received: 2Q1Q-1Q-Q5 UDC 159.9:343.144(45Q.25+45Q.34)"18" original scientific article L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA: TRADIZIONE E INNOVAZIONE NEL REGNO LOMBARO-VENETO Cesare SALUZZO Castello 5295, 3Q122 Venezia, Italia e-mail: cesare.saluzzo@hotmail.it SINTESI Il saggio prende in considerazione la centralità della testimonianza nella for-mazione della prova legale e nelle inchieste dei magistrati lombardo veneti, os-servando in particolar modo l'istituto della confessione. Nell'interrogatorio, infatti, le narrazioni dei testimoni e dell'imputato svolgono un ruolo importante per la ricostruzione delle vicende e per l'accertamento legale del fatto. Il Codice penale austriaco del 1803 dava allora un potere rilevante alla parola dell'imputato, sia quando egli stesso confermava sospetti e dubbi sulla sua completa innocenza, che quando negava circostanze e indizi per cui era incriminato. Nel primo caso l'imputato, dichiarato confesso, forniva al magistrato la prova più importante ovvero la testimonianza diretta del fatto; nel secondo rifiutando le supposizioni del giudice produceva un 'efficace difesa, la cosiddetta negativa, che poteva essere snervata solo con una valida e logica argomentazione regolata dal §. 412. La confessione è tuttavia per noi un istituto denso di ambiguità. Puô essere vista innanzitutto come una testimonianza contro se stessi, e quindi un 'azione contro i propri interessi, puô inoltre mettere l'imputato in dei rapporti di forza impari con il giudice, qualora la confessione venisse estorta con la forza o con l'inganno. Quali garanzie offriva allora la procedura inquisitoria austriaca e in che modo era tutelato il diritto alla difesa? Per le riflessioni conclusive l'autore esamina un caso di uxoricidio discusso in Senato Lombardo - Veneto dal giudice Antonio Mazzetti. Parole chiave: Codice penale austriaco (1803), confessione, psicologia, interrogatorio austriaco, indizi, grazia, pena di morte 177 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 THE INSTITUTION OF CONFESSION AND THE CONTRIBUTION OF PSYCHOLOGY: TRADITION AND INNOVATION IN THE KINGDOM OF LOMBARDY-VENETIA ABSTRACT This paper examines the centrality of testimony in the formation of legal evidence and in informing investigations undertaken by judges in Lombardy-Venetia, taking into particular consideration the institution of confession. In their interrogations, in fact, the narratives of witnesses and defendants have an important role in the reconstruction of events and the legal investigation of incidents. The Austrian Criminal Code of 1803 placed a significant stress on the word of the accused, both when he confirmed suspicions and doubts about his own complete innocence and when denying circumstances and evidence according to which he was indicted. In the first case, the accused, by pleading guilty, gave the judge the most important evidence - that of direct testimony as to the fact; in the latter, by rejecting the judge's assumptions, he produced an effective defense, the so-called "negation", which could only be weakened by a valid and logical argumentation regulated by §. 412. The confession, however, seems to us an institution riven by ambiguity. It can be seen primarily as a testimony against oneself, and therefore an action against one's own interests; but it may also place the defendant in a situation of unequal power relations relative to the judge, in cases where a confession is coerced by force or by fraud. What guarantees were offered then by the Austrian inquisitorial procedure and in what way was the right of defence protected? In his concluding remarks, the author examines a case of uxoricide discussed in the Senate of Lombardy-Venetia by Judge Antonio Mazzetti. Key words: Austrian Criminal Code (1803), confession, psychology, Austrian interrogation, clues, pardon, death penalty "D'accordo, è chiaro che lei ha ucciso sua madre, suo fratello e sua sorella, ma non arrivo a capire per quali motivi li abbia uccisi. Me lo metta per iscritto" (Foucault, 1976, 21-52). L'interrogativo posto dal giudice istruttore a Pierre Riviere nel 1836 svela uno storico cambiamento avvenuto nell'istituto della confessione, che dimostra l'entrata in scena nei tribunali europei del movente e dell'analisi psicologica dell'imputato. L'interesse dell'équipe foucaultiana era stato allora quello di spiegare la storia dei rapporti tra psichiatria e giustizia penale, anelito scientifico che si muoveva 178 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 insieme a quella tensione culturale che rivendicava in Europa una riforma dei sistemi disciplinari.1 Quei rapporti non potrebbero altrimenti spiegarsi se non alla base di quell'in-treccio di saperi tra giustizia e scienza psicologica, svolto alla fine del Settecento in area tedesca grazie ai lavori di Schaumann e Münch.2 Le elaborazioni dottrinali finirono per influenzare i compilatori di quel Codice penale austriaco (18Q3), che per un'ultima volta avrebbero cercato di raccogliere diritto sostanziale e procedura romano-canonica, di cui era erede l'Impero, in un unico testo. Quell'alleanza contribuí non poco a trasformare un istituto, che aveva da sempre rivestito nella storia del processo penale continentale una rilevanza enorme. Dalla contaminazione di saperi e di pratiche emersero le prime forme dell'in-terrogatorio moderno e un nuovo ruolo del giudice. L'analisi delle tecniche dell'in-terrogatorio austriaco si concentrera quindi nelle pratiche dei tribunali sulla scorta della dottrina coeva e dello svolgimento pratico del processo, in relazione inoltre alla tradizione letteraria.3 Le riflessioni sul ruolo del movente, invece, saranno tratte dalle discussioni dei magistrati del massimo organo giudicante del Regno Lombardo Veneto, il Senato.4 PROFILO STORICO DELL'ISTITUTO E LE RIFORME AUSTRIACHE Il valore probatorio determinante della confessione si puô già cogliere nel potere ecclesiastico e in quel papa Innocenzo III, che aveva definito in modo nuovo il ruolo 1 In particolare Foucault vedeva nella comparsa dell'inchiesta, nella rivoluzione tecnologica e nelle scoperte scientifiche di fine '7QQ il segno del passaggio da una verità-provata a una verità-constatata, secondo Foucault uno degli avvenimenti più importanti nella storia della conoscenza (Foucault, 1975, 146-15Q). Nel presente articolo esamineremo invece come il ruolo del movente e il contributo della psicologia abbiano rivoluzionato questo istituto. 2 Sulla psicologia criminale in generale Gross, 191Q, dove cita come pionieri della psicologia gli autori e le opere di area tedesca il filosofo kantinano Johann Christian Gottlieb Schaumann (1768-1821) con l'opera Ideen zu einer Criminalpsychologie del 1792 edito ad Halle e Johann Gottlieb Münch (17741837) con Uber den Einfluss der Kriminalpsychologie auf Pin System der Kriminal-Rechts pubblicato a Norimberga nel 179Q. Josef Kürzinger annovera anche il nome Josef Eckartshausen (1752-18Q3) fra i pionieri della psicologia criminale (Kurzinger, 1992). 3 Per la dottrina coeva ho preso come riferimento Costantini (1827) e inoltre in special modo Jenull (1816) in quanto fonte ufficiale. Le riflessioni attinenti allo svolgimento pratico del processo inquisitorio austriaco sono state desunte dalle trascrizioni del 'Processo Rama' e in particolare dai costituti degli imputati (di prossima pubblicazione a cura di Eliana Biasiolo, Cesare Saluzzo, Andrea Savio ed altri, con introduzione e supervisione di Claudio Povolo). Per quanto riguarda il materiale ho tenuto in considerazione principalmente la memorialistica e quindi l'opera edita postuma di Andryane (1916) e quella di Canonici (1848). Ho tralasciato dalla citazione l'opera di Pellico perché eccessiva-mente incentrata sulla riflessione morale e sul carcere. 4 In particolare sono stati presi in esame i Protocolli di consiglio del Senato Lombardo - Veneto dell'Archivio di Stato di Milano. 179 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 dell'imputato nella procedura romano-canonica. Come afferma Marchetti l'elemento sacramentale dello stesso atto permetteva di mettere in stretta correlazione il problema del vero con la stessa salus animae dell'inquisito (Marchetti, 1994, 27-28). La tradizione di diritto comune aveva conservato da allora un sistema di valutazione delle prove incentrato sul rapporto prova-confessione: cosi com'era stata tramandata dalla dottrina medievale, questo rapporto a seguito della rivoluzione scientifica si era andato a modificare con il superamento dell'ontologismo di tipo scolastico (Rosoni, 1995, 3-46). Tuttavia il suo declino sarebbe stato definitivamente segnato nei riflessi riformatori del '700, che avevano dato un'assoluta importanza alla negativa dell'im-putato e che quindi si esprimevano in quel Codice austriaco del 1803 accrescendo il peso del paradigma indiziario all'interno del codice (§. 412), teso a ottenere il legale convincimento del reo in assenza di un'eventuale confessione. Il rapporto tra prova indiziaria e confessione si era dunque rafforzato in ragione di alcuni cambiamenti, pratici e di valore, maturati all'interno dell'istituto della con-fessione. La procedura penale dell'Impero in tema di confessione aveva già vissuto un'importante metamorfosi con l'abolizione della tortura del 1776 sotto il lume di Maria Teresa d'Austria (Tschigg, 1997, XXXIX-XLIX). Tale percorso avrebbe già agevolato lo sviluppo tecnico del moderno interrogatorio, imponendo un modo diverso di ottenere la confessione non più incentrato sulle sollecitazioni fisiche, e che avrebbe permesso l'introduzione di nuove tecniche dell'interrogatorio sviluppate sulla scorta della psicologia criminale (un cambiamento di orizzonte che avrebbe deter-minato lo spostamento dell'asse dal corpo alla psiche dell'imputato5). Se le riforme giuseppine disciplinarono le norme sulla confessione limitando cosi i poteri dei giudici, la vera rivoluzione avvenne solo nei lavori di compilazione del codice sotto Francesco II, ultimo imperatore del Sacro romano impero, durante gli anni che se-guirono lo scoppio della Rivoluzione francese (Tschigg, 1997, LIII-LIV). Gli articoli dedicati all'interrogatorio si affinarono grazie agli influssi della psicologia criminale, sviluppata in ambiente tedesco proprio in quegli anni da Schaumann e Münch.6 Come afferma Ettore Dezza il testo del 1803 costituiva l'estremo perfezionamento e la definitiva razionalizzazione di quel modello processuale comunemente definito come processo inquisitorio romano-canonico (Dezza, 1997, CLXVI), punto in tal senso si deve ancora vedere il tramonto della confessione nel suo rapporto verità- 5 Ci riferiamo in particolare al corso del 21 novembre 1973 tenuto da Michel Foucault dove, parlando del potere psichiatrico, afferma come i poteri disciplinari abbiano in qualche modo agevolato la costituzione dell'individuo. È a causa di questa soggettivizzazione del corpo e quindi dell'applicazione delle scienze psicologiche che lindividuo è apparso. È chiaro oltretutto come tutto questo sia sorto dalla teoria filosofico - giuridica dell'individualità apparso all'incirca a partire da Hobbes, ma è solo con l'avvento della Codificazione che raggiungiamo a delineare l'individuo giuridico (Foucault, 2004, 64-66 passim.). 6 Vedi nota 2. 180 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 prova e l'introduzione dell'ausilio della psicología e del ragionamento abduttivo,7 per cui si ponevano in continuo raffronto le considerazioni del giudice costruite sulla scorta del §. 412 con la narrazione dell'imputato. La confessione oltretutto è di solito il prodotto di un rapporto o di un dialogo con un confessore, quindi tale relazione condiziona per forza di cose la conoscenza che si vuole rilevare da una confessione. Sostiene Peter Brooks che la confessione consente per la sua drammaticità una straordinaria messa in scena in cui l'imputato si espone alla pena, riconosce le proprie colpe e attende la redenzione.8 Permangono cosi nel rito processuale, pur nella razionalità e modernità, quegli elementi tradizionali che l'avevano originariamente costituito. Un'innegabile natura religiosa che si ricollega al sacramento della penitenza e alla grazia divina. Si crede per questo che la confessione debba portare a rivelare il senso di colpa dell'imputato, ma va in aggiunta te-nuto presente che i pericoli insiti in un accesso immediato alla verità dalle persone, e quindi attraverso la loro coscienza, sono intimamente legati ai rapporti di potere che si giocano tra giudice e imputato e alle retoriche dei tribunali scaturite dai mec-canismi di colpa-redenzione. LE TECNICHE DELL'INTERROGATORIO: IL GIUDICE E L'IMPUTATO Bisognerà innanzitutto considerare come il ruolo dell'imputato e della confessione fossero centrali nella conduzione del processo penale austriaco, una procedura che era condotta seguendo un modello fortemente inquisitorio. L'interrogatorio e la co-struzione9 dei fascicoli processuali si svolgevano in uno stretto confronto tra giudice e imputato, dell'interrogante e l'interrogato, in un parallelo dialettico che si svolgeva pur sempre secondo rapporti di forza stabiliti dal codice. L'intera conduzione del processo era dunque dominata non solo dai principi di legalità, ma anche dal contributo offerto dalla psicologia allo svolgimento dell'interrogatorio. Con l'avvio della procedura ex-officio, che aveva inizio ogni qual volta veniva diffusa una notitiam crimen, si richiedeva quindi l'intervento delle autorità politiche e 7 II ragionamento abduttivo si differenzia dalla deduzione e dall'induzione, perché considera dei fatti senza apparente relazione per trovarvi una relazione sulla base dell'intuizione che qualcosa possa accomunarli. Secondo Charles Sanders Peirce l'abduzione è l'unica forma di ragionamento suscettibile di accrescere il nostro sapere (Eco, 1983). Le indagini dovevano quindi basarsi su catene di ragio-namenti abduttivi, o ipotesi. I canoni della prova ne regolavano le inferenze fornendo delle regole universali (premessa minore), che attraverso un'intuizione basata su degli indizi rilevanti avrebbero condotto il percorso delle indagini verso una soluzione probabile. 8 Sui rapporti tra l'istituto della confessione e la tradizione religiosa Brooks, 2000, 88-112. 9 II processo inquisitorio austriaco era dominato dalle regole di formalità e dalla scrittura, che ri-chiedevano un'attenta compilazione e costruzione dei fascicoli processuali al fine di garantire la legalità e il controllo degli organi superiori sull'attività del giudice. I singoli protocolli debitamente firmati dovevano quindi essere tenuti uniti da una cordicella, le cui estremità erano sigillate con la ceralacca e con l'impronta del sigillo d'ufficio Codice, 1815, §. 299. 181 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 giudiziarie per l'individuazione di un presunto colpevole (investigazione e imput-azione). L'arresto e la perquisizione10 costituivano cosi la fuoriuscita almeno momentánea dell'individuo dal corpo sociale, celebrato attraverso il rito di svestizione e con l'ingresso nelle carceri d'inquisizione. Se il buio e la solitudine della cella avrebbero avuto l'effetto di preparare l'imputato a una riflessione di coscienza, al contempo ne indebolivano la forza d'animo e il temperamento.11 Lo stato psicologico dell'imputato e chiaro dalle memorie di Andryane: 10 L'arresto era eseguito dall'autorità politica (generalmente il commissariato di polizia) e l'imputato doveva essere consegnato immediatamente all'autorità giudiziaria (la pretura urbana o forese sottoposta all'autorità del Tribunale di I istanza) Jenull, 1816, §. 282. Gli atti che riguardano il suo arresto erano di competenza politica, e dovevano essere trasmessi insieme all'arrestato all'autorità giudiziaria in un fascicolo firmato e protetto da un sigillo di ufficio Jenull, 1816, §. 283. Una volta posto in arresto l'ufficio giudiziario (pretura) doveva registrare a protocollo la causa dell'arresto, accennare gli indizi a carico, fare una descrizione esatta della figura e degli abiti dell'arrestato (l'idioma, il dialetto, l'altezza, il colore del viso, degli occhi e dei capelli e tutti gli altri contrassegni o segni particolari), la visita del vestiario e di tutto ció che si trova presso l'imputato Jenull, 1816, §. 285. Al contempo era ordinata una perquisizione per rinvenire tutti gli oggetti atti a eludere, ritardare o impedire l'inquisizione (oggetti in metallo o armi, denaro utile a corrompere qualche funzionario, documenti e oggetti riguardanti il delitto) rilasciati al termine delrinquisizione Jenull, 1816, §. 286. Ammonito il pervenuto era interrogate sulle generali (nome, cognome, età ...), sui precedenti e sul motivo del suo arresto, gli era letto il protocollo di costituzione che doveva confermare e firmare, e quindi era ricondotto nelle carceri. Si è notato che dall'arresto al primo costituto della pretura potevano passare anche alcune settimane (nel caso di Lucia Graizzaro è arrestata il 30 aprile 1831, sentita una prima volta dal commissario il 25 maggio e finalmente costituita dalla pretura il 9 giugno, quando due giorni dopo sarà interrogata dal giudice Bernardo Marchesini - Povolo, 2011). 11 L'arresto erano comunque già vincolato dal principio dell'habeas corpus, per cui il diritto di privare qualcuno della sua libertà risiedeva solo nella necessità e nel rischio di una sua fuga (Codice, 1815, §. 281). Tuttavia sembra evidente come il rilascio dell'imputato a piede libero avvenisse solo per alcune rare ragioni cetuali. Incuriosisce, inoltre, l'etichetta con la quale alcuni imputati erano posti in arresto, come si evince dalla narrazione di Canonici: "Disceso all'albergo delle due Torri, ordino il pranzo [...J quando all'entrare il cameriere con caffè mi si annunzia esservi persona di governo, che chiede vedermi: Entri, rispondo; io mi alzo e camminandole incontro, mi si presenta con bastante urbanità persona, che mi significa a bassa voce occorrere rimaner meco solo: prego ipresenti a ritirarsi [...J, mi chiede [...J il mio passaporto, la visura delle mie carte, e di quanto meco asportava [...J tutto ispeziona e ripone. Ciö espleto, verso il caffè, e prego il commissario ad accettarne una tazza, mentre io tranquillo mi pongo a gustarne la mia [...J Ma quasi sospirando: Signore, mi dice il Commissario, io ho la sfortuna, e dispiacenza di averle ad annunciare, che al far del giorno ella dovrà passare a Venezia: Come? stupito dico io! [...J Tali, ripiglia egli, sono gli ordini che teniamo. Il di lei arrivo ci era già da diversi giorni noto!!!!!!. Ella, ripiglia il Commissario, prenda presto riposo, poiché il viaggio di domani é lungo a modo, che converrà impiegarvi tutta la giornata: lascio qui fuori persone, che la risveglieranno al momento della partenza; abbiasi buon viaggio, e felicità: ed in cosi dire mi lascia" (Canonici, 1848, 24). Il principio della dignità della persona veniva salvaguardato, ma ancora una volta in senso cetuale: "L'arresto va eseguito quando l'individuo potrebbe aver motivo di sottrarsi alla giustizia colla fuga, e gli userà la forza solo quando frapponga resistenza all'arresto. Altrimenti l'imputato non va posto ai ferri, pena il rischio di rendersi colpevole di oltraggio di onore" (Jenull, 1816, §. 284). 182 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 "Era appena tira to l'ultimo catenaccio [...J il mio coraggio mi abbandono tutto ad un tratto... non sentivopiù altro che un indefinibile bisogno di rivedere la luce del giorno, un 'orribile tentazione di fracassarmi il cranio contro le pareti del buio mio carcere. Non saprei dire quanto tempo durasse questo doloroso stupore [...J avanzai le mani verso le sbarre della porta [...J scutendola fortemente [...J provai un tale accesso di disperazione, che i miei ginocchi si piegarono e la mia testa batté con violenza contro lo spesso assito dell'usciolino. Ipassi affrettati della sentinella che accorreva a questo rumore, il suo "Was ist das?" [...J mi fecero rientrare in me stesso. Vidi la mia prigione tale quale era: la finestra con l'inferriata sino all'alto e munita d'una persiana [...J per tutta mobilia una stufa, per tutta estensione tre passi in largo su cinque in lungo [...J cercavo una sedia, un letto, un posto ove sedermi [...J mi sentivo si oppresso, ch 'ero pronto a sdraiarmi sul lastrico per cercarvi riposo, gemere e piangere [...J allora restavo immobile, annichilito, smarrito." (Andryane, 1916, 1Q-12). A seguito dell'arresto aveva dunque inizio l'interrogatorio del giudice, che doveva essere effettuato immediatamente.12 I ruoli erano stabiliti in maniera chiara e definita, l'imputato in faccia al giudice13 al centro del processo, attorno testimoni e indizi.14 La sorte dell'imputato nel corso del processo rimaneva cosí sospesa tra l'imputazione e la definitiva condanna o assoluzione. I gradi di questo giudizio passavano per l'analisi delle circostanze legalmente rilevanti (forza delle prove) e la sua deposizione (costituto). 12 Il giudice conduceva l'interrogatorio già dalle prime fasi durante il costituto sommario. Tuttavia come abbiamo detto (nota 1), talvolta questo era preceduto da diversi costituti generali condotti dalla pretura e ancor prima dai commissari di polizia. Nel processo Rama Lucia afferma di esser stata esaminata diverse volte dal commissario locale, dalla pretura e anche da un agente del comune (!) Povolo, 2Q1Q. 13 Il giudizio era composto oltre che dal giudice inquirente (relatore) da un cancelliere giurato e da due assessori giurati (stessa composizione si aveva nelle preture). Gli assessori esercitavano a tutti gli effetti le funzioni giudiziarie, intervenendo infatti nella votazione come membri votanti, e per questo non potevano essere cambiati nel corso della stessa inquisizione. L'assessore era una figura prossima a quella del giurato, infatti veniva scelto fra gli abitanti del comune e non esercitavano la professione legale. Avevano il dovere di vigilare che le interrogazioni e risposte fossero esattamente registrate, di testimoniare sulla legittimità e verità del protocollo e di mantenere il segreto istruttorio. Gli assessori dovevano, oltre che godere di buona fama, essere in relazioni imparziali con l'imputato. Il compito del cancelliere era di registrare le espressioni precise dell'imputato quando si avvaleva del diritto di dettare egli stesso le risposte o con quelle del giudice quando non si prevaleva di tale facoltà, di non cancellare o raschiare le parole scritte né di alterarle, di osservare il segreto istruttorio fino alla sentenza. Jenull, 1816, §. 288. 14 In tal senso va tenuta presente l'invisibilità dell'apparato di giustizia criminale: ogni insegna pubblica era vietata sia per i locali ove si svolgeva la giurisdizione (paradossalmente chiamato giudizio pubblico), come per i luoghi dell'esecuzione della pena (Codice, 1815, §. 217). 183 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 Se il confronto giudice-imputato era diretto e ravvicinato, le due parti rimanevano in un rapporto ambiguo e indefinibile che, anche se mediato e disciplinato dalle leggi, erano al contempo e fin dall'inizio soggette alle emozioni e agl'impeti dell'uomo: "Il primo ingresso dell'imputato nelluffizio dovegli dee subire l'esame ha per esso qualcosa di spaventevole, di solenne e di commovente; e si puô credere che ne rimanga fortemente agitato persino il più astuto ed ostinato malvagio. La sorte di tutta l'inquisizione dipende da questo primo momento: si inizia con una seria ammonizione all'arrestato di deporre la pura verità, di evitare ogni inganno o falsità, che lo esporrebbe al castigo del bastone e aggraverebbe la sentenza a misura della malizia adoperata. "15 I costituti sommario e speciale rappresentavano dunque due fasi diverse dell'in-terrogatorio.16 La prima fase del costituto rappresentava la parte più consistente dell'interrogatorio, dove si raccomandava di lasciare libero l'imputato di narrare i fatti.17 Questa fase, diremo passiva dell'interrogatorio, concedeva al giudice un note-vole vantaggio rispetto all'imputato, permettendo cosi di cogliere eventuali con-traddizioni tra le testimonianze e gli indizi raccolti con la deposizione, impedendo 15 La forma di quest'ammonizione era lasciata all'abilità del giudice nella scelta delle parole e del modo, e doveva essere adattata alle condizioni dell'imputato (sesso, età, condizione, temperamento, carattere, educazione e sospetti). Andava ripetuta nel corso del processo ogni volta che se ne presentava l'occasione e nei momenti di commozione. Tuttavia bisognava astenersi da ogni esagerazione (falsi indizi, minacce e promesse), altrimenti lo stesso giudice sarebbe stato punito ai termini del §. 368 (responsabilità del giudice). Il complesso dell'ammonizione non era registrato a protocollo (bastava indicarla), ma si riteneva comunque opportuno registrarla per i relativi controlli dei superiori organi Jenull, 1816, §. 289. 16 A seguito dell'ammonizione aveva inizio il vero e proprio interrogatorio. Ogni interrogazione insieme alla risposta era registrata secondo una progressione numerica, che non erano mai interrotta se non alla fine dell'interrogatorio (costituto sommario e speciale) e dei confronti con i testimoni, in modo da apparire come un'unica deposizione. L'interrogatorio poteva essere interrotto e ripreso a distanza di giorni se ritenuto opportuno, ma la numerazione e le domande dovevano essere ripresa dall'ultima seduta. L'imputato aveva il diritto dettare al cancelliere egli stesso le risposte, altrimenti erano dettate dal giudice servendosi delle sue espressioni, tuttavia come ci testimonia Jenull la maggior parte degli imputati non erano in grado di combinare i periodi in modo intellegibile, difetti che il giudice poteva agevolmente correggere. Dunque il giudice riformulava in modo chiaro la risposta, conservando ove possibile le espressioni, e domandando all'imputato se questa risposta esprimeva la sua espressione. Dunque la risposta gli veniva riletta e indi corretta senza cancellare ció che per errore era stato scritto, in modo da evitare ogni sospetto di falsificazione. Metteva in guardia il giurista che "il fine è quello di ricevere una narrazione fatta interamente dall'animo e dal labbro dell'imputato [...] l'eleganza, lontano dall'essere meritevole di encomio, degenera in questo caso in una reale falsificazione, e il dialetto più triviale che sorte dal labbro dell'incolpato è da preferirsi al linguaggio dei Willand e dei Lessing" (Jenull, 1816, §§. 297-298). 17 Le domande poste dal giudice nel costituto sommario si limitavano alle circostanze personali (nome, cognome, età, patria, religione, genitori, stato civile, nome della consorte e figli, mestiere, facoltà, ultimo domicilio, precedenti e motivo del suo arresto). 184 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 oltretutto all'interrogato di formulare con astuzia delle risposte ad hoc o di costruire una versione dei fatti e un alibi sulla scorta delle informazioni ottenute durante le prime indagini, che altrimenti sarebbero trapelati se il giudice avesse contestato e ret-tificato la deposizione a fronte degli indizi raccolti. Nella seconda fase dell'inter-rogatorio, quella attiva, si svolgeva invece il piano di contestazione costruito sulla base del paradigma indiziario.18 Si procedeva alla seconda parte solo se l'imputato negava i capi d'imputazione (negativa), altrimenti l'imputato poteva confessare il delitto avviando, di fatto, una sorta di rito abbreviate.19 La confessione generalmente agevolava in terza istanza20 la richiesta di grazia e quindi la riduzione della pena. Il comportamento del giudice relatore21 durante il costituto sommario doveva dunque essere dettato da un atteggiamento di prudenza e di equilibrio. Per questo i giuristi raccomandavano al giudice inquirente di porre le domande all'imputato in modo da non far apparire evidente che gli fossero già note le cose che stava ricer-cando, favorendo la formula dubitativa all'interrogativo diretto.22 Al contempo poi-ché la risposta per aver forza di prova doveva essere libera e autentica, erano vietate le interrogazioni suggestive o tali da sorprendere l'imputato, perciô non bisognava entrare nella natura delle risposte e infine l'interrogatorio doveva essere esente da qualsiasi costrizione fisica o psicologica (Codice, 1815, §. 300). Nel caso in cui 18 Le interrogazioni poste in fase di interrogatorio speciale servivano a costruire il paradigma indiziario ed erano regolate dal §. 412. Possiamo dire che il §. 353 e il §. 412 erano legati a doppio filo. Il raggiungimento della confessione in fase d'interrogatorio rendeva il paradigma indiziario suppletivo e di coronamento dell'indagine, la mancata confessione o negativa dell'imputato richiedeva al giudice di motivare l'accusa con un'argomentazione sorretta da indizi coincidenti. L'uno serviva all'altro in un sistema che si svolgeva a porte chiuse e fortemente incentrato sulla parola dell'imputato. La con-fessione si sarebbe potuta ottenere mostrando al reo gli indizi che militavano contro di lui (reo confesso), oppure se pertinacemente negativo sarebbe stato smentito da un valido paradigma indiziario (reo convinto). Allo stesso modo l'articolazione dell'interrogatorio poteva servire ad allontanare le imputazioni che militavano sull'imputato e a costruire una sua difesa con il riscontro di quelle circostanze che avrebbero formato la prova legale negativa. In ogni caso appare evidente come la procedura inquisitoria fosse ormai maturata in un sistema fortemente indiziario. Per le considerazioni intorno alla prova indiziaria rimando alla mia tesi di laurea Saluzzo, 2007-2008. 19 La confessione per avere valore di prova doveva essere circostanziata. In questo caso, o nel caso in l'imputato avesse giustificato la sua innocenza, si ordinava di chiudere il processo, evitando cosi di prolungare inutilmente l'inquisizione Jenull, 1816, §. 349. 20 Il Senato Lombardo - Veneto. 21 Il giudice relatore in prima istanza istruiva anche il caso ai fini della discussione in aula. La figura del giudice relatore è alquanto differente a quella dell'attuale pubblico ministero in quanto, come si vedrà più avanti, avevano anche il dovere di ufficio della difesa, qualora emergessero delle prove a favore dell'imputato. I relatori di appello (II istanza) e del Senato (III istanza) invece non avevano funzioni istruttorie, ma semplicemente riesaminavano il caso per la discussione in appello. Come si vedrà nella terza parte del nostro discorso, i relatori in Senato potevano rivestire in aula le vere e proprie vesti di giudici difensori. 22 Ad esempio domandando: Se l'incolpato sappia ...?, piuttosto che rivolgendogli l'interrogativo diretto: Perché l'incolpato ...? (Jenull, 1816, §. 290). 185 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 l'imputato ricusava di rispondere, anche a seguito dell'ammonizione del giudice, era ricondotto in carcere (Jenull, 1816, §. 291). Se nelle sue risposte negava degli indizi a cognizione del giudice che lo volevano imputato, lo si sarebbe interrogato sul luogo ed sul tempo del delitto in modo da poter giustificare un suo alibi. Se altrimenti con-fessava, non si doveva turbare in alcun modo l'imputato, né mostrare interesse o ancor peggio un "maligno diletto" (Jenull, 1816, §. 294), in modo da condizionare in alcun modo la deposizione. Era dunque solo durante il costituto speciale,23 raccolti e rettificati tutti gli indizi possibili per la prova, che il giudice poteva prendere l'imputato stesso nei propri lacci, esaminando la concordanza delle sue diverse deposizioni e delineando con apposite interrogazioni le singole circostanze sulle quali doveva rispondere. L'esame articolato era una fase dell'interrogatorio particolarmente delicato, si svolgeva attorno alla figura dell'imputato e al ruolo persuasivo che potevano giocare gli indizi e le emozioni, per tale motivo poteva essere condotto solo ed esclusivamente dal giudice istruttore.24 L'imputato era interrogate sulle singole e precise circostanze del delitto attraverso un piano ben congeniato di domande,25 rivelando gli indizi che militavano contro di lui e mostrando quelle testimonianze che affermavano il contrario di quanto aveva deposto. Lo scopo di questo interrogatorio non solo era quello di conoscere con precisione quali circostanze dovevano ancora essere verifícate e chiarite, ma anche come rilevare la verità dall'imputato. Per quanto riguardava la valutazione degli indizi e delle circostanze erano ri-chieste al giudice notevoli capacità di analisi dei fatti e delle testimonianze, tali da ricomporre un valido paradigma indiziario. D'altro canto al giudice non dovevano mancare quelle conoscenze della psicologia umana, conformi a raggiungere una confessione da parte dell'imputato. L'esame articolato era perció regolato da regole rigide, che facevano dell'in-terrogatorio austriaco una tecnica moderna e raffinata, oltretutto vincolata dai principi di certezza del diritto (Vinciguerra, 1997, XIV-XXIII).26 Jenull in questo senso elencava le qualità che doveva caratterizzare l'intero esame articolato (Jenull, 1816, §. 353). Le domande dovevano essere opportune e attinenti al delitto, in modo da non rendere confuso il processo e tali che l'imputato non avrebbe diffidato dell'onestà del 23 Talvolta denominato ordinario. 24 Vedi pure Archiv des Criminalrechts, Halle: Schwetschke und Sohn, 1798, vol. 1, fasc. I, pag. 16, §. 7 (Archivio di diritto criminale - Dissertazione sui diritti e doveri del giudizio criminale, e sulle cautele da osservarsi negli esami criminali, e nell'investigazione della verità nei casi criminali. di Klein-schrod) cit. in Jenull, 1816, §. 350. 25 Jenull raccomandava "di aver sottocchio come in un prospetto tutte le circostanze finora note, le quali abbiano relazione con lo scopo dell'inquisizione criminale [...J Tali cognizioni debbono essere da esso ricavarsi dagli atti del costituto sommario" (Jenull, 1816, §. 351). 26 Non bisogna dimenticare che la legalità della prova è garantita dal Codice, 1815 nei principi generali che la regolano ai §§. 396-402. 186 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 giudice (pertinenza).27 Dovevano esaurire l'indagine in merito al soggetto e al mo-vente, e quindi riguardare lo scopo, la volontarietà, la causa, l'epoca in cui l'imputato avrebbe concepito tale risoluzione e il suo stato d'animo allora e nel momento del delitto e infine il suo scopo finale. Riguardo all'oggetto del delitto dovevano inoltre rilevare tutte le circostanze antecedenti e concomitanti il fatto, il tempo e il luogo del delitto, gli atti che la seguirono e il contegno che tenne l'imputato, e infine l'eventuale reiterazione del fatto e la presenza di eventuali complici (esaustività). Ancora, dovevano essere chiare, contenere una sola circostanza per volta e per quanto possibile brevi. Se emergeva il dubbio che l'imputato non avesse ben compreso la domanda, bisognava spiegargliene il senso. Avrebbero compreso inoltre una sola circostanza in modo da non confonderlo e da non trascurare nella risposta qualche punto secondario (essenzialità). Le domande dovevano seguire un ordine logico, in modo da non sconvolgere le idee dell'imputato che altrimenti avrebbe dato delle risposte avventate e sconsiderate (consequenzialità). Non dovevano contenere né insinuare elementi e circostanze che l'imputato avrebbe dovuto narrare spontaneamente, e quindi erano vietate quelle domande che in qualche modo suggerivano degli indizi e delle circostanze che il giudice avrebbe voluto ottenere (divieto della suggestività della domanda).28 Avrebbero dovuto prendere in considerazione anche tutto ciô che sarebbe servito alla difesa dell'imputato, o almeno la sua minore imputabilità (diritto alla difesa).29 Se l'imputato impugnava gli indizi presentati dal giudice attraverso la lettura stessa delle testimonianze che lo smentivano, allora si sarebbe passati al confronto dell'imputato con i testimoni d'accusa. Solo allora l'imputato poteva chiedere di difendersi da false testimonianze e indizi, chiedendo al giudice il confronto con i testimoni, quando si sarebbero svolte le funzioni di accusa e di difesa senza l'inter-ferenza degli avvocati e a porte chiuse.3Q Ogni reazione psicologica dell'imputato era quindi attentamente valutata e raccolta nella stesura del protocollo: se si notavano dei cedimenti, il giudice doveva insistere nelle domande, ma se le circostanze erano particolari e remote, si accordava all'imputato qualche pausa di riflessione (Codice, 1815, §. 361). Tuttavia ricordiamo come la confidenza era raccomandata dai giuristi come il miglior mezzo per rendere più agevole un'inquisizione, quest'atteggiamento emerge anche dalle memorie dell'Andryane nei confronti del giudice Antonio Salvotti: 27 Tuttavia le domande potevano essere anche indirette, se giungevano allo scopo di rilevare un indizio pertinente al delitto. 28 Questo è uno dei punti più interessanti messi in evidenza da Jenull, che riporta il livello dell'inter-rogatorio austriaco vicino ai livelli anglosassoni. 29 Ovvero nella formula delle carte processuali ciô che possa l'inquisito allegare in sua giustificazione. 3Q Sul confronto rimando alla relazione di Eliana Biasiolo presentata in questa stessa conferenza. 187 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 "Accorgendosi che le sue parole producevano in me una commozione che non potevo dominare, diede una tale espressione di compassionevole premura al suo volto, ed una dolcezza alla sua voce, che chiunque l'avesse visto in quel momento per la prima volta avrebbe giurato ch 'era il tipo della bontà e del candore " (Andryane, 1816, 35).31 Risulta perció chiaro come tra le competenze dei giudici, oltre alla necessaria is-truzione legale, riguardassero anche lo studio e la conoscenza psicologica dell'uomo e del criminale.32 Come riporta Marco Costantini, il signor Weber consigliere del tribunale criminale di Eslinga33 nel regno di Wirtemberg parlando del giudice in-quirente e del giudice pronunziante affermava: "Per ciô che risguarda le cognizioni per ambedue essenziali, non devono queste per nessun modo limitarsi semplicemente alla legge positiva, giacché appunto il criminalista [...J si muove entro una sfera sempre piuttosto largamente circoscritta dalla legge positiva [...J più che un semplice giurista [...J deve dimostrarsi qual giureconsulto filosofo [...J deve avere mature e profonde conoscenze dell'interno ed esterno meccanismo della vita dell'uomo, delle generali e particolari relazioni dello stato e dei suoi abitanti [...J deve, per dirlo brevemente, conoscere non solo l'uomo (teoricamente), ma ben anche gli uomini (praticamente). Necessaria gli è perciô, come già da lungo tempo non vien posto in dubbio, la scienza spezialmente della psicologia, ed ancor più (in senso più esteso) dell'antropologia. " (Costantini, 1927, 236-237). Emerge d'altronde nella figura del giudice un lato più oscuro. Severo funzionario di giustizia, serio e sempre nella decenza avrebbe punito ogni comportamento non 31 Si trovano generalmente descritti anche i due interrogatori condotti dal giudice Salvotti (Andryane, 1816, 17-32 e 33-40). 32 Al fine di valutare la psiche dell'imputato erano fondamentali le sue prime deposizioni fatte nel costituto sommario, la natura stessa del delitto e le sue abitudini al delitto. I delitti erano divisi in base all'indole del reo, potevano dunque essere di carattere violento o vile, se a eseguirli era un uomo rozzo e impulsivo o un simulatore e forbo. L'atteggiamento del giudice perció poteva adottare due diverse strategie volte a ottenere la sua confessione. Con gli individui timidi e nuovi al delitto si racco-mandava al giudice di accattivarsi la loro simpatia, trattandoli in modo analogo al loro carattere, cosi da farli parlare. Mentre quando si chiudevano per timore e non parlavano più, gli si consigliava un atteggiamento volto a calmare le ansie dell'imputato. Diverso era il comportamento da adottare davanti agli imputati scaltri e ingannatori con i quali si raccomandava un atteggiamento volto a ispirare in loro la convinzione che ogni menzogna sarebbe stata inutile alla salvezza, e con parole e con azioni che avrebbero gli fatto capire di poter essere domati nonostante il loro coraggio (Jenull, 1816, §. 349). 33 In ted. Elsenzgau. 188 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 consono alle regole del processo.34 Il ruolo del giudice inquirente e relatore potrebbe perciô essere visto come ambiguo, confidente e delatore allo stesso tempo. Lontani dalla nostra sensibilità, l'assenza dell'avvocato difensore e la figura del giudice factotum possono ancora oggi lasciarci perplessi, ma svelano un importante punto di vista sul ruolo della giustizia penale. Possiamo comprendere le ragioni e le regole che dettavano l'andamento del processo austriaco soltanto immettendoci in quel quadro morale che riguardava propriamente la questione di diritto penale. Le competenze dei giudici che trattavano i casi criminali rientravano in una funzione etica del fare diritto, accusa e difesa dovevano amalgamarsi nella stessa persona35, contraria alla figura ambivalente dell'avvocato astuti consulenti di parte ed etici difensori dell'innocente. Il giudice etico doveva ispirare stima e fiducia all'imputato, il suo animo nobile placido calmo e sereno, chiaro nelle domande oltre che decente e conforme al decoro delle sue funzioni. In altre parole un fedele e onesto funzionario imperiale, impegnato a tutelare nel silenzio e nel segreto la sicurezza e la tutela dello Stato, in grado di penetrare nella coscienza dell'imputato in modo da raggiungere la verità processuale lontano dalle pressioni del pubblico dibattimento. In altre parole il loro obbligo morale avrebbe messo in chiaro con egual im-parzialità ed esattezza l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato, svolgendo per dovere d'ufficio sia le parti di difesa sia quelle di accusa. Il confronto giudice-imputato, pertanto diretto e non mediato dagli avvocati, richiedeva inoltre che il buon giudice sapesse destreggiarsi in quella che oggi Carofiglio ha chiamato l'arte del dubbio, nella valutazione di ogni possibilità favorevole o contraria entro i termini di garanzia dell'imputato (Carofiglio, 2007). Le critiche che erano state avanzate perciô dai tribunali inferiori al Senato Lombardo - Veneto contro il §. 412 sarebbero state per lo più dirette dal desiderio di ottenere una facile confessione e da un'insofferenza al ragionamento indiziario, rivelando come ha osservato Claudio Povolo un attacco che si abbatteva anche contro il controllo gerarchico operato dagli organi superiori (Povolo, 2006). E in effeti, la 34 Anche se calmo dinanzi a un imputato coraggioso e veemente, avrebbe mostrato un atteggiamento serio e sempre nella decenza avrebbe punito un comportamento non consono alle regole del processo. In caso di ostinato silenzio l'imputato ammonito era posto a pane e acqua per tre giorni continui, se non desisteva, era punito a colpi di bastone ogni tre giorni, con tre colpi e accrescendone di volta in volta di 5, per un totale di 15 giorni di punizione. Se si ostinava a persistere se ne faceva rapporto al tribunale superiore. In caso di un imputato, ritenuto falso dinanzi alle prove emerse, o maligno e dai modi indecenti e offensivi, si ordinava un castigo che riproduceva la geometria predetta fino ai 20 giorni di castigo, comprendenti il digiuno e le bastonate per un totale di 9 giorni di castigo. 35 L'interrogatorio del giudice doveva riguardare l'intero complesso degli indizi che emergevano dal processo, sia a favore che ha disfavore dell'imputato. Tale disposizione, posta a capo dell'articolazione dell'interrogatorio speciale, imponeva il principio d'innocenza dell'imputato fino alla conclusione del processo. Pertanto il magistrato aveva l'obbligo di prendere in considerazione ogni circostanza, contraria o a favore dell'imputato Jenull, 1816, §. 348. 189 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 loro ostilità nei confronti di una costruzione indiziaria della prova si esprimeva in questi termini nelle parole del consigliere Giovan Battista Angeli:36 "Si è osservato, che per motivo della proposte modificazioni si adduceva in sostanza, che gl'Italiani sono più demoralizzati ed avveduti degli abitanti delle altre provincie, che perciö sono rarissimi i casi d'una confessione, come che rare volte si ottiene la prova testimoniale anche a motivo d'un forte sentimento di compassione e di timore nei testimoni, e che i negativi non possono di regola convincersi per concorso di circostanze o perché manca l 'estremo della capacità a delinquere, o la concorrenza delle due o di una delle circostanze tassativamente stabilite dal §. 412. " (ASM-SLV, Protocolli di consiglio (183l), r. 180, 11 luglio 183l). Un atteggiamento che dunque si rivolgeva alla tradizione, la ricerca del movente e degli estremi del §. 412, che annunciava invece un importante sviluppo maturato all'interno dell'istituto della confessione, chiedendo ai giudici di conformarsi alle regole del ragionamento sillogistico. Afferma, infatti, Jenull: Ciascuna interrogazi-one e risposta comprende bensi una sola circostanza, ma il complesso di tutte ab-braccia gli oggetti che debbono essere per anco dilucidati (Jenull, 1816, §. 350). La confessione dev'essere solo il momento coronante la preparazione di un buon piano di contestazione, diretto dalla logica del sillogismo indiziario e dall'attenta analisi psicologica dell'imputato.37 Alle contestazioni dei tribunali inferiori rispondeva eloquentemente il senatore Angeli: "l'inquirente criminale deve progredire con sol-lecitudine e senza notabili interruzioni, aver sempre un piano ben combinato di contestazione e proscioglierlo con energia e destrezza secondo le circostanze: si è osservato, che d ordinario si procede piuttosto lentamente, anche a lunghi intervalli e che la contestazione stessa è improvvisata, senza piano e sistema, lascia dei vacui 36 Del consigliere Angeli sappiamo che ebbe una veloce carriera nell'amministrazione austriaca. Nel marzo del 1815 era stato consigliere d'appello in Dalmazia e procuratore camerale in Trieste, il 13 agosto 1817 era dunque nominato consigliere d'appello a Milano e al contempo Presidente del Tribunale di Pavia il 2 ottobre 181l (ASM-SLV, Protocolli di consiglio (luglio-settembre 1820), r. 91, 2228v-2231r). Già nel 1819 risulta essere consigliere del Senato Lombardo - Veneto. Angeli dimostrerà una personalità combattiva e un buona preparazione legale. 37 Le vicende di cronaca dimostrano ancora oggi una difficoltà ad abbandonare l'idea di confessione come strumento antiprocessuale di accertamento dei fatti e come talvolta la partecipazione popolare alle vicende giudiziarie abbia reso difficoltoso il buon andamento delle indagini. Da un lato la confessione ha ottenuto in Italia dagli anni '70 un ampio uso dello status giuridico di pentitismo, che non ha forse tenuto debitamente in considerazione i pericoli derivati dal cosiddetto falso pentitismo. Dall'altro canto le vicende processuali che hanno riguardato il famoso omicidio avvenuto in Villetta di Montroz si sono dilungate insistentemente sulla confessione dell'imputata, proprio perché i primi tanto e importanti e decisivi momenti dell'investigazione, utili alla rilevazione del fatto e al convincimento dell'imputato, erano andati perduti prima ancora che il giudizio criminale avesse potuto cominciare ad agire. 190 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 rispetto alle emergenze processuali e manca di precedente e sagace direzione. Il motivo si è, perché la maggior parte dei giudici sono poco esperti nella procedura austriaca, e non si curano abbastanza di procurarsi la necessaria esperienza e pratica. " (ASM-SLV, Protocolli di consiglio (1837), r. 18Q, 11 luglio 1837). IL CONTRADDITTORIO NELL'AULA DEL SENATO: NARRAZIONI A CONFRONTO SU UN CASO D'UXORICIDIO Qual era allora il ruolo della confessione in quello che era il massimo organo di giustizia del Regno Lombardo - Veneto? I dibattiti dei giudici del Senato38 sul tema della confessione e dell'intenzionalità del delitto offrono un'immagine della giustizia lombardo veneta del tutto differente da quella appartenente all'immaginario collet-tivo. In particolare i casi di omicidio erano esposti da un relatore e da un correlatore, che assumevano rispettivamente le parti della difesa e dell'accusa dell'imputato.39 Le argomentazioni della difesa si articolavano riguardo al fatto e al carattere dell'imputato, rivolgendosi all'intimo convincimento dei giudici e facendo appello alla grazia sovrana. Oppure potevano contestare la legalità stessa della prova, contrastando gli indizi che si erano raccolti a carico dell'imputato. In altre parole il verdetto di condanna era l'espressione della persuasione razionale (Gennari, 1853, 12) dei giudici, la convivenza nel medesimo tempo dei criteri di valutazione razionale e legale della prova con la convinzione nelle coscienze dei giudici della reità dell'imputato. La nostra analisi prenderà dunque in dettaglio, per il carattere di eccezionalità, un caso criminale, dove le parole dei giudici si concentreranno proprio sulla personalità dell'imputato e sulle coscienze dei giudici e che ci permetterà oltretutto di rilevare valori culturali contrapposti di una società che stava attraversando proprio per gli effetti della legislazione civile austriaca dei profondi cambiamenti. È questo il caso d'omicidio di Maddalena ad opera del marito Galdino avvenuto a Monza nel giugno del 1818, a seguito di una vertenza pendente di separazione dei coniugi (ASM-SLV, Protocolli di consiglio (agosto-ottobre 1818), r. 83, 2597v-2617r). L'Appello lombardo ritenendo non convinto l'imputato sull'intenzionalità di uccidere, lo condannava per il solo delitto di uccisione (omicidio colposo) a 15 anni di duro carcere, 38 Il Senato lombardo veneto costituiva il supremo e ultimo tribunale di giustizia del Regno, cui erano demandati gli affari più importanti in terza istanza. Tutte le incombenze che riguardavano la sicurezza dello Stato, come l'alto tradimento, l'abuso della podestà d'ufficio e la falsificazione delle carte di credito dovevano essere trasmesse d'ufficio dalle istanze inferiori, tanto lombarde quanto venete, al Senato che aveva sede a Verona. Il Senato si esprimeva anche alla presenza di difformità di giudizio tra la prima istanza e l'appello, nelle sentenze in cui l'appello richiedeva misure eccezionali di mitigazione di pena o l'aggravava con una pena di gran lunga maggiore di quella stabilita dalla prima istanza, infine nei casi di pena di morte e di ergastolo. 39 Da non confondere con il ruolo degli opinanti, che invece si esprimevano una volta terminare le relazioni con un'opinione sul caso e un voto. 191 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 riformando pertanto la sentenza di pena di morte del Tribunale criminale di Milano.40 Il caso, ricordiamo, presenta i caratteri dell'eccezionalità anche perché i casi di pena di morte appaiono raramente tra i protocolli di consiglio del Senato e oltre ad essere suscettibili della grazia sovrana, potevano essere decretati solo davanti la confessione dell'imputato. Il caso d'uxoricidio, giunto in Senato in soli tre mesi dalla consumazione del delitto, viene assunto da due giudici Gellusig e Mazzetti,41 il primo esercitato alla difesa e alla mitigazione delle pene, il secondo caratterizzato da un'indole pro-gressista e un'oratoria incalzante. Lo scopo della difesa condotta in Senato dal giudice Gellussig, non avendo potuto portare avanti le assurde pretese dell'appello, mirava quantomeno a ottenere la grazia sovrana e una riduzione della pena a 20 anni di duro carcere, facendo leva sugli onesti sentimenti del marito. Avendo infatti la moglie, nella medesima sera, fatto "l ultimo passo presso il curato per divenire alla formale separazione da lui, era del tutto naturale che l'inquisito in quella sera far voleva l'ultimo tentativo d'indurla a desistere dal suo intento e perció sia arrivato a quell'eccesso a motivo dei replicati rifiuti della moglie all'atto coniugale da lui desiderato". Se il vizio all'alcolismo del marito erano un ragionevole motivo per la moglie di chiedere la separazione tuttavia, proseguiva il giudice, fino a che questa non era decretata e fino a che l'inquisito conviveva in famiglia, poteva con ragione credersi in diritto di esigere che la moglie si prestasse al dovere coniugale: "il suo risentimento nel rifiuto della moglie, se non era ragionevole era almeno scusabile (sic!) ". Il giudice ritraeva Galdino come un uomo privo di educazione e perció, non capace di sentimenti delicati, era stato mosso da un onesto risentimento e da una forte commozione d'animo, tale circostanza rappre-sentava una circostanza mitigante, perché sempre secondo il giudice relatore se il marito avesse avuto Y animo in calma non avrebbe commesso l'omicidio della moglie. Tuttavia il piano di contestazione del correlatore Mazzetti, appoggiato all'abile ricostruzione fornita della pretura di Monza, si rivelava vincente ed è in grado di spostare i voti dell'intero consesso, con la sola eccezione del voto del giudice Cisotti, conformato al parere del relatore. L'accusa esordiva la requisitoria con queste parole: "siccome vi fu chi opinô meritare il reo la grazia sovrana, stima il correlatore opportuno di mettere sott'occhio ciô che precedette, ciô che accompagnô e ciô che seguí il fatto medesimo ". Mazzetti evidenziava come l'imputato fosse un uomo di cattiva condotta, che senza stabile mestiere andava dissipando la dote della povera moglie e la maltrattava. È prezzo dell'opra di veder chi sia costui affermava, praticando le bettole e spen-dendo quel poco che la moglie guadagnava, la obbligava a dargli giornalmente dei 40 Era il tribunale di prima istanza che esercitava la giurisdizione sull'intera provincia di Milano (com-prendeva allora anche Monza). 41 Su Antonio Mazzetti si veda anche Bellabarba, 2009. 192 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 denari, "sebbene talvolta non ne avesse da comprar un tozzo di pano pei" sei figli che doveva mantenere. Si sapeva che nel giorno precedente il delitto il marito dichiarô più volte che, se non avesse dormito con lui, l'avrebbe finita con il suo coltellino e che "poco gli sarebbe importato di andar sulla forca ". Che non contento del temperino "volea munirsi pure duna falce", che si fece preparare dall'arrotino dicendo le precise: "S'el savves sur Moletta coss'ho de fa con sta falz chi!". Che la mattina stessa del delitto l'imputato minacciosamente disse alla moglie: "Già, o Maddalena, per te è terminato oggi il tuo giorno, ho deciso, devi andar al campo santo, il mio temperino ti servirá", e la moglie con cristiana rassegnazione rispose: "Quello che Dio vuole " e che allora il marito soggiunse "Ebbene anche adesso ", ma che alla fine si risolse per la presenza di un testimone. La sera stessa il marito furibondo entrava nella stanza dove la moglie dormiva stretta ai propri figli e con la propria madre, la moglie con in braccio uno dei figli correndo tra le grida degli altri figli avrebbe cercato rifugio dai coniugi vicini, ma il marito raggiuntala e presa per i capelli le immerse lo stiletto nel collo menando ripetuti colpi e quindi allontanandosi senza dir niente lasciava la moglie esangue e in ginocchio nella stanza dei vicini ripetere 'muoio, muoio'e infine morire. L'imputato fu per due volte negativo, ricorse alla giustificazione della non colpabilità dovuta all'ubriachezza e infine confesso: "Puô esser benissimo che io des-si a mia moglie più colpi nel collo perché ero tanto arrabiato per il rifiuto datomi, o alterato per il vino bevuto, ma precisamente non mi ricordo quante volte menassi la mano che impugnava il temperino, prima di levarla dal luogo ove l'avea immerso ". La volontà premeditata era provata e quanto alle circostanze mitiganti presentare dal giudice Gellusig rispondeva Mazzetti: "il correlatore non sa comprendere come il marito nella sera di quello stesso giorno potesse pretendere, e la povera donna potesse ragionevolmente concedergli di seco andare et quidem, pendente in via legale la vertenza di separazione per motivi gravissimi. " La richiesta dell'accusa era durissima e senza possibilità di redenzione, condanna a morte con il parere sottoscritto a sua maestà che l'imputato non meritava alcuna grazia, il voto del consesso eloquentemente si conformava all'opinione del relatore in larga maggioranza. L'opinione del giudice Mazzetti diventa più chiara se guardiamo ad un altro caso di uxoricidio avvenuto a Pavia un anno dopo, ad opera di Giacomo Zanardi omicida della moglie Luigia Valle: "per la gravità quindi del delitto verso una moglie di buona condotta, gravida d'un mese, per lo scandalo recato e per la frequenza onde le mogli cadono in questo regno vittima della ferocia de ' loro mariti, opina il signor relatore non farsi nemmeno luogo a grazia " (ASM-SLV, Protocolli di consiglio (luglio-settembre 1819), r. 87, 3346v-2617r). La legislazione austriaca sul tema della separazione dei coniugi aveva pertanto ridefinito i rapporti tra uomo e donna, tutto ciô implicava dei profondi cambiamenti in seno alla società tradizionale lombardo veneta. Si rifletteva oltretutto nel Regno 193 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 l'eredita di una cultura nuova, dove il potere imperiale era stato per la prima volta nelle mani di una donna, l'imperatrice illuminata Maria Teresa d'Austria. Le sentenze del Senato allo stesso tempo esprimevano un altro volto della giustizia, il volto scuro e severo della pena esemplare. INSTITUT PRIZNANJA IN PRISPEVEK PSIHOLOGIJE: TRADICIJA IN NOVOTARIJE V LOMBARDSKO-BENEŠKEM KRALJESTVU Cesare SALUZZO Castello 5295, 30122 Benetke, Italija e-mail: cesare.saluzzo@hotmail.it POVZETEK - kaza in pri preiskavah v okviru lombardsko-beneškega sodstva, in sicer s posebnim poudarkom na institutu priznanja. Med zaslišanjem imajo namreč naracije prič in obtoženca pomembno mesto v rekonstrukciji dogajanja in pri pravnem preverjanju zadeve. Avstrijski kazenski zakonik iz leta 1803je takrat dajal precejšnjo veljavo besedi obtoženca, bodisi takrat, ko je slednji potrdil sume in dvome glede lastne nedolžnosti, kakor tudi, če je zanikal okoliščine in indice, zaradi katerih je bil obdolžen. V prvem primeru je obtoženec, kije priznal krivdo, sodniku priskrbel najpomembnejši dokaz, namreč neposredno pričevanje o dogodku; v drugem primeru pa je z zavrnitvijo sodnikovih predpostavk proizvedel učinkovito, tako imenovano negativno obrambo, ki jo je lahko omajala zgolj veljavna in logična argumentacija, opredeljena s členom 412. - mujemo jo predvsem kot pričevanje proti samim sebi, torej dejanje, kije v nasprotju z lastnimi interesi; poleg tega lahko postavi obtoženca v neuravnotežen odnos moči s sodnikom, v kolikor je bila priznanje izsiljeno ali pridobljeno s prevaro. Kakšne garancije je torej nudil avstrijski zasliševalni postopek in na kakšen način je bila zaščitena pravica do obrambe? V raziskavi preučujemo nekatere kriminalne primere, kijih je obravnaval senat v času delovanja sodnika Antonia Mazzettija. Ključne besede: Avstrijski kazenski zakonik (1803), priznanje, psihologija, avstrijsko zasliševanje, indici, pomilostitev, smrtna kazen 194 Cesare SALUZZO: L'ISTITUTO DELLA CONFESSIONE E IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA ..., 177-196 FONTI E BIBLIOGRAFIA Andryane, A. P. (1916): Memorie di un prigioniero di stato alio Spielberg: capitoli scelti e annotati. Firenze, G. Barbera. ASM-SLV - Archivio di Stato di Milano (ASM), Senato Lombardo-Veneto (SLV), Protocolli di consiglio. Canonici, G. B. (1848): Un tratto della mia vita: narrazione apologetica. Bologna, Tipografía camerale alla volpe. Codice, 1815 - Codice penale universale austriaco (1803). Milano, Imperial regia stamperia. Jenull, S. 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