Renato Gendre Université di Torino CDU 802/809:801.551-552 SULLA FLESSIONE INDOEUROPEA Nella recensione, che ha dedicato ad un importante libro di E. Benveniste1, G. Bonfante osserva che "las formas véd. smáh imáh, etc., que son regulares, según su teoría, no las recuerda Benveniste"2. Dunque, forme del tipo ser. smáh., ie. *smés si possono analizzare perfettamente per mezzo della teoría di E. Benveniste che accoglie, sviluppandola ulteriormente, la proposta di J. Kurylowicz3: ie. *smés < *s-m-és < *des-em-és.4 Se cosí è, ci troviamo di fronte ad un modello metodologico che, consentendo ap-plicazioni non soltanto alla radice ma all'intera parola, potrebbe essere utilizzato per spiegare una buona parte della flessione, sia verbale sia nominale, indoeuropea. E gli esempii che seguono, sembrerebbero autorizzarlo. Nello stesso verbo sifll noi abbiamo: gr. eifil (<*éo]Ui), ser. ásmi < *és-m-i < *dés--em-ei; o con il verbo si/J.1, ser. émi < éi-m-i < *9ei-em-ei, e cosí le altre persone: gr. eïç (< ei-ç < *ëï < *£<7i < ie. *éssi), ser. asi < ie. *ési < * éssi < * és-s-i < * aés-es-ei; gr. ¿era, ser. ásti < *és-t-i < aés-et-ei; e il plurale: gr. ïjiev, p. es., è *i-m-én < *3ei-em-én\ ser. imáh è *aei-em-és. E cosí di seguito. L'elemento tonico - radice o ampliamente -conserva il grado forte, tutti gli altri si riducono a zéro. Un caso particolarmente intéressante è quello di yunájmi5: la flessione indoariana si adatta perfettamente allo schéma di E. Benveniste, che elimina l'infisso nasale. Yunájmi ci dimostra che la radice non è né *iug- né *ieug-, ma senza dubbio *iu-, cioè 1 BENVENISTE 1935. 2 BONFANTE 1936, p. 163. 3 KURYLOWICZ 1927. 4 Se un po' di esagerazione c'è nell'affermazione che "tutto il 'laringalismo' non è in fondo che un tardo rigurgito della peggiore mentalità 'neogrammatica'" (BONFANTE 1957, p. 27), non c'è dubbio che la teoria 'laringale' comporti, in prospettiva storica, soluzioni spesso troppo dispendiose (oltre a BONFANTE 1936; 1937; 1944; 1945; 1957; cfr., tra i molti, almeno KRONASSER 1952; 1955) quando non in contraddizione con tutta la struttura fonematica dell'indoeuropeo (cfr. p. es., il *g~h, che certo qualche problema di pronunciabilità lo dà, cui si oppone o *ghzw [MARTINET, p. 210] o *gzwh [LEJEUNE, p. 38] o *gzwh [BENVENISTE 1937, p. 145]: tutti fomeni affricati!). Tuttavia, anche a noi sembra "economico per la teoria della radice indoeuropea considerare lo a una 'semivocale' o se si vuole una 'semiconsonante' laringale" (ANCILLOTTI, p. 333). Di diversa opinione continua ad essere G. Bonfante (BONFANTE, 1970). 5 In parte interpretato dallo stesso E. Benveniste (BENVENISTE 1935, pp. 159-162). 43 *ieu- e *-g- é il grado zero dell' ampliamento *-ég- che appare sotto la sua forma piena in yunájmi < Hu-n-ég-m-i < *ieu-en-ég-em-ei, non diversamente da yunáksi < *iu-n--ég-s-i < *ieu-en-ég-es-ei. Anche il pl. yunjmáh é regolare, perché risulta da *ieu-en-eg-em-és che si riduce a *iu-n-g-m-és\ yunjánti deriva da *ieu-en-eg-én-et-ei > *iu-n--g-én-t-i. Le forme latine del singolare si spiegano nello stesso modo: iungo é *ieu-en--eg-5 in cui *-6- é il risultato della contrazione di *-e- con uno semiconsonantico6 e corrisponde dunque a -ei-, -es-, -et-, ecc. Iungis, iungit sono ancora piú chiari: si tratta di Hu-n-g-és < *ieu-en-eg-és; *iu-n-g-ét-i < *ieu-en-eg-ét-ei, perché iungit ha sicura-mente perso la -i finale7. II pl. iungimus é piú difficile; deriva senz'altro da *iungomes, in cui tutto é chiaro, tranne l'ultima sillaba: Hungóm- < *ieu-en-eg-ómz. Iungitis é esat-tamente lo stesso caso: < *ieu-en-eg-ét-, Questo -es- finale potrebbe essere stato aggiunto per differenziare il plurale dal singolare. Le forme in -óm- come lo Hungóm-, da noi proposto prima, sono regolari, sotto il profilo dell'alternanza, neU'aoristo forte: ser. bhujám < *bhu-g-óm < *bheu-eg-óm e cosí le altre persone: bhujás < *bheu-eg-és; bhuját < *bheu-eg-ét9. Gli infiniti del tipo ser. drsé, bhuvé, ecc. si spiegano benissimo: si tratta di *der-ek--éi, *bheu-éi, ecc. e, probabilmente, hanno la stessa struttura anche gli infiniti 'passivi' e 'deponenti' latini del tipo agí, dici. Dunque, sono proprio i verbi tematici che resi-stono maggiormente all'analisi; infatti un verbo come ser. bhárami, bhárasi é in-spiegabile10. Non bisogna, pero, dimenticare che la coniugazione tematica é la piú recente. La stessa situazione si coglie nei sostantivi. Infatti, se noi ci fermiamo sulla decli-nazione nominale piú antica, quella consonantica, avremo risultati sorprendenti. Pren-diamo, p. es., il ser. rúe o il lat. dux. II gen. rucas (lat. ducis) continua un ie. *lukf*és, che deriva da *leu-ekü-és, perché essendo l'ultimo elemento tonico, gli altri passano al 6 Secondo la cosí detta teoría di De Saussure-Benveniste. Infatti, "el carácter normativo, por decirlo así, de la teoría de Benveniste tiene como presupuesto la teoría de De Saussure sobre el carácter consonántico, o mejor semiconsonántico, de s" (BONFANTE 1936, P. 160). 7 Cfr. BONFANTE 1935a. 8 Si incontrerà questa stessa desinenza al grado forte -oí o -es (cfr. gr. dor. Xéyo^ieç) che sembra aggiunta dopo le leggi dell'alternanza, nel plurale dei sostantivi: gr. naiépeç, iroifléveç ser. pitárah, ecc. 9 L'aumento, come si sa, interessa soltanto un numero ristretto di lingue indoeuropee dell'area meriodionale-orientale e cioè l'indoario (ó-) l'armento («-) e il greco (¿-), che sono molto innovanti ed è un'aggiunta recente, tant'è che nei documenti piú antichi (Veda, GâBâ, poemi omerici) è facoltativo, come dimostra l'uso indifférente di ábharat e di bhárat nel sánscrito vedico o di eq>epe e di (pepe nel greco omerico. Un solo "caso pressoché certo" (NEGRI 1989b, p. 50) ha il miceneo: a-pe-do-ke, da intendersi "quasi certamente" (NEGRI 1989a, p. 47) apedôke, è il gr. ànêSiOKE Comunque, a poco a poco, l'uso dell'aumento per indicare il passato si fisserà in modo orgánico e diventerà obbligatorio nel sánscrito classico e nel greco postomerico (nell'armeno, invece, interesserà soltanto la 3a persona singolare dell'aoristo; cfr. elik' 'lasciai'). 10 Sono, almeno in parte, 'regolari' i verbi al grado zero (cfr. ypácpm ser. tudáti, duháti, srjáti, avest. msrazaiti, harszaiti, ecc.), ma essi sono relativamente rari e in parte tardi. 44 grano zero. II dat. rucé (lat. duci < ducei) rappresenta un ie. *lukxéi attraverso Hu-kP-éi < *leu-ek-éi. Lo str. ruca11 < ie. *luk~e (o *luk%al) attraverso *lu-ku-e < *leu-ek~-e. Anche i temi polisillabici sono in gran parte chiari. *Pater- é una parola sicuramente antica. II lat. patris (gen.) < ie. *patrés (gr. na-Tpóq) é dunque < *pa-t-r-és < * pa-et-er-és, nella cui prima sillaba, 1'elemento vocálico contenuto in -a- é caduto e 1'elemento semiconsonantico 3 si é vocalizzato in a (ser. i, lat. e gr. a). Cosí il lat. patrT (dat.), ser. pitré sono un *pá-et-er-éi > *pa-t-r-éi. II ser. pitra (strum.) é *ps-t-r-a < *pa-et-er-a. II locativo sánscrito é pitári (gr. narépí) ma la -i finale é sicuramente recente e per questo spesso manca; infatti, ac-canto alie forme udáni, asáni, aksáni, troviamo udán, asan, aksán12. Una forma come pitar, udán, ecc. non offre alcuna difficolta: c'é un ampliamente in meno e ció determina quello che generalmente si chiama un 'puro tema': *pa-et-ér > *pa-t-ér; *seu--ed-én > *u-d-én13. Lo stesso método si puó applicare, raggiungendo gli stessi risultati, ai temi in -ra-14 e a quelli in -i- e in -w-15. Sono regolari anche i nominativi del tipo genu, pecu\ ser. pásu, vásu, mádhu; gr. fiéOv, yóvv, Sópv, ecc. II ser. pásu é *pék-u16 < *pék-eu e cosí gr. Kfj%vg, ser. swnúh, got. sunus. Nel tema, per ragioni evidenti, le alternanze si sono in generale perdute17 ma il genitivo conserva ancora bene l'alternanza -es/-s nella desinenza. Cosí, a parte l'alternanza del tema, il ser. sünúh, got. sunus, lit. sunus, lat. manüs da una parte e il ser. sünóh, got. sunaus, lit. sünaüs, lat. manüs dall'altra, rappresentano due tipi indoeuropei perfettamenre regolari: l'uno barítono (nom. *sttnus), l'altro parossitono (gen. *sünéus < *seu-en-éu-es)l&. 11 La desinenza -a = ie. *-e contiene un elemento vocálico e e uno semiconsonantico a. 12 Per il greco basta confrontare aíTsv, antico locativo di aíTáv. 13 II caso é uguale a quello del vocativo greco jcázep, il cui accento recente attesta che il nome é passato attraverso un periodo di atonia. 14 Cfr. gr. TUúifir¡v, dat. noifiévi: ser. *udán, gen. udnáh; got. guma, gen. gumins, dat. gumin; lat. caro, gen. carras, dat. carril < *carnei. 15 Cfr. il dativo gr. kt\xsTi, ser. sünávr, il genitivo got. kinnes < *genués, con la e del nom. genu, conservata tale e quale in latino; genitivo ser. mádhvah, dat. mádhve (nom. mádhu, gr. fié9v)\ pasváh (nom. pásu); vasváh (nom. vásu, gr. om. ev <*uésu), con lo spostamento dell'accento originario; gr.om. Sovpóg, yovvóg, che continuano SopTóg, yovTóg. 16 E cosí *pelu (radice *pel- del: lat. plenus, gr. KÍfi7tXr]fii, ser. pürnáh, ecc.) > got.filu. In germánico, sembra che ci siano anche dei nominativi del tipo *dr-éu-om, *gn-éu-om: got. tr-iu, ingl. tr-ee (cfr. si. ant. drévo gr. Sópv); got. kn-iu, ingl. kn-ee (cfr. gr. yóvv, lat. genu, ecc.). Cfr. HIRT 1931-1934, I, p. 57; II, pp. 38, 42. 17 Comunque abbiamo ancora dei genitivi di tipo arcaico come il ser. dróh (cfr. anche jnóh, snóh) < *dr-éu-s < *der-éu-es. 18 I participi presentí sono chiari, come dimostra, p. es., il sánscrito: gen. mrjatáh, dat. mrjaté, strum. mrjata, rispetto al nom. (m.) mrján(t) che é un puro tema, < *mr-g-én-t < *mer-eg-én-et. 45 Ció che abbiamo detto per i temí in -u, si applica perfettamente ai temi in -i: lat. (nom.) ouis (< *óu-i-s, > *óu-ei-es), ser. ávih; lat. (gen.) ouis, ser. vés, con l'antica al-ternanza del tema. Fra gli eterocliti, che rappresentano un tipo molto antico, si puo citare, p. es., il lat. iter, dalla rad. *ei- 'andaré', che deriva da un * ei-et-er. L'antico gen. *itnés (cfr., p. es., il ser. yákr-t, gen. yaknáh\ ásr-k, asnáh) sarà l'esito di *ei-et-en-és\ e cosí di seguito19. Il lat. iecur(t) e il ser. yákrt rappresentano un *iék"-r-t < *iék~-er-et\ il ser. ásrg e il gr. eap un *és-r-g < *gés-er-eg. Le forme sanscrite ásthi, sákthi, áksi derivano, rispetti-vamente, da *gés-eth-ei, *sék-eth-ei, *¡>ék^-es-e¿20 Se già con queste ultime forme sanscrite ci siamo allontanti dalle posizioni di E. Benveniste21, dobbiamo ancora rilevare che, benché si registri qualche caso d'applica-bilità: cfr. l'abl. pl. pitrbhyas < *pd-t-r-bh-i-és < *pâ-et-er-ebh-ei-és e l'abl. duale pitfbhyam22 < *p3-t-r-bh-i-a23, il método di analisi dello studioso transalpino non trova soddisfacente attuazione né nel plurale, né nel duale. E, crediamo, pour cause. Il plurale24, infatti, (ma anche il duale) è una "creazione abbastanza recente"25, sicuramente posteriore al singolare e lo dimostrano bene, sia il fatto che soltanto in alcune lingue in-doeuropee il duale 26 è ben attestato e che, in altre, il plurale non ha la stessa orao-geneità del singolare,27 sia precisi motivi fonologici28. 19 II gr. Kpá-cog é interpretato da E. Benveniste (BENVENISTE, p. 180) come kr-t-ós < ker-et-ós. Egli, dunque, non ritiene fondata la proposta (Ibidem, n.l) di chi vuole vedere in xpazepóg, Kparóg formazioni recenti (FRISK, s.u.). 20 Essi appartengono, come nominativi, alia stessa categoría del lat. genu, pecu, ecc. (cfr. supra, p. 3). 21 BENVENISTE, p. 184. 22 La -m é sicuramente un'aggiunta recente; cfr. lo si. ant. pgñma. 23 Queste forme polisillabiche (e cosí anche sünúbhyah, sünúbhyam, ecc.) erano ossitone ed hanno ritirato l'accento sulla penúltima per una tendenza deH'indoario, scoperta da H.Hirt. E\ cioé, quella che N.E. Collinge chiama la 'seconda legge di Hirt' (COLLINGE, p. 86). Cfr., comunque, HIRT 1895, p. 36 e HIRT 1902, p. 191 e, sopra tutto, HIRT 1904. 24 E' probabile che, nella sua fase piú antica, l'indoeuropeo esprimesse l'idea di plurale' attraverso mezzi sintattici e non morfologici, ricorrendo cioé, come proponeva H. Hirt (HIRT 1921-1937, VI, pp. 21 segg.), al singolare collettivo, ad avverbi, ad aggettivi e numerali aggiunti al sostantivo, alia ripetizione, ecc. ma, sopra tutto, al suppletivismo (tipo: russo celovék: Ijudi). E che questo sia un tratto arcaico lo dimostra anche il fatto che un tale procedimento domina in tuttte le lingue indoeuropee nella formazione del plurale dei pronomi personali, che rappresentano notoriamente uno degli elementi piú antichi. Abbiamo messo tra apici l'espressione 'idea di plurale', perché in realtá é inesatta. Non avendo, infatti, la forma del plurale, l'indoeuropeo piú antico non doveva neppure possedere la nozione e, doveva categorizzare in modo diverso quella realtá fenoménica che noi esprimiamo per mezzo del plurale. II che vuol diré, dal punto di vista del lingüista, che questo complesso d'idee era interpretato in modo diverso dal nostro. 25 MARTINET, p. 202. 26 E' presente soltanto nel sistema fonologico dell'indoario, del greco antico - specialmente del dialetto attico - dello slavo antico e del lituano, mentre in quello delle altre lingue non si trovano che rare tracce. Nelle lingue germaniche, p. es., il gotico conserva tracce del duale nel verbo (prima 46 Sempre per lo stesso motivo, cioé perché piú recenti, le cose non vanno meglio nelle declinazioni dei temi in -o-29 e di quelli in -a-30. Invece i participi e gli aggettivi non creano problemi: i participi presentí sono chiari31 e cosí quelli in -tó-s, originariamente ossitoni32; e anche gli aggettivi, che sem-brano avere avuto la stessa accentazione33 in indoeuropeo34, si possono analizzare con facilita; il gr. /Lxrypóq, p. es., deriva da Hu-g-r-ós < Heu-ed-er-ós35. Queste poche osservazioni confermano, crediamo, ció che G. Bonfante36 aveva giá sostenuto in alcuni suoi lavori37, cioé che la flessione indoeuropea é composta da elementi molto disparati e che non é quasi mai possibile stabilire un limite netto, dal punto di vista storico, tra ampliamente, suffisso, tema, desinenza. Dunque, la teoria, che E. Benveniste ha formúlate per le radici, le basi e gli ampliamenti, trova perfetta applica- e seconda persona della forma attiva), nel pronome di prima e, relativamente ai casi obliqui, di seconda persona, nell'aggettivo numerale ahtau. Nell'inglese antico, nel sassone antico e nel nordico antico, l'uso del duale è limitato quasi esclusivamente ai pronomi di prima e seconda persona, mentre il "il ne reste plus de trace en vha. à l'exception de unker 'nous deux,' attesté une seule fois chez Otfried 3.22.32" (JOLIVET-MOSSE, p. 104). 27 P.es., "a juzgar por el hetita, [la oposición de número sg./pl.] es antigua en N. y Ac., menos en G. y reciente en los demás casos; pero incluso en N. y Ac. hay datos a favor de su carácter secundario: N.sg. por N. pl. en hetita, derivación del N. y Ac. pl. a partir de los de singular" (ADRADOS, p. 507). 28 I nominativi e i genitivi plurali del tipo gr. TtarêpEÇ, koctépcov, viéTeç, víéTov che sono già indoeuropei (cfr. ser. pitârah, pitñram\ lat. hostës, hostium; got. gastéis, gaste, si. ant. synove, synovïï) non entrano nel sistema di E. Benveniste (BENVENISTE 1935), né in quello di H. Hirt (HIRT 1921-1937, V), né in nessun altro sistema di apofonía indoeuropea. Sembra chiaro, dunque, che *-es, *-ôm sono delle aggiunte recenti; infatti, se li si elimina, tutto funziona alia perfezione; gr. natép- < *ps-t-ér- < *pâ-et-ér-, vieT- < *sü-í-éu- < *seu-ei-éu-, ecc. 29 Cfr. STREITBERG, p. 310; HIRT 1931-1934, II, p. 28 (ma anche pp. 38, 49). Tutt'al piú si potrebbe dividere *iugóm (lat. iugum, ecc.) in *ieu-eg-óm > *iu-g-óm, ma per gli altri casi le difficoltà sono insormontabili. 30 Come ha visto J. Schmidt (SCHMIDT, pp. 117 e segg.), soltanto il nominativo con valore collettivo è antico. E' ben vero che un paradigma del tipo nom. mv%i7, gen. ktvxôç dat. ictvxÍ o nom. (pvyf¡, acc. *mr-g-én-t. 32 P.es., cfr. il lat. díctus < *di-k-t-ós < *dei-ek-et-ós. 33 Non sono ossitoni véToç e qualche altro. 34 Cfr. HIRT 1921-1937, V, pp. 268-280. 35 L'elemento -er- si trova, p. es., nel lat. iter (< *i-t-ér < *ei-et-ér), dove alterna con -en- nel gen. it-in-er-is. 36 Ma già H. Hirt (HIRT 1921-1937, III, p. 267) forse l'aveva intravisto, quando chiama "Basis" una parola come il ser. tula, la cui a, dunque, non è tematica! 37 P.es., cfr. BONFANTE 1935b, 1935c. 47 zione, in una gran qualita di časi, e precisamente nei paradigmi piu antichi, anche a cio che chiamiamo desinenza.38 BIBLIOGRAFIA CITATA ANCILLOTTI: A. Ancillotti, Elogio del variabile. Introduzione alla lingüistica storica: l'indoeuropeistica, Milano, 1988. ADRADOS: F.R. Adrados, Lingüística indoeuropea, Madrid, 1975. BENVENISTE 1935: E. Benveniste, Origines de la formation des noms en indoeuropéen. I., Paris, 1935. BENVENISTE 1937: E. Benveniste, Le problème du *f> indoeuropéen "Bulletin de la Société de Linguistique de Paris", 381 (1937), pp. 139-147. BONFANTE 1935a: G. Bonfante, -i final en latin, "Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung auf dem Gebiete der indogermanischen Sprache", 62 (1935), pp. 265-267. BONFANTE 1935b: G. 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