G R O N I C H E O S S I A MEMORIE STORICHE SACRO - PROFANE Dl TRIESTE Cominciando dall’XI. secolo sino a’nostri giorni; corapi- late dal R. D. Giuseppe Mainati Sagrestano della Catte- drale di S. Giusto Martire. Coli’aggiunta della relazio- Re dei Vescovi dal primo sino al deeimo secolo. TOMO SECONDO VENEZIA mili tipografu picotti 1817 'V i' / . ' ; ' « N Us;.-, ► i ■} ‘ offfban fV; < §9 » 9 1 Anno l4ll i4i3 V E S C o V I M E M O R I E occorrese pel bene della Cittk. Capi ta no Corrado de Lench, e Ja¬ ma . Li Veiiezia- ni si oppon- gono al pas- saggio del- P eletto Ira- peratoreSigi- smondoinca- minato verso Roma per far¬ si incorona- re. Tratteni- menti che usavansi in questi tempi. Simone de Niblisfabbri- ca 1’Ospeda- le di S. La- zaro per i leprosi . Viene de- stinato Zan- dolfo Bajar- do con altri soggetti al provedimen- todelPoccor- DOCUMENTt PA G. »94 195 »97 »99 201 XXJ DOCOMENTI 202 XXII PAG. I 202 ao4 2o5 206 i4ao TESCOVI JfuM. M E M O R I E nesto ordina ai Triestini che rifacci- no le mura, e fortifichino le porte del- la Cittži. I Giustino- politani rub- bano 1’ olio nella villa di Servola. Al- cuni soldati di Monfalco- ne i quali ru- bavano una barca , furo- no dispersi , e due arre- stati . Risolazione del Vescovo circa l’Ospe- dale dei Le- prosi. Li Triestini radunanoin- torno la Cit- ta gli anima- li, e proibi- scopo a chi- unque 1’ al- lontanarsi dalla mede- ma . Capitano di DOCUMENTI XXIII DOCUMEJVTI XXIV xx\ documenti Sentenza del concilio di Basilea XXVI XXVII DOCUMENTI vescovo E- nea al capi- tolo di Trie* ste. XXVIII XXIX XXX xxXi DOOUMENTI XXXII XXXIII DOCUMENTI Ducale del Doge di Ve* nezia Barba- rigo a Gior* gio Viaro ca* pitano di Ra* spo in favo* re di D. Gia* como diTrai intruso nella Pieve diRoz* zo. M EMO R I E DOCUMEHTt ta ed ahare di esso San¬ to al capito- lo della Cat- tedrale . II Vescovo consagraFal- tare del San- tissimo nel- laCattedrale. Peste inTri- este. Pietro Bo- nomo viene spedito dal- l’Imperatore Massimiliano ambasciato- re a Malines. 5 Capit. Eras- mo Brasca, Vengono ri- chiamaii dal bando trenta cittadini. Lettera del- 1’ Imperatore Massimilia- no al vescfl- vo Acazio in favore di D. Giorgio Pre¬ mer . Risoluzionte del Vescovo circa 1’elezio- ne dell’Arci- diaconatodel prefato Pre¬ mer. MEMORIE STORICHE SACRO-PROFANE dale’ a n N O i3oo. AL l5oo. / Ke de Romani Pontefiee Alberto d’Austria. l3o ° Bonifacio VIII. 43 ERRIGO III. rampollo della nobile famiglia [3cr Rapiccia, assunto al vescovato di Trieste invece di Giovanni V. Fu dalla morte rapito poelii mesi do- po tenuta la Sede Vescovile . Giovanni ViearioCapitola.re diCossana nellaDio- cesi di Trieste , in una sna lettera scritta alCapito- lo gli da parte allo stesso, clie certo Astolfo avea eccitato 1’ incendio in tntti i villaggi del distretto di Cossana_, e 1’esercito del Dnca d’Austria avea dato il guasto a tutti que’ luoghi, e che per dne nottinon ardiva dilungarsi dallaparrocehia, poiehe i Veneziani minacciavano di prenderlo . Sebbene lasuddetta lettera sia senzadata, oredesi pero scrit¬ ta circa quest’anno i3oo. II Papa Bonifacio VIII. concesse 1’anno i3oa. I 9 indulgenza plenaria per la festa della dedicazione dellaCattedrale di s.Giusto^ a tutti quel)i che con- correranno a soceorrere la fabbrica di dettaGhiesa. Re de’ Romani ^ Pontefiee Alberto d’Austria. * Benedetto XI. 44 RODOLFO PEDRAZANO Cremonesesucees-jjjjj se adErrigo III. in quest’anno (i) 3 nei qnale agli 11 ( 1 ) Fone prima. Si conosee in quest'anno per vin delto stromento segnalo i* epoca i3o3. tom. n. a 2 novembre investi Andrea Giroldi nel Feudo di Ca- 1 ^°^lisetto in Istria, e nel medesimo anno confermb un cert’istromento, e sentenza col Comune di Umago, coine si vedra qui appi'esso . i XXXII. Nel nome del Signore . Cosi sia . L’anno delSignore i3o3.Indizione prima li a ottobre. Fat- to nel palazzo del vescovo Triestino, in presenza dei sigg. Odorico Scolastico canonico Triestino, Nicolo qu. Cremon, Merimo de Cremon abitanti Triestini, maestro Vincenzo di Cremona abitante in Venezia, ed altri testimoni a cio chiamati e pre- gati. II Rev. padre in Cristo, e sig. monsig. Rodolfo> per la Dio grazia vescovo Triestino per se, e per la sua cbiesae vescovato da una parte, ed i sigg. Vale- XXXII. In nomine Domini, Amen. Anno Domini millesimo trecentesimo tertio, Indictione prima die se- cunda, intrante mense oetobris. Actum in palatioTer- gestini episcopatus, praesentibus dominis Odorico Sco¬ lastico canonico Tergestino, Nicolao qu. Cremon, Mer- lino de Cremon Tergestinis habitantibus, magistro Vin- centio de Cremona Venetiis habitante, et aliis testibus ad haec vocatis et rogatis. Reverendus in Christo Pater, et dominus dominus Rodulphus Dei gratia episcopus Tergestinus pro se, Ecclesia, et episcopatu suo, ex una parte, et domini Valexius et Pellegrinus notarius de Umago siadiei, et 3 «lo, e Pellegrino notaro di Umago simlico,e pro-^pg curatore del nobil uomo sig. Giovanni Micbele di Venezia, Podesta di Umago, de’ giudici del Corau- ne del sopraddetto Umago, come era manifesto da un pnbblico Istromento quivi letto, fatto per mano di me notaro sotto lo stesso millesimo, Indizione, giorno penultimo di setterobre, ed in nome del suo sindicario, e procuratorio dalP altra; come meglio hanno potuto , lodarono, sottoscrissero, e ratifica- rono tutti i patti latti fra il venerabile padre mon- signor Brissa di b. rn, vescovo di Trieste , contenu- ti in un certo istromento seritto per mano di Sega- fieno di Gastellarano notaro, iLcui tenore e il se- guente. In nome di Gristo . Gosi sia. L’anno del Signore procuratores nobilis -viri domini Johannis Micbaelis de Venetia Potestatis Umagi, judicum et Communis supra- dicti Umagi, ut patebat cpiodam instrumento puhlica ibidem perlecto, facto mana mei notarii sub eodem millesimo, Indictione, die penultimo septembri«, et suo sindicario, et procuratorio nomine supradicto, ex alte- raj siout melius potueruut, laudaverunt, firniaverunt et ratificaverunt omnia pacta facta inter -venerabilem Pa- trem dominum Brisana bouae memoriae episcopum Tergestiuum contenta in cpiodani instrumento scripto manuSegafeni de-Castellarano notario, tenor cujus est tališ, „ „ In Cbristi nomine. Amen. Anno Domini millesb 4 1399- Iudiziooe duodecima il giorno di martedi OD penultimo di settembre dopo terza, vicino a nona, II discreto uomo sig. Pre Corrado sagrestano diCa- podistria, eletto giudice arbitro per il reverendo monsignor Brissa vescovoTriestino , in notne suo, e del veseovato di Trieste da una parte ; ed il nohil uomo sig. Ruzeno Foscarino Podesta d , Umago, Pel- legrino notaro, Valerio , Giroldo , Simone Panza d 5 Umago, sostituiti da Odorigo del qu. sig. Detema- ro, Papone del qu. sig. Papi, Valesio di Pirano, Gi- roido del qu. Gadolo, Leonardo del qu. Odorlico , Odorico Zamparino , Spinabello del qn.di Chiozza, Vetrano del qu. Michele, Randolfo del qu.di Pirano , Malgranito del qu. Malgrani- jno ducentesimo nonagesimo nono, Indictione duodeci¬ ma, die martis penultima septembris, post tertiam jux- ta nonam. Discretus vir dominus Praesbjter Conradus Sacrisla de Justin. judex arbiter elcctus per Rev. vi- ruru dominum Brixam episcopurn Tergestiaum, nomi- ne sui et episcopatus Tergesti ex una parte; et nobi- lem virum dominum Ruzenum Foscarinum Potestatem Umagi, Pelegrinum notarium, Valerium Giroldum , Simonem Panzam de Umago, substituto ab Odorico qu. domini Detemari, Papone qu. domini Papi, Vale¬ sio de Pirano, Giroldo qu. Caduli, Leonardo quon. Odorlici, Odorico Zamparino Spinabello qu.de Clu gia, Vetrano qu. Miehaclis, Rantulpbo qu. ... de Pirano, Malgranito qu. Malgraniti, Simone Panza, eS ti, Simone Panza, ed Al merico del qu. Sig. Odori- eo. Avuta la presidiale facolta ed autorita alle cose 1 iofrascritte dal consiglio maggiore del Castello d’ Umago, com’e manifesto dagli istromenti scritti da Marce Rnbeo notaro con imperiale autorita, vedu¬ ti e letti da me ,infrascritto notaro, dalPaltra par- te, sopra cer te cause, liti e rpestioni vertenti fra le parti,delle cjuali piu sotto si fa menzione, in vigore e virtu del detto compromesso che ha nelle sne mani . Veduti, uditi, intesi i diritti, le allega- zioni, le petizioni, e le difese delle parti, e tenuto sopra gueste cose consiglio di moltisapienti, ezian- dio con diligente risoluzione, lungo discorso, la- sciate a parte quelle cose le quali non fanno ali’ liopo ; invocato il nome di Cristo, stando a sedere Almerico qu. domini Odorici. Hnbita hajdia facultate, et auctoritate ad infrascripta a majori Consilio Castri Umagi, ut palet per instrumenta scripta per Marcum Rubeutn Imperiali auctoritate nolarium, a me infrascri- pto notario viša et lecta, ex allera parte: super certis causis, litibus, et quaestionibus binc inde inter ipsas partes vertentibus, ex quibus infra fit raentio, vigore et virtute dieti compromissi iu ejus manibus con- lenti. Visis, auditis, intelleclis, juribus, allegationibus, petitionibus, et defensionibas partium , babitoque su¬ per ipsis quanipluriuni sapientum consilio cum delibe- ratione etiam diligenti, verborum prolixi(ate, omis- sa quae ad retn non pertinent. Cliristi nomine invoca* 6 pronunzio, comando, lodo, sentenzio , ordino, 0 Io0 ^disse in plimo luogo sopra la domanda di qnai’anta staja diformento misura veneta che fecero il detto monsig. vescovo nel predetto Gomune d’Umago, le quali il suddetto sostituto, e sindico,in nome del detto Gomune, sia tenuto di dare , e pagare al detto monsig. vescovo, od al suo nunzio per Panno presente in Umago tredici staja veneti di formento di qua alla prossima ventura festa di tutti i Santi, e da li in avanti ogni anno nella festa della Madon- na d’agosto ventisettestaja veneti di formento, An¬ tanto che il rnedesimo monsig. vescovo avra vita,, e stara nel suo vescovato Triestino, ed altrove ovunque egli fosse vescovo permanente. Parimen- te il noniinato giudice pronuncid, disse, comando, to, scdendo pronunciavit, praecepit, laudavit, senten- tiavit, mandavit, et dixit, primo super petidone sta- riorum quadraginta frumend ad mensuram venetam quam faciebat dictus domiuus episcopus praedicto Co- niuni Umag!, dare, et solvere teneatur dieto domino episcopo, vel ejus nuutio pro anno praesenti in Uma¬ go staria tresdecim veneta frumenti, liinc ad festum omnium Sanctorum proxime venturum, et ab inde in antea annuatim in festo sanctae Mariae de augusto sta¬ ria veneta vigiuti septem frumenti doneč idem domi- nus episcopus viserit, et steterit in episcopatu suo Tergestino, et alibi ubicumque ipse fuerit episcopo permanente. Item nominatus judes pronunciavit, di- 7 e sentenzio , che tutti i danni fatti, e ritenuti vi- cendevohnente fra le stesse parti fino al presente 1 giorno sieno rimessi, e di tutti, e ciaschedun di lo- ro non si possa, ne si debba mai piu fare questio- ne, o domanda fra le predette parti. Parimente il predetto giudice pronuncio, sentenzio, comando, e disse, che il detto monsig. Vescovo non debba , ne possa richiedere alcun’ altra cosa dal predetto Co- mune d’Umago fino ehe vive per se, o per altra persona in alcun altro modo, diritto, ragione, o causa. Parimente sentenzio , comando, e disse, che il detto monsig. vescovo da se, o per mezzo d’al- tri non possa richiedere , o far chiedere alcuna co¬ sa, da cjualcuno, o a qua!euno d’ Umago, se non xit, mandavit, et sententiavit, quod onrnia damna da- ta et retenta hinc inde inter ipsas partes usque prae- seutern diem sint remissa, et de ipsis omnibus, et sin- gulis nunquam ulla possit vel debeat fieri quaestio vel petitio inter praedictas partes. Item praedictus judex pronuntiavit, sententiavit, mandavit, et dixit quod dictus dominus episcopus nulla alia possit vel debeat petere a prnedicto Communi Umagi in vita sua per se vel per aliam personam aliquo modo, jure, ratione , vel causa. Item sententiavit, mandavit, et dixit, quod dictus dominus episcopus per se vel per alios non pos¬ sit aliquid petere, vel peti facere ab aliquo , vel ali- quibus de Umago, nisi cum privilegio vel jdoneo in- 3 con privilegio, o con idoneo ietromento . Paririien- 1 ^°^te pronunzio , sentenzio/e disse , che il detto mon- signor vescovo da se, o per mezzo d’alt.ri non deb- ba molestare ^ o inquietare i chierici, o pr-eti d’ Umago, i quali in tempo della discordia avuta fra le stesse parti contro la proibizione del detto mon- sign. vescovo avessero celebrati i divini Offioj. Pa- rimente pronunzio, comando, e disse , clie il pre- detto Comune d’Umagoin tempo di guerra genera¬ le non sia tenuto dare o pagare nulla del predetto formento di sopra a se appropriato , salvi sempre i feudi e decime dello stesso monsig. vescovo contro speciali persone, e salve le sue possessioni. Laqual sentenza pure, Jaudo, ed arbitrio, con tutte e sin- gole le soprascritte cose, il nominato giudiee aven- strumento. Item pronunciavit, sententiavit, et dixit , quod dictus dominus episcopus per se, vel per alios non debeat molestare seu inquietare clericos seu pres- biteros de Umago, qui tenipore discordiae inter ipsas partes habitae coatra inhibitionem dieti domini epi- scopi divina Offitia celebrassent. Item pronunciavit, et praecepit, et dixit,quod praedietum Commune deUma- go tempore generalis guerrae non teneatur aliquid da¬ re , vel solvere de praedieto frumento šibi superius ju- dicato, salvis semper feudis, et deeimis ipsius domini episcopi contra speciales personas, et salvis duabussuis possessionibus. Quarn quidem seutentiam, laudum , et arburiuin, omnia et sitigula supraseripta nominatus ju- 9 do il predetto compromesso nelle mani ,, ed in vir*> ^ tu dello stesso compromesso comando alle parti d ' 5 c osservarlo inviolabilmente sotto pena apposta nel compromesso , e pagata la pena, o noj nonostante la presente sentenza, laudo, ed arbitrio ottenga la sua perpetua fermezza, e vigore in ciascuno de’suoi capitoli. Fatto nel palaazo del Comune di Capodi- stria , presente il nobil uomo sign. Andrea Quirino onorando Podesta di Capodistria, e Capitanio gene¬ rale delPIstria, il sig. Marino di Lavvazola di lui socio, il sig. Giovanni Belegao, il sig. Sardio deli’ Argento, Vidotto Belli, Guglielmo di Verona, Al¬ bertino Scalco dello stesso sig. Podesta, ed altri testimoni pregati. Io Segafieno di Castellarano no- taro del sagro palazzo, ed ora scrivano e cancellie- dex, liibens cornpromissum praedictum in man ib us, et "virtule ipsius compromissi praecepit a partibus invio- labiliter observari sub paena in compromisso apposita * et paena sol uta vel non , nibilominus praesens senten- tia, laudum, et arbitriuni in singulis suis capitulis ro- bur perpetuum obtineat firmitatis. Actum in palatio Gommunis Justinopolitani, praesente nobili viro domino Andrea Quirino lionorando Potestate Justinopolis, et Istriae capitaneo generali , domino Marino de Lavva¬ zola ejus socio, domino Johanne Belegno, domino Sar¬ dio de Argento, Vidoto Belli, Guillelmo de Verona, Albertino Sexchalco ipsius domini Potestatis, et aliis testibus rogatis. Ego Segafenus de Castellarano nota- 10 re delto sttfsso sig. Podesta, e Comune di Capodi- 3 ^ 0o stria, sono stato presente a tutte le predette cose , e pregato le scrissi. Ed e deciso ehe il detto for- mento si debba pagare, e dare al detto monsig. ve- scovo o al suo nunzio, specialmente in Umago, pa- rimente fu aggiunto questo espressarnente fra il detto sig. Eodolfo da una parte, ed i predetti Vale- sio, ePeregrino sindici in nome del sopraddetto sin- dicario, che il detto monsig. vescovo, o un suo de- terminato nunzio ogni anno nella festa di s.Miche- le, se verra in Umago, o per quindici giorni avan- ti, o per quindici giorni dopo, il detto Comune sia tenuto di dargli due soldi de’ grossi per un pasto d’ onoranza, Cosi che se il nunzio del predetto monsig. rius sacri palatii, nune seriba, et cancellarius ipsius domini Potestatis et Communis Justinopolis, praedictis omnibus interfui et rogatus seripsi. Et est judicatum quod dictum frumentnm debet solvi et dari dieto do¬ mino episcopo vel suo nuntio specialitet’ in Umago. Item hoe addito expresse inter dictum dontinum Ro- dulpbum ex una parte, et praedietos Valexium, et Pe- regrinutu sindicos noiuine sindicario supradieto , quod dictus domin us episcopus vel ejus certus nuntius an- nuatim in foto sancti Michaeli?, si venerit Umagum * vel per quindecim dies aute, vel per quindeciin dies post, dictum Commune teneatur sib. dare duos soliclos gros- sorum pro uno pasto pro bonorantia. Ita tamen quod si nuntius praediett domini episcopi vellet potius duo IX vescovo volesse piuttosto dodici grossi, che rice- vere il predetto pasto, sia temito il predettoComu- 1, r ne di dargli i detti dodici grossi. Le guali eose tut- te scritte di sopra e di sotto, il predetto monsignor Rodolfo vescovo Triestino per se, per la Cliiesa, e suo vescovato, ed il predetto Valesio , e Peregrino sindici dei detti sigg. Podesta, Giudici, Consiglio, eComune dTJmago, in nome del sopraddetto sindi- cario promisero di tenerle stabili ferrae perpetua- mente, e di non contrafare da se o per naezzo d’al- tri, in alcnn modo, ragione, diritto o eausa sotto pena di mille lire piccole venete di denari colPob- bligazione di tutti i beni del detto vescovato e del predetto Comune. Rinunziando il detto monsig. veseovo i .ad ogni privilegio clericale, de’ decim grossos, quam recipere pastum praediclum, te- neatur dictum Commune dare šibi dieto« duodecim gros¬ sos. Qnae omnia superius, et inferius seripta, praedi- ctus dominus Rodulphus episcopns Tergestinus pro se, Ecclesia, episcopatu suo,et praedictus Yalexius Pere- grinus sindici dietorum domini Potestatis, Judicum, Consilii, et Communis Umagi, sindicario n o mine supra- dieto, rata et firma habere perpetualiter promiserunt , nec contrafacere per se vel per alios, modo alicjuo, ratione, jure vel eausa, sub paena mille librarum de- nariorum venetorum parvorum cum obligatione ont- nium bonorum dieti episcopatus et Communis praedi- etis. Renuncians dictus dominus episcopus. ia decreti, o deeretali, falti, e da farsi, ed a ogni al* 3o3 tro suo diritto, col guale potesse, o volesse difen- dersi, o preča utarsi dalle cose predette . Ed ancora l sopraddetti sindici rinunziando ad ogni ajuto di diritto, e di leggi, statuti, e riforme di consigli, consuetudini fatte e da farsi, ed ogni altro suo di¬ ritto, che volesse, o potesse usare contro le cose predette, o alcuna cosa delle predette . Io Giovanni figlio del qu.Miglioranza notajo con autorita imperiale,e cancelliere del Gomune d 51 Umago, sono stato presente a tutte gueste cose, e pregato ho scritto, e firrnato. In norne del Signore.Cosi sia.L’anno del Si- gnore i3o3. Indizione prima li a settembre. Fatt® omni clericali privilegio decretorum , vel decretaliura , factorum , et faciendorum, et orani alio suo juri cum quo posset, aut vellet se a praedictis defendere vel tueri. Et etiam supradicti sindici, renunciantes omni juriš, et legum auxilio statutorum, et reformatkmibus consiiiorum consueludinibus factis vel faciendis, omni alioque suo juri quo uti velleut vel possent eontra praedicta , vel aliquod praedictorum. Ego Joannes hlius qu. Miglorancae, auctoritate Ira- periali notarius, et caucellarius Communis Uinagi, his omnibus interfui, et rogatus scripsi et roboravi. In nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo tercentesimo tertio. Indictione priina, die secundo, fxeunte septembri. Actum in Logia Communis Umagi i3 nella Loggia del Comune d’Umago alla presenza di Vetrano del nu. Michele, Gibertino, Apostolo 1 ^ 0 ^ del qu. Ricardo, Leonardo del qu. Odorico, ed al- tri. Nella piena e generale radunanza del Comnne d’Umago, al suono della eampana,e voce deli’ araldo congregata secondo il solito , il nobil uomo sis . Giovantii Michele onorando Podesta d’Umago, giudici Leonardo, e Giroldo, il Consiglio e tutta la Comunita della detta terra , coli’ assenso del Co- rrmne, ed espressa volonta di tntti,edi ciascuno esistenti nella detta radunanza, nessuno fra loro discordi, fecero, Costituirono, e confermarono i sigg. Valessi del qu. Purini, e Pellegrino notajo d’ Umago, presenti, e volenti i loro stabiliti nunzj e sindici speciali per il predetto Comune per andare,, praesentibus Vetrano qu. Michaelis, Gibertino, Apo- «to!o tione ? jure, vel causa. Et eos ab omni onere satisfationis relevare sub paena, et in paena mille librarum denariorum vene- torum parvorum cum obligatione omnium suorum bo' 16 futuri, tutti e ciascuno rlel detto Gomilne d'Umago>< i3oo j 0 Qi ova nni del qu. Miglioranza cotne sopra.. (i) A questo monsig. Rodolfo čredo pure appar- tenere la tsingolare moneta che si conserva nel mu- seo Imperiale di Vienna j che ha da una parte il vescov'o mitrato sedente, il quale tiene la destra elevata in atto di benedire , e la sinistra col pasto¬ rale, leggendosi intorno : redulphus eps. Nel ro- veseio poi una camozza, o altro quadrupede sopra un monte con una specie di nimbo intorno alla te¬ sta , e con uno scudetto alla falda del monte con entro 1’armeggio di Trieste, ossia 1’Alabarda di s. SergiojCheha la forrna comed'ua giglia con le lettere intorno: tergestinus. Se ri fossero Parmi dei vescovi nel vescovato di Trieste State imbianeate senza tenerne copia , si vedrebbe forse, sequel quadrupede sia insegna di uno , e di quale de’ due Rodolfi . Mori monsig. Rodolfo Pedrazano Panno seguen- te, e fu sepoho nella Gattedrale di san Giusto in mezzo al eoro verso gli scalinij sopra la sua lapide norurn praesentium et futurorum omnium et singulo- rum dieti Communis Umagi. Ego Johannes qu. Miglioranzae > ut supra. (i) Nella dissertazione sopra le monete de’ vescovi di Trieste p. 3g. 4v. Tavola delle monete n. ij*. 1 7 quadrata posta per angolo verso 1’ altare maggiore si legge la seguente iscrizione: = (*) Qui riposano le ossa di Rodolfo Pedrazano vescovo di Trieste, il quale mori Parmo r 3 o 4 - li 7. di maržo = (1). Re de’ Romani i 5 o 5 P<> n tefic e Alberto d’Austria. Glemente V. 45 RODOLFO MORANDINO delCastello di Re- 1 becco, (che piu non esiste) Diocesi di Emona, os- sia Cittanova nelPIstria, il quale si scorge essere del tutto diverso dalPaccennato Pedrazano, quan- tunque 1’abate Ughellio sostenga essere lo stesso , di cui scrive = {**) Rodolfo Morandino, ossia de Pe™ drallani del Castello diRebecco dellaDiocesi Emo- nese pervenne a questasede Panno 1004. Ristauro, ed adorno la Cattedrale di s. Giusto. Ridusse ilPa- lazzo vescovile in questaforma che ora si vede. Ri- (*) F.odulph. Pedrazani , episcopi Terg. Hic ossa (juiescunt, qui oblit Ann. i3o4- VIL martii. (**) Rodulphus Moraudinus sive de Pedrallanis d* Castro Rebecco jEmonensis Dioecesis ad liane Sedem per- veait Ann. i3o4- Cathedralem s. Justi instauravit , esornavit, episcopale palatium ad hane quae modo spe- ctat formam redegit. Plura oppignorata hujus Ecclesiae (1) Questa e la piu cirilica sepcltura che esiste neU la Catledrale. TOM. Ji. a i8 scosse molti beni impegnati di questa Chiesa . Pre- 1 "'lato singolare nelP tiso delle cose, e degno in ve¬ ro , che mai Pobblivione ne seppellisca la memo- ria . Parti.dai vivi Parmo 1820, della cui morte Giorgio vescovo di Feltre per ordine del Pontefice GiovanniXXII. riceve Pamministrazione di questa Sede fin alPanno 1327 =. Merce che se 1 ’anno i 3 o 4 , come si moštvo, mori monsignor Pedrazano, il suo successore che governo la chiesa di Trieste sino al 1820. benche convenisse seco nel nome, de- vesi asserire non essere lo stesso per le cause gia addotte. Assunto quest 5 anno al sommo Pontificato ele¬ mente V. scorgendo Pltalia oppressa da tumulti, e sedizioni dehnalcontenti, abbandonata la citta di Roma, trasferi a quella d 5 Avignone in Francia la Sede pontificia , ove dimorarono iPontefici suoi sne- cessori anni 71 sino cheGregorio XI. a persuasione di s. Catterina da Siena ritorno la Gorte un’altra volta a Roma. Podesta della nostra citta di Trieste ritrovo Pan- 1307 110 I ^° 7 - Rinaldo Feliciani marchese delP Istria , ‘Nel qnal anno alli 10 gitigno fn convenuto dal ve- bona rodemit. Praelatusque rerum usu praecipuus, ae dignus profeeto cujus memoriam obliti,o nunquam se- peliat. Excessit e vivis Atm, i 32 o., ex cujus excessit Georgrus Fchrensis episcopus a Johanne XXII. Ponti- fice jussus, hanc Sedem administrandam suscepit usque ad annum 1327. 1 due, e tre volte col suo dovuto in- tervallo; ne il detto monsig. vescovo avendoli vo- luti investira in questo feudo; anzi di propria au- eum de Sjpario prout in se habebat ad rectum et le¬ gale feudum fratribus supradictis, qui fratres vi ven te. qu. dieto domino Johanne per annum et dies et ultra per menses plures sine prejuditio habuerunt tenuerunt, et possiderunt dietam villam, et loetmi de Sjpnrio pa- cifice et quiete. Mortuo vero eodem domino Johanne, infra debitum tempus venerunt ad praesentiam dieti domini Episcopi humiliter postulantes se ab eodem di¬ eto domino Episcopo de hujusmodi feudo investiri prout et jus et consuetudo feudorumrequirit. Cnmdictus dominus Joliannes nullum ex se proeedentem, vel qui alias in dieto feudo suceedere debuisset, reliquisset haere- demj et boe quidem fecerunt semel ? bis, et ter cura debito ipsius intervalloj nec dietus dominus Episcopus 36 torita senza laudo o sentenza ad essi fratelli , che 33l 4tenevano e possedevano la detta villa, o senza cli 5 essi lo sapessero, senza essere citati, non avendo aspettato un anno ed un giorno, come avrebbe do- ■vuto , s’intromise nella detta villa,e luogo di Si- paro, ed indebitamente Foccupo, che percio di- ceva il detto sig. Gregorin per se e procuratorio nome del detto suo fratello, che era di diritto, e consuetudine dei feudi e della patria, che essi per 1’ avvenire non soho tenuti di riconoscere , o ave- re la detta vlila e luogo da esso monsig. vescovo, ne obbedirgli in veruna cosa cbe risguarda la medesi- ma. Nonostante pero per la fede, e devozione che ha ed intende avere alla prefata Chiesa di Trieste, senza pregiudizio dei diritti di essi fratelli finora eos de liujusmodi feudo voluit investire; imo auetori- tate propria, sine laudo et sententia ipsis fratribus te- nenlibus et possidenfibus dietam villam, ipsisque igno- rantibus et non citatis anno et die non expectato , ut debuit, se de dieta villa et loco de Syparo intromisit, et eara indebite occupavit, propter quod dicebat dictus dominus Gregorius per se et procuratorio nomine di¬ eti fratris sui, quod de jure et consuetudine feudorum et patriae erat, quod ipsi de caetero non tenentur re« eognoscere vel habere dietam villam et locum ab ipso domino Episcopo , nec šibi per ea in aliquo obedire. Nihilominus tamen propter fidem et devotionem quam habet, et habere intendit ad praefatam Ecclesiam de 37 m gualuTHjue maniera acquistati , chiedeva, e do- rnanrlo istantemente il detto sig. Gregorio unasola 1 volta per tutte tre da se , e per mezzo del detto suo fratello d’essere investito dal detto monsig. vesco- vo de’ loro diritti del predetto feudo, salvo il dirit- to di qualunque persona.il che monsig. veseovo ricuso di fare, dicendo, che esso non era tenuto , ne do veva lui o loro investire di detto feudo per le ragioni infraseritte, Prirno cioe, che il medesimo sig. Giovanni mori senza erede mascolino, che per* cio immediatamente preše possesso di detto feudo , e lo possede pacificamente e quietamente per piii mesi. E quelli che erano sopra i detti beni, disse- ro ch’egli lo abbia tenuto e posseduto fino alla Tergesto, absque praejuditio jitriutn ipsorum fratrum liactenus acquisitorum quorumcumque, petebat, et pe- tivit instanter dictiis dominus Gregorius semel pro ter- tio per se et dieto fratre suo investiri a dieto domino episcopo de jure ipsorum feudi praedicti, salvo jure cujuslibet personae. Qui dominus episcopus haec fa- cere recusavit, dicens,’quod ipse non tenebatur nec debebat ipsum, vel ipsos de dic‘to feudo investire, ra* tionibus infraseriptis. Primo videlicet, quod ipse do* minus Johaunes decessit sine haerede masculo, propter quod sta tim intromisit se de dieto feudo, et ipsum mensibus pluribus pacifice et quiete possedit. Et qni erant super dieta bona, dixerunt se tenuisse et posse- disse usque ad obitum dieti domini Johannis ipsa bo* 33 ( / morte del detto sig. Giovanni gli stessi betii feudalt in riome del medesimo sig. Giovanni. E perche cor- re costume nel vescovato Triestino, che chiunque vuol dare o trasferire gualche suo feudo in qual- čhe persona,deve lostesso feudo liberamente rasse- gnare nelle mani del detto monsig. vescovo, il quale monsig. vescovo deve allora investirlo. Pa- rimente perche ne il detto sig. Giovanni, il quale si dice avere investito questo feudo, il detto Gregorio, e fratelli ebbero , ne hanno mano di feudo ; e 'dato obe favessero, il medesimo sig. Giovanni non li pote investire, in pregiudizio dello stesso monsig. vescovo, e della Ghiesa Triestina, per la ragione clie in quel tempo il detto sig. Giovanni era in agonia, nella quale mori. Parimenti , perche lo stesso sig. Giovanni non restava vassallo del detto na feudalia nomine ipsius domini Johannis. Et quare moriš est in Episcopatu Tergestino, quod quicuinque vult dare vel transferre aliquod suum feudum in ali- qua persona debet ipsum feudum in manibus dieti do¬ mini episcopi Ubere resignare, qui dominus Episcopus tune habet ipsum investire. Item quare, nec dictus dominus Jobannes qui dicitur feudum hujusmodi in- vestisse, nec dieti Gregorius, et fratres hahuerunt nec babent mamim feudi; et dato quodliaberent, ipse dominus Jobannes non potuit eos investire in praejuditium ipsius domini episcopi et Ecciesiae Tergestinae pro eo qnod tune temporis dictus dominus Johannes non remanebat 3 9 monsig. veseovo di qualche feudo, ne aveva potu- to deteriorarsi uia vassallo. Parimenti perche lo 1 stesso Gregorio cede il detto feudo avanti al signor Doge, asserendo , ch’egli non aveva da far niente in [quel feudo, ne s’intrometteva in quello.Pari- mente perche, essendo in Siparo la famiglia del detto monsig. veseovo, e tenendo il luogo del medesinto monsig. veseovo, e venendo i fratelli al detto luogo da Capodistria con degli uomini ar- mati a cavallo, ed a piedi per mare, e per terra, fe- rirono quasi mortalmente molti della stessa fami¬ glia, per la qual cosa sarebbero tutti irnmediata- mente- privati dello stesso feudo, se si potevano chiamare vassalli. Parimente perche il detto Grego¬ rio e suo fratello diedero i detti beni feudali al sig. vassallus dieti domini Episeopi de aliquo feudo, nec poterat šibi deteriorars vassallum. Item quare idem Gregorius coram dieto domino Duce cessit dieto feu¬ do, asserendo, se non habere aliquid faeere in illo feudo, nec se de illo intromittebat. Item quare cunj familia dieti domini episeopi esset in Sjpario, ipsum- que locum teneret pro dieto domino episeopo , idem Gregorius, et fratres venientes ad dictum locum cum bonitnibus armatis de Justinopoli equestribus, et pede- stribus, per mare, et per terra m quamplureo de ipsa familia quasi ad morteni vulneraverunt; propter quod ipso faeto privati essent de dieto feudo, si vassalli di- possent. Item quare dietus Gregorius, et fratres di- 4 ° Podesta, Consiglio, e Comune di Capodistria, e 1* i3i4i llves tirono di essi beni in retto, e legale feudo , il* che di diritto non lo poterono fare, non passandoil retto e legale feudo a nessun Comune, ne a qual- che incerta persona. E per questo domando che gli si facesse sicurta, che se losse andato assolto da lo- ro, saria stato medesimamente da ogni altro nomo o persona . II sopraddetto sig. Gregorio da se ed in nome del sopraddetto procuratore quale allegava, e diceva , che prima d’ogni altra oosa era obbligato, e doveva essere investito dal detto monsig. veseovo nel suo diritto del predetto feudo, non che doveva, ed era obbligato di dire qualche cosa intorno.al suo diritto, dicendo eh’egli, ed il suo fratello fossero stati inve6titi della villa di Siparo con retto dirit- cta bona feudalia domino Potestati, Consilio, et Com- muni de Justinopoli dederunt, tet cos de ipsis investi- verunt ad rectum et legale feudurn, quod de jure mi- nime facere potuerum s cum rectum et legale feudum non transeat ad Commune aliquod, nec ad aliquam in- certam personam. Et propter hoc petivit etiam šibi fieri securitatem, quod si evaderet ab eis, absolutus ee- set ab omni homine et persona. Supradieto dom'no Gregorio pro se et procurat. nomine supradieto alle- gante et dicente quod ante omnia tenebatur et debebat per dictum dominum episcopum investiri de jure suo feudi praedicti, nec non debebat et tenebatur aliquid respondere vel dicere de jure suo, .cum diceret se ae dictum fratrem suum iuvestitos fuisse de villa Sjpara 4-r to, e legale feudo dal detto qu. sig. Giovanni, e che come vien detto, ancor lui vivente, l’avessero Ij ! d’ pacificamente, e quietamente posseduto. II detto monsig. vescovo replieo e disse , che il detto signor Giovanni non pote investire lo stesso Gregorio e suo fratello del predetto feudo diSiparo per le sud- dette ragioni, e cause, ne esso monsig. vescovo era tenuto investirli del detto feudo per le scspra alle- gate cause e ragioni» Sopra le quali cose cercando il detto giudice a chi appartenesse un tale diritto , fu sentenziato dalli predetti vassalli, che il detto monsig. vescovo non era tenuto ne doveva investi¬ re i detti fratelli d’ alcun diritto del predetto feu¬ do, se prima non provino, e facciano fede ad esso monsig. vescovo del diritto a loro investito, come jurerecti, ct legalis feudi a dieto qu. domino Johanne } ipsamque eo vivtnte, secUndum quod praedicitur, posse- disse pacifice et quiete. Dictus dominusepiseopus replica- vit, et dixit quod dictus dominus Johannes eosdem Gre- gorium et fratrem de praedieto feudo Sjparii supradietis rationibus, etcausis nonpotuit investisse, nec ipse domi¬ nus episeopus tenebatur eos de dieto feudo investire causis et rationibus supra allegatis. Super quibus quao- rente dieto domino judice quid juriš inde esset, sem tentiatum fuit per vassallos praedietos, quod dictus dominus episeopus non tenebatur nec debebat dietos fratres investire de jure alkjuo feudi praedicti, nisi prius doceant, et fidem faciant ipsi domino episcopa 4 a diconodelqu. sig. Giovanni predetto salvo cio, I ^ I 4che il raedesimo monsig. vesoovo vorra dire , ed opporre contro il diritto di questa investitura e si dovra veder«, e riconoscere dai vassalli della Cu- ria del detto monsig. vescovo, se 1’investitnra fat- ta dal detto sig. Giovanni sia valida, o no. Oppure se i detti fratelli sieno obbligati, e debbano pre- stare,efare larichiestasicurta permezzo di monsig. vescovo sopraddetto o no . Dalla qual sentenza il detto sig. Gregorio dase ed innome del procurato rio suddetto,per leragioni da se sopra allegate se nten- dosi aggravato, appelib nlla preše nza del Rev. pa dre monsig. Ottobono Patriarca della santa Sede d* Aquiieja. de jure šibi in vesti to, ut, dieunt per qu. dotninum Jo* bannem praedictum . Salvo eo quod idem dominus episcopus dicere et opponere voluerit ‘centra jus hu- jusmodi investiturae, et videri, et recogaosci debebit per vassallos Curiae dieti domini episcopi utruinque investitio faeta per dictum dominum Jobannern, va- leat, aut non. Aut utrum etiam. dieti fratres tenean- tur et deheant praestare et faeere securitatem petitam per dominum episcopum supradictum. A qua senten- tia dictus dominus Gregorius ex se et praedieto pro- curatorio nomine rationibus a se supra allegatis cum se sentiret pergravatum, appellavit praesentiam Rever. Patris domini Ottoboni Patriarcbe sanctae Sediš Aqui- lejensis. p Dato nella Chiesa maggiore, di Trieste li i 8 del rnese di agosto . Indizione duodecima. Io Michele Ade di Trieste con imperiale autorita notajo, sono stato presente alle cose predette,e pregato lq ho scritte . Governava Trieste P anno i3i 5 col titolo di Po- * 1 3 desta Paolo de Sylliman Bolognese dottore di legge . La prima volta che nella Cattedrale fossero in- trodotti i mansionarj, o vicarj Corali., fn 1’ anno i3i6,in numero di quattro. La loro prebenda consisteva , come Puso di que’ tempi, in derrate 10 naturali, e per quanto rilevasi dagli urbar j, sem- bra che tutti e quattro percepissero quanto un solo canonico (i). Promosso ad istanza di Roberto re di Napoli alla vacante Sede Patriarcale d’Aquileja P anno 1 , 317 . Castone/lella Torre arcivescovo di Milano, com- 1 3 mette egli con data del prirrio febbraro in Avigno- ne a Raimondo della Torre suo vicario generale , che senza sua espressa e speciale licenza non ap- Data in Eeclesia Majore Tergesti die 18. mensis au- gusti. Indictione duodecima. Ego Michael Ade Tergestinen. Imp. Auct. Not. prae- *ens fui supradictis, et rogatus scripsi. ( 1 ) Libri Capitolari nelV anno i3i6. e seguenti. 44 provi, ed ammetta, o rigetti verutia presentazione)* postulazione, elezione ec. Inviato li 12, agosto ver* so Aquileja, cavalcando sopra 1 ’Alpi vicine a Fi* renze gli cadcle sotto il eavallo, e' rotto 1’osso d’ una gamba, oppresso dal dolore , pria di prendere il possesso della sua Chiesa, gli convenne prendere quello della sepoltura. Al governo politico della nostra citta fu assunto ^ 1 ’anno 1 3 19 col titolo di Podesta Raimondo della Torrej e 1 ’anno seguente i 3 ao il conte di Gorizia. Quest’ anno parimente li 7 Maržo passo da questa a miglior vita il vescovo di Trieste Rodolfo, di cui nei libri delle costituzioni del renerabile capitolo di Trieste sta scritto . j3 20 = (*) L’anno 1320. Mori il Rev. padre in Cristo monsig. Rodolfo di Rebecco vescovo Triestino , il quale ristaurb la chiesa, e viedifico tutto il vesco- vato , e ricupero molti beni perduti del vescova- to=.Molti e gran beneficj ricevette la nostra Chiesa da questo insigne prelato, poiche oltre gli accennati, pago molti debiti, e riscosse mol te cose tla’ suoi antecessori impeguate , convenendo con li Mtigisani, che per isgravio delle loro obbligazioni (*) Anno i 32 o. Obiit Rev. in Christo Pater do- niinus Rudulphus de Rebeco episcopus Tergeslinus, qui ecclesiam reparavit, et episeopatum totum rehe- dificavit, et multa bona episcopatus perdita recupe- ravit « 45 paghino annualmente al vescovato di Trieste s8 orne divino. ] Sbaglio monsig. Andrea Rapiccio ne’ suoi fram- menti manoscritti in attribuire al a vescovo Rodolfo di Pedrazano suo preclecessore, quanto opero il prefato veseovo Morandino, le cui podate siegue 1’ abate Ughellio (i). Questo medesimo annoBerardo, o v vero Bererardo cardinale titolare di s. Marcello legato Apostolico in Lombardia, esigette, e riscos- se li 29 luglio dal vescovato e clero di Trieste ano- me di procurazione fiorini d’ oro 63 per la tassa imposta alla Diocesi. Seguita la morte del veseovo Rodolfo Morandi¬ no, unironsi insieme i canonici di Trieste per Fele- zione del nuovo prelato, i quali erano discordi fra loro nelPel zione del soggetto, mentre una parte aderiva a Giusto arcidiacono del capitolo,e 1’al- tra persisteva nelPelezione di Guido de VilPalta canonico d’ Aquileja. Cagiono tal divisione molti mali, e fra i maggiori puo annoverarsi P essere stata priv a la Chiesa di Trieste otto anni di pro- prio pastore, come presto vedremo . Ricorsero le parti al Patriarca d’Aquileja, nel cui tribunale s’ agito qualche tempo la causadital contenziosa ele- zione; ma dovendo il Patriarca per obbedire alle Commissioni Pontificie pigliar Parmi contro i Vi- seonti che occupavano la citta di Milano per la (1) Col. 179. m im. xxru. 46 scomunica fulminata contro Matteo Visconti, creb 1 ^ 23 l’anno i3ai suo vicario generale Giovanni d’ Atti- mis abate di Rosaccio, il quale d’ ordine , e com- missione del prenominatoPatriarcaPagano, fe’puL- l32a blicare li i3 gennajo i3aa nella citta di Trieste 1’ indulgenze concesse per implorare il Divino ajuto contro 1’accennato Visconti scomunicato dal Som- moPonteficeGiovanniXXII.Il qualPapa attcora ri- servo il primo d’aprile tutti i beneficj vacanti nella provincia d , Aquileja da conferirsi per due anni dalla Sede Apostolica j quantunque le imposi- zioni , o coilette Pontificie si pagassero ogn’ anno senz’ascendere oltra i fiorini 64 d’oro. Quest’ anno ancora ritrovasi assegnato al go ver¬ no politico della nostra citta di Trieste con titolo di Podesta Monflorito di Coderta, onorato coli’ elo- gio : nobile e polente soldato , ^323 E P anno seguente 1823 gli successe Giovanni Valaresso nobile di Venezia } sotto il cui governo per decoro, uso, e bisogno della citta , decretossi in pubblico cousiglio di spendere lire quattromille da iinpiegarsi nella compra di 40 cavalli d’anni tre al valsente di lire cento per ciascheduno, i quali dovessero consegnarsi a 40 cittadini con condizione che ognuno arma^se il suo, ed occorrendo che in uso pubblico perisse alcuno di essi cavalli, fosse teauta la Comunita a comprarne un altro. Moren- do poi per disgrazia, o caso fortuito, restasse ob- bligato il cittadino allo sborso di lire einquanta, e delPaltre cinquanta al pubblico per la rimessa d’ un altro in sua vece . Se poi per mera negligensa perisse, o andasse a male, fosse astretto il eittadi- no a proprie spese a sostituirtie un altro. Solleciti i 1 ° 2 ^ nostri Triestini d’ integrare il pubblieo erario dello sborso delle suddette guattro mille lire, de- cretaro.no nel reggimento di settembre la revisione di tutte le cantine della citta , con ordineespresso, che in guelle ove si ritrovassero orne cento di vi¬ no, i Ior padroni fossero obbligati consegnarne una al pubblieo; ed a guel cittadino, che non avesse vino, fossero stimati i beni stabili, e d’ogni Cento marche, ne pagasse una al pubblieo, ed in tal modo si rintegro deli'’assegnate lire guattromille senz’aggravio deli’erario pubblieo . Imp. vacante. Pontefioe 1524. GioVanNi XXII. 46 FRA GIORGIO o piuttosto Gregnrio de Luca^M delPordine de , Predicatori di s. Domenico. Scorgen- do P arcidiacono Giusto, eletto da una parte de’ Canonici al vescovato di Trieste, che il ricorso fat- to al Patriarca d’Aguileja per la decisione della sua lite, prolungavasi oltre Fespettativa con poca speranza di buoidesito, s’appello guest’anuo alla Sede Apostolica, da eni gli furono concessi in Avi- gnone per giudici delegati Berengario vescovo di Porto, e Pietro Cardinale di s. Stefano in rnonte Celio . Mentre proseguiva la lite, il Sommo Pon- tefice Giovanni XXII. assegno guest’anno ammini- stratore della Gliiesa, e vescovato di Trieste il sud- detto Fra Giorgio, yescovo allora di Feltre, e di 43 Belluno.il cardinale diacono Pietro Coloima del ^ 3 4 titolo di s ant’Angelo scrisse al capitolo Triestino dalla terra di Cortedono d’ Avignone li 16 agosto, ehe avendo il Papa nominato vescovo di Feltre e Belluno Fra Gregorio , i eanonici di Feltre ad onta della riserva della nomina del vescovo fatta dal Pa¬ pa aveano eletto altro soggetto, ed era stato eon- fermato dal Patriarca d’Aquileja; pero volendo il predetto Papa provvedere al sostentamento , e de- coro di Fra Gregorio, gli avea commessa Pammini- strazione ad tempus del vescovato diTrieste j laon- de F aeeennato cardinale raccomanda , ehe per ta¬ le venga riconosciuto il sullodato Fra Gregorio, ed alli di lui proeuratori vengano corrisposti tutti i frutti spettanti al vescovato . Fecero le medesime , raecomandazioni per lettera sotto la data de’ 18; allo stesso capitolo i cardinali Giovauni diacono del titolo di san Sisto; Gaulolino cardinale prete del titolo di san Marcellino e Pietra; Napoleone cardinale diacono del titolo di s ant’ Adriano, Ar- naldo cardinale diacono- del titolo di santa Maria In Portico, e Rinaldo cardinale vescovo d’ Ostia e Velletri.. Ad onta di tali e si valevoli raccomanda- zioni, il capitolo di Trieste nulla persuaso, ehe la sua Chiesa fosse amministrata da prelato d’altra diocesi , e lontano dalla propria , traseuravano di corrispondere le vescovili entrate a’ procurato- ri dal medesimo spediti; il ehe udendo Fra Grego¬ rio dalle replicatc lettera de’ proeuratori suoi , scrisse sotto la d ata de’16 genu aro del seguente aaoo iSaS una nsentita lettera al capitolo lagnaa- 49 dosi primieramente , clie i frutti e rendite del ve- acovato non venissero corrisposte a’ procuratori da I ^ a 4 in esso deputati e rninacciandoli poi, che conti- nuando la contumacia, avrebbe obbligato il sud- detto capitolo a comparire personalmente per ren- dere ragione del suo operato . Intanto Fra Grego- rio prendendo piu a cuore 1’amministrazione della Chiesa Triestina, elesse ,e spedi in Trieste con ti- tolo di snovieario generale FraGuicciardino vesco- vo Coraanacense . Avvedutosi poi che tale soggetto malamente corrispondeva a’ suoi desiderj, e che in- vece di essere profittevole alla diocesi ed a lui me- desimo, anzi tutti e due questi oggetti venivano maggiorrnente trascurati; risolse in fine Panno 1326 li 19 aprile di creare suo vicario generale Gu- glielmo Zamosco con tutte le facolta a dett’ officio spettanti, dichiarando essere cessato il medesimo officio nella persona di Fra Guicciardino vescovo Comanacense sopraddetto . Governolla mediante li suoi vicarj sino ali’anno 1827, nel quale passo da questa ali’altra vita. Di esso seri ve 1 ’ahate Ughel- lio (1). Governando il politico della citta con titolo di Podesta Michele Giustiniano nobile veneto . Qnest’anno ancorafu prorogatadallo stessoSom- xno Pontefice la bolla della riserva de’ beneficj nel¬ la Provincia d’Aquileja, che principia: — (* *) Poeo (1) Ital. Sac. Tom. 5 . Col. 5 jg. Num. XXVIII. dove nell’aggiunta vien chiamato Gregorio, e non Giorgio. (*) Dadum videlicet etc. TOM. II. 4 5o fa cioe ec. il quale per commissione Ji BererarJo cardinale del titolo di san Marcello legato apostoli- co , fu intimata dal vicario d’Aquileja Giovanni ahate di Rosaccio, al decano e capitolo di Trieste da pnbblicarsi il primo decembre 1’ anno i3a5. Nel x3a5qual anno li s3 agosto Fra Guizardo vescovo Coma- nacense vicario generale del vescovato e diocesi di Trieste investi Melchiore decauo a nome di tutti i canonici, e capitolo nelle decime delle čase della citta , date e concessesecondo il costume antico dai vescovi predecessori al prenomiuato capitolo. Monsiguor Andrea Rapiccio riferisce ne’ suoi fram- menti mss. un memorabile successo seguito questo medesimo anno con queste parole, senz’ addurre la causamotrice delmisfatto. — (*) Nel tempo di que- sto Prelato ( parla del vescovo di Fellre ammini- strator-e ) Nicolo Bonomo, perche aveva tentato di mettere l’empie mani sopra la stia persona, termi¬ ni) la vita col laccio. Quest’anno pure Filippo del qu. Gurcio di Civi- } 3 2 6dale fu Podesta di Trieste, e poi il seguente r3a6. Zanino Gontarini Patrizio Venelo . Nel qual anno, perquanto si scorge da una scrittura antica cele- brata in Trieste sotto li 2.2 novembre, essendo Visi- tatore deli’Is tria Beltrando Legato apostolico per (*) Hoc praesule Nicolaus Bonomus, eo quod in illum impias manus injcere tentasset, suspendio vita® finivit. 5i eommissione del vescovo d ? Ostia, e Velletri, di- chiaro che non solo le deeime del Vino eGrani, ma 1 ^ anche delPOlio, Miglio e Legurni si dovessero pa- gare a’ Canonici di Trieste per sostegno della lor poverta. Seguita la morte di Berengario vescovo di Porto, Giudice delegato nella lite, che agitava presso la Sede Apostolica 1 ’eletto Giusto arcidiacono per il vescovato di Trieste, ottenne altra delegazione de’ nuovi giudiei, cioe GiovanBi del titolo di S. Teo¬ doro , e Geflardo del titolo di s. Lueia in Selci am- hi Diaconi Cardinali; e mentre formavaši grosso processo in contumacia del contr’ eletto Guidone eanonico d’AquiIeja; presentita la morte di Grego- rio vescovo Feltrense amministratore della Diocesi di Trieste; bencbe non fosse ancora spedita laeau- sa,ne pubblicata la sentenza, scorgendo forse la poca speranza di conseguire la sospirata grazia, si parti 1’anno seguente daliaGuriaRomana senz’altra licenza. Essendo Fanno 1327 eletto vescovo di Trieste ilj Padre Fra Pace di Vedano delPOrdine dei Predica- tori scrisse 1 ’ingiunta lettera da Bologna al Capito- lo , e Canonici di Trieste. XXXIV. Fra Pace eletto vescovo di Trieste ai Canonici da se diletti in Cristo, ed al Capitolo del¬ la Chiesa di Trieste in un salutare salute di tutti. XXXIV. Fr. Pax electus episcopus Tergestinensis in Christo šibi dilectis canonicis, et capitulo Ecclesiae de Tergesto salutem in omniuiu salutare. 5a Vi signifiehiamo che il giorno de’ 21 novembre I ^ 2 ?abbiamo ricevute le lettere delSs.Padre nostro sig: Giovanni per degna Providenza di Dio Papa XXII. colla Bolla di Piombo, non viziata, ma lontaua da ogni sospetto, conferendoci col mezzo di esse il ve- scovato, e la curanello spirituale e temporale del- la chiesaTriestina; le quali lettere venendo a Trie- ste, come speriamo in breve tempo, a Dio piacen- do, le porteremo con Noi, dopo di avere ricevuto il dono della consagrazione dal Signor nostro Lega- to, ilquale intende dieonsegrarci insieme con 1’e- lettovescovo di Bologna . Dato in Bologna li a5 novembre, In quest’ anno 1827 ritrovo Podesta di Tfiesta Marco Micbieli Patrizio Veneta . Significamus vobis, quod dieXXl. novembris recepi- mus litteras Sanctissimi Patris domini nostri Jobannis digna Dei providentia Papa XXII. cum bulla plumbea, non vitiatas, sed omni suspicione carentes, conferendo nobis per ipsas Episcopatum, et curam in spiritualibus et temporalibus ecclesiae Tergestinensis; quas litteras venientes Tergestum, ut speramus in brevi, nobiscum portabimus domino concedente, recepto prius consecra- tionis munere a Domino nostro Lega to, qui electutn Bononiensem, et nos intendit in simul consecrare. Dat. Bononiae die XXV. novembris. 53 Iffip. vaeaiite. - n Pontefice Giovanni XXIL 47 FRA GUGLIELMO Minorita. Al defunto Gre- ^orio Amministratore non successe al veseovato di Trieste il prelodato Pace da Vedano, rna in suave- ce il presente Fra GugliehnoMinorita , il qnale dal vescovato Sagorriense di Corsica , fu promosso a questo di Trieste il ventesimo quinto di Gennaro delFanno presente . La cagione di tal permuta non pud sapersi per maneanza di chi la se ris se . Di esso riferisce rUghellio (i): = (*) Fra Guglielmo deli’ Grdine de’Minori vescovo Sagoniese nella Corsiea fu trasferito a questa chiesa 1’anno i 32,8 li a6 di gennaro. Mori nel 1 33 1 , e fu sepoltonella chiesa di s.Francesco (a) . (*')■ Fr. Guillelmus ex Ordine Minorum episcopus Segoniensis in Corsica ad haflc Ecclesiam translatus fuit ann. i3ž 8 VII. Kal. februarii fato functus i33i sepul- tusque est in ecclesia saneti Francisei, ubi adhue ejus sepulcrnm spectatur. (i) Loc. cit. (a) D’ ordine delV intendente Calafati sotto il go- verno francese l’ arino i8i3 furono da quella Chiesa levate tutte le lapidi, dalle sepolture. 54 Partitosi dali’ Isola di Corsica , ed approdato a ^^Venezia, cou Iettera de’7 decembre fece noto alca- pitolo di Trias te essere cola arrivato dopo sofferti molti pericoli nel suo lungo viaggio, e che spiccia- ti aleuni affari., sarebbesi portato al suo vescovato, raccomandando frattanto a’ suoi canonici 1’ amore scambievole, il buon’esempio, 1’estirpazione de’vi- zj ed abusi. La poca salu te di questo vescovo l’in- dusse a far testamentoliab di maržo i 33 o, il quale oggidi ancora si eonserva nelParchivio vescovile di Trieste ^ e la di lui morte segui poi 1 ’ anno venturo. Riferisce monsig. Rapiccio ne’suoi frammenti mss. • di questo vescovo che ineontrasse un lungo e mo- lesto litigio co’ Piranesi a causa del Castello di Siparo, quale artche supero, e vinse, come si ve¬ dra nel qui appresso istromento tra poco . Ritrovo quest’anno pure i 3 a 8 Podesta di Trieste Febo della Torre, e F anno seguente 1329 un’altra ^ a ^volta Zauino Gontarini. Eeco Pistromento del ve¬ scovo Guglielmo circa il Castello di Siparo . XXXV. In nome del Signore. Cosi sia. L’armo dellaNativita del medesimo 1329. Indizione duode- cima, li 1 5 di luglio . XXXV. In nomine Domini. Amen. Anno a JNativi- tate ejusdem millesimo tercentesimo vigesimo nono In- ditione XII. die XV. mensis julii. 55 Sia noto a tutti^ che noi Avanzio Daniele del la citta di Belluno vicario generale delReverendo pa- 1 ^ dre in Cristo e Signore monsignor Fra Guglielmo per la grazia di Dio , e della Sede Apostclica vesco- vo Triestino, edeputato nelleinfrascritte cose spe- cialmente in questa parte per il eonsiglio dei dirit- ti (juali dicono, che sebbene il vescovo possa esse- re giudiee in eausa della sua Gbiesa, piu matura- .mente pero , e piu onestamente fa , se questo affare lo commette ad altri che legittimamenteConoscono la questione, e controversia vertente fra Begone di monte Pauen e Pietro Eissampati Sindici attori, e procuratori, e in nomedelprocuratorio del soprad- detto monsignor vescovo ^ e della sua chiesa Trie- stina, come a noi consta della loro procura col teno- Noverint universi, quod nos Avanlius Daniel de civi- ateBeiluni Rev. in Christo Patris et D.D. FratrisGuillel- mi Dei et Apostolicae sedis grada episcopi Tergestini vicarius generalis, nec non ad iufrascripta in hac par¬ te specialiter deputatu* propter consilium jurium di- centium , quod licet episcopus possit esse judex in eausa Ecclesiae suae, consultus tarnen, et lionestius fa- eit, si aliis hoc committit legiptiine eognoscentes de quaestione, et controversia vertente inter Begonem de monte Pauen, et Pet rum Eysampati sindicos aetores et procuratores proeuratorio nomine supradicti domini episcopi et suae ecclesiae Tergest. ut de ipsorum pro- curatioire nobis constitit tenore cujusdam puhlici in- 56 re d’unistromento fatto e sigillato per mano diPie- ^ 2 9tro Lauso, pubblico notajo sotto 1’anno della Nati- vita suddetta , inaizione predetta , e giorno 11 del mese d’aprile chiedenti da una parte, ed il nobile e potente uomo sig. Podesta , Giudici, Gonsiglio e Gomune della terra di Pirano difendenti dalPaltra. Lo stesso Bego>, e Pietro procuratori,, eome sopra, in nome dei procuratorio del prefato monsignor ve- scovo, e della ebiesa Triestina, presentarono la lo- ro petizione avanti a noi, eolla quale, perche si co- nosca il notorio Gastello di Siparo con due territo- rj delmedesimoCastellopertinenti al diritto e pro- prieta del vescovato , e della chiesa Triestina. Il medesimo Podesta, Giudici., Gonsiglio, e Comune della terra di Pirano ottennero, e gia molto tempo, strumenti faeti et sigillati manu Petri Lausi pub. not. sub atrno a Nativitate praedieto Indict. praed. et die XI, mensis aprilis petentes ex parte una, etnobilem et potentcm viruin dominum Potestatem, judices, eonsilium, etCommunc terraePirani, deferulentes ex parte altera. Idem Bego, et Petrus procuratores ut supra, procura¬ torio nornine praefati domini episcopi, et ecclesiae Ter- gestinae, coram nobis suam exhibuerunt pet iti onem , qua cum, quare notoriura diguoscatur castrum de Sy- paro cum duabus pertinentibus territoriis ejusdem ca- stri ad j us et proprietatem episcopatus et ecclesiae Tergestinae pertinere. Idem Potestas, judices, et consi- lium, et Commune terrae Pirani detinuerunt, jam est 5 7 oecuparono contro Dio, e la giustizia il predetto castello di Siparo, colledue parti, e sne pertinenze , 1 non dando niente al vescovato, edal predetto mon- signor vescovo, ne alla chiesa Triestina, deTrutti, rendite, e procenti, i quali pervennerodai iuoghi, e possessiorii gia dette, che domandavano gli stessi procuratori, che glisforzino di liberamente,e quie- tamente lasciare al detto inonsignor vescovo deda prefata chiesa Triestina, il Castello, e luogo di Si¬ paro predetto colle predette sue pertinenze ; non meno che a eoncordare col prefato inonsignor ve¬ scovo della chiesa Triestina circa i frutti e rendite che ricevettero, e che potranno ricevere , Pertanto avran cura di comparire agli stessi Podesta, Giudi- diu , et occupaverunt contra Deum, et justitiam castrum praedictum de Syparo cum praedictis duabus partibus, et pertinentiis suis, liiliil respondentes episcopatui , et domino episcopo praedicto, nec Tergestinae Ecclesiae de fructibus, et redditibus, ac proventibus qui perve- nerunt ex locis et possessionibus memoratis, quae pe- tebant dieti procuratores ipsi cogi ad quiete et libere dimittendum ipsi domino episcopo Tergestinae Eecle- siae praefatae castrum sive locuin de Sjparo praedi- ctuin, cum praedictis pertinentiis suis; nec non ad concordandum cum praefato domino episcopo, et ec- clesia Tergestiua de fructibus et redditibus quos rece- perunt, et quos recipere potuerunt. Ipsis itaque Pote- stati, judicibus, consilio, et Communi coram nobis 58 , C°nsigli°, e Comune, avanti a noi in 'Trieste alli medesimi Begone, e Pietro predetti procurato- ri, che dovranno rispondere nella giustizia, per di- fendere, se potranno, ilpredettoCastello eollepre- dette sue pertinenze, e per dimostrare i diritti se dicessero di averne circa queste cose. Altrimenti procedererno in questa causa in quanto potremo di dirittojse i predetti Podesta, Giudici, Consiglio e Comune ne’ da noi prefissatigli termini da per lo- ro, o per mezzo d’idonei proeuratori eontumace- mente ricusassero di comparire, alli medesimi co- me sopra di rispondere in giustizia, e di difendere il predetto Castello, co’suoi diritti, e pertinen¬ ze . Onde noi per la sentenza che ricercano i dirit¬ ti., esaminato sommariamente 1’affare, e dai mede- Tergesti comparere curarent eisdem Begom et Petro procuratoribus praedictis in justitia responsuri, prae- dictum castrum cum praedictis pertinentiis suis defen- suri, si possent, et jura si qua circa haec se habere dicerent ostensuri. Alioquin procedemus in causa liu- jusmodi in quantum de jure possemus, si praedicti Po- testas, jndices, cotisilium, ct Commune in praefixis eis per nos terminis per se vel per procuratores idoneot comparere eontumaciter recusarent, eisdem ut supra in justitia responsuri, et praedictum castrum cum ju- ribug et pertinentiis suis defensuri. Unde nos sen ten* tiam quae jura requirunt, summatim examinato nego- tio, praestitoque ab ipsis procuratoribus cum omnibus * 59 simi procuratori dato il giuramento di calunnia con tutti i suoi capitoli, e veduti i diritti prodotti per 1 parte dei predetti Begone,e Pietro procuratori, cioe il privilegio diLotario cavato daautentico ori¬ ginale , e di molti altri imperatori Romani . E ve¬ duta la conferma delPimperatore Federico, nella qual conferma pero i sopraddettiprivilegj, non cbe fra gli altri per abbondanza della sua liberalita concede ai vescovi Triestini per parte della sua chiesa Triestina il Castello di Siparo con tutti i suoi diritti, e pertinenze, come piu pieuamen- te si contiene nello stesso privilegio. E veduto il tenore d’alcuni istromenti, cbe si dicono , cbe Bo- nino, e Zilino di Rebeco tenevano in feudo il detto suis capitulis de calunmia juramento , visiscjue juri- bus pro parte praedictorum Begonis, et Petri procura- torum productis, videlicet privilegio Loibarii Regis au- tbentico ex originali sumpto, et aliorunKjue plurium Romanorum Imperatorum. Visa et confirmatione Fri- derici Imperatoris, in qua quidem confirmatione pri- vilegia supradicta, nec non et inter caetera de abun- dantiori liberalitatis suae gratia concedit episcopis Ter- gestinis pro parte sua ecclesiae Tergestinae castrum de Syparo cum omnibus juribus et pertiuentiis suu, ut in ipso privilegio autenticbo plenius continetur. Visis et lenoribus instrumentorum quorundam quae dicun- tur quod Boninus et Zilinus de Rebecbo in feudum tenebant dictum Castrum ab episcopatu et ecclesia 6 o Castello dal vescovato e chiesa Triestina, vendet- I ^ a 9tero a Giusto di Tetino cittadino diTrieste signore senza requisito del feudo, il che secondo i diritti non poterono fare, il quale Giusto dipoi trasferi il predetto Castello di Siparo co’ predetti diritti, e pertiaenze sue nel Coiuune, e uomini di Pirano, corne abbiamo veduto queste ed altre eose conte- nersi pienamente negPistessi istromenti-, come-so- no tutte notorie nel la citta di Trieste . Noi dunque predetto Avanzo , veduti i predetti diritti, ed udi- ta sopra cio la farna, e gli uomini di Trieste, invo- eato il nome di Glisto , sedendo neltribuuale, avu- to sopra cio un diligente trattato, comunicato so¬ pra cio il consiglio de’ Savj, per quelle cose che ah- hiamo veduto, e che furonodimostrate avanti a noi Tergestina , Justo de Teruio civi Tergestino irrequisi- to feudi domino vendiderunt, quod secundum jura fa- cere miuime potuerunt, qui Justus postea praedictum Castrum de Syparo cum praedictis juribus et perti- nentiis suis transtulit in Coinmune et homines de Pi¬ rano, ut haec et alia in ipsis instrumentis plenius vidimus contineri , ac et omuia sunt notoria in eivita- te Tergesti. Nos igitur Avantius praedictus, visis prae¬ dictis juribus, audita super boe farna, et homines de Tergesto, Christi nomine invocato, pro tribunali se- dentes, habito super hoc diligenti traetatu, communica- to super hoc consilio sapientum per ea quae vidimus , et coram nobis ostensa fuerunt in bis seriptis, dici- 6r la guesti scritti, dieiamo, pronunziamo, e dichiaria- mo che li predetti Podesta, Giudici, Consiglio, e 1 Comune sono,e sono stati occupatori, ed ingiusti detentori dei heni ecclesiastici, cioe del predetto Castelio di Siparo, con due dei medesimi, che ap- partengono al vescovato e chiesa Triestina. E per (juesto che sia caduto nella pena della costituzione provinciale di nionsig. Patriarca d’Aquileja, e de’ suoi suffraganei, la quale sull’istante scomunicano tali ingiusti detentori, ed occupatori dei Leni ec- elesiaslici, e le loro terre, se sono comunita , sog- giacciono alPinterdetto ecclesiastico. E di piu esi- gendo la čontumacia dei predetti Podesta, Giudici, Consiglio , Comune., e uomini di Pirano, instando Ji procuratori predetti del prelato monsig. vescovo, mus, pronuntiamus, et declaramus praedictos Potesta- tem , judices et consilium, et Gommune esse ae fuis- se occupatores, et injuste deteuiptores ecclesiasticorum bonorum, sciiicet praedicii Castro deSyparo cum dua- bus ejusdem quae pertinent ad episcopatum et eccle- siam Tergestinam. Et pr o 'n o c ineidisse in poenam con- stitutionis proviucialis domini Patriarchae Aqui!eg. et »uffragnneorum suorum, quae tales injuste detemptores et occupatores ecclesiasticorum bonorum excommunicat ipso facto, et ipsorum terras si Communitates existunt subiacent ecclesiastico interdicto. Et insuper praedicto- rum Potestatis , judicum, consilii, et Communis , ac ho- Biiuum de Pirano eontumaeia exigente , et instantibus 6 2 , e della cbiesa Triestina, diciamo , pronunziamo, ed .. l3a interloquendo sentenziamo, che i predetti Begone, e Pietro prefati procuratori in nome procuratorio come sopra, si debbano mettere in possesso del •Castello di Siparo predetto, e di due parti del ter- ritorio dello stesso Castello colle sue pertinenze , come piu ampiamente si contiene nelle petizioni dei loro procuratori, citati da noi con tre editti , e termini perentorj , affinche da se , o per mezzo d’ idonei procuratori, la presente nostra sentenza poi per mezzo di Pietro Lause chierico, e notaro della nostra Curia abbiam fatto pubblicare, e munire coli’appensione del sigillo della Curia Vescovile . Fatto e dato in Trieste nel palazzo vescovile , pre- senti i discreti uomini sig. Fra Francesco Ministal praedictis domini episcopi, et ecclesiae Tergestinae, di- cini uš pronunciamus, et interlotjuendo senientiamus, praedictos Begonem, et Petnim procuratores praefatos, procurat. nomine quo supra, mitlendos esse in posses- siouem Castri de Syparo praedicli et duarunt partium territorii ipsius Castri cuni pertinemiis suis, ut in ipsonun procuratorum petitione plenius coutinetur, per nos tribus citatis edictis et pei'emptoriis terminis, ut per se vel per idoneos procuratores praesentem au- tem nostram sententiam per Petrum Lause clericum , et notarium nostrae Curiae publicari facimus, et si- gilli l*2piscopalis Curiae appensione muniri. Artum, et datum Tergesti in episcopali palatio, praesentibus di- 63 delPordine de’Mmori,Bonomo figlio delsig.Odori- co Corvoj Kantolfo Balardo notaro, e molti altri 1 ” testimoni a cio specialmente chiamati, e pregati. Ed io Pietro Lause chierico BiPren con pubblica autorita iinperiale, e di inonsig. vescovo Triestitio notaro , tntte e ciascuna delle cose soprascritte per comando dello stesso sig. -vicario , ed insieme coi predetti testimoni fui presente, e pregatoho segna- to col mio sigillo. Podesta di Trieste nelPanno i33o fu Ettore Sa- vorgnano nobile e potente soldato. Imp. vacante. i33i Pontefice Giovanni XXII. 43 FRA PACE di Vedano Milanese provineialejg 3 j di Lombardia delPordine de’Predicatori, soggetto di rare yirtu, e letteratura, il quale fu ancheIn- scretis viris dominisFrat. Francisco Ministal. ( siclegitur) de 01’diue Minorum , Bouomo filio domini Odorici Cor- vo, Rantulpho Balardo notar., et pluribus aliis te- stibus ad haee vocalis specialiter et rogatis. Et ego Petrus Lause clericus Bit’ren ( sic legitur ) pub. auctoritate imperiali et domini episcopi Tergest. not. omtria ut singula suprascripta de mandato ipsius domini \icarii, et una ciim pra.edicti* testibus interfui, sigilloque meo signavi rogatus. 64 quisitore di Como. II cardinale Bertrando vescovo 33l di Ostia, e Velletri legato della Sede Apostolica con decreto dato da Bologna il decimonono delle ealende di settembre l’anno quinto decimodel Pon- tificato di Giovanni XXII. ( che corrisponde ai 18 agosto del i33i ) conferi a Giacoino piovano della pieve di s. Odorico di Mocco , e mansionario della Ghiesa Triestina la prima vacante prebenda canonicale nella medesima Chiesa, colla condizio- ne, che otteuuta la prebenda si debba dimettere dalla mansiouaria. Quantunque FraPace di Vedano avesse la nomina di vescovo Triestino Fanno 1327, come s’accenn6 di sopra , fu solamente promosso li 24 settembre di quest’anno, avendo offerto alSom- mo PoriteHce il solito sussidio. Non verme egli su- bito ad oecnpare personalmente la sua Sede; ina spedi al capitolo di Trieste Corrado Martinoni Do- menicano inquisitore con lebolle papali per prendere il possesso a nome suo del veseovato : raccomando questo di lui procuratore caldamente ali’accenna- to capitolo con lettera di Bologna 2 5 novembre i33i . 33 a L’anno segnente i 33 a portossi a personalmente occupare questa sua Sede, dove li 17 maggio dedi- co la Chiesa di s. Silvestro papa, e confessore, ove poi risiedeva la cohgregazione deli’ Immacolata Concezione della Madre di Dio, assistita dai Rev. Padri uella Compagnia di Gesii (1) . La qual dedi- ( 1 ) Fu guesca Chiesa obolita sotto V impero di Goi- 65 cazione non fa certo la.prima di qnesta veneranda Chiesa, mentre gia s’ accenno nella prima par te 1 >?2 (i) che cjuesta e la piu antica della citta, e serviva di prima Cattedrale,avanti che si fabbricasse la mag- giore di s. Giusto manire , e protettore, e per in- veterata tradizione dicesi essere 6tata fa časa delle sante vergini, e inartiri Eufemia, e Tecla , Ritrovo promosso alla dignita di Podesta di Trie- ste nelPanno scorso i33i per la seconda volta Mi- chele Giustiniano. In quest’anno poi i33a alla stessa digni ta di Podesta Giovanni Errigo con te di Gorizia. Diverse turbolenze insorte nelFIstria fino cfalP anno passato, originate dalla severita di Serra, e di Salinguerra Rappresentanti in quella Provincia anorae del Patriarca Pagani della Torre, che in- dusse la citta. di Pola , coi castello di Valle, ed a!~ tre terre vieine ad assoggettarsi alVencto dominio, commossero altamente P animo del Patriarca . Egli con espresso spedito a Venezia, rappresen- to al pubblico le sue doglianze. A eui fu rispo- sto , 1’ acquisto di qnei luogbi non essere sta- to avido tentativo dei Veneti, ma volontaria of- terla di qne'i sudditi, e per provedere agPinfeliei scppe seconda , e con contratto de'i 3 rrtaggio i?8 6fU cornprala dalla Conami/a Elvetica, e da loro dedi- čuta a Cristo Salv atom. (i) Cap. i. Lib. 5. XQM. H, \ 5 66 nei loro giusti ricorsi. Che percio senza ragione °^ 2 'dolevasi ilPatriarca dellaRepubblica, di causa cosi ragionevole, e giusta .Sdegnato di tal risposta quel prelato, raccolto numeroso esercito s’accinse alla ricupera del perduto in quella Provincia, e per ov- viare alFingordigia de’ Veneti, d’ usurparsi al- tri luoghisoggetti alPatriarcato d’Aquileja. Appor- to »tolti danni ai Veneti tal mossa d’ armi, tra’ quali furono considerabili la prigionia di Giovanni Cornaro capitano del Quarner, e le ferite ricevute da Giustiniano , spedito generale di quest’ im- presa in un sanguinoso conflitto succe«so con gran- de strage, ed uccisione d’ambe le parti.Suben- trato il conte d’Arbe Andrea Michele per 1 ’ im- potenza delPaltro , seguirono diverse fazioni d’ ostilita . Onde per rimnovere sconcerti piu grandi., s’ interpose ilPontefice Giovanni XXII., con la me- diazione del quale rimase conchiusa la pace. Due soggetti si presentano in quest’ anno i 333 22jC0n la prerogativa di Podesta,il primo Giovanni Vigonza,preconizzato colPencomio di nobile, e ge- neroso soldato. E poi nel decembre dello stesso an¬ no ritrovo il nobile Andrea Dandolo autore della celebre cronica di Venezia mss., il quale 1 ’ anno 1342 con applauso universale fn anche eletto Doge della Repubblica Veneta. Som’gendo monsig. Pace di Vedano vescovo della nostra citta le continue molestie che apportavano ai vescovi e diocesi di Trieste, alcuni feudi spet- tanti al suo vescovatonelFIstria, molfce volte usur- pati da diversi soggetti, per esimere se stesso , ed i suoi succe-ssori da simili oltraggi coli’appoggiarli a persona autorevole, investi quest’anno li i5 de- 1 ^'^ cembre P accennato Andrea Dandolo del feudo di Siparo sino alla citta di Pola , eome ci rappresen- tano alcuni frammenti addotti dal P. Ireneo della Croce (i). Li quali beni pervenuti una volta in ma¬ no de’ nobili veneti, non ritornarono mai piu,ne riconobbero, come richiede la retta giustizia del diritto feudale, alcun vescovo di Trieste. XXXVI. Nel Jiome di Cristo. Cosi sia. L’antio del medesimo 1 33 3. Indizione prima, li i3 del me* se di decembre. 11 Rev. P. roonsig. Fra Pace per la grazia diDio, e della Sede Apostolica vescovo Triestino, per se e suoi successori con diritto di retto e legale feudo coli’ anello d’oro, cbe teneva in mano , investi it nobile e potente sig. Andrea Dandolo dottore di XXXVI. In Christi nomane. Amen. Anno ejusdem millesimo tercenlesimo trigesimo tertio. Ind. prima, die tertio decimo mensis decembris. Rev. Pater dominus Fr. Pax Dei, et Apostolieae Se-’ dis gralia episcopus Tergčstinus per se, et suos suc- eessores jure recti et legalis feudi cum annulo aureo, quem tenebat in manu, investivit nobilem, et poten- tem virum dominum Andream Dandulo juvisperitum, (i) Cap. 3, lib. 5. 68 legge, onorevole cittadino diVenezia, figlio del egregio sig. Fantino Dandolo presente nello stesso luogo , e per se, e suoi eredi maschi da esso Jegittirnamente discendenti ricevendo riverenle- mente la detta investitura, e solennernente stipu- lando della meta per iudiviso di tutti i beni mo- bili, stabili, campagne , vigne, boschi, cacce , ter- re eolte, ed incolte, saline, pesche, fiumi, e rivi, fonti, ed acquedotti, decirne , rendite , e pro ven ti, tanto dovuti al vescovato di Trieste, quanto nel tempo presente , o dipoi in futuro, quanto aneora per lo passato indebitamente riten uti dachiunque, e di tutti i diritti, giurisdizioni, azioni reali, e personali, governi, onoranze, eregalie, ediqualsi* honorabilem civem. Venetiarum, filium qu. egregii do¬ mini Fantini Dandulo ibidem praesentem, ac pro se, et suis haeredibus masculis ab eo legiptime descendeu- tibus dietam investituram reverenter recipientem, ac solemniter stipulantem de medietate pro indiviso om- nium bonorum mobilium, et lixorum, agrorum, vi- nearum, nemorum, venationum, terrarum ciiltarum, et non cultarum, salinarum, piscariarum, fluminum, et rivulorum, fontium, et aquaeductuum, decimarum , reddituum, et proventuum tam debitorum episcopatui Tergestiu. quam praesenti tempore vel deinceps in fu- turum, quam etiani olim per quoscumque indebite re- tentorum, et omninin jurium, jurisdictionum , actio- num realium, et personalium, regiminum, honorifi- 6q vogliano Ireni consistenti in qualsisia cosa, ed a qualsisia notne cbe sembrino spettare, in qualun- 1 333 que dovuto modo, diritto, o privilegio al veseova- to di Trieste nel Castello, Villa , e T.erritorio di Siparo pošto vicino al mare tra Pirano ed IJmago , e i di lui diritti, pertinenze , ed abitatori.. II qual Castello in vero, e Viila Giusto di Trino abitante di Trieste per due parti, e gli eredi del sig. Tom- maso Dandolo di Venezia per la terza , al feudo, e con diritto di feudo dicevano di tenere anticamen- te dal vescovato di Trieste . E perche il detto Gi li¬ sto di Trino, ed i predetti eredi del sig. Tommaso Dandolo alienarono il detto Castello , e Viila di fci- paro, com’e uotorio, ed eziandio non ciiiesero 1’ centiarum, et regalium, ac qaocumque bonorum inqui- liuscumque consistant, et quibuscmnque nominibus cen- seantur speetantium qnoquo debito modo, jure vel privilegio ad episcopntum Tergestinam in Castro., Vil¬ la, et Territorio de Sjparo posito juxta mare inter Piranum et Humagnm ac ejus juribus pertilientiis et babitatoribus. Quod quidem Castrum, et Viila Jnstns de Trina liabitator Tergesli pro duabus partibus , et dominus Thomas Dandulo de Venetiis pro tertia , ad feudum, et jure feudi quondam tenere dicebant ab episcopatu Tergestino. Et qnare dictus Justus de Tri¬ na, et haeredes domini Thomae Dandulo praedicti alie- n itione n fecerunt de dieto Castro et Villa Syparii m est notorium, ac etiam debi tis temporibus investiluram 70 investitura nei dovuti tempi, constamanifestamen- che siano deeaduti dai feudi collo stessodiritto; e che sia ritornato alla Mensa dello stesso monsig. vescovo, e per conseguenza pote investire di nuo- vo, per Pevidente utile della detta suaChiesa,e pei’ il rioupero dei detti Leni. E se consultati i savj, e necessario privare con senteuza dei detti feudi gli anzidetti, cioe Giusto, o i suoi eredi, ed il sig. Tommaso, o i suoi eredi, o altri chiunque detentori, e possessori del detto Gastello, e Villa , il predetto monsig. vescovo promette, qualunque volta šara ricercato dal predetto sig. Andrea , osser- vato intieramente Pordine del diritto , di privare i medesimi con sentenza. Investendo il detto Padre il medesimo sig. Andrea del detto Gastello, e Villa non petierunt, manifeste constat eosdem a feudis ce- eidisse ipso jure, et ad mensam dieti domini episcopi rediisse, et per consequens de novo investire potuit pro evidenti utilitate dictae ecelesiae suae, et pro re- cuperatione dietorum bonorum, Et si habito consilio sapientum necessarium esse antedietos, videlicet Justam, vel haeredes ejus, et dominum Thoniam, vel ejus hae- redes, seu alios quoscumque detentores, et possessores dieti Castri, et Villae a dictis feudis per sententiam privare, promittit praedictus domiuus episcopus quan- documque requisitus fuerit a praedieto domino Andrea eosdem per sententiam privare juriš ordine penitus servalo. Investiens dictus Pater dictum dominum An- 71 . da ora come per ;allora, nel giorno o sotto condi- zione da quando gli anzidetti erano privati, ed in 10 ' J * ogni modo e diritto, col quale poterono fare le cose predette. Parimente in simil maniera in Umago, eccettuate, una časa ora discoperta, colle sue 'per- tinenze, e diritti situata nel borgo di detta Villa, ed alcune possessioni, o campi, dei quali i confini del primo posti vicino Umago sono i seguenti: da Orifente possiedeFlora moglie del qu.Ture , a mez- zogiorno Adamolo del qu. Falcone, e gli eredi del qu. ser Dietmaro del qu. sig. Odorico diDietmaro, e la pubblica strada, da Oceidente e anche la pub- blica strada, e sono passi o brazzolari, a misura d’ Umago, seicento settantasei , o circa. I confini del secondo campo, il quale e vicino alle vigne di so¬ drgam de dieto Castro et Villa ex nune prout ex tune in diem vel sub eonditione quo antedicti erant priva- ti, et omni modo et jure, quo praedicta facere po- tuerunt. Item simili modo in Humago, exceptis qua- dam domo nune discoperta cum suis pertinentiis, et ju- ribus sita in burgo diciae Villae, et quibusdam pos- sessionibus, seu campis, quorum primi positi juxta Humagum ii sunt confines: ab Oriente possidet Flore uxor qu. domini Odorici de Dietmaris, et via puhli¬ ca. Ab Oceidente est etiam via puhlica, et suut passus seu brazolaria ad mensuram Humagi sexcenti septua- giuta sex vel circa confines secundi campi qui est pro- 72 pra sono questi. Da Oriente possiedeRi/arda fialia 33 del qu. DomemcoCalcifico, e Pulcheria.Da ruez- zogiorno Michele del qu. ser Aumengotto. Dalla parte inferiore e la publdica strada, e sono passi o jjrazzolari ali’in torno cimjueeento venti in cirea. Parimend un allro piccolo earnpo in coatrada Ra- vigosa, quale e una pluiua , o circa vicino al Ter- ritorio di santa Maria Zamp. Parimend un Orlo vicitio a Rezo , ed aleune piceole rendite di decirne, cioe la decima della časa del sig. Tolfo del quon. JVIengozio, posta in Scrignale vicino alla pubblica strada , e la časa di santa Maria . Parimend la de¬ cima deila časa di Giusto del qu. Cadulo, posta vi¬ cino aPellegrinoPribisse, e la pubblica strada. Pa- rimenti le decirne della časa di Petrogna del qu. pe vineas desuper sunt hiis. Ab Oriente possidet Ri- zarda filia qu. Dominici Calcificis, et Pulcheria. A me- ridie Michael qu. ser Aumengotti. A parte inferiori est via puhlica, et sunt passus sive brazolaria circura- quaque quingenti viginti vel circa. Item alio campo parvo in contrata Ravigose quae est una pluina vet circa prope territorium sanclae Mariae Zamp. ItemOr- to quodam prope Rezo, et quibusdam parvis decimarum redditibus, scilieet decima domus domini Tolplii qu. Mengotii posite in Scrignali prope viam puhlicam et domum sauctaeMariae. Item decimae domus Justi qu. Ca Juli positae prope Pelegrinum Pribisse, et viam pu¬ hlicam. Item decimae domus Petrognae qu. ser Giroldi ?3 ser Giroldo , posta vicino alla časa di Bran ca, e la strada pubblica, e se vi sono altri confirii piu veri 1 dei predetti. Li quali Leni e feudo non si possono dare proibendolo il diritto . Parimenti in simil ma- niera in fontana Giorgica. Parimenti , cosi nelllso- la Panciana. Parimenti il sirnile neila Vilia di Si- ziole posta vicino aPirano. Parimenti in simil cuisa nel Gastello, o Territorio di Verme pošto vicino a Parenzo, e generalmente in cjualsivoglino Viile , Luogbi, o Territorj deli’ Istria dal predetto Ga¬ stello di Siparo inclusivamente fino alla citta di Pola. Sopra le qaali cose tutte , e ciascheduna , il prefato monsig. vescovo in nome come sopra com- inise , e commette plenariamente le sne veci al pre¬ detto ser Andrea accettante in nome come sopra di ricercare, domandare , ed esigere . Parimenti positae prope domum Brauchae et viam publicam, et si qui omnium praedictoruin veriores sunt confines. Quae quidem bona et feudum dari non possunt jure inlii- bente. Itein similiter in Vilia de Siziolis posita prope Pirannm. Item sirnili modo in Castro seu territorio dc Vermes posito juxta Parentium, et geueraliter in qui- buscumque villis , locis, vel territoriis Istriae a praedi- cto Castro Syparo inclusive usque ad civitatem Polae. Super quibus omnibus et singulis inquirendis, peten- dis, exigendis, vel dobite occupandis praefatus dominus episcopus nomine quo supra, praedicto ser Andreae rc- cipienti nomine quo supra commisit, et committit p!e- i3s: 74 con questo aggiunto ed ospressamente apposito nel detto contratto, avanti e dopo il medesimo, che nonostante qualehe eonsuetudine, o statuto fatto, 0 da farsi i diritti del presente feudo rimangano cob stabilij che per niuna persona_, Collegio, o Comune possa il predetto feudo vendersi, donarsi, sottoimpegnarsi, o in qualunque modo alienarsi, e neppure cambiarsi. Ma se il detto feudatario con tutti i maschi da lui discendenti, che Dio non vo- glia, morissero, allora il predetto feudo con tutti 1 suoi miglioramenti ritorni al vescovato Triestino di pieno diritto . Questa consegna, concessione, ed investitura poi il predetto monsig. vescovo in no- me come sopra fece, attendendo ai meriti e virtu narie vice« suas. Item eo addito et expressim apposi¬ to in dieto contraetu, et ante ipsum et post quodnon obstante aliqua eonsuetudine vel statuto condito vel condendo jura praesentis feudi sic inaneant inconcus- sa, quod per nullam personam Gollegium vel Commu- ne, praedictum feudum valeat vendi donari subpigno- rari, seu quoquomodo alienari, nec etiam cammutari. Sed si dictus feudatarius cum omnibus masculis ab ipsis descendentibus, quod Deus a vertat, de hac vita migraret, tune praedictum feudum. cum omnibus suis melioramentis ad episcopatum Tergestinum redeat pie¬ no jure. Hanc autem dationem, concessionem, et in- vestitionem praedictus dominus episcopus nomine quo supra fecit, attendens merita et virtutes praefati domi- 7 5 del prefato sig. Andrea, e per comodo ed evidente utile del vescovato e chiesa Triestina, perche il 1 3S3 vescovato al presente non possiede i detti Leni, ne nel tempo delFentrata delFanzidetto monsig. vescovo nel dorainio del vescovato trovo , ne puo acquistare quelle cose, eome ha confessato ed evidentemente appare per la potenza dei possesso- ri, promettendo il detto monsig. vescovo in norae eome sopra di avere stabde, e ferma la detta inve- stitura, ne in verun tempo eontrafFare, o venire in qualche modo, o pretesto da se o per mezzo d’ un altro, pubblicamente o oceultamente. Rinunzian- do in nome eome sopra ad ogni eccezione di diritto civile, o canonico, pubblico, o privato, fatto, oda ni Andreae, ac procomodo et evidenti uLilitate episco- patus et ecclesiae Tergestinae, eo quod dieta bona episcopatus ad praesens non possidet, nec tempore in- troitus antedicti domini episcopi in dominio episcopa¬ tus invenit, nec ea acquirere potest, ut coafessus est, et evidenter apparet propter potentiam possessorum, promittens dictus dominus episcopus nomine quo su- pra dietam investitionem, et omnia, et singula in hu- jusmodi investitionis instrumeuto contenta, rata, et fir¬ ma habere, nec ullo tempore eontrafacere vel venire modo aliquo vel ingenio per se vel ahum publice, vel occulte. Renunciando nomine quo supra omni exce- pticni juriš civilis, vel canonici, puhlici, vel privati, conditi, vel condendi, consuetudinis vel statuti, et omni ? 6 farsi, consuetudine, o statuto, e di ogni altra esen* °zione,o coli’ajuto del quale, o alli cjnali possa contraffare,o venire contraffatto, per osservare tut- te le quali cose il detto monsig. vescovo in nome eome sopra obbligo tutte e ciascuna delle sopra- scritte cose . Nedi mai contraffare, o contravvenire per se, o per alcun altro pubblicamente, o oecnl- tamente . Rinunziando, come sopra , ad ogni ecce- zione, per 1’osservanza de’quali obbligo ogni suo bene presente e futuro . Fatte adunque cosi le pr- dette coseii sopraddetto sig.Andrea, in nome come sopra, toccati i sagrosanti Evangelj presto il cor- porale giuramento di fedelta al snddetto monsig. vescovo accettante come sopra con tutte le clauso- alteri esceptioni, vel auxilio quo vel quibus posset contrafacere vel venire, pro cjuibus omnibus observaii- dis dictns dominus episeopus nomine quo supra obli- gavit omnia bona dieti episcopatus praesentia et futu- ra. Similiter versa vice praefatus dominus Andreas no¬ mine quo supra promisit habere et teuere rata et fir¬ ma omni tempore omnia et singula supraseripta . JNec untjuam contra facere vel venire per se vel aliurn pu¬ hlice, et occulte. Renunciaudo omni evceptioni sicut supra, pro quibus observandis, obligavit omnia sna bo¬ na praesentia et futiira, Praedictis igitur sic peraetis supradictus dominus Andreas, nomine quo supra, ta- ctis sacrosanctis Evangelis supradieto domino episcopo recipiemi, ut supra, corpurale fidelilatis praestilit jura- 77 Je , e capitoli che sotio contenuti in guesto Sagra- mento, siccome il fedele vassalJofu solito fare. Ec- 1 '' cettuata sempre la fedelta del sig. Imperatore, del Comnne di Venezia, e di gualungue piu antico pa- drone. E li contraenti prenominati, cioe rnonsignor ■vescovo, e sig. Audrea hanno oomahdato a me in- frascritto notajo di fare pubblico Jstromento delle predette cose, uno, o piti se saranno opportuni . Di tntte le guali cose per maggior ffermezza , e caute- la il prefato monsig. vescovo comando di corrobo- rare guesto istromento col rinforzo del pendente suo sigillo. Fatto in Trieste nel palazzo vescovile , presenti i discreti uornini sig. Fra Filippo di Mode- na delPordine de’Predicatori, vicario generale del nieDtum, cum omnibus clausulis , et capi tul is rjuae in Sacrameuto hujusmodi contineniur . guemadniodum fi- delis vassallus facere consuevit. lixceplatis ' sernper fi- delitatibus domini Imperatoris, Cominuuis Veneliarum, et cujuslibet antiguioris domini. Et de praedictis omui- bus praenoniinati contrabentes, scilicet domitius epi- scopus, et dominus Andreas mandaverunt mihi notario inlVascripto facere publicum instrUmentum, imuni, et plura si fuerint opportuna. Ad guorum omnium firmi- tatem majorem, et cautelam praefatus dominus episco- pus jussit hoc instrumentuin sui pendentis sigilli mu- niniine roborari. Actuvn Tergesti in palatio episcopali, praesenlibus discretis viris do-mino Fra Pbjdippo de Mutina ordinis praedicator. dieti Patris \icario genera- 7 « detto Padre, Manfredino de Pascjualis di Cvemoiia avvocato, Nicolino figlio del qu. sig. Giovanni di Vedano, Ugocioao.del qu. Pietro d’Ugoeiono di Ferrara. Io Fineto di Giacomo di Vedano con pubblica apostolica, ed imperiale autorita notajo fui preseli¬ te a lutte e ciascuna delle suddette cose, e per co- mando dei predetti contraenti scrissi e pubblicai. t335 Successe alPaceennato AndreaDandolo nella ca- idea di podesta di Trieste Farmo i335.Federico pa- rimente Dandolo Patrizio veneto, il quale con de- creto proibi alle donne il portare vesti, o giubboni ornati con ricami d’oro ed’argento, strascino dico- da, bottonicon oi’namenti di perle, e cinture d’ar- gento, oltre il valsente di soldi dieci de grossi, sotto pena di per d ere ogni cosa, la quale sarebbe applica- ta al pubblico, contribuendo ali’ accusatore la meta, ed il vioario o giudice ldtrovaio negligente, sia eastigato in lire duecento de piccoli. Scrisse da Udine li a9 rnarzo del medesimo anno 1 335 il Patriarca d , Aquileja al capitolo di Trieste, li. Manfredino de Pasqualis de Cremona jurisperito Nicolino filio qu. domini Jobannis de Vedano, Ugo' eiono qu. Petri de Ugociono de Ferraria. Ego Finetus Jacobi de Vedano pub. Apostolica Imperiali auctoritate notarius praediclis omnibus, e 1 singuh‘s praesens fui, et de mandato contrahentiu® praedictorum scripsi, et publicavi. 79 esortandolo a ricevere nella nrima vacanza in sno 1 o 9 E* canonico Alberto di Mantova; vaco di fatto uno 1 J stallo Canonicale per essersi ammogiiato il canoni- coMareo daPidiano. Quindi il cardinaleGuglielmo prete del Titolo de’santi Quattro Coronati, Legato della Sede Apostolica, promosse il prefato Alberto di Mantova a quel vacante canonicato. Passato daquesta a miglior vita Pagano della Tor- re Patriarca d’Aquileja, fu promosso da Papa Gio- vanniXXII. a quella dignitaBeltrando nobileFran- cese, soggetto qualificato in lettere, ed auditor di Rota in Avignone, ove in quel tempo era la S. Se¬ de . Nel principio deli’ arrivo allaresidenza, peres- sere dotato di grande ingegno ed approvata sperien- za^ comincio ad applicare i suoi talenti alle raa- terie del buon governo, e per universale beneficio della Chiesa, celebro in Udine un Goncilio provin- ciale li 28 maggio, al quale in virtu di santa obbe- dienza invito il capitolo di Trieste . Monsignor vescovo Pace, ansioso di riconoscere con qnalche rimunerazione i suoi canonici in sol- lievo della sollecita cura,ed assistenza, che aveano degPinfenm della citta, ed accompagnamento de’ defunti alla sepoltura, loro concesse in dono questo medesimoanno treparti delleCere de’f'unerali, del- le quali prima neavevano solamentedue. Ed ilpri- mo di maggio delPanno seguente i336 consagrb la chiesa di s. Maria Maddalena , nuovamente eretta nel villaggio di Basovizza^ poco distante dalla cit¬ ta di Trieste : ove anco consegui la carica di pode¬ sta Schinella Dotto Robile Padovauo inquest , istesso 8 o anno, e il seguente nel 1337. Pietro Padovano Pa- i 337 lr j z i 0 veneto. Ansioso il Somino Pontefice Benedetto XII. d’a- vere un’esattainformazione dicio clPavesse esegui- to il nostro vescovo Pace , mentre con ordine Pon- tificio esercito Fofficio d’Inquisitore nella provin- cia di Lombardia superiore, pria d’essere promosso al vescovato, colPassistenza di Ricardo arcivescovo diMilano* e Giordano vescovo diBobio, ed altriln- quisitori, contro la dannata memoria di Matteo, e suoi figliooli Visconti, ed altre persone della citta di Milano, Movara, Bergamo, Como , Grernona, e Vercelli } e diverse altre citta, e luoghi circonvici- ni, fautori, lefenti dello stesso Visconti; com- rnise Coli’ing: noto Breve riferito • dali’ abate U- ghellio (1) al nos tro vescovo Pace di trasferirsi con H prenominati areivcscovo, e vescovo t alla gaapre* senza in Avicnone per le veature feste di Pente- cpste. XXXVII.Benedetto vescovo servode’servi di Dio. Siccome poco fa abbiamo sapnto, che tu deli’ordi¬ ne dei Frati Predicatori, costituito allora in mino- re officio, con apostolica autorita deputato Inquisi' XXXVII. Benedictus episcopus servus servorumDea Dudum sicut accepimus, ta ordinis Fratrum praedi' catorum, tune in minori officio constitutus, Apostoli auetoritate in Provincia superioris Lombaidiae impiis*' (0 Ital. Sac- Tom, 5. Col. 5 So. 8t tore delPeretioa perversita nella provineia della Lombardia superiore, insieme coi venerabili nos trii 337 fratelli Ricardo arcivescovo di Milano, il quale con Apostolica edordinaria autorita esercitava 1’officio, e con Giordano di Bobio del detto ordine costituito in allora in minore officio, e con Apostolica predet- ta autorita similmente deputato Inqnisitore nella detta provineia, ed aleuni altriFrati del medesimo ordine conquisitori vos tri sopra la predetta perver¬ sita eretica allora viventi, i quali si dice essere pas- sati da questa vita, contro la dannata memoria di Matleo de Visconti di Milano, e suoi figli, non che contro aleune singolari persone di Milano, Nov ara, Bergamo, Grernona, Como, Vercelli, e di aleune tor pravitatis haereticae deputatus, nna cum veaera- bilibus fratribus nostris Ricardo Archiepiscopo Medio- lanensi, qui Apostolica, et oruinaria auetoritate fun- gebatur, et Jordano episcopo Bobiensi, dieti ordinis, tune in minori officio constituto, et Apostolica aueto¬ ritate praedicta in dieta Provintia inqui«itore siniiliter deputato, ac quibusdam aliis fratribus ejusdem ordinis conquisitoribus vestris super pravitate praedicta tune viventibus, qui dicuntur de bac luce transisse, contra damnatae memoriae Mathaeura de Vicecomitibus de Mediolano, ejusque filios, nec non adversus non nul- las singulares personas Mediolanenses, Novarienses, Per- gamenses, Cremonenses, Comanenses, Vercellenses, et quarundatn aliaruna Civitatum, acCastrorum, Villaruin, 6 TOM. Ji. 8a altre Citta, e Castelli, ville ed altri luogbi delle i337 v j c ine parti, e sopra i fautori de’ prefati Matteo e figU del medesimo inqui'sito comunemente., e divi- sainente, ed alcuni seguaci sopra cio che contro di essi avete operato, ed avete promulgata la senten- za di condanna. Volendo pertantoessere pienamen- te inforraati dei detti seguaci, e sentenze tanto da te quanto perispezione, ordinando comandiamo al- la tua fraternita > che tra le prossime feste di Pen- tecoste, procuri di venire personalmente alla no- stra presenza con tutti i processi^ e sentenze so- praddette , ed altre scritture, non che deposizioni, ed attestati dei testimoni avuti e ricevuti sopra le oose premesse, i quali, e le quali avrai potuto in gualsivoglia modo ritrovare, con altre nostre con- et locorum aliarum partium vicinarum , super fautoria praefatorum Mathaei, et filiorum ejus inquisiti com- muniter, et divisim, et nonnullos processus super hoc contra ipsos fecisti, et condemuationes sententias pro- mul ga s ti. Curu itaque de dietis processibus et senten- tiis, tam per te, quam per inspectionem velimus ple* nius informari, fraternitati tuae praecipiendo manda- mus, quatenus cum omnibus processibus , et sententii* supradictis, ac scripturis aliis, nec non depositionibus, et attestationibus testium-super praemissis habitis, et receptis , quos, et quas per te, et alios poteris quom°‘ dolibet reperire, infra proximum futurum festutn Pe®' tecostes, ad nostram studeas praesentiaaa personaliM r 83 Uifflili lettere comandiamo anche ai prefati areive- ecovo, evescovo, cheprocurino inoltredi venire da lafl ? noi. Dato in Avignone li 20 febbrajo 1’anno terzo: il quale corrigponde alPanno 1337. Indi prosiegue FtJghellio(i). (* *) Mentre il ve- scovo Pace amministrava questa Sede, i Veneti, contro la giurata paee, invasero questa citta •=3 . In qual anno eio seguisse, non trovo sinora chi lo scriva 5 la moltiplieitapero de’soggetti Veneti deli’ ordine patrizio, che governarono col titolo di pode¬ sta il politico della nostra citta di Trieste nel tem¬ po che il vescovo Pace gli assisti nello spirituale, porge congettura d’asserire che fossero gli anni tra» scorsi dopo il trentesimo, mentre la Repubblica Ve¬ neta non permetteva che soggetti 9tranieri assistes- sero al governo delle citta a lei soggette ; ma ipro- prj Patrizj. te conferre; praefatis etiam archiepiscopo, et episcopo, per alias nostras consimiles litteraš injungimus, ut ad »©s praeterea venire procurent. Dat s Avenion. X. Kal. martii annp tertio. (*) Dum Pax hanc sedem administraret, Veneti eju« rata paee hanc civitatem invaserunt. (1) Loc. sit. 84 Nel seguente anno 1 338fnpodesta diTrieste Gio- i 338 vann j Cucagna del Friuli. Nel quale in un capitolo celebrato nella cattedrale li 16 decembre fu cori- chiuso colPassenso, e conferma di monsig. vescovo Pace : che i quattro mansionarj, o vicarj Corali, che officiavano, e servivano la detta cattedrale in luogo de’canonici, fosserolicenziati, edaboliti. Co- me in effetto segui. Furono anche rinovati, o rifor- mati gli Statuti capitolari, in trentotto capitoli. Col priino si stabilisce il numero di dodeci canonici. a. Si prescrive il giuramento da farsi da’canonici no- velli. 3. Si stabilisce, che il novello canonico den- tro otto giorni dopo la sua elezione debba conse- gnare in pieno capitolo quaranta lire, per suffraga- re 1 ’ul tirno defunto canonico . 4 - Si ordina la resi- denza continna ai canonici nella citta e chiesa di Trieste, a seanso della perdita de’ frutti della pre- benda. 5. Prescrivesi la coltura e manutenzione det¬ le vigne, sotto pena di lire venticinque. 6 . Proibi- scesi che nessunopossa permutareil beneficio, sot¬ to pena di lire cento. 7 . Si ordina che una volta al mese si debba dal decano congregare il capitolo. 8 . Si stabilisce che essendo il decano impedito, op- pure non volendo congregare il capitolo per affare necessarioj il maggiore fra i canonici possa, e vo- glia convocare il dettocapitolo. 9 . Sealcuno de’ca- noniei invitato non interverra al capitolo, oppure esseudovi partira arbitrariamente , nonostante si proseguiranno le operazioni del medesimo dagli altri canonici. 10 . Non sono ammessi alle convocazioni capitolari qne’ canonici che non hanno gli ordini 85 šacri .ii.I canonici che non hanno gli ordinisagri percepiscano soltanto la meta della prebenda fino* a che ec. 12. Si ordina che nessuno del)ba rivelare gli affari trattati in capitolo segretamente. i 3 . S -1 !- nibiscono le parole ingiuriose in capitolo. 14, Ogn’ uno del clero deve tenere il suo rango e pošto nel- le processioni, e coro, sotto pena di due soldi. 1 5 . Ogn’anno si devono eleggere due canepari fra i ca¬ nonici. 16.1 canepari ogn’anno devono esigere le rendite capitolari, erenderne conto al capitolo. 17. Gl’incassi quotidiani sieno ricevuti, ed immediata- mente distribuiti da canepari. 18. Gli assenti non percepiscano i quotidiani proventi. 19. I canepa¬ ri che fraudassero alcuno de’beni capitolari, oltre la restituzione, sono condannati alla pena diventi- cinque lire. 20. I canepari per loro fatiche,se avranno intieramente fatte 1’esazioni, percepiscano dai beni del capitolo otto lire per cadauno . 21. I canepari devono inventariare tutti i diritti del capitolo , e consegnare la nota ai successori , 22. Se qualcuno de’canepari si allontanera dalia citta, debba consegnare la chiave della cassa al capitolo, e questi ad nn altro canonico . a 3 . Ogn’ anno, nel giorno di s. Silvestro si dividano le cap- pelle del capitolo, tanto esteriori , che interne aHa breve fra i canonici residenti. Cioe la cap- pella di s.Michele del Garnale (1). Di s. Lorenzo sopra le mura della eitta. Di s. Elena, di s. Servo- (1) Nel circondario della Cattedrale . 86 lo^ di s. Cipriano, di s. Martino., di s. Silvestre, di * 338 s . Qia Como3 di s. Maria (i) col Cimiterio, di s. Ma¬ ria Maddalena,, di s. Anna , di s. Lorenzo di Servo- la, di s. Saba, di s. Martino sulla riva delmare, di s. Nicolo per il scolastico, di s. Pelagio, di s. Ana- stasio, di s. Bartolomeo, di s. Canziano, di s.Giro- lamOj di s. Primo, di s. Croce. 24. Nessuno de’ca- nonici si debba intromettere ne’beni del capito- lo, essendo quest’ispezione de’canepari, sotto pena di lire dieei. &5. Se aleun canonico pereepira qual- che obblazione, deve subito passarla alle mani de’ canepari sotto pena di venti soldi. 26.1 eanepari devono far soddisfare i legati pei morti, cioe vigi- lie e messe negli anniversarj, e se manchera aleun canonico d’intervenire debba pagare due soldi, se gualehe cappellano, un soldo (a). 27. Si stabibsco- bo venti soldi al giorno a quel canonico cbe dal ca- pitolo fosse mandato per affari per la via di mare , e se andasse per terra soldi trentadue al giorno. 28. Quelli che negligentano il coro sono penati, se per morti, ogni canonico sei soldi piccoli, ed ogni cappellano quattro, e per vivi il doppio . 29. Si co- manda che in coro ognuno debba intervenire in cotta sotto pena di un soldo per volta. 3o. Siproibisce ad (1) Chiamata la Madonu a del mare. (2) Li cancnici non hanno piii que ' proventi , ma invece hanno in moneta dagli antichi capUali, che percepiscono dal fondo o cassa di religione. 8? ©gniecclesiastico o laico d’mtervenire in coi’o con cotta senza licenza, sotto pena di venti soldi. 3 i. Preserive la disciplina, con cui devesiofficiareineo- ro sotto pena ai trasgressori d’un soldo. 3 a. Nessun. chierico in Sacris" debba assentarsi dalla citta senza licenza del capitolo sotto pena di sospensione, se sta¬ ra fuori per un mese. 33 .Vengono tutti del clero obbligati ad intervenire alle processioni_, e si pre¬ serive la disciplina da osservarsi sotto pena ad ogni canonico di due soldi, e ad ogni chierico d’un sol¬ do. 34. Si preserivono lepenecontro que’cappella- ni y o chierici che con fatti o parole ingiuriassero aleuno de’eanonici. 35 . Ordina che nessun chierico si faccia ordinare senza licenza del capitolo, sotto pena di venticinque lire. 36 . Proibisce che nessun sacerdote debba ascoltare le confessioni, senon sia dal capitolo presentato per 1 ’approvazione damon- signor vescovo, o suo vicario, sotto pena di lire cin« que . 37.I canepari devon© esigere le oflerte, por- le nelle debite cassette, e dopo Poffieio distribuir- le, sotto pena di 10 soldi. 38 . Si preserive come debba essere chiusa, ed assicurata nella Cassa la cera eventuale de’canonici. Finalmente si chiudo- 110 questi Statuti col giuramento di ciaschedun ca- nonieo per la perpetua ed inviolabile osservanza . L’anno 1889 il conte Alberto di Gorizia, e Tiro- lo governo con titolo di podesta la nostra citta di Trieste. In quest’anno ilPatriareaBeltrando celebro li aprile inAquileja unaltro concilio proviaoiale, ove intervenne il nostro Paca da Vedano vescovo di i338 133 ^ 83 Trieste co’ vescovi di Padova, di Como, di VI- 1 JJ 9 cenza, di Concordia, di Capodistria, di Cittanova, di Pola, e di Pedena, e tutti gli Abati, e Prepositi sottoposti alla sua diocesi, ovefurono trattati, e de- cisi molti rilevanti interessi per 1’ecclesiastico go- verno, e speeialmente fu stabilito, che non si po- tessero affittare a’laici le prebendecanonicali, in ri- guardo,che nel lungo corso del tempo, pel quale venivano condotti molti beni delle medesime mali- ziosamente oecultati, ed alienati dallo stato eccle- siastico si trasferivano al laicale . Costitui il eapitolo nel giornO 17 maggio in sno procuratore Donato figl’10 di Leonardo Grassi dia- cono assente , affine di comparire nella romana Cu- ria avanti al sommo Pontefice Benedetto XII. per agire contro qualunque persona tanto secolare , quanto ecclesiastica, che indebitamente occupasse de'beni mobili, od immobili spettanti alla chiesa Triestina, o al eapitolo della medesima . i34o Q liest ’ anno parimente 1340 fu podesta di Trie¬ ste Tommaso Gradenigo, sotto il quale serivemon- signor AndreaRapiccio ne’suoi frainmenti mss. che i Veneti s’impadronissero della nostracitta di Trie¬ ste, il che non concorda coli’accennato testimonio delPabateUghellio, ancorche questo non ispecifichi P anno , ma solo assegni il tempo in cui il vescovo Pace assisteva alla nostra Diocesi. r 34 i Lasciate 1 ’umane spoglie alla terra, il nostro ve¬ scovo Pace si parti alli 13 agosto nel 1841 colmo di meriti verso 1 ’Empireo, ed il suo cadavere fu sepol- to nella Gattedrale, dove esiste un frammeuto di 89 l&pide sepolcrale presso uft gradino delia cappella di s. Carlo, che quantunque il suo nome sia stato * 1 ^ 1 infranto, si conosce dalle date, che a lui appartie- ne, ed e il seguente: = (*) ed in Gielo. 1341. Indi- ziona nona li raagosto >=. Per lamancanza dique* sto prelato, rimase vedova, evacante quasi due an* ni la nostra chiesa, e senza pastore. Scrisse il Pa- triarca Bertrando al capitolo diTrieste prima d’ac- cingersi alFelezione di nuovo prelato, esortando quei canonici alla concordia, ed a mantenere il jus in punto delFelezione del vescovo, i quali vera- mente unanimi concorsero nellapersona diGiovan- ni di Cremona (i) lor canonico e collega, che pre- sentato al PonteficeClemente VI. gli ricuso lacon- ferma,, per la gia detta riserva fatta da Giovanni XXII. alla Sede Apostolica di tutti li beneficj ec~ clesiastici vacanti nella Provincia d’Aquileja. Al Gradenigo segui in questo medesimo anno 1341 nella carica di podesta Giorgio Giustiniano Patrizio Veneto . Volendo Clemente VI. SommoPontefice onorare C) Et in Coelo MCCCXLI. Ind. Vlili, die XII. au- gusti. (1) Giovanni Cremon, ( e non da Cremona ) era l’ anno i335 Caneparo col canonico Giovanni Fa¬ biani scolastico, o Bonoma Corvo come si ha dagli Urbani capit. 9 ° la nostra citta, a petiziofte del eapitolo, comeossef- va FUghellio (i) assegnolle 1 ’anno Ipp. vacante. „ Pontefice 1642 * Clemente VI. 342 49.FRANCESCO AMERINO Tirolese, dottore di Legge, cappellano di suaSantita, scolastico Tul- lense, ed auditore del palazzo apostolico, fu creato veseovo li 29 luglio, e li 6 agosto con lettere pa¬ tenti d’Avignone creo suo vicario generale diTrie- ete Giovanni de WaHbelhiluhein con facolta di vi- sitare, correggere, privare ec. II Pontefice lo rac- eomando alla protezione del patriarca Beltrando d* Acpiileja, il quale li 17 settembre di tpuesfanno scrisse da Udine al eapitolo di Trieste fra l’altre queste formali parole (*): comando a noi il Santis- simo Signor noatro sig. Clernente per Divina pro» videnzaPapa VI. che nelPaccrescere , e conservare i diritti del detto eletto, e della detta chiesa Trie- stina j prestiarao il nostro ajuto e favore . E sebbe- (*) Nobisq. mandavit Sanctissimus Dorainus nos ter Bominus Clemens Divina Providentia Papa VL ut in ampliandis, et conservandis jnribus dieti electi, et di- ctae ecclesiae Tergestinae, nostrum impendamus auxi- lium, et favorem. Et licet ad ampliationem, et con* ( 2 ) Ex regislr. Falk, Eptit. u\, fol. 36. ann. s. gi ne siamo tenuti alla dilatazione, e conservazipne de’predetti diritti, come Metropolitano, e dalqua- 2 3e la stessa chiesa Triestina ha tutto cio di ternpo- rale, che si conosce avere^ nonostantepero, perri- verenza della Sede Apostolica a’di cui ordini vo- giiamo ubbidire, intendiamo di assistere allo stesso eletto, ed al di lui -vicario nelle cose premesse s coli’ opportuno ajuto, favore, e consiglioec .&= Pa¬ role che apertamente dimostrano 1’errore incorso dalFaecennato monsignor Rapiccio nelPasserire,che Panno 1340 essendo podesta di Trieste Tommaso Gradenigo , la Repubblica Veneta s’impadronissa della nostra eitta; mentre il Patriarea Beltrando e- spone con esse, ebe = come metropolitano , e dal quale la stessa chiesa Triestina ha tutto cio di tem- porale, che si conosce avere =. Onde direi che P espugnazione fatta dalla Repubblica Veneta in quei tempi della nostra cittadi Trieste seguissenegli anni antecedenti, e nonnel i34o assegnatoglidal Rapic¬ cio : o che per breve spaziorestasse spggetta a quel dominio, come si scorge dali’ accennate parole del Servationem praedictoruna jurium, tancjuam Metropoli- tanus, et a cpio ipsa Tergestina ecclesia , quidquid tem- poralitatis obtinet liabere dignoscitur, teneamur: ta- men etiam ob reverentiam Sediš Apostolicae, cujus mandatis volumus obedire, eidem eleeto, ejusque vi- cario in praemissis intendimus assistere. auxilio, favo¬ re > et consilio opportuno ec. 9 a Patriarca. Nell’anno seguente i 343 il capitolo di i 343 'p r j este ven ^e quattro čase per lire 480 de piccoli moneta veneta. Podesta di Trieste ritrovasi essere in quest’anno Gio: Cueagna del Friuli. Fra glialtri vicarj delprenominato vescovoFran- cesco puo congetturarsi essere stato Antonio , il quale scrivevasi vescovo di Trieste, mentre con da- 3 46 al a 346 vescovato di Gubio. Re de^Jlomani. j 3^^ Pontefice Cak^pIV. Glemente VI. JH7 5 o LODOVICO della TORRE Miianese canoni- co, e scolastico d’Aquileja fu eletto in luogo del suddetto Franeesco Amerino, dalla Santita di Cie- 9 3 meriteVI.Ii4 agosto di quest’anno (r), il quale po- co tempo resse la nostra Chiesa, mentre dopo tre anni fu promosso al veseovato Olivolense. Quest’ istesso anno ritrovasi il mentovato Giorgio Giasti- niano un’altra volta Podesta di Trieste . E quello del 1849 suo successore Simone Castellerio. 1349 Re deHomani. Pontefice Carlo IV. i35o Clemente VI. i35o ANTONIO deNEGRI Veneziano, decano diCan- dia, fu promosso al veseovato di Trieste per laper- muta di monsig. Lodovico li 3o di maržo di quest’ anno (2). Nel qualanno anche Giovanni vescovo di Parenzo, a nome del Patriarca Beltrando d’Aqui- leja, visito il nostro veseovato e diocesi eome suo visitatore generale in tutta la provincia delPIstria. E Guido cardinale di santa Cecilia legato apostoli- co nelPUngheria a nome di procurazione tanso la diocesi di Trieste . Il Podesta di quest’anno fu Marco Dandolo Ve¬ neziano . Quest’anno parimente rimase estinta nella no¬ stra citta al sentire di monsig. Rapiceio ne’ suoi framrnenti mss. la nobilissima famiglia de’ Giudi- ei, di cui si fe menzione P anno n63, della quale . . . 1 . - .. . ' 0) Ughell. ex lib. obligat. (2) E.t registr. Valican. Epist. a55. fol. 184. 94 scrisse:— I/anno del Signore r35o. La famiglia de i35o Giudici, siccome sono le \'icende d’ogni cosa,ri- mase estinta, il qual accidente dopo molto tempo successe agli Ulbani , ovvero Albam Milanesi, Scavalcanti, Messalti, Balardi di Lodi, Genavi, Satielli, Spagnoli, Monticuli, Safolei , Spiguloni, Pece, e molte altre oneste famiglie hanno conse- guito lo stesso infortunio. s= Dal non litrovarsi al* tra notizia , ne chi seriva il tempo in eni mancasse- ro 1’accennate famiglie nella nostra citta di Trie- ste , UOB sappiamo se rimanessero totalmente estin* te , oppure alPesempio di tant’altre si trasferisse* ro in aliene eontrade,e citta, mentre ritrovansi di- Verse collo stesso cognome sparse in molti luoghi dltalia. Onde, perche non resti priva la nostra Pa* tria della memoria loro, voglio qui registrare una breve notizia di quanto fu possibile ricavare dagli autori intorno ad esse famiglie,cbe illustrarono 1» nostra citta. FAMIGLIA ALB ANI, OVVerO ULBANI . Afflitta la nostra citta di Trieste dalle eontinue scorrerie de’barbari, ehe violentarono molte farni' glie alPabbandono della propria Patria, P Albana fu delle prime, cbe ricoverata nella Provincia di Venezia, si ritiro nelle lagune ovc gode la dignita tribunizia, solita in quei tempi a non conceders* cbe a famiglie nobili, e ricclie, come si yede nell* 9 3 žtoria di Trieste del P. Ireneo (i) colPappoggio di molte croniehe veech.ie mss. E Giovanni Tillio, l3,J ® riferito da Filadelfo Mugnos (a), conchiude, che ri- dotta in estrfeme miserie la famosa Italia dalla pe¬ ste s ferro_, morbo de’Guelfi, eGibellini, e de’ Bian- clri, e Neriabborrendo molte famiglie questo (juo- tidiano incendio, coli’abbandono della propria Pa¬ tri a partirono da Brescia gli Albam, ed Alberici col ricoverarsi in Sicilia nella citta di Salerno . BAILARDIj O BAJALAEDI. Di questa famiglia ritrovo diverse memorie, che sparse saranno in queste memorie oltre la riferita di sopra 1’anno n63 quando si trasferi alla citta di Padova nella persona d’Anselmo, il quale se fos- se o della famiglia Giudice, ovvero della Bajalarda, o per dir meglio Bailarda poco importa; basti sola- mente che la sua origiue fu da Trieste, in cui tut- te e due queste nobilissime famiglie Giudice e Bai¬ larda fiorirono antieamente , e poi col tempo rima- sero estinte. 6ENAVA. Quantunquenon abbiamo eertezza d’asserireche la famiglia .Genava di Trieste fosse la stessa che la (i) Cap. u. Lih. 8. (a) p. p. Lih. i. Cap. 12 . g6 Gennara delle piu nobili ed antiche del Regno di i35op,j a p 0 j- r jf er it 9 Ja t] on Carlo <3 e Lellis famiglia del Regno di Napoli (j), quale nelPidioma latino s’ap- pella Januaria, e per corruzione di voce, con la variazione di poche lettere Gennaria de Gennariis, Janara, e Janaria, difetto avvertito dallo stesso au- tore in numerose antichissimefamigliej occorsodaN la corruttela del volgo, o inavvertenza degli scrit- tori,come e notissimo a qualsivoglia benche me- diocremente versatonella cognizione delTantichita; appoggi at ° eontuttocio a congetture non isprezza- bili, diro che riconoscendo i Gennari la sua origi- ne da Jannuarj antichissimi patrizj Romani, la no- stra Genava di Trieste derivasse parimenti dagli stessi, e venisse ad abitare in Trieste in compagnia di tant’altre famiglie delle piu cospieue di Roma quando fu dedotta, e decorataColonia de’ eittadini Romani, come aeeenna il P. Irene« della Groca nella sua istoria. Alla famiglia Januaria assegna Onofrio Panvino (a) oltre P altre prerogative due consoh, onore, e dignita maggiore, ehe la Romana Repubblica concedesse a’ suoi benemeriti cittadiai. Ed il prenominato Lellis (3) adduce molte iscrizio- ni antiche, con molti soggetti moderni in testimo- nio della siia antichita, e nobilta, che studioso di (0 P- P- pag ^ 4 ?. ( 2 ) Chron. Ec cK (3) Loq. cit, 97 brevita, rimetto chi legge a quanto riferisce lo ttesso. lodi . Rimase estinta questa nobilissima famiglia ia Trieste circa gli anni di nostra salute i35o, come osservo il Rever. monsig. Antlrea Rapiecio veseovo della nostra citta, di cui Gio: Pietro Crescenzi nel- la sua corona della Nobilta d’Italia (i) appoggiato ali’ autorita di Paolo Beni, dice essere discesa dal- lo stesso lignaggio, cbe la nobilissima famiglia Trissina di Vicenza, nella qnale in ogni eta fiori- rono personaggi singolarissimi. Risplende oggidi ancora nella stessa citta di Lodi la nobile famiglia Lodi, la qnale pregiasi d’antichita al pari della patriaj rnentre Parmo n65,il settimo della sua riedificazione nel testamentodiBonaventuraVigna- ti nobile Lodigiano, si fa menzione di Tommasino, e Simone de Lodi. Illustro pure questa famiglia Guido de Lodi nobile Genovese, eccellente giure- consulto, il quale servi a quella Repubblica in ma- neggi rilevanti, e di gran conto.Fu ambasciatore in Torino alPImperatore Federico, ed in Pavia ali’ incoronazione di Banione giudice d’Alboreo assun- to al regio trono di Sardegna. Da tre secoli in qua ha sempre partecipato questa famiglia nella citta (0 p. p. narration. ai. Cap. 3. TOM. II. 7 i3So 9 S . (M Lodi tutti quegJi onori soliti ooncedersi a perso- 1 ^°naggi nobili, e benemeriti della patria; cioe deeu- rioni, delegati, sindici, vicar] , canonici, collegia- ti,dottori deli’ arti, fisici eceellentissimi, giure- consulti insigni, fra’ quali il dottor Francesco col- legiato fu annoverato fra li dodici vicarj generali deiio stato Milanese al tempo delFImperatore Car- lo V. giudice in Genova , podesta in Tortona, e vi- cario pretorio di Cremona, e dal marchese del Va- sto governatore di Milano fu delegato per compor- re le differenze tra laKepubblica di Luca , e la con- tessa di Massa . Tralascio altri soggetti cospicui di questa nobile famigiia, che in diversi tempi fiori- rono nellacittadiLodi, rimettendo il lettoi’e a quan- to scrive di essa il prenominato Grescenzi. MILANESI. La nobile famigiia Milanese , Milana , ovvero Mi¬ lano, che al sentire di Filadelfo Mugnos (i) e nna medesima . Direi che da Milano venisse a Trieste, forse ornata d’altro nome , il quale poi dal volno fosse cangiato in quello di Milano sua antica pa- tria. Se questa famigiia di Trieste sia una stessa coli’annoverata dal prenominato autore tra le fa- miglie nobili del regno di Sicilia, la scarsezza di (0 Teatr. Genealog. della Fam. di Sicilia part. 2 . lib. 5. 09 ttiemorie antiche della nostra citta ci priva nou so¬ lo di questa., ma ancora di molte notizie che espo- 1 0 ste alla luce apporterebbero non poco splendore alla patria. I primi che da Milano andarono in Si- cilia furonoGuidoMilano gentiluomb di mol ta p ru¬ den za , il quale al tempo di Federico II. re di Sici- lia nella rnilizia feoe chiari progressi impiegatodal- 10 stesso in molti importanti affari, e Matteo suo figlio dicbiarato regio cameriere, e sotto il re Lo- dovico fu capitano di Lentiene, e custode d’ Angli¬ sta , e Giovanni sno fratello barone del territorio di Rieti. Matteo liglio di Nicolo fn pid volte giura- to diPalermo, come pure Nicolo sno figlio> uai qua- 11 diseesero Pietro, e Giovanni, cbe fnrono senato- ri. Molti di qnesta femiglia liorirono anebe in I- spagna, oye congi[uiti in pareutelia con la famiglia Borgia , la quale pregiasi di due Pontefiei Celesti¬ no III.. ed Alessandre VI., merce che D. Lnigi di Milan ebbe per moglie donua Catterina Borgia di oni nacque il cardinale D. Lnigi di Milan veseovo di Šego vi a, al quale anclie‘sncc6sse D. Giovanni di Milan suo nipote con titolo di conte: tutti sogeetti qualifieati che vissero con reale splendore in Ispa-> gna, ed Italia innalzando per arina in Sicilia un albero verde in campo d^ro. Appena prešo il nossesso della diocesi di Trieste d veseovo Negri, o fosse perche nato in Venezia, o dali’ essere poco afFetto alla nostra citta , senz’ mdugio col ptocurare 'd’ assoggettarla alla Repub- blica Veneta, la ridusse aiPeceidio, come esprime 100 Pabate Ugliellio (i) colPingiunte parole = (*) As- sorbi cogli occhi questo prelato della citta di Trie- ste Fapportato eccidio dai Veneti — . Posciache es- i35i sen ^° ^ anno se g uei,te del i35i Giovanni Foscaro podesta si pubblicoil primodigennaro il rinnovato statuto nelle sne mani dai giudici, e magistrato della citta, e fu giurata fedelta alla Repubblica di Venezia. Gome succedessetal fatto, non ritrovo au- tore che lo scriva; solo diro che i senatori di quel- la Repubblica scorgendo che il governo spirituale, e politico della citta di Trieste appoggiavasi a due loro cittadini, offeriva occasione opportuna d’im- padronirsi di questa citta ; mentre in ogni tempo hanno sempre inteso ciocche non si deve ignorare per vantaggio del dominio loro . Solamente monsig. Rapiccio ne’ suoi frammenti mss. accenna , clie in- sorsero gravissime liti fra il vescovoNegri, e la co- munita della nostra citta, a causa delPentrata, gabelle, dazj, ed altre giurisdizioni del castello di Mocco, levati, ovvero trattenuti dai cittadini, e pretesi dal vescovo in favor della chiesa. Questo rieorse al Patriarca , che a piu potere lo protegge- va,e favoriva, a concedergli 1’usodelle censure (*) Hausit oculis hic praesul Tergestinae civitatis * Venetis illatum excidium. (i) Ital. Sac. Tom. 5. Col. 58o. tor eontro i suoi cittadini; il che ottenuto, fulmino con tanta contenzione, ed alterazione d’animo eontro essi la scomunica , ePinterdetto, che poco manco non venissero alParmi. Proibi anche il Patriarca con data delFultimo di febbraro del i35a. Indizione quinta al decano e ca-i35a pitolo di Trieste in assenza del vescovo, 1’ammet- tere per vicario aleun vescovo de’ mendicanti sen- za suo espresso consenso . Assegnandogli il primo di inaggio dello stesso anno Fra Giovanni vescovo di Cittanova suliraganeo patriarcaie vicario gene¬ rale della citta e diocesi di Trieste con plenaria fa- colta di pontificare, ordinare, processaie, e sen- tenziare, ed il ventesimo di detto mese dichiarollo visitatore generale di tntta la diocesi. Nel qual an¬ no li i5 settembre Egidio cardinale di s. Clemente legato in Lombardia a nome di procura riscosse dal vescovato e clero di Trieste fiorini 63. Rimesse finalmente tntte le controversie, pre- tensioni e litigj del ves» ovo Negri con la Comurii- ta di Trieste in giudici arbitri: decisero questi con soddisfazione delle parti ogni lite, riducendo qne- sto rnedesimo anno gli aninii alterati ad una tran- guilla pace , e concordia. Sebbene il sopraddetto vescovo Antonio si fosse rappacificato con la Comunita, era peraltro in dis- gusto col suo capitolo_, perche gia da due anni non pagava i debili della rnensa vescovilej per la qual cosa li 16 di giugno deli’anno seguente i354 ine- sorabilmente minaccio la censura della sospensio- ne eontro i canonici ed il capitolo,ed insiememente. * I 02 Pinterdetto contro la cliiesa cattedrale, se nel ter- I ^^ 2 mine di nove giorni non pagassero il cattedratico da dne anni alla meilsa veseovile, ordinando ai medesimi, che se avessero una giusta ragione di operam in eontrario, tra 'il medesimo termine si ■S ; # t presentasserb in Udine, dove dirnorava il vescovo, perdifeitlereilo.ro diritti.Non essendo in istato i eanbnini di sostenere una lite,per mezzo del procurasore Nico]o de Burlo arcidiaeono Triestino pagarono al vescovo il loro debito con due marche di soldi di Atpiileja. i354 Lo scorge 1 Patino i354il nostro vescovo Anto¬ nio ritirato neiia citta di Udine , edivi citati sotto pena di sosuensione i canonici e capitolo di Trie- ste a rfendergli conto della solita prebenda li due anni trascorsi non soddisfatta alla camera veseovi¬ le , ini fa čred ere, che poco durasse Paceennatapa- ce , e concordia, meutre scorgo esso vescovo lon- tano dal la citta, e diocesi senza poter egli o alcun suo. vicario risiedere in essa, o esercitare libera- mente la sua giurisdizione, Senza manifesto peri- colo delte persona, e del dovuto rispetto della di- gnita ecclesiastica per gli schiamazzi, ripulse, e violenze usate in diversi tempi , contro la persona dello stesso vescovo, e suoi domestiei, oltre le car- cerazioni, otnicidj } catture, e rnolte altre iugiurie apportate a’ vicari, ed altri officiali della sua ehie- sa.Leqaa3i turbolenze, e rotture furoao nuova- mente com poste, ed acčordate dai giudici arbitri* intervenendo per la citta Ettore de Gauciano, An- dreaPace, ed Errigo. Ravizza; dei parziali del i o3 vescovo non ritrovo memoria. Solamente che in questi tempi il prenoininato vescovo giudieava il 1 criininale de’sudditi della Valle di Mocco, dalle condanne de’qnaH ricavava molti emolumfenti, co- me riferisce monsig. Rapiccio ne’ suoi franimenti manoscritti. Per aggradire il nost.ro vescovo Antonio deNegri ali’istanze diPietroPasqualigo sno nipote, gli eon- cessein feudo il castello di Siparo nelPIstria, usur- pato anticarnente dai sigg. Brati di Capodistria al nostro vescovato, come s’ accennd di sopra P anno 1271. Domenico Ceclino contadino di Trieste riedifico 1’anno 1 355. POspedale della santissima Annun* ziata fuori della porta Cavana , e gli assegno in sol- lievo de’ poveri infermi molte vigne, e Leni, che per trascnraggine di cbi n’ aveva la cura } forse an- dato a male , e rovinato , a causa delle controversie occorse ai tempi del vescovo Rodolfo, il quale per li pretesi pregiudizj fatti alla sna giurisdizione s’ appello P anno i 3©9 alla sede Pontificia inAvigno- ne_, come ivi fu accennato ;■ aggiustate poi tutte le differenze , fu nuovamente assegnato il possesso a’ Rever. Padri Crociferi di Venezia, il che si scoree dalPistromento. Non ancor satollo il vescovo N gri di vessare il capitolo , pose in questione il dintio su 11 a -pieve di Cossana : questo si appello al Ponudi ec Clemen- te VI ., avendo spedito a tale oggetto il decano Ro¬ sando Bajardi in Avignone presso la saota Sede 1 , per agire anche in causa dello spoglio delle cere, e io4 Iliade coatro il giudice Giusto de Leo, ed il prete JJ ^Florio, cojne oonsta da due lettere dello stesso de- cano Rolando Bajardi scritte 1’ una P anno i356 e 1’ altra nel i 357 da Avignone al capitolo di Trieste, dando conto al medesimo del suo operato . Couservausi ancora dette lettere al giorno d’og- gi nell’archivio capitolare . Non potendo soffrire il re Lodovico d^ngheria, che la Repubblica di Venezia coli’allargare il pro- prio dominio si fosse impadronita della citta di Žara nella Dalmazia appartenente al suo regno, congiunto in lega quest’ anno col Duca d’ Austria, e Patriarca d’Aquileja coritro quella Repubblica, s’ incammino con poderoso esercito alPassedio diTre- vigi a lei soggetta . E P anno seguente il Patriarca Nicolo entrato violentemente nella citta di Grado, indi levati i venerandi corpi de’ santi Ermagora , e Fortunato li trasporto in Aquileja, e poi nel ven- turo anno 1357 rirnase stabilita la pace . ‘ Dal non contribuire ai tempi assegnati le collet- te Pontificie procedevasi con rigorose forme, sen- za verun riguardo contro i contumaci, e negligen- ti, legaudoli con censure eeclesiastiche, sino a di- chiararli scomunieati, come segui al nostro vesco- vo, e clero di Trieste, i quali pet’ la negligenza in pagare a tempo debito fiorini 2 56 ad Egidio vesco- vo Sabinense legato Pontificio, incorsi nella sco- munica, al P. Guardiano di san Francesco fu dele¬ gata Pautorita d’assolverli, il quale li ai maržo 1357 esegui la funzioue . In questo medesimo anno il nostro capitolo di Trieste fece fortnare un processo da Greto de Gre- tis notajo e procuratore del nostro capitolo medesi- mo avanti il sig. Renaldo de Renaldis vicario deli’ illustre, e magnifico sig. Errigo inclito conte diGo- rizia , e Tirolo , onorando podesta di Trieste, con- tro la sign. Soffia, e figli del qu. Maria dellaBerda, perclie non voleva pagare la decima . Passato da questa a iniglior vita li 3o luglio delj i358 in Gividale di Belluno colino d’anni, e carico di laboriose fatiche il Patriarca Nicolo, gli succes- se nella dignita patriarcaleLodo\ico della Torre ve- scovo Coronese soggetto singolare in virtu e talen¬ ti . Appena applicato alla reggenza del patriarcato, ritrovando da’Duchi d’Austria, Gonti di Gori- zia, ed altri particolari occupati inolti luoghi della sua diocesiricorse adlnnocenzo Vl.SommoPontefi- ce, acciocche median te la sua intercessione presso 1 imperatore Carlo IV. disponesse quei Prencipi alla restituzioue deli’occapato. L’anno seguente i35q [ alla sua prima messa solenne patriarcale da cele- brarsi in Aquileja la prima domenica dopo s. Mar¬ tino, invito il decano, i canonici ed il capitolo di Trieste . Insieme con Marco Dandolo trovasi podesta in quest’anno Pietro Dandolo. Quest’anno pure per la dilaziona in soddislare le collette Pontificie, Parcidiacono , e Clero di Trie¬ ste incorsero nuovamente nell’accennate censure, dalle quali li /j. ottobre fu assolto Parcidiacono dal delegato P. Guardiano di s. Francesco, e li 7 dello stesso mese il Clero dalPaecennato arcidiaeono. Il io 6 debito delle collette per la decima di tre anni fa di ducati 55 d’oro , e soldi 40, e per la negligenza incc rsa di pagaiv a tempo debito le predette eollet- te 1 trovo nucvamente Panno 1361 diehiarato sco- 3< ’ i inuri, i.to il vescovo e clero di Trieste , il che acca* de va ogn' a m no , 353 L’atmo 1363, alli 4 di settembre nella cattedrale di s. Giusto Martire fa dato prineipio allacappella di s. Antonio ahate, ove al presente si conservano le sante reliqnie di essa Ghiesa , come piu dilfusa- mente si vedra Panno 1600. La causa inotrice di tal opera pia fa che determinato dal pubblico di fabbricare per decoro della piazza grande, e della eitta una Chiesa^ ove ora sta situata quella di san Pietro Principe degli Apostoli, ad onore 5 e col ti¬ ldo di sant’Antonio ahate , ne potendo con repli- cate istanze ottenere la licenza da monsig. Lodovi- co della Tone a quei tempi vescovo della eitta , si trasferi il pio desiderio, e divozione, nella fabbrica delPacccnnata cappelia. 365 Assisteva Panno 1 365 nella nostra eitta di Trie¬ ste a notne della Repubhliea Veneta con titolo di Podesta Cresio de Molirto , come dimostra Nicolo de Picca notajo pubblico, e vicecaacelliere della eitta in una sentenza pnbblicata li 8 febbra]o di questo tenore: = (• ) Li8 del rnese di febbrajo 1365 (*) Dle 8 mensis februarii i363 Tergestl. Cresius de Molino pro Republica Veneta Potesias, quo praesenta 107 iu Trieste Cresio de Molino Podesta per la Repub- blica Veneta, alla cui presenza Peccellentissi- 1 ^ 0 mo signor Giovanni de Plscari di Brescia vicario ec. proferi la sentenza nel palazzo veochio in favo- re de’canonici Triestini, in oecasione di due lire di affitto non pagate da tre anni da Agostino della Berda ec* * Ritrovo in uno statuto antico della nostra citta mss. in pergamena le seguenti parole: = (*) Prin- cipia la nuova compilazione deglistatuti, composti nell’ anno del signore j 365, incominciata li 4 del mese di maržo Indizione terza, nel tempo del go- verno del nobile e potente uomo signor Giovanni Foscari veneto, onorevole Podesta per il Conmne della citta di Trieste ec. sotto la giudicatura dei discreti uomini signoriBartolomeo Greinoni, Nlco- 16 Ada, ed Andrea de Anzolo; e fu compita nel Excell. dominus Johannes de Pisebariis de Brixia vica- rius ec. sententiam in veteri palatio tulit, pro canoni- cis Tergestinis, oecasione affictus L. 2 . annis tribus non persolutis ab Augustino della Bei-da ec. (*) Incipit nova eoinpilatio statutorum composita sub anno domini 1 365 incepta die quarto mensis mar- tii Ind. 3. tempore regiminis nob. et, potentis viri do¬ mini Johannis Foscari de Venetiis honorabiiis Potesta- tis pro Communi civitatis Tergesti ec. sub judicatu. diseretorum virorum dominorum Bartholomaei Gremo- nis, iNicolai Adae, et Audreae de Anzulo, et comple- io8 tempo del governo del suddetto Podesta , sotto la l ^^giudicatura dei discreti uomini sigg.Ettore deCan- ciano, Bortolammeo de Boraz, e Corvo de Bono- mo = . Per compilare, eorreggere, perfezionare, e levare molte dubbieta cbe occorrevano in detti sta¬ tuti, furono eletti Paolo Foscari di Venezia dotto- re d’ ambe le leggi, co’ sapienti sigg. Giuliano de Giuliani, Facino de Canciano, Francesco Bonomo, Andrea Pace, Greto de Gretis, e Nicolo de Peta- cis cittadini diTrieste . Nel quale statuto ancbesta scritto, chein pubblico consiglio si stabili con posi- tivo decreto , che i conti di Gorizia si preferissero sempre a qualsivoglia altro soggetto alla carica di Podesta. Che la Chiesa di s. Canciano situata sopra la punta di Grignano fosse feudo del decanato della cattedrale diTrieste, lo dimostra unistromento sti- pulato questo medesimo anno , in cui si legge=: (*) Li ja del mese di decembre t365. Pietro de Alber¬ ti, deeano Triestino , afiittb la chiesa di s. Cancia¬ no di Grignano vita durante in feudo a Marino di Pimseco, unitamente alle čase, vigtte, ed orti ap- ta tempore regiminis supradicti domini Potestatis sub jndiratu: discretomm •viromni dominorum Hectoris de Canciano, Barlholomaei Boraz, et Corvi de Bonomis. C) Die j 2 mensis decembris 1 365. Petrus de Al- bertis decanus Terg. ecclesiam s. Canciani de Gr.igna- no locavit ad vitam in feudum Marino de Proseeho, uua cum domibua, vineis, et borlis ad eandcm sc- 109 partenenti alla medesima chiesa^ per tenerla, go- derla , usufruttuarla . E cio perche il predetto Ma- 1 ^ rino affittuario obbligandosi solennemente promise al medesimo signor decano locatore, ed a’suoi suc- ceisori di dare, e consegnare in vita del detto Ma¬ rino nella festa di s. Michele, al jnedesimo locato¬ re, e suoi successori ogni anno una libbra di pepe, ed in eiascuna festa della Resurrezione del nostro Signor Gesu Cristo di portare a časa, e consegnare un caprettoallo stesso loeatore, suoi successori, ed in eiascuna festa della Beata Vergili e Maria del rne- sed’agosto di condurre al medesimo in Trieste quattro fasci di foglie di lauro ec. DalPistromento vicedominato (i) dal sig. Andrea de Leo vicedomi- clesiam pertinentibus, ad tenendmn, gaudendum, usu- fructuandum. Et hoc ideo cjuia praedictus Mariuus conduetor, se solemniter obligando promisit eidem domino decano locatori, et suis successoribus cjuolibet anno in vita dieti Martini, in festo s. Michaelis, dare et tradere eidem localori, et suis successoribus libram unam piperis, et in quolibet festo Resurrectionis Do¬ mini nostri Jesu Christi capretum unum ipsi locatori, et suis successoribus ad dominum deferre, et dare: et in festo quolibet sanctae Mariae mensis augusti eidem conducere Tergestum fassos foliarum lauri quatuor ec. Ex instrumento Vicedominato a domiuo Andrea de Pa- (0 Aulenlicato . I 10 no, dal protoeollo del sig.Andrea dePacis ad istan- ž3 6S za del Rev. sig. Tommaso Tuma decano . Fu assuntoT anno i365 alla Sede Patriarcale d’ Aguileja per la inorte del Patriarea Lodovico della Torre, ,ad istanza deli’Impera tore Carlu IV. Mai> quardo di Gandecovescovo d’Augusta gran eancel- liere, e vicario Imperiale in Italia, Arrivato la vi- eilia del Santissimo Natale di nostro Signore nel Friuli, portossi in Aquileja, ove il deeimo nono d’ aprile deli’anno seguente celebro consolenne pom- pa la prima rnessa Pontificale eoll’ intervento di molti prelati, gran »namero di nobilta, e popolo. II tributo che per segno di riverenza gli eontribui- rouo, al sentire deli’abbate Gio: Francesco Palla- dio (i) fu riechissimo, meree che il vescovo di Pa¬ dova gli mando un vašo, ed una coppa d’argento. Quello di Verona un cereo con ducati 2 , 0 . Il nostro vescovo Triestino un altro con somma di danaro . Il Vicentino anche un cereo con altri 20 . ducati. Quello di Concordia una coppa d’argento. Il Pole- se 12 fiorini. Il Trevigiano uri’altra coppa, ed il suo capitolo due tazze d’argento . La Repubblica Veneta due pianete, due bacili, tre secehi, e dodi- ci tazze d’ argento. LaComunita di Pesaro una bor' cis, ad instantiam Rever. domini Tliomae Tuma de- cani. (1) Ist, del Friuli part. 1. lih. 12-3 p c adre inCristo tnonsig. Angelo per la grazia diDio, e delTApostolica Sede vescovo Triestino nel tem- 1 ^? po che approdo a Trieste al suo vescovato, ritrovo il detto vescovato talmente diroccato, e devastato , che appena si poteva conoscere, e vedere dove era stata la časa ed il palazzo del detto vescovato, e fu necessario, che esso avesse rilabbricato altrove uri vescovato per abitazione sua , e della sua famiglia . Per la qual cosa riceve dal capitolo due čase coli’ obbligo di pagare annualmente lire 3o. = La qual rocca, o forte fabbricato dai Veneti con la demoli- zione del vescovato si puo congetturare dali’ ac- cennate parole, ed anche da alcune reliquie di mu- raglie antiche che oggidi ancora appariscono nella braida, o campagnetta delPIllus. sig. deBurlo Ma- ritata Pillepich, che fosse situato fra il vescovato, ed il castello odiernore da questa demolizjone materiale di esso vescovato, anche la formale della sua cancelleria, cioe 1’ asportamento dei privilegj, et Apostolicae Sediš gratia episcopus Tergestinus, tem- pore quo appulit Tergesti ad suum episcopatum, inve- nit dictum episcopatum taliter derupatum, et deva- statum quod vix poterat cognosci, et videri ubi fuerunt domus, et palatium dieti episcopat., et ipsum opor- tuerit alibi uuum aedificare pro habitatione sua, et fa- ttiliae suae. Quare a capitulo accepit duas domus, ciirn obiatione solvendi anuuas libras 3o. I2;4 ed altre scritture antiehe della chiesa, e citta di 3 Trieste . No n contenti i Veneti della riacquistata citta di Trieste , per maggior sieurezza della stessa contrc la stabilita pace s’accinsero anche all’im* preša del castello di Moccolano, del quale s 5 im- padronirono li 2 5 febbraro del j 371 benche con grandissimo loro danno e perdita. Cosi riferiscorio le memorie antiche mss. del ven, capitolo . Questo castella fabbricato per difesaj e custodia della citta ^ era situato vicino alla ripa del mare neba contrada di Zedasso quattro miglia distanteda essa fra la strada che conduce al Friuli, e la ripa del mare,quale fu poi totalrnente distrutto , non re- stando al presente altra memoria di esso , che al- cuni avanzi di fondamenti nella vigna de’sign on Montanelli, con un porto formato di bellissime, e grandissime pietre. Scrive d’esso ilBiondo:=(x.) nel fine della regione decima, vicino al mare, dopo Montefalcone e pure in un altro colle Duino, no- bile e forte terra, ed in un’altro minore colle e Moccolano ; appresso poi e la citta di Trieste anti- ca Golonia de -1 Romani, celebrata molto presso gli anticbi scrittori come e Cesare^ Plinio, ed altri Istorici,eCosmografi.= Fa anche memoria di Moc- (0 Ital. illustrat. 125 colano Fr. Leandro Albuti (i) adducendo quasi le stesse parole. A causa della passata guerra rimase disfatto non solo il vescovato di Trieste, ma eziandio distnstto, ed incolto tutto il suo territorio , come disnostra un istrornento rogato 11 3 1 maggio 1371 da Nieolo Picca notajo pabblico con occasione d’avere il ea- pitolo della nostra Cattedrale ooncesso ad annuo affitto il riiolino pošto nella contrada di Ursinigie , con le vigne , orti, e terre ad esso spettanti, sola- mente per lire sei. Quest’anno medesimo il sesto di luglio monsig.Angelo vescovo e conte di Trieste (2) investi Pietro suddiacono della diocesi d’Aqui- leja suo domestieo delPaltare di santo Venceslao Martire, pošto nella chiesa di s.Michele eappella del vescovato, dotando il predetto altare d’una vigna vicino alla chiesa di s. Lorenzo nella villa di Servola,'e tre Masi posti inVillanova di Presusniza con tutte le pertinenze; nonritrovandosi oggidi ve- runa memoria ditale altare,e nemmeno della dote. Investi parimenti quest’istesso anno i sigg. Bra¬ ti di Gapodistria del feudo di Siparo nell’ Istria, gia anticamente da essi posseduto, come s’accenno di sopra Parmo 1812. Per esigere le collette, e prestolazioni Pontifi- I - 3 ? (1) Descr. delV Ital. region 18. pag. ( 1 2 ) Im prima volta che in questa istoria il vesco- vo assume il titolo di conte di Trieste . 126 cie furono stimati i beni Ecclesiastici della citta e diocesi di Trieste quest’anno del 1371 ,, tassati in tal modo; 137 II monastero della Cella di Trieste . L. 80 II priorato de’ santi Martiri di Trieste la quarta parte di tutta la colletta . Neli’anno 1372 Podesta di Trieste fu Leonardo Contarini veneziano. 18721 Fu consagrata dal nostro vescovo Angelo li 39 gennajo 1374 la Chiesa di s. Martino vescovo , e 1 confessore: reconciliata poi li 7 gennaro 1449 dal vescovo Enea Silvio Piccolomini, che asceso al Sommo Pontificato addimandossi Pio II., e final- mente demolita d’ordine di monsig. Antonio Ma- rensi P anno 1649 fu aggregata alla clausura del Monastero delle Rev. Madri di s.Benedetto, in cui la vigilia del santissimo Natala del nostro Signore del 1686 nello scavare la terra ritrovossi una se- poltura di pietra con le vestigia d’ un cadavere . Questo medesimo anno il prenominato vescovo pa- go per collette pontificie, e prestolazioni duca¬ ti 64 d’oro.E la Gomunita di Mugia mediante Floro Reinaldi suo procuratore condusse maestro Matteo Gentile da Venezia per insegnare gramati- ca, coli’ assegnamento pubblico di ducati quaranta e časa d’abitare, a condizione che gli scolari della terra gli contribuissero 24 grossi Veneziani ali’ an¬ no , e coi forastieri s’accordasse a suo piacimento . La ripugnanza scoperta dal Patriarca Marquardo d’ Aquileja nella Repubblica di Venezia di restitui- te alla sua Chiesa molti Iuoghi da essa usurpati nella Provincia delPIstria alla Sede Patriarcale, lo fece riso! vere d’unirsi in lega col re Lodovico d’ 12,8 Ungheria, eoi conti di Croazia, coi Genovesi,e coa ^ 7 dFranceseo Carrara sig.
  • Giusto j ove si leggono queste parole: = (*) Nel Home di Cristo . Cosi sia.L’anno 1379 li ai di 1 ^'^ tnaggio dai cittadini Triestini furono uccisi> posti in prigione, e scacciati gli stipendiarj del Comune di Venezia al Monte di s. Vito, nella detta Chie¬ sa.= II Monte di san Vito e una collina verso ostro* allora mezzo miglio distante dalla citta* ove anti- eamente era una chiesa dedicata al medesimo san- to, laqual diede la nominaallo stesso Monte di cui ai nostri tempi non ritrovasi verun Vestigio,ne sappiamo se fosse sitnata ove ora sta il forte , chia- mato di s. Vito, o la Sanza ; ma perche non ritro¬ vasi ehi scriva come seguisse tal fatto , appoggiato alle congetture, direi eh e essendo a quella chiesa giorno di concorso, abbracciassero quelPoccasione per eseguire il gia premeditato ten ta ti vo, Atterra- rono incontanente i due forti edifieati poco prima dai Veneti j e perche certi del risentimento della Repubblica ricorsero senza dim ora alla protezione del Patriarca Marquardo, offerendo se stessi, e la propria citta alla sua obbedienza * e per sieurezza maggiore consegnarono a Bertoldo Novenchi Ca- merlengo di esso Patriarca il gonfalone colPeffigia di s. Giusto protettore della citta* prestando in (*) In Christi nomine Amen. Anno 1879. die 21 tnali. Interfecti , capti, expulsique fuertint stipendiarp Commune Venetornm ad monterU s. Vitij in dieta ec« clesia, per cives Tergestinos« i3s mano del Patriarca stesso il giuramento di fedelta, '^9 C on esibizione di pagare ogni anno alla mensa Pa- triarcale cento mastella divino prosečo, e cento marche moncta d’Aquileja, ed ammettere algover- no il Pretore, o Gapitano del Frinli, colPerezione d’una Rocca nella piu alta parte della citta vicino alla Torre Cucherna, ove gia era la edificata dai Veneti, e da essi pochi giorni prima stata demo- lita . Sentita dalla Signoria di Venezia tal novita, per vendioare questi nuovi affronti spedirono subito (jnattro galere grosse con mangani, ed altri appa- recchi da guerra, ed una potente armata, a piedi, ed a cavallo per terra diretta dal prenominato Do- menico Michele , i qnali di pari viaggio e zelo s’ incaminarouo verso Trieste, tutti ansiosi di vendi- care oltraggi si eccessivi. S’accinsero risoluti i nostri Triestini contro tanto apparecchio ad ogni costante dilesa . Ne la brevita del tempo apporto loro verun timore, anziche il soccorso del Patriar- ca gPinvigori talmente, che poco o nulla temevano le forze dei Veneti. Al primo arrivo Parmate Vene¬ te assalirono con gran furia la citta, terminando 1 assalto con morte di molti d’ambe le parti senz altro progresso. Uscivano spesso gli assediati adin - quietare con gagliarde e vigorose sortite gli assali' tori,i quali. mostravansi non poco rallentati, esce- mato il loro primo fervore per il danno considera- bile de’ morti, e feriti ricevuto dalle frequenti sor¬ tite degli assediati. Ponderando i capi delParmate il poco p ro lil to lin’allora avuto sotto Trieste, c° a j 33 la gran perdita de’ soldati seguita negli assalti, e sortite de’cittadini, ricorsero con gran premuro- 1 se istanze alla Signoria Veneta per nuovo soccorso, ed ajuto, laquale con validi rinforzi 3 e nuovi Prove- ditori in permnta deiprimi, accrebbe con molti Sol¬ dati 1’una j e 1’ alti’a armata , co’ quali s’ aggiunse ancora Filippo Barbarigo celebrato da Francesco Pola (i). Coli’ arrivo del nnovo soccorso al campo, ed ac- cresciute di nuove milizie, arme , e vettovaglie le armate , si rinovarono gli assalti, e per istringere maggiormente la citta occuparono con le trinciere il sito della Valle diBroglietto ( 2 ) sino al Monte di s. Vito, accampandosi in quel distretto con atter- rare la Cbiesa di s.Lorenzo dietro il castello,ed nn’ altra di s. Servolo . Ne percio prima s mani il generoso ardire degli assediati, i quali per illude- re gl’ inimici, innalzarono sulle mura della citta molte lancie con cappelli, berrette, ed elmetti so- pra . Ma ridotti alla fine al P ul time miserie de’vi- veri, e soldati, privi anche d’ogni speranza di soc¬ corso , accordarono la resa della citta a buoni patti diguerra. In qualgiornoe mesecio seguisse,non ri- trovasi clii lo scriva. (1) Tom. degli Opuse, del P. vlloisio Nov arino num. 138. (a) Dove ora e la. strada nuova , e dietro la časa Lazzarich. i34 Meno d’tm anno pote gloriarsi questa fiata la s ^?9Hepubblica di Venezia della padronanza diTrieste, posciache Matteo, Maruffo, uno de^enerali deli’ ar- mata Genovese, pochi giorni prima che i Veneti ri- cuperassero la eitta di Cbiozza, seorgendo 1’ iinpos- sibilita di poter soecorrere il rimanente della pro- pria armata, che assediava quella cittii, rinchiusa ne’ suoi cpntorni,e lagune dalla Veneta senza speranze di poterla ajutare, o liberare dal periglio, determino d’entrare nellaProvincia deli’ Istria con la sua squadra di qaaranta galere fiancheggiata di molte fuste, e eosteggiando quelle ripe, al sentire di GiovanniTarcagnota (i), investi al primo incon- tro la eitta diTrieste, la quale lasciata saccheg- giare dai soldati, atterro dai fondarnenti la Rocca rifabbricata da’ Veneti, e poi cosi malconeia la re- stitui al Patriarca d , Aquileja . Scrivono altri, che alla comparsa del Maruffo coli’armata, incitati i Triestini anche dal suddetto Patriarca, ponessero in ferri Donato Trono Podesta in quel tempo per la Repnbblica Veneta, ed aceolto il Genovese, que- sti poi lo consegnasse al mentovato Patriarca. Una cronica antica di Venezia mss. riferisce, che a per* suasione de’ Genovesi i nostri cittadini scacciasse- ro i Veneziani, e facessero spianare la Rocca da poco fabbricata, e che cio eseguito partisse il Ma* (O Ist' del Mon, art, 2. lib. 17. 135 ruflfb con la sua armata versoCapodistria , la quale anche preše., e saccheggio . Un’altra cronica antiehissima intitolata Castiga- - tissimi Annali deli’ eccelsa Repubblica di Genova di monsig. Agostino Giustiniani vescovo di Nebio (x) 1’anno i38o riferiscequesteparole: = Lassarono i Genuesi di continuar la guerra coi Veneziani , anzi sottoil capitanato diGasparo Spinola con tren- totto galere costrinsero la citta di Trieste rihel- lare a’Veneziani, qual diedero alPatriarca d’Aqui- leja, eh’ era confederato con loro, in la qual citta di Trieste fu pigliata la pietra di marmo, che si vede ancora oggidi in la časa, che e in capo lapiaz- za de’ Giustiniani ch’era d’Antonio Giustiniano , quello che lascio i laghi a debito delGoinune,nella qual pietra cosi e seritto: = (*) Questa pietra nella quale vi e la figura di s. Marco di Venezia, fu di Trieste prešo dai nostri nel i3So.=: Epoi pigliaro- no la citta di Giustinopoli domandata volgarmente Cavo d’Istria, e la saccomanorono, e brusorono, re- stando pero la Fortezza salva per Veneziani ec.= Questa cronica non asserisce che saccheggiassero Trieste come afiferma di Capodistria, onde si lascia al lettore appigliarsi a quanto meglio gli aggrada . (*) Iste lapis in quo est figura s. Marci de Venetns fuit de Tergesto capto a y nostris MCCCLXXX. (0 Lib. 4. 1 3 6 Giovarioi Candido (i) scrive che Vittor Pisani se« I ^^°guendo con 46 galere il prefato Maruffo , e Geuo- vesi ripigliasse Gapodistria al Patriarca , e man- do Nicolo Spilimbergo Pretore, e Simone Pram- pergo Cavaliere con molti altri nobili del Friuli prigioui a Venezia,e costrinse i Triestini a sog- gettarsi u^altra volta ai Veneziani. Che non ricu- perasseroalloraTrieste, lo dimostra con tali parole Nicolo Manznoli (2): che i Veneziani per ricupera- re Trieste mandarono molte navi; ma il sig. di Go- rizia., ed iiPatriarca d’Aquilejala soccorsero, e non si pote piu riavere essa citta se non al tempo della lega di Gambrai. Lo stesso pure apportaRaffano de Carissimi nelPaggiunta, che fa alla cronica mss. del Dandolo. In alcune memorie mss. del sig. canonico Stefa- •no Trauner ritrovoil quiaddotto raeconto, il quale a mio credere per le particolarita in esso contenu- te del tntto conformi ai successi diquest' 1 anno, di- rei che spetiasse ad esso, e non ad altro tempo. Di- ce dunque cosi: Il cancelliere delPodesta aveva un cane da lepre, quale serrato fuori della citta prego il Podesta a fargli aprire le porte, accid non moriš- se di freddo, ottenuta la grazia il cancelliere, qual era figliuolo d’nno aderente forse del Patriarca, che aspettava il segno di fuori, mando il bargello (0 Comment. d’ Aquilcjn lib. 7. pag 78. (2) Descriz. deli’ Istr. pag. 22. 13? ad aprire , eu egli šalilo sopra le mura chiamandOj^gp, il cane disse to, to , e subito entrarono nella citta molti armati, che nou ammazzarono se non chi ar- diva difendersi, diederoil sacco al palazzo del pode¬ sta, ilquale mandarono con le donne a Venezia, finalmente atterrarono un forte castello da’ Veneti poco prima fabbricato vicino alla Ponzacchera, ed in questo modo liberarono dalle lor mani la citta . E poi subito andati a Capodistria, saccheggiata quella citta , ritornarono carichi di spoglie a Trie- ste. Questo successo fu cavato da una cronica mss. di ser Pietro cancelliere, in cui anche stava scrit- to : la citta di Trieste nel corso d’anni 186 soffri tante fortune, che poche volte pote gloriarsi d^ve- re goduto tre anni diquiete. Sono tutte parole del- la stessa relazione. Si trasferi in persona il Patriarca Marquardo a Trieste, ove nella Cattedrale di s. Giusto riceve il giuramento di fedelta da inonsig. veseovo a nome del clero , e dal magistrato a nome del popolo : po- scia furono consegnate le chiavi a Pertoldo di Got- tonese suo maresciallo , con promessa d’inviargli un capitanio,il quale fosse obbligato d’osservare gli Statuti della citta . In rnemoria di queL successo ce- lebrasi oggidi ancora in Trieste Papparizione di s. Giusto con rito doppio di seconda elasse,come ci fappresenta un mss. di tal tenore: — (*) Lia7 Giu- (*) 27 Jimii. Apparilio s. Justi Mart. Pa tremi in li- beratione Civitatis anuo Domini r 38 o. 3 38 gno 1’apparizione di s. Giusto Martire protettore '338o ne j] a Hberazione della citta P anrio del Signore j38o. == Gongettura che ci addita a qual tempo principiasse a mostrarsi al popolo i corpi de’ santi Giusto^ e Servolo Martin, Posciache allettati dal- la divozione, e moltiplicita dehniracoli, in tal gior- no concorreva gran gente coli’ offerte , e limosine, delle quali si fabbricarono due altari d’ argento, ove ancora si conservano le loro sante relitjuie de- positate in dne arehe di marmo, ed anclie si e in- grandita la cbiesa. Come, oquando suceedesse l’ac- cennata apparizione di s, Giusto, non abbiamo al- tra notizia che la gia riferita . Ritrovasi anclie nelle memorie antiche, che quest , anno monsig. An¬ gelo rescovo di Trieste conferi al canonico Nicolo deDomenici ladignitadelFarcidiaconato, dalla qua- le azione si raccoglie che spettava al vescovo per consuetudine antica il conferire tal dignita . Per la morte del Patriarca Marquardo d’Aquile- ja seguita il terzo giorno di gennajo i38i. il Som- t38i m0 Pontefice Urbano VI. promosse a quella digni¬ ta Filippo d’AIanson francese cardinale di s. Sabi¬ na, nipote di Filippo di Valois re di Francia, e pa- rente stretta di Lodovico re d’ Ungheria, a cui as- segno il patriarcato in commenda, ecreollo suoLe- gato per assistere al maneggio della pace che trat- tavasi dopo cinque anni di crnda guerra tra il re di Ungheria, ed altri principi collegati contro la Re- pubblica di Venezia. Tal nuova forma d’eleggere il\ Patriarca appor- to mol te discordie alla provincia delFriuli, poscia- i3g che divisa in due fazioni. i Cividalesi con parte de’ feudatarj, e delle comunita , per sostenere le anti- 1 che prerogative della provincia stabilirono di mai permetlere 1’assegnarsi la sublime dignita Patriar- cale come 1’altre inferiori in commenda.. Spediro- no percio Nicolo di Mels, e Nicolussio Carrara am- basciatori al Pontefice per impetrare la conserva- zione delle proprie ragioni. Ne riportarono altro che una paterna esortazione di mantenere la pace , ed obbedire a Filippo . Gli Udinesi, ai quali preme- vano piu che agli altri questi afFari, inyiarono se- paratamente Leonardo Andreotti^ Nicolo Manini, e Biagio Lione ambasciatori ad esso Pontefice, re- plicando Pistanza con sop:giungere, o che Filippo deponesse il cappello cardinalizio, ovvero seguisse altra elezione di Patriarca . Ne questa richiesta fu esaudita: ottenrrerosolodi abolir dalBrevele parole indicanti la Commenda, e rescrisse agli Udinesi, che si contentassero delPoperato . Non contenti di eio gli Udinesi, protestarono con i loro aderenti di non riconoscerlo in Patriarca, qnando non ri- nunciasse il cardinalato incompatibile colla dignita Patriarcale, e voler difendere le loro ragioni con 1’ armi alla mano. Si collegarono per dieci anni con molti altri feu¬ datarj , e comunita della Provincia a mantenimen- to della comune liberta, pubblicando con un ma- nifesto le loro ragioni appoggiate alle antiche costi- tuzioni, e consuetudinidelpaese, le quali dimostra- vano essere State semprele due dignita cardinalizia e patriarcale riconosciuteper 1’addietro incompati- i4» bili - Fra gli altri Confederati cogli Udinesi, fa an» 8’che la nostra comunita di Trieste , la quale ebbein ultimo podesta Donato Tron Veneto . La Repubblica Veneta sempre intenta e sollecita del proprio ingrandimento, scorgendo tali rivolu- zioni, e discordie, occasione opportuna per riaccjui- stare la citta di Trieste, inviarono a quella volta 38 galere, lequaliobbligarono lacitta a rendersi ri- dotta dalle passate guerre airesterrainio , e per le tmbolenze presenti del Friuli priva d’ogni sperau- za d’ajuto . Dopo il qual successo spedirono Andrea Ravizza patrizio, evicedomo della citta al re d’Un- gheria, acciocche lo ragguagliasse di quanto era se- guito, coroe si scorge da’ framme ati mss. di moasi- gtior Andrea Rapiccio. Ridussero finalmente queste rivoluzioni la rnise- ra provincia del Friuli alPestrerno preeipizio; po- sciache mitrendo un odio crudelissimo gli uni con- tro gli altri, si divise si fattamentefra se stessa, che sino le donne , i fratelli, ed i parenti aderendo chi aduna, e chi alPaltra di esse lazioni, divennero contrarj, e capitali neinici, origine principale del proprio precipizio, e della perdita di quel bel lu- stro, e prerogativa diDuea, ehe tanti secoli la rese non men celebre, ehe famosa alPuniverso. Poscia- ehe la Repubblica di Venezia, col pretesto d’invia- re Leonardo Žane senatore quaiificato in ajuto, e difesa de’lor collegati, questi giunto in Udine s intruse nel governo di quella citta, e di tutto lo stato di essi collegati, riportando in questa manie- 4r ra il titolo di pritno connnendatore Veneto nel Friuli. Nonostante Paccennate rivolnzioni,maneggiavan- si tuttavia i trattati di Pace gia prinoipiati in Pa¬ dova, e contimiati in Udine, tra il re Lodovico d’ Ungheria, il Patriarca Marquardo, e la Repubblica di Veoezia, che per la morte di esso Re, e del Pa¬ triarca era no stati sospesi. Poseiache stanchi dalla lunga guerra non meno i popoli, che gl’istessi principi, per estinguere si importanti discordie , nocive alla cattolica fede, ed ali’universo, s’inter- pose inspirato dal Signore il Principe Amadeo Da¬ ča degli Allobrogi,e conte diSavoja, alle eni istan- ze , e sincerissima carita, tutti i Principi interes- sati, e col legati inviarono alla citta di Torino in Piemonte i proprj procuratori e sindici cogli op- portuni requisiti. Intervennero a nome del serenis- sirno re Lodovico d’Ungheria , e Polonia. monsig. Valentino vescovo di Cincjue Ghiese, e monsignor Paolo vescovo di Zagabria suoi procuratori; per la Repubblica Veneta Zaccaria Contarini , e Miehele Morosini procuratori di s.Marco sindici, ed amba¬ sciatori; e per quella di Genova i nobili e sapien- tissimi Leonardo deMont’alto dottore, Francesco Embriaco, Neapolone Lomellino, e Matteo Maruf- lo patrizj , ambasciatori e sindici di quella Repub- blica ; i sapientissimi Tadrleo, de Azagardis cava- liere d’onore, Antonio deZecnis deMontevalercio , Giacomo Turchetto, dot tori, ambasciatori, sindici, e procuratori del magnifico Francesco de Carrara signor di Padova, con Francesco T urchetto siridico di quell’Universita, e Gomune dl Padova; ed i ^ J ven. Giorgio Trotto di Pavia dottore, e decano del capitolo e Chiesa d’Aquileja , il cavaliere Federico Savorgnano, e Nicolo Žerbino d’Uditie ambascia* tori, sindici, e procuratori del Ven. Federico conte di Porcia vicedomino-generale del parlamento , e patria delJPriuli, a nome del consiglio, parlamento, prelati, nobili, contadi, e capitolo* Tutti gli accen- aati ambasciatori, sindici, e procuratori delle par- ti interessate con prudente sapieuza, e consiglio dopo molti solenni,e maturi trattati, mediante eontinue conferenze, eflicaci esortazioni, e bene- voie persnasioni di Sua Altezza di Savoja,sta- bilirono mediante Pajuto del Signore una buona, vera, e sanfa pace, onorevole, ed aggradita da tnt* te le parti interessate, 1’anno del signore i33 1 agli 8 agosto giorno di giovedi Indizione quarta, nella citta di Torino. Le cui čondizioni sono le šeguenti. Ghe la Repubblica di Venezia pagasse al re d’ Ungberia ogni dieci anni ducati settemille , accioc- che custodisca netta la Dalmazia da corsari, e non permettesse ad alcuno di fare il šale. Ghe tanto iVeneziani, quanto i Genovesi reti' dessero i prigioni senza far menzione di preda al- cuna pigliata d’ambe le parti. Lo stesso dovessero eseguire i Furlani, e Veneziaili. Ed a questi fu imposto di restituire la nostra citta di Trieste con i castelli di Mocco, e Mocolano al Patriarca, con patto pero che i Triestini pagassero ai Veneziani il vino,'ed olio, che solevano pagare avanti 1* guerra, e che sopra le controversie degli altri luo- i43 ghi dell’Istria spettanti al patriarcato si rimettes- se alla decisione del Sommo Pontefice. i38i Resa la citta di Trieste dai Veneziani al Patriar- ca, in conformita dello stabilito nella lega, scris- se egli da Cividale sua residenza al nostro capitolo in punto di visita insinuando la soggezione a se dovuta, come dalla data qui addotta si scorge . = (*) Data nel nosti ’0 palazzo Patriarcale della citta d’Aquileja l’anno i38i li 19 novembre. II ritrovare pero 1 ’anno seguente del i38a Simo-jgg^ ne Pampergh, e Nicolo di Collalto ambedue della fazione de’ collegati contro il Patriarca assegnati al governo della citta di Trieste , mi accerta, che po- co soddisfatti i suoi cittadini del torbido e diviso governo Patriarcale, e delle violazioni, e mancan- ze dei patti e convenzioni stabiliti col Patriarca Marquardo, non meno alterati che angustiati dal timore di qnalche improviso risentimento della Repubblica Veneta, memore de^assati affronti,e fede a lei violata gli anni trascorsi, ansiosi alla fi¬ ne di tal pena per assicurare meglio le cose loro risolvettero ricorrere un’altra volta alla protezio- ne di Leopoldo il lodevole Duca d’Austria ad imi- tazione de 5 cittadini di Capua, i quali antiearnen- te per liberarsi dalle molestie e travagli loro ap- portati dai Sanniti, si sottomisero volontariatnen« (*) Dat. in Patriarcliali nostro Palatio civitatis Aqui- %. i38i. die novembris. te alPImpero Romano al dire di Lodovico Zucco- >(«)•; Inviarono a tal line AdelmoPetazzo, Antonio de Domenicij e Nicolo Pica al prefato Duca, offeren- dogli col mezzo loro la citta e padroaanza di essa, e di se stessi ancora, accioeche assistiti, e difesi dalla sua potenza, e difesa contro ogni tentativo di ven- detta 3 che la Repubblica di Venezia presumesse eseguire contro di essi, potessero vivere sicuri as¬ sistiti dal suo ajuto. Aeeetto il Duca Leopoldo vo- lontieri PolFerta, e colPassistenza de’prelati in- viati si stipulo li 2,0 setternbre del i 38 a nella citta di Graz Pistromento seguente . XXXVIII. Nel nome del Signore . Cosi sia . Noi Leopoldo per la Dio grazia Duca d’Austria, Sti- ria ec. riconosciamo , e confessiamo per noi, e no- stri eredi, e successori presenii, e futuri, che aven- do i nobili, sapienti, e fedeli nostri dilettissimi il Comune, eonsiglio, e cittadini della citta Triestina XXXVIII. In nomine Domini Amen, Nos Leopol- dus Dei gratia dux Austriae , Styriae ec. Recognosci- mus, et fatemur pro nobis et nostris haeredibus , et successoribus praesentibus, et futuris , quod cum no- biles, et sapientes fidelescpie nostri dilectissimi Commu. ne, Consilium, et cives civitatis Tergestinae praeten- (1) Considerat. Polil. Oracol. 72. sopportando grandi ed importanti aggravj della stessa citta, la qaale, e H ijuali sodri dalle mol ti- 1 pliei mutazioni di doiniiij sotto cui finora no- toriamente era soggetta,e quali patti,e eonven- zioni per le quali, e 11 quali vivente il Reverendis- simo padre in Gristo Marquardo di buona memoria allora Patriarca d’Aquileja si diedero nelle sue mani, e della prefata Chiesa presso la stessa citta, e distretto Triestino, manifestamente furono vio- late, ed infrante , considerando qaello ancora,ed avvedntamente volendo, che con alcnne terre, di- stretti, e dominj riostri, co 11 loro territorj eoufi- nanti possiamo ajutarli in appresso contro i loro nemici potenti, avanti a tuttigli altriPrinoipi, e Si- gnori. Gioeziandio inassimamente, eprineipalmen- dentes magna, et importabilia ipsius civitatis gravami- na, quae, et quas ex multiplici mutatione dominii pas- sa fuit hactenus quibusque notorie subjacebat, quod- que pacta, et consuetudiues per quae, et quas adven¬ te Rever. in Christo Patre Marcuardo bonae memoriae tune Patriarcha Aquilejensi se ad manus suas et prae- Patae suae ecclesiae dederat apud civitatem ipsam,- et disirietum Tergestinum violata, et refraeta fuerunt manifeste, illud quoque considerantes, et studiose re- volventes , quod quibusdam terris, districtibus, et do- tniniis nostris cum eorum territorio confiuantibus ipsos esindecontra snos inimicos potentes adjuvare prae cun- «t,is aliis principibus, et domini* \aleamus . Hoc etiam TOM. iiv to j 46 te considerando cbe nessun nostro antenato di buo- *^ a na memoria antieamente nella citta di Trieste ab- bia tenuti ed avuti beni di diritto . Le quali cose meritamente riguardonoi in certo modo sirinovano colla successione. Gli onesti, e sapienti uomini Adelrno de Petazzi, Antonio de Domenici , e Nico- 16 de Pica 7 i procuratori, sindici, nnnzj, ed am- basciatori suoi,e della citta, e del distretto di Trieste a cio legittimamente,ed in solido costituiti mandarono alla nostra presenza con pienezza dipo- tere, cbiamando,ricevendo, ericonoscendonoi in to¬ ro, e castelli di detta citta i di lei distretti, ed abi- tanti detle terre, ed it distretto loro naturale, e vero padrone col Divino ajuto ed in principale e vatido maxime, et praecipue perpendentes, quod nulli proge- nitores nostri bonae memoriae olim in civitate Terge- sti bona jura tenuerunt, et habuerunt, quae circa nos haereditaria quodammodo successione non immerito re- novantur. Honestos, et sapientes viros Adelmum de Petatiis, Antonima de Domiuico, et Nicolaum de Py* cha suos, et civitatis ac districtus de Tergesto procu- ratores, syndicos , nuntios, et ambasciatores ad h° c constitutos legitime, et in solidum ad nostram miserunt praesentiam cuni plenitudine potestatis, vocando, reci- piendo, et recognoscendo nos in eorum ac dictae civi¬ tatis, castrorum, ipsius districtus terricolarumque, et districtuarium ipsorutn naturalen!, et verum Dominum at( i u ® in praecipuum , et validum auxiliante Domini » 4 ? difensore, come con guesto pubblico istromento tlel comune, e della nostra citta di Trieste sigilla- 1 ^ 3 to col šuo sigillo, e consegnato a noi dai suddetti procuratori, e sindici, e di sotto piu diffusamente si contiene . Noi prefato Duca riconoseendo Ja vo- lontaria obbedienza della loro virtii cogPinfrascrit- ti modi abbiamo accettato, assunto, ed ammesso, i graziosi beneficj, articoli, ed osservazioni con loro , e tutti gliabitanti della stessa citta, edistret- to , come piu sotto specialmente si contiene, ed in primo luogo, clie noi prefato Duca, ed eredi, e suc- cessori nostri la citta, ed il distretto di Trieste, a le torri predette, e tutti i cittadini, e gli abitan- ti della medesima,e ciasčun bene, e possessione loro, in qualunque luogo consistano contro qua- defensorem prout boe instrumenta publico communis, et civitatis nostrae Tergesti ipsius sigillo sigillato no- bisque per supradietos procuratores, et syndicos tradi- to, et demisso plenius continetur. Nos Dux praefatus ■virtutis ipsorum placidam obedientiam recognoscentes per beneficia gratiosa infraseriptos modos, articulos, et observationes cum eis, et otnnibus ipsius civitatis, et districtus incolis acceptavimus, assumpsimus, et admi- simus prout inferius specietenus continetur, et primo, quod nos Dux praefatus haeredesque, et successores nostri civitatem, et districtum Tergesti ac fortilitia praedicta omnesque cives, et incolas eorumdem singU- laque bona, et possessioues ipsorum ubicumque consi* 48 lunque persona saremo obbligati, e dovremo go« ^ a vernare, inantenere, e difendere corne degli altri noslri fedeli, e sudditi facciamo , ed abbiamo la consuetudine di fare ec. Parimenti iintanto cbe i dne Castelli, o Ford di Bloccb , e Mocolano accadera di custodire a spese di Trieste, il eapitanio di Trieste deve dai eusto- di ricevere il corporale giuramento di fedelta,ed obbedienza alla nostra magnificenza ed eredi agli stessi castelli , fintanto che i medesimi castelli saranno da noi ripresi a custodire ec. Bato,efatto sopra il nostro castello in G raz Bella Stufa Ducaie 1’anuo dclla nascita del Signo- stant contra quemcuinque personam tenebimur, et dfr bebimus gubernare, manutenere, et defendere prout de nostris aliis fidelibus, et subjectis facinms, et ha- bemus eonsuetudinem faciendi; omissis ec. Item quamdiu illa duo Castra seu fortalitfa Mocho, et Mocholan sub expensis et sumptibus Tergesti conti- gerit custodiri, capitaneus uidem Tergesti debet a cu* stodibus per dictos cives singulis inensibus deputandis corporalia recipere juramenta, quod ipsi cum iisdem Castris nostrae magnificentiae haeredibusque, et suc- cessoribus nostris fideles , et obedientes existent doneč eadem Castra ad manus nostras reasumere voluerimu s > et ad eorum custodiam alios deputare ec. Omissis. Dat. et act. sup. Castro nost. in Gratz in stuba Du- casf ann. a Nativ. Dom. i 382. Ind. i die ultima ! 4o te j38a. Indizione oninta, 1’ul tirno giornodel mese di settembre alFora di vesperoo circa, presenti 1 me riotaro infrascritto pubblico, ed il Reverendis- simo Padre in Cristo Monsig. Friderico veseovo di Brescia ee. Aceettata dal Duca Leopolde sotto la protezione della serenissima sua časa d’Austrialacitta diTrie- ste; per dirnostrazione maggiore d’ affetto, lelper- inuto Fantico suo armeggiodelle tre torri in quelF n.ltro. nnovo, nel eni scudo inseri F arma ovvero Alabarda di s. Sergio Martire protettore della cit¬ ta, della grandezza di tntto lo scudo , e nel fondo di esso Farmeggio proprio,e di tutti i Prencipi della serenissima časa d’ Austria, cioe la benda, o fascia bianca in carnpo rosso. Diverse ragioni_,e cause deli’origine deli’Au* striaeo armeggio, e particolarmente della fascia, riferiseono molti scrittori; li piu sensati pero ed a ri¬ to re voli convengono nell’ asserire, ehe Leopoldo primo d’Austria militando sotto lo stendardo del Grocifisso, e condotta del gran Buglione con molti altri Principi nel la Soria, i qnali ansiosi d’accre- scere palme ai loro trionfi passarono alFOrien- te, questo anstriaco eroe, il quale nelPespugna- »is septembris bora vesp,, vel quasi, praesentib. me not. pub. infrascripto, et Rever. in Christo Patre domino Friderico episcopo Brixiensi ec. Qtnissi«. i 5 o zione della citta di Acone in Palestina mostrossi a fra essi non men valoroso capitano, che prode guerriere, col sangue, sparso dal suo forte braccio de’ barbari trncidati ed estinti, tinse si fattamenta la sua candida corazza, che altro di bianco in lei non appariva, se non quanto pote difendere il cin- golo della spada, formando qual porpora gloriosa in quella tela insanguinata una fascia, che indi in poi per obidigo d’onore servi di gloriosa blasone nelPauslriaco armeggio, cangiando in esso le cinque allodole d’oro in campo azzurro, antiche insegne del suo augustissirno casato, onde chi potra oppor- re, cbeil concederla per armeggio alla citta di Trie- ste , non fosse favore considerabile, e grazia fra le grazie compartite dai Prencipi la piu. singolare? Quest , istesso armeggio le fu poi accresciuto 1 ’ anno 1464 dalPImperatore Federico in premio,e ricompensa del valore, e fedelta mostrata da’suoi eittadini versoraugustissima časa d’Austria, quan- do assediata la citta per mare, e per terra con po- tentissima armata da’ Veneziani, sostennero con si valoroso, ed intrepido cuore quell’assedio, che me- ritarono d’essere onorati coli’accrescimento deli® stesso armeggio, e col singolarissimo elogio inseidt® nel privilegio. XXXIX. Che percio con somma lode, e somnti XXXIX. Ac proinde surama laude > summisque ho- i S i onori, ed elogi non piccioli, massimamente com- provati con pericoli; in qualunque lnogo si sti- 1 " 03 mino degni , e conseguiscano una perpetua ed in- delebile farna , e memoria presso i posteri. Ve- ramente degni di somma lode, e di stima, non so¬ lo presso gFItaliani, ma anche presso li Tedeschi e presso tutte le nazioni degni di lode,, di prote- zione i nostri fedelissimi cittadini Triestini , i quali gia nelle passate guerre , ed espugnazioni , che i Veneziani contro di loro_,per suggerimento de’ suoi sudditi e delle vicine citta delPIstria , dei Giustinopolitani, ed altri suoi emoli si sa che han- no fatto . Gosi fedelmente, e fermamente hanno persistito nella nostra devozione, e fedelta alla časa d’ Austria } che meritamente dobhiamo a loro noribus, et praeconiis non levibus maxime periculis comprobati, ubivis gentium digni habeantur , et per- petuam indelebilemque famam , et memoriam apud po- steros consequantur, maxima profecto dignos lande , et extimatione, nedum per Italas, sed et Germanicas , et omnes ubilibet nationes praedicandos, fovendosque fi- delissimos cives nostros Tergestinos, qui retroactis qui- dcm bellis, et propugnationibus, quas Veneti adversus eos, ad suggestionem subditorum suorum vicinarumque civitatum Istriae, Justinopoluanoruni, et aliorumaemu- lorum suorum fecisse dignoscuntur. Ita fideliter , et firmiter in nostra, et domus Austriacae fide, devotio- ne perstiterunt, ut merito illis condiguam restilulio- un condegno compenso, e grazia . Per la qiial cosa ® 2 desiderando di conservare la medesima non solo nel s no antico essere, e conservarla nel medesimo grado, ma d’accrescerla ed innalzarla giorrialmente sempre piu, abbiamo ereduto cosa degna di deco- rare la raedesima per la felicita de’ suoi cittadini degni d’onore, con titoli ed armeggi insigni : affin- che tntti chiaramente intendano, e vedano, cbenoi per leloro benemerenze abbiarno dati premj degni dellanostra liberalka, e gratitudine , ed acciogior- nalmente abbino avanti agli occhi come uno spec- chio ua pegno ed un diletto raccolto della nostra mnnificenza , col qnale in avvenire verso noi, ed eredi, e siiccessori nostri, da cio si confermi 1’ amore, la fedelta , e la devozione in perpetno,ed nem, et gratiam debeamus. Proinde cupiemes eamdeirt non solutn in suo vetari statu, et gradu consrrvare, sed et in dies magis augere , et extollere, dignani du- ximus eamdim pro suorum felicitate civium dignis honorum titulis et armorum insigniis decorare; ut o- mnes plane intelligant, et videant nos pro illorum be- nemerilis digna in eam nostrae liberajitalis, et grati- tudinis praemia contulisse , et ut quotidie ante oculos posita habeant, veiuti speculum quoddam nostrae in se collatae munificentiae pignus, et obleetamentum , quo imposterum erga nos, et haeredes, et successores no- stros, ex boe amor, et fidss, et devotio in perpetuo s et iudelebiliter confirmetur. Arma igitur et insignia i53 indelebilmente. Gli armeggi adunque ed insegne pubbliche della stessa citta tutte e due, tanto delP 1 Imperiale Maesta, quanto delPillustrissima insi- gne časa nostra Ducale a perpetua memoria della detta citta, ed onore de’ nostri fedeli cittadini ab- biamo creduto bene di dare colPagginnta di questa costituzione , decretando che essa Citta e Comuni- ta Triestina da ora innanzi, tanto l’Aquila bicipi- te , e vincitrice del sngro Romano Impero nello scu- do o elmo della medesima citta nella parte superio- re distinta coi snoi proprj e naturali colori, e nel¬ la rimanente parte dello scudo, Farma del nostro Dncato d’Austria, cioe coi saoi colori rossi, tanto dalla parte superiore che inferiore; in mezzo poi , divisa con colore biattco, per traverso, e gli altri ipsius Civitatis puhlica utriusque tam imperialis Maje- statis , quan. Illustr. Ducalis domus nostrae insiguis ad perpetuum dictae civitatis, et fidelium civium nostro- rum honorem duximus amplianda, liac addita consti- tutione , et sancientes, ut ipsa civitas , et communitas Tergeslina ex nune et antea tam imperii sacri romani victricem , et bieipitera Aquilam in ejusdetn civitatis seu- tum, sive clypei superiori parte suis propriis, et na- turalibus distinctam coloribus: In ipsius vero scuti re¬ brna parte arina ducatus nostri Austriae suis coloribus videlicet tam superiori, quam inferiori parte rubeis , tnedio vero niveo per transversum colore disterminata, atque rqliquis duabus, aequa dimeu.done respoudeute 154 due corrispondenti con ugnale dimensione, dalladi l ui base poi la lamina del la lancia con tre capi di s. Sergio Martire protettore , e difensore tra gli al- tri della stessa citta e popolo, la quale la citta stessa di Trieste da tempo antico adopero per sue speciaiiinsegne d’armi, una punta dicui siadiretta- inente perlinearettaalzatainsu fino ali a par te deli’ elino superiore, nella cjuale si dimostra l’aquila stesa, le altre parti dello scudo che tocchi permez- zo, colle altre due punte da ambele partij in forma di falce^odi uneino ripiegato;e nella parte di mezzo del tnedesimo elmo cioe la bianca similmen- te retorte. In questo soltanto differente da quella di prim a, che dove prim a la medesima lancia ac- costumarono portarla col suo colore naturale, ciob ab illius vero basi lamina Ianceae sancti Sergii Mar- tyris ejusdem civitatis, et populi inter caeteros patro- ni, et defensoris tricipite qua civitas ipsa Tergestina ab antiquo, pro suis peculiaribus armorum insigniis usa est, cujus una acies directe per reetam lineam sursum erecta sit usque ad partem clypei superi orem , in qua aquila extenta demonstratur * per medium reliquae partis scuti portenta, reliquis duabus aciebus ex utro- que latere, ad instar sarculi, sive unči recurvis : ac in parte ejusdem clypei interrnedia, idest alba parifor- miter retortis. IIoc tantummodo ab illa priori difieren- tem, ut ubi eadem antea lancea suo naturali, hoc est albo, vel lineati ferri colore deferre consueverunt > 4 55 Manco, lineato di ferro, in appresno debbano por- tarla di color giallo, o di oro risplendente; e nella 1 ^ 3 maniera, che sono dipinte in mezzo deile preseliti con ingegnosa mano d’artefice con colori e figure . Inoltre per maggior lode_, ed onore di questa citta e de’ nostri cittadini per grazia singolare conce- diamo, e doniamo sopra quest’elmo,o scudo la corona d’oro estesa di sopra, a misura, e quantita del medesimo, in segno della virtu, e della vitto- ria, che essi riportarono dagl’inimici, cioe in tutti i luoghi e tempi ec. Con quello che siegue nell’ ac- cennato diploma , quale studioso di brevita trala- scio. Quest’anno ancora ritrovo in alcuni istromenti mss., che monsie. Lorenzo vescovo di Pedena resse con titolo di vicario vescovile la nostra Diocesi di Trieste . Come cio seguisse, non abbiamo altra no- tizia . deinceps croceo sive aureo colore resplendentem gesta- re queant, quemadmodum in medio praesentium artifi- ciosa mana opificis expressis coloris ct figuris sunt de- picta. Insuper ad majorem hujus civitatis, et civium nostrorum laudem , ethonorem, de singulari gratia con- cedimus, et elargimur, ut super clypeo, seu scuto hujus- niodi auream coronam ad mensuram et quantitatem e- jusdem desuper extenta in signum virtutis, et victoriae, quam ab hostibus ipsis reportarunt, omnibus videlicet l°cis, et temporibus ec. s ,T6 Re de’Rornam Pon telice Venceseao 1383 Urbano. VL 83 53 ARRIGO IV. de WILDESTEIN Boemo, ov. vero Moravo delPordine di s. Benedetto ( e non de- gli Eremitani di sant’ Agostino, eome vogliono al- cani ) (i) successe nel vescovato di Trieste per la inorte seguita li 12 agosto del nostro vescovo Fr. Angelo . Del detto vescovo Arrigo sta scritto in al- ciuie memorie. = (*) Questi per Pinetta econo- in;a, e dilapidazione dei beni vescovili, fu deposto dallo stesso vescovato Triestino, e fu trasferito a quello di Pedena.Fu delPordine di san Benedetto, il quale dono alla sua religione mol ti beni posti vieino alla citta di Capodistria, eolla ehiesa di san Nicolo detto d’01tra , e molti vieino alla citta di Trieste colla ehiesa de’ santi Martiri } in Iuogo del (*) Iste propter ineptam aeconomiam, et dilapida- tionem bonorum episcopalium, fuit depositus ab isto episcopatu Tergestino, et translatus est ad episcopatum Petiuensem, fuit ordinis sancti Benedicti, qui donavit suae religioni muha bona posita prope Justinopolis cuni ecclesia sancti Nicolai dieti de Oltra, et multa prop« eiviiatem Tergesti cum ecclesia sanetorum Martyi'uro» (0 Ughellius Col. 58.. Num. XXXV. ' !$7 quale tu eletto Simone de Saltarelli Fiorentino F anno 1895 deli’ ordine dei Predicatori. Dopo prešo il possesso detla citta di Trieste dal serenissimo Duca Leopoldo, assegno in quest’anno per suo capitano , e governatore Ugone di Duino , e d’indi in poi cesso nella nostra citta 1’elezione del Podesta perrnutata in quella deleapitano, in conformita deli'accennate convenzioni stabiliie in Graz . Intesa dal serenissimo Duca Leopolde la vacan- za del vescovato diTrieste seguita per la mortedel suo vescovo , scrisse nel medesimo anno il primod* ottobre alli sigg. canonici, e eapitolo delta Catte- drale, che essendo rimasta quella Chiesa senza Pastore, proibiva agli stessi, per le ragioni acqui- state sopra la loro citta, e vescovato d’eleggere successore senza. la debita sua licenza, eperinissio- ne.Chipoi eleggesse 1’accennato vescovo Arrigo, se il ven. eapitolo, ovvero sua Altezza serenissima , non abbiamo veruna notizia. Seguita la morte dei vescovo Angelo, riinase spo- gliato il vescovato di tutti gli addobbi, per il che •a’26 di decembre il P.don Benedetto monaco del Monastero di s. Giorgio Maggiore di Venezia sue- Rulatore , e luogotenente del Reverendissimo padre don Yivia.no di s. Severino ministro generale deli’ in cujus loco electus fuit Simon de Saltarellis Floren- duus anno i3q5 ordinis Praedicatoruin. 158 ordine Cisterciense nunzio Apostolico, eCollettore i333g enera i e della Sede Apostoliea a nome della me- desima pubblico, ed affisse un monitorio sotto pe¬ na di scomunica, ed altre censure contro i riten- tori dello spoglio del veseovo defunto,ed obbligo di propalai*e i complici. Considerate dal nostro veseovo Wildestein le spese fatte dal suo predeces- sore, e calcolati con prudente riflesso i conti de- gli economi sede vacante, e diverse prestolazioni soddisfatte j non ritrovandosi urbarj, seritture, o altri libri d’entrate, gia levati dalla cancelleria, e trasportati a Chiozza, ovvero a Venezia, conven- ne in ducati cinquanta d’oro col predetto padre don Benedetto in soddisfazione totale delPaccennato spoglio, come scorgesi da pubblico istromento sti- pulato fra esse parti per mano del sig. Adamo qu. Domenico Popone notajo pubblico sotto li 3i de¬ cembre i383, in cui sono registrate queste parole: s= (*) Considerate le disgrazie delle guerre , le qua‘ li erano in vigore gia molti anni addietro nella cit- ta, e diocesi di Trieste, e nelle circonvicine parti, e fatte molte volte rubberie del detto vescovato Triestino in que’ tempi di guerre , tanto dai Geno- (*) Consideratis guerrarum diseriminibus , quae jam multis retio annis temporibus viguerunt in eivi- tale el diaecesi Tergestina, ae partibus circumvicinis > i 5 q vesi, quando fu rapita la citta di Trieste dalli si- gnori di Venezia, come ancora da’ Furlani ed altri 1 ^^ della lega fatta contro il Dominio Veneto; non che , attente, e considerate le spese dal soprascrit- to qu. monsig. vescovo nella coinpra della časa vescovile nella quale abitava, ed ora il delto mon- signor vescovo abita fuori per causa della rovina delFantico palazzo vescovile di Trieste; estratti tutti i libri, ed altre cose trasportate a Chiozza , o a Venezia, e cola esistenti ec. Conviene ec. Le addotte notizie diraostrano chiaramente Fer- rore delFabate Ughellio in assegnare il nostro ve¬ scovo Arrigo alFordine Eremitano di sant’Agosti- no, dalFessere egli Benedittino e non Agostiniano. Un altro istromento pure rogato dal medesimo Popone li 7 gennaro delFanno seguente j: 384 ac ^‘ et depredationibus dieti episcopatus Tergestini multo- ties in ipsis guerrarum temporibus faetis, tam per Genuenses, quando arrepta fuit dieta civitas Tergesti- na a dominio Venetorum, quam etiam per Furlanos, et alios de liga faeta contra dictum Dominium Vene- tum; nec non attentis, et comideratis expensis per supraseriptum qu. dominum episcopum in emptione domus episcopalis in qua habitabat, et nune dictus dominus episcopus habitat foris propter diruptionem antiqui palatii episcopalis Tergesti excerptis quibuscum* que libris, et rebus aliis Clugiam, vel Venetias expor- tatis, et ibidem existentibus ec. Convenit ec. j 60 dita il trasporto delle accennate scritture, e libri 38 4in Venezia come segne = (*) Dalla Signoria di Ve¬ nezia ec. estratti tutti i libri, ed altre cose tras- portateaChiozza, o a Venezia e cola esistenti ec. = Quali istromenti ehiaramente dimostrano che rnol- ti anni flagellarono le gueiTe lapairia nostra, e che per varj accidenti di esse, la citta diTrieste cangio diversi padroni^e dominj; mentre piu volte in cjuesti tempi fu soggetta alla Repabblica di Vene¬ zia, al Patriarca d’Aquileja,e finalmente alPau- gustissima Časa d’Austria, qual mutazione le ap- porto grandissimi danni, e notabili pregiudizj , mentre oltre Pessere saccheggiata, fu anco spoglia- ta de’ suoi preziosi ornamenti, che sono le scrittu¬ re , privilegj, iscrizioni } marmi antichi, insomma il piu raro e buono, cbe ritrovarono in essa, tras- portandolo in Venezia, in Udine, ed altre parti, con deplorabile perdita delle sue memorie antiche ora da noi sospirate. Quest s annoegiorno parimen- te fu consagrata la chiesa di s. Giacoino Apostolu contigua alla porta di Riborgo (i). 385 Mentre 1’anno j3S5 la citta di Trieste sotto (’) Per Dominium Venetum ec. excerptis quibuscuw que libris et rebus alirs Clugiam, vel Venetias espor- tatis, et ibidem existentibus ec. (i) Ora piu non vi esisle ne la porla, ne la elite' sa. F e di la Perigrafia ec. di Antonio C cule) . i6i i felicissimi auspicj del serenissimo Duca Leopoldo d’Austria } godeva somma tran ♦Siparo ; Siciole, e tant’altri feudi, e beni possedu* '173 ti dal nostro vescovato nell’Istria, i quali usur- pati col tempo dalla nobilta Veneziana, ora il ve- 1 scovato di Trieste non puo gloriarsi d’altro posses- so, che delle carte antiche d’averli concessi, come proprj feudi a diversi particolari. La poca economia , e troppa prodigalita del no¬ stro vescovo Arrigo indusse il capitolo, e citta di Trieste a querelarlo alla Sede Apostolica, special- mente per 1’alienazione della chiesa di s.Nicolo d’Oltra, poco distante dalla citta di Gapodistria, e molti altri terreni contigui alla chiesa dei santi Martin di Trieste spettanti al proprio vescovato, donati alla religione Benedettina. Il che presentito da Bonifacio IX. sommo Pontefice lo trasferi al ve¬ scovato di Pedena. Re de’ Romani ^ g Pontefice Venceslao. y Bonifacio IX. 54 FRA SIMONE SALTARELLIFiorentinodell’ 1 Ordine de’ Predicatori vescovo di Comacchio insi- gne teologo, assegnato al vescovato di Trieste dal Sommo Pontefice Bonifacio IX. li 15 ottohre di quest’anno, dopo avere in questo medesimo anno trasferito al vescovato di Peuena il vescovo Arrigo di VVildenstein, pe’ motivi surriferiti. Per li talen¬ ti e la dottrina del saddetto Fr. Simone merito la carica, prima di essere creato vescovo, di Maestro del sagro palazzo. Fu il medesimo mal veduto dai Triestini, per Paffetto ed amore portato ad Arrigo, e raccomandatovi da Willelmo Duca d’Austria, di i 7 4 cui 1’ AbateUghellio scrive (i)': (*) I Triestini guar* x ^9^davano eostui di maPocchio, essendoche avrebbero piuttosto voluto avere un prelato della patria, che un estraneo; e percio il medesimo comincio il suo ve- scovato con molte contese * Pervenuta ali’ orec- cliie del duca Willelmo d’ Austria figlio del quon. Leopoldo, e fratello maggiore d’Ernesto prirno , la nuova della permuta del vescovo Arrigo da esso ^^protetto, e favorito, scrisse li ia gingno del 1397, ( al capitolo e canonici di Trieste : Che quantunque fosse proraosso da Sua Santita alla chiesa di Pede- na il vescovo Arrigo , nulladimeno lo dovessero ri- conoscere per suo , sintanto che restasse decisa dal Papa tal permuta, rappresentata da’suoi ambascia* tori inviati a Roma per tale effetto j li quali pet quanto si scorge da mss. antichi, nulla effettuaro- no a pro di monsig. Arrigo, che contr,o suo volere dove trasferirsi a Pedena, Iti questo medesimo anno, il vicario di monsig* Simone vescovo e conte Triestino, di nome, o ca- «ato Rauloti, ordino al custode della chiesa catte- drale,che secondo 1’antica consuetudine, nell a (*) Hune aegris oculis Tergestini intuebantur, quipp s qui maluissent civem šibi praeesse, quam externurn< ldeoque satis contentiose ejus Episcopatus dictus inisse possessionem, (i) Ital. Sacr. Tom. 5. Col. 581. 175 festa della Purificazione della B.V. desse a ciaseun canonico una candela del peso di 6 oncie,che la dovevano portare, e cio per comando dello stesso vescovo (*). Nel principlo del secolo cjuartodecimo delPuma-j^oo na Redenzione , il cavaliere Tristano Savorgnano e gli altri complici della morte delPaccennato Pa- triarca d’Aquileja, ottennero dal SomimoPontefice Bonifacio IX. 1’assoluzione delP incorsa scornu- nica. Rilevasi dagli url) ar j capitolari, elie il capitolo Triestino aveva un grau cereo, e questo lo faceva- no magnificamente ornare ogiPanno daun sacerdo- te, al quale il canonico caneparo pagava per la sua fatica lire otto, e questo cereo solennemente por- tavasi in giro per tutta la citta nella vigilia di s. Giusto da diversi uoinini, ai quali dal medesimo caneparo venivano date quatt.ro lire, e dieci sol- (*) In festo Sanctae Mariae Puriflcationis, ut moriš est, et antiqua, secundum quod custos Ecclesiae Ter- gesti tenetur tali die portare pro quolibet Canonico Tergesti unam candelam ceream pondere. unciarum 6. pro quolibet impartire, et boe de mandato domini Rauloti Viearii Rever. in Christo Patris, et domini nostri Sitnonis Dei gratia episcopi et comitis Tergesti ec. «c, (i). (i) Urbar. Capit. Terg. An. 1397 . mens, febr. 176 di (*). Si eongettura che detto cereo dovesse resta- M°°re esposto all’altare del Santo protettore nel giorno della sua festa, che cade li 2 novembre; forse in roemoria di essere stati liberatidal dominioevessa- zione de’ Veneti. NelPUrbario delPanno seguente in occasione delPanniversario di questo cereo, vie- ne scritto, che fu ordinato ne’ tempi addietro da Silvestro, e Giacomo, canepari, e questi appunto si trovano registrati nel i 383 . j^ 0r L’anno 1401. il sig. D. Giacomo Lultrich piova« no di Ternova coli’ intervento di proprio procura- tore fece rinunzia d’ essa pieve nella chiesa di san Pietro in Piazza in mano del vescovo Simone, il quale nella medesima chiesa la conferi a D. Loren- zo sacerdote , allora vicario d’essa pieve . j 402 L’anno 1402 tra i vescovi di Cittanova nelP Istria ritrovasi Giovanni Triestino, nel qual tem¬ po Bonifacio IX. 1 ’anno XIII. del suo Pontifieato concesse indulgenza a tutti quelli che dessero mano alla riedificazione della diroccata loro cattedrale. Questo e il medesimo Giovanni, che l’antipapa GlementeVII. intruse vescovo cola n^. i 388 , come si disse di 80pra (i). (*) Dedi illis qui portaverunt cereum magnum ca- pituli ad ecclesiam Sancti Justi in vigilia patroni no- stri Lib. 4 - S. io. Dedi presbitero Nieolao, qui aptavit et reparavit cereum magnum Capituli, pro labore suo Lib. 8 . parv. (O tfghel. Ital. Sac, Tom. 5 . Col. 24i. X. XXXI J 77 Qnantunque Trieste godesse pacifica epiiete sot- to la protezione e tutela della Serenissima Casa ! d’Austria, il magistrato pero della eitta non men oculato, che sollecito della propria custodia , invi- gilava con accurata diligenza, accioeehe la Repub- blica Veneta con qualcherepentina incursione non procurasse dioccupare la citta, ne riusci infruttuo- sa la diligenza usata, mentre si scopri che Donato Scorpione, e Niccolo Uriz di Trieste tenevano secreta pratica coi Veneti per consegnar loroteme- rariamente nelle mani la propria patria . Inearce- rarono i felloni, e dopo rigorosa inquisizione ri- trovati rei e traditori della propria citta e patria s farono con sentenza eriminale pubblicata li 12 de¬ cembre r 4°3 nel palazzo nuovo condannati alla lorca, uno sopra la torre Cucherna, e 1 ’altro sopra 1 ^ 0 ; quella della Cella, la qual sentenza s’esegui Pot- -tavo giorno di gjugno delPanno seguente 1404. 1404 Rinvigoriti i Veneti dalle vittorie ottenute in Terra ferina, coll’acquisto di Verona, e Padova, volendo tentare d’acquistare anche Trieste, invia- rono molti soldati a scorrer® PIstria, i quali arri- vati in gran numero sino a Potpecbie, Corniale, e s. Servolo , con pensiere d’arrivare sino a Trieste, farono incontrati da Pietro Bonomo, il quale dall3 'patria eletto capo, e supremo comandante della milizia Triestina, con Gio: Antonio suo figliaolo alPimprovviso assalendoli, li ruppe, e pose in fu¬ ga, restando egli gravemente ferito, ed indi a dua giorni anche privo di vita. Ldingordigia, e 1’avide estorsioni usate dagli TOM, n. 1 a i .esattori delle collette Pontificie, necessitarono il ^ vescovo, e canoriici di Trieste a querelarsi, e con- dolersi a Roma l’anno 1405 contro il collettore della camera apostolica, mentre oltre la dovuta. tassa , esigeva per forza esorbitante somma; a’ quali sconeerti fu. s ubito provveduto , e proibito dal maestro di Camera di Sua Santita, come con- sta dalla data degli 8 decembre del i4o5. Volendo alcuni cavalieri Teutonici occupare la Pieve di Slavina della Diocesi di Trieste solita a conferirsi dal proprio vescovo, come s’ accenno di sopra 1’anno i38o per ascriverla in loro Gommen- da, fu fatto ricorso incontanente a Roma per ov- viare a pregiudizio si grande . Intesa da Innocenzo VII. Somrno Pontefice tal novita, delego con data de’5 novembre i4o5 in Viterbo monsignor Salta- relli ordinario di Trieste commettendo allo stesso la decisione di quest’ affare, il quale dichiaro li 5 i 4 o 6 novern ^ re del I 4°6 detta Pieve essere incorporata, e spettarsi ali’ arcidiaconato , e canonicato di Trieste. Presentito da Ernesto Serenissimo Duca d’Au- stria figlio di Leopoldo, fratello di Villelmo , che monsignor Arrigo vescovo di Trieste si tratteneva in Roma per essere promosso, scrisse li 18 luglio 1406 al capitolo di Trieste eomandando, e proi- bendo , che senza sua licenza non debbasi elegge- re alcuno per vescovo. FrancescoBonomo figlio di Rizzardo, benche an- cor giovanetto d’eta, d’anni dieci, circa sli anni del Signore 1407 diede principio ad illustrare 1* 179 patria con la promozione d*un canonicato nella nostra cattedrale di s. Giusto , ad esso conferito 1 ^ 0 ? dalla Santita di Gregorio Papa XII, Egli poi avan- zato in eta maggiore, per le sue rare virtu e talen¬ ti fu innalzato alla dignita di suddiacono della Sede apostolica, e di caraeriere segreto di Pio II. Sommo Pontefice, coraesiscorge dal privilegio del- 1’imperatore Federico V., quando 1’anno j,|63 lo decoro col titolo di conte . Insorsero parimenti quest’anno nel Friuli diver- se dissensioni civili non men gravi, che perniciose alla patria, merce che i Cividalesi poco soddisfatti del Patriarca Pancera lo querelarono a Roma, o ve ricercato ricuso dicomparire; giudicato percio con- tumace, fu deposto dali’ officio, del quale benche privo, s’avanzo tant’oltre che Giovanni XIII. lo decoro con la porpora cardinalizia. Nella vacante dignita Patriarcale d’AquiIeja successe Antonio da Ponte vescovo di Concordia, laqual promoziong apporto nel Friuli nuovo scisma, e confusione per 1’ opposizione fattagli da Lodovico Duca di Teso, Giacomino del Torso Udinese eletto poi cardina- le,e Pandolfo Malatesta arcivescovo di Bologna, non minore di quello ch’affliggeva Roma, ed A vi« gnone per la pretensione del Sommo Pontificato di Benedetto XIII. antipapa posseduto in Roma da Gregorio XII., che per sopire, e togliere tale scisma vennero tassati il vescovo, clero, e diocesi di Triestedella somma difiorini i6od’oro. E perche il priore demanti Martiri fu negligente nel contribui- 18o re la solita quarta parte consistente in fiorini 40, 4°7gli venne eomminata la scomtinica . Nelle memorie mss. del venerando capitolo di Trieste ritrovasi che quest’anno con altri prima, e dopo esso, possedeva in Croazia masi 4? ovvero 4 terreni per legato lasciatogli dal quondam signor Filippo de Vichiberh 1’anno 1341 li agagosto, i qua- li affittavansi annualmente lire 2,8, rna per l’usur- pazione fatta dai Veneti esso venerando capitolo ora non possede ne affitti, ne terreni. Re de’ Romani o Pontefice Roberto. Gregorio XII. 408 55 GIOVANNI VI. Ahate del Monastero di San¬ ta Maria di Pratella nel territorio di Padova, detto volgarmente Praglia, fu dal Somrao Pontefice Gre¬ gorio XII. sostituito nel vescovato di Trieste in vece di monsignor Saltarelli morto quest’anno me- desimo. II cavaliere Orsato nella sua Istoria di Pa¬ dova, non so se per suo errore, ovvero dello stam- patore, assegna l’anno 1348 a questo Giovanni, nel qualanno, come si vide, fu vescovo di Trieste monsignor Lodovico della Torre , e non Giovanni, che promosso l’anno seguente nel concilio di Piša daAlessandro V. al vescovato di Tripoli gli suo- eesse. Re de’RoTnani Roberto. . f51 Pont.efice 14° 9 Alessandro V. 56 FRA NICOLCP de GARTURIS Triestino Mi- nore Conventuale, custode del convento di san Francesco, soggetto di singolari talenti , lettere, e virtu, di cui serive 1’ Abate Ughellio (1) = Fra Nicolo de Carturis delFordine de^Minori cittadino di Trieste fu fatto vescovo della sua patria al tem¬ po d’Alessandro V. 1’anno 1409 li q d’agosto. Que- sti fu da molti stimato per le rare doti delPanimo . Quest’anno parimente fu assegnato al Governo po- litico per capitanio della citta Giacomo Trop Ti- rolese. Le turbolenze accennate di sopra F anno 1407 originate dai pretendenti del Patriarcato d’Aqui- leja, accesero tanto fuoco nel Friuli, che divisi in diverse fazioni gPinteressati apportavano grandis- simo detrimento alla patria . Posciache Filippo Scolari generale del Re Sigismondo d’ Ungheria, il quale proteggeva una parte , invase di suo ordine P anno 1410 il Friuli. Indi inoltrato s’impadroni 1409 1410 C) Fr. Nicolaus de Carturis ex Ord. Minorum Ter- gestinus civis suae patriae adfectus episcopus est Ale- xandro V. sedeute ann. i4o 9- quinto idus augusti. Hune ob raras animi dotes plerique susceperunt. (0 Ital. Sac. T. 5. Col. 581. N. XXXFIII. l8$ della citta di Treviso, ed indi con molto danna s ^ I0 scorse il Vicentino, e Veronese, ove soggiogati molti castelli, tento anche di prendere Verona, benche senza frutto. Memoria non men degna d’essere registrata in questo foglio , ehe scolpita ne’ cuori de’ moderni cittadini, litrovasi contenuta nell’archivio pubbli- co della citta, la qual dimostra con quanta solleci- tudine proeurassero alcuni degli antenati di con« servare in annali perpetui non solo i nomi rispet- tabili di coloro, che fossero eletti negli officj e magistrati per governo della citta 5 ma anco tutto cio , che apportasse lustro, o politico insegnamen- to a’posteri di ottima prudenza nel governare. Es- sendo eletti giudici nel principio deli’ anno 14ir Mambrino Betino, Francesco de Basilio, ovvero I 4 I 'Bašejo, ed Argentino deli’Argento, determinaronO con pubblico decreto, che si registrasse minuta- mente in due libri quanto occorresse peril buon governo della citta, adirnitazione degli antichiRo- mani, del cui sangue pregiansi discendere i Trie- stim; in uno dei quali si scrivessero i nomi di tut* ti gli offiziali, che di tempo in tempo assistessero ai magistrati, e al governo pubblico: e nelPaltro 1’ ambasciate, e lettere spettanti all’officio, ed agli interessi pubblici come scorgesi dalle ingiunte pa* role registrate nel principio d’ un libro mss. i fl pergamena . 183 XLII. Diligentemente provvide la sollecitudine de’Romani, che tutto quello, che sifaceva ogiTan- 1 ^ 1 no da loro, ed eziandio in nome dei consoli, preto- ri, prefetti, questori, e degli altri offiziali, i qua- li in Roma^ nelle provincie, colonie, ed esereiti si disponevano^ si scrivesse in volumi chiamati an- nali. Li quali volendo imitare i prudentissimi uo- mini signori Mambrino Bitino, Francesco de Basi- lio, ed Argentino d’Argento, allora onorevoli giu- dici della magnifica eomunita di Trieste, sapien- temente comandarono che si facesšero due libri, il primo di carte 72, nel quale fossero scritte le rifor- me, e i nomi degli offiziali; nel secondo di carte 70, nel quale si registrassero le legazioni, e le let- XLII. Diligenter providit Romanorum antiquitas, ut omnia quae annis singulis per eos gerebantur , ac etiam nomina consulum, praetorum, praefectorum, quaesto- rum , ceterorumque officialium qui in urhe , provinciis, coloniis , et exercitibus disponebantur , in voluminibus appellatis Annalibus redigerentur in scriptis. Quos Jmitari volentes prudentissimi viri domini Marnbrinus Bitino, Franciscus deBasilio, et Argentinus de Argento, tune honorabiles judices magnificae communitatis Ter- gesti duos iibros, hunc chartarum 72 in quo refor- Jnationes, et nomina officialium redigerentur in scri¬ ptis, alterum chartarum 70 in quo registrarentur le- gationes, et litterae, quae mitterentur per comuiune Ter- 184 tere che si mandassero dal coimme di Trieste: che I 4 11 li detti dae libri debbano conservare lodevolmente in perpetuo quelle cose, le quali dalla dettacomu- nita si fanno. Opera allora necessaria ec. Devesi pero avvertire, che nel 1694 nel primo libro ritrovavansi solaraente carte 56, 1 ’ altre 16 sono smarrite, per la poca custodia di chis^spet- ta, come tant’ altre memorie, e privilegj antich ; di gran rilievo. Quest’anno fa assegnato per capitanio Corrado de Lench e Jama. Per ordine di monsig. veseovo fndiviso il vino di tuttala decirna di Trieste indue parti, le quali erano ventinove orne, delle quali il prefato monsig. veseovo n’ebbe orne 21 divino, ed il eapitolo n’ebbeotto, delle quali otto orne Pre Errigo quond. Matteo caneparo assegno come sopra al venerabile uomo sig. Giacomo de Niblis deeano per il presente decanalo orne 4 di vino, ed al venerabile sig. Nicolo Troniba arcidiacono or¬ ne tre . A cognizione della differenza de’ tempi sembra- mi opportuno di porre qui alcune spese capitolari gesti, sapienter fieri mandaverunt, ut dieti duo libri laudabiliter debeant perpetuitate servare, ea quae a di¬ eta communitate geruntur. Opus tune necessarium ec. i8'» oeeorrenti pel ristauro d’una časa in questo mede- simo anno . — Per un trave soldi 33.— Per uri car- 1 ^ 1 to di tavole o ponti L.4:10 a ragione di 6 soldi per ogni tavola . — Per due travi di qnercia soldi 14 de piccoli. —Per 3 oochiodi piccoli soldi 24. A ma- stro Donato, il quale ha lavorato nella prefata ča¬ sa , L. a e soldi 10 a ragione di 3 o soldi al giorno . Eletto re de’Romani ed Imperatore parimente quest , anno il re Sigismondo, delibero andare a Ro¬ ma per farsi incoronare. A tale deliberazione si op- posero i Veneziani capi della fazione contraria , come riferisce Gio: Gandido, contro il quale spedi- rono CarloMalatesta, con Pandolfo suo fratello ; il clre presentito dalPimperatorelo costrinse arinfor- zare di 13,000 cavalli,ed 8000 fanti il Scolari,il qua- le al primo incontro sconfisse i Veneziani, e per atterrire maggiormente Piniinico, lascio in liberta i prigionieri, dopo averloro fatto cavare un occliio, e tagliare una mano. Per opporsi al furore degli Ungheri fecero lega i Veneziani con Ernesto, e Federico Duchi d’Austria, i quali con valido rin- forzo presidiarono Udine; benche poco tempo per- sistesse questacitta nelloro partito; merceeche at- territa dalla potenza contraria, voltossi al partito deli’ imperatore. Successero scambievoli fatti d'ar- me tra l’una, e 1’altra parte, con vicendevoli per- dite e guadagni j una fiata pero Pandolfo Malatesta nella campagna d’Udine con astuzia militare fe strage di 700 Ungheri sortiti da Marano, il cbe parimente gli successe con mille cavalli verso la Mota . Irritati gli Ungheri d’infortunio si strano, 186 assaiirono con impetuoso furore il campo degli av- 3 d 13 versarj, clie per la confusione non fece poco il ge¬ nerale Malatesta di trattenerlo, e liberarlo dal to- tal preeipizio . Ridotta linalmente dol tempo 1’arroganza degli Ungheri ali’es tremo d’ogni disagio , e miseriaj pri vi di campo, divettovaglia, e senzaapparecchio de’solitisteccati, e trinciere , in sito svantaggioso; Carlo Malatesta scorgendoli percio alqnanto av- viliti, dispose col fingere spavento di prolungare la guerra, proibendo con rigorose pene_, cbe veru- no de’proprj Soldati senza suo espresso ordine ar- disca cimentarsi con loro . Soffiando aspramente il vento una notte assai tenebrosa, ordino che Rinal- do e Schinella Conti diCollalto attaccassero ilfuo- co nelle tende degli Ungheri, i (juali spensierati dormivano, con si felice successo, che 1’esercito rimase mezzo divorato dalle fiamme, ed il rima- nente dei soldati, ed abitanti del luogo totalmente disfatti. Rinvigoriti da tal vittoria i Veneti apportarono gravissimi danni 1’anno 14.12 a molti luogbi sog- getti al Patriarcato, fra’ quali la terra di Mugia ne sostenne diversi, Pervenuta al re Sigismondo, che dimorava nelPIstria, la nuova delPinfelice succes- so, sbigottito fece dimandare col mezzo del con- te Volico di Cilio suo stiocero sopra la real fede la Tregua. Ed alli 6 di luglio Lodovico D«ca di Teco fu eletto da! capitolo d’Aquileja patriarca di quella cbiesa, a cm Errigo conte di Gorizia alli dieci del medesimo anno , e mese conferi a nome 187 delPimperatore Sigismondo, e re d’Unghevia il pos- sesso temporale. 1 Diverse ordinazioni, e decreti necessarj alPotti- mo governo ritrovansi registrati Parmo 1418 ne’li- bri de’consigli, fra’quali un indulto concesso li 16 aprile a’mercanti d^ntrodurre olio forastiere per venderlo in altre parti fuori che nella citta e suo territorio; ed autorita al capitanio, e grudici di ca- stigare alcuni cbe condussero animali e viveri fuo¬ ri del suo distretto senza licenza, ai quali poi fu ri- lasciata la pena . Quest’ anno pure incantavasi la beecheria della citta per L.600 , e messer Geminia- no da Bologna per ottenere la spezieria pubblica, offeri la cera a soldi ra la libbra. II nostro monsig. vescovo Nicolo, la mattina de’ 6 di decembre di quest’anno, giorno di suo ono- mastico, invito il capitolo al palazzo vescovile per fare alcune determinazioni circa la chiesa di s. Ser- gio, ed in tale occasione Jo tratto a colazione, che Costo 16 soldi piccoli (*). Lodevoli trattenimenti usavansi ancora in questi. tempi nella nostra citta di Trieste, per allontanare dalPozio } ed esercitare nelParmi i proprj cittadi- (*) Pro una colatione facta cum rev. patre domino episcopo Tergestino , et aliis canonicis in episcopatu , in crastinum sancti Nicolai supra determinatione facta de ecclesia sancti Sergii sold. sexdecim parv. (ex urb. capit. ann. i4i4- nrensis decembris). 188 ni. Mercecche nellefestivita de’suoiSanti nrotetto- /3 • • ^ ^ri esponevansi pubblieamente per premio ai vinci- tori delle giostre, e giuochi pubblici sel sontuosi ar- chi,o balestre, arina assai famigliare, ed in uso presso i Romani (inventata da’Fenicj), dalla cui re- gione gloriasi Trieste riconoscere i suoi primi fon- datori. II che ricavasi da uua supplica di mastro Marco Balestriere, presentata li 29 ottobre in con- sig!io,per essere salariato dal pubblico con istipen- dio di ducati 24 annui, per ammaestrare la gioven- tii in tale esercizio . 1414 L’anno 1414? P er quanto ricavasi dalP aceennato libro mss., fu decretato che a’tre giudici dellacitta a causa delle guerre s’assegnassero sei altri consiglie- ri con titolo di savj, e plenaria autorita di reggere e disporre insieme col capitano e giudici tuttocio che giudicassero utile e necessario per il buon go- verno . I primi eletti a’ j 3 gennaro furono Ambro- gio deli Argento, Nicolo dudami, Mešal to deMe- salti, Giovanni Bonomo, Antonio deVedano, e Gio¬ vanni de Tofani. I secondi a’ 12 maggio Pietro Padovino, Lazaro Baseggio, Giovanni Bonomo, Ni¬ colo d’Adami, Robba de Leo. I terzi aggiunti gli 11 novembre furono Valesio de Zenrino, Mentolo de Giudici, Robba de Leo, Giovanni Bonomo, Antonio de Vendano, Argentino deli’Argento . Oltre i qui assegnati non ritrovasi altro nell’aceennato libro, a cui fosse conferita tal dignita. Gli eccessi, ed insolente inobbedienza degli abi- tanti del castello di Mocco , spettante alla giurisdi- zione di Trieste, obbligarono il magistrato e consiglio l8g della citta a prendere 1’opportuno riparo, che per cio faredecretossidi ricorrere alDucaErnestod’Au- , 4 f 4 stria, il quale spedi commissione, ed ordine alla eitta di consegnare esso castello al vicedomino di Lubiana. Letta li 20 giugno in pubblico consiglio tal comrnissione, fu imposto ad uno de’ tre giudi- ci della citta d’eseguirla, e darle il possesso; ecosj fu rimediato, e pošto freno all’insolenze di quei villani , con poca soddisfazione de’ loro postetd , i quali oggidi smlditi del castello di s. Servolo, ed incorporati nella provincia del Gragno , piangono la liberta perduta, e rodono senza speme di ritnedio le catene con le quali da’proprj antenati senza lor colpa si trovano legati. Bellissimo uso ancora ritrovasi registrato negli accennati libri de’consigli di questo tempo, dero- gato ne’ tempi posteriori con la riforma de’ nuovi statuti, cioe che niuno fosse aggregato alla cit- tadinanza di Trieste, se prima dal consiglio lasup- plica presentata dal supplicante non riportava favorevole depreto. E che qualsivoglia vedova di inorto cittadino non godesse prerogativa di citta- dinanza, se con memoriale no?i fosse ricorsa al con¬ siglio d’essere graziata di qnel lustrOj che con la Kiorte del marito aveva perdnto. A’ 3i decembre di quest’anno Simone de Niblis cittadino di Trieste supplico il consiglio d’edificare »n ospedalepei Leprosij ottenuta la licenza, diede principio alPopera fuori della porta diRiborgo, ove prima che si fabbricasse la citta Teresiana vi era 19© una possessione delFillustr. bar. Marenzi (i), dedi- 4 ' 4 cando Fospedale as.Lazzaro,il qualepoi per laraor te di esso Simone resto imperfetto . Donna Manta sua moglie rimasta vedova, supplico nuovamenteil primo maggio delFanno 1420 di poter trasferire,e fabbricare Faccennatoospedale vicinoalla chiesa di s. Elena, ove ora e il giardino del vescovo (2) poco distante dalla cattedrale di s. Giusto, a cui s’op- posero il vescovo, ed il pubblico ; non essendo e- saudita, fu astretta perfezionare Fopera incomin- ciata dal marito . Perseverando ancora lo scisrna tra i pretendenti del sommo pontificato con iscandalo , e danno uni- versale della chiesa, e di tutto il cristianesirno: ansioso Fimperatore Sigisinondo di stabilire la pa- ce nel mondo, s’applico con ogni sollecitudine d’ adnnareunconciliouniversale nella citta di Costan- za , in cui intervennero quattro Patriarchi, fra’qua- li Lodovico d’Aquileja, 29 cardinali, 47 arcivesco- vi, 160 vescovi, annoverandosi tra essi Fra Giaco- mo de Ballardis Domenicano, allora vescovo di bo¬ di, che nello stesso concilio fu promosso al nostro vescovato di Trieste, come vedrassi piu sotto Fan- 1101417; e 564. tra abbati, teologi, e dottoi’ 1 2 « (1) Al presente vi b la contrada nella stesso l u °' go di s. Lazzaro . (2) Presenlemente deli’ Ospedale, *9 l In esso concorsero cinque nazioni, Italiana, Ale- mana, Spagnuola, Francese, ed Inglese, con tal 1 ^ frequenza di popolo, che uel primo anno dalla Pa- squa sino alla Pentecoste furono numerate sessanta mille e cinquecento persone . Duro questo concilio 4 anni, cioe dalli 5 di novembre del 1414 sino agli 11 dello stesso mesedel 1418 (1). Uprimo censurato in esso fu 1’antipapa Giovanni XXIII. il quale era presente, a cui fu assegnato il castello diHaldeber- ga per prigione, ove stette tre anni. Carlo Malate- sta a nome di Gregorio rinunzio il papato, laquale rinunzia riservo ad esso la dignita cardinalizia , ed a quanti aveva a quella promosso. Benedetto XIII. persistendo contumace nella propria ostinazione , riprovato dal concilio, fu rilegato in uu castello di Spagna, per essere nazionale di quei regni. Marti¬ no V. fu eletto per Iegittimo Pontefice . Nello stes¬ so concilio Fanno seguente 1415 furono proscritti gli errori di Vicielfo, e Giovanni Hus in generale, ■vale a dir-e senza qualificare alcuna proposizione in particolare . Questo concilio ebbe quarantacinque sessioni. L’anno 1415 furono pubblicamente ab- bruciati Giovanni Hus suddetto , e Girolamo di Praga pertinaci difensori de’loro errori. Pervenuta la nuova in Trieste che il Duca Erne- sto d’Austria disponevasi al viaggio per visitare la citta, assegnarono subito Zandolfo Bajardi, Basilio C O Libri Gapilolari 1 4 1 4* .... . LazzaroGigotto, Nicolo d’Adami, Giovanni 1 4 l 4 Bonomo e Pietro Padovino, per provvedere al ne- cessario preparamento, che la venuta d’un tanta principe richiedeva. Ritrovansi registrate nel precitato libro mss. va r rie licenze ottenute da diversi supplicanti dal cors- siglio, fra le quali di poter edificare un molino da Franceschino Caratario, ora detto il ponte di Pon- daresso, addiinandata altre volte quella contrada della Zndecca. E Luchia Satielo di fondare nella palude di Valderivo, detta altre volte Blancol, un quadro diSaline, il eui fondo stendevasi a pertiche 204. Ed Omobono Belli, Valesio de Oreusico, con Argentino, e Vitale delPArgento alquanti siti in citta per fabbricare čase nella contrada di Carana. Scorgendo il pubblico, che eleggendosi Ambaseia- tori del consiglio per eseguire qualche funzione spettante al buon governo della citta, molti ricusa- vano d’accettare tal carica, per ovviare a tal disor- dine impose il consiglio la pena di L. xoo. al recu- sante, con decreto, che essendo negligenti il capi- tanio con li giudici in farlapagare a’contumaei, es- si fossero obbligati a pagarla del proprio. Il canonico caneparo di s. Giusto essendo andato a visitare le vigne del capitolo della contrada di Ranzagodella villa di Prosecco, pagb per uncavallo andata e ritorno, soldi jo. E per ii prauzo, essendo giorno di sabbato, cioe in formaggio, pane, vino, e pesei, una lira e 4 soldi a conto del capitolo . ,14*6 Abbandonato alli i 3 di Gennaro del a 4 J ^ £ ^ a inonsig. Garturo il veseovato diTrieste per arrolar- i()5 gi tra beati nella corte del Clelo, la vacanza del prelato, col desideiuo d’un ottimo pastore, indusse 1 ^ 1 ^ il consiglio di commettere alli giudiei Pelezione di altridodici consiglieri, acciocche unitiinsiemedeter- minassero un soggetto nativo della citta, il o, che si valutavano L. 22 moneta cor- rente di quel tempo, come affermano le note capi- tolari. e=s Le quali dicono ancoi’a che il sig.D.Bar- tolommeo canonico procuratore del capitolo, a nome del medesimo, cori due chierici si porto in Umago da monsig. vescovo Triestino per alcuni affari ne- cessarj, e parimenteper 1’assoluzione dellascomu- nica di tutto il clero Triestino . Segnato nel mese di aprile, e le spese per due giorni furono lire quattro. Sotto la data di maggio di quest’anno 1426 in un libro capitolare si trova attaccata al cartone di dentro la seguente scrittura originale in carattere gotico, e linguaggio vernacolo di que’tempi „A „ voi signuor calonesi e a tuto lo cap. de la gresia ,, de Trieste fa asaver per Libero Barbariča vostro „ calonego e confrare che a voi piase de concederh „ la časa la qual tigneva misier lo degan per un 3 , prezio conveniente lui se vol obbligar per hon ,, instrumento over per bona segurta de concar la ,, dita časa a tute soe spese e inmejorala sifata j j, mentre che a estimacion de bon maistri ela šara j, inmejorada in spesa de lire duzento de piceoli . ,, E questo inanci che compia cinque anni e pagera j, lo fito per lo qual voi li convien la dita časa a „ tempo e termene debito, e de questo ve priega 5 , debia guardar o aver respeto piu al vostro honor ,, e al ben del cap. che ne a lui ne a niuna altra s, persona sempre tainen lasando voi in vostro ar- britig . = « JI che vuol dire : A voi signori ca- 22 ? nonici, ed a tutto il capitolo della chiesa di Trie- ste si fa sapere per Libero Barbariča vostro canoni-M 3 ^ co, e confratello, che a voi piaccia di concedergli la časa la quale teneva iriissier decano per un prez- zo conveniente; il medesimo si vuole obbligare cou buon istromento, ovvero con buona sicurta, di go- vernare la detta časa a tutte sue spese , e miglio- rarla si fattamente che a stima di buoni maestri la stessa šara migliorata in valore di duecento lire de piccoli. E questo innanzi che terminino cinque an- ni, e paghera 1’ affitto che a voi conviene per la detta časa al tempo, e termine debito, e di cio vi prega, che abbiate a guardare, e avere rispettopiu, al vostro onore, ed al bene del capitolo che ne a lui, ne a niun’altra persona , E sempre pero la- sciandovi in vostro arbitrio . = Da un istromento stipulatogli u maggiodel 1426 da Pascolo Chichio scorgesi gia essere concessa la chiesa di s. Cipriano dal venerabile capitolo alle Rev. Monache Benedettine, ed ivi abitare astrette dalla necessita, avendo demolito i Veneti, per fab- bricare in quel sito sopra la citta la Rocca accen- nata di sopra 1’anno 1370, col vescovato, anche la loro prima abitazione, e monastero. I sigg. di Valsa conti di Gorizia angustiati da continui sospetti delFarmi Venete, che con fre- quenti insulti perturbavano i confini de’ loro Stati, accorsero per opportuno sollievo alla nostra citta di Trieste chiedendole 2000 ducati d’oro d’impre- stito, colPofFerta della giurisdizione di Castel-nuo- vo in pegno di tal danaro. Proposta al consiglio tal ‘2 28 dimanda , si commise a’ giudici di rispondere, con- 1 4 a ^tratta r e e stabilire a norae pubblico, tuttocio che richiedesse tale afFare. Ritrovandosi il capitanio indisposto, fu presenta- ta ai giudici una sentenza , che richiedeva essere tagliata ed annullata; ottenuta il primo d’agostola dovuta facolta dal consiglio, con una spada taglia- rono pubblicamente in esso tal sentenza. Per ov- viare la minacciante rovina della stanza detta vol- garraente stufa del comune, si rinnovo essa fabbri- ca il primo di ottobre del corrente anno, e fu que- *ta nuovamente rifabbrieata P anno 1686 come di- ro a suo tempo. Questo mese auco per favore deli’ arciduca Federico, corne scorgesi dalla eommissio- ne di Sua Altezza, furono assolti e liberi dal ban¬ do alcuni cittadini gia esiliati dalla citta . Per nuovi sospetti di guerra insorti da varj in- sulti apportati dalle milizie Venete ne’ confini di Trieste, si conchiuse in consiglio agli n decem¬ bre, che tutti gli animali del territorio si condu- cessero per loro sicurezza alla villa di Servola . Usavasi inTrieste ne’ tempi andati un consiglio, ovvero magistrato di supreina ed assoluta autorita, indipendente da qualunque altra superiorita, addi- mandato Baila,il quale per inconvenienti occorsi nelPusurpata autorita maggiore di quanto le con- Teniva, quest’ anno a’ 28 ottobre d’ordine pubbli¬ co fu soppresso, dimesso, ed annullato con proibi- zione di mai piu rammemorare cos’ alcuna di esso. Presentita da Nicolb Bajardi per sentenza delfao- cennato magistrato, che quello neiPavvenire fosse 22Q oasso e nullo; ricorse al pubblico, perche gli ri- mettesse il bando per venke liberamente aTrieste. Mancando al pubblico 5 oo ducati d’oro per sod- disfare i conti di Gorizia del debito cogli stessi in- contrato nella mentovata pignorazione di Castel- 1 ^" nuovo si conchiuse dal consiglio a’ 29 gennaro 1427 dkmpegnare a tale effetto il dazio grande del vino, con condizione pero,che il suo incanto non si liberi meno di 6000 lire, e chi Paccettera debba sborsare ducati 600 d’oro per la festa della Purili- cazione. Per ovviare a molti danni, che facevano gli ani- mali nelle vigne, e possessioni de’ particolaiu, or- dino il pubblico a’ 9 d’aprile, clie 1’animale ritro- vato di giorno in possessione aliena, oltre il danno da risarcirsi dal suo padrone, soggiaccia alla pena di soldi cento de’piccoli,e ritrovato di notte li¬ re io, qual legge debba registrarsi negli Statuti della citta. Ritrovandosi il pubblico a’ 3 o aprile in necessita di danaro per soddisfare ai creditori, e salariati, le¬ vo 200 ducati d’oro dal fondaco coli’ assegnargli il dazio del sestiero , sino a tanto che restasse soddis- fatto del suo credito. La notte dei 25 maggio, appesero alcuni con te- merario ardire alla porta delle čase d’ uno de’ giu- dici della citta, e d’altrionorati cittadini delle cor- na. Perturbo acremente il pubblico tal eccesso , che ridusse il consjglio a far proclamare con pnb- hlica strida, che al reo,e complici scoperti sia troncata la mano destra, cavati gli oechi, e priva- a 3 o , to da qualsivoglia ufficio pubblico, ed alFaccusa- tore de’ delinquenti sborsati ducati cento dalla cassa pubblica, da risarcirsi coi beni de’ rei; ed a qualunque complice, che aecusasse i compagni colFimpunita, la promessa di tenerlo segreto. Bellissima ponderazione ci addita la supplica presentata questo stesso giorno al consiglio da D. Libevo Barbaricca Canonico di Trieste perimpetra* re la cappellania di s.Pietro in piazza grande, coli’ offerta di celebrare ogni giorno la santa messa, e ricuperando nel corso di due anni il legato , che Pietro Onorati lascio 1 ’amio 1367 per fondazione e dote ad essa chxesa,difarne celebrare due a tenore della volonta del testatore; corne i’itrovasi registra- to in un mss. mentre ci additta che tutte le chiese della citta, e territorio di Trieste, erano State fon- date, e dotate di beni stabili, come si vide F an- no 1 365 quella di s. Ganciano in giugno, e quella di s. Sabba 1 ’anno 1395 \ ora desolata, e Fentrate nsurpate da secolari. L’alterazione delle monete, che apportava gran- dissimo discapito,e turbazione alla citta, ed al commercio, fu regolata dal pubblico, dichiarando ai i 5 dello stesso mese, che il ducato d’oro o zec- chino Veneziano di giusto peso non vaglia piu di soldi io 5 de piceoli. Angelino Rapmeul capitanio di Sborzenech senz alcuna ragione, ne saprei da qual motivo istigato, s’inoltro accompagnato da molti servitori armati nel distretto di Trieste, ove feriti e maltrattati al- quanti sudditi della citta le tolse anco violente- a 3 r mente molti animali grossi, e li condussero a Sbor- zetiech. Proposto tal fatto a’24 giugno al consiglio,i 4 si differi la risoluzione ad altro tempo per delibera- re ali’ opportuno rimedio. Questo successo , e molti altri occorsi in questi tempi nella nostra cit¬ ta di Trieste , dimostrano 1 ’esatta osservanza degli ordini pubblici, e statutarie disposizioni allora pra- ticate da’suoi cittadini: merceeche ancheFrancesco Cucagna partito dalla citta per abitare nello stato Veneto,ritornato dopo qualche tempo a Trieste, spe- rimento gli accennati rigori, quando nel termine di 24 ore gli fu severamente imposta la partenza sot- to pena di lire 1000. Donna Nieolosa vedova d’Andrea Barono, gli ir agosto di guesFanno istitui un benefieio di due messe da celebrarsi alPaltare di s. Andrea Apo- stolo fondato gia nella cattedrale 1’anno i4ai dal defunto sno marito, in sulfragio del medesiino, avendo fatta 1’elezione del cappellano nella per- sona del signor Don Nicolo Aldegardis decano , e poi vescovo di Trieste, essendosi obbligata di da- re al prefato cappellano nella festa dis.Lorenzo di ciascun anno due parti delTaffitto proveniente dalla di lei časa situata nella contrada di Cavana • II farsi sentire la peste nella citta di Venezia, in- dusse mol ta gente per fuggire il pericolo di trasfe- rirsi a Trieste, oVe il pubblico coli’accuratezza, che richiedeva 1’imminente pericolo, e per liberare d’ogni timore la citta, proibi con pena di lire 5 o a non dare ricapito a chi si .sia . Ritrovandosi raso, e cancellato dal libro de’ maleficj il processo forma- to contro Scorpione, ed Urich, conviuti di trad’- 2-32. mento; commise il consiglio a’28 decembre ad An- I 4 2 7tonio de Leo notaro di nuovamente registrarlo in esso libro, per ammaestramento degli altri, e me- moria de’ posteri. Ed a’ 3i di esso mese ritrovan- dosi astretta la comunitadi pagare al capitanio, ead altri il dovuto salario, fece incantare tutte e tre le banche della beccheria, il cui incanto arrivo a du¬ cati 400 d’oro. Spirato il termine della soprintendenza conferi- ta a Giovanni Petazzi, ricorse nuovamente il primo di febbrajo del 142.8 con nuove istanze al consiglio i4a8per la conferma nella stessa carica. Ed ai 17 di questo mese ritornato a Trieste Bonomo Bonom! inviato ambasciatore al serenissimo Arciduca Fe- derico per le importanti urgenze di questi tempi, e continui sospetti di guerra, espose in pubblico consiglio P operato con sua Altezza in servizio del¬ la citta. Dolina Vulcana vedova del qu. Gregorio Maran- goni il di 5 febbrajo dello stesso anno lascionel suo testamento ai canonici della nostra cattedrale una časa nella contrada del Mercato, colla condizione, che nella chiesa di sant’ Elena da se fatta fabbrica- re nella vigilia della medesima santa si cantino i vesperi, e nel giorno della festa si celebri una mes- sa in suffragio delPanima sua . La suddetta chiesa esisteva sulla spiaggia di s. Giusto, passato Porto delPora ospedale,di rimpetto alla presente cap- pella del Croeifisso t ove preeisamente sono le dne prime čase tuttora inservienti alPospedale mede- simo. a33 Convenendo poco Pietro capitanio di Castelnuo- vo con Angelino assegnato agente della citta di r 4 Trieste, per il dorninio da essa acquistato coli’ e- sborso accennato de’2000 ducati d’oro fattoa’si- gnori di Valsa, e conti di Gorizia, incitava quei sudditi a cpierelarsigiornalmente contro il loromal governo, benche d’ordine del serenissimo Arcidnca Federico dovessero ambedue essere obbedienti al comune di Trieste. Per ovviare ad ogni rissa , e dis- ordine stabili il consiglio agli u di aprile, che il capitano della citta insieme coi tre giudici, ed al- tri dieci consiglieri, per il buon governo, e pubbli- a pace eleggessero un altro capitanio di Gastel Nuovo,il qual fosse cittadinodi Trieste, invece del prefato Pietro, e durasse nelPavvenire solamente un anno , con obbligo dimantenere trecavalli e tre servitori, per onore della patria , e guardia del ca- stello, e alquale il jrubblico di Trieste dovessecon- tribuire L. 3 oo. di salario, ed oltre cio godesse an- che tutte le regalie, condanne, ed altri emolumen- ti, e rendite di esso capitaniato, coll’aggravio solo di farle registrare giornalmente dal suo cancelliere nel quaderno, ovverourbario di essocastello. Con- gregati a’ 27 dello stesso mese il capitanio, i tre giudici, e gli altri dieci consiglieri, dopo lunga consulta con ballottazione elessero per primo capi¬ tanio di Castelnuovo il nobile Nicolo Bajardi ono- rando cittadino di Trieste, al quale poi i giudici del mese di maggio diedero il decimottavo di giu- gno il giuramento di fedelta, e d’ osservare buona giustizia, e custodire il detto castello, il possesso 234 del qualegode la citta diTrieste sinoall’anno 1 4^3 čome vedremo. Nicolo Marcolla per misfatti commessi scacciato dal consiglio della citta, ardi nulladirneno di teme- rariamente comparire; e percio a’ 25 d’aprile fu scacciato, e cancellato dal libro . L’insolente pre- sunzione d’alcuni banditi, i quali minacciavano di danneggiare la citta, e suoi cittadini, indusse pure il consiglio di commettere al capitanio, eda’giu- dici della citta 1’opportuno rimedio. Cristoforo de Cernotis fratello di monsig* vesco- vo ardi la sera tardi senza licenza, e contro il vo- lere de’magistrati introdurre nella citta Giovan- ni di Fabriano gia vicario di esso vescovo., scac¬ ciato dalla stessa per sue pessime operazioni. Ve- nuta alForecchie del pubblico tale introduzione , dichiarb il consiglio, che Faccennato Giovanni ,sia sempre bandito da tutfa la citta, e temtorio di Trieste, ed il fratello del vescovo, cogli altri com- plici, puniti dal giudice de’maleficj secondo le leg- gi e statuti. Dovendosi pagare i salariati del pubblico, esup- plire ad altre spese eccedenti la somma di L. 700 nel restauro di Gastelnuovo , determinarono i giu- dici di pigliare ad imprestito dalla fabbrica di san GiustoL.Soo, dalFospedale L. 3 oo, ed ilrimanente dal Fondaco, con assegnar loro i dazj del sestiere, e del vino, che si vendealla minuta fuori nel terri- torio della citta, sino alFintiero rimborso di essa somma. Scoperti alcuni cittadini malaffetti alla propria 235 patria, elie deviavano i mercanti di vino dalla stes- sa per condurli a Mugia a comprar ribole, e mosea- 1 ^® ti; aggravato il pubblico da si pernieioso insulto, concesse ai 24 ottobre ai giudici d’inquirire idelin- quenti, e punirli col condegno castigo, eccettuata la vita, e mutilazione de’membri. Dopo diligente in^uisizione ritrovatocolpevoleGiusto Vida,fucon- dannato alla prigione sino alle feste del Santo Na- tale di nostro Signore, e Antonio Visingoi che con parole pungenti, edoscenetratto malamente i mer¬ canti, sino alla festa di s.Martino . E Nicolo diVil- laeo sospetto anch’egli di reita, fu assolto con si- curta di 100 ducati d’oro, e promessa di mai piu commettere simil delitto, nel quale ritrovato col- pevole soggiacesse alla pena di sei mesi di carcere. La proibizione fatta Fanno i 4 3 ? di non dare ri- cetto in Trieste a gente che fuggisse da Venezia in- fetta di peste, poco, o nullagiovo, mentre pertra- scuraggine d’alcuni s’attacco il contagio anche m Trieste, ove tra moltialtri resto morto ilchirur- go col balestriero; onde per accorrere al ben pub- Llico della citta, ordino il consiglio ai 20 febbraro del 1429 che fossero provisionati duemedici, come segui. Le moltedifferenzechenegli anni passati acausa de’confini apportarono non pochi disturbi tra la citta di Trieste, edi conti diGorizia; desiderosi essi conti di sopire nelFavvenire ogni contgsa e litigio inviarono lettere al pubblico con istanza che fosse- r o riconosciuti essi confini. Pendente tali lettere , conchiuse in consiglio ai 4 d’aprile, che per con- 2^6 servazione della quiete, e concordia s’ eftettuasse la T 4 28 dimanda. Stabilitosi nelPanno scorso, che per osservanzadel- le festenon s^mmettesse nelle domenicheil merca- to nella citta, e s’inserisse tal rubrica negli statuti, con pena a chiunque presurnesse proporre al consi¬ glio contro tale osšervanza : ponderato dai giudici 1 pregiudizio grande , che taldivieto apportavanon solo alla citta, ma anche a’contadini del territorio, ottennero licenza dal consiglio d’essere ascoltati.: e proposta da essi 1’istesso giorno la proposizione, si slabili di cancellare tal rubrica, e concedere ai mercanti d’aprire le botteghe dopo terza in confor- mita delli statuti antichi; e che Parringo nelPav- venire si faccia il giorno di sabbato, e 'che i giudici noti possano giudicare oltre L. io. Arrivato iu Trieste il nuovo capitanio Giovan- ni Welsegger assegnato dal serenissimo Arcidu- ca Federico al governo della citta di Trieste, pre¬ še egli a’ 4 maggio il possesso della carica coli’ assistenza de’giudici, emagistrato della citta, e so¬ lite cerimonie del giuramento in conformita degli statuti, ed ordini di Sua Altezza. Preteudendo i contadini di Prosecco, non so do- ve appoggiati, d’essere libevi, ed esenti dalpagare il dazio del vino, chevendesi alla minuta fuoridel¬ la citta, ed esposta in consiglio tale renitenza, e pretensione, fu da esso dichiarato, essere obbligata quella villa, come gli altri luoghi inclusi nel di- stretto della eitta, e territorio di Trieste, a soggia* cere allegravezze edazjimposti dagli statuti aipro- prj sudditi. Dal ritrovarsi registrate nel libro delle spese fatte dal venerabile capitolo della cattedrale di Triests le qui ingiunte parole : = Ldanno 14S2 nel- le spese del mese di novembre parimente abbiamo 1 ^ dato al sig. Andrea de Basileo giudice della citta di Trieste, col consenso di tutii i sigg. canoniei li¬ re 137:10 per facitura della campana = senza spe- cificare qual fosse delle tre che sono nel campani- le j si dee eredere essere concorso il capitolo in parte della spesa fatta Tanno 14^1 quando si rup- pe la campana grande, il cui peso sono libbre 88 ia 5 quello della mezzana libbre 6666 , e della minore 366o, che in tutte sono libbre 19138. Dal godere il vescovo in questi tempi 1’entrate della muda, o gabella delle mercanzie, che si tra- sportavano dalla citta in altreparti, concesse mon- signor vescovo Marino essa gabella 1’anno 1433 in affitto a Francesco Stella per il corso d’anni cin- ^ue, a ragione d’ongari cento ali’ anno , la quale poi l’anno j 564., in conformita delle convenzioni accordate tra il vescovo Giovanni Betta, ed il se- tenissimo arciduca Garlo , resto incorporatacoll’al- tre entrate alla camera arciducale , con obbligo di contribuire annualmente al vescovo pro teinpore fiorini Alemanni 2,00, e per la villa di Lipiza fiori¬ ni 5o. Il prefato vescovo Marino ne’primi anni del suo governo fece fabbricare il pozzo, o cisterna sitnata Q el mezzo del cortile del vescovato, come si scorge a38 dalPiscrizione incisa nella pietra di esso pozzo , la d^quale poi monsig. Vaccano trasferi tiel giardino col porre in sua vece altra di piu bel lavoro condotta a bello studio da Umago , Appoggiati i sigg. di Valsa, corae giusdicenti, e padi’oni del paese alle pretensioni di jus patronato della pieve diTernova, Cossana, Senoseza,Tomai, e Selsane che spettavano alla diocesi di Trieste, intrusero 1 ’anno i 4 3 4 quella diTernova D.Mar¬ tino de Los, il quale ad istanza de’canonici di Trieste il nostro vescovo Marino fece inearcerare. Ricorse il Los al patriarca d’Antiochia delegate pontificio in causa , dolendosi delPingiuria. Ci- to egli il ventesimo di raaggio del 1434 sotto pe¬ na di scomuniea, e dieci mille marche di puro ar- gento il vescovo a eoinparire; questi ricusando la comparsa, sVppello al sagro concilio di Basilea,dal quale ottennero i canonici tre sentenze favorevoli- 11 motivo d’a ver citato il vescovo, fu perche pro- teggeva i suoi canonici contro Rodolfo di Valsa si- gnore di Duino, e dei Carsi, il quale seguendo le vestigia di Ramperto suo padre, pretendeva il ju® padronatodiconferire l’accennate pievisituate nel¬ la propria giurisdizione del Carso, e Piuka , gia as- segnate alla mensa capitolare, e cosi anche ricono- sciute da’proprj rettori, che come vicarj capitola- ri contidbuivano pensione al capitolo ricevendo dal vescovo di Trieste 1’investitura, come si vide l’an* no 1395 dal mostrarsi il predetto D. Martino reni- tente e contumace a’monitorj, ed ordini del ve¬ scovo ; lo fece percio inearcerare, il che gconvolse maggiormente il sig. di Valsa suo protettore origi- ne di molti scompigli, ed omicidj, ehe obbligarono 1 ^- 33 la stessa citta di difendere i proprj canonici. Ne terminossi la contesa molto tempo gia principiata, sin tanto, che appellatosi a Roma li 26 settembre il sig. di Valsa deli’aecennate sentenze del conci- lio al sommo Pontefiee Eugenio IV. fu dallo stesso condamnato anco nelle spese . Per 1’asse.nza dalla propria sede del patriarca d’ Aquileja Lodovico, sna lontanauza, e lunga di mo¬ ra in Moravia, e Basilea^ fu destituito , e dichiara- to in sua vece 1 ’anno i 4?5 successore in quel pa- triarcato Alessandro figlio di Zemonito duca di Ma-. sonia, avo di Federico III. Imperatore, e vescovo di Trento . S’ accinse subito con diligenza alla ri- cupera degli usurpati stati di sua chiesa . Ma poco curandosi i Veneti di restituire 1’usurpato, ricorse egli lo stesso anno al concilio ancora aperto in Ba- silea ove agitata la causa, pubblico contro i Vene¬ ti Pinfrascritta sentenza. XLIII. Invocato il nome di Cristo, dal cui volto procedeogni giudizio, col mezzodiquestasentenza, la qualesedendo in tribunalepronunciamo conque- sti scritti, e dichiariamo, che li detti duchi, consi- XLIII. Cbristi nomine invocato, de cujus vultu omne procedit judicium, per hanc nostram sententiam, quam pro tribunali sedentes* in bis scriptis pronunciamuij a4o glieri, procuratori, avvoeati ,nobili colpevoli, luo- 4 35 gotenenti, e chiunque altro in qualunque maniera soggetto alPanatema, ed alla scomunica, e la co- munita alPinterdetto , sono caduti nelle contenute pene e sentenze, per la ragione, clie la citta, il ca* stello j le terre, le ville , i diritti, i luoghi, le giu- risdizioni, e tutte le altre cose spogliate , occu- pate, e detenute alla chiesa d’Aquileja , come si dice, specialmente, secondo il tenore del moni- torio j non restituirono al detto Lodovieo patriar- ca, ne dissero la cagione, o cause ragionevoli per qual motivo non debbano obbedire al nostro moni- torio; e per tali si devono tenere , denunziare , re* putare, evitare , e trattare, tanto tempo, e fino quando, la prefata citta, castello , terre, ville , luo- et declaranms, dictos ducem, consiliarios, proeurato- rcs, advocatos , nobiles culpabiles, locumtenentes, et quoscumqae alios quomodolibet obnosios anathematis, et excomunicationis, communitatemque interdicti con- tentas paerias, etsententias incidisse, pro et ex eoquo(l civitatem, castrum, terras, \illas , jura, loca, jurisdi- ctiones, et omnia alia spoliata, et occupata, et deten- ta, ad ecclesiam Aquilejensem, ut praefertur spectan- tia, juxta monitorj tenorem, dieto Ludovico patriar- chae oou restituerint, ncque causam seu causas ratio- uabiles, cui mouHorio nostro parere non debeant, al- legantes docuerintj et. pro talibus habendos denuncian- dos, reputandos^ vitandos et tracUndos fore, tandiu., a4i ghi, diritti, giurisdizioni, e domin j, ed altri, spo- gliati, occupati, e ritenuti ad essachiesa d , Aquile- 1 ja, spettanti co.me si dice di sopra, al predetto pa- triarca, seuza inganno, e frode, o intervento dial- cuna scusa, assolutamente insieme coifrutti perce- piti, e quelli che si fossero potuti percepire, 1’ab- biano restituiti liberamente, e con efFetto ; c lasci- no lo stesso Lodovico patriarca, intieramente re- stituito alla chiesa d , Aquileja, con pacifico posses- so nelle cose spirituali, e ternporali, e qnelli che ritornano nel grembo della s. Madre Chiesa, si ri- cordino che hanno ottenuto il beneficio della asso- luzione. Non meno che gli stessi, doge, comunita, consiglieri, avvocati, nobili, luogotenenti, ed altri et quousque, et alfi obnoxii praefatam civitatem, ca- sjtrum, tefras, villas; loca, jura, jurisdictiones, et do- tninia, et alia spoliata, et occupata et detenta ad ip- sam ecclesiam Aquilejensem, ut praedicitnr špectantia , praedicto Ludovico patriarcha, absque dolo, et frau- de, seu alicujus excusationis inter\entione, omnino una cum fruetibus percepti, et qui percipi poluerint, re- stituerint libere cum effectu. Ipsumque Ludovicum patriarcham integre restitutiun ecclesiae Aquilejensi, In spiritualibus, et temporalibus paciflca sioant posses- sione gaudere: et ad gremium sanctae Matris Ecclesiae revertentes absolutionis beneficium roernerint oblinere. Nec non ipsum Ducem, conimunitatem, consiliarios , advocatos, nobiles, locumteBsntes, ct. alios obnox!os 16 •) ' TOM. II. 24 3 prefati soggetti } condanniamo alle spese, e riser- I 4°^ V andociin appresso la stessa tassadelle spese, sup- plendo a tutt’i difetti, che in questo processo fos- sero in ter ven ati ec. Dato in Basilea nella congregazione generale li 22 del mese di decembre 1’arino i4-35. Ritrovandosi presenti gli oratori Veneti a questo concilio a nome della loro repubblica , promisero restituirepontualmente il tutto , ai quali prestamlo fedePapaEugenio gli assolve acautela dalle censu- re; quantunque poi non osservassero, ne restituis- sero cos’aleuna, come dimostro con gran dolore,e risentimento il medesimo sommo Pontefice nelbre- ve spedito Panno 1440 da riferirsi in quel tempo. Il medesimo anno i^35 fn assegnato al governo politico della citta Giovanni Bluscher, ovvero de Bluschemberg, del quale dopo prešo il possesso, secondo il solito, non ritrovasi cosa particolare ch egli operasse.a beneficio pubblico. Ventilata in Roma 1’interposta appellazione di Rodolfo sig. di Valsa consegui a’26 settembre del praefatos, in expensis condemnamus, ipsam expensartim taxationem, nobis imposterum reservatis ; supplenK.s omnes defectus, qui in hujusmodi intervenissent p 1 ' 0 ' cessu ec. Dat. Basileae in congregatione generali die 22. men - sis decembris anno i435. 243 i436 la sentenza contraria, e condanna nelle spese di tutte le sentenze del coneilio, che ascesero alla somma di fiorini d’oro namero trenta da pagarsi al vescovo Marino, come appare dalla data di Bologna il primo d’ottobre del r436. Mori 1’anno segnente 1437 in Basilea Lodovi-i43? eo II. patriarca d’Aquileja, cheivi trattenevasi con isperanzad’essere reintegrato dello stato patriarca- le, dopo che la violenza delle armi non fubastante a restituirgli la sede. Quest’anno pure ebbe Trie' ste per suo capitanio arciducale Francesco Stra- soldo . NelFanno i438 intervenne il nostro vescovoMa- 1 ^^ rino al coneilio di Ferrara ( 1 ), il quale fn poi tra- sferito a Firenze, ove termino colFunione della Chiesa greca alla latina. Poco curandosi la repubblica di Venezia della promessa fatta da’ suoi oratori nel coneilio di Basi¬ lea di restituire tutto 1 ’usurpato del patriarcato, e sede d , Aquileja, mentre col trascurare lafede a no- me pubblico da essi data, trascurarono anco con scandalo universale del monao d’adempire Pobbli- go di restituire 1’altrui; cio necessito EugeniolV. SommoPontefice, benchedi nazione Veneto, e loro concittadino a querelarsi, e condolersi aeremente del loro mal operare, come dimostrano le parole espressive del cordoglio ed amarezza ch’egli senti- (0 Ughel. Ital. Sac. T. 5. Coli. 58 1 . N. XL ■^44 va nelP interno , d’un caso si acerbo, nel breve ? '* :>0 scritto'aFi’ancesco Gondulmero suo nipotecardina- le di s. Clemente, e suo Nuncio apostolico residen- te in Venezia^ il quale per.intelligenzadi molte cose in esso contenute devesi registrare fedelmente in questo foglio del tenore che fu seritto . XLIV. Eogenio IV. A Francesco Cardinale prete della santa Romana Chiesa del titolo di s. Clemente, vice cancelliere, legato apostolico . Dilettofigliosalute, ed apostolica benedizione. Lette le tue lettere, colle quali ci fai sapere la risposta chehai avutadalli diletti figli,nobili uomi- ni, doge, e dominio de’Veneti, sopra la restituzio- ne da farsi da loro liberamente al venerabile frateb lo Lodovico patriarca d’Aquileja nostro cameriere VLIV. Ecgenius IV. Ad Franciscum Tituli s. Clementis Sanctae Pionianae Ecclesiae Presbiterum Cardinalem, Apostolicae Sediš vice Cancellarium, Legatum Apostolicum. Dilecte Fili salutem, et apostolicam benedictionenr Lectis litteris tuis, quibus notum facis tiobis respon- sum tibi datum per dileetos filios, nobiles viros, Dn- cem, et dominium Venetorum, super restitutione pe r eos Ubere facienda venerabili fratri Ludovico patriar- eliae Afjuilejensi camerario nostro, de certis juribus, 2^5 degli altri diritti , e beni patriarcali della clnesa d’Aquileja, le quali da esso Dominio tanto tempo so- 1 no State ritenute con diritto , o ingiustamente, tut- tiquellichesono disappassionati intendono bastan- temente; siamo tant’oppressi dalla tristezzra, che quasi siamo stati per cgdere ammalati in letto per la malinconia . Primieramente per Ponore di Dio, e del nos tro Signor Gesu C.ris to. Secondariamente jier la sede Apostolica e romana. Terzo per il disonore, ed infamia che essi evidentissimamente incorrono in tutto il mondo Cristiano . Attese ancora a tante promesse, e tanto grandi, fatte eziandio pubblica- mente, per mezzo dei loro oratori nel concilio allo- ra diBasilea, nel quale alloravi eranodi tutte leua- zioni ehesonosotto iIcielo,delle quali promesse ne ac bonis patriarchalibus ecclesiae Aquilejensis, quae ab ipso dominio tandiu detenta sunt; jure aninjuria, ooines qui sine passione sunt satis intelligunt; tanto sumus -maerore percussi, ut fere prae malincolia in le- ctum aegritudinis decideremus. Primo propter hono- rem Dei, et Domini nostri Jesu Christi. Secundo pro¬ pter sedem Apostolicam, et romanam. Tertio propter dedecus et infamiam, quam ipsi evidentissime incurrunt in toto orbe Christiano. Attentis quoque tot promissio- nibus, et tam late etiam puhlice factis per oratores suos in concilio tune Basileensi, in quo tune erant de omni natione, quae sub coelo est, de quibus promis- *ionibus copiam apud te habes. Quanto doletnus pro* ^ haiunacopia pressodite.Quantocirattristiamoper ^ 8 nostracagione,clie sebbene siainoimmeritevolinon- ostante siamo in luogo del nostro Signore Gesu Gristo in terra, il che essi sempre confessano colle Joro lettere.Cosa possiamo speraremai da quelDo- minio, se non possiamo ottenere una cosa nostra e non sua, tanto giusta, tanto santa, tarito venerabi- le, da loro eziandio tante volte promessa, che tanto tempo 1’hanno tenuta, la quale non possiamo ot- tenere , con tanta infamia , e scandalo di tutta la cristianita sirnormora, e perun loro fedelissiino ed amantissiino cittadino dello stato di quel dominio, il quale sebbene patriarca per lo stato di quel do¬ minio e non meno fervente, che qualunque de’ luo- gotenenti, che hanno mandato da principio, ina pter nos, qui etsi immeriti sumus, locum tamen Do¬ mini nostri Jesu Christi in terris tenemus, quod et ipsi semper suis litteris fatenlur. Quid ab illo Dominio unquam sperare possumus, si rem nostram , non suaro, tam justam, tam sanctam, tam venerabilem, ab eis etiam toties promissam, quam cum tanta infamia mur- muratur, et scandalo totius christianitatis, tandiu te- nuerunt, obtinere nequimus; ac pro uno cive ipsorura fidelissimo, et amantissimo status illius dominii, qui etsi patriarchatu, pro statu illius dominii non minus est fervens, quam quicumque eis locumlenentibus, quos miserunt ab initio, sed muho plus posset profi- •ere statui eorum propter authoritatem, et dignitate® 2 47 molto piu potrebbe profittare allo stato loro per. la suaautorita, edignita. Ne crediauio che essi dubiti- 1 ^^ no, che nella persona del patriarea non vi šia fede, clemenza, e carita; per la qual cosa possiamo ezian- dio fortemente dolerei tanto per Ponore della sede Apostolica, cjuanto della nostra persona, stando lo¬ ro in quella ostinazione, nella quale tanto tempo per mezzo dei loro oratori, esistenti presso di noi, na ancora per mezzo del nostro oratore uomo dot- tissimo, il quale gia piu di quattro mesi passati abbiamo cola tenuto. Ed ultimamente per mezzo di te , il quale sei a noi piii propinquo degli altri per parentela , dignita, ed offieio, e sei della lo¬ ro parentela e sangue,inutilmente ti pregbiamo col- la domanda nostra tanto pia, tanto giusta, e d’ una eosa tanto utile,ondenon siamo costretti aprocedere suam, nec putamus cives illos dubitare fidern, elernen- tiam, charitatem non esse in patriarchae persona. Qua- re etiam possumus vehementcr dolere, tum pro hono- re Sediš Apostolicae, tura personae nostrae stantibus iilis in žila obstinatione, in qua tamdiu a nobis per suos oratores apud nos existentes, sed etiam' per oratorem nostrum virum doctissimum, quem jam quatuor et ul¬ tra mensibus transactis illic tenuimus. Et ultimo per te, qui et nobis čarne, dignitate, et offieio propinquioi aliis es, et de čarne, et sanguine sis, frustra te pe titione nostra, tam pia, tam justa, tamque re utili , ne debita cogamnr ad alia proeedere,si aoluinus ubi- 243 ad altre cose, se non vogliamo per ogni dove es- I 4^^sere vituperati. Non stia pero a credere aleuno che non volessimo fulminare con qua!che scomunica, e paterna maledizione contra coloro, coine porre 1’interdetto nella medesima citta, ed altre citta e terre ad essi soggette; certamente ci attristiamo e sommamente ci angustiamo, che essi sieno legati con tante moltiplici censure , scomuniche , anate¬ mi, date tanto dalla legge, quanto dall’uomo. Nor. abbiamo desistito dal giorno del nostro innalza- mento ali’ apice del sommo pontificato, tanto per mezzo de’ loro oratori a noi, quanto per mezzo de’ nostri presso loro sino a quest’oggi di pregarli, esortarli, chiederli, ed amrnonirli, e come pastore e padre delle loro anime ,.come ancora il loro cit- tadino, fratello, e figlio, affinche si ravvedessero, que vituperari. Non enim existimet nos aliquis vehe fulminare aliquid excommunicationis, ac paternae male- dictionis in eos, prout interdictum in civitatem ipsam, et alias civitates, et terras šibi subditas ponere; dole- mus certe et vebementer angimur, ipsos tam multipb- cibus censuris, excommunicationibus , anathematibus tam a jure, quam ab liomine latis ligatos esse. Non desistimuS a die assumtionis nostrae ad apicem sumrni apostolatus, tam per oratores suos ad nos, quam per nostros ad eos usque in diem hanc rogare exhortari, re- quirere, et monere, et tamquarn pastor, et pater a ni¬ ma rum ipsorum , sicut etiam civis, frater, et lili us eo- 249 ed emendassero dei mali iatti, eioe affinche in questa maniera conseguendo misericordia dal no- 1 stro Signor Iddio, possano avere una vera, fer- ma, buona , ed utile pace. Ne in questo valsero le nostre monizioni, le preghiere e le persuasioni; sappiamo ( in quanto appartiene a noi ) che siamo scusati presso Dio, non pero ci rallegriamo in que- sto, perche quanto piu siamo scusati nel non tace- re,illoro peccato crebbe maggiormente nel non obbedire alle giuste, paterne,e salutevoli nostre ammonizioni. Ma perche in verun modo possiamo passare cosi questa materia del patriarcato d’Aqui- leja, se non vogliamo incorrere in gravissima infa- mia presso tutte le nazionidelCristianesimo, come altra volta siamo incorsi, quando a cautela gli abbia- rum, ut resipiscerent, ac emendarent male facta, ut videlicet sic misericordiam a Domino Deo nostro con- sequentes pacem veram et firmam , ac bonam et uti- lem babere possint. Nec in hoc valuerunt monitiones, et rogamina, et suasiones ncstrae; scimus (quantum ad nos pertineat) apud Deum esse excusatos , non ta- tnen in hoc gaudemus, quia quanto magis excusamur in non tacendo, gravius peccatum eorum crevit in non parcendo justis, paternis, atque salubribus monitio- nibus nostris, sed quia materiam istam patriarchatus Aquile]ensis nullo modo sic pertransire possumus, ni¬ si velimus incurrere gravissimam infamiam per omnes nationes Christianitatis, sicut alias incurrimus, quando a5o mo assolti dalla scomunica, colla quale furono le- J ^ JO gati dal concilio di Basilea, e pubblicati pel mon- uo, dal che eziandio vediamo, che non conoscono la grazia di Dio, che gli fece per nostro mezzo nel promettere un uomo Veneziario , e deditissimo a loro, ehe non si e udita cosa simile al mondo; cioe che il patriarca d’Aquileja sarebbe oriundo da Venezia. Pertanto dopo che avrai dette o lette queste cose nelconsiglio deTregadi,dove volentie* ri vorressimo che ci fossi, eziandio nel loro palaz- zo, e cola proposte queste cose, se acconsentiranng alle nostre dimande giuste e pie, la cosa va be- ne. Se poi resteranno nel primiero loro proposito; per provedere alP onore della sede Apostolica, e della nostra persona, ed evitare 1’ infamia, la qua- eos ad cautelam absolvimos ab excommunicatioue cjua a concilio tune Basilejensi fuerunt innodati, ac per or- bem publicati, ex quo etiam videmus, quod non co- gnoscant gratiam Dei, quam šibi per nos noviter fecit in promittendo hominem Venetum, ac šibi deditissimum quod a saeculo non est auditum: videlicet quod Pa- triareba Aquilejensis de Venetiis fuerit oriundus . Itaque postquam ita dixeris, aut legeris in concilio Ilogatorum, ubi libenter te esse vellenms, etiam in pa- latio ipsorum , et ibi ista proponere, si acquieverint pe- titionibus nostris justis, et piis, bene se res habet. S) autem in proposito sno priori permanserint, ut consu- lamus hoaori Sediš Apostolieae, et personae nostrae, le a noi seguirebbe da cio; ed affinehe lo stesso, per couservare i diritti della sua chiesa, a’quali I 431> e tenuto per il giurarnento prestato da lui nella sua promozione non debba venire in eontroversia con loro, la quale di fatti egli intende d’evitare, ab- biamo deliberato di trasferirlo ad altra dignita, co- me meglio a noi ci somministrera Iddio, e lasciera il patriarcato, il quale' finalmerite ci converra dar- lo , vogliamo, o noii vogliainoad istanza del Re de’ Romani, perche il patriarca di quella clnesa e dei primarj principi delPimpero Romano. Non sap- piamo pero ancora chi šara quello ^ ma questo so¬ lo sappiamo, che non šara piu dei Veneziani, e Dio voglia, che se non amicissimo, non sia alme- no loro inimico . Finalmente noi saremo scusati ac vilemus infamiam, quae nobis ex hoc sequeretur, et ne ipse patriarcha, pro jnribus ecclesiae suae servandis, ad quae per juramentum per eum praestitum in pro- motione sua tenetur, habeat venire in controversiam cum eis, quam ipse omnino vitare intendit, delibera- vimus eum ad aliam dignitatem transferre, sicut nobis Deus melius ministraverit, et dimittet patriarchatum, quem dare tandem nos oportebit, velimus, nolimus, ad instantiain regis Romanorum, quia patriarcha illius ec¬ clesiae est de principalibus Romani Iuiperii principi- bus. Nescimus tamen quis erit adhuc ille, sed unum scimus, quia de Venetiis non eritj et utinam si non amicissimus, tamen inimicus non sit. Nos tandem excu- sati erimus apud Deum , Beatissimam Virginenij et San- a5a presso Dio, la Beatissima Vergine, ed il santissi- S mo Marco, il quale fu il primo prelato della santa chiesa d’Aquileja. Forse questa e la volonta di Dio, che se sapessimo che questa fosse , senz’altra incertezza la seguiremmo. Ne dubitiamo che final- mente saranno rnal contenti, di non essersi aequieta- ti ai nostri consigli, ed allora non si potra ripara- re, siccome fin’ ora e aecaduto a piti di loro. Vo- gliamo poi, e strettamente comandiamo alla tua circospezione, che tutte le soprascritte cose, eil aJtre per ben ridurre questa materia, che ti sem- brera di fare secondo il ragionevole, e giusto nostro desiderio , con grandezza di animo , con effica- ci parole, gesti, -volto, quali convengono ad un cardinalelegato della sede Apostolica, per laliberta, della Chiesa, e salute delle anime, ed onore e stato ctissimum Marcum , qui fuit primus sanctae . eeclesiae Aquilejen5is Praesul. Fortasse ista voluntas Dei est, quam si esse sciremus, sine aliqua haesitatione seque- remur . Nec dubitamus quod tandem erunt male con¬ tenti , non acquie - visse consiliis nostris, et tune non po- terit reparari sicut pluribus aliis hucusque accidit-eis. Volumus autem, et circumspectioni tuae aretissime nian- darnus ut supraseripta omnia , ac alia, quae circa tna- teriam Hanc bene reducendam, ad aequum et justum desiderium nostrum tibi videbuntur facienda, ea ma- gnitudine animi, verbis efficacibus, gestu, vuitu , qui- bus cardinalem sedis Apostolicae legatum pro libertale a53 de’ suoi coneittadini proponghi, dichi, ed operi, e quanto ci ami, ed hai a euore la nostra beuevolen- 1 ^-^ za verso di te ; imperciocche cosi facendo, o otterrai cio j che cerchiamo, e ti acquisterai molta grazia , e mercede, o se al contrario, che Dionon voglia, ac- cadera, saremotutti dueinnocenti nel futurogiudi- zio, ne ci šara necessario il dire, guai a me perehe ho tacciuto ec. Sopra cio basta. Dato in Firenze sotto 1’anello nostro secreto li tre di marzo,Fanno nono del Pontificato nostro (che giusto casca nelPanao i44°)> ecclesiae , et salute animarum, ac honore, et statu con- civium suorum decet, proponas, dicas, et opereris, et quantum nos diligis, et benevolentiam nostram erga te charam habes, sic enim faciendo, aut obtinebis, quod quaerimus, et multam tibi gratiam, et merccdem aequi- t res: aut secus, quod absit, eveniet, ambo erimus in futuro judicio innoxii, necdicere nos oportebit veh mi- hi quia tacui ec. Et de hoc satis. Dat. Florentiae sub annulo nostro secreto die tertia mensis rnartii, pontificatus atiho IX. a>54 Re de’Romani 144.1 P on telice Federico III. Eogenio IV. 59 MASS.IMO. Quest’ anno la morte del vesco- vo Marino lascib vacante e priva di pas tore la chie- sa di Trieste, a cui successe lo stesso anno il suddetto Massimo, del quale non trovasinel catalogo de’ ve- scovi di Trieste riferito dali’ Abbate Ughellio nel- la sua ItaliaSacra, enelle memoriemss.dimonsig. Andrea Rapiccio alcun vestigio, il che successe o per la brevitadel suo vescovato, il qualeappenadu- ro un anno, in cui forse non preše il possesso, ov- veropererrore traseorsodal segretariodelFirap.Fe¬ derico III; il quale nell’ esortare il capitolo ali’ elezione d’un ottimo, e santo pastore per la mor¬ te seguita di Massimo, in vece di Marino scrivesse Massimo, ingannato forse dalla somielianza del no- me, come ci additta 1 ’ ingiunta lettera scritta li a?< ottobre del 144* • Federico per la Dio grazia re de’Romani sempve augusto, duca d’ Austria, Stiria, Carintia, e Car- gniola, Gonte del Tirolo ec. Venerabili , divoti , diletti. Essendo la eldesa XLV. Federicus Dei gratia Romanorum rex serope r aiigustus, Austriae , Slyriae, Carinthiau, et Garniolae Dux, Comes Tiroli ec. Ven^rabiles, devoti, dilecli. Guni ecclesia Tergcsti- Triestina, alla guale per Jo passato , Massimo di l>uon. mem. Vescovo della chiesa, quando era fra i'44 1 vivi presiedeva, e per la di lui morte, come abbia- mo saputo, e priva di pastore che la conforti; Noi come avvocato della predetta chiesa desiderando provvederla di una persona utile, edidonea, per la cui prudeuza, e eircospezione, cura, ed amminis- trazione delle cose spirituali, e temporalne con gratitudine ne riceva Fincremento: vi esortiamo, e vi preghiamo istanteinente, che di presente sol- tanto, eleggiate, o domandiate in pastore della prefata chiesa una persona a noi grata, e per la quale vi spediremo le nostre lettere da trasmet- terle; non permettendo^ che alcuno, il guale possa forse da gualsiasi autorita esser fatto vescovo della na, cui olim bonae memoriae Maximus ipsius ecclesiae episcopus, dum ageret in liumanis pracerat, per mor- tem ipsius uti accepimus pastoris solatio est destituta ; Nos ut praedictae ecclesiae advocatus, cupientes eidern de persona utili, et idonea , per cujus prudentiani et circumspectionem, cura et administratio ipsius eccle¬ siae , in spiritualibus, et temporalibus prospere diriga- tur, ac grata suscipiat incrementa, provideri: horta- tnur, et rogamus vos attente, guatenus de praesens dumtaxat, personam nobis gratam, et pro qua v ob is nostras litteras duxerimus transmittendas, in pastorem ecclesiae praefatae eligatis, seu postuletis, non permit- tentcs aliguem, guacuincpte etiam authoritate in epi- 2,56 detta chiesa , prenda il possesso della medesi« f44 'ma chiesa senza il nostro consenso . Al contrario di non far nulla in queste cose col pretesto della nostra grazia. Dato in Gratz neila vigilia de’ santi Apostoli Simone, e Giuda 1’ anno quarantesimo primo, del nostro regno il secondo. Di fuori: Ai venerabili devoti uomini diletti decano , e ca- pitolo Triestino. La vigilia di s. Antonio Abbate a’ 16 di genna- ro dello stesso anno i44 1- levossi neila citta di Trieste fortunale si crudele, ed acerbo con neve, freddo e vento si gagliardo, cbe tra diseccati, e spiantati distrnsse guasi tntti gli olivi del territo- rio, e ridusse i suoi cittadmi piccioli egrandi, spa- scopum dietae ecclesiae fortasse perficiendum , praeter consensum nostrum possessionem ipsius ecclesiae adipi- sci. Secus in iis non facturi gratiae nostrae sub obten- tu. Dat. Graecii in Vigilia sanctorum Apostoloruni Si- meonis, et Judae anno quadrigesirno primo, regni no- stri anno secundo. A Tergo: Venerabilibus, devotis viris diJectis decano et capi' tulo Tergestino , 2^7 ventati dal timore ad esclamare misericcrdia . Ac- crebbe la confusione, e 3 o spavento il fuoco acceso 1 ^ la stessa sera nella coutrada de’ Toffani vicina a (juella di ser Nicolo Baseo, de’Bonorni, e in quel- la di Riborgo, poiche le fiamrne agitate dal ventoin- cenerirono sin a’ fondamenti non solo essa časa’, raa cent’altre ancora. La veerneuza del vento fn si grande, che oltre il portare per Paria sino a Čampo Maržo i tizzoni, attaccava il fuoco anco alle vesti, e panni delle donne, che affaeeendate portavano e ca- vavanol’acquaperestinguere lefiamme;mentre g!i uomini impiegavansi in portare alla cattedrale di san Ginsto, sopra la collina, gli utensili e mobili delle čase, per conservarli da esse. La confusione, e legridaeranosi grandi,che ognuno fuggivacon la tnoglie e figliuoli per salvarsi, rassernbrando tale ineendio fjueilo della rovica di Troja . Rede’Romani Pontefice Fedeeico III. Ms 2, E učeni o IV. 60. NICOLO II. de ALDEGARDI. Morto duu- < lue Massimo, al vacante vescovato di Trieste fn proiuosso Parmo scorso a’29 novembre P accenna¬ to Nicolo de Aldegardi triestino, deeano della sua cattedrale, la cui puntuale obbedienza e sornmis- *ione in rinuneiare al pr irno cenno di pa pa Martino V. stessa dignita. ponderata e conosciutada Eugeuio IV. suo suceessore, che voleva provedore la nostra diocesi di pas tore , feee ehe lo dichiarasse degno di 5 7 TOM. II. a 58 tal ufficio, ed approvasse che nuovamente fosse elet- ?44 a t o vescovo di Trieste. Prešo il possesso Panno pre- sente i44 a fece fabbricare P antiea chiesa di san Sebastiano, alla quale assegno molte entrate; era in quei tempi contigua alla scuola grande^ o ve sta ora situata la časa del sig. Marcello Chinsperger ( anticamente dei signori Capoani), che poi dalla contrada di Gavana fu trasferita appresso il pozzo del mare, ove al presente si vede eonvertita in časa (i). Grandissima moltitudine di locuste, ovvero ca- vallette, che occupavano oltre cinque miglia di paese, invasero a’ 20 agosto del medesimo annoil territorio diLubiana, le quali estese poi sino a Fiume, Pisino, ed Istria, divorarono non solo il miglio, formentone, saracino, ma anco tutta 1’er- ba. Nel territorio di Trieste parimenti fecero gran- dissimo danno alPerbe, lasciando pero intatte Po* live, P uva, ed altri frutti. Indi s’estesero poi nel Friuli, Trevisano, Padovano, e ne’ contorni di Ve- nezia, e molte ritrovaronsi morte nel mare,il q ua ^ flagello dnro sino ai 12 settembre , per il che Pan* no seguente apporto gran carestia a Trieste, e čo¬ lne ritrovo in un manoscritto, lo segui anco la p e ‘ (1) H pozzo del mare circondato da quattro vaseh dove si abbeveravano i cavalli; furono queste levi¬ le V anno 1784, ed il pozzo a livello del snob’ fu coperto d’ ima pietra che si leva alVuopo. 25p ste. In quest’ anno ai 2, aprile 1’ imperatore Fe- derico grazio del titolo di conti Palatini tre nostri cittadini, eioe Pieto), Lorenzo, e Francesco Bono- mo. Riferisee monsignor Andrea Rapiccio ne’ suoi Frammenti mss., che certo Giusto cancelliere di Trieste teneva segreta intelligenza colla Repub¬ blica diVenezia, con animo di consegnarle la citta. Scoperta la fellonia, fu a eoda del proprio cavallo strascinato 1’ ultimo di febbrajo del 1443 alla torre i della Cella, ed ivi miseramente mori sospeso. Volendo in quest’ anno monsignor vescovo de Al- degardi beneficare il ven. Capitolo della cattedra- le di Trieste, gli concesse graziosamente ai 14 di maržo la parrocchia di Selsane . Tutto soliecito Eugenio IV. sommo Pontefice della quiete, e pace universale della Chiesa, dopo molte premurose ambasciate, ed istanze indusse alla fine 1’ anno 144^ Repubblica di Venezia a convenire col patriarca d’ Aquileja, e concedere allo stesso d’ esercitare 1’ assoluta giurisdizione ecclesiastiea, come gli altri patriarchi suoi prede- cessori, e restituirgli la citta d’Aquileja coi castel- li di san Vito, e san Daniele suoi territorj , utili, ed emolumenti, coli’assoluta giurisdizione e do- minio secolare di mero e misto impero diessi, eecettuati pero i feudi contenuti ne’ lor distretti, i quali spettassero alla Repubblica, e 3oo ducati annui d’ essergli esborsati da’ pubblici rappresen- tanti della cassa d’Udine in tante rate ogni qua- drimestre, compresi pero ju tal somma gli utili a6o temporali, estrattj ne’tre assegnati luoghi a lui ce- J 44 °j u ti. Debriri lanente dominio poi di tutta la pro- vineia del Friuli, ed Istria restasse libera ed asso- luta padrona la Repubbiiea . L’ essere aggravato d’ anni, e d’ indisposizioni il lsostro vescovc Nicolo, spinse 1 ’ imperatore Fede- rico a supplicare il prefato sommo Pontefice a gra- ziarlo, dopo la di lui morte , della nornina ed ele- l4 4 6 zi°u e del nuovo veseovo di Trieste, alle eui istan- ze aderendo il Pa pa ai ao di inaggio del 1446 inti¬ mo sotto pena di scosnuuica, ed altre cen s ure al capitoio e canonici, ehe vacando il vescovato, noa presumessero piu arrogarsi 1 ’ elezione di nuovo Pa- store, mentre riservava la stessa a se, ed alla propria persona. Che non seguisse quest’anno la morte del vesco- vo Aldegardi, lo dimostra P incorporazione da esso fatta ai is ottobre al capitoio della pieve di Ter- nova, e Tomai invasa prima con sacrilega prepo- tenza da certi Teutonici; ma bensi ai 4 d’ aprile dei venturo anno 1447s dopo avere governata con somma prudenza e pace la chiesa a lui assegnata, nel qual giorno rese 1’ anima al Creatore; mentre al dire deli’ abate Ughellio (1) : = (*) Si diporto (*) Pie, sancteque se gessit, praecipue ubi de aliena sa ' lute ageretur. (1) Ital. Sacr. lom. 5 . 3.6 J. piamente e santamente, speeialmente dove si irat- tava deli’ altrui salute = . Ai 3 di febbrajo fece il r 44 suo testameato, il qua!e og-gidi conservasi neil’ ar- chivio del vescovato, ed in esso eostitui un benefi- zio sempliee nella chiesa di san Sebasdano , il q ua - le ora e del tutto estinto. Fu sepolto nelia caite- drale , e le sue ossa riposano vieino alFaltare mag- giore nella parte deli’ Epistola. Trascorsi tre mesi dopo la sua m o rte, convenne- ro i canonici di Trieste, sette in numero allon diresidenza, i quali radunato il capitolo elessero Antonio Goppo decano e canonico per ioro vesco¬ vo, nonostante gli ordini rieevuti da Roma. Se- guita la morte del vescovo Aidegardi ottenne 1’ im- peratore Federieo, come attesta 1’Ugheiiio, ja conferma della concessa grazia per se, suei eredi, e successori d’ eleggere nell’ avvenire il vescovo di Trieste, con tal condizione e legge pero : che »ominasse un estero, col quale i Triestini restas- sero pid tranguilli, che sotto aleun altro nocivo Pastore; i quali patti, e condizipni non fui'ono dalFiinperatore osservati. Per eseguire 1’ impetra- to favoi^e j e dar principio alFottenuta grazia, pose gli occhi sopra la persona di Euea Silvio Piccolo- mini nato in Corsiniano, eastello del territorio di Siena, il qnale in sua gioventu seorrendo il mon- do, arrivato ali a cone deli’ iniperatore Federieo, e sparsa la farna de’suoi talenti ed ingegno, 1’eles- Se sno segretario apostoiičo, con servirsi di lni ia molte atnbascierie e negozj di gran rilievo ed im- Portanza j mentre non conebindeva Eesare cosa al- 262 cuna sngli affari piu gravi Jeli’ impero senza il suo parere. Re de’ Romani Pontefice Federico III. ^47 NicoloV. 447 61 ENE A SILVIO PICCOLOMINI. L’Impera- tore Federico spedi il detto Piceolomini in quest’ anno a Roma , come suo inviato ad Eugenio IV. somino Pontefice, e nominollo vescovo di Trieste, per dar principio alla grazia gia ottenuta. Seguita la rnorte d’Eugenio,fu assegnata ad Enea, come oratore Cesareo, la guardia del conelave per estin- guere lo scisma di Felice V. Antipapa. Assunto al soramo pontificato Nicolo V., ratifico a’5 giugno dello stesso anno 1’elezione gia fatta nella persona d’Enea, con abolire 1’altra fatta dai canonici i“ quella d’Antonio Goppo, come appare dal Breve, che oggidi ancora si conserva nelParchivio capito- lare. Scrisse a’3o maggio la Maesta di Cesare al capitolo di Trieste in favore d’Enea, con acelamar- lo poeta laureato, canonico di Trento, e diacono. E poi 1’anno seguente 144® a ’ maggio replicc*p a ' rirnenti altre lettere ai canonici, nominandolo suo segretario , col raccomandar loro la diligente eu- ra e conservazione dei beni vescovili da eseguii' e dagli economi sino al di lui arrivo in Trieste. Scrisse pure 1’eletto vescovo Enea agli stessi ca- 44 nonici e capitolo a 5 20 maggio del 144^ Fi n gl un ^ a lettera da me D lare affatto da que , luoghiilnome, elareligione cri- stiana, tanti anni prima ivi dal Magno Costantino piantata, per istabilire,ed innalzare soprale rovine de’Cristiani inquella regia il solio delPImperio Ot- tomano, qual ad onta delCristianesimo al presente ancora risiede. CalistoIII. dellanobilissima famiglia Borgiache prima di essere assunto alPontificato, s’obbligocon voto di procurarecolPesortazioni , coli’ armi, e con tuttk mezzi a sepossibili, il perseguitare i Turehi nemici acerrimi del nome cristiano; presentita la strage grande da loro nella preša di Costantinopoli senza pieta commessa ; spedi subito predicatori per tutta 1’Europa ad animare i Fedeli a prendere Far¬ mi per rintuzzare Forgogliosa superbia del comu- ne nemico de’Gristiani, ed esortare ognuno a di- spensare liberamente qualche particella delle pro- prie facolta in sollievo di guerra tanto pia . I canonici di Trieste, quantunque litigassero col suoveseovo Antonio Goppo sino alFanno seguente 1454 che aneora dimorava in Dolina, per sostenere e difendere i beni spettanti al eapitolo, concorsero 4°4pero con gran liberalka, e larga mano , come ap- pare dai libri capi tol ari, mandando a Capodistria nniti con la eitta grossa limosina di danaro, ove unagalera raccoglievaquanto veniva offerto da’Fe- deli in ajuto deli’accennata guerra contro il Tur- co. E conqueste obblazioni, ed offerte raccolte nell Europa furono fabbricate sedici galere, sopra le gna¬ li ilSommo Pontefice spedi inLevante 1’anno >4^ con titolo di generale Lodovico III. patriarca d’A- quileja nativo di Padova eardinale di s. Lorenzo in J 4 JJ Damaso, ehe diversi anni scorse, e travaglio le ri¬ viere delPAsia, e dopo rotta Farmata Ottomana in vicinanza di Rodi,, saecheggio, ed acquisto molte isole delFArcipelago. La diligenza e zelodegli antichicanonici di Trie- ste in difendere, e mantenere i beni spettanti al lo* ro capitolosi scorgechiaramente Fanno quan- do Don Pietro di Chiozza portossi innanzi il capita-j^č no di Raspo, e dopo averlo informato della causa, agito la lite, e ricupero tre ville soggette alla pie- ve di Selsane diocesi di Trieste , ehe apparteneva- no al suddetto capitolo, delle quali al presente priva- ti i canoniei, ritrovansi senza villaggi, e possessio- ni di detta pieve per negligenza del pievano, ehe trascurato in pagare molti anni le gravezze alla provincia del Gragno, questa dopo avergli subasta- to ogni cosa incorporo il tutto al castello di Sabla- nez dagFitinerarj Romani chiamato ; ad Malum In quesio medesimo anno Galisto III. in due pro- mozioni feee nove cardinali, fra’ quali unofu Enea Silvio Piceolomini j gia nostro vescovo di Trieste. Spedi lanostra citta di Trieste Fanno 1457 al se- renissimo Mattia Corvino re d’Ungheria, confede- ^ - rato allora con la repubblica di Venezia, suo invia- to, ed ambaseiatoreDaniele Bonomo fratello di Pie¬ tro, e zio di Franceseo, accio mediante la sua au- torita ed interposizione indueesse quella Repubbli- ea a desistere dalla guerra a lei minacciata, corae 272 poi successe col niezzo di Pio Papa II. che presto vedremo . x458 CalistoIII. (i) in eta d’ottant’anni, mori a Roma alli 6 d’agosto, dopo d’avere occupata la santa Se¬ de tre anni, e quattro mesi. Dieci giorni dopo i fu- nerali del Papa, giusta la consuetudine, i cardina* li che si trovavano a Roma in numero di diciot'o, entrarono in conclave, il gnale non duro che seiin sette giorni, e fa uno de’piu. fecondi in brighe, de- gne di osservazione . II primo giorno i cardinali non feceroche spiarsi e scandagliarsi reeiprocamen- te. Nel secondo si convenne d’alcuni articoli che il Papa futuro sarebbe tenuto d’osservare , e spe- cialmente di non erear cardinali senza il consenti- menio del sagro collegio . Nel terzo fin al men te fa messosopra Paltare ilcalice d’oro, entroa cuiogui cardinale ando secondo il costurne ad esporre il bi- glietto dello scrutinio, alla presenza di tre cardina¬ li osservatori. Il cardinale di Siena Enea Piccolo- mini, ed il cardinale di Bologna furono, clPebbero un maggior numero di voti. Nessuuo degli altri n ebbe piu di tre, e quello diRouen, che pero vedre¬ mo sul punto d’esser Papa, non ne ebbe alcuno. Dopo una divisione cosi straordinaria, non si man- co di fare delie conventicole, in cui i cardinali pid possenti, e piu insinuanti brigarono i voti, ossia per se medesimi, ossia pei loro amici, irnpiegando a (•) Bercaslel Štor. del Crist. 373 quest’effetto e preghiere, e promesse, e per sino le miaacee • II cardinale di Rouen, che piddi tutti te- J 4 3 ^ meva quello di Siena, disse ad ognuno in partico- lare . = A che pensate di volere far Papa EneaPie- colomini? un povero, un podagroso, un poeta che non ha la prima tintura de’canoni, ne delle sacre lettere; che vorra governare la chiesa giusta leleg- gi della mitologia, che pur sono le sole che egli conosca? Che sappiamnoi altresi se la dilui passio- ne per la Germania, d’onde questo dipendente di un principe tedesco e giunto appena, non gPispi- rera la risoluzione servile di trasferirvi la sede A- postolica? Quanto poi al cardinale di Bologna j vor- reste voi, eidiceva, stahilire su tutto il mondo cri- stiano quest’ingegno ottuso, la cui stupidita non puo paragonarsi che alla di luiostinazione; che non sa governare la propria sua chiesa; che manca per fino e del primo grado di cognizione richiesta al go- verno della chiesa universale, e della docilita ne- cessaria per prender consiglio? = Con tali discor- si, e con non pochi maneggi, ei trasse al suo parti- to undici cardinali, e fra gli altri i virtuosi greci Isidoro, e Bessarione, cui nominiaino affine di te- nere il lettore in guardia contro al ritratto forse un po troppo caricato, che lo zelo di Piccolomini gli ha fatto fare del cardinale di Rouen. Altro piri non maneava a questo , che un voto per averne il nu- tnero conveniente, cioe i due terzi della totalita, il che prova che vi eranoin conclave dieciotto cardina- h siccome abbiamo detto;enongiaventidr.e,ne ven- tuno , siccome senza riflessione srissero alcuni de’ ^OM. h. nostri storici. La vigilia dello scrutimo, in cui scop- 4^piar doveva codesta trama, il buon cardinale di Bo¬ logna ando a trovare Silvio amezza notte, e glidis- se molto intrigato: = Sai tu che il cardinale diRc- uen šara Papa? La di lui briga e gia formata, ed altro piuei non aspetta, cbela formalita dello seru- tinio . Io ti consiglio d^lzarti senzTndugio, e di andargli ad offerire il tuo voto, per timore chd ei conservi qualcherisentimento di nonesseretu con- corso seco lui. Quanto a me, voglio certamente e- vitare cio cbe mi e accaduto nell’ ultimo conclave. Calisto non mi ha giammai guardato di buon oo chio , perche io non aveva opinato in favor suo . Ti do da amico quel consiglio che voglio seguire io medesimo . — Silvio gli rispose, ch’egli era in li- berta di fare come piii gli piaceva : = Ma quantoa me, ei rispose, io non daro mai il mio voto adun uomo assolutamente indegno d’ una cosi santa di- gnita. Mi guardi Dio dal commettere tanta colpa' se altri-gli danno il loro voto , tocchera ad essi di renderne con to; quanto a me, non voglio aggravai' mene la mia coscienza. Tu dici, ed io ne conven- go, che e cosa spiacevole 1’essere mal veduto dal Papa. Che mi fara egli pero? mi laseiera nelJa W' a miseria: e chi vi e avvezzo, la tollera senza pena’ Ho saputo vivere povero; povero sapromorire. resto non posso persuadermi che Dio voglia abban- donai - e Tarnata sua sposa ad un rappresentante c°' si indegno di essa. Ei non permettera giammai cbe questo sagro palazzo, il soggiorno di tanti sagg 1 Pontefici, divenga quello d’un ambizioso, di u" 375 svaro, di un uomo avido unicamente d 5 onori, e di beni terreni, di un simoniaco avverato. Non gli 1 uomini, ms Dio e quegli, che da il pontificato . Ei confondera queste brighe sagrileghe, e domani si vedra che desso e quegli che fa i Papi. Se tu hai della fede, se veramente sei cristiano, non darai certamente il tuo voto ad un uomo che dal cielo vien riprovato. = Fecero tanta impressione queste parole sul cardinale di Bologna, che immediata- mentepromise dinon votarepel cardinale diRouen. Nell’indomani di buon mattino Enea Silvio ando a trovare il cardinale di Pavia, vice cancelliere della chiesa Romana, elorichiese, s’era anch’egli del cardinale di Rouen. = Non ho potuto farne a me¬ no , ei rispose, ingenuamente; la di lui fazione e cosi forte, che non e certamente duhhiosa 1’elezio- ne.Seio mi ci mostrassi contrario, non farei che conciliarmi 1’odio suo, ed infallibilmente perderei la mia carica di vice-cancelliere, di cui sono assieu- fato in iscritto nel caso che gli dia il mio voto . = Sei hen buono, ripiglio Silvio, di fidarti adun gio- vane, il quale non ha ne delicatezza , ne probita . Or bene , adempi dunque il tuo impegno: tu avrai il merito di procurare la cancelleria al cardinale d’ Avignone, a cui lamedesima e promessa egualmen- te che a te^ a meno pero che non ti lusinghi che si dehba piuttosto mancar di parola ad un compatriot- to, che a te che seiSpagnuolo . Se non hai alcunri- guardo al hen della Chiesa, vedi almeno cio che a- spettarti puoi da un Papa della nazionFrancese ne- Kiico della tua.'== Il vice cancelliere, senza repli- 276 car cos’alcuna, mostro d’altronde tutta 1’itnpres- b sione che una tal rimostranza aveva fatta sopra di lui. O fosse che il Cardinal di Pavia fosse stato presente a qnesta conversazione , o fosse che ne a« . vesse avuto sentore, e se ne fosse mostrato com- mosso, Piecolomini scandagiiandolo esso ancora, ei ne ricevette per prima risposta di essersi egliitn- pegnato in un modo da non poter piii ritirafsene. Certo , rispose Piecolomini, tu cammini molto bene sulPorme degPillustri personaggi del tuosan- gue . II Cardinal Brando tuo zio, di gloriosa metna- ria, si e immortalato ricoriducendo in Italia, col mezzo delPelezione di Martino V., il pontificato che Giovanni XXIII. tendeva a fissare in Germania nelPoecasione delconcilio diCostanza; e tn chesei Italiano, ti adoperi a farlo ripassare dali’Italia in Francia. Mi dirai farse, che cio non puo eseguirsi senza il consentimento del sagro Collegio, e che il Papa non otterra giammai un tale assenso . Ma, di huona fede , allorche ei vorra lasciare 1’Italia, s 1 trovera egli un cardinale, che ardisca fargli resi- stenza ? Sarai anzi il priino a dirgli: „ Padre San¬ to, tocca a te di comandare, e a noi di ubbidire. >» Or cos’e PItalia, quando il Papa non vi e piu? ch$ s’ei restera a Homa, questa capi tale del mondo, e noi medesimi diverremo schiavi de’ Francesi • Hat veduto sotto Calisto i Catalani padroni di tutto, e dopod’avere sperimentata latirannia Spagnuola, vorrai tu passare sotto il giogo Francese? Vedrai questa inquieta nazione stringerci, abbassarci nel sagro collegio, allontanarne i nostri amiei, e i ItFi patenti, e non trovarvi luogo che per se mede¬ nima. Vi si renderanno eglino cosi possenti, che il’4^8 pontifičato si trovera fra non molto in lor halia . E poi> qual e questo Francese, cui pretendi di stabi- lire vicario di Gesu CristoF Non hai detto ben cen- to volte che la Chiesa era perduta, se rriai avesse per capo 1’arcivescovo di Rouen, e che piuttosto soffriresti la morte che aecOnsentire alla di lui ele- zione? perche dunque ti sei tu cambiato in un mo- icento? Colui che era un demonio , e egli forse in un istante divenuto un angelo? Oppure tu stesso , d 1 angelo di luce sei tu divenuto angelo di tenebre? Cos’e dunque di quell’ amore che avevi per la tua patria? Avrei sempre creduto , che non P avrestl niai abbandonata, quand’anche avessi veduto tut- ti gli altri volgersi contro di essa. Mi hai inganna- to di inolto, o per meglio dire, inganni te štesso, e se non esei d^errore, tu e la tua patria siete per- duti per sempre . = II Cardinal di Pavia commosso fino alle lagrime, disse gemendo : == Tu mi CQp- fondi; ma che vuoi tu ch'io faccia? ho data la mia parola, e se vi manco, sono disonorato. — Ebbe- ne, rispose Piccolomini, sii fedele al Cardinal di Rouen, e tradisci la tua patria . — Basto questa parola a determinare il cardinale di Pavia, il qua- le immediatamente premise di abbandonare la fa- zione francese. Quello di S. Maria Nuova, che non poteva soffrire 1’ arcivescovo di Rouen , tu informato egli pure di quanto tramavasi in favore di quest’ ambizioso, e raduno tutti i cardinali ita- bani, a riserva di Prospero Colonna, nclla camera a ? 8 del cardinale di Genova. Dopo di avere loro vlva- 4^ 8 mente dipinto eio che dovevasi temere , ove si ele- gesse il cardinale diRouen; dopo di avergli esorta- ti ad obbliare i loro personali interešsi per non consagrarsi che al bene della Chiesa, e deli’ Italia; propose Piccolomini, il quale essendo italiano, ifo- mo dabbene e di merito, gli pareva il piii capace di ben governare la Chiesa. Di sette cardinali pre- senti a questa specie di preconizzazione, non vi fu che quello cui essa riguardava che la combattesse, ed usb di tutta la sua eloquenza per mostrar che eg!i era assolutamente indegno d’ una dignita cosi eminente . Poco dopo si comineio la Messa che pre- cedeva lo serutinio . Allorche quella fu terminata i cardinali, gli uni dopo gli altri giusta il grado di anzianita, andarono a mettere nel Calice i bollet- tini che contenevano il nome di quello a cui dava- no il loro voto. Allorche tocco a Piccolomini, Par- civescovo di Rouen, eh’era uno dei cardinali osser- vatori, ebbe la goffaggine di dirgli: rico vdati di ms, quasi che in quel mornento si fosse potuto cambia- re cio ch’era seritto. Ma tal era il cardinale diRo¬ uen j vale a dire d’un’ ambizione portata fino alla sfrontatezza, ed alla demenza . Piccolomini gli ri- spose; — Come tu t’indirizzi a me, che in questo luogonon sonocheun atomo!= Terminato loscrK- tinio, i cardinali osservatori sotto gli occhi di tutti gli altri rovesciarono il Calice sopra una tavola io mezzo alPassemblea. Siaprirono ihollettini, si les- sero ad alta voce, e si trovo che Enea Silvio Picco¬ lomini cardinale vescovo di Siena aveva nove voti ; 379 il cardinale di Rouen non ne aveva clie sei, e gli al- tri molto meno . Siccome nessuno aveva il numero 1 sufficiente], fu d’ uopo venire a cio clie si chiama 1’ accessit . Riprese il cardinale di Rouen gualche spe- ranza, che pero non duro lungamente. Fu per lui un colpo di fulmine, allorche il viee-cancelliere al- zandosi con fermo sembiante , disse che dava il suo voto al cardinale di Siena. Alcuni momenti dopo il cardinale di s. Anastasio dichiarossi egli pure per lui. Siccome piu non mancavagli che un voto , Pro- spero Colonna per avere il merito di farlo Papa, sollecitossi di dargli il suo. Il cardinale di Rouen vedendosi allorarapire irremissibilmente ilpapato, oltrepasso tutt’i limiti, accuso Colonna di violar le sue promesse, e Poppresse di rimproveri. Que- sto trasporto ben lungi dal far vacillare Colonna, gPispiro un nuovo coraggio; disse piu forte che la prima volta, che dava il suo voto al cardinale di Sie¬ na; e tutti gli altri lo salutarono immediatamente in qualita diPapa. Poscia tutti ripresero i loroluo- ghi, e di comune consenso confermarono 1’ei.ezio- ne . In tal modo fu eletto Papa il celebre Enea Sil¬ vio gia vescovo di Trieste, in eta di 53 anni, a’17 d’agosto 1458. Preše ilnome di Pio II., il qualedi- venuto Papa dopo di essere passato per tutti i gradi inferiori compatibili ai piu grandi Pontefici per let- teratura, per eloquenza,, per forza di animo, per prudenza e destrezza nel rnaneggio degli affari, eb- he tanta indifferenza per lafortuna, e la fortuna reciprocamente per lui, che poco tempo prima del- la sua elezione ei diceva al Cardinal di Pavia suo aSo amico, eh’era no ben a 5 anni clfiei faticava senz'a- vere per anche con checalzarsi; che aveva pero ba- ^ gnato del suo sudore quasi tutto il mondo cristia- no, sofferto ogni genere di faticlie e di patimenti per terra e per mare, battutodalle tempeste, mor- to di freddo , arso dai raggi del sole , spogliato dai masnadieri, ridotto in cattivita, gettato nelle pri- gioni, e ben venti volte sulForlo della morte . Era nato di parenti nobili, ina poeo provveduti di beni di fortuna, in distanza di aleune nviglia da Siena, nella piccola citta di Corsini, cui fece quin- di cbiamar Pienza dal suo nome, erigendola in cit¬ ta vescovile . Vittoria Forteguerra sua madre , es- sendo di lui incinta^, sognossi che partoriva un fan- ciullo mitrato; e siccome era 1’uso di mettere una mitra di carta sulcapo a^hierici condannati amor- le, ella si figuro che sarebbe 1’obbrobrio della sua famiglia; ne preše altri pensieri, se non quando lo vide vescovo . Fu educato con mol ta cura, e straor- dinarj furono i progressi 011’ ei fece nelle belle let- tere. Dopo di averfatti i suoistudj a Siena , accom- pagno al concilio di Basilea, in qualita di segreta- rio , Domenico Gapranica , nominato cardinale da Martino V., e rigettato da Eugenio IV. Cola que- sto giovane di 26 anni al piu, pieno di fuoco, pieno di talenti, sedotto dagli applausi e dalle preven- zioni generali j naturalmente nemico della menzo- gna, e non pensando, che dottori gia vecchi, e ve- scovi incanutiti nelle sante funzioui potessero raen- tire, preše tutte le impressioni che si volle dargli contro il Papa Eugenio , e cola pure serisse contro S 8 T alla preminenza della sede apostolica. Pel suo spi- rito fu ricercato da diversi prelati, presso cui eser- 1 ^ cito la funzione di segretario. II cardinale Alberga- ti lo mando in Iscozia. A! suo ritorno il eonciiiodi Basilea gli diede le cariche di referendario, di ab- breviatore , di cancelliere , di agente generale, e piu volte fu spedito in Savoja, nella Svizzera, e in diversi stati deli a Germania . In mezzo a rpiesti viag- gi, ed a cjueste negoziazioni, ei pubblicava sempre qualche opera , ora un trattato dottrinale , ed ora alcunelettereragionate sullematerie che fermenta- vano allora in tutte le teste: opere di partito, e com’era ben naturale, sempre cosi svantaggiose al Papa Eugenio, come favorevoli al concilio di Basi¬ lea . Felice V. lo seelse egli pure per segretario, e bnalmente 1’imperatore Federico chiamollo per lo stesso impiego. L’onorb della eorona poetica, lo impiego in diverse ambascierie, a Milano, a Napo- li, in Boemia, e perfino a Roma, nelPoccasione delFestinzione dello scisma, alla quale non poco contribui la di lui destrezza. Nicolo V. gli conferi il vescovato di Trieste, d’onde dopo circa tre anni passo a quello di Siena. Lo stesso Papa gli confido la nunziatura di Boemia, della Moravia, della Sle- sia, e della Ungheria, ove segnalo la sua capaeita. Ne minor norae acquistossi nelle diete di Katisbo- na, e di Francfort, radunate per formare una lega contro i Turchi, avvegnache le circostanze aves- aero poi fatto svanire un tal progetto . Finalmente Papa Calisto gli diede il cappello, che per tanti ti- toli si era egli meritato . a8a Fu uno de’piu costanti difensori del eoncilio di 1 ^Basilea, ove soggiornb fino alla eonsuroazione dello scisma, senza lasciarsi scuotere dal ritiro giornalie- ro de’prelati 3 iquali credeva chenon cedesseroehe al tirnore di perdere i Beni temporali. Siccome ei non aveva nulla di cui potesse essere spogliato , ed e egli stesso che ci fa una tal confessione, fu piu docile alla voce della sna coscienza, prevenuta ch’ ei teneva il miglior partito . Ma dopo che fu al ser- vizio delTImperatore, fra i Tedeschi contenuti nei limiti della neutralita , e naturalmente piu posati delle altre nazioni, ben conobbe le soverchierie e le atrocita di cui fin’allora non avea avuto" neppu- re il primo sospetto . Glisi dimostroche ilPapaEu- genio era cosi falsamente, come oltraggiosamente accusato; che i cardinali rifnggiati a Basilea non a- vevano seguito che il loro odio e il personale loro risentimento contro ad un santo pontefiee, alla cle- inenza del quale tutti finalmente facevano ricorso, riputandosi troppo fortunati se riusciva loro di pie- garlo con dimandar perdono della loro diserzione scismatica. Fu in singolar modo commošso dall’u- dire in Ungheria il Cardinal Giuliano, nei lumi, e nella virtu del quale egli aveva una illimitata fidu- cia, benedir mille volte il cielo d’averloritirato dal- la congiura di Basilea, e di avergli fatto compren- dere cid che insegnano tutti i Padri greci e lati- ni, non esser jfi ci([e salute per colui che si separa dalla s. Chidsa roifiana, e che tutte le virtu sono illusorie senza Fubbidienza che si debbe al sommo Pontefice. Trovo gli stessi principj profondamente 283 impressi nelPanimo de’ personaggi piu distinti co- si per pieta, come per dottrina, e sparsi in tutti i luoghi eh’ egli aveva dovuto peroorrere. Allora fu che gli caddedagli ocehi comeuna benda, eche col favore delPeta, e della riflessione depose i pregiu- dizj che 1’inesperienza, e la giovinezza gli avean fatto rieevere dalla bocca dei vecchi d’un altro par- tito, come altrettanti oracoli ch’ei non si permet- teva neppure di esaminare. II desiderio di repri- mere i nemici del nome cristianonon aveva mai va" riato in Pio II. Non si tosto fu egli istallato sulla sede di s. Pietro, che mise tutte le sue cure a sigil- lare la lega dei principi Cristiani, tante volte pro¬ ge ttata contro i Turehi. II pericolo cheminacciava la Cristianita, di veniva di giorno in giorno piu ur- gente . Non passava anno che Maometto II. non ne devastasse, non ne soggiogasse qualche porzione. Ricordevole il sopraddetto PapaPio II. de’suoi canonici di Trieste, gli onoro con un Breve P anno primo del snopontificato , spedito ilprimogennaro 1459, il qua.le oggidi ancora si conserva nelParchi- vio capitolare concedendo loro facolta di portare l’al- muz/ia^ o mozzetta, ornamento decoroso, e di pri- viiegiata recognizione, a poche cattedrali conces- so, del tenoreche segue . i458 1459 XLVII.Pio Tescovo servo de’servi di Dio. Al ve- XLV1I. Pius episcopus servus servorum Dei. Vene- 2^4 nerabile fratello vescovo Triestino, salute, ed a* 1 4°9postGlica benedizione . Volontieri volgiaroo il pensiere a guelle coSe , le gnali eonosciamo che ridondano in decoro, ed ornarnento della chiesa Triestina , specialmente non essendo dimentiehi, che guando noi eravamo costituiti in cose minori, abbiamo governata la me- desima chiesa. Ora poi, col favore della divina cle- menzaelevati alla snblimita del sommo apostolat«, crediamo essere cosa degna, e congrua, di favorire Ja medesima chiesa, edi di lei canonici nelle cose spi- rituali; non che secondando con paterna benevo- lenza la tua peršona favorevolmente concederti guelle cose per le guali ti possi rendere grade- vole ai medesimi canonici , tanto presenti, guanto rabili fratri episcopo Tergestinensi snlutem, et aposto- lica m benedictionem. Ad ea libenter intendimus, quae in decorem, et ornamentum ecclesiae Tergestinensis redundare cogno- scimus, praesertim cum non immemores si ni n.s Nos dum essemus in minoribus constituti, eidem ecclesiae praefuisse. Nune vero Divina favente clementia ad summi apostolatus apicem assumpti, dignum, et con- gruum esse censemuš, ut eandem ecclesiam, et cano- nicos ejusdem, spiritualibus favoribus proseguamur; n c c non personam tuain paterna benevolentia prose^ guente ea tibi favorabiliter concedamus, per quae eis- dem canonicis te possis reddere gratiosum. Nos ita- a85 futuri. Noi pertanto volendo decorare la precletta chiesa, col tenore della presente concediamo la 1 ^ 0 ^ facolta alla tua fraternita, che tutti e ciascheduno de’eanonici della detta chiesa , tanto presenti , quanto futuri , possano liberamente , e lecita- mente portare le almuzie , come i eanonici del- le altre eitta accostuinarono portare colia nostra autorita, e ad essi, ed a ciascuno di Ioro comanda che sieno obbligati portare simili almuzie, e possi disporre ed ordinare, cio che circa questa cosa ti sembrera opportuno colla medesima libera, e pie- na autorita . Nonostanti le costituzioni e statuti tanto apostoliei quanto provinciali, e sinodali, e consuetudini della detta chiesa, eziaudio fortificati que ecclesiam praedictam decorare volentes, Fraterni- tati tuae, ut omnibus, et singulis canonicis dictae ec- elesiae, tam praesentibus, quam futuris, ut Almutias libere et ličite portare possiut, et valeant, quemad- modum caeteri eanonici aliarum civitatum portare con- sueverunt, autboritate nostra concedere, ipsisque et cuilibet eorum, ut Almutias hujusmodi portare tenean- tur, mandare, et quae circa hoc tihi opportuna \i- debuntur disponere, et ordinare possis,et valeas, ple- nam, et liberam, eadem authoritate, tenore praesen- tium concedimus facultatem. Nou obstantibus tam apostolicis, quam pro\incialibus, et synodalibus consti- tutionibus, ac statutis, et consuetudinibus dictae ec- clesiae, etiam juraineuto coniirmatioue apostolica, aut a8 6 con giuramento, confermazione apostolica o qual- 4^sisia altra fermezza, ed altre cose qualsivogliano in contrario. Dato in Roma presso s. Pietro P anno delPIncar. nazione del Signore 14 % il primo di gennaro, l’an- no primo del nostro pontificato. A. d’Urbino A tergo. R. presso di me G. Lollio. Pendente la bolla di piombo colla cordicella di canape. ( Pio Papa II.) Concesse parimente alla chiesa cattedrale di san Giusto martire li ag decembre grand’indulgenze a quelli che la visiteranno il giorno della Gonsagra- zione, con autorita ai confessori approvati d’assol- vere da’časi enormi, e riservati alla sede aposto- lica . Essendosi ribellati apersuasione, e sotto la scor* ta d’un certo Paniano ovvero Panchichi, Crambur- quavis alia firmitate roboratis, caeterisque contrariis qaibuseumque. Dat. Romae apud S. Petrum anno Incarnationis Dominicae MCDLVIIII. Kal. Januarii , pontificatus nostri anno primo. A. de Urbino A tergo. Registr. apud me G. Lollium. Bulla plumbea pendens cordulae canapeae. (pas PAPA II.) 2.87 go, Scoffialoca, e Radiovas, per ricuperare qnesti luoghi alla serenissima časa d’Austria andarono 1 ^? 1 ’anno 1459 molti eittadini di Trieste, mediante il valore de’quali soggiogati quei popoli gli resero obbedienti al proprio signore, e sovrano . II ritrovarsi quest’anno stesso 1’iscrizione goti¬ ca 1459 dipinta con lettere d’oro sopra la colonna della sede del vescovo (1), non puo affermarsi per mancanza di notizia maggiore se voglia riferire ri- novamento di pitture, o altra cosa . Desideroso il soramo Pontefice Pio di por fine al- le dissensioni, e litigi, che pel corso di 7 anni con innumerevoli disturbi, e spese inquietavano il no- stro vescovo Goppo, e suoi canonici, spedi alli 22, decembre del corrente anno un Breve in cui con- fermo 1 ’incorporazione della pieve di Selsane, Ter- nova y e Tomai fatta per il passato al capitolo, e canonici . Ed acquietato il vescovo Antonio fece ri¬ to mo alla sua residenza in Trieste, ove 1 ’anno se- guente 1460 celebro il sinodo coli’ intervento^čo di 75 persone ecclesiastiche, in cui si stabilirono 44 costituzioni , che poi lette pubblicamente nella cattedrale di s. Giusto li 20 aprile , per essere di salutifero aminaestramento, accettate da tutti sen- za contraddizione si conservano sino al presente, e (1) Nella riparazione della Cattedrale dopo V asse- dio del 181 3 fu per ordine dC Fabbricieri can- cellato colV imbianealura. 23 $ sono in succinto i seguenti capi. — i. Della cre- I 4 t)0 denza nella Trinita, e Fede cattolica_a. Quanti sieno gli articoli della Fede, e quanti i Sagramen- ti. — 3 . Begli eretici. — 4 . Del battesirno, e cre- sima de’piccoli fanciulli. — 5 . Della confessione e remissione de’peccati, e della pena a ehi rivelasse la confessione . —■ 6. De’časi risei’vati al vescovo, e sono 40. — 7. Della riverenza do v uta che si de- ve prestare a Dio quando si va a recitare il divino officio_8. Della riverenza che si deve fare al no- me di Gesu Gristo , ali’elevazione nella messa,e quando siporta agl’inf'ertni9. Del silenzio da os- servarsi in coro. — 10. Che non si vendano le cose sacre, ne si dia la sacra ostia, ne il crisma o Folio santo ad alcuno fuorche al fine a cui e ordinato 11. Della confessione e del dare il Corpo di Gesu Gristo ai sani, ed inferrni. — 12. Della nettezza de’ vasi ed ornamenti della ehiesa, e che i calici sieno di argento . i 3 . Del preparare le ostie, il vino, e l’acqua santa . —. 14. DelForazione da farsi pel vescovo . — i 5 . Che il sacerdote non introdu- ca in ehiesa le donne per benedirle dopo il parto, se non sono di legittimo matrimonio. — 16. Che gli usuraj non sieno ainmessi ai Sagramenti, se non dieno prima sicura cauzione di non fare piu usu- re-i7.Ghe nessuno faccia questue pubbliche senza licenza in iseritto del vescovo. — 18. De’ cherici intrusi, e de’forastieri ignoti^ e sconosciu- ti.— 19. Degli apostati_^20. Circa 1 ’abito e ton- sura del clero . Qui si preserive come debbano ve- stire, cioe che portino le vesLi lunghe fino ai cal- cagni, e specialmente i preti piovani, ed altri co- stituiti in dignita, e queste non sieno di color ros- J so, o verde chiaro, ne stracciate, ne debbano por- tare fascia o cintura , e le vesti non debbano avere il collare oltre la meta del collo, o le maniche trop- po larghe; ma al piu della largbezza d’un braccio . Di sotto abbiano vesti deeenti, e non portino sear- pe rotte . Usino onesti cappucci, che sieno almeno di tanta lunghezza , che quando gli hanno in capo, la meta toechi le scapole, essendo i nostri ( cap- pucci ) al piu della lunghezza d’ un braccio; non coltivino la barba, ne la ehioma .— 21. De’crapo- losi, e di que’che entrano ne’ balli, e neMuoghi in- decenti . — 22. DelPevitare il giuoco de’dadi. — 2,3. De’ cherici mercanti, o che si mescolano in ne- gozj secolari. — 24* Che non si celebrino le nozze ne’tempi proibiti. — 25 . Che nessun sacerdote en- tri a funzionare nella parrocchia d’alcuno, di pio- vano , o divicario diquesta diocesi senzalicenza.— 26. Che il sacerdote ricercato vada dagPinfermi. — 27. Che nessun cherico presuma toccare, o oc- cupare le renditedella chiesa , senzalicenza delsuo prelato, o massaro . — 28. Che nessuno del clero possa impegnare, affittare , o obbligare la sna pre- benda senza licenza del vescovo . 29. Che i cherici carcerati non ardiscano fuggire dallecarceri . — 3 o. Che nessuno mangi čarne nella quaresima . -- 3 i. Delle parole ingiuriose dette avanti il vescovo, o suo vicario. — 3 a. DelPindicare ai laioi i digiuni ordinati dalla chiesa. -- 33 . De’cherici da non or- dinarsi. - 34. Che i piovani nolla chiesa, e i cherb TOM. II. ' ! 0 290 ci si facciano promuover agli ordini che ricercano i I 4^°lorobeneficj. 35.Della penadique’cheeontraggono matrimonio contro il j us canonico. - 36. Del termine da assegnarsi nelle Chiese a quelliche vogliono de- nunziare, o impedire il matrimonio. --37. Che le donne non tengano seco in letto le creature picco- le per il, pericolo di soffocarle. -- 38. Di que’che impediscono le pignorazioni, o esecuzioni. --39. Della pena de’cherici che non pagano i loro dehiti. -- 40. DelPorazione da farsi per il Pontefice , e per 1’Imperatot'e . -- 41 .DelPobbedienza da prestarsial vescovo. -- 4a> De , ehericiche non recitano 1’officio divino. -- 43. Che debbano prestare la dovuta rive- renza ai nostri Santi protettori. — 44- Delle tasse de’ caneellieri della nostra curia vescovile. Mandavasi in questi tempi da Trieste ogni quat- tro mesi alla residenza di Castelnovo un consiglie- re della citta con titolo di eapitanio, e giurisdicen- te, le cui appellazioni rimesse ai magistrati di essa citta, venivano spedite, e giudicateda loro, secon- do 1’esigenze ricercate dalla giustizia , e buon go- verno; ma poi prešo da’Veneti esso castello, perde Trieste col castello anclie la giurisdizione, come presto vedremo, il quale ricuperato col tempo un’ al- tra volta dalla serenissima časa d’Austria, da essa fu aggregato con Mocco, s. Servolo, Corniale, Se- noseza, e loro giurisdizioni alla provincia del Cra- gno , a cui al presente e soggetto . Riconosciuti dalPImperatoreFederico i moltiser- vigj prestati da piu soggetti della nobile famigha Bonoma alPaugustissima sita časa, in rimunerazio- 291 ne di essi ereo eonte Palatino Francesco Bonomo figliuolo diRizzardo, e nipote di Daniele, comedal J 4^ 0 privilegio spedito li 3 gennaro del 1463 in Gittano- va^ il qualprincipia= (*j Fridericocol favoredella divina grazia Imperatore de’Romani. Allo spetta- bile Francesco Bonomo di Trieste , suddiacono del- la sede Apostolica, cameriere segreto del santissi- mo nostro Signore, fedele e devoto del nostro, e deli’impero sacro, la grazia cesarea, ed ogni be- ne ec. Fra le molte grazie e privilegj eoncessi dalPIm- peratore Federico alla nostra citta di Trieste, de- gno da stimarsi e quello, in cui commette che tut- te le mercanzie,lequali ingran copiadalla Germa- nia si trasferiscono in Italia, edaltre parti, e che i mercanti delGragno, Carso ed altriluoghi spettan- ti alFImpero, e serenissima časa d’Austria, doves- sero direttamente andare a Trieste, come a citta a lui soggetta, per 1 ’utile che le gabelle, e dazj ap- porterebbero alla camera cesarea . Maperche gli or- dini dati dalla maesta deli’Imperatore poco erano eseguiti da’sudditi del Cragno, ed altri, molto piu solleciti del proprio interesse, e privato guadagno, (*) Fridericus divina favente clementia Romanorum Imperator spectabili Francisco Bonomo deTergesto Se¬ diš Apostolicae subdiacono, sanctissinii D. N. cubicula- rio secreto , nostri, et imperii sacri, fideli atque de- voto gratiam Caesaream , et omn? bonum ec. 3 ,^ 2 , che delPutile, e de^omandi del proprio principe, e i463sovrano, tralasciando daun canto lastrada diTrie- ste, portavansi per il passo di Mocco aCapodistria. Ricorsero i Triestini con nuove istanze a Cesare, acciocche voJes.se sovranamente coinandare aiproprj sudditi,che tralasciate 1’altre qitta aliene da'suoi stati, s’incamminassero colle mercanzie a Trieste. Diede benigne orecchie P Imperatore alle suppli- che, e con nuovi comminatorj precetti ordino,e commise, che fossero eseguiti i suoi comandi ; per eseguirli mando il magistralo alquanti cittadini ar- mati alla villa di Corniale, ed in altri luoghi, atti ad impedire a’contumaci, ed inobbedienti le strade. Veduti da quelli di Capodistria serrati i passi, ed impedito ilcommereio, e traffico cogli stati Austria- ci, senza il quale tutte le citta, e terredeli’Istria, ridotte in istato miserabile languiseono di necessi- ta, spedirono senza indugio ambasciatori a Venezia, acciocche procurasse. quel senato con efficaci rnezai presso PImperatore d’impedire tal fatto. Gonoscendo il senato la novita Triestina violen- te e tiranna (sono parole del Vendizzoti) (i) tento con dolce maniera, e con officj Cortesi il rimedio , ma senza frutto. Accostumata la nostra citta di Trieste sempre al¬ la liberta, se alcune volte fu lor soggetta, sempre intutPi tempi procuro con ogni sollecitudine diesi- (0 bf. Ven. lib. 24 . 293 snersi dalia sna soggezione, e servitu, qualnnque Volta si vide da essi oppressa . 1 4^3 Rinovati un’altra volta da Gapodistria al senato i clamori, spedi subito alcune barche armate nel golfo, con ordini rigorosi di lasciar libero il passoa chi andava a Gapodistria , e d’impedirlo a quelli che andavano a Trieste i commettendo aticora a San¬ to Gavardo cittadino di Gapodistria , che raccolto numero di soldati si avanzasse con essi ne’confini a vendicare 1 ’ ingiuria. Non fo. pigro il Gavardo in eseguire il comando, inercecche inoltrato senza di- mora verso il territorio di Trieste, fece intendere alla citta, che se non permettesse libero il pas- so di Mocco ai Gragnolini per andare con mercan- zie a Capodistria, la sfidava a nome della Repub- blica a fuoco, e fiamma. Intesa dai Triestini taldi- manda, per mantenersi in possesso dei privilegj ot- tenuti, ed eseguiregli ordini di sua maestaCesarea tante volte intimati, uccisero una guida assegnata dal Gavardo a’ mercanti che andavano a Capodi- stria ; il che presentito da lui entro con 400 cavalli per terra, ed altra gente armata per mare , nel di- stretto di Trieste, ove con saccheggiare , ed incen- diare diversi luoghi s’apri la strada ali’ arini, e s’ incomincio la guerra. Per rintuzzare 1’orgoglio de’Veneti, spedi la cit¬ ta nella valle di Mocco Gristoforo del Cancelliere con 200 cittadini. Questi al primo incontroammaz- zarono il contestabile della Repubblica con 12 sol¬ dati ; il rimanentesalvossi fuggendo in Capodistria. Dopo tal successo subito la citta diede distinta re- 2 9 4 lazione del seguito alFImperatore Federieo, ilqual I ^^senza dimora le invio gente Aleraanna per ajuto, e difesa . Quelli di Capodistria parimenti ricorsero a Venezia, in soccorso de’ quali mando la Repubbli- ca, sotto la condotta d’Antonio Mariano ^ Bernar¬ dino del Montone, Girolamo Martinengo, ed Anni- bale da Corneto 1400. cavalli con buon numero di fanteria, i quali ingrossati con la gente delPIstria sin al numero di ventimille, s’incamminarono con Vi¬ ta! Lando prOveditore a cingere Trieste d’assedio per m are, e per terra. Da cinque lati, e diversi comandanti stava as se- diata Trieste. Al pošto di Servola fu assegnato il conte Angelo con la sua gente : a quello deli a con- trada de’ molini il conte Annibale da Corneto, e suoi soldati: nel distretto della Fontana di Jeppa sino a s. Pietro erano aecampati i galeotti, e gua- statori. Serviva d’ alloggio al comandante Biagio Turco, e sue truppe il prato del vescovo: ed il monte di s. Vito al proveditor Marcello, e Santo GavardocolPartiglieria, e molta gente: e finalmen- te sopra il passo di Moccb, e dalla villa di Dolina sino alla chiesa di s. Martino tutto ilrimanentedel campo. Da tre lati per terra bersagliavano col can- none la citta , distruggendo spietatamente molte čase . Una contro la porta di Cavana, 1’altra sopra il monte di s. Vito, e la terza sopra la strada vici- ho al prato del vescovo , che al presente sarebbe dietro al castello; fra’ quali erano quattro bombar¬ de grosse, per atterrare con esse le mura della cit¬ ta . Gondussero anco per mare quattro zattere con 295 guattro mortari sopra da tirare sassi rotondi per guastare i tetti delle čase . ] Mentre i Veneti tormentavano continuamente la citta, gli assediati pure vigilanti, e diligenti alla difesa, ogni giorno sortivano 200 dalla stessa a ci- mentarsi seco loro; passati alcuni giorni d’assedio mandarono alcuni cittadini al proveditore Lando a cliiedergli tre giorni soli di tregua per consultare sui časi loro . Aderi volontieri il Lando alla richie- sta,nontanto per la speranza d’ottenere senza travaglio e spargimento di sangue la citta, quanto per valersi del tempo di rinforzare alcune batterie alla porta di Cavana. Accortisi nella citta, e sco- perto dali’opere il suo intento, per non lasciarsi maggiormente restringere, ripigliate Parmi senza aspettare il termine della tregua, assalirono con si vigoroso ardire gli operaj in quei lavori occupati, clie pochi fuggirono dalle loro mani. Restrinsero i Veneti per tal successo maggior- mente la citta, rinnovando con tal ferocia gli assal- ti, che atterrate dalcannonespietatamente le mura ridussero astato miserabile i suoicittadini eostanti piu che mai alla difesa, sicche per mancanza di vi- •veri astretti dalla farne, dopo mangiati i cavalli , gatti, ed altri animali immondi, si ridussero a mol- lificare nell’ acqua anche le pelli de’buoi ritrovate nella citta, e dopo cucinate mangiarle. Successo rare volte udito, che fortezza, o citta assediata, per non rendersi a’ suoi nemici arrivasse a stato si deplorabile, e miseria si erudele, che cadessero i fan- ciulli morti dalla farne . 296 La ferma speranza de’Vefieti d’irnpossessarsi del' >463 la citta di Trieste spinse quella Repufcblica a strin* gerla li 4 di luglio del 146 3 di strettissimo assedio, e continuamente tormentarla con nuovi e replicati assalti,sintanto clie sparsesi voce nel proprio eserci- to delParrivo d’alcune squadre di cavalleria Ale- inanna, mandate dali’ Imperatore per sollievo e rinforzo degli afflitti assediati, e stabilimento mag- giore nella costante fede dovuta al suo Sovrano. AlPavviso che tal cavalleria fosge poco lontana, impose il Lando al Gavardo, che accompagnato an- ch’ egli da cavalleria non inferiore, andasse subito ad incontrarla . Nel procinto d’eseguirsi tal mar- chia sopraggiunse al campo Giacomo Antonio Mar- cello luogotenente di Udine, il qual ritardo alquanto l’esecuzione di essa, e diede tempo agli Alemanni d’avanzare il cammino ed entrare in Trieste . Ani- mati i Triestini col nuovo soecorso, allestirono su- hito senz’alcuua dimora una gagliarda sortita sotto , la scorta di Gio: Antonio Bonomi qu. Pietro, ed as- šaliti alPimprovviso i Veneti, che attoniti diseor- revano della trascorsa cavalleria in Trieste, dopo aver tagliato a pezzi sopra la strada Carsinaaoo ca* valli ritornarono vittoriosi con molti prigioni nel¬ la citta , benche con la morte del Bonomi. Atterrata da’ Veneti con le batterie gran parte delle muraglie della citta , appoggiate un giorno le scale, le dettero unfierissirno assalto, ilqualsoste- nuto valorosamentedalla costanza Triestina, e bra¬ vura degli Alemanni, dopo valoroso, e lungo con- trasto, e gran mortalita d’una e Paltra parte,, in a 97 Cuj perde la vita Antonio Burlo nobile patrizio di Trieste restarono con gran perdita vergognosa- 1 ^'’ mente respinti. Astretti i nostri Triestini dalla pe- nuria di vettovaglie, sortivano spesso dalla citta, ri- tornando ad essa con grossibottini. Scorgendo alla fine il maPanimo de’Veneziani contro Pafflitta lo- ro patria, che risoluti di non cedere a’danni, e me¬ no al verno gia principiato, persistevano in prose- guire Passedio; risoluti anch’essi di fare P ul tirno sforzo uniti cogli Alemauni, uscirono dalla citta li 10 novembre vigilia di s. Martino con tanto corag- gio, e valore, che rotte le trinciere degli avversarj s’estesero sino alla valle diMocco, ov’erano gli al- loggiamenti del campo Veneto, ne’(juali attaccate le fiamme incenerirono molte trabacche, e casoni , che servivano non solo d’alloggio a’soldati, ma an- cora di conservare il bisognevole alPesercito, e do- po fatta molta strage de’nemici, carichi di ficchi bottini, senz’ altro contrasto fecero ritorno alla citta . Nel mentre che cosi travagliata ed afflitta veni¬ va dai Veneti la citta di Trieste, un suo nobile cit* tadino addimandato Domenico Burlo, il qual dimo- rava in corte di Papa Pio II. vescovoprima di Trie¬ ste, gli espose il miserabile stato della sua gia di- lettissima citta, e diocesi. Gommiserando il sommo Pontefice le sue afflizioni, mosso dallo sviscerato affetto sempre conservato verso la stessa, ed aneo dalle premurose istanze del Burlo s’accinse con solleeitudine al maneggio di pace. Riverita da cia- scuna parte 1 ’autorita pontificia interposta in que~ 298 st’affare, a gara s’appianarono i trattati di essa, Ii +^^merce che a’ 17 decembre del 1468 resto con sod- disfazione di tutti stabilita, e conchiusa eolPosser- vanza degPingiunti capitoli, cioe ; che la Repub- blica restasse padrona deieastelli diMocco, s. Ser- Volo, e Gastelnovo, e fosse ai Triestini proibito il condurre, e vendere šale per la via del mare. L’ inviato che porto si felice nuova alla patria, fu 1 ’accenOato Burlo, con tal festa, e giubilo ac- colto, che ognuno d’allegrezza piangendo l’abbrac- ciava , e baciava. Di questa guerra e pace scris- sero Paolo Morosini, Gio: Battista Contarini, ed al- tri scrittoriVeneti. Per rklurre a prospero fine que- sta pace Pio II. concesse ad istanza del Senato a Sigismondo Malatesta dalle sue arme spirituali., 6 temporali agitato, la pace; e commise alle sue gen- ti pontificie tralasciare d’incamminarsi alPassedio di Rimini, a quei tempi soggetto alla Repubblica per gratificarla. II detto sommo Pontefiee Pio II. prevedendo che Maometto presto o tardi opprimerebbe tutt’i suoi ricini, e che il Turco artificiosonon faceva la pace cheperesplorare imomenti di ricominciare laguer- ra con maggior vantaggio; preše la risoluzione di irnbarcarsi egli medesimo, malgrado il languore di sua salute, e di mettersi in persona alla testa della spedizione, affine d’animare tuttfil inondo, e di to - gliere qualunque pretesto a coloro che pretendes- sero di scusarsene . Ai 23 d’ottobre 1463 tenne im numeroso concistoro in cui fisso la sua partenza ai 10 di giugno delPanno susseguente, e ne diresse il 299 decreto a tutt’i prelati, principi, e popoli della re- ligione cristiana, cui invitava ad unirsi seco per 1 ^'-’ salvare la fede dalnaufragio di cui era minacciata. Difatti parti nel termine prescritto, e giuuse poco dopo in Ancona , ove doveva farsi Pimbarco . Alla vigilia di questi pericoli trovandosi anche piu. vici- no a comparire innanzi a Dio, eh’ei non si persua- deva pubblicandolo, ritratto, come un monumen- to scandaloso , gli atti del coneilio di Basilea, che aveva scritti in altri tempi. = Sono uomo, ei dis- se,, ed ho errato come uomo : ho peccato come san Paolo per seduzione e per ignoranza; e come Ago- stino ritratto gli errori che mi sono sfuggiti. Vi av- vertiamo dunque carissimi nostri fratelli, e vi scon- giuriamo nel Signore a non prestare fede a quegli scritti, in cui offendiamo in ogni maniera Pautorita della Sede apostolica. Tutto cio che leggerete di contrario alla dottrina della santa Chiesa Romana, sia nei nostri dialoghi, sia nelle nostre lettere, o negli altri nostri opuscoli, rigettate, abborrite code 1 - ste opinioni, e seguite cio che noi diciamo presen- temente; credete piuttosto ad un vecchio esperi- mentato, che alle leggerezze d’un giovane : ascol- tate piuttosto un sommo Pontefice , che un sempli- ce privato; ricusate Enea Piccolomini, e ricevete Pio II. Giunto al luogo delPimbarco , il Papa trovo piu gente che non aveva sperato . Lo spettacolo unico di un sommo Pontefice alla testa della crociata, aveva chiamato il buon popolo dai quattro angoli delPEuropa; ma senza ordiae, senza provisioni, Soc genza danaro, e quasi senz*armi . II Cardinal di Ra* 463yi a disse , che quelli del fondo della Germania ar- rivarono mendicando. Non fu difficile a Pio II., che aveva 1’intendimento sodo, e diritto, il sen- tire che si era compromesso; e qualunque fosse la di lui passione per questa impresa, concepire fi- iialmente qualche pentimento di essersi avanzato tanEoltre. Quest’anno parimeute dopo lunga e dispendiosa lite, segui la transazione ed accordo tra il veneran- do capitolo di Trieste e i signori Volfgano, e Ram- perto di Valsa mediante i commissarj d’ambe le parti, che convennero nella terra di Sanoseza, da’ quali resto determinato, e conchiuso, che i rettori delle cliiese di Cossana, Ternova, Tomai, Jelsane, e Sanoseza, gia eletti, e da eleggersi nelPavveni- re, sieno veri piovani, e parrochi, e per tali tenu- ti, e la facolta della loro elezione sia dei signori di Valsa, libera sempre, per se, lor successori, ed ere- di. Le pensioni pero si pagheranno , e soddisfaran- no in due rate , cioe di s. Giorgio 1’ una, e 1’ altra di s. Martino al venerando capitolo di Trieste. H piovano di Cossana ducati 24 d’oro. Il piovano di Ternova ducati 17 d’oro . Il pievano di Tomai du¬ cati 16 d’oro . Il piovano di Jelsane ducati 14 d’oro. E quello di Senoseza lire 26 moneta vencziana - Tanto si scorge dalPistromento autenticato da tre notari pubblici li 1S gingno i463. Ed il tutto con- fermato, ed approvato dal sommo Pontefice Pio II* con Breve spedito in Ancona li 21 luglio i 4^4- Se rnai morte alcuna accadde in tempo venne 3 or essa certamente per trarre il Papa dalle angustie in cui si trovava in un’iinpresa grande senza dena- ri, senza viveri, senza ordine, e senza regola. Ei 1 ^ s’infermo in tali circostanze, e fra pochi giorni senti d' essere vieino ali’ ultima sua ora. Dimando gli ultimi Sagramenti; e siccome aveva egli gia ri- cevuta l’estrema unzione, allorche fu assalito dalla peste nel coneilio diBasilea, alcuni Teologi, i qua- li non credevano che la medesima potesse riceversi due volte, furono di parere che non si dovesse dar- gliela. Non ignorava il Papa che una tale opinione era sostennta lin dal duodecimo secolo ; ma sapeva altresi , che aveva avuti pochi partigiani. Pertanto ei non volle seguirla, si fece amministrare questo Sagramento con quello della Eucaristia, e poscia mori in pace ai j 5 d’agosto 1464* H Cardinal di Pa-1464 via fa in poche parole un elogio e grandissimo , e giustissimo di questo Papa : = Fu Pio II., ei dice, un sommo Pontefice pieno di virtu, eommendabile pel suo zelo verso la religione per 1 ’integrita dei suoi costumi, per la solidita del suo intendimento, e per la profonda sua erudizione = . Nelle memorie capitolari de’ canonici della cat- tedrale di Trieste in riconcseimento de’benefizj, e grazie per mezzo di tanto Vescovo, ePontefiee ri- cevute sta registrato: (*) L’anno 1464 h i 5 agosto il sommo Pontefice (*) Anno i 464 die i 5 Augusti summus PontifexPius 3 oa Pio II. felicemente parti dal secolo , prelato , e be» nignissimo padre di questa citta di Trieste. Nel ■^^pontificato singolarissimo aumentatore , e benefat- tore del nostro eapitolo* * ed opportuno protettore, e liberatore magnifico di questa citta . = Ed a per- petua memoria de’ posteri nel muro della facciata della cattedrale, trala torre, e laporta maggiorefu innalzata^ Farma di sua famiglia, incisa in bellissi- mo marmo , col camauro, ed altre insegne pontifi- cie, che 1 ’adornano, e la seguente iscrizione espres- siva de’favori da esso largamente ricevuti. (*) A Pio Pontefice Massimo O tu Piceolomini diedeti Dio un’illustre prosapia, Pinclita Pallade (i) ti ammaestro, Apollo (2) cinse le tue tempie di verde alloro, sei tu Pio sublime II. feliciter migravit a saeculo, praesuli et benigmssi- mus Pater hujus Tergestinae civitatis. In pontificatu singularissimus augmentator, et benefactor nostri capi- tuli, et opportunus proteetor, liberatorque hujus civi¬ tatis magnificus. (*) Pio II. Pontifici Maximo Te Picoloma Deum soboles dedit, inclvta Pallas Erudiit, viridi lauro tua cinxit Apollo Tempora, tu patrii Pius es dictator Olympi. (1) Pallade, o Minerva Dea della Sapienza . (2) Apollo Dio della poesia. 3o3 dittatore della patria. Vescovo a un tempo in Trie- ste,la qualehairegalatocon un grandono, cioe adi-‘464 re 1’indulgenza nel mese di novembre, e le reli- quie signifieanti de’santi Apostoli Pietro, Paolo, Andrea e Filippo co’ busti d’ argento, noi almeno a te consacriamo F arma lunata in marmo pario. Quantunque fosse seguita la gia mentovata pace con le condizioni assegnate, non percio cesso Posti- lita de’Veneti sempre poco affetti alla nostra citta di Trieste, poiche venuti li 3 luglio del 1464 con gente armata nella valle di Zaule, contro i capitoli della pace, e fede data allo stesso sommo Pontefi- ce, ivi distrussero tutte lesaline, con atterrarne anco le lor casette. Cio ricavasi dalle memorie capitolari mss. Nel vaeante patriarcato d’Aquileja subentro l’an-j465 no 1465 Marco Barbo, da alcuni addimandato Bem- bo, Veneto, nipote di Papa Paolo II. decorato dallo stesso del cappello cardinalizio col titolo di s. Mar¬ co, astretto percio alla continuaresidenza di Roma, che Fobbligo assegnare il governo ecclesiastico di Aquileja al yescovo di Concordia col titolo di vica- rio patriarcale, di cui scrive Wolfgango Lazio (1): Tergeste quondam antistes, quam munere magno Douasti, haec referant nonae jubileja novembris j At tibi nos pario lunatam in marmore peltam. (0 D$ Rep. Rom. lib. 12. seet. 5. eap. 8. 3o4 {*) Marco Barbo, sotto il quale iTurchi devastarono i465 tre volte ilFriuli.= Non sapreiquale strada tenes- sero quei barbari per andare nel Friuli^ e ritornare indietro; si puo eredere pero, ehe la nostra citta di Trieste per la vieinanza che tiene con la strada , e passi di transitare dalla Turchia in Italia non an- dasse esente dal timore di provare la erudelta del loro furore . Fu si grande la carestia di formento quest’anno, che in Trieste volendone avere, era ne- cessario andare a Senoseza a coinprarlo a lire 9 il polonico, effetto deplorabile della passata guerra. Quest , anno pure i4<>5 il padre Giovanni Sof- fi Triestino Provinciale de’Minori Conventuali di s. Francesco della Dalmazia, riformo li i3 novem¬ bre la scuola , ovvero confraternita de’nobili disan Francesco gia avanti eretta 1’anno 1246, e col con- senso., ed assistenza de’ RR. PP. Conventuali, e si* gnori confratelli, che ritrovaronsi allora preseriti, riconfermo la detta confraternita, riducendo nuova- mente tutti gli ordini, e leggi alPantiche stabilite nella sua prima erezione, col divieto di non eccede* re il numero di 40 confratelli da estrarsi dalle i3 casate o famiglie qui descritte coli’ordine stesso, che sono nelPoriginale . Delle quali i3 famiglie nel corso di anni a3o diverse ritiovansi al presente estinte, che sono le segnate con la 4+ . • C) Marcus Barbus, sub quo Turcbae ter Forumju- lium devastarunt. 3o5 La nobile famiglia de Padovini. La nobile famiglia deli’Argento . l ^' La nobile famiglia de Bonomo. La nobile famiglia de Giuliani. La nobile famiglia de Burli. ■»$+ La nobile famiglia de Basei. La nobile famiglia de Leo . La nobile famiglia de Cigoti „ ->£«■ La nobile famiglia de Stella. La nobile famiglia de Pellegrini. -sj- La nobile famiglia de Belli. La nobile famiglia de Petazzi. La nobile famiglia de Tofanio. Devesi pure avvertire, che oltre le aecennate fa- miglie nobili, e P assegnate da monsignor vescovo Andrea Rapiccio ne’ suoi Fi’ammenti MS. ritrovasi anche priva la nostra citta delle qui ingiunte ; cioe de Pomi, Longhi , Magranelli , Massari, Mirissi, Alberti, Aldegardi, Adami , Bacchini, Brebissa, Bettini, Coppi, Ganeellieri, Onorati, Isolani, Ja- cogni 5 Erenici, Prembi, Pace, Rossi, Tomiči, Via- *d, Vedani, Vida, Vrisingoi, Zeviletti, e Zeuric- elh, senza 1’antiche, e nobili prosapie Romane, che studioso di brevita tralascio di riferire . L’anno seguente i\66 giunse in Trieste con titolo di capitanio Alberto Dier Austriaco, a cui fa 1 ^ ^ assegnato il possesso con le solennita aecennate di Sopra. Gl’ infortunj e le calamita ordinarie, che dopo aspra guerra affliggono e tormentano le-citta, so- la carestia , e la peste. Bella priina fu gia a suf* T9JC. H. 3» 3 g 6 ficienza da me scritto 1’anno 1463. Della seconda 4^7altro nonposso aggiungere, se non che 1’aimo 1467 flagello si fattamente la citta di Trieste^ che la quinta parte de’suoi cittadini rimasero estinti dalla malignita del suo pestifero veleno , e fra gli altri molti gentiluomini, e gentildonne . Gessata la peste, s’aggiunse alla nostra citta un altro infortunio maggiore, che fu una guerra civile fra i medesimi cittadini; merce che 1’emulazione e la discordia fusempre il veleno, che ammorbo e di- strusse con le citta i regni, e le repuhbliche aneo- ra, come scorgesi dali’antiche, e moderne Istorie. Sparse quest’abbominevole mostro tra le principal} famiglie della citta 1’anno 1469 e ne’ due seguen- 4 6 9ti il suo pestifero veleno, mentre alcuni cittadini perduto ogni rispetto umano e divino arrivarono a tanta barbarie, che ridotti alPultimo precipizio, si scuoprirono ribelli della propria patria con peri- colo evidente della total desolazione della citta, merce che conculeata ogni legge di buon e regola- to governo, e scacciata la ragione, fecero domina- trice di se stessi la propria passione, mentre quan- do le fiamme di civile discordia struggevano i cuo- ri de’Triestini arrivo 1’anno 1469 in Trieste Gior- gio Ischermech assegnato dalP augustissima Časa d’Austria per suo capitanio, a cui per li dispareri, e l’odio intestino degli uni contro gli altri mai fu possibile di ottenere la bramata pace e concordia, che percio con nota di fellonia a 3o dei principah cittadini convenne forzatamente il mese di settern- bre abbandonare la patria, e trasferirsi raminghi in 3c7 paesi stranieri pel corso d’ anni a8 per non incon- trare la morte nelle proprie čase ; i beni de’ quali'4^9 parte pubblicamente confiscati, e venduti, e parte furono donati agli avversarj . Fra gli esiliati dalla patria furono Gio: Antonio Bonomo, Cattarino Bur¬ lo, LazaroBaseo, Pietro Massaro, Franceseo Bur- lo, e Giacomo Bonomo, i quali ritirati a Duino, ri- corsero alla maesta deli’ imperatore Federico, que- relandosidel ricevuto affronto, ed egli spedi loro in ajuto aooo Alemanni, checondotti dal signorNidos Capitano del castello di Duino, entrarono il primo di gennaro 14 ?° alle sette ore di notte aCeom- )Z ^^ 0 pagnati da GiorAntonio Bonomo, e figlio di Danie¬ le , Cattarino Burlo , e collegati per la porta di Do- nota nella citta gridando, traditori volete darTrie- ste alla Repubblica Veneta. Scorrendo per la citta presero in letto Gio: Antonio Bacchino , Ulderico Giuliani, Domenico Giuliani, Leonardo Burlo, La- zaro Bajardo, Andrea Das, Niccolo Tofanio, Mirigo Lesizza, Franceseo delFArgento , e Michele Baseo ; e saccheggiate con grandissima crudelta le čase lo¬ ro li condussero con buona parte della soldatesca a Duino, e li posero ivi in prigione nel fondo della torre. Scorso qualcbe spazio di tempo sollevossi tuttoil popolo della citta con Cristoforo Bonomo figlio di Bonomo Bonomi, Cristoforo del Cancelliere, An¬ drea Ravizza , Pietro Ravizza , Ettore Tofanio, Pie¬ tro Longo con molti altri, e preše 1’aCcennato ca¬ pi tanio Nidos , che con podri Soldati assistito da Gio: Antonio Bonomo, Cattarino Burlo, Domenico Burlo, Tommaso Chiechio, Giacomo Bellasche na, 3o8 ed uno degli Spiguloni era rimasto alla custodia di ! 47° essa , ai quali fortemente legati, ed in particolare al Nidos protestarono, che non restituendo i lor pri- gioni ritenuti nella torre di Dnino , gli farebbero tutti incontanente impiccare. Atterrito il Nidos da risoluzione si strana ed im- provvisa, scrisse subito aDuino, aeciocche gli rnan- dassero a Trieste, ove arrivati, esso fu anche licen- ziato, eritornato aDuino, fnivi senzasua colpaap- piccato. Lo stesso infortunio accadde a Domenico , e Cattarino Burlo, Gio: Antonio Bonomo, e molti altri, fatti pubblicamente impiccare a Trieste alle catene , o chiavi di ferro del palazzo^ senza pero loro colpa, e macchia di fellonia, come scrivono alcuni, ma che per mera malignita, e perfidia de’ Soronemici, sostennerotal supplizio; mentre a quei tempi non 3 ’attendeva che ad opprimere il compa- gno; dalla qual furia liberossi Pietro Massaro coil altri 5o, che aperte le porte dellacitta fuggirono la notte a Duino. Ridotte a mal termine, e conqnassate le mnra della citta di Trieste nella passata guerra coi Ve- neziani, e percio poco sicura co’suoi cittadini; quindi 1’imperatore Federico per renderla sicura da’ suoi emoli, e raffrenare le sedizioni de’tumul- tuanti cittadini, spedi commissione li 20 maggio del 1470 c° n ordine, che nuovamente fosse d’altis- sime muraglie recinta , e spesse torri oircondata, e nella sommitadisna collinapiantato unforte, eben formato castello, il qual oggidi ancora si conser- ■va. Sta questo situato dalla parte di levante della 3o9 citta, mirabilmente da esso con il porto dominan¬ te, cinto da quattro baluardi reali: il primo di figu- 1 "^?® ra rotonda addimandatoLeopoldo , il qual pure do¬ mina il porto , elaporta diRiborgo,fabbricato anti- camente dai Veneti quando distrussero il vescova- to . Il secondo a mano destra di forma quadrango- lare, nomato il Filippo , che domina la stessa por- ta,eparte della citta verso greco . II terzo assai piu grande di ciascun altro, di figura triangolare, situato verso levante, in cui erano molte casette, nelle quali alloggiavano i soldati, e chiamavasi ( non so per qual motivo ) Venezia , norrie ora can- giato in Ferdinando. Il quarto e il Ghinich pur triangolare, il quale riguarda 1’orto ed il rnonte di s. Vito , dominato da un eminente Cavaliere : tutti sono altissimi, e di rnuraglia fuori della scalata, e piantati sopra vivo scoglio, e solo di essi il Ferdi¬ nando e terrapienato, essendo gli altri vuoti, co- me e anche la piazza, e tutto il castello. Neli’in- tervallodal Leopoldo alFilippo vi euna falsa braga coperta, che continua anche da questo al Ferdinan¬ do, il qual servedi transito, checangiato poiin una strada coperta conduce da esso per la cortina al Chinich , e da questo per altra simile alla sala del castello . Il suo circuito šara un quarto di miglio , o poco piu, reso riguardevole e forte dal sito, e dal- Fessere munito con 40 cannoni di bronzd, ed altre armi d’oani sorte. Se la vicinanza del rnonte san Vito, e della campagna del negoziante signor Pon- tini, anticarnente delFillustr. sign. Barone de Fin non desse qualcho adito ai nemici d^spugnarlo, 3io sarebbe assai piu forte, e quasi inespugnabile. Ser- 4?°viva questo di residenza al capitano assegnato dal- Tlmperatore sempre a persone di gran merito.Nel corpodel castello medesimo una spaziosissirna piaz- za di forma triangolare, attorniata dai quartieri de’Soldati, e difesa da un’antichissima torre, dice- si essere stata fabbricata dai Veneti. Nel fianco del bastione Leopolde e la sua entrata, qual con tntta la cortina vieu difesa dal baluardo Chinich, come tutte le altre cortine sono difese dagli altri baluar- ' di. Questafabbricadie motivoai cittadini diTrieste d’aggiungervi sotto 1’ antica iscrizione d’Augusto Cesare addotta dal P. Ireneo, la qual lapide al sen- tire del Grutero fn trasferita a Venezia ( che io di- rei circa 1’ anno 1507 ) quando quel!a Repubblica s’impadroni Fultima volta di Trieste. Quest’anno pure ottomille Turchi a cavallo, sot¬ to la scorta, ecornandod’Asabech, ovvero Marberch usciti dallaBosnia, vennero aBuccari, indi a Grob- nich, Člana , Gastelnovo , Basovizza distante cin- qne miglia da Trieste , s’inoltrarono per il Garso a Proseeco, Dnino, Monfalcone , i quali da loro in- cendiati, e passato il fiume Isonzo s’estesero nel Friuli, saccheggiando ed abbruciando il tutto ovun' que passavano; carichifinalmentediricche spoglie, con gran nuinero di schiavi, ritornarono per la me- desirna strada a’ lor paesi. ^ TremilleAlernannivennero li i 4 agosto del i4 ? 1 a Trieste accompagnati dai facinorosi gia fuggit 1 a Duino, ai quali si opposero Gristoforo de Cancel- lieri, Niccolo Pertol, Pietro Longo, Antonio Miri*' 3-i i sa, Martino Grave, e Francesco Filosio con altri quattro capidella fazione conti’aria, i quali radnna- J 4 to buon corpo di gente armata, s’allestirono sopra la collina di Ponzano alla difesa , ove azzuffati co- gli avversarj dopo valorosa resisteuza rimasero alla fine tutti morti. Le mogl 1 de’ quali coi figliuoli te- mendo la furia de’nemici molte fuggirononelle bar- che dalle lor unghie, portando seco quella parte di robe piu preziose , „che la brevita del tempo loro concesse. Veduti estinti sul terreno da Niccolo Massaro i suoi nemiei, entro senzaditnora co’compagni e Sol¬ dati nella citta, la qual posta crudelmente a sacco , uccisero anche Domenico Giuliani, Antonio Lici- no, Stefano d’Ancona, Cristoforo Stella, conquanti s’incontravano nellapiazza^ enelle strade senza al- cunriguardo diparentela,epieta; riputandosifelice chi potea sfuggire il lor furore, e rabbia, come av- venne alla moglie del Cancellieri, che con tre fi¬ gliuoli il maggiore d’anni tre, ed il minore di tre mesi si salvo nel Monastero delle Monache, lascian- do in abbandono la časa piena di riguardevoli uten- sili, ed altre mercanzie, una bottega ben fornita con aoo orne di vino in caneva, ed un vascello nel porto mezzo suo , e 1’ altra meta di Marino Trau- ner in cui eranvi 5o orne d’olio, e cento stara difor- mento; questo pure abbruciarono , che fu la rovi- na del Trauner; e volendo dopo dieci anni gli ere- di del qu. Cancelliere ricuperare la predetta časa, dovettero sborsare ducati i5o. E quelli d Ulderi- co Giuliani altri ducati 200 per la sua . 3 12 , Dissipata, e dato il guasto alla citta, fece ritor- 147 *no il Massaro co’ suoi aderenti a Dnino, terminan- do in tal guisa coli’esterminio totale delle sostan- ze auche le discordie, men tre col pretendere aleu- ni di sterminare i proprj concittadini, resi ancor essi impotenti, rimasero alla fine gli uni e gli al- tri miserabili. E queste emulazioni e discordie fu- rono Forigine, che gli accennati 3 o cittadini an- dassero pel corso d’ anni 3 o esiliati, e banditi dalla propria citta, sin tanto che ad istanza del sig. Era- smo Brasca capitanio di Trieste , plačati gli animi e sedate le discordie , ottennero dalla maesta deli’ Imperatoreil perdono e licenza diritornare alla pa- t,ria. Lequali calamita,emiseriedella propria citta, descrivendo monsign. Andrea Rapiccio suo vesco- vo, adduce queste parole = (*) Nacque nella citta una gran sedizione, la quale apporto una grande stra- ge de’cittadini. = Sperando la Repubblica di Venezia dalle civiii discordie, che affliggevano la citta di Trieste, ri- portarequalcheemolnmento a se stessa, invio 1400 soldati parte a piedi, ed altri a cavallo, nei con- torni e vicinanze del castello di s. Servolo, i qnah estendendosi sino alla Rossanda, torrente che divi- de i suoi confini da quelli della citta, davano ol- tre Fevidente sospetto di qualche improvvisa sor- (*) Orta fuit in urhe gravis quaedam seditio, quatn magna civium caedes est conseeuta. 3i3 preša anclie immensi danni al suo distretto , il che obbligo la maggiorparte de’suoi cittadini avendem- miare alla fine d’agosto del 1473, e quindi buo- na parte de’vinidivenneroacetosi, e forticon estre- rao danno della citta. Non contenti gli accennati soldati Veneti "iPavere flagellato Panno scorso le vigne, e "campi del territorio di Trieste, prose- guirono anco il mese d’agosto del 1473 a tormen - 1 tare i salinari nelle saline poste nella valle di Zau- le, levando tutto il šale ivi ritrovato , ed asportan- dolo nello stato Veneto, segni evidenti di ostilita, e d’intenzione poco buona . Quest’anno pure fu. conferito il governo politieo col titolo di capitanio di Trieste da sua maesta Cesarea a Niccolo Rauber libero Barone della provincia del Cragno, e non gia da essa provincia, eome asserisce il Barone Vascar- do Valvasore nella sua Storia del Cragno . Da grandissimo flagello riti'ovo afflitti il Cragno, Carso, Friuli,colla nostra citta di Trieste P anno a 475 j nientre tregiorni continui piovette sigran co-j pia di locuste, o cavallette, che non solo distrus- sero in tre giorni tutti i grani, ed erbe ritrovate, m a ancora seminate 1’ova sopra il terreno ne pro- dussero altre, che divorarono quanto rimase alle prime, e duro tal flagello sin che nel mese di mar¬ žo le prime lo spazio d’otto giorni s’astennero dal far danno, precipitandosi nel mare, e Pultime do- po dieci giorni di dannificare seguirono le altre. Trovatosi lacerato, e corroso da tarli, e maltratta- todal tempo Pistromentoeelebrato Panno 949 quan- do il vescovo Giovannilll. col consenso del vener. 5x4 capitolo della cattedrale di san Giusto mai'tire pcr isgravare la sna chiesa e vescovato oppressi da de- 4 ?^biti contratti da’ suoi predecessori, vende, e cesse alla medesima comunita di Trieste tutte le pretese ragioni e privilegj ehe essa chiesa, e vescovato ave- vano sopra la citta, e suo distretto, acquistati per la donazione fattale dali’imperatore Lotario; con- venuero dunque 1 ’anno 1476 il rever. D. Bernardo decano della cattedrale di san Giusto, e vicario di monsignor vescovo, ed il rever. D. Gregorio cano- nico a notne di tutto il vener. capitolo, col sig. Vi* tale della Bellissima procuratore , sindaco, e mas- saro generale della comunita di Trieste, di farlo ri- novare aconservazione dellostesso,edacciocche noti perisca. Al qual finecomparveroinsiemeunitiavan- ti al sign. Bernardo giudice maggiore della citta , e presentato allo stesso 1 ’ antico originale delPac- cennato istromento con tre sigilli pendenti uno del vescovo, 1’altro del vener* capitolo, ed il terzo del¬ la comunita di Trieste, e da questo con isquisita dih- genzaesaminato,econosciuto esserePautentico ori¬ ginale, supplicarono unitamente concordi, che per la conservazione, approvazione, e manutenzione delle pretese ragioni, e privilegj ec. di essa contu- nita di Trieste, si estraesse una nuova copia auten- tiča, come segui; ed a memoria perpetua di tal ap¬ provazione si celebro il seguente istromento, il qna- le si conserva nella cancelleria del vescovo del te- nore seguente. 3.5 XLVIII. Nel nome delPeterno Iddio, cosisia. L’anno 1476, indizione 14 li 9 rnaggio . Regnando^ il signor Federico imperatore de’Romani. Fattonel- la citta di Trieste nel palazzo del comune, dove si fa giustizia, alla presenza del siga.Leonardo di Ar- cano, Paolo Tonsi, Arnoldo Germani notajo, Filip- po Oliveti, Gabriele Scrivano, Pietro de Leo, Fran- cesco Niblo, e GiustoRomello testimonj , chiamati e pregati, ed altri molti. Gomparve avanti al sign. Bernardo rettore maggiore, e giudiee per il comu- ne della citta, e distretto della predetta il sign. Vi- tale de Bellissima procuratore o sindaco, e inassa- ro generale del cornune della citta di Trieste. Nel- lo stessoluogoeziandio erano presenti, e chiamati a tale oggetto i sigg. Bertaldo decano della chiesa mag- XLVIII. In nomine DeiiEterni. Amen. Anno .476. Ind. 14 die nona mensis maii. Regnante Dom. Federi¬ co Imperatore Romano. Actum civitatis Tergestinae in palatio communis, ubi jus redditur, praesentibus Dom. Leonardo de Arcano, Paulo Tonsi, Arnoldo Germani notario , Philippo Oliveti, Gabriele scriptore, Petro de Leo, Francisco Niblo, et Justo Romello testibus, voea- tis, et rogatis, et aliis pluribus. Comparuit coram Ber¬ nardo majore rectore et judiee pro commune civitatis, et districtus praedictae doininus Vitalis de Bellissima procuiator, sive sindicus, et massarius generalis com¬ munis Tergestinensis ibidem et praesentibus et vocatis ad boe dominis Bertaldo decano ecclesiae Tergestinae 316 giore Triestina, e vicario di monsignor vescovo, e 4?^Gregorio canonico della detta chiesa in norae di tut- to il capitolo; e produsse un istromento pubblico qui sotto descritto con tre sigilli appesi al medesi- mo, uno del vescovo, 1’altro del capitolo della chiesa maggiore di Triesteed il terzo del comune di Trieste, cola veduti e conosciuti per tali ben- che molto vecchi per 1’ antichita, ed ancbe la ear¬ la, e le lettere pei vermi e tarli erano cosi deterio- rate, e distrutte, e consunte, che quasi non si potevano ben leggere, ne potevano piu a lungo du- rare, come fu ivi da^sopraddetti veduto; e supplico che per la conservazione, e salvamento dei diritti del detto comune facesse, e comandasser che fos- se copiato per memoria perpetua , e per la prova; majoris, et vicario Dom. episcopi, et Gregorio canoni¬ co dictae ecclesiae nomine totius capituli; et produsit quoddam instrumentum publieum infradeseriptum cum tribus sigillis appensis eidem, uno episcopi, alio capi- tuli ecclesiae Tergestinae majoris, et tertio communis Tergesti, ibidem visis et cognitis pro talibus, quamvis multum antiquis propter antiquitatem, et etiam carta, et litterae propter vermes et tarmas erant ita deductae et destructae, et vastate, et quod fere bene poterant legere, et diu poterant durare ut ibi per supradietos visum fuit. Et supplicavit quod pro conservatione, et salvamento jurium dieti communis faceret et mandaret illud exemplari pro perpetua memoria et probationej 317 essendoehe appariva espressamente che le lettere eadevano, e la carta era guasta, e non poteva du- r 4?^ Irare; il qual signor rettore, e giudice letto quivi il detto istromento, veduto priina coi sopraddetti, e con me aotajo infrascritto, e coi sigilli, e che era legittimo, e non adulterato in aleuna parte , e che la domanda era giusta : a richiesta del detto Vitale procuratore della chiesa, ed a perpetua fede, e die- tro domanda dei detti signori Bertaldo decano, e vicario, e Gregorio canonieo chiedenti anche in no¬ tne della chiesa, e siinilmente consenzienti che il suo del medesimo tenore era perduto: comando a me infrascritto notajo, che di parola in parola lo copiassi doppiamentein pubblica forma, e che dessi cum apparebat expresse quod litterae cadebant, et car¬ ta erat devastata, et non poterat durare. Qui dorni- nus rector, et judex ibidein dieto instrumento leeto, viso prius cum supradictis, et cum me notario infra- seripto, et cum sigillis, et quod erat legiptimum et non toalignatum in aliqua parte ; et quod petitio erat ju- sta, ad petitionem dieti Vitalis procuratoris ad perpe- faam fidem, et ad petitionem dietormn dominoruinBer¬ toldi decani et vicarj et Gregorii canonici nomine ec- clesiae etiam petentium , etsimiliter assentientium quod suum erat perditum ejusdem tenoris: mandavit mihi notario infraseripto quod ipsum de verbo ad verbum in puhlicam formam exemplarem bis, ac quod darem 318 a ciascunn parte il sno . II tenore del quale istro- I 47^ m ento e tale di parola in parola. IL. Nel nome di di Dio eterno . Cosi sia . L’anno delPIncarnazione del Signore 949 nel mese di febbraro il giorno 21 , indizione quarta, presenti gl’ infrascritti testimonj . Sappiano tutti quelli che leggeranno questo prirno istromento ec. s=Quale in estesosiriferi sotto l’annog49 a ^ a P a o‘ 60 del torno primo che per brevita qui si ommette, aggiungenčlo soltanto 1’approvazione del notajo che locopio,e s tipulo comesegue.= Io Gabriele del qu. Martini scrittore con imperiale antorita , e del sa- gro Palazzo notajo pubblico, per comando del sign. rettore ho scritto questo esemplare dali’ autentico scritto per mano del detto Giovanni notaro figlio cullibet pavti suum. Tenor cujus instrumenti tališ est de verbo ad -verbum. IL. In nomine Dei iEterni. Amen. '* Anno ab Tncarnatione Domini pjj)- niense febbruarn die 21. indictione quarta, testibus infrascriptis praesen- tibus. Noverint universi ec. = Ego Gabriel qu. Mar¬ tini scriptor imperiali auctoritate, et sacri palatii no- tarius publicus hoc eseniplum de mandato supradicti domini rectoris sumpsi ex authentico scripto manu di¬ eti Jobannis qu. M. Bernardi Medici notarii, et ejus 319 del qu. maestro Bernardo medico, ed alla sna pre- senza , e de’ testimonj sopraddetti l’ho letto, ed 1 ^^ ascoltato col medesimo diligentemente, e tutli due di parola in parola fu trovato concordare , a perpe- tua fede ne ho fatti due istromeriti del medesimo tenore a richiesta delle predette parti; per coman- do del detto signor rettore, che ha voluto aVere questa perpetua testimonianza. Nuovamente 1 ’anno 1476 gran quantita di Tur- r ^ chi scorsero per il Cragno, Garso, e passando sopra il monte, che domina la citta di Trieste, s’innol- trarono nel Friuli; arrivati al fiume Isonzo , s’ op- pose a quelli Antonio di Verona capitanio dellaRe- pubblica di Venezia c'on huon numero di soldati, e dopo qualche contrasto resto questo con tremille de^uoi tagliato a pezzi sul terreno; lasciando a quei barbari liberta di saceheggiare tutto il Friuli. Inte- so da’Triestini il successo spedirono daecento uo- mini d’arme nei confini, e passi stretti per difesa praesentia, et testium supradietorum legi, et ausculta- vi cuni eodem diligenter, et utrumque, de verbo ad Verbum fnft inventum coucordare . Ad perpetuam fidem duo ejusdem tenoris ad petitionem partium praedicta- rum de mandato dieti domini reetoris eonfeei instru- mentum, et seripsi, et in puhlicam formam redegi, et ipse dominus reetor voluit perpetuam fidem baec ha- bere. 320 della citta, e suo territorio, i quali sotto il castello 1 4 ?^di Mocco } azzuffati con una partita diTurchi, che stendevasi verso la citta, ne uccisero cinque, re- stando pero tre di essi morti. Ne altro danno ap* portarono, fuori del condurre da questi confini 5 o Gristiani schiavi, i quali dopo 6 mesi tutti ritorna- rono alle proprie abitazioni, e patria, fuggendo dal- la Turchia. Saccheggiate ed incendiate dai Turehi nelFaccennate incursioni le pievi diTernova, e Jel- sane, i lor piovani resi impotenti a pagare le solite pensioni al capitolo di Trieste, ricorsero quest’ an- no ai canonici, i quali rimisero a annate, con pat* to pero clie stabilita la pace restino obbligati a rie- difieare le čase parvocchiali, quantunque per altri aecidenti occorsi non principiassero a soddisfarle, che i anno 1486. ^ Afflisse la peste l’anno 1477 sl fieramente il pae- ' ‘se, che obbligo Filippo Trono luogotenente d’Udi- ne a ritirarsi in Gividale, il qual flagello anche fece grandissima strage in Trieste, ove Fra Francesco Minorita s’esposeper assistere, eamministrare iSa- gramenti agli appestati. La santita di Sisto IV. volendo beneficare il ve- nerando capitolo di Trieste, aggrego alla mensa cat pitolare questo medesimo anno la pieve di Rozzo con facolta d’istituire un vicario . Incorporata pol la terra di Rozzo nel dominio Veneto, il suo piova- no non contribuiva che lire 18 annue, e queste an¬ che in due rate. Il sig. Lorenzo Bonomo patrizio Triestino, cava- iiere di gran facolta e riccbezze, fece fabbricare vi*- 3)2,1 cino allapiazza, Fanno 1478 la chiesa di san Lo- renzo martire, con isperanza di fondare una Com -^77 menda; ma prevenuto dalla rnorte, non pote effet- tuare il suo intento, la qual chiesa in appresso era juspatronato delFillustr. signor Barone de Fin (1). Fece ancheedificare la cappella dellaSs. Annunzia- ta nella chiesa di s. Francesco . Ritorno la peste a farsi sentire Fanno 1479 nuo -^79 v amen te nella nostra citta di Trieste, ove tre mesi continui sparse il suo furioso veleno con si fatta strage , clie piu di 700 persone rimasero estinte, la maggior parte d’ eta gia matura . Nel qual tempo Faccennato Fra Francesco mosso da carifca s^spo- se nuovamente ali’ assistenza degli appestati. Duemillc Ungheresi assistiti da Erasmo di Jama, capo di fuorusciti, vennero 1’anno 1481 di notte^^ tempo con animo di dare il sacco alla nostra citta di Trieste . Divisi in due partite s’ ascosero alcuni nel hosco detto di Fernedo , e gli altri si sparsero per li molini, e saline vicine alla citta . Affacciata a caso una donna alla finestra dTin molino, scopri tal gente, e svegliato il marito che dormiva gli dis> (1) Nel 1784 soppressa, fu venduta al pubblico in- canto li 5 giugno per L. 3 ga 5 , e d il negoziante Francesco Mineghini ta compro e ridusse in magaz zino ; ora e di propriela delti sjgg. Fralelli Bide sckini t i (juali la eonverlirono in časa TOM. II'. « l 322 se : levati che vedo gente ritornata da fuori, venu- 4 8l ta per assassinarei un’altra volta; eorse egli senza dimora a darpartea GiustoSnello allor giudice del- la citta, il qual venuto alla porta di Riva diRibor- go poco distante dalla sua časa, ritrovandola aper- ta la fece chiudere con catenacci, e fatto dare se- gno con la campana di palazzo a’ cittadini, gli ani- mo alla diligente custodia della citta. Accortisi gli Ungheri d’essere scoperti, fuggirono atterriti alla villa di Corniale, ed indi senz’iudugio fecero ritor- no alla patria ond’erano venuti. Pochi giorni dopo Gasparo Rauber capitano delle milizie , e fratello di Niccolo Rauber capitano Cesareo di Trieste, per vendicare tale affronto allesti molta gente armata della citta, e condotta seco la gran bombarda , po¬ se 1 ’assedio al castello di Jama, del quale si fece padrone, con la morte del prefato Erasmo. Un grosso esercito di Turchi sotto la scorta d’Ali 482Bascia varcato 1 ’anno 1482 il fiume Culpa ne’con- fini della Groazia incamminossi verso Lubiana, me¬ tropoli della Carniola,ed indi a Villaconella Carin- tia, la qual anche assediarono, estendendosi poi da ogni lato, distruggendo e saccheggiando con inaudi- ta crudeltatutti i villaggi, e luogbi che incontrava- no. Quindi avvenne che Fabiano piovano di Lani- schie , con li vicarj di Semez , Draguz, Rozzo, e Golmo, tutti pensionarj del nostro capitolo, per es- sere queste parrocchie nella diocesi di Trieste si- tuate nellTstria, resi impotenti a pagare la dovuta pensione per lo spoglio e saccheggio sofferto 1’ari¬ no antecedente dali’incursioue de’Turchi, ricor- 323 sero al capitolo Panno 1488, come ricavasi dalle MemorieMS. riservate nelParchivio di esso capi- 1 ^ 8 ^ to 3 o . Successe parimente quest’ anno alPaccennato Nic- colo Rauber nel capitaniato della citta, e castello di Trieste, Gasparo Rauber Barone del Cragno suo fratello : e spirati altri tre anni, cioe quello del a486, la stessa carica fu dalla maesta Gesarea asse- gnata a Baldassare Dyer Austriaco, fondamentoi 486 che atterra, e distrugge ogni falsa ed inventata soggezione della nostra citta di Trieste alla provin- cia del Cragno , pretesa dal sign. Barone Vaicardo Valvasore, come si sforza provare nella sua Storia gia dal P. Ireneo della Croce a sufficienza nella sua Storia di Trieste dimostrata falsa, e chimerica; non essendo verocio ch’egli s’affatica di provare, che al governo della nostra citta di Trieste per continuata serie furono sempre assegnati dalla provincia del Gragno i suoi capitani; inentre i provinciali di quella provincia a comparazione degli altri esteri, che assistettero al governo di Trieste, dacche spon- taneamente s^offeri sotto la tutela e protezione della serenissima Gasa d’Austria, furono pochi, e questi anche interrotti, e sempre assegnati imme- diatamente dalPImperatore, ovvero da altri Principi delPaugustissima časa d’Austria, e non dalla pro¬ vincia del Cragno. Dopo avere dato il Sultano d’Egitto una fiera e cradele rotta nella provincia di Gilicia vicino a Tarso, ed abbassato Pinsolenteorgoglio di Bajazet- te Gran Signore de^Turchi, questo ritornato in Eu- 3a4 ropa 5 s’accinse con tutto il suo potere ali’ impresa regno ( 1 ’Ungheria, ove pure sconfitto e ribat- tuto ritorno Fanno 1486 con poco frutto ed onore a Costantinopoli, lasciando libero il paese dalle in- cursioni de’suoi Soldati. Liberate anche 1 ’afflitte pievi solite a pagare le pensioni al capitolo diTrie- ste, dalla barbarie de’ Turchi, principiarono anche a pagarle un’altra volta . Ritrovasi in un manoscritto antico, che 1’anno 1487 alcuni Triestini prendessero a forza d’armi ij J 4 87 castello di Tersato soggetto al re Mattia d’Unghe- ria , e lo consegnassero alFimperatore Federico III. Ponderate da Papa Innocenzo VIII. le rare doti, e lettere di Ermolao Barbaro arnbasciatore Veneto nella citta diRoma, desideroso d’impiegare i di lui talenti in beneficio della Chiesa, lo dichiaro 1’anno 1487 Patriarca d’Aquileja per la vacanza seguita di quella sede. L’aver egli ricevuto il manto patriar- cale , prima di deporre la toga d’ arnbasciatore , fu imal inteso dal senato Veneto, e percio gli commise la rinunzia di quella dignita a Niccolo Donato ve- scovo di Nicosia . Dichiarato poi vescovo di Trevi' gi, si trattenne nella corte Romana sino alPanno 1494? ne ^ quale abbandonato il mondo si trasferi al- Pempireo, sopra ilcui sepolcro nella chiesa di San¬ ta Maria del Popolo leggesi quest , epitafio = (*) Qui e riposto Barbaro, gemono ambe le lingue. Venezia (*) Barbarus hie situs est, utraque lingua gemit. 3a5 gli die la vita, 1’inclita Roma la morte, non pote nascere , e morire piu illustre . == La menioria di tal soggettoinguestaStoria non deve apportar me- raviglia a chi legge, mentre la nostra citta diTrie- ste pregiasi d’avere somministrato Torigine della nobilissima famiglia Barharo alla citta di Venezia, come si vede nella Storia delP. Ireneo della Croce. Imperatore 1488 Pontefice Federico III. Innocenzo VIII. 64 ACAZIOdi ŠOBRIACHcavaliere di nobil pro-1488 sapia della provincia di Carintia successe nel ve- scovato di Trieste a mousignor Antonio Goppo , il cjuale 1’ anno antecedente carico d’anni e di meriti si trasferi da questa a miglior vita . Intruso contro il consenso evolere delnostro ve¬ ščo vo di Trieste nella pieve di Rozzo sitnata nel- 1 ’Istria j soggetta alla diocesi di Trieste, e dominio VenetoD.Giacomo sacerdote nativo di Trau; non ben sentita percio dal vescovo tal promozione, co¬ me superiore nello spirituale di essa pieve, coman- do che in verun conto fosse riconosciuto nella stes- sa , ne a lui corrisposte P entrate. Ricorse egli alla protezione del serenissimo Agostino Barbarigo do¬ ge di Venezia, ilguale consuaducale ordino aGior- Urb. Venetum vilam, mortem dedit inclyta Roma; Non potuit clarius, nasci atque mori. 3a6 gio Viaro capitanio di Raspo, di procurare che fosse 4^°dal vescovo nuovamente ammesso alla cura, al che contraddicendo il vescovo, esso Viaro lo rimettesse, e facesse corrispondere i dovuti emolumenti di essa pieve come si scorge dalla qui annessa ducale. L. Agostino Barbadico per la Dio grazia doge di Venezia. Alli nobili e savj uomini Giorgio Viaro, per suo comando capitanio di Rasponech, e di Mori, suoi fedelissimi diletti, salute con affetto di divozione. Dalle vostre lettere che a noi avete scritte li 24 dello scorso mese, abbiamo sentite leinsidie, quali tende quotidianamente il vescovo Triestino in varj modi, nel non volere, che il prete Giacomo^di Traii, che avevamo desiderio, e desideriamo, che L. Augustinus 3 arbadicus Dei gratia Dux Venetorum ec. Nobilibus et sapientibus viris Georgio Viaro, de suo mandato capitaneo Rasponech, et Morum, suis fideli- bus, dilectis, salutem , et devotionis affectum . Litteris vestris, quas ad nos scripsislis die 24 mensis superime praeteriti, intelleximus insidias, quas tendit quotidie episcopus Tergestinus variis modis in nolendo, ut preshyter Jacob de Targusio , quem cupiebamus , et cupimus esse plebanum castri Rozzi, ne sit plebanus 3a,7 sia piovano del castello di Rozzo, che non sia cola piovano. E secondo i vostri detti che il prefato ve- 1 scovo Triestino abbia interdetto il medesimo pre- te Giacomo dai divini officj. E quantunque secon¬ do i vostri detti sia molto indurito contro il predet- to prete Giacomo., come sopra; nonostante coman- diamo a voi, che diciate al predetto vescovo che vi scriva, che voglia, in grazia nostra, nominare lo stesso prete Giacomo in piovano, mentre colli suoi preti in cose di maggior rilievo ci regoleremo. E voglia in questa cosa accettare lo stesso prete Gia¬ como in piovano cola di Rozzo, con condizione del- le cose predette, e in cio compiacerci, che sia bene accostumato , ed aceettissimo a quei paesa- ni. Procurando di piegare lo stesso vescovo al no- illuc. El dictis vestris Tergestinus praefatus episcopus interdixisse ipsum presbyterum Jacobum divinis officiis; et quamvis dicatis dictis vestris, induratum valde esse contra praedictum presbyterum Jacobum ut supra, ta- men vobis mandamus , ut praedicto episcopo \obis scri- bere dicatis, quod velit per gratiam nostram nominare 'psum presbyterum Jacobum in plebanum, et quod cum suis presbyteris, in longe majori re, morem gerere- mus. Velitque in hac re acceptare ipsum presbyterum lacobum in plebanum illucRozzi, cum conditione prae- iessorum, etiam nobis morem gerere, ut sit bene mo- ratus, et oppidanis illis acceptissimus. Procurando fle- Here ipsum episcopum ad seutentiam nostram. Quo si stro voiere . Che se potrete obbedire, cio šara a noi 3 4" u grato; quando no, ogliarno,che aoconsentendo, o no il vescovo a questa nostra domanda, dobbiate conservare lostessopreteGiacomo nel predetto be- neficio, facendogli corrispondere i di liti frutti, che possa abitare costi, fino a tanto che a noi parera . Dato dal nostro palazzo ducale li 29 maržo , in- dizione sesta 1’anno 1488. Per difendere la prefata pieve dalle violen- ze, spedi a Venezia 1’ anno 1489 il nostro vesco¬ vo Acazio unito col capitolo della cattedrale il ca- nonico D.LazaroGaccarinoil quale coli’assistenza d’alquanti nobili Veneti e delli signori Michele de Pace, e Cristoforo Bonomo introdotto alPudienza del serenissimo principe ottenne, ed impetro a fa- vore del capitolo quanto qui ritrovasi registrato nelle memorie capitolari M. S. Quest 1 anno pure colPantecedente la frequenza delle continue e grandissime tempeste afflisse si parere potueritis, erit id quidem nobis gr at um,- quan- do non, volumus, ut assentiente, vel non assentiente praedieto episcopo huic postulationi nostrae, debeatis ipsum presbjterum Jacobum conservare praedieto bene- ficio, facieudo ei respondere de fructibus illius ut va- leat et illuc morari quo ad nobis videbitur. Dat. in nostro ducali palatio die 29 martii indictio- ue VI. anno i488. Sag fattamente la citta, e terrftorio di Trieste, che chiunque nelle proprie vigne e campi raecoglieva 1 ^ 0 100 orne divino, appenane raccolse 4; la qual cosa ridusse a tale estremo la citta, che la carestia la ri- dusse quasi all’esterminio, mentre 1’anno seguen- te 1490 vendevasi il formento a soldi 40 la quar- ta * II leggersi nel catalogo de’capitani della citta di Trieste, essere stato assegnato dalla maesta del- rimperatore 1’anno 1490 Simone Ungerpoch Gori- ziano, dimostra ancora la poca sussistenza della pretesa incorporazione della citta di Trieste alla provineia del Cragno. Mentre il nostro vescovo Acazio tutto sollecito applicavasi connuove costituzioni edordini alla ri- forma d,el suo clero, e perfetta, e pontuale offieia- tura della cattedrale e delle cappellanie; dopo mol te spese, e fatiche fattein Venezia perdifendere le ra- gioni pretese dal venerando capitolo di Trieste so- pra la pieve diRozzo, s’ottenne finalmente una nuova lettera avvogaresca, ovver ducale dal senato sotto li 8 giugno del 1491 in cui cassata, e dichia-^ rata nulla la ducale del doge Barbarigo spedita nel n »488 condannava il sacerdote D. Giacomo di Trau in lire 5o per soddisfare le spese fatte dal capitolo in questa lite. Inviata con messoapposito tal lette¬ ra al podesta di Pinguente per effettuare 1’esecu- zione della stessa, il suo cancelliere pretorio di Pinguente dopo molti insulti, e strapazzi fatti allo stesso , non volle aceettare la trasmessa , il che lo necessito ritornare a Trieste senz’eflfettuare cos’al- S3o cuna ; uso ordinario di quella Repubbliea, la quale j 49 i ove trattavasi d’usurpare 1’altrui giurisdizione, sia ecelesiastica, o secolare, giusta, o ingiusta, con so- prafinapolitica, e mezziimproprj, e palliati preten- deva arrivare al suo fine . Quest’anno pure li 1 5 novembre i confratelli di s. Stefano protomartire feceroatnpla rinunzia della confraterna , ed altare di esso Santo con tutte le sue ragioni al venerando capitolo della cattedrale di s. Giusto, nelle cui note capitolari ritrovasi la spesa di soldi 12 fatta per estrarre un istromento stipulato dal quondam Andrea Rapiccio, spettante al jus ed autorita eh’aveva 1’accennato capitolo di cantare la prima messa nella chiesa di s. Giovanni di Duino, contigua al fiume Timavo, il giorno del¬ la solennita di s. Gio: Battista, e ricevere Pofferto- rio che in essa dai devoti veniš se offerto . Dalle stesse note capitolari ricavasi, che sino a questi tempi per inveterata consuetudine della cat¬ tedrale di Trieste 1 ’elezione de’suoi canonicati, o prebende vacanti, spettava al capitolo ed a’ cano- niči, corne si scorge li ao giugno i49^ c ^ e morto I ‘ + ^ J il canonico D. Filippo di Porto Gruaro, il capitolo e canonici, eletto D. Niccolo Čurini attuale sagre- stano della medesima cattedrale, lo presentarono al vescovo Acazio, da eai ebbero la conferma, il che successe li 29 luglio, a eui successe nelPofficio di sagrestano il sacerdote D. Matteo de Pari. Per la morte di D. Francešco Bonomo canonico, elessero in sua veeeD. Andrea Cergna il quale presentato al vescovo ebbe li 6 agosto la conferma j e vacando ty 33 £ i 3 agosto del i4s>4 un altro canonieato per la mor- te di D. Giovanni Snello, elessero D. Marino Ju- 1 ^!?^ rizza, e che presentato parimente al vescovo ebbe li id dello stesso mese , ed anno la conferina . La cesarea inaesta imperiale di Federico III. adem- pi subito le condizioni stabilite dal sommo Ponte- fiee Pio II. nella pace conchiusa 1 ’anno 1463 tra la prefata sua Maesta cesarea, e la Repubblica di Ve- nezia, colFassegno ad essa del castello di s. Servo- lo, quantunque poi ( come si vide) non mancas- sero i Veneti di affliggere con insulti improprj di- verse fiate la nostra citta di Trieste . Le freqaenti scorrerie de’ Turchi, che ridussero a miserabile stato la patria violentarono D. Pietro piovano di Jelsane, eMurme a rinunciare li 21 ago¬ sto del 149^ venerando capitolo di Trieste, eo- me si scorgedalle sue memorie capitolari MS. tut- te le ragioui che esso possedeva nella prefata pie- ve, mentre reso impotente dalli saccheggiamenti seguiti a pagare le solite pensioni, volle esimersi da tale aggravio. II che indusse il capitolo a eonse- gnarle per due anni in governo a D. Tommaso di. Fiume con pensione di ducati 10 alPanno da pa- garsi in due termini consueti . Essendo vacate con la morte seguita di D. Fran- ceseo Bonomo canonico, ed arcidiacono due pre- bende nella nostra eattedrale, la prirna del canoni- cato fu s,ubito assegnata a D. Andrea Cei'gna, co- me si vide. Per ottenere 1 ’altra deli’arcidiacona- to,D. Giorgio Premer sacerdote della diocesi si tra- sferi alla corte cesarea, che appoggiate le sue di- 33a mande a sinistra informazione indusse 1 ’imperato- J 49 ^ re Massimiliano a graziarlo di tal dignita. Conse- guito il suo intento si trasferi a Trieste, colPin- giunta lettera di sua Maesta cesarea, ia cui onora il nostro vescovo col titolo di Principe . Letta tal lettera da monsignor vescovo, e capitolo, quan- tunqueda sinistrainformazione concessa, inriguar- do, e riverenza pero di tanto Monarca graziarono l’anno 149$ il supplicante delParcidiaconato. LI. Massimiliano col favore della divina clemenza re de Romani sempre augusto, e re d’Ungheria, Dalmazia, Croazia ec. arciduea d’Austria, duca di Borgogna, Brabante, Gheldria ec. conte della Fian- dra, Tirolo ec. Al venerabile principe , ed onorevoli devoti no- stri diletti N. vescovo, deeano, e capitolo Triesti- no, grazia regia, ed ogni bene. Venerabile princi¬ pe, ed onorevoli, devoti a noi diletti. Ali’ arcidia« LI. Maximilianus divina favente clementia Romano- ruin Rex semper augustus, ac Hungariae, Dalmatiae, Croatiae etc. Rex Arcidux Austriae, Dux Burgundiae, Brabantiae, Geldriae ec. Comes Flandriae, Tirolis ec. Venerabili principi, et honorabilibus, devotis nostris. dilectisN. episcopo deeano, et capituloTergestino, gra- tiam regiain, et ornne bonum. Venerabilis princeps, ac 333 conato della chiesa cattedrale Triestina , vaeante al presente per la morte del qu. Francesco de 1 Boncmo , ultimo, ed immediato possessore del medesitno, il cui jus patronato, o di presentare si conosce che spetta a noi, il diletto Giorgio Premer prete della diocesi Triestina vi abbia- mo detto di presentare, e presentiamo; colla pre- sente piu seriamente esortiamo, pregandovi, che vogliate investire, e istituire canonicamente, co- m’e il costume, a questa nostra presentazione, col testimonio di queste lettere, lo stesso Giorgio Premer nel predetto arcidiaconato, eon tutti, e cia- scun diritto, e sue pertinenze . Dato nel la nostra citta diVienna li 7 del mese di honorabiles, devoti nobis dilecti. Ad archidiaconatum ecclesiae cathedralisTergestinae, ad praesens per obitum qu. Francisci de Bonomus, ultimi , et immediati pos- sessoris, cujus jus patronatus, seu praesentandi ad nos, pleno jure spectare dignoscitur, vacautem, devotum no¬ bis dilectum Georgium Premer praesbyterum Tergesti- nensis Dioecesis vobis diximus presentandum ,• atque praesentamus, et praesentes seriosius hortantes , et vos rogantesj quatenns eundem Georgium Premer in, et ad praedictum archidiaconatum, cum omnibus et singulis juribus, et pertinentiis suis, ad bane nostram praesen- tatiouem investire, et instituere velitis canonice, ut est moriš. Harurn testimonio litterarum. Dat. in civitate nostra Vieunensi die 7 mensis Ja- 334 genu aro 1 ’ anno del Signore 149 S, ottavo del regno nostro Romano, e quarto d’Ungheria. i4 9 5 Di propria commissione del Re ec. Ancorchemonsign. vescovo col capitolo ad istan- za di sua Maesta cesarea concedessero la dignita arcidiaconale al prefato Premer, per non pregiudi- dicare pero al proprio diritto, e ragioni, che a tal elezione se glispettavano, scrissero laseguente riso- luzione. LIL Le quali lettere Iette avanti al vescovo, e capitolo; sebbene la regia Maesta sia stata male in- formata del juspatronato arcidiaconale,che apparten- ga al vescovo Triestino, contuttocio per la riveren- za di un si gran Re ec. fu conferito 1 ’arcidiaconato al supplicantej- colla protesta pero d’informare dal nuarii anno Domini 1 49^- Regnorum nostrorum Roma¬ ni octavo, Hungariae vero 4- annis. Commissio domini regis propria. LIL Quibus litteris lectis coram episcopo et capitu- lo; et si regia Majestas male informata fuerit de jure patronatus archidiaconalis, quod ad episcopum Terge- stinum pertineat; attamen ob reverentiam tantis re¬ gis ec. collatus fuit Archidiaconatus supplicanti; cum 335 vescovo, e capitolo eirca i diritti della chiesa Trie- stina; sperando che la regia Maešta vorra piuttosto eonfermare, ed accrescere i diritti della sua chie¬ sa che diminuirli, o di volerla privare di guelli nelPavvenire. Gonsacratofu dalnostro vese. Acazio l’anno 14971497 1’altare del Santissimo nella cattedrale , ora demo- lito. Pochi giorni dopoincomincio la peste con gram furore, e mortalita a farsi sentire in Trieste, che tra uomini, donne, e fanciulli piu di 5oo persone rimasero estinte dal suo maligno veleno . Le rare doti e talenti di Pietro Bonomo, splen- dore ed ornamento non solo delPillustrissima fa- miglia Bonomo, ma eziandio della nostra citta di Trieste, 1’innalzarono a si grandestima, e concetto presso 1’ imperatore Massimiliano, che quest’ anno lo spedi suo ambasciatore a Milano, per ivi con- chiudere, e stabilire lapace ed unione fra šuaMae- sta cesarea, e Lodovico Maria Sforza duca di Mila¬ no, e conte di Angleria, contro il rediFrancia, laguale dal Bonomo con gran destrezza e prudenza protestatione tamen informandi ab episcopo et capitu- lo de juribus ecelesiae Tergestinae, sperando quod Ma- jestatem regiam, potius jura ecelesiae suae corroborare, et augere, quam minuere, vel illis privare velle in fu- turum. 356 maneggiata, rimase pol stabilita in Sbat li ia de- I 49 ^cembre di quel medesimo arino. Nel mezzo del palazzo incenerito dal fuoco li 8 febbraro 1690 seorgesi scolpito in unaeolonna Fan- no mcccclxxxxviii. senz’alti'0 indizio di tal me- moria, quando pero non fosse stata in memoria di settemila Turchi, che scorrendo quest’anno il Car- so , il Friuli, e 1 ’Istria distrussero gran parte del paese, coli’abbruciare senza veruna pieta quanti villaggi e chiese irieontravano, e prešo Castelnovo $ul Garso ivi fermai’onsi qualcbe tempo . Desiderando Giorgio di Uremis d’ottenere dal capitolo della cattedrale di s. Giusto una časa con orto ec. posta nella contrada del castello vicino al monastero di s. Benedetto in affitto livello, pre- sento a tal fine un memoriale al medesimo capito¬ lo, seritto nel dialetto che usavasi in que’tempi, cioe 1’anno 1498, come segue. A uoi venerabili signori canonici de la kthedral gexia de sancto Justo de la cita de Trieste, per par¬ te de i devoti de le vostre signorie Zorzi de Uremis per nomesuoproprio, et tanq. presbit. Joannis ejus fris procurator, et procurat. nostr. ac suorum he- redum : Gum ogni humanitate se doinanda una ča¬ sa corte orto, et ogni altra cossa a quella pertinen- te la quale del venerando capitolo de prelibata ge- xia de sancto Justo, posta ne la citta de Trieste ne la contrata de Castello da una parte la časa del Mo- nasterio de le ven. D. Monige d. s. Benedetto de Trieste, e da do parte le vie pubbliche, Et questo affitto livello obligandose li prediti prete Zuane , e 337 Zorzi et suoi eredi pagar a lanno in fito L. 14, se- gondo i statuti de Trieste per dita časa, et sue per- 1 49 ® tinenze : Hac tamen etiam conditione, obligatione, et pacto, che ogni volta prediti hover uno di quelli a prefate signovie vostre hover ad altre poi quelle ati’ovandose prestassero una ho piu persone ydo- nee, et sufficienti qualle a dito fitto se hobligasse- iio, et quello pagar volesseno, cum mejoramento : Allora esse sian tignude, et obligade a quelli, ho quello, pro ut supra ponitur, farge el suo instru- niento de liberatione, et franchasone de dito fitto in forma debita: obligando se e diti Zorzi per notne suo proprio, et procuratorionostro presbitero Joan- rds ejus fratris omnia eorum bona presentia, et. fu- tura ha dito fitto de qua supra: se potranno le si- gnorie vostre de tal justa, et houesta domanda da quella admissa, et exaudita šara . = Graziato Erasino Brasca Milauese della dignita del capitaniato di Trieste dalla uiaestadellTrapera- tore, preše pure quest’anno il possesso . II ehe an- che dimostra esser falsa la pretesa soggezione della citta di Trieste alla provincia del Cragno, che il si- gnor Barone Valvasore nella sna Storia di quella provincia s’afFaticaprevare. Compassionando il pre- fato Brasca li 3o cittadini di Trieste, che a causa delle passate turbolenze e discordie accennate 1’anno 1469 andavano raminghi, o banditi dalla citta, applicossi con tutta oelerita e studio per la liberazione del bando accio in questomentre potes- sero ripatrisre, ottenne dalPimperatore Massimi- liano la grazia del perdonc, e quelli richiamati con J 338 salvo condotto 1’anno 1499 li fece ritornare alla lor 499patria di Trieste. Non contento Scander, offieiale Turco, d’avere depredato gli anni scorsi il Carso, Friuli, con par- te delPIstria ottenuto nuovamente il passo da La- dislao II. re dTIngheria, s’incammin6 un’altra vol¬ ta penetrando per la Croazia, e Carniola con nuo- ve turme di Turchi verso il Friuli, dando prima il guasto ad ogni luogo ovunque passava. Incontrossi inLodovieoSforza scacciato dal suo statodi Milano dal Redi Francia, ilqual si congiunse seco, poiche per la ricusa d’ ajuto avuta dalFimperatore Massi- miliano andava disperato ramingo . Passati senza opposizione alcuna il fiume Isonzo, scorsero tutta la provincia del Friuli devastando fino alla Liven- za col ferro, e fuoco ogni cosa, e dopo avere sulla campagna posti a fil di spada a5o soldati Gristiani, che se gli opposero, carichi di ricchi bottini con set- teraila prigionieri s’incaraminarono verso il Ta- gliamento per ritornare alla patria; ivi arrivati , fatta scelta di i5oo prigionieri, gli altri inutifi fu- rono senza pieta dalle loro spade tagliati in pezzi, avendo privato il Friuli tra schiavied uccisi di oltre diecimille persone . Nel ritorno pervenuti alPIson- zo, s’innoltrarono per la strada, d’onde eran ve- nuti verso la Bosnia . E quantunque dai patimen- ti, e disagi molti prigioni lasciassero la vita, nul- ladimeno il prefato Scander n’ofFerse in dono a Ba- jazette Gran Signore de’Turchi tra maschi, e fem- rnine .300 scelti, in segno de’ suoi trionfi , e della preda fatta in tale scorreria . Fine del Tomo secondo . 33 9 C ATA L O G O DELLI SIGNORI ASSOGIATI FROPRIETABJ DELL* OPERA Accomandita d’ Assicurazioni. Aghib Moise. Alimonda Sebastiano. Almeda A. Ancona David. Andre Fil. Ferd. Andrulachi Michele. Angeli Gio. Batt. Antommattei G. Antonopulo M. Antonio. Antonopulo Spiridione. Antonucci D. Franc. Sav. Ardelli Paolo. . Assereto Marcello. Assieuratori Marittimi. Bajardi Francegco Nob. de. Banco d’Assicurazioni. Baraux F. G. E. Basiliadi E. 34 ® Bassan Cusin, e Coirip. Bellusco Girolamo. Benardelli Dott. Giuseppe. Benardelli Francesco. Bergamin , e Liodotiseh. Bergonzi Giacomo. Bianchini Aron. Biasoletto Bartolommeo. Burger Giuseppe. Bonazza Antonio. Bonomo Fran. Sav. Nob. de. Borat L. Sigmundt. 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