Pavao Tekavčic Zagreb ALCUNE RIFLESSIONI A PROPOSITO DI UNA RECENTISSIMA GRAMMATICA DELLA LINGUA ITALIANA 1. L'Italia, che neppure nel passato mancava di grammatiche di indirizzo nor­mativo e descrittivo, si.e arricchita negli ultimi anni di una serie di opere glottodidat­tiche dedicate all'italiano. Una delle ultime eil poderoso volume La lingua e i testi, Grammatica de/la lingua italiana di P. Agazzi, A. Fallica e A. Menegoi, edito da Minerva Italica, Bergamo, 1988. II libro non esoltanto una grammatica in senso usuale: infatti, vi si trattano le nozioni fondamentali della teoria linguistica attuale (comunicazione, segno linguistico, codice, funzioni della lingua, metafora e meto­nomia, denotazione e connotazione, fattori della comunicazione), della teoria del testo (con alcuni campioni di testi di vario genere), in seguito l'origine e lo sviluppo della lingua italiana (dall'Indovinello veronese ai nostri giorni), i dialetti e le comu­nita alloglotte, e nell'ultima delle quattro appendici si danno gli elementi della com­posizione scritta. II volume include dunque in notevole misura la sociolinguistica, la pragmatica, la comunicazione e la teoria dell'informazione (invece di parlante o locutore e collocutore si usano conseguentemente i termini emittente e destinatario), la storia della lingua, la cultura del parlato e dello scritto. Si cerca insomma di avvi­cinare il Linguaggio all'alunno e di sviluppare in lui non solo la competenza gram­maticale ma anche quella comunicativa, attiva e passiva. 2. Sebbene gli autori affermino di partire dalle teorie linguistiche correnti senza novita teorico-metodologiche (Prefazione, p. 6), alcune innovazioni importanti ci sono. A detta degli autori stessi, esse si trovano in tre domini: classi di parole, frasi nucleari e categorie del verbo (loco cit.); ma va sottolineato che anche l'impostazio­ne stessa dell'opera, coni suoi orizzonti larghi, eun'innovazione rispetto alle gram­matiche tradizionali; e ci sono anche diversi punti piu speciali (v. av .). Si sente che gli autori hanno cercato di adottare una posizione di mezzo tra la grammatica di stampo antico («dura disciplina che si imponeva con l'autorita di una legge di natu­ra», p. 5) e il principio della liberta linguistica degli anni '60 (simboleggiato dallo slogan «Val piu la pratica che la grammatica», ib ), sottomettendo gli eccessi di quest'ultimo atteggiamento ad una revisione e un ripensamento (ib.). Ne risultano alcuni tentativi di classificazione, sistematizzazione ed interpretazione in parte esatti, in parti discutibili (in quanto troppo semplificati), in parte finalmente inade­guati o francamente errati. Non potendo tuttavia presentare in questa sede una vera e propria recensione dell'opera, ci limitiamo a discutere alcune questioni che ci sem­brano di particolare importanza, e precisamente: certe nozioni di teoria linguistica e linguistica generale(§ 3), determinati problemi dell'analisi morfematica (§ 4); lo sta­tus dell'elativo (§ 5) e quello degli avverbi (§ 6),. alcune questioni di sintassi della frase (§ 7) e infine determinati problemi della formazione delle parole (§ 8), 3. Su certe nozioni di teoria linguistica e linguistica generale 3.1 Alla p. 38, nel capitolo sull'arbitrarieta e convenzionalita del segno lingui­stico, si legge quanto segue: «Non c'e niente, infatti, di intrinsecarnente particolare nel referente che giustifi­chi la scelta di un certo significante piuttosto che di un altro. Sano stati gli uomini appartenenti allo stesso gruppo sociale che, a un cer­to momenta, si sono messi d'accordo fra di loro e, in virtu di una convenzione, hanno dato quel determinato nome che e stato utilizzato in quella forma da tutti i membri della stessa comunita.>>. La prima parte del passo commenta l'arbitrarieta del segno linguistico ed e esat­ta e pacifica; la seconda, invece, suggerisce qualcosa di inaccettabile. lnfatti, essa sembra ritornare all'antica disc.ussione sull'attribuzione del significato physei o no­mo (thesei), e precisamente a questa seconda tesi, lasciando intendere che gli uomini ad un certo momento si sono messi d'accordo di chiarnare un dato oggetto con un determinato nome. Si sada tempo che il segno linguistico (piu precisarnente, il rap­porto tra significante e significato) e, si, arbitrario, ma quest'arbitrarieta non impli­ca alcuna decisione cosciente, presa ad una data tappa della storia, bensi si inquadra nella trasmissione storica del linguaggio. A quanto possiarno risalire nel tempo, ogni generazione eredita la lingua gia fatta dalla generazione precedente. Classiche in questo senso sono le parole di F. de Saussure, «padre» incontestato del concetto dell'arbitrarieta del segno linguistico; ad es. (Saussure 1965): «II [ = le mot arbitraire] ne doit pas donner l'idee que le signifiant depend du libre choix du sujet parlant [ ... ]» p. 101) «La langue ne peut done plus etre assimilee a un contrat pur et simple [ ... ] si l'on veut demontrer que la loi admise dans une collectivite est une chose que l'on subit, et non une regle librement consentie, c'est bien la langue qui en offre la preuve la plus eclatante.» (p. 104) e soprattutto: «A n'importe quelle epoque et si haut que nous remontions, la langue apparalt toujours comme un heritage de l'epoque precedente. L'acte par lequel, a un moment donne, les noms seraient distribues aux choses, par lequel un contrat serait passe entre les concepts et les images acoustiques -cet acte, nous pou­vons le concevoir, mais il n'a jamais ete constate.» (p. 105) Da Saussure fino ad oggi si e ripetuto un'infinita di volte che la lingua e un fe­nomeno sociale, a cui l'individuo non puo carnbiare praticarnente nulla; fenomeno ereditato da generazioni anteriori ed elaborato nel corso della storia, non creato ad una sua tappa per decisione cosciente. Cio vale beninteso anche per il rapporto tra significante e significato. 3.2 Alla p. 375, nell'ambito del capitolo sul soggetto, si dice che il soggetto e co­stituito per lo piu da un nome o da un pronome, ma che «qualsiasi elementa puo fungere da soggetto (persino un articolo o un funzionale in frasi del tipo: il eun arti­colo determinativo; sebbene euna congiunzione) [...]». L'affermazione (che si legge­va anche in talune grammatiche di vecchio tipo) non distingue il piano linguistico da queHo metalinguistico (eppilre, a p. 103 la funzione metalinguistica e introdotta e commentata). Sul piano metalinguistico, infatti, q u al si asi parola puo essere sog­getto, anche una forma verbale personale ( = tradizionalmente: esplicita): «portereb­be euna forma ver bale italiana» ecc. Ma in tutti questi casi si tratta di parole c i ta­te, situate dunque su un altro piano, quello metalinguistico. Sul piano linguistico it, sebbene, porterebbe ecc. non possono mai funzionare da soggetto. 4. Alcuni problemi del/'analisi morfematica 4.1 Gli autori introducono il concetto di morfema nella solita accezione e ne di­stinguono alcune categorie (p. 199 sgg.). Nell'analisi delle forme verbali lodasti, te­memmo, dormirono, condotta alla p. 250, si isola tuttavia, tra il morfema lessicale e quello grammaticale, una vocale definita caratteristica, cosi presentata: lod-~-sti tem-0-mno dorm-[[]-rono Secondo questa vocale caratteristica (a cui si accenna gia nella nota 2 della p. 201) si distinguono in italiano tre coniugazioni: gli infiniti della prima coniugazione escono in -are, della seconda in -ere e della terza in -ire. Nello stesso passo i segmenti -v-(di lodavamo) e -r-(di temera, dormiresti) sono definiti morfemi formativi. Diverse obiezioni si possono fare. 1) Dapprima una questione terminologica. Secondo il nostro parere, il termine coniugazione andrebbe riservato al sistema della flessione verbale in genere; in altri termini, in una lingua non ci possono essere piu coniugazioni ma una sola (se, cioe, le categorie verbali si esprimono mediante desinenze, alternanze ecc.). Per quelle che la grammatica tradizionale denomina coniugazioni, preferiamo il termine classi, sic­che ci sarebbero in italiano tre classi: ~are, -ere, -ire (ma v. un po' av .), In tal modo si evita Pambiguita del termine coniugazione la quale, portata all'estremo, permet­terebbe di dire ad esempio che in italiano la coniugazione [nel nostro senso] distin­gue tre coniugazioni [nel senso allora y Va causa enota, l'effetto e rematizza­to come novum], mentre alla p. 497 (nella gia citata tabella riassuntiva) si danno, e vero, tutte le congiunzioni causali, ma gli esempi illustrano soltanto il tipo contrario [Yperche X: effetto noto, causa rematizzata]. Sarebbe senz'altro preferibile descri­vere in ambedue i posti entrambi i tipi, e commentarne gli elementi identici e le diffe­renze. 7.5 Gli autori includono tra le subordinate consecutive anche quelle che noi ab­biamo definito frasi di [a adeguatezza] (Tekavčic 1980, II, p. 455) (esempio degli au­tori: ero troppo affamato perche potessi (per poter) impegnarmi in una discussione, p. 489) nonche le frasi da noi denominate consecutive interrogative (Tekavčic, op. cit., pp. 455-456), ossia frasi motivanti una domanda o una presunzione (secondo Regula-Jernej 1975, p. 320) (esempio degli autori: cos'hai, che sei (da essere) cosl nervoso?, ib.). Che in questi due tipi di frasi ci sia un certo rapporto fondamental­mente consecutivo e indubbio, ma a nostro parere cio non basta per considerarle consecutive (tant'e vero che, procedendo cosi, a rigor di termini anche le causali po­trebbero essere annoverate tra le frasi consecutive). Le frasi consecutive interrogati­ve non constatano un rapporto tra una causa effettiva ed una conseguenza altrettan­to effettiva ma interrogano sulla causa (dunque, ignota) che puo aver provocato la conseguenza, oppure·ipotizzano una tale causa. Quanto all'altro tipo (frasi di [a adeguatezza]), neppure esse stabiliscono un rapporto effettivo tra causa e conse­guenza, masi limitano ad esprimere il grado della causa adeguato o meno (da qui il nostro termine) per determinare la relativa conseguenza. Cio significa che nemmeno in queste frasi il rapporto tra causa e conseguenza e realizzato, per cui sul piano dell'espressione abbiamo il congiuntivo. Si confronti: 1 che B (indic.) troppo (poco) A percM B (cong.) tanto A da B (infin.) abbastanza A per B (infin.) La struttura formale delle frasi di [a adeguatezza] non e quella delle consecutive ma quella delle finali, appunto perche le frasi qui discusse riuniscono in se tre. compo­nenti sintattico-semantiche: la causa e/non presen­necessario produrre un de­ te ad un certo grado per terminato effetto (comp. quantitativa) (comp. finale) (comp. consecutiva) Concludiamo che tanto il lato formate quanto quello semantico distinguono le frasi di [a adeguatezza] dalle consecutive, per cui riteniamo giustificato interpretarle co­me un tipo di subordinate autonomo e coordinato alle altre. 7 .6 Alla p. 478 si illustra la possibilita di trasformare le frasi subordinate impli­cite in esplicite e si da l'esempio: Andrea eJelicedi essere stato promosso ---> Andrea e Jelice, perche e stato promosso. 1 due tipi di frasi ritornano nella tabella (p. 497), dove si legge anche l'esempio Sono Jelice di averti visto. Noi non crediamo che le frasi implicite ed esplicite siano in questo caso del tutto sinonime: infatti, mentre le esplicite (con perche') dicono effettivamente la causa, le implicite, anziche la causa, esprimono l'argomento dell'aggettivo ene completano il significato. La differenza e ancor piu sensibile con aggettivi come contento: sono contento di poter restare a ca­sa e sono contento, perche posso restare a casa non sono affatto sinonimi (cfr. an­che la differenza nella prosodia, cioe la pausa nella frase esplicita, espressa dalla vir­gola). A sostegno di quest'interpretazione crediamo di poter addurre due prove. 1) In periodi come Andrea e Jelice di essere stato promosso si puo aggiungere un'altra subordinata (retta non dalla prima subordinata ma dalla reggente), di signi­ficato questa volta nettamente causale, e precisamente con la rematizzazione sia det­la causa che dell'effetto: Andrea e Jelice di essere stato promosso, perche deve terminare /o studio quanto prima Siccome Andrea deve terminare !o 'studio quanto prima, e Jelice di essere stalo promosso. Poiche in un periodo non sono possibili due subordinate omofunzionali rette dalla stessa reggente e non reciprocamente coordinate, e dato che le frasi aggiunte, introdotte daperche risp. siccome, sono indubbiamente causali, risulta che la impli­cita, introdotta da di, non puo essere causale. 2) Se sostituiamo il verbo in forma personale con un verbo impersonale (detto anche unipersonale), constatiamo che la struttura implicita (di + inf.) rimane possi­bile, quell'altra (perche + verbo pers.) invece no (oppure ha un altro senso): Sono lieto di essere stato promosso > Mi J a piacere di essere stato promosso Sono lieto, perche sono ?*Mi Ja piacere, perchi sono stato promosso > stalo promosso Anche questa differenza prova che i due tipi di frasi si distinguono. Si aggiun­ga, 1infine, che essi si distinguono anche in altre lingue (ser. sretan sam da (o šlo) je moj sin položio ispit : sretan sam jer je moj sin po/ožio ispit, ted. ich bin Jroh, daj] mein Sohn die Priifung bestanden hat: ich binfroh, weil mein Sohn die Priifung be­standen hat ecc.). 7.7 Qualcosa di incomprensibile e insostenibile si legge alla p. 473: si afferma che certe congiunzioni [le ipotattiche], sia che si premettano ad una frase o che si collochino alla fine di essa, suscitano un senso di sospensione e provocano una do­manda. Gli esempi sono: quando devo uscire di casa .. . prendo l'ombrel!o quando .. . Salta agli occhi di chiunque conosca un pochino l'italiano (anzi, la grammatica in genere) che anche nel secondo esempio la congiunzione non ealla fine della frase (che e, nota bene, la reggente!) masi trova normalmente all'inizio della frase (subor­dinata), solo che questa non eespressa. La differenza corisiste dunque unicamente nell'ordine reciproco delle frasi, mentre la congiunzione esempre in testa alla subor­dinata. Se cosi non fosse, dovrebbero essere possibili frasi agrammaticali (agram­maticalissime, sit venia elativo!) come queste: *E cominciato a piovere sono uscito di casa non appena *Resto a casa mi sento poco bene perche *II tempo ebrutto poiche, non andiamo in gita ecc. 7 .8 lnfine, per terminare con la sintassi, osserviamo in fretta che alla p. 498 la frase per ur/are che f acesse edichiarata implicita, mentre eevidentemente esplicita, essendo il ver bo in forma esplicita [ = personale]. La frase esinonima di per quanto urlasse, esplicita anche questa. 8. Alcuni problemi de/la formazione de/le parole 8.1 Le nostre osservazioni si concentrano praticamente su un solo problema: l'interpretazione dei derivati tipo prudenza, insipienza, perseveranza ecc. Alla p. 532 prudenza euno dei due esempi per la formazione nominale deaggettivale con il suffisso -enza (l'altro eesperienza); alla p. 534 si da la formuiaprudente + -enza-> prudenza (!); alla p. 556, nell'esercizio num. 4, si ripete la coppia prudente -> pru­denza e si chiede all'alunno (tra l'altro) di formare derivati mediante i suffissi -anza e -enza dagli aggettivi insipiente e perseverante. Che cosa si puo obiettare? 1) Anzitutto, se la formula data alla p. 534 fosse corretta, il risultato dovrebbe essere *prudentenza, non prudenza. La formula edunque sbagliata: o la base non e prudente o il suffisso non e-enza. 2) Se dovessimo isolare in prudenza il suffisso -enza, risulterebbe come base il segmento prud-, che in italiano si puo collegare, semmai, col verbo prudere; e poi­ che derivati deverbali con -enza ci sono (cfr. partenza), prudenza dovrebbe avere su per giu lo stesso significato come prurito. 3) Naturalmente, il suffisso inprudenza non e-enza, e cosi pure in insipienza; e anche in peserveranza si puo isolare il suffisso -anza soltanto se il nome ederivato dal verbo perseverare, non certamente se e deaggettivale, da perseverante. 4) In tutti i casi discussi il suffisso esolo .:ia, aggiunto alle basi che gia escono in -ant-1-ent-. Nel processo di derivazione si assibila la Iti in /ts/ e si perde successiva­mente la semivocale: prudent + ia => prudenz + ia => prudenza. Si tratta dello stesso tipo di formazione come nella coppiaforte -> forza, tipo di cui nella nostra grammatica non si parla. La regola della perdita della semivocale, pur essendo frequentissima, non egeneralizzata e ineccepibile, poiche da inerte abbiamo inerzia (non *inerza) e da infante si ha infanzia (in quanto la coppia emotivata). In queste eccezioni consiste la differenza tra questo gruppo e quello dei derivati dalle basi in /č/ (audace -> audacia, efficace -> efficacia ecc.), dove si halo stesso suffis­so .:ja ma la perdita della semivocale eineccepibile, perche edeterminata da fattori fonotattici (inesistenza della sequenza /čj/) ed eautomatica. 5) L'errore nell'analisi dei derivati prudenza ecc. edunque evidente, ma, come attenuante a favore dei nostri autori, non bisogna tacere che Jo stesso errore si trova anche in altri manuali: Regula-Jernej 1975, p. 76 (e ci sono vari altri errori ancor piu gravi, come ad es. il suffisso /inesistente!/ -orico in esempi come storico, al!egorico, p. 78, o il suffisso -udine in incudine, p. 76), M .. Fogarasi 1983, p. 137 (suffisso -anza in eleganza, -enza in imminenza), Zingarelli 1983 (esempio prudenza s. v. -enza). 8.2 Alla p. 543, tra gli esempi per il prefisso sub-, su-, so-, il quale indica infe­riorita ('sotto'), efinito anche l'aggettivo surrea!e, dove il prefisso edi significato esattamente opposto (superiorita; 'al di sopra') e non ha niente a che fare con sub.:., perche risale (come il corrispondente francese sur-) al lat. SUPER. Opere citate: Crystal 1971: D. Crystal, Linguistics, Harmondsworth. Deanovic-Jernej 1980: M. Deanovic-J. Jernej, Talijansko-hrvatski ili srpski rječnik (Vocabolario italiano-croato o serbo), Zagreb. Devoto-Oli 1971: G. Devoto-G. C. Oli, Dizionario de/la lingua italiana, Firenze. Feuillet 1983: J. Feuillet, Se debarrassera-t-on un jour des parties du discours?, «Bulletin de la Societe de Linguistique de Paris» (BSLP) 78/1, pp. 23-51. Feuillet 1987: J. Feuillet, L 'organisation des trois points de vue, «BSLP» 82/1, pp. 1-41. Fogarasi 1983: M. Fogarasi, Grammatica italiana del Novecento, 2. ed., Roma. Hall 1952-53: R. A. Hall jr., The Classification oj ecco and Its Cognates, «Ro­mance Philology·» 6, pp. 278-280. Pottier 1958: B. Pottier, Introduction it la philologie hispanique II: Morphosyntaxe espagnole, Bordeaux (policopiato). Regula-Jernej 1975: M. Regula-J. Jernej, Grammatica italiana descrittiva su basi storiche e psicologiche, 2. ed., Bern. Saussure 1965: F. de Saussure, Cours de linguistique generale, Paris. Tekavčič 1968a: P. Tekavčič, Sur le superlatif italien et roman, «Studia Romanica et Anglica Zagrabiensia» 25-26, pp. 23-42. Tekavčič 1968b: P. Tekavčič, O tzv. apsolutnom superlativu u modemom talijan­skom jeziku [Sul cosiddetto superlativo assoluto nell'italiano moderno], «Živi jezici» IX/1-4, pp. 15-20. Tekavčič 1980: P. Tekavčič, Grammatica storica dell'italiano (1 Fonematica, II Morjosintassi, III Lessico), Bologna. Tekavčič 1982: P. Tekavčič, Intorno ad alcuni «ribelli» nella tipologia, Osserva­zioni contrastive su materiale italiano, serbocroato e latino, «Studije iz kon­trastivne analize italijanskog i srpskohrvatskog jezika» 2, Beograd, pp. 5-22. Tesniere 1959: L. Tesniere, Etements de syntaxe structurale, Paris. Zingarelli 1983: N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, 11. ed. a cura di Miro Dogliotti e Luigi Rosiello, Bologna. Sažetak NEKA RAZMIŠLJANJA U POVODU JEDNE OD NAJNOVIJIH GRAMATIKA TALIJANSKOGA JEZIKA U ovom se prilogu iznose neke kri tičke primjedbe na veliku gramatiku talijanskog jezika La fingua e i testi autora P. Agazzi, A. Fallica i A. Menegoi (Bergamo 1988). Pored gramatičke materije u uobičaje­nom smislu taj udžbenik daje i temeljne pojmove opce lingvistike (jezični znak, funkcije jezika, značenje itd.), pragmatike, sociolingvistike, jezične komunikacije i analize tekstova, a sadrži i pregled povijesti ta­lijanskog jezika i elemente dijalektologije. Vrlo je moderno impostiran i liberalan u pogledu jezične pra­vilnosti, daleko od tradicionalnoga purizma. Ipak, unatoč svoj suvremenosti ima u toj gramatici i disku­tabilnih, pa i pogrešnih tvrdnji, kao i posve tradicionalističkih postupaka. Ovdje se podvrgavaju kritici ova područja: 1) teorija jezika i opca lingvistika (pogrešna tvrdnja da su ljudi dogovorom nadjenuli rije­čima značenja); 2) morfematska analiza (prvenstveno glagolskih) oblika (odredene nepotpunosti i/ili ne­dosljednosti); 3) status elativa (koji je i ovdje uključen u komparaciju a u nju ne spada) i elativ priloga kao jedini oblik superlativa priloga; 4) heterogenost klase priloga (medu koje je ubrojena i riječ ecco); 5) pogrešna ili nedovoljna analiza nekih tipova rečenica; 6) potpuno pogrešna tvorbena analiza izvedeni­ce prudenza (i nekih sličnih), kao da je izvedena sufiksom -enza.