LE RADICI DELLA SEMIOLOGIA GREGORIANA ROBERT BERNAGIEWICZ Katolicki Uniwersytet Lubelski / Università Cattolica di Lublin Izvleček: Za očeta semiologije gregorijanskega korala danes na splošno pojmujemo Eugena Cardina. Njegov nauk le redko povezujemo neposredno z liturgičnimi in glasbenimi reformami, ki so jih izvajali benediktinci v Solesmesu na prelomu z 19. v 20. stoletje. Razprava opozarja na pomembno dediščino, ki jo je Cardine prejel od svojih predhodnikov: doma Josepha Pothierja in doma Andreja Mocquereauja. Ključne besede: gregorijanski koral, prozodični (svobodni) ritem, zgodovina gregorijanskega korala Abstract: It is generally accepted that Dom Eugène Cardine is the father of Gregorian semiology. However, his teaching is rarely associated directly with the liturgical and musical reforms that had been enacted at the Benedictine monastery in Solesmes at the turn of the twentieth century. This article outlines the important heritage that Dom Cardine inherited from his predecessors Dom Joseph Pothier and Dom André Mocquereau. Keywords: Gregorian chant, prosodic rhythm (ritmo libera), chant history La semiología gregoriana é una disciplina scientifica, che risale alla metà del XX secolo, ai tempi del suo fondatore Benedettino dom Eugène Cardine, che nel 1952 era chiamato come professore di canto gregoriano presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra a Roma. La semiologia gregoriana é un contemporaneo strumento d'interpretazione del canto gregoriano. Lo suo scopo é principalmente pratico: meglio comprendere e meglio eseguire il canto della Chiesa. Il punto di partenza é uno studio comparativo dei brani notati effettuato sulla base dei più vecchi e più affidabili manoscritti. Lo studio ci permette di avvicinarsi alla forma originale del canto di Chiesa occidentale. Attraverso la formulazione la forma originale del canto di Chiesa occidentale si comprende il canto romano-franco del secolo X e XI abitualmente chiamato canto gregoriano. Vale a dire che solo il canto romano-franco è conservato nei numerosi manoscritti fino ai nostri tempi e questa circostanza ci permette di condurre la ricerca comparativa e arrivare alle conclusioni di valore scientifico. I libri liturgici di altri dialetti non sono conservati (ad esempio i libri del rito gallicano) o appartengono al periodo tardivo (ad esempio i libri del rito veteroromano o ambrosiano), e questo non permette di esaminare le composizioni nella loro forma arcaica. La semiología gregoriana non penetra allo stesso modo tutti gli elementi della com-posizione gregoriana, anche se si guarda ad essa in modo possibilmente integrale. Fra i vari aspetti, la semiologia si occupa della melodia. Qui si tratta della restituzione melodica e del lavoro su una nuova edizione dei vari libri liturgici, prima di tutto dell'antifonario e del graduale romano.1 Tuttavia non la melodia restituita secondo le fonti più affidabili, ma il ritmo restituito è la più grande conquista della semiologia. Perché il problema del ritmo determina l'esecuzione del canto, il suo comprendere, il fraseggio, l'espressione etc. Oggi si considera dom Eugène Cardine come il fondatore della semiologia gregoriana e questo é giusto, perché da lui ha iniziato lo studio sistematico e l'interpretazione dei segni delle notazioni neumatiche: sangallese, laona e bretone, cosiddette notazioni ritmiche. Dallo stesso studio la semiologia ha preso il suo nome: semeion (il segno) + logos (il significato) = la scienza dei significati dei segni. Comunque, dom Eugène Cardine non è stato il primo che ha richiamato l'attenzione su problema del ritmo del canto gregoriano. Dalla metà del XIX secolo numerosi monaci di Solesmes (anche i loro amici spirituali non Benedettini) si occupavano di esso e hanno gettato le basi per la futura ricerca semiologica. In questo articolo si fa un richiamo del contributo di due di loro: dom Joseph Pothier (1835-1923, a Solesmes da 1859 a 1893) e dom André Mocquereau (1849-1930, appare a Solesmes accanto di Pothier nell'anno 1879). A Solesmes, dom Joseph Pothier era "la mano destra" - per quanto riguarda la riforma liturgica-musicale - di dom Prosper Gueranger che fu abate del monastero dal 1836. In poco tempo dom Pothier divenne l'autorità indiscussa in materia di restauro del canto gregoriano. Poi, è stato un pioniere di ricerca basata sulle fonti. E' stato lui, che ha fatto la prima edizione - dopo 300 anni, nell'anno 1883 - del graduale romano sulla base degli antichi manoscritti.2 Essa ha mostrato al mondo intero - almeno dal punto di vista melodico - il vero volto del canto gregoriano, anche se non ancora perfetto.3 E' stato lui che ha fondato la collana editrice, nella quale si pubblicavano i più preziosi manoscritti: Paléographie musicale. Dom Pothier portava avanti i lavori sul rinnovamento della melica gregoriana insieme con lo studio teorico del ritmo. E' stato lui che ha scoperto il fondamento di questo ritmo, vale a dire - la parola del testo liturgico. Il suo "credo" - sia scientifico che estetico - è compreso nel suo libro Les Mélodies grégoriennes d'après la tradition.4 Ritmo libero di dom Pothier Per comprendere bene il valore del contributo di dom Pothier nella teoria del ritmo libero, bisogna cominciare dal suo fondamento - la parola. Tutto il capitolo VIII intitolato "De 1 Negli ultimi anni è apparso Graduale Novum, poi, i cinque volumi del gradúale di dom Alberto Turco (Liber Gradualis, edizione ad usum privatum). 2 Liber Gradualis a S. Gregorio Magno. 3 Rainoldi, "Graduale Romanum," 20. 4 Pothier, Mélodies grégoriennes. la prononciation latine" ("Della pronuncia latina"), l'autore l'ha dedicato a mostrare il principio fondamentale del canto corretto, cioè la pronuncia giusta del latino.5 L'argomentazione di Pothier è basata sugli autori dell'antichità e del Medioevo, che scrivevano i trattati nel campo della grammatica, della retorica e della música, ma anche sugli autori dell'ambiente ecclesiastico. Generalmente, tutti gli autori dell'antichità e del Medioevo sottolineano la necessità del rispetto per il testo: bisogna leggere in modo che le parole pronunciate siano chiare; e che il timbro della voce corrisponda al significato della parola. Dom Pothier si riferisce alle parole di Papa Benedetto XIV: "Curandum est, ut verba quae cantantur plane perfecteque intelligantur" ("Bisogna fare attenzione che le parole cantate vengano distinte in modo chiaro e perfetto").6 Altrimenti la parola perde il suo ruolo liturgico.7 Per arrivare a questo "ideale" servono le regole di pronuncia corretta che venivano formulate dai grammatici. 1. Prima regola fra loro è una buona pronuncia di tutte le consonanti e vocali, la quale non è affatto evidente nei paesi romanici.8 Ogni vocale deve ricevere un suono proprio per se stessa (timbro e valore adeguati), e ogni consonante deve ricevere una articolazione giusta, che la distingue dalle altre (timbro e valore adeguati). 2. La seconda regola della pronuncia giusta del latino è il rispetto dell'accento della parola. E' proprio l'accento che costituisce la parola, dà ad essa una forma definita e la rende viva. L'accento organizza la parola. Grazie a lui le sillabe congiunte insieme diventano l'unità indivisibile. La regola dell'accento è la regina di tutte le altre regole. Senza rispettare la regola dell'accento, la sola buona pronuncia non è sufficiente. Senza l'accento le sillabe non formano una parola, ma sono solamente giustapposte una dopo l'altra; allora si tratta di sillabare e non di parlare. 3. La terza regola è il giusto collegamento delle sillabe nella parola. Nell'accentuazione classica, la parola viene creata da un impulso, che nasce con la prima sillaba, arriva al suo culmine nella sillaba principale e si scioglie con l'ultima. La voce sembra salire fino alla sillaba accentata, poi cade. La stessa sillaba accentata è riconosciuta come più alta e forte, mentre le altre come più basse e meno forti. E siccome il primo effetto sonoro della accentuazione è l'alzare del tono della sillaba principale, si parla spesso dell'accento "tonico" o della sillaba "tonica." I padri antichi la chiamavano anche la syllaba acuta.9 La seconda parte della teoria del ritmo libero considera i due contesti di occorrenza della parola: prosa e poesia. Il contesto 1o - prosa Cicerone nel suo trattato De oratore ha osservato che quando si parla le sillabe sono raggruppate in modo da formare una parola, le parole - da formare un inciso - gli incisi 5 Ibid., 131-154. 6 Le parole di Papa Benedetto XIV saranno citate nel Gradúale Romanum, 1961, XIV. 7 Pothier, Mélodies grégoriennes, 131. 8 Pothier richiama l'attenzione che gli Italiani e i Francesi non hanno conservato una classica pronuncia latina e fanno in essa molti errori. 9 Pothier, Mélodies grégoriennes, 132-135. una frase.10 Il raggrupamento esige certe divisioni che sono neccesarie sia per l'udito che per la comprensione del testo. Senza queste divisioni l'ascolto dell' oratore sarebbe insopportabile. La bellezza di queste divisioni, che delizia l'orecchio, ha la sua origine nelle proporzioni. L'orecchio a causa della sua natura ha bisogno delle proporzioni e non permette che, nella successione dei suoni, siano un disastro e casualità. Proprio come nel linguaggio, anche nel canto le divisioni devono essere proporzionate. Tuttavia, qui non si tratta della proporzionalità misurata.11 Il contesto 2o - poesia La proporzionalità nella poesia è di altro genere dalla prosa. Nella poesia, le divisioni sono determinate da regole fisse - le proporzioni fisse, che regolano gli elementi principali della struttura poetica: piedi e metri.12 Dunque, la proporzione, sia in prosa che in poesia, è un fattore che costituisce il ritmo. Quindi ci sono due tipi di proporzione, e di conseguenza due tipi di ritmo: 1. La proporzione fissa, che gli oratori chiamano mensura, si trova nel verso della poesia; essa è la base del ritmo mensurale. 2. La proporzione libera, che l'istinto naturale dell'orecchio ci fa sentire e che gli oratori chiamano numerus, si trova nel discorso; essa è la base del ritmo libero.13 Numerus non è una proporzione inventata dai teorici di estetica, ma profondamente radicata nella natura. Noi la imitiamo appena. Cicerone richiama l'attenzione su questo problema, quando dice: "ut numerus non quaesitus sed ipse secutus esse videatur" ("affin-ché numerus non sembri inventato, ma seguito").14 Numerus è quindi una cosa del tutto naturale, una cosa che si segue, ció che si imita. Il fatto, che nel discorso c'è il numerus, si puó facilmente scoprire. Basta avere, come diceva Cicerone, l'orecchio e giudicare: "Esse ergo in oratione numerum quemdam non est difficile cognoscere. Iudicat enim sensus [.. .]."15 ("Non è difficile sentire che nell'discorso si trova un certo numero. Ne testimonia l'orecchio [...].") Numerus non è determinato da alcune norme fisse, ma dal senso interno, il cui órgano è l'orecchio. Esso conosce la misura naturale dei suoni, esso indica cosa è troppo lungo, e cosa troppo breve. "Ipse enim aures vel animus aurium nuncio naturalem quemdam in se continent omnium mensionem" ("Io credo che le orecchie o capacità di ascoltare contengono una certa misura del tutto").16 Simili osservazioni ci dà Aristide Quintiliano. Dom Pothier rapporta: "Nel discorso (oratio) ben fatto c'è il numerus, c'è una misura; ma questo numerus o questa misura non arriva a dita autofilettanti"17 ("oratio non descendet ad strepitum digitorum"18). Quindi nel ritmo libero c'è un certo genere di proporzione. La stessa proporzione 10 Si tratta delle lingue prosodiche, le quali sono govemate dal'accento. 11 Pothier, Mélodies grégoriennes, 216. 12 Le proporzioni possono essere descritte in rapporti quantitativi. 13 Pothier, Mélodies grégoriennes, 216. 14 Cicero, Orator, cap. LXV, 219. 15 Cicero, Orator, cap. LV, 183. 16 Cicero, Orator, cap. LIII, 177. 17 Pothier, Mélodies grégoriennes, 228. 18 Quintilianus, Institutionis oratoriae, 420. e lo stesso ritmo libero si trova di conseguenza nel canto gregoriano. Ovviamente non e l'unico ritmo, che governa il gregoriano, ma sicuramente il principale.19 Dom Pothier ricorda le testimonianze dei teorici medioevali, da cui e chiaro che a cavallo dei secoli X e XI il canto gregoriano si eseguiva ancora nel ritmo libero. Il primo testimone e il famoso trattato Micrologus di Guido d'Arezzo. All'inizio l'autore descrive le divisioni della frase parlata, e di conseguenza della frase cantata. Guido richiama l'attenzione che, quando si fa un paragone delle frasi (distinctiones) o dei neumi, si puo osservare fra loro una diversitá degli elementi che non esclude una certa regolaritá, cosi che possiamo parlare della somiglianza (similitudo) di essi, ma non della loro identitá (come nel ritmo mensurale della poesia). Qual' e l'essenziale di questa somiglianza? Guido spiega che, in primo luogo, e un numero di suoni e un'adeguata lunghezza delle pause.20 Pothier dá un esempio di Pater noster in cui si puo facilmente vedere le proporzioni dei valori dei suoni (le cifre sotto) e di lunghezze delle pause (le cifre sopra):21 Pater noster qui es in cce-lís: sancti-fl-ce-tur nomen tu-um, 1 2 I 3 5 4 ' 6 S ! 5 advé-ni- at regnum tu-um : fl- at vo-Iúntas tu- a ■ ■ m ■ «_■ ■_■_m « « ■ a_la 4 -2 1 -3 2 .3 i 3 4 ! S ï ; 6 slcut in cœlo et in terra. I 2 Giá vent'anni prima di dom Pothier, scriveva su questo fenomeno Augustin Gontier. Anche lui ha invocato Cicerone e il suo "giudizio di orecchio": "Auriumque item est admirabile quoddam [...] iudicium, quo iudicatur et in vocis et in [...] cantibus varietas sonorum, intervalla, distinctio, et vocis genera permulta" ("C'e una meravigliosa capacitá di giudizio delle orecchie, che sa discernere - nelle voci e nei canti - la diversitá dei suoni, le pause, le divisioni e tanti generi della voce").22 Ogni parola o formulazione melodica nel ritmo libero e come il piede metrico costi-tuito dai tempi di valore indeterminato (incerti valoris). Inoltre, ogni membro della frase e separato dall'elemento seguente con una pausa di valore indeterminato; poi, ogni frase e separata dalla frase successiva con una pausa corrispondentemente piu lunga. Tutti questi tempi e le pause di valore indeterminato sono, tuttavia, proporzionali, e sono misurati con l'aiuto del "giudizio di orecchio interno."23 19 C'è ancora il ritmo mensúrale, ad esempio negli inni, ma la maggior parte del repertorio gregoriano è governato dal ritmo libero. 20 Guido, Micrologus, cap. XV, 165: "semper tamen aut in numero vocum aut in ratione tenorum neumae alterutrum conferantur, atque respondeant." 21 Pothier, Mélodies grégoriennes, 220. 22 Cicero, De natura deorum, vol. 2, cap. LVIII, 146. 23 Gontier, Metodo ragionato di canto piano, 38. Pothier sostiene che, se il numero di suoni nei corrispondenti incisi o membri della frase e simile, si puo parlare di composizione "metrica per analogia." A conferma di questa tesi cita le parole del XV capitolo del Micrologus: "Metricos autem cantus dico, quia saepe ita canimus, ut quasi versus pedibus scandere videamur" ("I canti io definisco metrici, perché spesso cantiamo in modo da dare l'impressione di scandere secondo i piedi metrici").24 I membri o le frasi - elementi della divisione del canto - non sono comunque i versi metrici nel senso della poesia metrica, ma solo assomigliano loro (quasi versus). Non li scandiamo, anche se sembra che lo facciamo (scandere videamur). Pothier ha presentato qualche esempio delle antifone, che, a causa della simmetria del testo possono illustrare la composizione descritta da Guido come "metrica per analogia." Ecco una di loro:25 Il primo e il terzo membro dell'antifona Notum fecit sono simili. La somiglianza e ulteriormente rafforzata per causa della stessa figura melodica. Tuttavia, i membri non sono gli stessi: il primo e di 7 sillabe, e il terzo di 6. Poi, la proporzionalitá interna del membro primo e secondo dá l'impressione che il ritmo sia governato dal piede giambico (u -). La proporzionalitá e visibile anche nelle pause. La pausa dopo il primo e il terzo membro e piccola, mentre dopo la frase "Notum fecit Dominus alleluia" e corrisponden-temente piu lunga. Pothier cita anche la testimonianza di Aribo, l'autore del trattato De musica, com-mento sul guidoniano Micrologus. Aribo sostiene che gli antichi attribuivano grande importanza al principio di proporzionalitá - sia i cantori come i compositori: "ut quilibet proportionaliter et invenirent et canerent."26 Secondo Aribo la proporzione nel canto e la stessa cosa che la figura retorica, chiamata "compar," nel discorso. Questa figura si basa sul fatto che gli analoghi membri della frase hanno approssimativamente lo stesso numero di sillabe (come nella sopracitata antifona Notum fecit Dominus).21 Aribo - ricor-dando Cicerone - spiega che nel canto proporzionale non si tratta del calcolo di sillabe, il che sarebbe puerile ("hoc non dinumeratione nostra fiet, nam puerile est"). La pratica stessa porterá il musico a mantenere le proporzioni. Secondo Aribo, un esempio di canto proporzionale e l'antifona Non vos relinquam, che lui divide in tre membri proporzionali (8+8+1 sillabe):28 Non vos relinquam orphanos [alleluia], (8) vado et venio ad vos [alleluia] (8) et gaudebit cor vestrum [alleluia]. (1) 24 Guido, Micrologus, cap. XV, 171. 25 Pothier, Mélodies grégoriennes, 224. 26 Aribo, De musica, 49. 27 "Proportio [...] similis est rhetorico colori qui compar dicitur, qui constat fere ex pari numéro syllabarum." Aribo, De musica, 50. 28 Pothier, Mélodies grégoriennes, 225-226. In sintesi, l'essenziale per i fattori di quantitá dei suoni e di lunghezza delle pause nel ritmo libero e il numerus e non la mensura. Il numerus ci mostra la proporzionalitá e la ragionevolezza di un brano ben composto in ogni aspetto: 1. Il numerus e una regola determinante nel canto sillabico, che si manifesta attraverso la proporzionalitá degli incisi e dei membri, nonché attraverso la lunghezza della pausa, appropriata alla posizione sintattica. Gli incisi e i membri non hanno una dimensione determinata, le sillabe non sono disposte in piedi metrici, tuttavia, si percepisce in loro un certo ordine e armonia. 2. Il numerus e una regola determinante anche nel canto neumatico o melismatico. In un neuma multielementare i suoni hanno i valori indeterminati (voces incerti valoris). Tuttavia, c'e tra loro una proporzione armoniosa, c'e il numerus. A parte di un fattore di quantitá dei suoni (nell' inciso o nel neuma) e a parte di un fattore di lunghezza della pausa, il ritmo e determinato anche dal fattore melico, al quale appartengono vari elementi: la direzione del movimento melico (ascendente, discendente), la grandezza degli intervalli, l'equilibrio del disegno melico etc. Il ritmo della compo-sizione si puo meglio esprimere attraverso un appropriato collegamento degli intervalli nelle formule melodiche, poi, attraverso una adeguata formulazione dell'inizio o della cadenza, e anche attraverso il modo di legare gli incisi consecutivi o frasi consecutive. Per il fattore melico la regola determinante e - come per i fattori precedenti - il numerus. Nel disegno melico di un brano ben composto deve esserci l'ordine e l'armonia. Nell'esempio, Pothier presenta i disegni melici dei semplici toni salmodici. Ecco le formule delle cadenze mediane e finali dei tre primi toni:29 In tutti i tre, la formulazione della cadenza finale e quasi l'immagine speculare della cadenza mediana. Secondo Pothier, il numerus, nel formare il disegno melico della frase di un brano gregoriano, riguarda prima di tutto l'inizio e la cadenza, ma soprattutto quest'ultima. Il resto del brano e formato piu liberamente. Ritmo libero di dom Mocquereau Un diretto erede del pensiero di dom Pothier era il suo allievo, Benedettino dom André Mocquereau. Contrariamente alla credenza popolare, il principale pensiero di Mocquereau non si discostava dal pensiero del suo master. Anzi: le ipotesi di Pothier hanno ricevuto, nella concezione di Mocquereau, una approfondita argomentazione (in particolare l'ar-gomentazione che si riferisce al'antico) e un'analisi più detagliata. Mocquereau spesso viene confrontato con Pothier e spesso si esagera il conflitto ideologico fra i due famosi maestri. Il loro conflitto è divenuto chiaro nell'approccio alle 29 Pothier, Mélodies grégoriennes, 227. fonti e, più tardi, nel tempo dei lavori della comissione vaticana sulla redazione di Editio Vaticana (1904-1905). Mocquereau era un sostenitore della ricerca delle più antiche fonti e ha optato per una autentica, possibilmente più antica, versione del canto, mentre Pothier preferiva traditio vivente - la tradizione viva, e prendeva in considerazione la possibi-lità d'introduzione di cambiamenti che sono apparsi nel repertorio nel tardo Medioevo, testimoniati dai manoscritti tardivi, del XIV e XV secolo. Invece per quanto ai principi d'interpretazione del canto gregoriano, Pothier e Mocquereau erano concordi. Mocquereau ha presentato il suo concetto del ritmo in un lavoro monumentale intito-lato Le Nombre musical grégorien ou rythmique grégorienne, del quale il primo volume apparso nell'anno 1908,30 invece il secondo nell'anno 1927.31 Da dove viene e cosa vuol dire questo intervallo di 19 anni fra i due volumi? Il secondo non è uno semplice completamente del lavoro iniziato. È piuttosto il risultato di una riflessione approfondita sul contenuto presente nel primo volume. Il periodo tra l'uscita del primo e secondo volume di Le Nombre musical grégorien - questi 19 anni - era il tempo della verifica dei presupposti teorici e pratiche soluzioni interpretative di Mocquereau nella quotidiana prassi liturgica dei Benedettini. Alcune idee pratiche si sono rivelate un vero disastro e, col tempo, erano discretamente ritirate prima dal canto della congregazione liturgica, poi dai libri liturgici (quest'ultimo relativamente tardi; i segni chiamati ritmici sono rimasti nelle edizioni ufficiali fino agli'anni 80-90 del XX secolo). Tuttavia, la concezione teoricha del ritmo ha resistito alla prova del tempo ed è divenuta la base per la futura semiologia gregoriana. L'affermazione sembra sorprendente, ma l'argomentazione che segue la confermerà. Ci sono due argomenti principali, gia accennati e parzialmente discussi nel pensiero di dom Pothier, che sono stati sviluppati da Mocquereau in modo dettagliato: la questione dell'accento di parola e il problema del ritmo libero. Nell'argomentazione dom Mocquereau si riferisce spesso agli autori antichi. 1. L'accento di parola Il ritmo nell'antichità era strettamente collegato con i principi della buona pronuncia. Nell'epoca classica, il ritmo era governato dal principio di lunghezza della sillaba.32 La variata lunghezza delle sillabe era una forza creativa del ritmo. Riguardo a questo periodo si parla spesso del "ritmo di quantità." Nel periodo del latino ecclesiastico, invece, pre-valeva un accento tonico, legato con la modulazione della voce: un tempo (una sillaba) forte - un tempo (una sillaba) debole. Il ritmo governato dall'accento tonico è chiamato oggi il "ritmo di qualità." Affinché l'idea sia chiara, diamo un esempio citato da dom Mocquereau.33 Per il poeta classico e l'oratore dal periodo di Cicerone le quattro seguenti parole formano quattro diversi piedi metrici: 30 Mocquereau, Nombre musical grégorien, vol. 1. 31 Mocquereau, Nombre musical grégorien, vol. 2. 32 La lunghezza era o convenzionale o naturale. Sermo urbanus era regolato dalla lunghezza convenzionale; sermo plebeius - dalla lunghezza naturale della sillaba. Mocquereau, Nombre musical grégorien, vol. 2, 51. 33 Ibid., 48-49. -^ U errant fundunt piede pirrichio 2 tempi (morae) piede trochèo 3 tempi piede giambo 3 tempi piede spondee 4 tempi Per il poeta o l'oratore che usa il latino ecclesiastico, le stesse quattro parole hanno lo stesso ritmo: in tutte e quattro l'accento cade sulla penúltima sillaba; poi, i valori delle sillabe sono relativamente pari: cása circa 2 tempi (morae) árma circa 2 tempi érant circa 2 tempi fúndunt circa 2 tempi u u In tutti i casi, si tratta di un spondeo tonico, costituito da una sillaba forte e una debole. Quindi, nel latino ecclesiastico si tratta dell'accento tonico e della relativa paritá (e non di uguaglianza!) di tempi. Questo latino e la base per il canto gregoriano. Mocquereau sottolinea che "su questo latino, e non su un altro, basa i suoi lavori e le sue teorie".34 Dopo averlo constatato, Mocquereau definisce una regola principale del ritmo, ben conosciuta da manuali del canto gregoriano (Mocquereau scrive che la regola e ben nota, anche se non conosce la sua fonte originale): "Cantabis syllabas sicut pronuntiaveris" ("Canterai sillabe come le pronunci").35 Non abbiamo bisogno del commento di questa regola. Basta ricordarci un ben noto esempio di dom Cardine, che illustra la questione del valore dei suoni nel canto gregoriano. Nel primo capitolo della Semiologia gregoriana l'autore mette insieme tre formulazioni cinque -sillabiche:36 veni Domine non confundentur filii tui In ogni caso, per la buona pronuncia dello stesso numero di sillabe ci vuole un tempo différente. Nel primo caso - il tempo "normale," nel secondo - più lungo, nel terzo - più breve. Allora "cantabis syllabas sicut pronuntiaveris." Si vede assai chiaramente la base della semiologia gregoriana di dom Cardine. 34 Ibid., 52. 35 Ibid., 53. 36 Cardine, Semiologia gregoriana, 14. 2. Il ritmo libero Quando si pensa ai tempi di Cicerone, la prima associazione che viene in mente è una recitazione ritmica della poesia. Questa associazione è giusta, ma esprime solo una parte di verità. Il ritmo libero non era sconosciuto nell'antichità, in epoca classica, non era sconosciuto neppure in periodi successivi. Il ritmo gregoriano o il "numero gregoriano musicale" (nombre musical grégorien) appartiene al "ritmo libero" ed è uno delle sue forme principali. I compositori gregoriani non dovevano inventare nulla, prendevano da quello che era a disposizione. Per questo motivo Mocquereau, con particolare accuratezza, analizza i diversi tipi del ritmo libero a partire dall'antichità fino al periodo ecclesiastico, alla ricerca delle radici del vero ritmo gregoriano.37 Oggi, quando si parla del ritmo libero, lo si oppone spesso al ritmo della poesia, al ritmo mensurale. In questo modo, nolens volens si fa la divisione nel ritmo della poesia (mensurale) e nel ritmo della prosa (libero), che è una grande semplificazione, ma non è vero. In realtà, il ritmo libero era presente sia in prosa che in poesia. In origine, nel periodo classico, la poesia effettivamente utilizzava il ritmo mensu-rale.38 Il migliore esempio puó essere l'esametro, il più antico metro classico, composto di sei piedi: cinque dàttili e uno spondèo. — u u — u u — u u — u u — u u — u Tutti i piedi di esametro (eccetto l'ultimo) sono uguali, tutti i versi sono della stessa struttura. Con il tempo, molto lentamente, a modelli ritmici rigorosi e regolari cominció a entrare la libertà. I cambiamenti sono andati in due destinazioni: 1) diversità dei piedi all'interno del verso (o del metro) - i diversi piedi si legavano in un unico verso, 2) variabilità di lunghezza dei versi. Cosi, l'evoluzione ha portato alla modifica del ritmo poetico mensurale e alla nascita del ritmo poetico libero. Poi, il ritmo della prosa, per sua natura, libero, nel tempo ha assorbito alcuni elementi del ritmo poetico. Come risultato dei cambiamenti evolutivi nel periodo del latino ecclesiastico sono nati diversi tipi del ritmo libero. Mocquereau ne enumera quattro: 1. Ritmo libero della poesia (greca e latina) 2. Ritmo libero della prosa - metrico (mensurale) 3. Ritmo libero della prosa - tonico 4. Ritmo libero della prosa - misto Ognuno di questi tipi di ritmo ha qualcosa che troviamo nel ritmo gregoriano, ma nessuno di loro si identifica con lui. Essi devono pertanto essere considerati come "parziali protoplasti" del ritmo gregoriano. E cosi: 1. Il ritmo libero della poesia è caratterizzato dalla diversità e variabilità dei piedi, i quali in se stessi sono strettamente proporzionali. Una simile diversità e variabilità dom Mocquereau la vede nelle figure neumatiche. Tuttavia, queste figure non sono proporzionali in un modo misurabile; quindi, l'analogia è parziale. 2. Il ritmo libero della prosa "metrico" si avvicina alla poesia metrica utilizzando - nelle terminazioni di frasi - certe formule assomiglianti ai piedi metrici. Solo queste 37 Mocquereau, Nombre musical grégorien, vol. 2, 36. 38 Ibid., 6. terminazioni sono metriche; tutto il resto non è diverso dalla prosa "naturale." Questo tipo di ritmo è simile al ritmo gregoriano solo in quello che riguarda le cadenze delle frasi, mentre il ritmo gregoriano si sente non solo nelle terminazioni delle frasi, ma nelle frasi intere. 3. Il ritmo libero della prosa "tonico" è un risultato dell'evoluzione di accento quan-titativo (nel periodo classico l'accento si esprime nella lunghezza della vocale) verso l'accento tonico (si esprime nell'alzare del tono). E proprio questo tipo del ritmo ha formato le cadenze gregoriane: cursusplanus, tardus, velox. Tuttavia, questo tipo del ritmo, molto legato al latino ecclesiastico, si sente principalmente nelle composizioni sillabiche, nelle orazioni, nei toni salmodici e nei toni delle letture. Ecco le cadenze con gli esempi: Cursus planus: égo sperávi (cinque sillabe) Cursus tardus: láudat exércitus (sei sillabe) Cursus velox: glóriam perducámur (sette sillabe) 4. Il ritmo libero della prosa "misto" contiene gli elementi dei due ritmi precedenti: metrico e tonico.39 Quale è dunque il vero ritmo gregoriano? È il ritmo musicale per eccellenza. Anche se contiene gli elementi dei ritmi sopra enumerati, esso non puó essere ridotto a quelli. Tuttavia, le somiglianze sono cosi grandi che possiamo dire, senza errore, che il ritmo gregoriano affonda le sue radici nell'antichità e nel Medioevo. Una importante nota terminologica: Mocquereau, parlando delle somiglianze tra i diversi tipi dei ritmi della poesia e della prosa, utilizza alcuni termini tecnici che si asso-ciano - data la nostra divisione semplicistica nel ritmo libero di prosa e il ritmo metrico di poesia - con quest' ultimo. E questa semplificazione ha fatto si che dom Mocquereau venisse mal interpretato dai molti gregorianisti. Per esempio, quando Mocquereau parla di "piedi," utilizza questa parola con la consapevolezza delle differenze essenziali tra diversi ritmi e il ritmo gregoriano, perció la utilizza in modo analogo piuttosto che assoluto. Dopo aver esaminato molto brevemente il pensiero di dom Pothier e di dom Mocquereau, si arriva alle seguenti conclusioni: 1. L'insegnamento dei due Benedettini è assolutamente unanime per quanto riguarda il ritmo del canto gregoriano. 2. Mocquereau e Pothier chiedono il rispetto dei principi della grammatica e della retorica del latino come una conditio sine qua non del corretto ritmo gregoriano. Ció è particolarmente importante per l'interpretazione di composizioni liturgiche nel genere sillabico, ma anche - per analogiam - nel genere neumatico e melismatico. 3. Un prezioso contributo di dom Mocquereau è quello di fornire l'argomentazione derivata dalle opere del periodo classico e dell' alto Medioevo per l'ampio uso del ritmo libero, che fin dall'inizio della storia della Chiesa occidentale è diventato il ritmo della sua musica. 4. Un prezioso contributo di dom Pothier è quello di fornire l'argomentazione derivata dalle opere dell'antichità e del tardo Medioevo per l'uso del ritmo libero e del principio di proporzionalità chiamata numerus: i suoni e le pause sono proporzionali, ma i loro valori 39 Ibid., 38-39. non sono determinati (voces incerti valoris) e non possono essere espressi attraverso una proporzione stretta chiamata mensura. 5. Il pensiero scientifico dei due Benedettini è stata una base necessaria e il punto di partenza per la futura ricerca sistematica di dom Cardine e dei suoi allievi. Quindi potremmo dire, che la semiologia gregoriana ha il suo padre e fondatore nella persona di dom Eugène Cardine, ma anche nei suoi due importanti predecessori: dom Joseph Pothier e dom André Mocquereau. Bibliografia Aribo. De musica. A cura di Joseph Smits van Waesberghe. Corpus scriptorum de musica 2. Roma: American Institute of Musicology, 1951. Cardine, Eugène. Semiologia gregoriana. Roma: Istituto Pontificio, 1979. --. "Vue d'ensemble sul canto gregoriano." Studi gregoriani 5 (1989): 5-37. Cicero, Marcus Tullius. M. Tulli Ciceronis De natura deorum libri tres. A cura di Georg Friedrich Schoemann. Leipzig: Weidmannsche Buchhandlung, 1850. --. Orator ad M. Brutum. A cura di Karl Wilhelm Piderit. Leipzig: Teubner, 1876. Gontier, Augustin. Méthode raisonnée de plain-chant: Le plain-chant consideré dans son rhythme, sa tonalité et ses modes. Paris: Palme; Le Mans, 1859. Traduzione italiana Nino Albarosa. Metodo ragionato di canto piano: Il canto piano nel suo ritmo, nella sua tonalità, nei suoi modi. Roma: Torre d'Orfeo, 1993. Graduale Novum. Tomus I, De dominicis et festis. Redazione Christian Dostal, Johannes Berchmans Göschl, Cornelius Pouderoijen, Franz Karl Praßl, Heinrich Rumphorst, Stephan Zippe. Regensburg: Con Brio Verlagsgesellschaft, Libreria Editrice Vaticana, 2011. Graduale Romanum: Graduale sacrosanctae romanae Ecclesiae de tempore et de sanctis. Paris: Desclée & Socii, 1961. Guido Aretinus. Guidonis Aretini Micrologus. A cura di Joseph Smits van Waesberghe. Corpus scriptorum de musica 4. Rome: American Institute of Musicology, 1955. Liber Gradualis, a S. Gregorio Magno olim ordinatus, postea Summorum Pontificum auctoritate recognitus acplurimum auctus, cum notis musicis ad majorum tramites et codicum fidem figuratis ac restitutis in usum Congregationis Benedictinae Galliarum praesidis ejusdem jussu editus. Tournai: Desclée, Lefebvre, 1883. Liber Gradualis, iuxta ordinem cantuum Missae, ad usum privatum, ex codicibus antiquio-ribus ac probatis restauratus cura et studio Alberti Turco. Vol. 1, Tempus Adventus. Vol. 2, Tempus Nativitatis. Vol. 3, Tempus Quadragesimae. Vol. 4, Hebdomada Sancta. Vol. 5, Tempus Paschale. Verona: Edizioni Melosantiqua, 2009-2013. Mocquereau, André. Le Nombre musical grégorien. Vol. 1. Roma e Tournai: Desclée et Cie., 1908. --. Le Nombre musical grégorien. Vol. 2. Paris: Desclée et Cie., 1927. Paléographie musicale: Les principaux manuscrits de chant grégorien, ambrosien, mozarabe, gallican, publiés en fac-similés. Prèmiere série, deuxième série. Solesmes: Imprimerie Saint-Pierre; Bern: H. Lang, 1889-. Pothier, Joseph. Les Mélodies grégoriennes d'après la tradition. Tournai: Desclée Lefebvre et Cie., 1880. Ristampa: Paris: Éditions Stock, 1980. Quintilianus, Marcus Fabius. M. Fabii Quintiliani Institutionis oratoriae libri duodecim. A cura di Carolus Timotheus Zumptius [Karl Gottlob Zumpt]. Lipsiae [Leipzig]: Sumptibus Fr. Chr. Guil. Vogelii [Friedrich Christian Wilhelm Vogel], 1831. Rainoldi, Felice. "Il Graduale Romanum dal Prosper Guéranger al 1974." Studi gregoriani 15 (1999): 7-38. KORENINE SEMIOLOGIJE GREGORIJANSKEGA KORALA Povzetek Dom Eugène Cardine ni bil prvi, ki je opozoril na problematiko ritma gregorijanskega korala. Detajlne študije, izvedene na naukih njegovih predhodnikov doma Josepha Pothierja in doma Andréja Mocquereauja, kažejo, da so Cardinova dognanja trdno zakoreninjena v znanstveni dediščini teh slovitih benediktincev. T. i. odkritje svobodnega gregorijanskega ritma je bilo pravzaprav opomnik na gramatikalne in retorične nauke antične Grčije. V srednjem veku so ti nauki postali osnova za šolo pravilne izgovorjave latinščine, kar je nadalje imelo neposreden vpliv tudi na ustvarjanje gregorijanskih melodij. Eno najpomembnejših pravil svobodnega gregorijanskega ritma, ki ga je odkril dom Pothier, je načelo, ki se imenuje numerus. Med pravilno povezanimi zlogi v besedi ali pa med besedami v frazi vedno obstaja neka vrsta proporcionalnosti. Te proporcionalnosti ne moremo izmeriti s številom, presojamo jo s pomočjo sluha. Še eno pravilo, na katerega je opozoril dom Mocquereau, pa je "cantabis sicut pronuntiaveris" - "zloge boš pel tako, kakor jih izgovarjaš." Vsa ta načela so bila potrjena tudi v rezultatih študij gregorijanske semiologije in so tako prisotna v naukih doma Cardina.