripetuta e per tanto, senza basarsi sui lusinghieri risultati finora ottenuti, non si dovrebbe propugnare senz'altro l'impianto generale degli apparecchi gradinifughi, ma piuttosto prima di azzardare un passo decisivo, non possedendo ancora la piena certezza di calcare su terreno sicuro, sarebbe da proporre, associandosi anche alle conclusioni votate nel recente congresso di Pàdova, d'incoraggiare per ora soltanto le iniziative locali esistenti, perfezionando la disposizione delle stazioni già erette, aggiun-gendovene pure di nuove laddove sembrasse assolutamente necessario, per completare le reti già piantate. Comunque, dalle osservazioni, che ebbi occasione di fare, durante il mio soggiorno nella Bergamasca, ove potei assistere per un anno intero allo svolgersi del nuovo mezzo di lotta, sostenuto con differenti sistemi di cannoni, contro svariatissimi temporali ed in località ben diverse le une dalle altre, nonché basandomi su quanto venne fiu' oggi scritto riguardo ad altre regioni, azzardo dire che, dovrebbe essere molto difficile cogli apparati e colle indicazioni fin' ora suggerite, di poter difendere le costiere della Provincia dalle impetuose bufere provenienti dal mare. L'interno, i vigneti che vegetano fra le gole dei monti e sulle catene di colline disposte ad anfiteatro, prospicienti verso mezzogiorno, potranno andar forse esenti anche dai forti nembi grandiniferi, però a condizione, che si mantenga una rigorosa disciplina degli spari e si adotino cannoni giganti, mentre pongo in dubbio che si potranno ottenere risultati sempre soddisfacenti coi sistemi delle trombe alte appena 2 metri e con cariche di polvere inferiori ai 200 grammi. Ad ogni modo nell'Istria inferiore,ove i danni della grandine sono piuttosto rari, ed in media su 10 anni se ne può calcolare uno perduto, non sarebbe economicamente ovvio, neanche nell'avvenire, d'intraprendere la non lieve spesa di erigere le reti antigrandinifere, almeno finché qualche altra modificazione, non renda più confacente tale impianto, dal lato finanziario. Trovo conveniente di riassumere qui in breve le conclusioni prese al Congresso di Padova, affinchè possano servire di norma per la campagna ventura. Sulla tecnica degli spari vennero mantenute le norme già fissate al Congresso di Casale Monferrato, aggiungendovi alcune modificazioni in seguito alle osservazioni fatte durante la campagna del 1900. La prima linea di difesa deve essere formata da cannoni giganti con cariche di almeno 180 gr. di poi vere. Le stazioni verranno disposte a sca- I glioni in linea retta dalla parte, da cui provengono i temporali, in guisa che questi cadano loro perpendicolari. Nei luoghi minacciati da due direzioni opposte, si dovranno erigere gli scaglioni da entrambi le parti. I cannoni devono venir disposti nelle file a 600 metri, mentre gli scaglioni dovranno distare 800 metri l'uno dall'altro. Quando la rete si limitasse a poche stazioni, queste non dovrebbero distare vicendevolmente, più di 500 metri. E necessario che in ogni gruppo di stazioni ce ne sia una incaricata di dare l'allarme. Si comincieranno gli spari quando le nubi sono prossime allo Zenit, ed il temporale sembra avvicinarsi con maggiore velocità. Si cominci con uno sparo al minuto, accelerando gradatamente, però mai se ne facciano più di tre al minuto. Si rallenti il fuoco quando comincia a cadere la pioggia, e si cessi quando questa va gradatamente diminuendo. Si continuino invece gli spari in ragione di uno, o due al minuto, quando continua piover forte, badando di riprendere il fuoco con maggior intensità, se minacciasse di formarsi un nuovo temporale. In fine, nell'impianto si tenga conto delle altitudini, in guisa d'impiegare nei luoghi più bassi, cannoni di maggiore portata. Riguardo ai sistemi, quelli a mortaio colla miccia, diedero buonissime prove ed a ragione vengono preferiti da molti. I diversi modelli a cartuccia, oltre otturare di frequente i cannoni, riescirono di spesso pericolosi. ( Continua). IL PASSERO PETTEGOLO E una comica macchietta del piccolo mondo politico provinciale. Questa macchietta è l'incarnazione del pettegolezzo. Se non fosse possidente e spremitore d'olio, costui avrebbe avuto la vocazione del barbiere, uso Figaro. Gira di quà, gira di là, e assorbe come una spugna tutte le panzane che sente giungergli all' orecchio. Gli amici, che ne conoscono il temperamento, ne approfittano, e gliene dànno a bere delle colossali. Sarebbe un peccato prenderlo sul serio e nessuno 1' ha mai preso, neppure il più permaloso. Ed ha l'uzzolo di essere sempre nemico di qualcuno per poter scrivere qualche cosa contro questo nemico. Più volte nemico dell' on. Campitelli e dell'on. Bartoli e dell'on. Rizzi e della Società politica e della Giunta e di Pola capitale, ha finito per ora con l'esser nemico nostro. Tanto meglio. E non si corregge; gli amici suoi d'ora, e nemici d'altre volte, gli hanno dato del ragazzo, dello sgrammaticato, perfino del monello tristanzuolo, e lui, dopo di aver preso con santa rassegnazione la gragnuola, ha steso la mano per la riconciliazione. L'uomo è fatto così. Non serve dunque tirargli le orecchie, ci ha il callo. Ha anche il difetto di essere un po'falso; ha per esempio detto ira di Dio contro il defunto podestà di Cittanova, e poi gli ha letto l'elogio funebre sulla fossa;; ma è un difetto che non guasta. Avrebbe poi un'ambizione : quella di diventare deputato chetale e per riuscirci sarebbe capace di scrivere un articolo spropositato anche contro sé stesso. E se gli slavi, per ischerzo, gli offrissero un collegio, egli sarebbe capace di predicare la conciliazione nazionale ad ogni costo. E se egli sopprimesse i favori che concede, e gli si negasse per questo ospitalità nell'organo magno della capitale, in cui ora si diletta a stillare il suo miele, egli sarebbe capace di scrivere magari sui muri. Segno fisico particolare : una macchia splendente sul diretro, che gli ha fruttato il nomignolo di tacca bianca. Segno morale particolare : fa sempre fiasco ; ma egli se ne trova bene, perchè mette i fiaschi in cantina o in torchio e li rivende pieni d'elio uso Lucca. * * * L'organetto sistema Ariston di Rovigno, bisogna convenire, ha la jettatura. Colla solita prosopopea e riconosciuta competenza parla delle cose dell'„Istria-Trieste," e, in prima pagina, in una mezza colonna di stampa, giustifica, e la convocazione del congresso staordinario a Parenzo, e la proposta rimozione dei consiglieri d'amministrazione eletti nell' ultimo congresso generale ordinario di Pola. Poi, in terza pagina, riporta 1' ordine del giorno di detto congresso straordinario avuto dalla direzione interinale di quella Società. E qui, vedi fatalità, il proto ha voluto giuocare un brutto tiro. Dopo aver riportato, punto 2 dell'ordine del giorno, i nomi degli otto signori già eletti, e che sarebbero da rimuoversi, su proposta di 42 azionisti, subito dopo i nomi diciamo, fa seguire la reclame ai ,,M.aialetti Jorckshyre bianchi" e poi continua imperterrito coll'ordine del giorno, e le considerazioni solite, di chiusa, per norma dei congressisti. Birba d'un proto, non bastava la proposta di rimozione, e i nomi e cognomi di que' otto galantuomini, ci voleva anche V avviso-reclame. E tutto ciò naturalmente onde „ concorrano anch' essi a far raggiungere quella intesa, che nelle attuali circostanze, più che desiderabile, è necessaria." E che negli azionisti, che domandarono il congresso straordinario ci sia la miglior volontà del desiderato, anzi necessario accordo, dà la maggior sicurtà 1' organetto, onde, fino a prova in contrario, crediamogli, e molto volontieri a lui che „ha di mira solamente il benessere della Società, ed ha la sicurezza che l'interesse della medesima verrà comunque tutelato." Non vi pare che quel comunque, date le attuali circostanze, valga un Perù! CORRISPONDENZE Pirano, aprile 1901. Interessi agricoli. Il flagello della fillossera, che per un momento aveva minacciato di gettare il nostro paese in una delle più gravi crisi economiche, che si potesse pensare, ha avuto, dobbiamo dirlo a nostra lode, anche il suo lato di bene. Ancora una volta quel proverbio, che dice : Non tutto il male viene per nuocere, ha avuta la sua splendida riconferma. Niuno infatti avrebbe imaginato che messo alla dura prova di cotanto immane disastro, il nostro agricoltore, sarebbe capace di cosi intelligenti energie, rimaste, si può dire, fino allora allo stato latente, da uscire, con gravi stenti e fatiche è vero, ma in un tempo relativamente breve, pienamente vittorioso dalla lotta, che minacciava fin dalle sue basi la sua stessa esistenza economica. Superato l'improvviso accasciamento dei primi istanti, troppo naturale del resto e troppo giustificato in presenza di un disastro che pareva rovina irreparabile, vinte la incertezza e la titubanza sulla via da prendere per mettere riparo a tanto malanno, un inaspettato risveglio di alacre attività si manifestò ben presto fra i nostri possidenti agricoli, un' attività che parve meravigliosa, come non meno meravigliosa è sembrata la immediata intenzione che la vite, la quale ci aveva procurate per lo passato tante risorse, la sola vite doveva anche per 1' avvenire costituire il cespite principale della ricchezza economica del nostro paese. Affacciatosi appena il quesito se la vite a ceppo americano presentasse — come da principio per la mancata esperienza si poteva dubitarne — le volute garanzie per non gettare al vento denari e fatiche, i nostri bravi agricoltori, e fra questi primi i più intelligenti, i più animosi, lasciarono da parte tutte le quisquilie accademiche, e tutte le divagazioni teoriche, per gettarsi corpo ed anima alla ricostituzione dei vigneti devastati dalla fillossera, con l'impianto di viti americane. E dietro ai più intelligenti, ai più animosi, tratti dall'esempio eloquente dei fatti, vennero i più, e poscia tutti senza distinzione, talché in capo appena ad un decennio, la ubertosa valle di Sicciole, che è tutta un vigneto, vide spariti tutti i vecchi ceppi del suo refosco, ed ora verdeggia da un capo all' altro di novelle frondi, che danno fin da ora sicura promessa di abbondante raccolto di scelte qualità d' uva, state finora una vera incognita per la nostra industria agricola. Anche in questo va data la debita lode ai nostri agricoltori; lungi dall'intestardirsi a riprodurre i loro vigneti a base di refosco, non fu difficile a persuaderli di attenersi nel reimpianto ad altre qualità d' uva, le quali danno un prodotto di vino più fino, più aggradevole, e commercialmente di più facile smercio. Anche il lavoro d'innesto, che in sulle prime trovava esecutori soltanto negli alunni dell'Istituto agrario provinciale, e in pochi altri singolarmente pratici della bisogna, divenne man mano un' operazione comune alla portata di tutti, in modo da venire in appresso eseguita da chiunque senza veruna difficoltà, eliminandosi così il bisogno di ricorrere all' opera dispendiosa di pochi specialisti, fatti venire dal di fuori, com' era accaduto appunto all' atto dei primi innesti. Avvenuta in così rapido volgere di tempo la piena ricostituzione dei nostri vigneti, è assicurata in un prossimo avvenire un'esuberante produzione di vino. Naturalmente comincia ora a farsi strada un'altra preoccupazione, a cui pur giova attribuire la voluta importanza, per non trovarsi un giorno impreparati nella concorrenza sui vicini mercati. Ammessa dunque questa esuberante produzione di vino, eccedente in larghissima misura i bisogni strettamente locali, come si farà a procurarne lo smercio fuori di qui, data la sempre più estesa produzione che annualmente gettano sul mercato anche le altre parti della Provincia? E se la nota clausola di favore col Regno d'Italia avesse ad essere ulteriormente conservata, come faranno i nostri prodotti a tener concorrenza ai vini italiani ? A queste preoccupazioni, non certo di lieve portata, devesi in prima linea opporre, che la coltura della vite, anche in mezzo a tante difficoltà, rimarrà ancora per molto tempo da noi la coltura agricola più rimuneratrice ; e bene lo intuirono i nostri stessi agricoltori, col risolversi subito, dopo il manife- ' starsi della fillossera, alla ricostituzione delle loro vigne anziché destinare le loro terre ad altro genere di coltura. A tenersi bene in arcione in codesta lotta di concorrenza con prodotti d'altri paesi, gioverà anzitutto la creazione di un tipo di vino costante, e gioverà altresì il non mostrarsi riluttanti ad accogliere i più razionali sistemi di confezione e conservazione del vino, al qual uopo si presterebbero indicatissime le cantine sociali o cooperative che siano, quali funzionano egregiamente in altre regioni di abbondante produzione vinifera, com' è la nostra. Anche da noi, come altrove si è praticato già da anni ed anni, e si pratica tuttora, ogni città, dove la coltura della vite è cespite principale di ricchezza economica, dovrebbe dar vita ad una di codeste cantine sociali, mercè le quali sarebbe agevole la conservazione ai nostri prodotti di un tipo unico e costante, tale cioè che assicuri ad essi lo smercio nelle vicine piazze di Trieste e Fiume, dove lo istriano già da luDga pezza ha acquisito diritto di cittadinanza. Ma non è questo argomento che possa essere trattato così per incidenza. Sarebbe anzi prezzo dell' opera, per la somma ingente di interessi che vi si connettono, che persona competente in materia, lo abbordasse più davvicino e ne tenesse ragionamento proprio ex professo, e sviscerandone i vari elementi lo mettesse in chiara evidenza in modo da recare in tutti la persuasione, che sarebbe questo un mezzo sicuro di provvedere efficacèmente ai nostri interessi agrari nel campo importantissimo della produzione vinifera. In ogni modo il mettersi per nuove vie, non prima tentate, se anche trova sempre e dappertutto un'agguerrita falange o di semplici diffidenti o di accaniti oppositori, è indizio di progresso, quando vi preceda una spassionata disamina di tutte le riferibili circostanze di fatto, e sia dessa accompagnata da uno studio sereno e pacato di ciò che si vuole conseguire e dei mezzi da adottarsi pel raggiungimento del propostosi fine. G. Capodistria, 28 aprile 1901. Corpo musicale Capodistriano. Siamo dispiacenti di dover rilevare il fatto che in seno a questa simpatica associazione, sorta sei anni circa or sono per esclusiva iniziativa e merito di onesti e bravi operai, si vanno da qualche tempo manifestando dei sintomi poco lieti di stanchezza che, qualora non avesse a venir presto curata, potrebbe facilmente degenerare in decadenza. Le cause di questo fenomeno non vanno ricercate nelle condizioni economiche della Società, che sono anzi floridissime, ma piuttosto nella difficoltà naturale nei paesi piccoli, di sostituire ai vecchi, elementi nuovi, onde la vitalità di una istituzione non abbia a scemare in progresso di tempo. Noi siamo però persuasi che con un po' di buona volontà da parte dei giovani si potrebbe riparare all' inconveniente. Non si scoraggino dunque i direttori della Società dinanzi a una breve crisi passeggera, ma perservino con fiducia nel loro compito sicuri, come siamo noi, che gli operai di Capodistria non vorranno lasciar languire una istituzione come il Corpo musicale, la quale, mentre contribuisce potentemente ad educare gli animi e ingentilire i cuori degli operai stessi, riesci sempre di vero lustro e decoro all' intiera città. Fra le cause a cui si attribuisce 1' allontanamento di molte forze giovani dal Corpo musicale si annovera il fatto che in città si costituirono recentemente parecchie altre società educative e di divertimento. Noi siamo lieti di poter annunciare fin d' ora che si sta già costituendo un Comitato, il quale si prefigge di condurre i singoli sodalizi ad una intesa, mercè la quale almeno alcune di tali Società verrebbero a fondersi, evitando cosi un inutile dispersione di forze. A tale patriottico Comitato i nostri migliori auguri di felice riescita. „Egida" gabinetto popolare di lettura. La Direzione di questo sodalizio, eletta nella seduta del 14 aprile, riuscì composta dei signori : Antonio Minuti presidente, Andrea Apollonio vice-presidente, Oliviero Ponis segretario e Francesco Stradi cassiere. Il giorno 23 corr. per solennizzare 1' apertura del „Gabinetto di lettura" fu tenuto un congresso generale. In una delle spaziose stanze del palazzo Del Tacco, convennero perciò quella sera numerosi i soci, ed il presidente, dopo aver dichiarato aperta 1' adunanza e salutati i presenti, passa ad enumerare i vantaggi, che può ritrarre 1' operaio dalla lettura dei giornali, mentre invece l'ignoranza fà di lui uno strumento fra le mani di coloro che lo adoperano per il proprio interesse, „è di lui, dice l'oratore, come del bue, che rompe il suolo e muove il solco a profitto del padrone che lo spinge e lo guida." Fa quindi voti che il „Gabinetto di lettura" s'abbia presto una biblioteca e che i libri sieno buoni e corrispondenti alle esigenze di coloro che ne devono usare. „E le conferenze, continua egli, serviranno a far ridestare nel cuor nostro i sentimenti di fede intemerata e ferma, di politica prudente e sana, di morale onesta ed operosa, e formeranno di noi sempre più buoni cittadini, utili a noi stessi ed alla società, capaci del sentimento della nostra dignità e della libertà." Chiude quindi dicendo, che „è solo in tal modo che la classe operaia può emanciparsi e progredire ; conviene però istruirsi, poiché nel sapere stà il potere ; si gettino adunque da parte le piccole discordie e, tutti uniti e concordi, teniamo sempre alto e puro il sentimento nostro nazionale, da tante parti minacciato, mostrandoci, quali effettivamente siamo, non degeneri dai padri nostri." Un applauso prolungato, generale, salutò le parole del presidente, dimostrando di tal modo quanto fossero con lui d' accordo i presenti. Il segretario lesse poi i verbali delle due antecedenti sedute e riferì anche sulla concessione gratuita del locale da parte del patrio Municipio, al quale, sopra proposta del socio Pietro Riosa, fu votato un cordiale atto di ringraziamento. Al terzo punto del! ordine del giorno, il socio Nicolò G-ambini porta il saluto della gioventù studiosa e dell' Era nuova, dopodiché 1' a-dunanza viene dal presidente dichiarata chiusa. Ora il ^Gabinetto" viene ogni giorno frequentato da numerosi soci, e speriamo che prospererà sempre più mercè la cooperazione di tutti i buoni. Pola. aprile 1901. Continua su vasta scala il camuffamento democratico della cricca liberale-nazionale-clerico-nobiliare. I capoccia più noti dell'intransigenza sociale decantano a gola spiegata i vantaggi che sarà per arrecare la democrazia da loro inventata, e lo stesso onorevole, nonché aristocraticissimo, loro mecenate, è divenuto di punto in bianco un democratico della più bell'acqua.... di Cologna. Manco a dire che la commedia, recitata a dovere, non difetta di illusi e di credenzoni che applaudono, ma la maggior parte dei cittadini polensi va sorridendo sotto i baffi e tira dritto, sia aggregandosi al partito socialista, sia approvando altamente l'opera vostra rigeneratrice. Di fatti lo scherzetto tentato da quei messeri è in verità un po' antiquato ; diamine, le maschere sono scomparse da un pezzo dalla scena comica (informi Mascagni), figuriamoci poi dalla politica ! Pure essi non si scoraggiano ancora e tengono congressi e cantano inni e dicono panzane con una faccia franca da destare ammirazione assoluta. Non vi pare che una resistenza così lunga ad un atteggiamento contrario al naturale non possa essere che il frutto di una lunga abitudine ? * * * Il vostro giornale ha tolto il sonno a parecchie persone di qui ; io per esempio ne conosco una che, non sapendo in che modo prevenire l'itterizia che la minacciava per aver letto VEra Nuova, ricorse M'ultima ratio del matrimonio. Alla coppia avventuratissima le mie più sentite congratulazioni. Lui. Luigi Damiani, direttore. Nicolò Derin, editore e redattore responsabile. Tip. Società dei Tipografi. — Trieste. Orario dei piroscafi. Per Capodistria 7.B0 ant., 11 ant., 12.05 mer. (postale), 2.15 pom., 6 30 pom. Da Capodistria 6.— ant., 7.— ant., 9 ant. (postale), 1.— pom., 4 pom. (postale). — Giorni festivi per Capodistria 7.50 ant., 11 ant., 12.05 mer. (postale), 6.30 pom. Da Capodistria 6.— ant., 7.— ant., 9 ant. (postale), 5 pom. (postai