ACI A HISTRIAE V. ricevuto: 1996-01-04 UDK 336:929 Carü G.R. TEORIA E PRATICA NELLE EDEE MONETARIE DI GIAN RINALDO CARLI Ugo TUCC1 prof. dr., Dipartimento di Studi Storici, Universita di Venezia, IT-30124 Venezia, San Marco 2546 prof. dr., Oddelek za zgodovino, Univerza v Benetkah, IT-30124 Benetke, San Marco 2546 SINTESI Neíta produzione scientifica di Gian Rinaldo Carli gli scritti monetari occupano una posizione di grande rilievo: é soprattutto ad essi che é dovuía la [ama della quale egii godette in vita. II núcleo cenlrale é costituito da olio dmertazioni nelle qitali la materia viene trattata a fondo in ogni suo aspetto, offrendo una miniara di dati e di notizie coordinad in modo sistemático che restó a lungo instiperata. Non meno im-portanti i considtii pareri, le osservazioni che piú tardi formuló su questioni spe-cifiche, molte volte a richiesta di vari governi. La relazione prende in esame gli orien-tamenti ieorici e pratici cha informano questi scritti, valutandoli sia nel quadro delle realtá storiche alie quaii vanno ricondotti sia alia luce della teoría economica odierna. Nella produzione scientifica di Gian Rinaldo Carli gli scritti monetari occupano un posto di grande rilievo. É ad essi che egli deve moito del prestigio e della fama di cui godette in vita. Attrattovi inizialmente da una curiosita erudita, coltivó lo síuciio della materia come strumento essenziale della propria attivitá. L'interesse che lo moveva non era certo ia seduzione di una moda ina I'attualita di un dibattito che per il suo carattere "insieme político e storico, economico e erudito" - come lo ha efficacemente definito Franco Venturi - richiamava una partecipazione altamente qualificata. E vero che fu il piü importante dibattito in campo politico ed economico di meta Settecento.1 Se Carli non si fosse spinto con successo in tanti settori del sapere si potrebbe supporre che gli studi sulla moneta siano stati la sua specializzazione, IJ "genio monetario", come egli scrive, non lo abbandonu mai.2 Infatti la sua ispirazione non 1 F. VENTURI, Seltecento riformalore, I, Da Muratori a Beccaria, Milano 1969, pp. 443,445. 2 Cit. ¡bid.,p.457. 11 ACTA fflSTJRIAE V. Ugo TUCCl: TEORIA E PRATJCA NELLE IDEE MONETAR1E.... 11-24 si esaurisce nelle otío dissertazioni che pubblico ira il 1751 e il 1760. Espressione di una preparazione técnica divenuta professionale si aggiungono ad esse numerosi consulti, pareri, considerazioni, osservazioni formulati negli anni successivi su questioni specifiche, molte volte a richiesta di vari governi. II suo approccio appare in primo iuogo storico, con esplicito richiamo ai Mura-tori, al "buon Muratori",3 col quale sará in rispettoso disaccordo su alcune questioni. Si trattava di cogliere alia loro radice le cause dei disordini monetari ereditati dal passato e che la guerra di successione austríaca aveva contribuito ad aggravare. Egli comincia con un lavoro di ámbito geográfico lócale su alcune monete aqui-leiesi, dove l'indirÍ2zo erudito prevale sulla ricerca di storia economica, per quanto nelle conclusioni ponga il prablema della riduzione delle monete antiche al valore delle moderne che resterá uno di quelli che lo terranno pin iropegnato,4 Un problema, almeno inizialmente, anche d'interesse pratico, perché aveva la finalitá di "assicurare e realizzare con giustizia i contratti antichi, i censi, i livelli", che era-no "argomenti fecondi d'infinite liti e contese".5 Allora gli pareva che íosse praticamente impossibile venirne a capo, ma pochi anni dopo, nel 1748, lo troviamo occupato a pesare e saggiaie dei denari patriarchini accanto a molte altre monete.6 Aveva allargato gü orizzonti deH'mdagine, accarezzando l'idea di un stttdio sul commercio deUe monete in Italia dal X al XVI secolo, con ragguaglio alia moderna moneta veneziana. II grande passo avanti era rappresentato, a parer suo, daiJ-ordinare le singóle monete in sistema, dando evi-denza al rapporto oro/argento. Era cexto di "andaré per una strada nueva non parlando di serie ma di valore" ? II procedimento era quello di accertare con la massima esattezza possibile il contenuto fino di ciascuna moneta, di qualunque época e provenienza: era quanto occorreva per averne una valutazione precisa, sulla base del prezzo dell'oro e dell'argento, anche nei confronti delle moderne monete veneziane,"il peso e l'in-trinseco" di ciascuna. Era sua convinzione che un lavoro come questo saxebbe non solo servito per l'intelligen2a delle antiche carte ma poteva anche essere di utilitá per le zecche moderne.8 Perció conduceva una grande quantitá di saggi sulle monete prese in considerazione, non accontentandosi delle testimonianze scritte, spes- 3 . G. R. Cari.i, Delle monete e dellimtituzione delle zecche d'lialia, III, Luccal760, p. 34 (Diss. VII). 4 G. R. Carli, Intorno alcune monete che, nelleprovtncie del Friuli e dell'lstria, correvano ne' tempi del dominio dei patriarchi aquileiesi, in Raccolta d'opuscoti scientifici e filologici, XXV, Venezia 1741, pp. 117-S1. Ristampata in "L'Istria", VI, n. 13 (1851,29 marzo). 5 In una lettera all'abate G. Birti, cil, da E. Apih, Rinnovamento e Uhiminismo nel '700 italiano. La formazione culturáis di Gian Rirtaldo Carli, Trieste 1973, p. 50. 6 Carli, Delle monete e deU'instUuzione delle zecche d'Italia, [I], Mantova 1754, p. 264. 7 Cil. da APIH, Rinnovamento e llluminismo, cit., p. 112, 8 Cit. ibid.,p. 112-13 12 ACTA HISTR1AE V. Ugn TUCCI: TEORIA E PRAT3CA NELLE IDEE MONETARÏE ..., U-24 so frammentarie ed incerte: una ricerca come sul terreno, comunque su base concreta, puntigliosa, resa più ardua dalle insidie della metrologia síorica, per la grande varietà locale di marche, di libbre, di once, carati, grani difficili da determinare. I risultati di queste sperazioni confluirono nelle sue ceiebri tabelle. L'opéra alia quale stava ponendo mano si prospettava come uaa grande impresa di utilitá collettiva. Ad essa, all'uscita delle due prime dissertazioni, nel 1751, chiamô a collaborare tutti i cultori di cose antiche, perché gli fornissero documentt per l'acquisizione di un quadro globale delle monete delle principali zecche ita-hane, mdispensabíle per la ricerca, con i'indicazione del contenuto fino e del valore corrente. L'invito trovo cosí favorevole accoglimento che fu possibile rivedere e arricchire le prime due dissertazioni - specialmente la seconda, che era più copiosa di documenti e di notizie e percib si prestava raeglio a revisioni e integrazioni - e aggiungervi una terza. Non mancarono le polemiche, in particolare quella sul-l'istituzione della zecca pontificia di Roma, che tirava in bailo i rapporti tra Stato e Chiesa, entrando nelle controversie tra curialisti e giurisdizionalisti. Ma il bilancio fu positivo: pochi e, a parere dell'Autore, insignificanti i rilievi e le critiche, le dissertazioni non solo furono accolte e discusse da economisti e po-litîci ma con i loro dati rigorosamente controllati attraverso le operazñoni di saggio deU'intrinseco condotte in presenza dello stesso Carli, quindi garantite al massimo, poterono orientare alcuni governi nelle loro riforme monetarie.9 Quando nel 1760 fu complétala la starnpa delle otto diasertazioni gh studi monetari vènnero a dis-porre di una mi niera di dati e di notizie presentati in modo sistemático, per quanto possibile in prospetti e tabelle. Basta sfogliare i quattro volumi e scorrerne l'indice por cogliere la vastità della ricerca, una vera Sutnma sulla moneta, dalla sua origine alia storia delle zecche (dalla caduta deli'impero al Seicento), alie monete coniate, ai rapporti tra loro, alia proporzione dei metalli monetari in Italia e in Europa, al ragguaglio delle monete antiche con quelle correnti nelle principali città italiane, alia storia dei prezzi. È vero che neila ricerca di completezza l'opéra accolse materiale eterogneo prestandogli fede non sempre col dovuto senso critico, ma qualunque rilievo sui particolari non toglie nulla alla sua importanza nel quadro delle conoscenze del tempo. Alie tavole attinsero un po' tutti gli scritti in materia monetaria della seconda metà del secolo, talvolta senza nominare l'autore, continuando a meritare fiducia anche dopo gh errori in cui erano stati indotti Pietro Verri e il Beccaria.10 II lavoro ha una forte impronta erudita e frazionato in otto dissertazioni puô apparire poco orgánico, ma gh danno coesione certe posizioni teoriche che si de- 9 Delle opere del signorcommcndatore don Gianrinaldo conté Carli, II, Milano 1784, p. X. 10 L. ffrpo, II primo sargia di Beccaria, in "Rivista Storica Italiana", LXXVI (1964), pp. 670706; Apih, Rinnovamento e Iliumimsmo, cit., pp, 207-9; Dal caríeggio di Cesare Beccaria. Letíere edite e medite, a c. di R. Fasla, Milano 1990, pp. 159-63. 13 ACTA mSTHIAE V. Ugo TUCCI: teoria e pratica melle IDEE monetarie.... 11-24 lineano con chiarezza giá nel gruppo delle tre iniziali. Le idee monetarie del Carli non sembrano maturarsi attraverso la lettura della storia, nonostante l'abbondanza delle citazioni e deiresemplificazione poste a base delle generalizzazioni conclusivo. AI contrario é il materiale storico al quale egli attinge con tanta iarghezza che viene utilízzato a loro sostegno, la storia che egli e explícito nel considerare "maestra della vita".11 D'altronde sulla maggíore effícacta deü'esperienza storica rispetto alia lógica del ragionameDto che puré gli riconosce il Ferrara12 egli non ha dubbi, quando confida che la veritá di una sua affermazione l sostenuta piü "per mezzo di fatti storici antichi e moderni che per via di ragíone, far potendo quelli colpo maggiore di questa".13 Come gran parte dei suoi contemporaneí Carli era metallista, perció non ha dubbi sull'origine della moneta, col primo impiego dei metalli come ornamento femminile, donde il loro valore, regolato dalla raritá e dalla proporcione in cui sono disponibili. Dunque era la natura che dava norma alia circolazione monetaria, non i principi, i sovrani, fossero puré "i piü potenti di questa Terra".14 É la sua concezione di base. La fedelta al valore per cosi diré naturale dei metalli monetari aveva per conseguenza la comunitá delle monete di tutti i paesi, ad es-clusione di quelli che sul modello della repubblica di Platone scegbevano di tenersi lontani "dall'universale commercio".^ É chiaro che una nazione che non volesse vivere "romita" non poteva modificare a proprio pía cimento il valore delle monete, sia delle nazionali sia delle estere, "senza propria ruina", senza rendersi "spo-glia d> commercio o di danaro",. Operazioni come questa" che rorapevano l'e quilibrio dando alie monete un valore maggiore o minore del "giusto", dovevano considerarsi un'"alterazione arbitraria". L'idea di una comunita di popoü aggregata dal commercio e da una varieíü di monete che trova vano il loro equilibrio "col solo prezzo dell 'intrínseco valore che portano in sé"; l'Italia concepita unitariamente come un distinto spazio economico nel confronto con la generale situazione europea, con una possibile comune propor-zione media oro/argento; il disordine monetario che era solo uno deí malí che afflíg-gevano un paese bisognoso di riforme: queste affermazioni e a ¡tre simili che possono cogliersi con Iarghezza nelle dissertazioni hanno condotto molti commentatori a un'interpretazione eminentemente política. Al Carli é stato riconosciuto un posto di rilievo nel movimento riformatore settecentesco: per Franco Venturi egli ne fissa, nei suoi "vasti ed eruditi volumi", uno dei punti di partenza,16 e con particolare ri- 11 Carli, Della monete, cit., I, p, 37. 12 F. FERRARA, Della monela e de' suoi surrogali. Introduzione, Torino 1874, Biblioteca del-l'economista, 2 serie, VI, p. XCIL 13 Carli, Delle monete, cit., 1. p. 33. 14 Ibid., pp. IV-V, 30-31. 15 Ibid., pp. 38-19. 16 Venturi. Settecenio riformatore, cit., p. 463. 1.4 ACTA I'IÍSI'RIAE V. ugo tucci: teoria epratica nelle idee monetarie ..., 13-24 guardo agli scritti monetari, costítuendo " un filo teso tra l'epoca del Muratori e quel-la délia seconda metà del secolo", tra la critica erudita e la critica r¡.formatrice17. Giustamente, si deve dire, ma tutto sommato anche paradossalmente, perché in campo monetario il Carli è un conservatore: le ríforme per le quali si batte, profondendovi tutto il suo sapere non vanno al di là degli schemi tradizionali. Se l'illuminista mérita cosí grande considerazione, sul contributo che egli diede ail'a-nalisi economica ii giudizio infatti non è altrettanto favorevole, Francesco Ferrara -che pure Ii apprezza sotto l'aspetto storico ed erudito - nota che nei suoi scritti "il concetto economico entra, si direbbe, di sbieco: non era lo scopo che movea la sua peona".18 Per Arthur E. Monroe19 egli non porto raolto avanti la teoria, salvo con l'invenzione della nozione di atirazione simpatíca delle monete di un paese nei confronli di quelle di un altro paese. Questa nozione Carli la formula in polémica col Melon, per il quale la fuoruscita di monete da uno Stato per effetto di un'al-terazione del loro valore non comporta nessun danno perché viene compensata dall'afflusso di moneta estera. Secondo ií Nostro accade invece che la moneta alterata determiai un generale aumento dei prezzi, che interessa anche i a moneta straniera, la quale in questo modo viene cambiata in perdita; cosí la speculazione mette in moto un meccanismo per il quale l'operazione si rinnova più volte con grave danno per il paese.20 Per il resto Monroe trova che il modo nei quale Carli tratta i problemi della moneta di rame sia poco chiaro e talvolta forviante, Anche per Alberto Errera il Carli non ha detto niente di nuovo, non lia anticipato nessuna delle dottrine monetarie moderne: egli si rivelerebbe "in ogni occasione più studioso della riforma iramediata che vero speculatore",21 cioè vero teorico. Per Einaudi come economista "manco d'ala", per Venturi manco "di slancio".2- Pure altri criticano le sue concezioni monetarie, che non trovano né originali né moderne. Infatti il suo nome figura solo eccezionalmente nelle storíe del pensiero economico, che invece non trascurano Verri e Beccaria. Ma Schumpeter lo include a ragione nei novero dei maggiori esponenti della letteratura italiana sulla moneta - una letteratura che durante tutto il periodo si sarebbe mantenuta ad un livello più elevato di tutte le aitre - tra i maggiori esponenti, accanto a Scaruffi, Davanzati, Montanari, Galiani, tuttavia senza discutere o semplicemente illustrare le sue idee monetarie, perché cli fatto si limita al titolo dell'opera in cui solio raccolte.2-5 17 F. Vf.NTURI, La letteratura italiana. Storia e tesll ñlunmistí itaUani, Ui, Milano-Napoli 1958, p. 423. 18 PERRERA, Delia moneta, cit., p. XCIÍ. 19 A. E. monroe, Monetary Theory before Adam Smith, Harvard 1923, pp. 251-52 20 Caru, Delle monete, cit., 1, pp. 54,57-58. 21 A. ERRERA, Storia deli economía política nei secoli XVII e XVIII negli Si at i della Repub-blica ve«e/a, Venezia 1877, pp. 164-71. ' •22 Venturi, lllumhtisti italiani, cit., Ill, p. 428. 23 J. A. Schumpeter, Storia dell'anaUsi economica, Torino 1954, pp. 355-56. 15 ACI A mSTRÍAE V. UgoTUCCL TEORÍA E PRATICA NELl.E IDEE MONETARIE .... 11-24 Certo, il panorama monetario italiano contemporáneo suggeriva a chi volesse trattare la materia meno deíle costruzioni teoriche che non la formulazione di ri-cette per interventi di politica monetaria a breve o a medio termine. II campo d'osservazione del Carli era di fatto costituito dal grande "sbilancio" delle monete. per cui in ogni cittá le singóle specie valevano di piü o di meno, sulla base di un errato o arbitrario rapporto tra i raetalli, determinando movimenti speculativi cosí proficui che molti vi si dedicavano, spegnendo la gloriosa tradizione dei traffici commerciali. La situazione era cosí ingarbugliata che non c'era mai stato "alcuno che ardisse alzar il sipario a questo misterioso Teatro, per cui varié Commedie furono scritte su' Libri ed in cui non pocbe Tragedle rappresentarsi fur viste".24 Con queste premesse non puo sorprenderé che l'ídea centrale che percorre tutti i lavori del Carli sia queDa di un universo di monete a pieno valore intrínseco, cioe con un valore esterno pan al contenuto fino, un universo perfetto nel quale ogni pezzo circolante trovava la sua naturale collocazione, un grande allineamento al loro valore effettivo di tutte le monete di qualunque paese. La vediamo tTadotta sul piano concreto ad esempio nella relazione che egli presento al govemo milanese nel 1766, dove si dimostra che tutti i disordini della circolazione derivavano dalla sproporzione tra le monete e dal valore légale arbitrario che era stato loro attribuito: altro rimedio non c' era che quello di ristabilire la giusta proporzione di una moneta con l'altra sia nazionale sia estera, togiiendo cosí ogni profitto alia speculaziane. Nelle dissertazioni questa idea centrale acquista evidenza attraverso le sue ripe-tute formulazioni in contesti differenti, con reciproci richiami per conferme e per cbiarimenti, sostenuta da sequenze varié di documentó ordinate per illustrarla da diverse angolature. Alia confusione degli anni in cui viveva, per la varieta dei coni, dei pesi, dei titoli, Carli contrappone un'etá di Saturno nella quale le attivitá commerciali erano facilítate dall'armonica proporzione tra i metalli. Egli la individua nel periodo tra la seconda parte del Duecento e i primi del Seicento. Allora in Italia erano in funzione un centinaio di zecche, che alimentavano una circolazione abbondantc Per lui fu nel Seicento che cominciarono gli squilibri e il disordine, con 1" introduzione, nelle monete, di ún valore immaginario in aggiunta o in sosti-tuzione di quello effettivo, immaginario vale a diré fittizio. in quanto valore reale era quello corrispondente al contenuto fino25: un ritrovato diretto a "spiri-tualizzare il metallo o a fare che il nulla divenga una sostanza reale.26 A fomire una giustui.cazi.oue per questa "peste" del valore immaginario erano stati, secondo il Carli, non giá i giureconsulti rotnani, sui quaü si voleva far ricadere 24 CaRU, Dellí monete, cit., I, p. 73. 25 /¿/¿.lU.pp. 12-33 (Diss. VII). 26 G. CaRU- Osservazioni preventiva ai piano intorno alie monete di Milano, Milano 1766, pp-13-34. 16 ACTA I'IÍSI'RIAE V. Ugo TUCC1: TEORIA E FRATICA NELLE IDEE MONETARIE.... 11-24 la colpa, ma con le loro argomentazioni caviliose i giureconsulti di quel secolo, i quali avevano gettato confusione sulla "vera idea di moneta" ragionando non deíla sua essenza metallica ma di numero e di valore légale.27 Cosi, la circolazione era stata invasa dalia moneta erosa, cioè da pezzi d'argento a basso titolo con un valore ¡egale in misura più o meno larga superiore al valore del contenuto metalJico, cioè con quella caratteristica che oggi definiamo di moneta segno, in contrap-posizione con la moneta a pieno valore intrínseco. Aver creduto che, per il fatto che il loro impiego si limitava alie piccole contrattazioni interne, si potesse as-segnare un valore arbitrario alie mooete d'argento a basso titolo o di rame fu a parer suo un " fatale ingann o " ,28 Carli calcóla che nei giorni suoi lo scarto tra valore legale e valore effettivo fosse giunto in Italia al 30% circa. Questa soprawalutazione deila moneta bassa provocava la tosatura deile monete d'oro e d'argento, la loro scomparsa dalla circolazione, l'aumento del loro valore arbitrario, insomma i mali da tutti denunciad, contro i quali si spuntavano le armi delle poiitiche governative.^ Nel sostenere questo, Carli non era un isolato. L'ideale di una circolazione composta esclusivamente di monete a pieno valore intrínseco non perse la sua suggesti-one lungo tutto il Settecento, per quanto suli'esperienza dei disordini monetari pro-vocati dalle guerre le poiitiche economiche e la teoría si andassero aprendo a con-cezioni nuove. Cosí, la grande riforma monetaria sabauda del 1755 ai realizzo col ritíro deíle monete ín circolazione e la loro riconiazione iü pezzi esattamente proporzionati nell'intrínseco33 e anche in un paese come P'Inghilterra ü governo ordi-nô due volte - nel 1695 e nei 1774 - una rifusione delle monete circolanti per restituiré loro il peso e ii titolo esatti,31 senza timore delle conseguenze della deflazione. Se questo poteva valere per le specie monetarie d'oro e per quelle d'argento, diffkilmente era sostenibiSe per le monete di rame. Il tema della moneta minuta, di solo rame o d'argento a basso titolo, è uno dei più controversi negli scritti monetari dei Settecento e ha costituito la massima preoccupazione degli interventi gover-nativi. Essa staya ormaí divenendo una moneta segno, con valore superiore a quel-lo del métallo del quale era fatía, dunque un semplice segno di valore, dove il contrallo della massa in circolazione aveva importanza moito maggiore della fedeltà ai valore intrínseco. L'esperíenza insegnava che si poteva risparmiare sul contenuto metallico a condizione di limitare la quantità dell'emissione. Era un principio che in Italia era stato teorizzato da Geminiano Montanari e che Carli non solo non lo 27 CARL!, Delle monete, cit., [II, p. 203 (Diss. VIII), 28 CARLi, Oservaziorti preventive, cil,, p. 31. 29 Caru, Ûelle monete, cit., II, Pisa 1757, pp. 420-29,484-85 (Diss. VI). 30 G. Felloni, Il mercato monetario in Piemonte nel secolo XVIII, Miiano 1968, p. 241. 31 Ch. RlST, Histoire des doctrines relatives au crédit et