ANNO XVI. ■ Capodistria, 16 Gennaio 1882. N. 2. LÀ PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Dn numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo. *) 1232. — Ravenna , febbrajo . Federico II vuole soppressi in favore del patriarca Bertoldo varii abusi che s' erano infiltrati in Istria e massime in Fola, Parenzo, Capodistria di eleggersi il podestà, i consoli, i rettori ed i giudici, di ingerirsi negli affari del vescovato, di costruire molini sui fiumi, che i gastaldioni possano vendere le proprietà e regalie patriarcali, che un comune possa stringere lega con altri comuni, di costruire nuove città, nuove castella e nuove borgate, di esigere le collette ed i balzelli, e di manomettere i feudi senza il consenso del patriarca. Aggiunte al Cod. Dip. Istr. — Pag. 19 e seg. Kand. Indie, ecc. — Pag. 28, — e "L'Istria,, An. IV, p. 56. Istituto di credito fondiario provinciale Nei giorni 27 e 28 Decembre, la Direzione di questo Istituto ha tenuto la sua nona e ultima seduta, dell' anno testé spirato. Essa si è occupata dell'esame e deliberazione sopra Nr. 191 domande per concessione di mutui, nella somma complessiva di f. 195.110.— Ne furono accolte Nr. 143, e respinte 48. — Le domande accolte rappresentano l'importo capitale di f. 125.000; le respinte quello di f. 70.110. Dal 1. Gennaio 1881, in cui l'Istituto ha cominciato la sua attività sino alla chiusa dell'anno stesso, le domande pei aprimento di credito ascesero al N. 671, pel capitale complessivo di f. 917.010. II numero totale dei mutui accordati fu di 392, e peli' importo complessivo di f. 522.500, cautato da un valore ipotecario in case di città e fondi campestri, di fiorini 1,349.885:04 rilevato dai propri periti fiduciari, colle norme dell'apposita istruzione. Dei 392 mutui accordati, ne vennero estradati a tutto il pp. N. 221 per la somma in lettere di pegno di f. 326.80. I pagamenti della ora scaduta rata semestrale del 1. Gennaio da parte dei mutuatari, si svolgono colla massima regolarità e precisione. {L'Istria). CORRISPONDENZE Gli Istriani a Milano nella notte 11 San Silvestro Erano, non uno più, non uno meno, in otto, scienza cabalistica, numero perfetto secondo la perchè risulta dal quattro moltiplicato per due; dal quattro che è il numero delle virtù cardinali, dei punti cardinali, ecc. ecc. . . . Erano tutti Istriani puro sangue, tre di Trieste e cinque di Capodistria; appartenevano tutti, ad eccezione di uno, alla colonia un po' scapigliata, un po'boema ; nessuna rappresentanza officiale, nessuna croce all'occhiello ; la croce l'avevano però tutti nel cuore. Secondo la professione loro così vanno classificati: un avvocato, un medico, tre professori, e precisamente uno di musica, e due di lettere, un meccanico, e due giornalisti. E si trovavano tutti riuniti 1' ultima notte dell' anno in un salottino sopra il caffè Gnocchi nella galleria di Milano, per degnamente celebrare il mortorio dell' anno vecchio, e il natalizio del nuovo. Presiedeva la seduta de jure l'avvocato; i due professori e i due giornalisti tenevano per lo più la tribuna; il maestro di musica suonava spesso a doppio ; il medico ed il meccanico terreno neutrale. — «Sapete la novità? saltò su un professore, imponendo silenzio con lo sguardo, con le mani, e con una voce soffocata. " Per intenderci lo chiameremo perciò il basso profondo. — La sapete la novità? — Che cosa c'è di nuovo ? sbraitò il maestro di musica quasi per alzare il diapason dell'amico basso. — In Istria con l'anno nuovo esce un nuovo giornale. A Parenzo lo stampano, a Parenzo. Un oh! clamoroso per canzonare il tuono solenne, misterioso e cavernoso del professor basso profondo. — Già, e ci scriveranno delle penne numero uno. Siamo in buone mani laggiù. — „ Certo, certo, gridò l'altro professore, tormentando i baffi, cacciandosi ogni tanto le mani nei capelli, e con voce stentorea e baritonale." (Per amor di chiarezza questo lo chiameremo il professor baritono). Evviva l'Istria, i suoi figliuoli non mancano alla chiama. — Ma sapete (parole del basso) che è un bel risveglio laggiù, specie negli studi storici. Il De Franceschi ha dato l'intonazione ; e adesso vengono su i giovani, il Cesca colle sue relazioni fra Trieste e Venezia; il . . . — Già già, sono nomi che si possono bandire anche in piazza; e non c'è bisogno, caro Nane, parlando di cose nostre di stralunare gli occhi, e di pigliare quest' aria da congiurato. — Sì sì, hai ragione alziamo la voce. E bisogna mettersi al sodo, ed apparecchiare i materiali per la nostra storia . . . — Che non si farà, finché lavoriamo coi ferri vecchi, esclamò un giornalista. Ci vuol altro che friggere e rifriggere sempre la medesima roba ... — Buoni giornali ci vogliono, e diffondere lumi tra i popoli . . . — E carote. — Buoni studi storici. — Lumi, lumi. — Hanno ragioni da vendere i giornalisti, disse il presidente, ammiccando, per far capire che voleva stuzzicare un po' il professor baritono. — Che storie! che anticaglie? Idee pratiche ci vogliono, idee moderne. Abbasso gli antiquari e i topi di libreria. — Che cosa diavolo dici? — Anche qui in Milano ne abbiamo di questi fossili. Guardate i portoni di Porta Nuova, le colonne di San Lorenzo. — Barbari! Buttarle giù le colonne di San Lorenzo per allargare il Corso. — E quella catapecchia di San Vincenzo in Prato che ha fatto sciupare tanta carta al nostro professore ? — Anche la basilica di Parenzo si potrebbe mutare in una fabbrica di acidi. — — Per redimere l'Istria bisogna incoraggiare l'industria, aprire stabilimenti. — Buone officine, suggerì il meccanico. — Barbari, finitela; non so chi mi tenga. . . — Ma si calmi, professore ; zitti, zitti, disse il medico, dando una toccatina agli occhiali. Ma non capiste che fanno apposta per vederla arrabbiato? E come un poco d'ordine fu messo nella baraonda, tanto per divertire la questione, il medico continuò : Che cosa ne dite del nuovo Archivio Storico che si stamperà a Roma? — Belle promesse, e bei nomL — Se saranno rose fioriranno. — Frutta, frutta e non fiori. — Abbiate pazienza. Oh per Bacco ! Non si raccolgono le frutta, se prima le piante non mettono fiori. — Frutta frutta — Lumi studi — Progresso. — Buone fabbriche. — Zitto zitto. Succede un breve silenzio. Si ode la campana sulla torre di Piazza Mercanti che suona lenta lenta le undici e tre quarti. — Amici, grida uno ; prima che l'anno dia l'ultimo fiato propongo un brindisi alla salute di tutti i nostri che onorarono e onorano il paese. — Benissimo, ma cominciamo dai morti. Il professor baritono esorta il professor basso a tirar fuori i suoi dittici; e questi comincia con la nota più profonda la sua litania. — Al padre Ireneo della Croce, al poeta Zovenzoni, al Rapido, al Rossetti, al Kandler, e a tutti i valorosi che illustrarono il mellone. Il coro risponde: Riposo eterno, luce perpetua. — Ai pittori Vittore e Benedetto Carpaccio, al Muzio giustinopolitano, al Santorio, a Santo Gavardo, al Combi. — Riposo eterno, luce perpetua. — Al Coppo corografo ed al Besenghi degli Ughi d'Isola. -— Riposo eterno. — — Evviva il refosco, grida il maestro di musica. — Al grande Tartini ... — — Un momento, per finire questa nenia quaresimale propongo un brindisi in blocco a tutti gli uomini illustri dell'Istria. Accettato. Acclamazione generale. — Evviva la capra simbolica. Evviva la medusa giustinopo-litana. Ecco perchè 1' hanno messa tra le altre bestie lassù. Non ci sono altri panteon, viva Dio ! lo ricordino quei di Zagabria che hanno messo i nostri tra i loro uomini illustri. E adesso ai vivi. Il professor baritono alza il diapason e grida: — Evviva lo Smareglia di Pola — Evviva. — Evviva il nostro Alberto Giovannini professore al conservatorio! E che ci faccia sentire presto il suo Tito Vezio : musica italiana e soggetto italiano. — Evviva. — Ai nostri amici di Venezia, il Combi e il Luciani — Evviva. — Al Hortis ed al Re- vere triestini di fama italiana. — Cento di questi giorni. — Ai due De Castro — Prosperità e felicità. — Un brindisi in blocco a tutti. — Un momento un momento. Propongo un brindisi parziale al Professor Lovisato che, mentre noi stiamo qui al caldo, lotta forse con gli orsi e le foche, e sente le armonie tremende dei ghiacci che si spaccano al polo. — Un fragoroso evviva. — Zitto zitto. — Ancora due minuti. — Uno solo. — Il mio orologio segna le dodici e un quarto. (È l'orologio del giornalista democratico). La mezza notte suona lenta lenta come gli aneliti del moribondo . . . Una . . . due . . . tre . . . Uno corre a spalancare la finestra. È un silenzio profondo, solenne, misterioso; se fosse d'estate si sentirebbero volare le mosche ; un brivido corre per le ossa di tutti ; il professore baritono tormenta que' suoi poveri baffi. Nove . . . dieci . . . undici... e dodici. Un grido : Evviva l'Istria. Evviva l'Istria ripete l'eco nella vuota galleria. I cento campanili della città pare rispondano a quel saluto. La medusa di sopra scuote la testa auguicrinita, e ci guarda con due occhi profondi e sogghigna. Leonardo da Vinci è pensoso, Cristoforo Colombo mira nel vuoto ; il Savonarola e Arnaldo, ai due capi della galleria scuotono le catene e si mordono il labbro. Così la colonia istriana, radunata in fraterno simposio, salutava nella capitale morale la nascita dell' anno 1882. P. T. Bella fertilizzazione agraria in Istria Pàrenzo, 7 Gennaio 1882 Nel nume/o precedente procurai di mostrare l'erroneità della coltura in uso in provincia, ed il bisogno di adottare avvicendamenti che meglio corrispondano alle presenti condizioni. Nel consigliare i quali mi sono appoggiato principalmente sul fatto, pur troppo notissimo, che il letame di cui ci è dato disporre, in generale non basta ai bisogni della coltivazione, e mostrai, alla meglio, come col loro mezzo il possidente possa supplire alla deficienza di letame. Oggi mi sono proposto d'intrattenermi su d'un altra pratica che ba la stessa inestimabile efficacia, e che per quanto mi consta, pochissimo o niente viene in provincia considerata. Questa pratica è il sovescio la cui importanza per noi, che tanto lamentiamo la mancanza di letame, è tale che io non esito punto di metterla addirittura a paro di quella delle letaminature che in generale usiamo di somministrare alle nostre terre; perchè più volte terreni anche lautamente concimati rifiutano dare corrispondenti prodotti, mentre divengono ubertosi con poco letame e con sovesci bene eseguiti. Le sostpuze minerali e gì' ingrassi di origine animali non bastano sempre a fertilizzare un terreno ; occorre molte volte di correggerne i difetti meccanici, ed è quindi che ciò principalmente si raggiunge col sovescio. In che questo consista non mi permetto nemmeno di dire, certo di far torto ai miei comprovinciali, essendo esso pratica quanto antica altrettanto conosciuta, e consigliata già da Columella e da Plinio. Dovrei forse per lo stesso motivo astenermi di cantarne le lodi, ma non posso farne a meno, dal momento che, compiego come sono della sua grande importanza, desidero di vederla più apprezzata dal possidente istriano. — Infatti è vero che noi oggi siamo convinti della necessità di pensare seriamente a ristabilire la fertilità dei nostri terreni, e che dobbiamo tener caro qualunque mezzo che con la minima spesa possa servirci all'uopo; il sovescio allora dovremmo tenerlo precisamente in gran pregio, perchè quando sia d'una coltivazione cresciuta folta e vigorosa, supera tanto in valore che in effetto una magra Marnazione, ed all'agricoltore costa poco, vale a dire l'aratura, la semente ed il sovescio: e ciò non è molto se si pensa ai buoni effetti che ne risultano, ed alla necessità di adottare questa pratica, perchè anche ammesso che il valore del letame, il trasporto dello stesso dal cortile al campo, la mano d'opera per scaricarlo e distribuirlo uniformemente nei solchi, che tutto ciò costasse meno del sovescio, non si potrebbe sempre trovare letame da comperare. Non si creda con ciò che io tenda consigliare il sovescio come metodo esclusivo; chè mio parere è anzi ch'esso debba servire di sussidio, di complemento al letame: per cui se dovessi ristabili, e con poca spesa un terreno spossato, lo letamerei anzitutto valendomi di quel concime che la tenuta metterebbe a mia disposizione, e su questo seminerei il lupino od un' altra pianta per sovescio ; iu questo modo il terreno guadagna sempre molto, tanto anzi, che si può considerare la quantità d'ingrasso che egli possiede al tempo della seminagione del grano turco, doppia o quasi di quella eh'egli possedeva in autunno, quando cioè vi si seminò la pianta da sovesciare. A prova di ciò basti dire, e nessun pratico potrà contrastarmelo, che il frumentone sul sovescio non la cede in nulla al frumentone sul letame, quale lo somministra ordinariamente il nostro contadino, e che anzi riesce più bello e resiste meglio alla siccità, e dopo di esso cresce con molto vigore anche il frumento. Come si può dare spiegazione poi a questo fatto che l'agricoltore deve tanto apprezzare ? Ecco uua di quelle molte domande che mostrano la grande 'mportanza della teoria senza la quale la pura pratica riesce oscura e di poco giovamento, e che confermano la verità che un agricoltore puramente pratico non può essere che relativamente intelligente. In quei paesi ove la teoria arriva a farsi strada, mano mano ch'essa illumina la pratica, i pregiudizi e l'empiri;mo che tengono inceppata l'agricoltura, spariscono come la nebbia al sole; per cui giustamente può essa chiamarsi la redentrice dell'agricoltura. Nella nostra pio-vincia si rende necessaria la sua benefica luce, è l'unico mezzo per diffonderla; facciamo voti quindi perchè presto si provveda a questo sentito bisogno, certi che solo in tal modo sarà dato a questa nostra provincia, oggi povera, di ripromettersi uu più prospero avvenire. Mi si perdoni la piccola digressione che ho trovato necessario di fare, e sentiamo ora cosa ci dica la teoria. Il sovescio migliora tanto le proprietà fisiche che chimiche di un terreno ; acciocché peraltro possa dare sì buoui effetti, fa d' uopo che la pianta che si usa sia di buona natura, vale a dire possegga organi fogliacei robusti ed estesi capaci di assorbire in grande quantità gli elementi organici dell'atmosfera. — L'esperienza dimostrò che le leguminose sono preferibili a tutte le altre, perchè appunto corrispondono a questa esigenza. Falciando una buona pianta da sovescio nello stadio più vigoroso della sua vita, cioè quando sbuccia il fiore, ed immedesimandola coll'aratro o colla vanga al t^ireno, questo riceve quantità enormi di sostanza organica che lo rende soffice, oppure meno tenace di quanto egli è per sua natura; detta sostanza le cui cellule sono ripiene di protoplasma che forma il principio fermentescibile azotato, va soggetta al processo di lenta umificazione in seguito al quale ha luogo lo sviluppo di acqua in forma di vapore, di acido carbonico e di altri fluidi aeriformi che mantengono fresco 10 strato coltivabile ; oltre a ciò poi lo strato attivo si arricchisse di sostanze minerali le quali si presentano nella forma la più facilmente assimilabile; e ciò succede perchè, come ognuno sa, le leguminose mettono radici profonde, per cui esportano da non indifferenti profondità i materiali inorganici necessari alla loro trama organica, i quali restano a vantaggio dello strato superiore, quando quest'ultima si scompone in seguito al processo sopraccennato. Molti anni or sono, veniva raccomandata la segale come buona pianta da sovescio per i nostri paesi ; io non so se qualcuno abbia fatto delle esperienze; credo però di poter assicurare che il sovescio di questo cereale non possa tornare vantaggioso in provincia, perchè prima di tutto esige, per crescere rigoglioso, terreno bene preparato e ricco di sali solubili, poi non possiede quegli organi fogliacei, che costituiscono una proprietà essenziale di una buona pianta per sovescio, e finalmente mette radici troppo superficiali, per cui non è atta al benefico ufficio di portare allo strato attivo quelle sostanze minerali che si trovano passive nello strato inerte. Per le nostre coudizioni di clima e di suolo, il lupino bianco, la fava invernenga, la veccia vernale sono le piante da consigliare pel sovescio, e precisamente nei luoghi montuosi con terreni magri sarà da coltivare la prima, mentre la seconda troverà il suo posto in quelle località ove il terreno non sia nè troppo asciutto nè troppo tenace ; la veccia poi, siccome più facile ad accontentarsi, tornerà vantaggiosa là ove la fava ed il lupino darebbero risultati meschini. Per la sua rapida vegetazione può essere consigliata anche la fraina, o grano saraceno, il quale, quantunque non sia una leguminosa, possiede pure la proprietà di assimilare co' suoi organi aerei l'ammoniaca dell'atmosfera; essa è molto usata iu Stiria come pianta per sovescio nelle vigne. Ciò non adotterei assolutamente in provincia, giacché il suo massimo sviluppo sarebbe da noi precisamente contemporaneo al processo di maturazione dell'uva, per cui questa ne soffrirebbe nella qualità. Un campo non vitato all' incontro si potrebbe con vantaggio seminarlo a saraceno nel luglio, sempre che naturalmente la siccità lo permetta ; nel settembre esso sarebbe già in fioritura, per cui si potrebbe sotterrarlo e lasciare la terra in ruvidi solchi tutto l'inverno, e concimarla poi come 11 solito in primavera prima di seminare il frumentone oi foraggi; iu questo modo si potrebbe esser certi di averle dato una generosa letaminatura, e quello che vuol dire molto poi, con poca spesa. Come piante per sovescio nei vigneti si adattano quelle che crescono e sviluppano in un'epoca in cui la vite o riposa del tutto, oppure non abbisogna ancora di molto calore ; tali sono il lupino bianco, la veccia vernale, il trifoglio incarnato, le quali si seminano in autunno, ed in aprile sono già sviluppate a sufficienza e possono essere sovesciate. Qualcuno mi dirà forse che è troppo lusso adoperare l'incarnato per sovescio ; si pensi però che io lo adotterei per la vigna, e che questa, non essendo avara, sa rendere in proporzione diretta delle nostre cure. Chiarita così l'importanza del sovescio come mezzo di fertilizzazione dei nostri terreni, mi permetto di spendere due parole sul re dei foraggi che noi dobbiamo tenere tanto caro, quantunque siasi detto da qualche sputatondo che esso è la rovina delle nostre terre. L'erba medica come si sa mette radici profonde, teme poco la siccità, dà quantità sufficienti di eccellente foraggio; solo allorquando il terreno venga bene e profondamente lavorato, e sia provvisto in abbondanza di materie fertilizzanti; per le sue troppe esigenze, ho inteso dire da molti, ma non siamo al caso di coltivarla estesamente, essa domanda tanto letame che noi non possiamo destinarle. Appoggiato al suesposto io dico invece che possiamo coltivarla benissimo, inquantochè un terreno per quanto spossato con poco letame e col sovescio può venire ammendato in modo da fornire considerevoli prodotti di medica; si lavori profondamente l'appezzamento che si destina alla coltura di questa pianta foraggiera, si concimi come il solito e vi si semini o veccia o frumentone o fava, si sovesci quindi la vegetazione nel suo fiore, e si ripeta ciò due tre volte fino a che si crede che il terreno contenga a sufficienza i materiali che domanda la medica, e si vedrà che l'esito sarà felice. Grandi sono quindi i vantaggi del sovescio, quantunque in ultima analisi, il terreno non riceva dal di fuori altri elementi fecondatori che 1' azoto. Qaali non sarebbero allora gli effetti se si portassero a seppellire in uu campo le erbe inutili che crescono in diversi luoghi? Si procuri quindi di non lasciar perdere un solo fil d'erba e di portare tutto sul terreno quanto v'ha di origine vegetale, procurando naturalmente di tener lontane le cattive sementi. E qui debbo richiamare l'attenzione di tutti coloro che abitano al mare, sulle alghe che vengono rigettate dallo stesso ; e noto che esse contengono grau parte di quei preziosi materiali che noi inconsideratamente lasciamo ogni giorno rubarci dal mare. In diverse città dell' Italia inferiore le alghe sono molto stimate e vengono in differenti guise apprestate come ammendamento dei terreni; anche da noi vengono qua e là usate; però il modo che si segue lascia molto a desiderare ; per renderle proficue sarebbe bene unirle al letame comune ad escrementi umani, a terra in istrati alternati dello spessore di due piedi circa, e di lasciarle subire una fermentazione ; tuttociò costa capisco, perchè se non fosse altro il loro trasporto riesce difficile in causa del volume che occupano ; mi pare per questo che si potrebbe utilizzarle con la minima spesa lasciandovele asciugare alcuni giorni sulla spiaggia, e poi abbruciarle ; la loro cenere ò ricca principalmente di alcali, per cui mista al concio comune, potrebbe tornare vantaggiosa alla vite, la quale, come si sa, è avida di potassa. Da quanto ho detto nel parlare dei lavori profondi, del razionale avvicendamento, e del sovescio, risulta, credo, che il possidente istriano non ha motivo di disperare dell' avvenire; giacché egli dispone di molti mezzi per correggerne i difetti de' suoi terreni, e per innalzare la coltura de' suoi campi a vera industria, dalla quale soltanto egli potrà attendere il suo benessere. È vero che talvolta le cure più assidue ed intelligenti non vengono giustamente ricompensate, la qual cosa si deve attribuire ai capricci di qualche stagione; bisogna però guardarsi bene dallo scoraggiamento o peggio dalla rassegnazione, la quale è una bella virtù ma fino ad un certo punto; pur cui sarà veramente degno di lode soltanto colui che con lo studio, col lavoro e coli' attività cercherà di premunirsi contro i mali che lo minacciano. Z. Benché il seguente Poscritto non doveva nè poteva andare disgiunto dall'interessantissimo articolo recato nel numero scorso, come si accorgerà subito il lettore, noi abbiamo per necessità dovuto differirne la pubblicazione ; ma siamo certi di fare ugualmente cosa gradita ai cultori della patria storia se lo riportiamo questa volta, scusandoci in pari tempo coll'egregio nostro collaboratore della in-molontaria mancanza. Relazioni tra Arbe, Pola ed Albona nel secolo XIII Poscritto Avevo steso e stavo per spedire la presente | lemoria, *) quando mi si è offerta opportunità l'interpellare un distinto cultore della lingua slava l sol proposito di Bah, — Balzani e Babaz. Confermò egli che Arbe si dice dagli slavi Bah, avvertendo però non essere questa che una storpiatura, mia trasposizione di lettere, ma negò che da Bah si possa poi derivare legittimamente Balzani e j juindi Babaz. — Da Bob (Arbe) per indicare 1 l'abitante (Arbegiano) non si può, disse, cavare I the Babanin. Le desinenze in an, ani, zani, pro-i seguì, vengono assolutamente escluse in questo caso dall'indole della lingua slava: esse tradiscono l'inerenza italo-veneta. E avendogli fatto osservare che a poca distanza, sulle sponde dello stesso |uarnaro, gli slavi da Bersez fanno Bersezani, ! la Moschenizze Moschenizzani, da Reka (Fiume) ìtezzani, replicò asseverantemente essere tali de-I tirati contrari all'indole della lingua slava, essere un bastardume che accusa la ingerenza, il connubio, o il substrato di elemento o veneto o altrimenti italiano. Ignaro come sono della lingua slava, non ho argomenti da opporre alle conclusioni dell'erudito slavista e le accetto. Le accetto tanto più che non è questa la prima volta che mi tocca sentire dalla bocca di uno slavo dichiarare bastardo il linguaggio sparsamente parlato nelle campagne di Albona. Ancora nel 1851, un dotto slavista si era recato in Albona per fare ricerche linguistiche in quel territorio, sicuro di trovarvi larga materia di studio, dacché, diceva, tra il Caldera, l'Arsa e il Quarnaro, devono trovarsi i primi slavi scesi nell'Istria orientale d'oltre alpe. Il dotto nomo era stato raccomandato a me, ed io mi sono ben volentieri prestato a guidarlo in varii punti del territorio e a metterlo in contatto con quei gruppi di famiglie che, essendo più lontani dalla città, da altri centri maggiori e dal mare, stimavo avessero conservato più puro l'originario linguaggio. Dopo parecchie escursioni e nei siti da me indicati e in altri proposti da lui, ch'era fornito a dovizia di appunti preparatori^ non è a dirsi la sorpresa del dotto ed onesto Croato. Scanda-lezzato nell' anima sua mi fece notare che sono prettamente italiane, se non in tutto di forma, certo sì di radice e sostanza molte parole ch'io in buona fede avevo fino a quel giorno credute slave davvero. Più ancora mi fece notare che nella parlata di quella gente il giro delle parole, la sintassi, il concetto sono più italiani che slavi. Tenuto colla intenzione di fermarvisi ben a lungo, al quinto dì s'è risolto di partire, e partendo mi disse — capisco che per conoscere la verità non bisogna fidarsi delle altrui relazioni, ma imitare l'esempio del vostro San Tomaso (scherzando sul mio nome), vedere cioè e toccare con mano le cose. — E nella sua onestà mi soggiunse — la popolazione delle vostre campagne merita d'essere studiata più da voi che da me. Farete opera utile alla filologia ed alla storia se raccoglierete le parole e le frasi italiane innestate e fuse nel gergo bastardo (sic) dei vostri contadini, i quali non serbano ormai dell'origine loro che i cognomi e in parte, ma solo in parte, il vestito. Le parole del dotto ed onesto uomo mi parvero tanto serie e giuste che apersi subito allora un registro delle parole italiane adoperate comunemente dai contadini del territorio di Albona, ma poi per 1' una ragione o per 1' altra non lo condussi a fine così di poterlo pubblicare. Capisco ora che m'ebbi torto e mi propongo di rimediarvi. Ma intanto mi fo coscienza di affidare alle pagine della Provincia il racconto di quanto mi è toccato oggi e trenta anni fa. — Aggradisca o almeno mi perdoni il lettore. T. L. Le "vi~ti americane Introduzione. Tempo fa, in una mia corrispondenza, che questo periodico onorava di pubblicazione, promisi di parlare sulle viti americane. Quantunque non tanto sollecito, mi permetto alfine di presentarmi al pubblico istriano colla salvaguardia di quel vecchio adagio „ meglio tardi che mai." Promettere è cosa facile, non così il mantenere; poiché detta quella parola con tanta e forse troppa leggerezza, non pensava all' impegno che stava per assumermi. Diffatti, inoltratomi collo studio, rivedute le mie noterelle che da qualche anno vi andava facendo iu questo proposito, esaminati i più recenti lavori dei migliori scienziati, comparate le altrui esperienze con quelle poche a cui finora ho potuto assistere ed in parte dirigere io stesso, non tardai accorgermi d'essere entrato in un fitto ginepraio e l'uscirne fuori non era la cosa la più maneggevole. Considerato però, che in un simile imbarazzo si troverebbe qualunque fosse neofito in simili studi, ririconosciutone d' altro canto l'importanza di questo tema per la nostra Istria, tutto ciò mi ha spronato a studiare ed a pubblicare questa parte della viticoltura. Che se non riescirò in quello che mi sono prefisso, non sarà certo nè per manco di volontà, di disciplina e di fedeltà, a cui del resto ci ho sempre tenuto. Credo inutile avvertire il lettore, perchè io intenda parlare delle viti americane. Chi mi ha onorato di lettura oltre 1' intestazione, s'immagina già che intendo parlare di certe viti resistenti alle punture della fillossera, le quali dal paese d'origine ricevettero poi il nome generico di americane. Da studi fatti e da prove indiscutibili, nel paese che malauguratamente pel primo è stato invaso dalla fillossera in Europa, ci risulta che realmente vi sono delle viti americane, le quali da oltre un decennio, vegetano e fruttificano benissimo, ad onta della presenza costante del terribile insetto nel terreno. Sul perchè resistono non voglio trattenermi a lungo, poiché divagherei dal campo pratico che voglio seguire; soltanto dirò che alcuni attribuiscono alla durezza e consistenza del legno, altri alla facoltà di sviluppare lunghe e numeiose radici, altri alla corteccia molto grossa, altri alla presenza di una materia acre, astringente nelle radici, oppure resinosa o resinoide. Sia in uu modo sia nell'altro, non è dubbio che la proprietà di queste viti è dovuta alla condizione selvatica in che sono vissute ed in cui vivono in America; mentre le nostre viti, dopo una coltura secolare, si sono rese più delicate; le loro membra sottoposte ai tagli, alle mozzature, alle stroppiature del saggio viticultore europeo, le ha ridotte in uno stato, non temo dirlo, patologico tale, da non poter resistere alle ferite di afide, che a preferenza da noi intacca le radici. Qui qualcuno potrebbe osservarmi : se noi siamo la causa di questa vita anormale che conduce la nostra vite, ricostituiamo i ceppi selvatici seminando l vinacciuoli europei, ottenenendosi con ciò, come è noto, la pianta in istato selvatico. Tutto ciò va bene teoricamente; ma il fatto ha dimostrato, che anche le nostre viti selvatiche soccombono alla fillossera e che non solo queste ma anche molte delle stesse viti americane, una volta credute tutte resistenti, non godono di questo privilegio che alcune soltanto, sulle quali appunto vorrei intrattenere li mio benevolo lettore. Il paese a cui si devono degli eruditi studi in proposito, è la Francia, la quale, come alludeva poco fa, visto 18 anni or sono che i vigneti andavano deperendo, s'occupò, come era naturale, a trovare la causa di questo deperimento. E poiché l' ebbero scoperta, si studiarono di trovarne i rimedi, i quali, dopo una serie di esperimenti, non ne trovarono di efficaci che pochissimi, o punti, finché rimase padrona del campo la vite amercana in sostituzione della pregevole nostra. Ecco il frutto di lunghi, pazienti ed eruditi studi, a cui vi contribuirono le migliori cime francesi ed estere, come il Planchon, Millordet, Champin, Pulliat, Foèx; Bush, Meisner, Engelmanu d'America ed altri. E chiaro che volendo studiare questo argomento, dovetti ricorrere agli egregi scritti di questi illustri ; nè può essere differentemente per chiunque voglia approfondirsi in tale materia. Ancora poche parole, ed ho finito questa introduzione, forse un po' troppo lunga. Fino ad ora in Istria, o per meglio dire a Pirano, si è praticato il metodo di distruzione dei centri fil-losserici mediante l'insetticida il solfuro di carbonio. Con questo lavoro non intendo sconsigliare un tale metodo, perchè mentre quello lo considererei come un metodo curativo e provvisorio, questo sarebbe, dirò così, l'ultima àncora di sicurezza a cui gli Istriani dovranno ricorrere per iscongiurare tanta sciagura. In vista appunto di questo prossimo bisogno, credo presentemente necessario ed utile di esporre lealmente come stiano in oggi le cose su questa bisogna, acciò il viticultore sappia quale apprezzamene possa fare sulle idee che si svolgevano intorno a questa importante questione. E con ciò comiucio. (Continua) D. dr. T. j^Totizie 11 9 gennaio è per gl'italiani dal 1878 il giorno del solenne pellegrinaggio al Panteon di Roma, alla tomba venerata del Re Galantuomo. Un1 altra nobile esistenza si spense il IO m. c. in Giovanni Duprè, celebre autore della Pietà, dell'Achille, del Caino e di tante altre opere scultorie che arricchirono l'arte contemporanea italiana. Il Duprè lascia incompiuti tre lavori, fra i quali una statua di commissione dell'Arciduca Giovanni di Lorena. Il Magistrato di Trieste notifica, che il giorno 1 febbraio per la elezione del deputato al Cousiglio dell'Impero da inviarsi dal II corpo elettorale della città di Trieste in sostituzione al dimissionario, le relative liste elettorali si troveranno esposte nell' antisala al II piano dell' edilìzio magistratuale dal giorno 12 a tutto 19 gennajo, dalle ore 9 ant. alle 2 pom. — Entro questo termine gli elettori potranno presentare gli eventuali reclami contro l'avvenuta inserzione di non aver diritto all'elezione stessa. Sui reclami prodotti decide l'I. E. Luogotenenza, presentati dopo la decorrenza del termine verranno respinti. Nella Società adriatica di scienze naturali il signor Direttore Dr. Marchesetti esordì ai 9 m. c. sulla flora dell'agro triestino per porgere poi un quadro geologico dell' isola di Sansego e dare alcune idee sulla formazione della Pelagosite. Annunciamo ancora che la prelodata benemerita Società terrà il suo congresso generale annuo il 30 del corrente alle 7'/g pomeridiane. La „Perseveranza" nel Numero del tre Gennajo cor-lente, trattando della basilica di San Vincenzo in Prato, scrive che il restauro di detta basilica, progettato da ma commisioue presieduta da Sua Eccellenza l'Arcivescovo di Milano, fu favorevolmente accolta dai cittadini, ìli vari corpi morali, e perfino dall' Istria in una serie i articoli. --—-- Ha fatto il giro di tutta la stampa italiana in que-iti giorni di clamorosi disastri, la notizia che nel 1794 ;isi incendiato il teatro di Capodistria con 1006 mor-i (diconsi mille e sei). Il madornale qui - pi o - quo non la bisogno di schiarimento, e desterà certo un senso i generale ilarità. Ci scrivono: Pirano, 12 gennaio 1882 Oggi che il periodo delle emozioni elettorali è chiuso, ,che la lotta, sorta questa volta fiera ed accanita come se ne aveva mai avuto per lo innanzi 1' esempio, 1 cessato di tenere agitati gli animi, per lasciar luogo In po' di calma e di riflessione, eccomi pronto a tener [promessa che vi feci, di spedirvi due righe di cronaca ttorale. Vi dico subito che la parte di cronista mi proverò | farla sine ira et studio, con quella serenità di Idizio che è assolutamente indispensabile per asse-Lre alle persone e ai fatti il vero posto che loro si ■viene in relazione alle circostanze di tempo e di lago ; e seppure nelle mie parole, vi sembrerà di tro-im qualche cosa, che voi chiamerete un po'di fiele, I dirò anch' io col Manzoni : „ Crediatemi, non Im fatto apposta." I II comitato elettorale, che aveva fatto le cose per iiiao, e che in ogni modo era animato dalle più belle Janzioni per mettere insieme quanto di meglio offriva ai classe di cittadini per costituire una nuova Rap-sseatauza comunale, che fosse all' altezza del suo ' npito, dopo superata felicemente la prova dei primi ! corpi elettorali, s'era data un'allegra fregatiaa di j mi in aria di compiacenza, e cominciava a cantare una sull'esito complessivo delle elezioni. Certamente, » il proverbio, chi fa il conto senza 1' oste, lo fa volte; e qui c'era propriamente il caso di aver o il conto non già senza il padrone della taverna senza il padrone della chiesa. Le piccole ambizioni ero strada anche uell'auimo di due o tre reverendi li credettero che la novella rappresentanza citta-senza un po' di sacra unzione, sarebbe riuscita vera stuonatura dei tempi; incredibile ma vero! e tanto fecero a. tanto brigarono che vollero essere portati dal 3°„ corpo elettorale a sedere auch' essi, in numero di tre (le belle cose sono tre) in compagnia di due L r. impiegati, nell'augusto emiciclo del patrio consiglio. Così il povero Comitato, al quale come non si può negar lode per aver voluto far le cose con piena indipendenza di vedute, non si può nemmeno concedere che abbia avuto quel po' di tatto fino, che era tanto necessario nella bisogna, si vide guastate le uova nel paniere, propriamente all' ultima ora. — Non c' era tempo di mezzo per addottare qualche provvedimento; si è intavolata qualche trattativa, ma . . . lasciatemi che qui stenda un pietoso velo, perchè così lo vuole „la casta Musa e vereconda." Ne nacque ciò che ognuno poteva imaginarsi ; il terzo corpo elettorale votò compatto al cenno dei buoni sacerdoti, epperò diede una piena sconfitta ai poveri messeri del Comitato, i quali tutti, meno qualche eccezione, sentirono troppo offesa la loro suscettibilità personale per accettare il nuovo ordine di cose, così come lo si voleva loro violentemente imporre. Neil' impeto di una subita indegnazione, quei poveri diavoli, meno qualche eccezione 1q si ripete, deposero il mandato di rappresentanti loro conferito dai primi due corpi elettorali. — Il loro esempio venne tosto seguito da un' altra dozzina di eletti i quali vollero partecipare alle sorti di quelle egregie persone che s'erano costituite in Comitato. E qui la faccenda si fece davvero un po' grossa. Ai dimissionari si fecero succedere gli eletti, che dopo di essi avevano raggiunta la maggioranza relativa di voti. Parecchi di questi però cui non garbava punto una tale leva forzosa, pigliarono il partito più ovvio, e declinarono il mandato. Al posto dei nuovi dimissionari si tirarono innanzi i successivi eletti, finché con questa manovra più volte ripetuta si è riusciti a raggranellare i trenta onorevoli, che oggi siedono sulla scranna curule dell' aula magna municipale. Come vedeie, la gestazione è stata un po' lunga e difficile; finalmente il tanto sospirato consiglio comunale venne alla luce beli' e fatto. Se volete saperne il colore, vi dirò che è un'iride; ci sono dentro tutti i partiti, non escluso quello nuovo nuovissimo dell' illetteratura, e ciò in omaggio alla luce del secolo decimonono. Fin qui la cronaca. Vengo ora ai pronostici. E quanto a pronostici se ne fecero di strani e disparati. C' è chi ritiene che la barca comunale, così com' è rappezzata, non può correre molto a lungo le acque dell'amministrazione comunale, senza dar di cozzo in qualche scoglio, o senza finire in qualche basso fondo. Ci sono altri invece che ritengono (e questi sono i soliti maligni) che quelli che tengono il timone, per la voglia che hanno di starci tenacemente attaccati, sapranno, col piegare or da poggia or da orza, mantenersi galleggianti e condurre a buon porto la barca. E ci sono infine i soliti prudentissimi, a cui „il sì e il no nel capo tenzona,, e di profezie non ne vogliono sapere. Del resto, facciano loro che sanno, e noi staremo a vedere. x. La notte del 13 gennaio p.p. ha cessato di vivere in Trieste il vescovo di Trieste-Capo distria, monsignor Giorgio Dobrilla. PUBBLICAZIONI È uscito il secondo fascicolo (N. 3 e 4, Ottobre Novembre a. d.) della Revue antiphylloxérique Internationale; e contiene: O. N. Prato. Le Mildew en Autriche Nouveaux centres phylloxériques. — A. Levi. L'économie dans la production et la concurrence elitre differente prix de révient. — F. Tliilmen. Le phyllo-xera en Criinóe. — Direction. Experiences pratiques sur la submersiou des vignes. — A. F. Marion. Ge-nese des instructions de la Compagnie de chemins de fer Paris-Lyon-Mediterrauée pour l'emploi du sulfure de carbone. H. Macagno. La diffusion du sulfure de carbone dans le sol et ses effets sur le phylloxera.— L. laussau. Conseils pratiques pour l'emploi du sulfure de carbone dans le traitemeut des vignes pbylloxérées. — Dr. Gavazza. Le trèsor de Monte-Cristo. — Dr. Despetits. Rapport sur les reunions viticoles orgauisées par la societè centrai d'agricolture de l'Herault, les 13 et 14 mai 1881. Réglement pour la delegation permanente du congrès phylloxerique international de Sara-gosse. — Direction. Bibliograpbie. La popolazione (li Pola nel 1880. Resoconto desunto dal censimento generale della popolazione secondo 10 stato del 31 dicembre 1880, pubblicato per cura del Municipio. Rovigno, tip. Bontempo & C. 1881. È un lavoro accuratissimo del signor Francesco Suppau, dirigente la sezioue statistico - anagrafica del Municipio di Fola, lavoro che auguriamo a tutti i municipi istriani e per l'importanza della materia e per la somma diligenza con cui fu compilato. Vi leggiamo iu esso come alla fine del 1880 questa importantissima città istriana aveva oramai una popolazione di 17,777 abitanti, (non compresa la milizia) tra i quali 8,980 maschi e 8,797 femmine; come dal 1869 si accrebbe di 7,304 individui con un aumeuto del 69.75% ; come 11 primo posto ha la lingua italiana col 65%, poi la slovena e la serbo croata col 12.61 %,, la lingua te-h desca col 12,61. — E per far conoscere questo bellissimo lavoro dell'egregio signor Suppan nelle sue parti, diremo ch'esso contiene la divisione della città e le sue confinazioni ; le case confrontate col censimento del 1869, la loro classificazione e il numero degli abitatori ; la popolazione del Comune ripartita nella città propriamente detta, nei borghi, nei sobborghi, nelle contrade suburbane, nelle tre ville di Giadreschi, Scattari e Sichich ; la popolazione secondo il sesso posta a confronto tcoi censimenti del 1869 e 1877 e il suo accrescimento percentuale ; la popolazione della città, borghi, sobborghi ecc. rispetto al sesso e alla età; le famiglie formate dagli abitanti civili; la popolazione nei suoi rapporti civili, nella sua operosità, religione, coltura, lingua e sanità; la popolazione secondo la sudditanza e pertinenza ; quindi gli animali domestici. Si vede poi un prospetto della popolazione dei Comuui aggregati a quello del Comune di Pola che ci dà una chiarissima idea tanto del loro accrescimento quanto della eventuale loro diminuzione. In chiusa del pregevole lavoro vennero compendiati i bollettini statistici delle nascite, dei matrimoni e della mortalità negli anni 1878, 1879, 1880 e primo semestre 1881. Questi bollettini vennero auche inseriti dall'autore con sentimento di ottimo cittadino per isbugiardare, com'egli dice, Verronea, o maligna opinione di certi cotali, che sostengono essere la città \ di Pola situata in località contraria alla salute ; mentre da lunghi anni le sue condizioni igieniche si sieno in tal modo migliorate, che dell'antica Pola e della sua malaria, appena si conservi uno sbiadito ricordo. Concludiamo : questa nuova opera statistica fa molto onore non soltanto al bravo signor Francesco Suppan che la compilò, ma allo spettabile Municipio di Pola, che per sue cura volle pubblicarla, e a tutta la provincia dell'Istria a cui può servire d'incoraggiamento e di esempio. Cordelia, periodico settimanale, Firenze 1882. L'infaticabile professor De Gubernatis, si è fatto compilatore d' un foglio settimanale per le giovinette italiane. Il giornaletto porta il grazioso nome di Cordelia-, o vi scrivono i migliori educatori italiani. Oltre a ciò vi è aperta una palestra per le giovinette che desiderano di fare le prime loro armi, sotto la guida dei loro professori e maestri. Perchè di soverchio l'amor proprio non sia eccitato, ognuna si firma col nome di un fiore. Si può immaginare la lieta festa delle ragazze; il libro dei simboli dei fiori è stato già svolto: le verbene, le rose, e l'erbe a gara diffondono i loro profumi. L' egregio De Gubernatis vi prende vivissima parte ; e bisogna vedere con quale amabile disinvoltura sa parlare di cose alte a ragazze, discendendo dalla cattedra per trattare nelle — Conversazione con mia figlia — di filologia indiana. E qui nullla di pedantesco o di nebuloso. Si osservi anzi con quanta sapienza pedagogica egli sappia cavare dal suo tema, j apparentemente arido, nobili massime di morale educazione. Data l'etimologia delle parole fratello e sorella che in lingue ariane significano — difensore, consolatrice, il professore aggiunge. „Poiché adunque il fratello è il sostentatore, il protettore naturale della sorella, poiché la sorella è la consolatrice naturale del fratello; ed i primi Arii, inventori delle due parole, hanno indicato da parecchie migliaia di secoli ai fratelli ed alle sorelle, nel modo più semplice ed espressivo, i loro reciproci doveri, consolatevi e proteggetevi sempre a vicenda, care sorelle e cari fratellini d'Italia." Un solo desiderio. Sta bene, che i maestri lascino j piena libertà alle allieve di manifestare come sanno i i loro sentimenti, e come possono, perchè si veda che qui non si dà la polvere negli occhi. Ma se qua e là lo stile e la lingua zoppicano; il maestro stesso o il , compilatore dovrebbero in apposita nota rettificare l'er- j rore. Niente d'improprio e d'impuro deve uscire da Firenze custode della lingua. Non è adunque pedanteria,, ma santissimo amore di patria richiedere che certi su e giù lombardi, e toilette, e tramway non facciano j capolino in un giornale destinato alle giovinette ita-j liane. E per apprendere a scrivere in istile corrente, j non si ha a strapazzare la lingua. Desidero che il giornale abbia la massima diffusione ; ma badino i signori educatori : non stile sui j trampoli, non rettorica e ricercatezza di frasi. Vedranno dai temi trattati con amabile disinvoltura come anchjj in Italia la letteratura diventi ogni giorno più popolare I secondo il yoto del Bonghi. Ma ripetiamolo, popolare \ sì, ma sempre italiana. ..li La Cordelia si pubblica ogni domenica in Firenze1 via San Gallo, numero tre. L'associazione annua costa cinque lire pel regno; e sette per l'estero Chi procura sei associati, riceve gratis il giornale. P. T. |