ANNO XX. Capodistria, 16 Settembre 1886. t N. 18. LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il r ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione — Oli abbonamenti si ricevono presso !» Rei! ;izione. Articoli comunicati d'interesse generale »i stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 11 settembre 1886 secondo anniversario della morte, che rapì alla provincia istriana il suo CARLO COMBI Ricordiamo, riverenti, questa data, e la novella generazione si conforti, pensando, che la parte nobilissima di Lui vivrà sempre nelle sue opere e nel sno esempio. Trieste rammemorò così questo mestissimo anniversario : Il giorno 11 settembre 1884, moriva a Venezia Carlo Combi, patriota istriano, la morte del quale, com' è mestamente ricordata, è del pari ancor oggi con lo stesso acerbo dolore rimpianta, perchè fu sciagura immensa, perchè fu perdita irreparabile. "Sòi ricorderemo nella luttuosa ricorrenza le grandi virtù di quest' Uomo insigne, onde la memoria venerata di Lui ci sia sempre presente, e 1' esempio forte di Lui ci sia costantemente dinanzi, ammaestramento alla gioventù, conforto agli adulti nelle battaglie della vita, nella lotta per il bene, cui egli, il grande Patriota, dedicò l'intera sua vita. A TE 0 CARLO COMBI IN QUESTO DÌ SOLENNE L'AFFETTUOSO RICORDO DELLA TUA TRIESTE (Indipendente) à LA PESCA LUNGO LA NOSTRA COSTA La stampa dei due Stati interessati si occupa già da qualche tempo, com' è naturale, del trattato di commercio e di navigazione tra il regno d'Italia e l'impero d'Austria, il quale va a scadere col 21 Dicembre 1887, e noi abbiamo già fatto cenno di un pregevole articolo pubblicato nel n. 5 della rivista della marina mercantile in Trieste: La pesca dei Chioggiotti nel mare Adriatico; considerazioni e proposte. Il Dalmata di Zara ne scrive nel suo n. 8, e rileva, molto a proposito, gli articoli della Politik di Praga contro i Chioggiotti, e la brillante risposta dell' illustre prof. Enrico Ltitrow nella Neue Freie Presse (Abendblatt 20 Agosto). La questione dibattuta è tanto vecchia, e fu così approfondita da competenti periti e da illustri scienziati, che si dovrebbe ritenere superfluo doversene più occupare. Ma, pur troppo, non è così; e noi non avremo certo l'ingenuità di farne le meraviglie, se anche la questione della pesca, come molte altre questioni, si discute oggi con la febbre della passione nazionale politica, e non già allumata dalla scienza, e dalle necessità economiche. L' organo slavofilo, La Politik, senza conoscere affatto 1' essenza della questione, con poca accortezza mostra, come si suol dire, il fianco, e accecato da odio nazionale, verrebbe addirittura cacciati dalla costa dalmata, per quel giornale già croata, e unicamente — perchè la ritiene croata, — i pescatori italiani chioggiotti. Come si vede, la questione non tocca direttamente la nostra provincia italiana in questa lotta contro l'italiano, ci tocca però sempre in quanto che le proscrizioni della Politik, dovrebbero per necessità essere estese a tutta la costa austriaca. Questi articoli della Politik, basta rilevare che sono ispirati da passioni nazionali non da in- teressi economici, nè da informazioni scientifiche. Meditato bene, e ispirato da onesti intendimenti, scritto con buona conoscenza di causa è invece l'articolo citato della Rivista Mercantile. L'autore separa subito le questioni ; quella economica pura e semplice, o diremo così finanziaria, da trattarsi fra i due governi, sul valore dei servizii da scambiare nel futuro trattato ; e la questione della pesca propriamente detta per ciò che riguarda la propagazione della specie, con ispe-ciale riflesso a quella dei Chioggiotti. È naturale che ciascuno dei due governi faccia valere i vantaggi, e nel caso nostro, il valore della concessione dell' uso del mare pescatorio da secoli sfruttato dai Chioggiotti, di confronto al vantaggio dell' esenzione del dazio accordato dal governo del regno d'Italia al nostro pesce salato, che quasi tutto introduce. A questo scopo 1' autore espone dati precisi tratti da fonti ufficiali. L' esportazione di pesce in salamoja dall' Austria-Ungheria nel regno d'Italia fu nel quinquennio 80-81, di quintali 5216 per un valore di lire ital. 390.200 — le quali rappresentano un importo di lire ital. 31.1S0 di dazio, a vantaggio della nostra industria, essendo tassati con lire 6 per quintale i pesci in salamoja. Di confronto, 880 Chioggiotti con 220 barche esercitano la pesca sulla nostra costa e portano pei nostri mercati merci di un valore di fior. 358 mila ; — mentre altri 560 Chioggiotti con 140 barche pescano nelle acque istriane e dalmate, provvedendo i mercati di Venezia e Chioggia con merci del valore di fior. 250 mila. L' A. rileva in conclusione che, nella migliore ipotesi, alla nostra industria del pesce salato può risultare un utile di L. Ital. 31.480=15.480 fior, all' anno, piccola concessione finanziaria fattaci dal regno d' Italia di confronto alle considerevoli somme ricavate dai Chioggiotti. Senonchè bisogna allargare le indagini, per farsi una giusta idea delle nostre condizioni, e sarebbe errore fatale se in questo studio di ricerca si credesse arte sopraffina il nascondere tutte quelle ragioni per cui torna di vantaggio alla popolazione nostra la pesca dei Chioggiotti ; in quella guisa che i Chioggiotti stessi confessano dipendere 1' e-sistenza di molti di loro dalla pesca nel nostro mare. Ammesso, come crediamo giusti i dati, non bisogna dimenticare che 1' esenzione del dazio fatta dall' Italia al nostro pesce salato, è condizione di vita o di morte di questa nostra industria, dalla quale vivono in gran parte tutti i nostri pescatori di sardoni e di sardelle, essendo assai scarso il consumo di queste per le fabbriche nazionali ad uso di Nantes, nè potendosi finora adoperare i sardoni altro che per salarli. Il reddito di lire 390.200 — fior. 195.100 così valutato del nostro pesce salato andrebbe quasi a cessare se ci fosse chiuso lo smercio del regno d' I-talia per quel prodotto, smercio reso possibile unicamente dall' esenzione del dazio. Di più si deve calcolare 1' utile del sale consumato dai nostri pescatori per la salazione — e calcolato a chil. 50 di sale per ogni quintale di pesce, avremo un consumo di sale di 2623 quintali, tutto a vantaggio dell' altra nostra industria delle saline. Avremmo dunque da opporre cifre considerevoli a quella che rappresentano gli utili dei Chioggiotti. Ed ora domandiamoci un po' questo utile; chè i fior. 258 mila rappresentano tanto pesce tolto al nostro mare, è vero, ma chi lo mangia? Immagini un momento l'A. che tutte le 228 barche chioggiotte venissero allontanate da esso, quali ne sarebbero le conseguenze? Che, cioè, mancherebbe alla nostra popolazione il mezzo più economico di sussistenza, e le mense dei ricchi dovrebbero pagare a peso d' oro il pochissimo pesce venduto dai nostri pescatori. Torna quindi sempre a proposito ripetere la vecchia frase : Se i Chioggiotti non vi fossero bisognerebbe inventarli! Al prossimo numero qualche osservazione sulla pesca dei Chioggiotti e dei nostri pescatori in relazione agli studi ed alle proposte dell' accennato articolo della Rivista mercantile. DIGRESSIONI*) D' uu libretto di stemmi delle famiglie nobili di Capodistria. 9) Perchè sul primo di questi scudi si vede bensì rilevato il cavolo con cinque foglie con il gambo e con cinque radici e sull' altro rilevata la fascia e i se' gigli ; ma per segni, come usa nel blasone, non sono indicati i colori — però questi desumo dalle armi delle due famiglie, quali sono notati per le loro iniziali maiuscole, ne' due disegni d'un libretto posseduto dai Kersevany di qui, il quale ebbi per loro cortesia sott' occhio. Mostrano questi due disegni qualche diversità, a dir vero, *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna di Santa Giustina ; 22, 23, 24 an. XVIII; 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 20, 22, 24 an. XIX; 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16 an. XX — Digressioni. messi a confronto con gli scudi della Colonna: la sverza à foglie sette e sei radici e i gigli sopra e sotto la fascia sono tutti a eguale distanza dalla medesima ; ma le son cose di picciol valore. Dirò invece del libretto — per chi ne avesse curiosità — che s'intitola Arme | overo Insegne | delle Famiglie nobili | dell' illustriss. \ Città \ di Giustinopo li, senza data o luogo. È cartaceo, assai sdrnscito, specie inferiormente e più dalla schiena, dove anche i disegni dilavaronsi per essersi le carte inzuppate non saprei di che liquido dalla prima all' ultima. Le quali sono 40, innumerate, ciascuna di mm. 202X130. Sul retto della prima il titolo con fregi agli orli, bianco il verso e bianche le due carte seguenti e le due ultime. Tanto sul retto che sul verso della quarta è disegnato uno scudo accartocciato, che copre tutta la pagina, dal campo ovale ; ma senza figure : forse aveasi intenzione di disegnarvi lo stemma dell' Istria sul primo e quello di Capodistria sul secondo. Le altre pagine portano disegnate, due per ciascuna, su scudi accartocciati, dal campo similmente ovale, le figure delle armi — salvo che non fu-ronvi disegnate quelle della famiglia Pellegrini e di una, la seconda per ordine, delle due Gravisi — delle famiglie cavate dal Sindicato e dalla Vice-Dominaria e registrate dal Manzuoli nella Nova Descrittione ecc., ristampate quindi dal Kandier nell' Istria — v. digressione 6. fine —, più di quelle: Bonzi; Borisi; Man-nini; Novaria ; Polesini; Bufini; Smergo; V'eccelli; Vida; Gravisi ce ne son due, come ò notato: in tutto 136. Ma in vece di Beuazano e Parelio, come nel Manzuoli — dov' è doppia, per isbaglio dello stampatore, la famiglia Cani — e nel Kandier, leggesi qui meglio Beavano e Tortello senza notare altre varianti di minore entità. Di queste 136 famiglie nell' elenco o prospetto cominciato a tracciare nelle sue Memorie da Prospero Petronio — v. digressione precedente — appariscono 60 ; altre 6 sono nuove per il libretto, ma non più quasi che accennate : Contestabile ; Castri ; Facina ; Lugo ; Mezabarba; Del Monte — come delle altre non si distende il Petronio a parlare di tutte ugualmente ; di alcune dà poco più dei nomi o dei contorni delle insegne, che spesso non descrive neppure. E 35 delle 136 appariscono anche nel foglietto staccato, di cui è pur cenno nella digressione precedente : di tutte queste il campo e le figure sono indicati per segni, di 16 anche a parole. Nessuna nuova qui, che non sia già nel libretto Kersevany. Nel quale i nomi delle famiglie, in ordine presso che alfabetico della iniziale come nell' elenco e nel foglietto accennati or ora, sono scritti sopra ciascun' arma e per quelle allora estinte, che le armi venivano disegnate, o si estinsero poi, è ciò notato fra parentesi, e v' è apposto il titolo, se si tratti di conti e marchesi. I disegni sono a penna, con inchiostro nero, non tanto grossolani. E gli smalti, come ò accennato, sono indicati per le loro iniziali maiuscole con lo stesso inchiostro, fuorché nel-1' arma della famiglia Beatiano, dove sono per segni. — Il posteriore de' due cartoncini, malandati anch' essi come le carte che vorrebbero tenere insieme, porta all' esterno nella parte inferiore questa nota di mano più recente e a capo in giù : Ricevuto a conto di debito. Meno male ! (Continua) COSE VECCHIE ISTRIANE VALLE Fra i luoghi dell'Istria che si diedero al Leone di S. Marco fu pure il castello di Valle, nell' archivio della cui Comune ancora si conserva l'atto giuridico, col quale esso fece spontanea dedizione a Venezia ; — ciò che non è avvenuto di parecchi altri luoghi del nostro litorale che furono soggiogati — con deliberazione presa in pieno consiglio tenuto dai cittadini sotto la pubblica loggia, che ancora sta in piedi. Questo atto ha la data 23 settembre, 1332, essendo giudici del luogo Sergio quondam Montanario e Martino Gallimeta. Fu poi portato a Venezia dai deputati Giraldo quondam Leonardo, Francesco, e Francesco Notajo Olim Gastaldo di Valle, e fu letto in pieno Consiglio del Senato presieduto dal Serenissimo Doge Francesco Dandolo nel giorno sextodecimo infrante mense Novembris, Anno Nativi-tatis 1332, Indictione 15. Accettata la dedizione, il Senato stabilì le norme generali di governo per Valle che del resto nelle cose interne si reggeva con proprie leggi e speciali privilegi. Più tardi, cioè nel 1477, si ottenne un proprio Statuto, che è pure conservato nell' archivio del Comune. Quantunque prima ancora che passasse sotto la Signoria Veneta, Valle fosse già un forte castello, venuto però in mano dei veneti, questi lo considerarono come un punto importante per la sua vicinanza di poche miglia dalla frontiera. Valle adunque fu da questi in miglior forma fortificata, ristaurando il triplice ricinto delle mura, delle quali si veggono tuttavia le vestigia costrette dai Romani, e munendolo di sette torrioni, in parte non ancora caduti. Ai nostri giorni, dopo che l'arte strategica fece così grandi progressi, il castello di Valle non gioverebbe certamente per nulla ; ma nei secoli passati era abbastanza forte da tenere in rispetto i nemici e da contrastare loro il passo, siccome sappiamo essere avvenuto nel 1616 nella guerra contro gli Arciducali od Imperiali, calati da Pisino e da Giraino. Da un registro dei morti che si conserva in quel-l'archivio parrocchiale, si rileva che aperte le ostilità nel giorno ventuno aprile sono durate fino ai 7 ottobre dello stesso anno. Sembra che l'attacco del 21 non fosse che un' avvisaglia od una ricognizione, poiché solo al 9 giugno furono riprese le ostilità, le quali durarono 14 giorni di seguito, cioè fino al 23 dello stesso mese. Da questo dì fino ai 4 di agosto vi fu tregua; ma allora, ripigliati i combattimenti, vi ebbe qualche fatto d' arme quasi ogni giorno fino ai 7 d' ottobre, dopo il quale gli Arciducali si ritirarono. Il presidio del castello era formato di terrazzani, di soldati del Conte Fratina ed in buona parte di veronesi. In tutto questo periodo di guerra morirono in combattimento sessanta soldati del presidio, tra i quali un capitano, un sergente ed un caporale. Dalla podesteria si passa alla piazzetta, dove si vede l'antico fondaco, la pubblica loggia, il palazzo dei podestà veneti decorato all' esterno da più stemmi ed ora ridotto a scuola, e qualche casa coi muri di pietra lavorata e colle finestre veneto-gotiche. (Istria) UST o tizi e È morto in Trieste, dopo lunga e fiera malattia, T avvocato Giovanni Benco, consigliere municipale, vicepresidente della Camera degli avvocati, presidente della Società delle letture popolari, direttore del Gabinetto di Minerva. L' egregio trapassato fu inoltre uno dei fondatori della Gazzetta dei tribunali, che diresse e ne fu collaboratore; restituì in vita col compianto Buttazzoni 1' Archeografo triestino, dove rimangono di lui importanti lavori di storia patria, che raccolse auche in monografìe. Trieste rese allo stimato cittadino quelle onoranze che si tributano sempre a chi serve il suo paese con serietà di propositi. Sono vacanti per l'anno scolastico 1886 — 1887 tre stipendi provinciali di fior, duecento ciascuuo per studenti di Università ; cioè uno per lo studio legale, uno pel filosofico, ed un terzo pel politecnico; inoltre sette stipendi di fior, cento 1' uno per studenti ginnasiali, che hanno riportato o si sono approssimati ad una nota distinta di progresso con preferenza a quelli che frequentano istituti della provincia. La curia vescovile di Parenzo — Pola comunica per norma di chi ne avesse interesse, che col prossimo anno scolastico 1886 — 1887 potranno venire accolti nel Convitto diocesano parentino — polese in Capodistria anche parecchi giovanetti comprovinciali diocesani e non diocesani, i quali pagassero la dozzina di fni. venti al mese ed il letto. La prefata curia partecipa pure che il relativo statuto organico sta sotto i torchi e verrà quanto prima rimesso a cui spetti. A Grisignana si è costituito un gruppo Pro Patria ed altri tre gruppi sono iu formazione a Pola, a Ver-teneglio e a Rovigno. Dignano, che diede i natali al celebre chimico Dott. Bartolomeo Biasoletto, intitolò dal suo nome una contrada, che prima chiamavasi dei Vartelli. Biasoletto nacque nel 1793 e morì nel 1858. Bollettino del colera (Osservatore Triestino del 14 p. d.) In provincia: dopo il bollettino del 13 settembre, vennero annunziati i seguenti casi : Nel distretto politico di Capodistria: A Isola 2 casi — Muggia 3 — Rosariol, comune di Decani, 1 — Nel distretto politico di Yolosca : A Scalvica 6 — Rupa 7 — Cresca 1 Per Pietro Kandier Recando la notizia, di cui fa cenno la rettifica più sotto, abbiamo semplicemente inteso di unire la nostra parola a quella degli altri giornali, per far plauso al-l'appello del podestà di Pola che invita i suoi concit-tani a sottoscrivere pel ritratto a Pietro Kandier. E se fu detto che Pola fra tutte le città nostre è quella che più deve allo studio dell' egregio patriota, nessuno ha dimenticato che Pola, riconoscente, gli eresse un busto parecchi anni fa nella sala del suo municipio. Ciò non toglie, che nell' occasione in cui verrà regalato il ritratto del benemerito storico ad una società che rappresenta tutta l'Istria, Pola, abbia diritto di anzianità, perchè il suo passato è così splendido da essere gloria perenne non solo di quella città, ma di tutta la provincia. Ecco la rettifica: Spettabile Redazione Nel periodico La Provincia N. 17 del 1. corrente si legge: "il podestà di Pola invitò i suoi concittadini, con generoso e caldo appello, a concorrere alla sottoscrizione pel ritratto di Pietro Kandier. Un corrispondente da Pola dice a ragione nel periodico l'Istria, che fra tutte le città nostre, quella che più deve allo studio di quell'egregio patriotta è appunto Pola., Lo scrivente si permette di osservare che il detto corrispondente avrebbe però dovuto aggiungere che il Municipio di Pola appunto in riconoscenza di questi meriti dell'illustre defunto decorava la sala municipale del busto in marmo dell'illustre storico colla seguente iscrizione : A KANDLER DR. PIETRO ARCHEOLOGO PRECLARO 1)1 POLA ROMANA INFATICABILE ILLUSTRATORE IL MUNICIPIO RICONOSCENTE MDCCCLXX1II Vorrà quindi cotesta spettabile redazione compiacersi di far pubblicare queste poche righe nel prossimo numero della Provincia. Con perfetta stima mi segno Pola 9 Settembre 1886 obbligatissimo N. Rizzi Cose locali Offerte a benefìcio dell' Ospitale ed Asilo Infantile. Francesca Vidacovich: indumenti nuovi di cotonina. La fiera di S. Matteo, detta dei legnami, la quale si usa tenere ogni anno addì 21 settembre, venne sospesa per riguardo alle presenti condizioni sanitarie. Bollettino statistico municipale di Agosto 1886. Anagrafe. — Nati (battezzati) 23 ; fanciulli 12, fanciulle 11; — Morti 32; maschi 10 (dei quali 7 carcerati), femmine 4, fanciulli 4, fanciulle 12 al di sotto di sette anni, nonché 2 maschi nati morti. — Trapassati. 1. S. M. (carcerato) da Klagenfurth d'anni 39 — 1 S. M. (carcerato) da Spalato, d'anni 53 — 3. Angeli Domenica fu Michele, d'anni 61 ; — 4. G. M. (carcerato) da Zara, d'anni 54 — 7. F. M. (carcerato da Fontane nel Comune di Orsera, d'anni 23 — 11. V. G. (carcerato) da Gorizia d'anni 61 — 13. Zobaz Vittoria fu Sebastiano d' anni 67 — 19. Martissa Luigi fu Nazario, d' anni 47 — 20. Rino di Annamaria fu Francesco, d'anni 88 — 21. Valenta Valentino fu Valentino, d' anni 65 — 22. N. V. (carcerato) da Venezia d' anni 27 — 23. I. M. (carcerato) da Spalato, d'anni 23 — 27. Ivancich Antonia fu Pietro, d' anni 72 — 30 Zaccaria Nicolò fu Giambattista, d'anni 71. Più fanciulli 4, fanciulle 12, al di sotto di sette anni, nonché 2 maschi nati morti. — Matrimoni! : 11. Francesco Maddalena di Amadeo — Maddalena Marsich di Giorgio; — 28. Giacomo Crisman di Francesco — Caterina Marsich di Francesco. — Polizia. Denunzie di polizia sanitaria 4 ; per eccessi e schiamazzi notturni 4; per furto campestre 2; per furtivo pascolo 1; per contravvenzione all'ora di polizia 1 : per resistenza agli organi di publica sicurezza 1. — Sfrattati 6. — Usciti dall'i, r. carcere 10, dei quali 2 dalmati, 4 istriani, 3 triestini, 1 carintiano. — Insinuazioni di possidenti por vendere al minuto vino delle proprie campagne 3; per ettolitri 34, litri 65, prezzo al litro da soldi 36 a 44. _ Certificati per spedizione di vino 7, per ettolitri 32, litri 1. _ Certificati 3 per spedizione in Albona di quintali ÌO1/^ pomidoro; a Fiume per quintali 61 pomidoro, 1 '/, uva da tavola, 2 peri, 3 mele, 4 patate. — Animali macellati: Buoi 58 del peso di chil. 13352, con chil. 934 di sego: vacche 6 del peso di chil. 886 con chil. 55 di sego; vitelli 44 : castrati 106. — Licenze di fabbrica 1. — Licerne industriali : 0. Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria — Angina difterica, colpiti 9. guariti 5, morti 3, rimasti in cura 1. — Morbillo, colpiti 17, guariti 13, morti 1, rimasti in cura 3. — Lazzeretto, angina difterica 0, morbillo 0, colera, 2 casi sospetti, seguiti da esito letale nel molino del Portone sul Risano. Appunti bibliografici Annuario dalmatico diretto dal I'rofessor L. Be-neventa, Prof. V. Bruneiii e S. Ferrari Cupilli. Anno terzo. Zara. Aliale 1886.*) Yiene ultimo nell' Annuario (e non certo in ordine di merito) un importante studio del Prof. Benevenia — Il connine di Zara nel Medio Evo (Bal V al XII secolo). L'autore premette un rapido e sicuro esame sulle condizioni di Zara ai bei tempi di Roma. „L'influenza livellatrice di Roma ha tutto modificato in Dalmazia: lingua, usi, costumi, amministrazione, costituzione, tutto vi è romano." Ma già i barbari si sono mossi in danno della gran donna ; nel generale trasformarsi di tutti gli ordinamenti, la storia di Zara in siili' alba del Medio Evo è bujo pesto; il municipio romano però si trasforma anche a Zara lentamente nel nuovo comune dell' età di mezzo. Quali le sorti di Zara nelle prime invasioni barbariche! Fu distrutta da Attila come vorrebbe il Rulié. No, conchiude il Benevenia : Attila invade l'Italia direttamente dalla Pannonia per Aquileja, e Zara rimase incolume. L'immigrazione delle genti infino al secolo VII non gravitò sulla Dalmazia ; la romanità vi era sempre viva; perciò Atalarico re degli Ostrogoti in Italia, annunziando la sua assunzione al trono, non solo rivol-gesi ai Romani della penisola, ma a quelli ben anco della Dalmazia. — Universis Bomanis per Italiani et Dalmatiam constitutìs. Ma ben presto la Dalmazia come l'Istria, e in generale l'Italia, viene riassog- *) Continuazione e fine; vedi il N. 17 a. c. gettata all' impero bizantino. Il municipio romano, benché modificato sussiste tuttavia, ed ogni sua vitalità si concentra, oltreché nel vescovo, in quelle classi che una volta costituivano la curia, e formano poi la nobiltà, cioè i notabili. E qui la storia del comune di Zara va di un passo con quella dei comuni istriani ; tanto meglio si sviluppano le comunità nelle città al mare della Venezia, della Dalmazia quanto meno in queste si è infiltrato 1' elemento germanico. Più in là, in terraferma, la conquista longobarda trasformerà 1' originale fisonomia ; qui vive sempre la romanità; gli anfanamenti dello Schneller e compagni tornano inutili per racimolare nomi tedeschi in Dalmazia e nell'Istria1). Zara però, come le città istriane più che a Costantinopoli guarda a Ravenna centro d'una potente marina e custode delle due opposte rive dell' Adria. „E poiché Ravenna, scrive l'autore, di quest' età in fatto d'arte è la rappresentante dello stile bizantino ; anche 1' architettura la quale come dovunque, così ancor qui da noi, era tutta ieratica, ne deve esser stata influenzata." D'accordo sull'influenza bizantina, giuste le osservazioni del chiarissimo autore su questa circostanza da molti storici sorvolata, non dagl' Istriani però che conobbero e studiarono le relazioni di Pola e di Ravenna, le basiliche di Pola, le tradizioni vivissime dell' arcivescovo ravennate Massimiano da Vistro nell' agro polese. L' autore ha però trascorso forse nell'asse-rire che 1' architettura fosse tutta ieratica. Il mausoleo di Teodorico a Ravenna è un esemplare di architettura civile, sciolta da qualsiasi influenza ieratica; nè è a credere che a Costantinopoli con tanta smania di popolari spettacoli e matte fazioni di verdi e di turchini negli ipodromi, nulla avesse a fare 1' architettura civile. Ma peggiori volgono i tempi. La Dalmazia, ci siamo! è invasa tra il 610 e il 685 dagli Avari commisti a Slavi, da Croati e da Serbi. — Zara però rimane incolume, e così molte altre città dalmate-roinane. Zara si sentiva stretta da un cerchio di ferro, solo le restavano le isole ; la lotta divenne quindi necessaria ; si ha a combattere pro aris et focis. „Ecco perciò, conchiude l'autore, in Dalmazia la questione tanto dibattuta dell'origine dei comuni semplificata d' assai ; il sistema feudale là non ha luogo, nè ha valore 1' opinione di coloro che sostengono perite affatto le instituzioni romane : è il governo municipale che rivive sulla base del diritto antico." Affronta quindi il Professor Benevenia la grave ') Vedi — I Tedeschi sul versante meridionale delle Alpi del Prof. Galanti. Provincia N. 3, 4, 1886. questione dell'indipendenza del comune stesso quantunque politicamente unito al vasto impero bizan • tino. Zara, se non ha anticipato lo sviluppo degli ordinamenti liberi delle altre città bizantine in Italia, va certamente con queste di pari passo. Venezia e Zara specialmente in ciò si danno la mano ; e così pure, aggiungo io, molti comuuelli istriani. Ma ecco Carlo Magno. La futura capitale dalmata, riconoscendo il dominio franco, ebbe un nuovo duca non più indipendente, ma secondo ogni probabilità, soggetto, come quello dell' Istria al duca del Friuli. Brevi odi, brevi amori, nel S07 al primo apparire dell'armata navale bizantina, Zara riafferma la primiera dipendenza da Costantinopoli. Quale era ormai questa dipendenza? Patto, foedus, semplice amicizia, non trattasi più d' una mera dipendenza tributaria, si rifiuta anche quest' ultima apparenza. In sull'alba del IX secolo il comune di Zara si è definitivamente costituito. Questioni sopra questioni, ardue difficoltà. E per dire di ciò che il chiarissimo autore tocca delle cose nostre, sta il fatto che V Istria fu soggetta prima al Duca del Friuli; ina nel 791 ebbe proprio Duca, il celebre Enrico, morto a Laurana (Lovrana) combattendo contro gli Avari1), nè pare accertata la sua dipendenza dal duca del Friuli. Usciamo da questo giueprajo. Già Venezia è divenuta la custode dell' Adriatico, erede della potenza romana e della bizantina. Se Pietro Orseolo II occupò Zara e molte altre città dalmate, non ne viene di conseguenza che formassero parte integrante della Venezia. I difensori della romanità dalmata 11011 sentono il bisogno di ricorrere alla storiella della dedizione. Entravano solamente nel patto federale con Venezia a capo, riconoscendo sempre però l'alta sovranità bizantina, e serbando intatta la propria autonomia. „L' autonomia municipale, dice bene il Racki, attraverso i secoli vi si era talmente radicata nella vita politica, che la Dalmazia non era punto vogliosa di sacrificarla per simpatia al comune veneto, e quaudo volle intromettersi nell'amministrazione più di quanto non s'erano intromessi gli strateghi bizantini; era da prevedersi che respingerebbe da sè ogni influenza dei Veneti nella sua autonomia." (pag. 187) Eguali cause produssero eguali effetti. Quando Venezia volle mutare gli alleati in sudditi, trovò ') Morte plorata da Paolino d'Aquileia nei versi seguenti : Libumum litus quo redundant maria Möns iniviice Laurentus qui dixeris. Torno alla carica. Meglio credere Luciano da Laurana senza tormentare l'etimologia di Vragna (De Franceschi. L'Istria. Note Storiche pag. 85). resistenza così in Dalmazia come nell'Istria. Pula,. Capodistria, Trieste opposero valida : esistenza e furono più volte ridotte con la forza in soggezione. Se poi 1' Istria e la Dalmazia furono le provincie più fedeli a San Marco, ciò torna in onore dei governanti e dei governati. Cessata 1' età delle ringhiose repubblichette sull'Adriatico tutti si sentirono quindi fratelli. Inutile insistere su quest'argomento; la verità ha fatto di molta strada in questi ultimi anni. ') Finora, compendiando lo studio del Benevenia, abbiamo veduto la storia del comune di Zara nei rapporti con Costantinopoli, con Ravenna, con Venezia ; ma ecco un altro addentellato con la storia dei Papi ; la cronaca d' un piccolo comune sull'Adriatico cresce ad ogni pagina d'importanza. Forse nessuno degli storici italiani ha finora traveduto che l'autocrazia papale ha potuto estendersi anche in Dalmazia. Il fatto di Leone IX sconfitto a Ci-vitella, che concede ai Normanni ciò che non è suo, vale a dire i possessi nelle Calabrie ed in Puglia a danno dei Greci e dei Lombardi non è isolato, ma si ripete anche in Dalmazia. Pur di esercitare un atto d'imperio universale, il Papa non esitò un istante a sacrificare la romanità della Dalmazia, e concedette a Casimiro re di Croazia il titolo pomposo di re della Dalmazia. E come capo della chiesa universale fece benissimo a tutelare secondo le idee di que' tempi gli interessi della chiesa ; il Papa, quale Papa, non è nè italiano, nè tedesco, nè francese, nè slavo, il papa è semplicemente cattolico. Ma non mi vengano a ripetere i Neo-Guelfi la storiella dei grandi beni che i Pontefici Re fecero all' Italia. GÌ' interessi del piccolo regno dovevano di necessità essere sacrificati al bene della Chiesa universale; e quelli che furono valenti quali principi, come pontefici riuscirono pessimi. E tornando al caso nostro diremo essersi Casimiro con l'appoggio del clero, ligio alla curia romana, rafforzato in breve così, da poter fare a meno di quella maschera d'obbedienza di cui prima si era valso per non offendere le suscettibilità della corte di Costantinopoli. Giova però sempre rammentare ai Slavofili che il titolo di Re della Dalmazia, assunto da Pietro Casimiro nel 1059. come non gli derivava dalla signoria su Zara, così nemmeno da quella di tutte le altre città ed isole dalmato-romane. Ma potrà Zara sfuggire il pericolo di perdere la romanità e ') Potrà parere strano a taluno che io mi appropri qui, per sostenere la mia tesi, le idee del Racki, noto slavofilo. Rispondo : la verità è sempre buona moneta, e io me la piglio senza domandare il passaporto a chi me la dà. Ma ben diversa è la conseguenza. Il Racki ne cava argomento in favore del panslavismo, io a sostegno della romanità. — Tanti fratelli, tanti castelli — era pur troppo il fatale distintivo della razza latina nel Medio Evo. 1' autonomia? O, non potendolo, preferirà gettarsi nelle braccia dei Re d'Ungheria, o in quelle di Venezia? „Ecco ciò che si matura, conchiude l'autore nei secoli seguenti. Zara ornai è il campo di battaglia, dove Venezia ed Ungheria provano le loro armi per la signoria dell'Adriatico." Concludiamo noi pure e tiriamo le somme delle osservazioni fatte su questo ottimo studio così largamente pensato, e svolto con molta diligenza ed erudizione. Siamo giusti; il titolo di Re della Dalmazia, come che sia un giorno acquistato dal Croato, se anche le città si sottrassero al suo dominio, non potrà dar mai a un re futuro il diritto di conquistar tutto, poiché già ebbe una parte? Ma si può anche rispondere : la civiltà risiedeva nelle città romane, il Croato non era re della Dalmazia, ma re dell' agro, dei monti, dei sassi dalmati. Sarà più giusto e pratico conchiudere. La natura non ha segnato i termini delle nazioni a filo di sinopia ; come nei tre regni della natura, così anche nell' etnografia e in politica ci sono le terre ed i popoli anelli intermediari. Il mondo è dei forti. La questione dalmata è adunque complessa. I dalmati saranno un giorno quel che vorranno e potranno i Croati quel che vorrà e potrà qualche altro, e un po' anche quel che vorranno e potranno essi stessi. Qui sta il nodo della questione. Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria. Volume II, Fascicolo I e II. Parenzo. Coana 1886. Apre il fuoco di fila il signor Vassilich dandoci la continuazione e la fine dello statuto di Veglia. Seguono come in forma di appendice cinque relazioni di Provveditori veneti del secolo XVI ed una del secolo XVII, per cura della benemerita Direzione. A prima vista si comprende l'utilità di questa pubblicazione ; e come i provveditori che si mandavano a Veglia, luogo importantissimo ai confini per la vicinanza degli Uscocchi, non fossero quei bietoloni ridicoli come i Provveditori di Puola o Paola che per due secoli non fecero altro che copiarsi e descrivere le medesime cose1). Veggasi fra le altre la relazione del Provveditore Angelo Gradenigo. Da uomo pratico non si perde in chiacchiere e conchiude: — Questo poco di descrittone ho voluto far più presto per esser ordinario, che necessario, Riavendone, essa di questi generali piena cognizion, le quali perciò lasso da parte. Ciò che gli importa di far sapere si è che ha conchiuso la ') Vedi il mio studio — Del Decadimento dell' Istria — e — Notizie Storiche di Pola. pace solenne tra due famiglie Veggiane e i nobili e popolani. E più avrebbe fatto, se non ci fosse stato di mezzo il Vescovo uomo turbolento, tirannico, grande e venenoso serpe che la Serenissima si nutre in seno. Degnissimo di nota è anche quanto i Provveditori riferiscono sulle relazioni con gli U-scocchi di Segna, e sulle miserabili condizioni dell'isola tutta. Basti dire che la popolazione ascendeva ne1'' isola a sole novemila anime. Pochi anni dopo discende a ottomila, e per una popolazione così stremata 180 preti, 65 zughi, 40 frati e 30 mo-naghe ! Singolare però il contrasto tra il Provveditore Gradenigo e il Vescovo Frà Alberto Doimo de Glirici Dominicano da Cattaro, intorno al 1559, quando più viva era in Istria la questione tra cattolici e vergeriani, e l'autorità laica sempre gelosa a Venezia, avea dovuto concedere molta autorità al tribunale d'inquisizione. Tutto sommato, queste relazioni dei provveditori sono un segno dei tempi, rischiarano la storia nostra non poco, e sono ottimo documento della sapienza e prudenza dei veneti magistrati. Segue un diligente studio del Dr. Benussi — Abitanti, animali, pascoli in Rovigno e suo territorio nel secolo XVI. — Premesse alcune considerazioni d'ordine generale ed utili alla storia della Provincia, l'autore passa ad accurati dettagli sugli uomini e sugli animali che trovarono un rifugio nel reposso dei deserti. Segue il vantaggino di sette appendici. — Famiglie di Rovigno nel 1595 — Onorario dei magistrati — La finida piccola e la finida grande ecc. ecc. Viene quindi una memoria critico-storica — A-grone re dell'Illirio e Tenta che gli succedette dominarono anche nell'Istria? di G. Vassilich. Breve ma importante e fornito di documenti è lo studio della Direzione — Processi di Luteranismo in Istria. — Di questo però sarà buono dare una particolare recensione. La parte archeologica è benissimo affidata a due illustri cultori : il Gregorutti ed il Puschi. Del primo abbiamo — La Figulina Imperiale Pansiana ed i prodotti fittili in Istria. Del secondo — Di un contorniato inedito trovato in Istria (con tavola) Per chi non lo sapesse, diremo che il contorniato è una medaglia commemorativa di premi guadagnati negli spettacoli teatrali d' ogni genere. Questa fu ritrovata a San Lorenzo del Pasenatico ; reca da un lato 1' effigie di Valentiniano III con la scritta O(ominus) N(oster) Pla(cidius) Valenti-nianus P(ius) F(elix) Aug(ustus) e dall'altro una figura di donna portante corona col motto KARAMAL LE NIKAS (Testa lanosa vinci). Piuttosto che a persona, ritengo epiteto dato a cavallo. Chiudono il volume alcuni cernii bibliografici della Direzione. P. T. Bollettino bibliografico Lahoremus! Tale è il motto della Penna — Rivista di storia, scienze sociali, letteratura ecc. ecc. — Ella esclude ogni quistione politica; si pubblica a Rovigno ma si stampa a Pola : La direzione è affidata al signor G. E. Nani -— Mocenigo, il quale è anche amministratore del nuovo periodico ; la redazione responsabile è tenuta dal signor Domenico Daveggia, il quale, in pari tempo n' è F editore. Il locale della direzione e dell' amministrazione è in via dello Spirito Santo, al n. 1218. Questa Rivista, ad essere proprio sinceri, nel suo primo numero non rivede niente od assai poco ; anzi se ci teniamo alla lettera non rivede ma fa rivedere cose, benché ottime, già vedute da parecchio, e benché op-portunissime in seguito, non lo sono per il primo numero di un periodico mensile, il quale si dice nel programma solamente letterario, mentre in fronte sta scritto : Rivista di storia, scienze sociali, letteratura, con appendice di ecc. ecc., che lascieranno sempre nel lettore istriano una curiosa espettazioue. Oguuuo sa, del resto, che il titolo di Rivista viene dato "a quella parte di un giornale o di un periodico ove si esaminano i libri usciti in luce di fresco, o certe cose o fatti speciali, (Fanf.) ; per cui abbiamo la Rivista finanziaria, storica, letteraria ; perchè ogni città che ha un certo campo finanziario, una storia in azione, una fiorente letteratura deve avere ed ha la sua Rivista. Magari pure che la nostra provincia avesse un così fatto movimento ; chè, grazie al cielo, si mantengono sempre tra noi forze vivissime, specialmente nei giovani ! Ma perchè non lo ha? ... La Rivista del signor Mocenigo, benché non abbia la pretesa di colmare una lacuna lasciata in tal genere dalla stampa italiana della Costa, e benché si dichiari conscia delV eseguita delle sue forze, assume una grave responsabilità verso i lettori istriani e non istriani. Si guardi un po' indietro e ricordi che la nostra piccola provincia ha già una rivista storica, che durerà eterna nell' Istria di Pietro Kandier e nelle Note di Carlo de Franceschi, una rivista di scienze sociali, breve ma succosa, nel Popolano di Michele Facili-netti, una rivista letteraria nella Favilla di Antonio Ma-donizza, collaboratori Aleardi, Betteloni, Besenghi, Car-rer, Gazzoletti, Dall' Ongaro, Maffei, Prati, Valussi ed altri ; la nostra provincia ancora ha degli eccetera nella Porta Orientale di Carlo Combi, negli scritti di Luciani, di Baseggio, di Tedeschi, di Stradi e di molti giovani, i quali certo scrivono animatamente nella loro favella, perchè 1' anima è propria in genere alla gioventù e alla lingua de' suoi padri. Nè i giovani istriani devono avere bisogno di un' apposita rubrica che raccolga le loro pubblicazioni, e che cogli scritti compresi nelle altre (rubriche), cerchi destare l'intuito del bello, del vero del buono nei loro sensibili cuori. Povera gioventù nostra se avesse bisogno di rubriche per farsi destare così fatte bagattelle! In simile strettojo, ella preparerebbe alla L'APODISXRIA, Tipografia di Carlo Priora. patria istriana un popolo, da cui la misericordia del Si--gnore ne scampi e liberi ! Ma se scrivere è lavorare; (Alfieri disse: scrivo perchè uou m'è dato di fare!), il signor Mocenigo schiuda ai suoi giovani amici tutte le veutidue colonne della Rivista, senza lo spauracchio di farli sedere tra i saggi; chè non è, no, sciocca pompa, o vano desìo di lode adagiarli nel bel numero, ma nobile emulazione a fare il bene. Così ; soltanto così, il signor Mocenigo avrà ottenuto il duplice scopo eh' egli desidera : non fatuo ed effimero — ma utile e lodevole; e noi pure sinceramente glielo desideriamo : "Chè studio di ben far grazia rinverda., LA DIVINA COMMEDIA È uscita una nuova edizione della Commedia di Dante Alighieri, che è, certo, una delle più belle che sieno state finora, se non addirittura la più bella, ed ha questo per giunta, che essa, così esteticamente notevole, h? un valore sopratutto scientifico. giacché il testo, che è quello dell' edizione Le Mounier del 1837, vi è accompagnato dal commento latino inedito di Stefano Talice da Ricaldone, un letterato del secolo XV, che terminò di scriverli» nel bosco di Lagnasco nell' autunno del 1474, e se ne giovò qualche anno innanzi o dopo a leggere e interpretare il poema in Corte di Saluzzo, avanti a Ludovico II, marchese, e forse a Giovanna, figliuola a Guglielmo Vili di Monferrato e alla, bella ed amabile Margherita di Foix, sorella di quel Gastone che, come dicono gli editori, perdè la vita e acquistò gloria alla sanguinosa battaglia di Ravenna. Il codice che contiene il commento latino si conserva nella ricca biblioteca di S. M. il re d' I-talia, in Torino. Ne era desiderata dai dantofili la publicazione, giacché il commento, se s' attiene in molti punti a quello di Benvenuto da Imola, ha pure informazioni e interpretazioni e lezioni originali. Questa publicazione è ora dovuta alla munificenza del re, che 1' ha fatta eseguire con splendore davvero regio. E non è la parte men bella del libro l'iscrizione nobilissima che si legge nella prima pagina : S. NI. UMBERTO I re d' italia neli.' ordinare la pubblicazione di questo antico commento dantesco lo volle dedicato ai. suo figlio diletto VITTORIO EMANUELE in premio del suo amore agli studi e perchè nel divino poema fortifichi la mente ed educhi il cuore al culto della patria letteratura Pietro iladouizia — Auleo tiravisi edit. e ruiia;. responsabili