• &$. # „ % « r v CRO.NICHE O S S I A ORIE STORICHE ANTIGHE Dl TRIESTE ESTRATTE dalla storia DEL P. IRENEO DELLA CROCE CARM. SCALZ0 CON ANNOTAZIOKI ED aggiunte DEL R. D. GIUSEPPE MAlNATI SAGRESTAKO »ellA CATTED. Dl S. Giusro TOMO I. PARTE I. La quale comincia dal Secolo XX. della Creazioue del Moudo a sino al Secolo XL deli’Era Crlstiaoa VENEZIA »ELLA TIPOGRAFiA PICOTTI 1819 * D i A O h ;.)/ Sr) i ■ 's.. iJ..f - A i f. : ' * -ysn. :’f xiW'. I A '/TfeS • - -l ; 'k' V \ c ' \ f t c v s> i 'i • *ja ;>•: - • :■ A :■ -x f 03o9 3>0^3 ALL' ORNAT1SS1310 SIGNORE CARLO jD’ OfTAVlO FONTANA SPETTABILE NEGOZIANTE Dl BO RS A ED AT TU J LM EN TE UNO DE ’ XL. MEMBRI DELLA CONSTJETA Dl BOB.SA IN TRIESTE PREGIJTISSIMO SIGNORE L amore che l r oi mostrale per la Numismatica , come la comprova la beli a collezione di antiche e rare medaglie e mo nete , che con pari studio e dispendio vi siete procacciala ; l avcr f^oi fatta in - serire nel seslo volume di queste Croni- che Tincisione di una di queste. scelte me- daglie da Voi possedute , e V essersi Voi compiaciuto di far incidere tutte le figure di questo p rimo volume,/'ra le quali špic- ca il grandioso s ar cof a go di Papiria P ri¬ ma , Matrona Romana di Trie s te , da Voi recentemente acquistato , c tratto dal - T obblio in cui giacque per lunga serie di anni coli ’ essere stalo da Voi collocato nell' amena vostra campagna nella con - trada di Romagna: s:on questi , ornatis- sinio Signore , i motivi che m indussero a dedicarvi quesia mio, Opera, in pubblica dimo sbrazione di stima , gratitudine , e con siderazione . Conoscendo che tutte le eggregie vo- stre azioni non teiulono che allo scopo del puhblico bene , d,elV onor patrio , per puro amore della viriu , io non oso , o Si- gn07'e , cogliere queita occasione per tes- servi degli encomii ben meriiati , certo che offenderei la P ostra modestia. Mi sia sob tanto permesso di pregarvi a d aggradire la mia umilissima offerta con quel!a' me - desima benignitd con cui vi compiacele di riguardare chi ve la por ge in solenne rb prova di profonda estimazione e partico- lare riguardo. ' \ ir's Ik Umiliss bevetiss. Obbligatiss. Senilore D. GIUSEPPE MAINATI. »U slljt \r'.W i ••. - ■■■ », -■’ " •„ • >v\ :* *• • » v ■ •"iV • '? • : ■ -•••v. ■ <•.-•< Uw « ■Vvui. - s * 5 !■»•* ■ ' ; : r#»a , »ra« i . ' i' ’■ polare, men tre nella divisione detle lingue , e del- le gen ti si calcola eh 1 egli avesse 874 anni di eta , aggiurigeodoanche non potersi provare, che al tem¬ po di Noe aleuna parte d’Itatia fosse incominciata ad abitare , quantnnque il Casella (2) dica , che la torre di Babilonia fosse fabbricata dieci anni prini.a detla morte di Noe, e a -3 dopo la prima origine del Re gno d’Italia , il eni primo Re , al parere del me- desimo Torniello, chiamossi Giano, il quale regoo secondo 1 ’istesso, al tempo di Debora , e di Caraeh Fanno della Creazione del Mondo2722 , che secon¬ do il calcolo d’Eusebio erano trascorsi dalla morte di Noe anni 716 , non essendo possibile , che F ono fosse 1 ’altro; quantunqne conceda, che Noe da’ Gentili losse chiamato Giano, a cui in memoria del tempo, ch’egli nsci dalRArca, consecrarono il me- se di Gennaro, dando principio al' nuovo anno chia- (0 Aunal. sa.cr. nnn. muod. 20 id mini. 3 . (a) Do la ni g. pag. 7. 8 iiiato dal suo norne Gennaro. Divise egli qual sa- premo monarca 3 da’ cui cenni dipendevano , me- diante i suoi carissitai pronipoti, tutte le parti del- 1’universo; mercecche, moltiplicati in grosso nu- mero , non potendo piu. viver uniti, fu necessario divider fra loro la tetra, accio allargati ampliasse- ro il seoere umano. A Giafet e suoi discendenti, benche inferiori di numero agli altri fratelli, assegno 1’ Europa , con partedell’Asia a Jei vicina;i qua!i,divisiper le pro- \incie , molliplicarono si fattamente, che , corne eredesi, camminando tutte le provincie aquilonari deli’ Asia,edinoltrel’Oceano,, equasitutta 1’Asia minore, e 1’Isole del mare Mediterraneo, e final- mente 1’Europa, 1’abbiano tutta riempita di abita- tori. Verifieandosi in oltre la profeziadi Noe quan- do disse (i) Iddio dilati Giafet ec. Mentre al dira di Giacomo Saliano (a) fra li sette figliuoli di Gia¬ fet due , Gomer e Javan , colmi di benediziorte fu- rono principi, e Capi di molte genti, e naziorii. Posciache Cettirn , figlio di Javan , e pronipote del gran Noe, eongregate due colonie de’ suoi discen¬ denti , soleando il mare, navigo alPIsola di Cipro , ove lasciati aleuni, passando piu oltre pervenue in Italia , cbe percio gPItaliarii , corne osservaao ( 4 } S. Girolamo, Eusebio,e Svida rileriti dal Saliano, ehiam;uo;;si anco Cetii, ovvero Cecii. Questi dila- (0 Dilatet Deus Japhet ec. Gen. cap. 9. (2) Anual. Eccl. vet. testani. A, M. 19^1 n. 3 ». ( 3 ) Veri). lauuis od. tandosi per 1’ Italia di qua e di la degli Apennini, ]a resero una florida , e abbondantissima regione , e una beri formata repubblica. Scorgendo Cettim , che per la grande moltitudine de’popoli cresciuti rendevasi angusta e incapace la citta da lui fab- bricata , adunata partedi quelli, li mando a ricer- carsi nuova patria, e abitazione , sotto il comando di Cranio suo figlio, accio gl’istruisse , e poi divi- desse in colonie, il quale pervenuto co’šuoi figliuo- li, e nipoti ne’ conlini del Friuli , edificando ivi alcurie citta, e terre, formo un’ intiera provincia , che deeoraadola eol proprio nome, la nomino Car* nia (i). (i) Antiča per verith č 1’ opinione, che Japhet, o Giafel sia venuto in Italia, percbč vi si trovd Ja* peto, e perd non si dubitč perfino di asserire esser- vi anco arrivato Noč, rappresentato dagli antichi sotlo il nome di Giano . Fortunato assicura, che gli antichi avevano Japeto per simbolo del discor- so, e del ragionare ( De nat. Deor.n. 17 .) Ma sia pure Japeto un padre, da cui Vaudace stirpe degli uomini siasi propagata ( Horat. Carm. lib.I.Ode 3. ), non č da porsi in dubbio, che i Mitografi , ed i Poeti non abbiano riconosciuto Japeto per padre di Prometeo , che finsero aver rubato , come Esiodo scrive , con uno specchio ustorio il fuoco dal sole. Tutto questo nulla ha di comune con Japhet. II perchč, puo credersi, che la sola analogia, ed eti- mologia de’ notni, abbia prodotto una tale opinio- ne, e 1 ’etimologie sono come le spere, le quali in- differentemente rappresentano qualunque oggetto* che loro si alfaccia . 10 Abbracciavaguesta regione, prima ehe si aggre- ga$$e all’Italia, x;orne osservaCarlo Sigonio (i) per guanto egli spriv.e, appoggiato da Strabone, e Pii- Chi negbera mai, che a’ figliuoli di Nož non sia stflta data da abitarsi ia terra? La questione sta sul modo, e sul tempo, stante le leggi immutabili del- la natura nella lenta propagazione degli esseri. L’I- talia in quel tempo primitivo doveva essere priva e stringer cio che si trova Jra detto jiurne, e laGia- pidia ora Istria, cosi nominata da Tolomeo, co 9 quali pare accordarsi Strabone quando dice , che camminando verso Arjuileja, trovansi aleuni popoli addimandatiNorici, edaltriCarni, e che ne'Norici erano i Taurisci . Sia qui quest’ Autore, il quale senza fondamento confonde i Norici, Taurisci, e Giapidj co’Carni, quando non volesse inferire , che quelli conoscessero 1’origine loro da questi. Poche niemorie anticbe abbiamo di questa provincia ap~ presso gli serittori, men tre le moderne colle vicem de del tempo furono talmente confuse , che ap- pena trovasi aleun vestigio de’nomi loro. Perčič Gio: Candido confermando 1’istesso, dice C 09 i : a- vendo dunque a serivere brevemente del Friuli, ta- cero le cose avvenute innanzi, che s’edificasse A- quileja ( mentre questa citta, come vedremo , eb- be i suoi principj da’ Romani ) quando che per it tempo divoratore del tutto, poche cose, e dal vero lontane a noi pervengono . E quantunque Giulio Cesare , essendo pretore d’ambe le Gallie, cangiasse il noine a buona parte di questa provincia , dinotandola col suo proprio di Forumiulii, nondimeno oggidi aacora afeuni luoghi mediterranei conservano qualche particella di quello de’ Garni, in metnoria di tanta antichita, tra i quali sono le provincie del Cragno, deli a Ga- rintia,e Čarno co’monti della Garnia sopra Udi- ne, e la Citta di Garnuto, anticamente celebre , che 1’assegnazione del suo sito tanto varia appres- •0 agli Autori antichi, e moderni, apportb non po- i3 «a confusione nelFistorie . tl che successe quando Ottaviano Augusto circa Farmo 720. di Roma , de- bellati e soggiogati i Giapirlj Transalpini, questi abbandonate le proprie abitazioni , fuggirono uel- le asprezze delle Alpi, e Norico mediterraneo. Ev- vi nna valle poco lontana da Salisburgo , la quale oggidi aocora in rnemoria loro chiamasi in lingua tedesca Jappenavv . Questa fuga necessito Augu¬ sto a mandare ne’ luoghi abbandonati da loro i '"Čarni , come piu propinqui, da’ quali, cangiato F antico nome di Giapidia, fu chiamato Carniola , e Capo . Tal missione de’Carui, soggiunge Lazio (1), in- dusse i Romani a dedurre nellaCarnia per abitarla alcune nuove colonie, come la Giuliense, cbia- mata oggidi Cividale d’ Austria, quella d’Aqui- leja, ed altfe, allegando per testimonio di cio il nome nuovo a quella itnposto di Forum Julii , mentre prima al dire di Strabone, Mela, Tolo- meo, Antonino, ed altri antichi scrittori, addi- mandavasi Carnia . Ammira il Casella pag. 27. Fumilta, e modestia del nostro Carnio , (2) il qua- le essendo figliuolo di Re, e Regina, e loro erede invecchiasse senza titolo, cedendo quello a Saba- tio, come piu vecchio , ed antico , il quale riceve con ogni dirnostrazione d* affetto cedendogli il luo- go per rispetto d’umilta, o per ripugnanza, ch’a- (1) Comment, d’Aquil. lib. 1. (a) Annal. Carniol, tom. 1 . in apparat. cap. J. 3. »• 4* »4 vessealla coronache riesce sul capo, non meno or- namento di fasto, che peso di vanita, Esercito Sa- batio quest’officio, mentre visse dalia parte del Tevere, che da lui Sabina chiamossi, ed oggidi ad- dimandasi Toscana. ANNI DEL MONDO AVANTI G. CRISTO 2 o 5 o . 1950. ABRAMO PATRIARCA. Morto Sabafio , creo Giano suo Corito dalTaltral parte del Tevere il nostro Crano . Ritrovate diver- se memorie de’ Čarni appresso gravissimi autori, per proseguire 1’istoria della patria nostra, devo qui riferire alcuni t estimoni estratti da 5 medesimi, giacehe la piu comune opinione e, che la nostra regione de’ Čarni, da’ quali derivarono tutti gli al- tri, prendesse il suo nome dal mentovato Čarno pronipote di Noe, e conduttore de’ Galli, che ve- nuti da Babilonia nella Toscana, indi in queste nostre parti, dividendosi in varie tribii, e 00I0- nie, furono i primi abitatori di questa provincia , ove edificando diverse citta, castelli, e terre, e fra le altre, la nostra, ora detta Trieste, la quale dall’essere situata nel mezzo, e centro della regio¬ ne , fiancheggiando 1 ’ altra il Friuli, come piu co- moda a tutti, la eostituirono metropoli, e princi- pale delle altre, che tanto signiiica Pagus Carrti- cus , cosi addimandata daStrabone lih. 7 geograph. Ne minor testimonio di cio e la notizia, ch’ebbero i Čarni della lingua ebraica , scoperta in una lapi- 15 de ritrovata in Cividale d 5 Austria> ove morendo Naturco uno di quei primi, fu onorata la di lui se- poltura con lettere ebraiche, esprhnenti, esser ivi sepolto 1’anno della Creazione del Mondo 2 o 5 o., e 4-3, tlopo la trasmigrazione di Čarno dalla Toscana in quella provincia. Diremo dunque, che li primi abitatori della nostra patria, e citta, non vennero dalla Francia, nia dalla Toscana sotto la direzione di Čarno , che percio s’ addimandarono Čarni , i quali col progresso di tempo allargati per Puniver- so, andarono al sentir di Volfango Lazio (r) ad abi- tare la Francia. ANNI DEL MOJtDO AVANTI G, CRISTO 2635. 1365. GIOSUE NELLA TERRA PROMESSA. L’ addimandare Strabone la nostra citta ( 2 ) Pa - gus Carnicus j induce non fuor di proposito la mia penna ad avvertire con BartolameoKeckerma- no , ed altri, che il nome di Pago non significa solamente una semplice terra, o borgo ma abbrac- cia molto paese; dali’autorita de^uali chiaramen- te si scorge essere stata la nostra citta sino a que’ tempi la principale della provincia : il qual privi- legio gode sino a quando Panno 2635 della Crea¬ zione del Mondo, venne in queste parti Norito, ovvero Norico figlio di Ercole Re di Germania, ove ,( 1 ) De tnigrat. gent. lib. 2 ; ( 2 ),Geograph. lib. 7 . 'i(5 'vinti, e superati li Čarni, privolli della goduta li- berta, oome, riferisce il P. Martino Bavier; e de- molita la nostra citta , fece fabbricaroe un’ altra , ehe decorata del proprio norite chiamolla Noreja, ovvero Norizia, la quale oggidi , al parere di alcu- ni appresso Lezio (i) chiamasi Gorizia . Non contento Norico d’aver superati i Čarni al- largando oltremodo i confini del suo regno, volle, per lasciar perpetuo alPuniverso il suo notne , che da indi in poi le proviocie , e citta da esso ncqui- state, tralasciato il lor proprio, e antico nome, con quello di Norici solamente venissero chiamate ; e in seguito colla mutazione de’ governi, mutandosi anco le cose, ripigliato un’altra volta il loro anti¬ co notne . ANNI DEL MONDO AVANTI G. CRISTO a 83 i. 1169. AJALON GIUDICE DEGLIISRAELITI, (a) Girca gli arini delMondo a83i dietro i Norici vennero in queste parti i Colchi , i quali d’ordine di Oeta loro Re , seguitavano il fuggitivo Giasone, e gli Argonauti per riacquistare Medea sua figliuo- la, co’ tesori a lui rubati, che stanchi poi dal lun- go canunino , e privi d’ogni speranza cParrivarli , si fermarono in queste parti, ove viccolandosi con (1) De l\ep. lib. \i. Sect. 5. cap. 2. Scltdnleben . (2) Per conoscere quanto peso meriti questo articolo, leggasi il Tom. X. delie Opere del Conte Carli. nodo di stretta amicizia , e parentela con la gente del paese,moltiplicati oltre modo per tal congiuri- zione , non potendo capire nella citta, e luoghi a- hitati, furono necessitati a fabbricare Pola, cbe in lingua greca, al dir di Callimaco , signiiica Citta di esuli , ovvero banditi , o al parer d’ altri Satis fccimus, per alludere al viaggio fatto, e a cio che dovevano fare, parendo loro impossibile far di piu deli’operato. Oltre la suddetta citta fabbricarono ancora Parenzo, Emona , ed Egida , detta poi Ga- praria , ed oggi Capodistria . ANNI DEL MONDO AVANTI G. CRISTO 2872. 1128. SANSONE DIFENSORE DEGL’ISRAELITI. L’ anno dopo 1 ’ incendio di Troja , che fu del mondo 2872. avanti la venuta di Cristo 11S1 (i), secondo Saiiano , e dopo quella de’ Colchi nell’ I- stria , Antenore lino de’priucipali fra i Trojani, accompagnato da alcuni suoi compatriotti, e non poco avanzo d’ Eneti di Paflagonia , cbe venuti a quplla gnerra in ajuto de’Trojani ,-veduto morto Pilemone Re, loro si disposero di seguirlo; soleato questi 1’ Adriatico , e arrivati nelle nostre contra- de, invaghiti alcuni dell’amenita loro , ivi forrna- rono la propria abitazione , e gli altri compagni , superate le bocche del Timavo , arrivarouo final- (») Annal. Eccb s 8 men!e negli Euganei , inclasi ancli’ essi in qitel tempo nella regione de’Čarni, i quali scaceiati gli Aborigini , o Toschi primi suoi abitatori , s 1 impa- dronirono di quel paese, guerreggio Antenore eon- tro questi , e con vittoriosi progressi , cacciatigll iie’ monti , diede principio alla citta di Padova t come asseriscono Livio ji), Virgilio , e moki ak tri riferiti dal Cav. Orzato (2) . E per stabilimento deila quale saviamente eonsiderando quaut’ ineo- inodi potea portare a’ suoi cittadini la vicinanza degli Euganei , da lui inquietati, e scaceiati, per provvederli della pace necessaria alla conservazio* ne , ed ingrandimento Soro , fece eomune a quelli con politica accortezza 1’istessa citta, provveden- dola in tal modo d’ una stabile concordia, ed anio¬ ne, li quali uniti con Antenore , Trojani, ed Ene- ti fecesi di tre un sol popolo , che dilatato poi nel circonvicino paese, tutta quella regione, tralascia- to il priuso nome , volle si chiantasse Venezia , in memoria degli Eneti , per render loro grato testi- monio de’ benefizj da essi ricevuti, e tramandar a’ posteri un perpetuo grido del nome loro.Tutto cio riferisce , oltre i mentovati autori , anche Corrie* lio Nepote citato dal Solino , e ( 3 ) dal suo So- liarca . (1) Hist. lib. t. (2) Aeneid. 1 . 1. ( 3 ) Hist. di Pad. lib. 1; p. 1, pag, 7. A&fri Dtat hondo 3a65» J 9 AVANTI G. C lil ST O 735. OSEE RE D’ ISRAELE L 1 2 anno 3265 della Creazione rlel mondo, e 787. avanti la venuta di Cristo, seoondo alcuni, venne dopo i Trojani Rreno primo Re de’ Galli Transal- pini, il quale, espuguato Bergamo,fece fabbricare utia Gitta chiamandola dal silo notne Brenona, che poi fu detta Verona , ancorehe Panvinio (1), impu- gnando quest’opinione, dica, che per mala in telli- genza di Livio, fu attribnito a Breno 1’ essere fon- datore di Verona. Sorivono altri , che fabbricasse ancora Vicenza , e Brescia , e che poi arrivato a Norea, ovvero Noricia , in essa collocasse il suo seggio reale , imperando 54- anni sopra i Norici , e Čarni, sino alPanno 3278, nel quale Iffito figliuolo di Ercole, secondo alcuni, alli 22 di Luglio, diede principio alle Oiimpiadi , assegnando a ciascuna anni 4 , da’quali cominciaronoi Greci ad annovera- re i loro anni, e scrivere ordinata , e distintamen- te Pistoria lofo , corne scrive Gio: Tarcaguota (a) , il quale tiene , che cio seguisse 1’ anno 32io,e che Iffito fosse figliuolo di Prassonide , e non di Erco¬ le, secondo Popinione di Eusebio , come osserva Andrea Cristiano. ( 1 ) Cap. 56. n. 4- ( 2 ) Antiq. Veron, lib, 1 . c. jo. 26 AjMKI DEL MONDO 33o2. AVANTI G. CRlSrO 698. EZECHIA RE Dl GIUDA Leaccennate Olimpiadi misforzano ancora ad in- siouare brevemen te gualche eosa della prima ori- gine di Romaj mentre da queir alma Citta, nella guisa, che le stelle riconoscono dal sole la propria bellezza, cosi la Citta di Trieste, come vedremo nel progresso di quest’istoria, da Roma riconosoe le sue anticlie glorie , e grandezze . Ma perche la varieta de^areri, e la diversita d e 11 e opiuioni ad- dotte dagli autori nelFassegnazione de’ tempi, ec- cedono i limiti del dovere , e rendono non poca confusione a chi legge, ne addurro qui aleune piu comuni, tralasciando le altre per ovviare a’disor- dini, che la moltiplicita loro potesse apportare al- la cortese atteazione di chi leage . II Tarcagnota proseguendo la gia riferita opinidne, appoggiato iorse alFaiitorita di Vnlerio Flacco Libertino auto- • re de’Fasti Capitolini, secondo il parere d’alcuni, appoggiati a Messala Corvino (1) volle che 1 ’anno 0217 della Creazione del Mondo, e 433 dopo Fin- cendio di Troja, col primo delFOlimpiade settirna, ponesse Romolo i primi fondamenti di Roma , la quale poi fatta capo del mondo, pote compartire ali universo tutt i doviziosi frutti della sun niagni- ficeuza . II Principe Martino Bacuer (2) impugnan- (1) D« August. progen. ('C Armal. Nor. M, S, lih, 2, n. 1, 21 tio ques tropin ione, dice non csser 1’anno 3217, ina quello del 33o2, e che 1 ’ Olimpiade fosse la sesta con giorni 62, mentre il primo deli’Olimpiade set- tima , fu quello delPampliazione di Roma, e nori della sua edificazione. Mol te altre opinioni noti men varie di queste rifertsee il sopraccitato Gorvi- no, da me per brevita tralasciate . Molti autori, secondo la variete de'tertipi, e do¬ min j , attribuirono la citta di Trieste alla Provin¬ ci a delPIstria ; e Pietro Coppo Isolano (1), riferito da Fr. Leonardo Alberti, assegnando alPIstria per termine deli’occidente il fiume Timavo, inchise in essa Duino castello, Trieste, e Muggia ; donde appare che sbagliasse Tolomeo , collocandola fra le citta mediterranee della Provineia di Venezia ; mentre poco prima Passegno alPIstria. Percio parmi conveniente il dar qui una breve relazione di questa Provineia delPIstria estratta da serittori classici, prima di venire al particolare della no- stra citta. Essendo non men varie fra gli storiei le opinio¬ ni , ove prendesse Petimologia, e Porigine il no- ine d' Istria, la quale per la varieta del dire resta molto confusa, mentre divisi i pareri, serissero al* cuni che un ramo deli’ Istro, e Danubio , passan- do per quella Provineia, e sboccando nelPAdriati* co, le desse tal norae; vogliono al tri, che dal fiu¬ me Istro, al le cui boeche abitavano i Colehi pri- rna d’inseguire gli Argonauti, fermati poi in que- (1) Corograf. delPIstria. 22 sta Provincia la chiamassero Istria in memoria del* 1’abbandonata patria; e finalmeate Fr. Leandro Alberti (i) conchiude con Giovanni Annio sopra G a ton e che actjuistasse il nome d’Istria da Istro capitano di Giano Re d’ Italia , il oprale , invitato colle sue colonie ad abitare questa Provincia, la decorasse col suo proprio nome, chiamandola I- stria, cosne fece Crar.o la Carnia . Assegnata 1’ori- gine del nome della Provincia deli’Istria , per sod- disfare appieno chi legge, parmi convenevole an- cora il descrivere i suoi conlini, e sito . Viene dun* que cjuesta Provincia attribuita da Plinio (2) alla deciraa regione d’Italia , e dal mentovato Alberti Logo citato alla decima nona, ovvero ul tima , clie soggiunge , esser formata a similitudine di peniso* la, bagnata da tre lati dal mare, a cui assegna col- 1’autorita di Plimo loco cit. e di Tolomeo 40 mi- glia di larghezza, e circuito 122; errore non picco- Jo, eome osserva Lodovico Vergerio appresso Se- bastiano Munstero (3j ed altri moderni , mentre il circuito di ipuella , passa 200 miglia, e di lunghez- za i20. Gode, per essere montuosa, poche pianu- re , i di lei monticelli debbonsi chiamare piuttosto deliziose colline, che monti alpestri, le quali tut- te eariche di viti, olivi, frutti d’ogni sorte, ren- dono vini da Re , moseati, marzemini, ribolle, olio, e frumento, preziosissimi, e delicati. Tiene (1) Descriz. deli’Ital. reg. ig, (2) Hist. nat. lib. 3. cap. ig. (3) Cosmogr. lib, 3. verb. Ltria , 23 bellissimi paseoli, essendo abbondante di pecore , e castrati delicatissimi, che percio il Marchesato d’Is tria portava anticamente nell’armeggio una capra in carapo azzurro, in segno deiia sua fertili¬ ta . Fa grande quantita di šale, e le pescagioni di ogni sorte de’ piu delicati, e pregiati pešci, che si trovino nel mare , sono copiosissime , come anco le cacce de’lepri, conigli, anitre, pernici, tordi, ed altre. selvaticine in grandissima abbon- danza. Insomma trovasi in lei non solo quanto si puo desiderare necessario alla vita delFuomo, ma d’ abbondante reealo . Oltre di che le molte eitta , O terre , castelli , e ville con molte isolette , e sco- gli che la eircotidano , quasi tanti figli la čara rna- dre , e per essere in ogni luogo curva , e tortuosa , la rende vaghissima agli occhi di chi la mira. Ebbe questa Provincia, secondo la varieta dei Governi, e tempi diversi conlini; mentre ne’primi principj, quando la maggior parte de’ popoli, Git- ta, e Provincie, governandosi a modo di Repubbli- ca, non conservavano altro maggiore del proprio governo, ristretta ne’ domestici confini viveva di¬ ši tinta dalla Liburnia , ed Illirico ; ma soggiogata dalFarmi Romane, variando molte fiate i suoi con¬ fini , venne alla line da loro aggregata alFlllirico ; alla qual Provincia d’indi in poi rimase sempre congiunta, al sentire di Carlo Sigonio (i) sin tan- to che da Augusto Gesare lu aggregata ali’Italia , i cui termini e confini s’estendono fino al fiume (j) De antiq. jur. Ital. lib. 3. cap. 5. *4 , Arsia viciuo a rola, conie cauto il Dante riferitd dal Manzuoli (i). Siccome a Puola, vidno al Quarnaro Ch? Italia chiude , e suoi termini batina . I suoi confini furono anticamente, al dir di Pli¬ mo riferito dali’Alberti, dali’occidente il fiunie Formione , oggidi chiamato Risano, che assegna anehe per termine, e fine del Friuli, con parte del mare Adriatico . Verso il meriggio e cinta tutta dalPistesso mare alPoriente la foce del fiunie Ar- sa, ovvero Arsia , termine anco , e fine delPlstria ,■ con parte di esso mare, al settentrione PAlpi, le tjuali dividono eziandio PItalia dalla Carniola, e Pannonia, oggidi chiamata Ungheria. Questi s ono gli aulichi, e moderni confini delia Piovincia del¬ Plstria, assegnati da’ mentovati scrittori, le vesti- gie de’quali seguono Maginio, P. Filippo Ferrari con molti altri ora da me tralasciati. E perclie, come osserva Giovanni Rosino (2) nel proemio del libro primo , chi [trende P assunto di scriver P istoria di qualcbe Repubblica , o Citta, deve dapprima dar notizia del luogo , 0- ve sta situata : avendo dunque sin ad ora dimo- strato Porigine de’ Čarni, e delia Provincia del¬ Plstria, la di cui Citta principale, come scrive (1) Geograph. lib. j. (2) Antiq. Rom. X 5 ' Rafael Volterrano (i), fii la nostra Citta di Trie-' ste , šara bene, prima di ogni altra cosa, dar qui- vi qualche notizia del suo sito, e territorio, e poi proseguire la incominciata istoria. Ma perche 11 testimoni forastieri sono di piu credito, e men so- spetti, che li compatriotti, addurro brevemente quanto raceonta 1’Abate Ferdinando Ughellio (a) il quale, nel descrivere la Citta di Trieste, si egre- giameute adopra la penna, che gran torto larei a si celebre autore , quando presumessi deseriverla con altre parole, che con le sue proprie , prote- standomi in questa relazione non aggiungere altra del mio , che qualche piccola cosetta da lui trala- sciata; il quale proseguendo quanto si riferi di so- pra, dice cosi.„ II territorio della Citta di Trieste ,, rende non solo quanto e necessario ai suoi abi- „ tanti ( 3 ) , ma ancora cio che serve di regalo, „ come olio, vino, formento , pešci e frutti deli- 9 > cati d’ ogni sorte . Posciache stendendosi nel de- „ divio d’una collina forma nel seno un assai ca- „ pace Porto, che da diverse altre Citta, e Porti >, viene attorniata, e cinta, quali sono Umago, » Muggia , Pirano, Salvore , Rovigno, San Gio. di 5) Dnino, con altri poco distanti l’uno dali’ altro, ,, li primi per andare dalPIstria a Spalatro, e Dal- ,, mazia, e gli altri a Venezia, distribuendoalPIta- ,, lia tutto cio che di bello e buono produce, ed (x) Geograph. lib. 4- verb. Tstr. (a) Ital. Sacr. Tom. 5. col. 4gg. (3) F da notarsi, che il niimero degli abitanti di quel tempo che descriVc, era ristrettissimo ia Trieste. 2.6 „ abbonda la Germania, e coinpartendo a questa „ tutto cio, che viene dalForiente , giacche essen- „ do situata nelle foci delFAdriatico, e nel princi- pio del Golfo , il qunle dal suo nome da tutti gli „ scrittori antichi e moderni vien ehiamato Golfo „ di Trieste , merceeche situata qnasi centro nel mezzo , tiene a fronte Venezia colFItalia , dietro ,, le spalle la Germania. alla destra il Friuli, alla ,, sinistra 1’ Istria colla Dalmazia.“ Sin qui sono parole del mentovato autore . Monsignor Giacomo Tommasini Vescovo ui Emona, addotto dal Dottor ProsperoPetronio Medico diTrieste ( 1 ) dice cosi „ Trieste e situata nella pendice d’ un monticello ,, in luogo mol to ameno , e dilettevole, collocato „ nel grado 36 m. 24 di longitudine , e 4 ^ n*- 4° ,, di latitudine, espiega lo scudodi porpora fascia- ,, ta d’oro con un’arma in asta Il secondo nome attribuito alla Gitta di Trieste e quello di Motite Muliano. Gve, e quando acqui- stasse tal nome, e del tutto ignoto, non ritrovan- dosi di esso altra notizia fuori d’un’antica Cronica da riferirsi. Vemn nome ritrovasi italiano , 1 atiao # o barbaro, cosi proprio de’popoli,o di persone , che, storpiato dalla ignoranza, o alterato da pro- nuncia, ortografie, grammatiche , o linguaggi dif- ferenti, in mille forme sinonime , non si trasmuti , le quali pero, quantunque mostruose, e Strane, serbano sempre qualche vestigio della proptia ori- ( 1 ) Mem. Sacr. e prof. M. S. delPIstr. p. 2 . pag. 65. *? gine, e per varieta si strana prendonsi sovente nel- Pantiche scritture, e nelPistorie grandissimi equi- voci . Per indagare adunque Porigine , ed etimolo- gia di tal nome , si puo dire che Trieste \o ricono- scesse, forse da qualche egregia azione operata da Amulio XIV Re de’Latini nella patria nostra, il quale, sesuendo 1’opinione d’Eusebio regno 1’an- no 43o dopo Pincendio di Troja, ovvero perche in- \iasse dalPItalia numeroso stuolo di gente a riedi- ficarla e riabitarla , per rinnovare in lei quelPan- tico splendore, gia quasi spento dalle sontuose ro- vine di Norito, allorche vinti e superati i Čarni suoi primi abitatori, venuti anclPessi dalPItalia, distrnsse la nostra Citta principale in quei tempi di quella Provincia, addimandata, al sentire di Strabone Pagus Curnicus , il qual nome, in rico- goizione dei beneficj ricevuti da Amulio, cangia- rono poi in Monte Muliano , nella guisa che Mon- tefiascone, al riferire di Annio, acquisto P odierno nome impostogli da’Fiasconi, antichi Pelasgi an- dati ivi ad abitare; e la Citta di Como pregiasi de- corata del suo , come scrive Pier Leone Gasella (i) dai popoli Comini, li quali erano cosi addi- rnandati da un certo Idolo ehe cbiainavasi Comus. Se poi P addotta opinione sembrasse ad alcuno di poca sussistenza,.soggiungero, che acquistasse tal nome dagli Eneti, addimandati poi Veneti, allor- quando, terminato P eccidio di Troja, partiti da Paflagonia con Antenore, e traseorso Plllirico col- (\) De Aboriginibus pag. 28 la Liburnia (i) pervennero nelle nostre contrade come riferisce Onofrio Panvinio, ove alcuni inva- ghiti deli’amenita del le colline, e sito della rovi- nata Citta , distante 18 miglia dal fmme Timavo , il quale per la vicinanza del Carso, a quei tempi addimandato Giapidia, giudicato da essi attissimo per 1’educazione dei cavalli, e muli > esercizio fa- miliare , e di grande stima presso quella nazione , massime nel procreare i muli; costume che poi im- parato da loro , si diffuse negli altri paesi , al sen-* tire deli’ aceennato Panvinio, loco citato , quivi e- 1 lessero per propria abitazione il colle , ove giace - vano le rovine delPantica metropoli de’ Garni, at- terrata gia , e distrutta da Norito, la quale nuova-* mente riedificata per esprimere il colle , ov’ essa campeggia colla priacipiata educazione de’ muli f 1’ addimaudarono Monte Muliano „ Il non trovarsi nella Gitta di Trieste memoria espressa del nome di Monte Muliano a’ giorni uo' stri , non deve apportar meraviglia , ne ombra di dubbieta alla citata Cronica, mentre le lagrimevo- li rovine ,ed incendj funesti da essa sostenuti qua-> si in ogni secolo dalle continue incursioni de’ Bar-' bari , ed altre nazioni , cancellarono dal mondo' tutte le sue notizie , senza lasciare a’ giorni nostri altro vestigio di se, fuori d’ alcune particelle , an- co corrotte , le quali dimostrano non essere del tutto smarrito, e perduto . Grumula , Musiella , e Muggia direi fossero quelli avventurati luogIii ,che- (i) Antiq. Veron. lib. i. pag. 4- *9 eonservano ancora la memoria ( quantunque cor- rolla ) della prima origine di tal notne. Grumula , luogo vieino al mare , poco distante dalla Citta, forse riconosce tal nome da qualche grande,e bel- la mula ivi educata , che poi colla lunghezza del tempo , smarrito il suo primo e legittimo nome , in sua vece da’ paesani fu corrottamente addiman- data Grumula . Musiella pure alla riva del mare , luogo distante un miglio dalla Citta, verso la mon- tagna , appoggiato a congetture , benche lontanp , potrei dire s’ addimandasse anticamente Muliella , ovvero Muliera, cbe poi corrotto dal volgo, si con- vertisse in Musiella. Vestigio pid certo del nome di Monte Muliano , benche parimenti corrotto ,conserva ancora la ter¬ na di Muggia , cinque miglia lontana da Trieste , in latino addimandata Mugla , ed i suoi abitatori eomunemente chiamansi Muglisani, i quali non senza fondamento, a proposito nostro,diro che ne’ tempi andati , perche derivati da Monte Muliano , s’ addimandassero Muliani, riconoscendo 1' origine loro da quello . Veridico testimonio pure di tal ve¬ ri ta e la nobil famiglia Veneta da Mula , la quale si trasferi a Venezia dalla terra di Muggia . Questa terra negli anni scorsi fu soggetta alla nostra Co- lonia di Trieste , conservando ancora le tre torri , antico armeggio di que,lla in memoria di tal sogge- zione , che i'u cangiato 1’ anno t38a dal Serenissi- mo Leopoldo tl Lodevole Duca d’ Austria, quando 3i Triestini, per difendersi da’ loro netnici, sponta- neamente s’ offrirono colla propria Citta sotto la prolezione deli’ Augustissima Časa d’ Austria . E Šb quantunque la Citta nostra dali 1 essere stata tre volte distrutta , e riedifieata , quando fu unita ali* Imperio Romano, perdesse o Iasciasse il norne di Monte Muliano, cangiato da’ Romani nel moderno che ora possiede di Tergestum , la terra di Muggia sempre costante , e ferma , tralasciata ogni muta- zione ,conserva sin’a cjuesti tempi 1’antico suo no- me Muglisano, Nel Monastero de’ Santi Martiri, deli’ ordine di S. Benedettb (i) , pošto fuori della Citta e porta Cavana, 1’anno deli’era eristiana 1 5 14 s ritrovossi la seguente Cronica deli’ antica Citta di Monte Muliano , ora chiamata Trieste , il di cui originale oggidi sta riposto, e si conserva nella Vicedomina- ria , o diciamo Arcbivio comune della citta , nel quaderno del qu. Bartolomeo de Rossi , in quel tempo Vicedomo della Citta . Sveglio questa Cro- nica in alcuni critici qualche scrupolo , circa la credenza e verita di essa, cagionato dal suo rozzo , e malcornposto stile, e dalla narrativa de’ successi antichi , non appoggiati al sodo fondamento de’ classici scrittori, onde per gli accennati motivi fu da loro giudicata di poeo credito . Non recarono a me turbazione o meraviglia le opposizioni addotte* mentre lo scorgere , che 1’istorie cogli annali del¬ la nostra patria furono sraarriti , da ansa ancor a me , appoggiato a tal fondamento , di rispondere * (1) Fu de’ Monaci Armeni Mechitaristi, e dopo la lo¬ ro-partenza N. 1018. ridotta ad uso profano , esi- ste nella piazzetta di S. Lucia. Sr che con quelli, a catisa degl’ incendj , e rovine da lei in diversi tempi sostenute restassero tutti li fat- ti, e successi di quella nelToblivione sepolti. Nem- meno la rozzezza del suo stile , usato anticamente nella provincia di Venezia la discredita punto , mercecclie la comunicazione ,e poca distanza delle nostre contrade da quella Citta , e provineia , le fece anco eomune il modo di parlare , e la favella; posciacche , se la rozzezza del dire non si oppose ne impedi a Giovanui Lucio il provare in molti luoglii della sua istoria di Dalmazia diversi succes¬ si coli’ autorita di simili scritture , perche dunque vorremo opporre alla nostra tal difetto? Se ponde- riamo poi li successi in quella narrati , e seguiti , questi ancora non devono apportare lormidine , o dubitazione , mentre le congetture de’ tempi, e de s successi ivi descritti, in tutto quasi conformi a cio che riferisce Tito Livio nella sua Istoria (i), e di- mostrano cbiaramente non essere favole o chime- re cib che in lei si contiene , ma verita istoricbe de’casi seguiti. Fanno menzione di questa Cronica Nicolo Manzuoli (a), Monsignor Giacomo Tomasi- ni seguito dal Dottor Prospero Petronio ( 3 ), e Lo- dovico Sclionleben (4). (0 Ca P- * 2 3 4 9 : 4 >- (2) Descriz. dell’Istria p. 19; ( 3 ) Mem. Sacr. e prof. M. S. delPIstr. pag. 2. ( 4 ) Annal. Carniol. tom. 1. pag. 2. anno 610. COPIA DELLA CRON1CA 3s ANJSTI DEL MONDO PRIHA Dl G. CRISTO 3872. ' 128. GIOVANNI MACABEO DETTO IRCANO j&ppartiene la ferocissima , e jjoteutissima gente del Motite Muliano . 1 . Siando li Romani in sua signoria , cioe 1’ Im- perio di Roma , fu nolificato , eh’ era un luogo in le parti deli’ Istria , il quale per riome si chiamava Monte Muliano , 2 . il quale a niuno dava trebuto , e stavano loro in sua Signoria . Siando 1’ Imperio JRomano in tanta signoria, e potentia,* volendo 1 as- siare bora 1’ Imperio , e Senato Romano , detenni- no , che Monte Muliano li dovesse dare lo tributo a lo Imperio Romano. 3. dissero di mandare a loro Ambasadori a quelli di Monte Muliano , cbe noi vogliamo dare tributo a lo Imperio nostro Roma¬ no . Fu mandato li Ambassadori , arrivati che lu- rono a Monte Muliano,s’appresentarono al Gover- natore del luogo , e dissero : noi veniamo da parte deli’Imperio Romano nostro, come ha presentito , cbe voi non date el tributo al detto Imperio no¬ stro Romano, volemo saper Ranimo vostro. Qnan- do li verendissimi homini de Monte Muliano inte- so li Ambasadori, se li resposero , e disse: Signori voi sete li ben venuti , e questo per 1’ honor deli’ Imperio; noi voiamo baver lo nostro Conseio , e si ve responderemo . risposero li detti Ambasadori, 33 si, šemo contenti, 4. Congreg&rono lo suo Gonseio perche a quel tempo el bando era grando, chi non andava in Gonseio, perche era buona rason,e gran Justicia , tutti temeva et era d’ una volontade al ben della sua Republica , e per mantegnir la sua libertade . Per lo Governatore li fe la preposta , co- me el Imperio , e lo Senato Romano ha rnandato a noi li soi Ambasadori, eome vole da noi lo Impe- rio, che noi li diamo lo trebuto . 5 . Et per mante¬ gnir la sna libertade,certo tutti foreno homini viri- li,habiando in tempo la Ambasaria de li Romani , la esaminarono molto bene . Tutti se restrensero in una volorita; disse uno primo : 6. Li si g. Troia - ni foreno piu potenti , che non sono adesso li Ro¬ mani 7. li nostri antichi sono stati sempre in li¬ bertade, et a noi lassato questa libertade , inanci voiamo che siamo sottoposti . Se levo lo segondo , e disse 8. Signori non ve dubitate : noi avemo in questa terra bona rasone , e noi con li nostri dena- ri trovererno homeni , e zen te . Fo de molte bone opinioni , infra li altri se sollevo uno , e disse. Si¬ gnori 9. Io vedo ben la nostra bona e perfetta vo- lonta , et io voi ligar la mia con la vostra liberta ; priegove che tutti debiate piar conseio , io dico co- si,che noi debiamo responder a questi Ambasadori 10. e non e lecito ne honesto,che el Padre se deb- ba humiliar al fiollo P tutto il Conseio a furia ap- provo questo Gonseio. Fo chiamato li Ambasciado- ri , dicendo , noi havemo il nostro Gonseio , e cosi ve rispoaderno. el non e lecito, ne honesto,che el Padre se debbi humiliar al fiollo? subito li Amba- sciadori intese, e preše eombiato da quelli Signor- 34 tl e Monte Muliano et andarOno verso Roma : arri- vati eheforeno a Roma , subito s’ apresentarono al Imperio , et allo Senato Romano , e dissero : De- creto , Signori , 11. voi havete fare con homeni , e non con zente , havemo inteso la sna risposta ia. O potentissimo Imperio Romano, rnai una simil ri¬ sposta non have F Imperio Romano,dicendo, quan- do noi arrivassimo a Monte Muliano se presentas- semo al Governatore del logo , a lui supUssimo la nostra Ambasiaria con esso , sia cosa , che noi sia- lno mandati a voi per parte del potentissimo Impe¬ rio Romano , come lian no presen ti to , i 3 , che voi non sette sottoposti, e non dat te trebnto a niuno ; ha determiuato lo Senato Romano , eh’’ a lavo dob- biate dare el trebnto.ali’bora ne respose el Gover¬ natore del Monte Muliano,noi volemo haver el no- stro Gonseio , ne fo risposto ; el non e lecito , ne horiesto, eh’el Padre debhase humiliar verso el fio- lo ? Quando F Imperio , e Senato Romano intese li so Ambasiadori, disse 14. Per certo costoro die es- ser de natura de homeni rustici , or or vedremo 1’ animo loro i 5 .ferono congregare un grande eserci- to de zente , e fo mandato inverso Monte Muliano, et li detti di Monte Muliano havevano le loro spie de fora lontano 16. e si asuno della terra , e suo territorio, e di soldati quindese milla,tutti vigne- vano volontiera , perche havevano farna de valenti homeni et tutti stavano in pronto con le sue arme, vignando li Romani, e gionsero in lo Friuli 17 pas- sando le acque delli fiurni, reposareno , come se u- sa della gente d’arme i8.questi di Monte Muliano sepe,che la gente de li Romani era alogiata de qua 35 de le acque , subito congrego tutta la so zente , e feeela metter tutta in arme, e sianilo in pronto 19. anderono verso Sistiana, che s’ imboscarono,e sta- vano in pronto 20, che aspettava. la marina , su l’ alba de ziorno, li Romani se levareno,e vensero in ■verso Monte Muliano vignando al so camino , zon- sero in Valle di Sistiana e questi di Monte Mulia¬ no li tolsero di meggio,e tutti in una voce,comen- zb a gridare: čarne, čarne , viva Monte Muliano ? fecero grande batteria,e fureno rotto li Romani 21. presero presoni assai, conquistarono zoie, e rofabe assai 22. el Gapitano della zente de li Romani su¬ bito mando un suo Gorriere a Roma , e tutto lo fatto se li conto , che quelli de Monte Muliano hanno rotto la sua gente in una Valle di Sistiana 23 . Odendo lo Imperio Romano loro so homeni ta¬ li . Quanti Prencipi , e Signori naturali de grande possanza , odendo ia nostra farna , a noi se hanno inginocchiati, e servano a noi? questi de picolo lo- go voleno contrastare, 24 beati loro el Padre , e la Madre , che 1 ’ingenero per suo honore ! sS. si con- gregarono una gran moltitudine di zente, e fu mandata inverso Monte Muliano . et loro seinpre havea le spie de fora , e fecero lo suo Conseio , di- gando , signori tanto tempo che Monte Muliano e stato in sua Signoria , sempre hanno habuto gran farna et honore . Signore,‘piate el mio Conseio 26. inanži che sotto potentia de niuna signoria de Ro¬ mani debisano stare, avanti abbandonemo la terra> e via portemo il noslro haver , et edifiearemo un luogo, e saremo in nostra libertade ; perche noi noa ha bi amo el modo de aspettare la furia delli Roma- 36 ni, to piato !o suo Conseio,esi assuno tutto lo suo Javore , e stavano in pr o n to per and are , e sempre haveaoo le spie , approssemandosi Ji Romani con uno grande esercito de gen te inverso Monte Mu- liano . Zonse le sue spie,e diseii,Signori, del cen- ti'o el vene tanta moltitudine di gente,ch’el intel- letto de bomo humano che potesse considerare , per spatio di quattro giorni saranno , (juesti di Monte Muliano tolse tutto el bono, el miore, e so¬ pla li soi cavalli charichi portareno fuora della ter¬ ra 27. abbandonareno lo iuogo , e piareno al suo camino in verso laLemagna 28.edifieareno un luo- go sopra un acqua , el quale se chiama Lubiana , e li si fermono forti . Vignando li Romani al suo ea- mino, alti quatro giorni gionsero a Monte Muliano 29. si se alloggiarono iontano non se fidareno de vegnir appresso le porte de la terra , le quale era- no averte . Disse uno Cavaliero de quei Romani, Magnif. Capitano , le porte de la terra si e averta, questa non e usanza, rispose el Capitano della zen- te . lo ve comaodo a tutti , che niooo de voi vada alla terra , senza mi a licenza , perche costoro sono certo , loro sono dentro aseosi con aguati , per re¬ du rne dentro , e darne adosso; sono bomeni Valen¬ ti de grande farna : respose quel Cavalier, e disse , Magnif. Capitano , pregove, che questa gratia me debiate fare , lasciatene andar a batter , e chiama- re 3o. voia quel de la terra . vegna fora homo, per homo a combatter voio io con lui, rispose el Capi¬ tano va , e sia valente, questo Cavaliere s’ have ad armare.e si ando verso la terra, e zonto fo sotto la terra, si comenzo a cbiamare, 6 voi bomeni de M. 3 7 Muliano ,venga fora homo.per homo, a combatter si sono per aspettare, non have risposta,e pur sta¬ va aspettare , quietando niuno vense, 3i. e quello Cavalier se toise , e arnio verso la porta de la tet¬ ra , non vidi nessuno, monto sopra le mura, e co- tnenzo a chiamare 3a. Signori Romani, vigniti den- tro , ehe niuno no e in la Cittade . odendo el Gapi- tano el parlare, comando a una parte della zente , ehe in la terra dovesse andare 33. e loro , intraili dentro, vedereno tutte le ease serate 34 . Vedendo el Capitano , eh’ erano partiti de la subito mando un suo messo alTImperio Romano , et tutto li fo contato,come li homeni di Monte Muliano sono fu- gidi con tutto il suo Tesoro , perehe erano richi e potenti etc. 35. Odendo questo lo Senato Romano , subito reserisse a quello Capitano .Nui senato Ro¬ mano te avisemo , e comandemo , che sotto pena della disgratia nostra , che subito tu devi provede- re do ve sono andati quest.i valenti homeni de M. Muliano Pet se tu li trovi 36. 1’ animo ed intentiou nostra si e , che tu li dia fare ritornare dentro,con questa condition 87 . che nui Imperio Romano si li volemo tar bone earte,come app ar ti en , carte fran- che de franchisia, come voi, o chi šara di voi, siate franchi per sempre, per la vostra bona, gentil ma¬ tura! farna , in tutti li valenti , come perfetto ap- par,odendo questo el Capitano, no dimore niente, e 38. mando tre suoi Cavallieri con lo sigillo Ro¬ mano , e trovato che hanno quelli homeni de Mou- te Muliano , e se dissero 39 . O signori Homeni va¬ lenti , potentissimi di Monte Muliano! O homeni di grande farna , e de grande honore ! sapiate , come 38 ve tnostro la chiarezza, come 4°- lo Imperio Ronia* no ve manda a voi a dire, e pregarve ehe voi dob- biate retornare a logo vostro etc. zoe a Monte Mu- liano 4‘ • che > i n tutto , per tutto, lo Imperio a voi tutti , ve vuol fare franchi , e franchisia , natura- le , che voi, e li vostri , e chi šara di voi , in tut¬ to , e per tutto siate franchi per sempre , vole fa¬ re , como in questo sigillo appare 4 a - Odendo l 1 hotneni di Monte Muliano, risposero. Signori , noi siamo contenti . li fo raostrato lo sigillo Romano , fo letta per uno delli homeni soi, e dichiarato da parte , in parte } come lo Imperio Romano li vuol far franchezza j et franchi in tutte le parti, como li s’ appartiene 43. retorno buona parte de homeni f e delle donne , e picciolini in Monte Muliano , et altre parte de loro remasero li a tprel logo de Lu- biana , e non volessero retornare 44- tornati foro a Monte Muliano ,realmente li fo fatto le carte fran- che , come a niuno dovessero dare el Trebuto 45. štetero con questo honore assai 46 . lo Čampo,e lo Esercito Romano ritorno a Roma , per obbedienza de li homeni di M. Muliano 47- Scrisse la Historia natural, uno horno val cento , e cento no val uno. SPIEGAZIONE DELL A SUDDETTA C KONIC A. 1 . Siando li Romani in sna Signona ec. L" ap- petito del dominare , mai sazio , della Romana Re- pubbiica , che per estendere i limiti del suo Impe¬ rio sino agli ultimi confini della terra , costuma- va di mai quietarsi con quelle Citta, o popoli, coi i 9 quali non a veva arnicizia, o confederazione, facen- do sempre nascer guerre dali’ istessa guerra , sin- tanto non fossero da lei soggiogati, e vinti. Chi in- cito Pappetito a Marco Crasso d’inquietar li Parti, benche lontani, a Pompeo 1’Asia, aGesare la Fran- cia, a Scipione la Spagna, e ad altri Gapitani , al- tre parti? se non lo smodernto afPetto del domina- re, qual spinge anehe ora il Senato contro !a no- stra patria a ricercarle tributo. 2 . Morite Muliano, il quale a niuno dava Tre- buto ec. Chi fosse Monte Muliano , si dichiaro di sopra . Che a niuno desse tributo, dimostra la li- berta, nella quale vivevano i suoi cittadini, prima che dai Romani venissero molestati. 3. Lo Imperio Romano disiero di mandare a lo- to Ambasciadori ec. Costumavano i Romani, avan- ti d’intimar la guerra ad aleuna Citta , e Provin- cia , di mandare ad esse Ambasciatori, alle quali esponessero le loro pretensioni; aecettate queste , e corrisposto a quanto dal Senato veniva offerto , erano subito riconosciute per confederate, ed ami- che; altrirnenti coli’ intimar loro la guerra , trat- tavanle ostilrnente corne nemiei . 4- Congregaiono lo suo Conseio , perche a quel tempo el bando era grando chi non andava in Con¬ seio ec. Era tari ta la sollecitudine in quei tempi del ben comune della Repubblica, che severamen- te castigavasi colui, il quale scorgevasi negligente in accorrere alPadunanze puhbliehe , mentre tutti unitamente d’un istesso volere procuravano il ben comune ed universale della patria, e non il pro- prio; la qual legge penale, accio restasse impres- 4 ° sa nfclla memoria de’posteri, fu poi registrata ne- g!i Statuti della Citta nella Rub. 37 del libro pri- mo, confonne lo uso deli’ altre Repubbliche , e Citta . 5 . P er mantegnir la sua libertade certo tuf ti fu- rono horneni virili ec. Dice S. Ambrogio, che la fortezza, la quale difende colla guerra la patria , e piena di giustizia; onde la guerra difensiva non solo e giusta, ma necessaria ancora , quando colla forza si ribatte la forza , mentre la natura istessa impresse nel cuore , lo scacciar sempre da se ogni violenza; dimodoche s’esercita atto di grande for¬ tezza e giustizia, quando si scaceia da noi, e dai nostri la torza, e coli’ armi si difende la liberta, la patria, ed i parenti . 6. LiSignori Troianifurono piii potenti che non tono adesso H Romani ec. II dire , che da’Trojani, quantunque piu potenti de’ Romani, mai riceves- s^ro molestia, altro non fu clie addurli in testim«- nio , e farli mallevadori della lor liberta , e fran- chigia. Se Antenore, il qualedopo superati gli Eu- ganei gli uni coi Trojani, ed Eneti, faeendo di tre popoli un solo , che , dilatato per il circonvicino paese , diede con glorioso e fortunato auspicio il nome alla Provincia di Venezia,la quale in memo- lia degli Eneti cosi chiainossi, non apporto vera* na molestia alla Citta di Trieste , ma lasciolla vi- vere in pace colla sua antica liberta, e franchigia, aveano ragione di rispondere, che non dovean ope- rare altrimenti i Romani discendenti ancor essi, ed originati da Enea Trojauo . 7. Li nostri antichi soao stati sempre in liberta- 4 » de ec. Ghe la gen te di Monte Muliano abbia sem- pre goduto il privilegio di liberta e franchigia , lo dimostranocjueste parole, che percio prima di per- derla, consiglia questo eittadiao di lasciar piutto- sto la vita . 8. Signori n on ve dubitate , noi Kaverno in que- sta Terra, bona rason, e con li nostri denari trove- remo homeni, e zente ec. Appoggiato alla ragione, egiustizia, ehe avevano, soggiunse un altro cit- tadino, di non dubitare . Inoltre le ricchezze e de- naro, dimostrano essere stata in quei tempi la no- stra Gitta rieea , e potente, e molto piu grande, che al presente si trova, mentre, come unica , e principale Gitta di quel mare, e contorni circonvi- cini, pote con 15 mila soldati assalire, e rompere 1’esercito Romano; merce che Aquileja da indi in poi solamente incomincio colPappoggio de’ Roma¬ ni , portata ali’ auge di sue grandczze, a farsi pa- lese ali’ universo, 9. lo vedo ben la vostra bona , e perfetta volon - ta, ec. Scorgendo questo Consigliere la perfetta li¬ mone, ed uniformita deVoleri degli altri suoi con- cittadini per la conservazione della liberta, e be- ne universale, disse voler legar la sua volonta con quella degli altri; mercecche la compagnia di mol- ti fra loro strettamente collegati, riesce di mirabh- le energia, e forza, per mantenersi, e resistere ad ogni umano accidente. 10. Non e lecitone honesto , che el padre si deb~ ba humiliar al fiollo ec. Con queste parole direi volessero inferire , ehe siccome i Trojani piu anti- chi, ehe i Romani venuti ad abitare nella loro pa- 4 a tria , non gli apportarono molestia , ma mescolati, c eongiunti seco , fattosi un istesso popolo, li la- sciarono vivere liberamente, senza soggezione al- cuna 5 stupivasi ora , che i Romani meno antichi di essi volessero obbligarli a pagar loro tributo, e renderli soggettijche percio loro risposero, non essere conveniente ad essi piu antichi d e’Romani, d’umiliarsi, e soggettarsi a quelli, come non e le- cito, che il padre si umilii al figlio , risoluti piut- tosto che perdere la liberta, di lasciare la vita . 11. Voi havete a fare con homeni, non con gen- te ec. Spiegarono con queste parole gli Ambascia- tori al Senato Romano , che i cittadini di Monte Muliano non erano uomini dozzinali, e plebei; on- de col non chiamarli gente plebea, ma uomini, gli acclamarono soggetti di grande spirito, e valo- re, come la 'valorosa risoluzione , ed intrepidezza d’animo, veduta, ed udita da loro , lo dimostra. 12.0 potentissimo Imperio Romano! rnai una simil risposta ec. Parve nuova, e straaa tale rispo- sta a quel Senato , mentre arbitro delPuuiverso , pretendeva che il Mondo tutto adorasse Roma, e soggetto al suo valore senza contraddizione la ri- verisse padrona. 1 3 . Che voi non siate sottoposti, ne date trebu- to a- niuno ec. Il non conoscere altra superiorita che la propria , e non rendere tributo ad alcuno , come espressero gli Ambasciatari nelle addotte pa¬ role, e indizio certo di Governo iodipendente, e di Repubblica Sovrana, col quale sino a quei tem¬ pi reggevasi la nostra Citta . 14. P er certo costori dec essere de natura de 4 3 homeni rustici ec. I Romani insuperbiti dallagran- dezza, e vastita de' proprj Stati , non usi a sentire contraddizioni, e šimili risposte, dispregiando ehi ricusava prestar loro ossequioso tributo,e non ob- bediva a’ lor cenni, trattarono da uomini rustici i nostri cittadini, li quali poco curando la loro po- tenza, licenziarono i suoi Ambasciatori con una si. aspra , e risoluta risposta . i5. Ferenc congregare un grande esercito de gente } e fo mandat o incerso Monte Muliano ec. Čredo io, che A. Manlio Console, che dimorava in Aquileja, sentita la dura risposta , data agli Ambasciatori, di suo capriccio , senz’alcun ordine del Senato , s’ ineamminasse col suo esercito verso Monte Muliano, e intimasse la guerra.Lo dimostra- no le mol te questioni, opposte e rinfacciate a M. Junio Console suo collega, quando venuto dali’ I- stria a Roma per causa de’Gomizj, tra 1’altre que- rele, che Papirio , e Licinio Tribuni della plebe opposero ad A. Manlio, la principale fu, 1’aver egli ingiustamente mossa agFIstriani la guerra senza il dovuto consenso del Senato . Devo ancora avvertire chi legge , che l’autore della Cronica , come persona idiota, e poco pratica della differen- za tra T autorita del Senato , e quella del Console, pigliando questa per quella , confondesse una di- gnita colPaltra , ed invece di nominare il Conso¬ le, senza far distinzione, scrivesse Plmperio , e Senato Romano. j6. Si assurio della Terra, e suo Territorio , e di soldati quindese fnila ec. L’adunar Soldati in breve tempo, fa vedere la potenza e stato della 44 Citta nostra , prima che ai Romani fosse seggetta . Numeravansi fra questi i Giapidj con altrc milizie de’Galli, assoldate da’viciui contorni. i 7. Passando le acque de li Fiumi ec. L’ ešsere alloggiato 1’esercito di qua deli’ acque, dimostra che in quei tempi il fiume Isonzo correva pel ter- ritorio dr Monfalcone, ove oggidi si scorgor.o alcu- ne vestigia d’un suo ponte, vicino alla terra di Ronche , dimodoche 1’assegnazione del sito di qua deli’ acque,col passaggio de’finmi, dimostra aper- tamente 1’ equivoco prešo dal P. Martino Baucer^ il quale volendo che 1’esercito Romano s’ accam- passe vicino al lago di Dobrodo, il quale sostien essere quello del Timavo accennato da Livio, non facendo riflessione, che 1’addotto lago di Dobrodo sta situato nel Garso , altre volte detto Japidia, e che risoluto ilConsole d’andare contro gPIstriani, era fuor di cammino ; onde per il lago del Timavo debbonsi intender qnelle paludi, che ora si scor- gono fra il detto fiume, e 1’isoletta dei bagni, ove anticamente era il lago, che Livio chiama del Ti¬ mavo, come riferisce Fr. Leonardo Alberti (1) con queste parole: Gid era guesto luogo , ove sgorga- no det te acque calde separato dal continente det¬ la terra, ed era uri’ isoletta ; ma ora ( come si ve¬ de ) per Vinstabilita del rnare e congiunta col con¬ tinente: la qual cosa se avesse osservato ilBaueer, non avrebbe assegnato il lago di Dobrodo . 18. Questi di Monte Muliano , che la gente de (1) Descrit. d’Ital. reg. 18. 45 Romani č ra odloggiala dt Qdi de le acque ec. 1 pa- raleiU ianto simiii 6 ^esta Cronica, con cio, che iD piu luoghi della sua istorid scrive Tito Luio, rendono certezza tale , che grande pass* one strerebbe chi, cel cootraddirle, mostrasse quaidb e dubbista di ?ei . Scrivendo Livio nel principio del Hb 4’ 1’esito di questa guerra , quantunque non assegni espressamente il tempo che segui, scorgesi pe;j da quanto scrive, che fosse quello del 572 di Ec xa , ccrrispondente al 3872 della creazione del Mondo, e prima della venuta del Redentore 128 seito i! Consolato di M. Junio Bruto, e d’A. Mau- lio Tolsone, ancorche Sigonio ne’ Fasti gli assegni quello del $78 di Roma . Poco prima direi fossero inviati gli acsennati Ambasciatori deli’ Imperio Romano alla Citta , come insinua la Cronica, se la miveilazione del testo di Livio non lasciasse ali’ o- scaro, ovc, ancorche non nomini espressamente la b ostra Citta , corrisponde pero in ogni cosa a qupra alli numeri 15 , e 20 ; ma perche negli acci- deati occorsi in questo fatto discorda egli in qual~ che Cosa da quella , devo qux riferire quanto scri- ve questo autore , accio rcsti pienamente informa- tu F erudito lettore , e maggiormente slabilita la verita della stessa. Livio, il quale aveva consagrati i snoi inchiostri solo alie glorie di Roma, nel narrare il succcsso , dice che, dopo Fottenuta vittoria, i Re delFIstria coa i suoi ritrovad ne’ padiglioni del campo i letti e tavole con pregiatissimi vini, e preziose vivande preparate allettati da quelle delizie , quasi fosse- ro venuti per bancbettare, ncn per coinbattere , 5 Z eCordati dei nemici, e della guerra, trascurando dr proseguir 1* incominciata vittoria, postisi a sedere alla mensa, dati in preda alla crapola, fossero da 7 Homani { avvisati di quanto correva) riordinati di nuovo , con tal furore ali’ improvviso assaliti, che ritrovand-oli oppressi dal sonno, ne ticcisero 8 mi¬ la, salvandosi appena il loro Re, che fatto salireda 7 suoi cosi ubbriaco a cavallo, colla fuga fuggi anco- la morte; ne difficile loro riusci di trionfare di chi gia vinto dali’ intemperanza, stava incatenato dal vino; onde ricuperata col perduto onore ogni altra cosa, rimasero trionfanti, senza perdita alcuna di robe . ColPintreccio ancora di questa nuova vitto- ria de’Romani , per coprire 1’ accennata costerna- zione ed ignominia, racconta il predetto Livio T benche con parole ambigue e pungenti, il pruden- te ritorno de’ nostri cittadini a časa dicendo : che lasciati nel campo nemico alTimavo iGiapidj,Gal- li, ed altri loro coulpagni, i quali allettati dall’ab- bondanza delle vettovaglie, e del vino , fuori di o- gni altro pensiero, che di satollar la gola, rimase¬ ro 8 mila trucidati sul suolo ; e che i nostri meno dediti alla crapola con una ben pensata fuga si fos¬ sero salvati. Impossibile parmi j ne posso capire , quanto qui riferisce Livio di questo fatto; poiche , se fosse cio vero , non parlerebbe con tutta sicu- rezza la Cronica , che i suoi cittadini fossero ri- tornati a Monte Muliano carichi di ricca preda , e con molti prigioni deli’ottenuta vittoria, non es- sendo credibile , che un esercito numeroso de’Sol¬ dati , piu avidi dell’oro , che del pane, tutti insie- Hie d’accordo, trascurasse di saccheggiare i ricchi 58 tesori , e spoglie de'Romani,e per subito sedere al- la mensa , tralasciasse d’ arricchirsi . Oltreche se il principio della battaglia coila rotta, e fuga deli’ esercito Romano, anco al parere di Livio, segui allo spuntar deli’aurora , non parmi difficile, in comprovazione di quanto asserisce la cronica, cbe i nostri per la vicinanza del sito, ove segui il con- flitto, 16. miglia in circa lontano dalla propria cit- ta, ritornassero colle spoglie acquistate lo stešso giorno a časa, lasciando gli altri compagni ali a eu- 6todia del campo . Quanto aggiunge ancora Livio nella narrazione di questa guerra m’induce mag- giormente a sospettare, che tralasciati i di lei par- ticolari, e veridici suceessi, scriva solo cio che ap- porta riputazione, e lode alle armi romane , poscia- ehe lo scompiglio di Roma e del Senato che duro qualche spazio di tempo per avviso delPesercitorot- td, fu si grande, che riempi di terrore e spavento non solo la regnante, ma Pltalia tutta, tenendole angustiate al dire delTjistesso , sin tanto che M. Giuuio Paltro Console abitante nella Liguria , d’ ordine del Senato, raccolti insiemei Soldati diquel- la provincia coi [presidj delle Golonie Galliche , si trasferi colPesercito in Aquileja, ove ritrovate rap- pezzate ed in buono stato le cose, scrisse subito a Soma, e rimandati indietro alle proprie čase i Sol¬ dati venuti seco in soccorso, portossi egli a ritro- vare il collega , Il giubilo e P allegrezza che ap- porto tal nujnzio a Roma fu molto grande . Proseguendo Livio (i) la sua storia scrive che , (i) Iiist. lib. 4 *• 5g terminati i Comizj, ovvero adunanze in Roma 1’an. no 573 . tocco in sorte a Glaudio Pulcro Gonsole della Provincia deli’-Is tria; e nel mentre che di- stribuivansi gli offiej,e disponevansi 1’altre faccen* de,A. Manlio.e M. Giunio Consoli deli’anno ante- cedente, levato da’ quartieri P esercito,che sverno- in Aquileja, assalirono al principio della primave- ra un’ altra volta i confini deli’ Istria, spoglianda e devaštando ogni cosa. Per opporsi a tal furia gli Istriani , ed impedire lo spoglio delle proprie so- stanze , adunata subito da tutte le parti molta gio- ventn formarono un esercito, e venuti a battaglia coi Romani , fu il conflitto nel principio crudele, e dubbioso ; ma finalmeute ceduta a qn.es ti la vitto- ria,laseiato il campo in abbandono fuggirono; ed inv jati arnbasciatori al Campo Romano, gli ohiese- ro la pace . Sebbene nella nostra Gronica nop ab- biamo riscontro di quanto qui riferisce Livio, veri- ficandosi pero cio eh’egli scrive, non čredo andas- se esente la citta di Trieste dal furore de’ Romani, memori ancora delPingiurie deli’anno passato, che per essere la p rima, come si dice di sopra, a dare ilpasso, ed aprir la porta a chiunque pretende passare dal Friuli nelPIstria, dovette necessaria- mente essere anco la prima a provare le amarezze di uno sdegno vendicativo , e mal regolato . Alle proposte istauze di pace,fatti sordi i due Consoli, scorsero subito tutto il paese, rovinando e disperdendo quanto loro perveniva alle mani, e pošto 1’ assedio a Nesazio Gastello , con isperanza che impadroniti di questo, seguirebbe lo stesso senza difficolta di tutto il rimanente della Provin- , 6o cia; mentre in questo Castello , per natura del sita assai forte e sieuro, s’era ricoverato i! Re Epulo- ne con molti Principi di essa. Intesasi tale ritirata da’nostri cittadini , colla nuova venuta delPeser- cito Romano sopra di loro: čredo seguisse cio sotta il comando de’ due accennati Manlio , e Giunio i ovvero sotto quello del nuovo Console Glaudio Pulcro , a eui parmi ( come presto vedremo } piit conformarsi, e aderire la nostra Gronica, nel diret Appressandosi li Romani con un grunde esercito di gente in verso Morite Muliano , zorne le sue spie , e disselli: Signori di certo el vene tanta mol- titudine di gente , che no e intelletto di hotno hu¬ mano, cke potesse considerare per spatio di quat- tro giorni saranno qui . Per accordare al possibile col testo di Livio cio che in essa sta scritto, dira, che ancora i nostri cittadini, per non rimaner vit- tima de’suoi nemici, risolvessero di fuggire, ed al>- bandonare la citta, sogginngendo pereio : : Questi di Monte Muliano tolse tutto el bomo, e miore , e sopra li suoi cavalli carichi portarono fuori della, Terra, e abbandonarono lo luogo, epiarono lo suo- camino verso la Lemagna . II verificarsi cio dell’e- sercito de due primi, non e possibile , perehe quel- lo sverno in Aquileja distante solo a8. miglia in circa , da Trieste ; onde šara rrecessario d’ afferma- re fosse quello di Glaudio , che veniva da Roma , mentre ( al riferire delle spie ) stava lontano quat- tro giornate . Pervenuti alPorecchie di Glaudio Pulcro i prou gressi, che M. Giunio, ed A. Manlio faeevano nell’ Istrja, temendo non gli levassero con la Provincia 6i anco 1’esercito, fatto consapevole di quanto passa- va Tito Sempronio suo collega, si parti precipito- samente di notte tempo a quella volta . Posciacbe dopo aver rinfacciato Giunio , che si fosse con infa- me lega unito a Manlio , gli cornajado che lasciata quella Provincia dovesse subito partire per altre parti; altrimenti non eseguendo i suoi ordini, co- me contumaci, gli avrebbe mandati, cinti di cate- ne, a Roma . Poco curarono le sue minacee li due, anzi che, invece di obbedire a quanto loro impose, fecero che sbeffato, e vilipeso, da tutti con suo cre- pacuore ritornasse colFistessa nave, nella qual era venufo prima in Aquileja, ed indi a Roma . Fer- mossi tre giorni Glaudio nella Reggia, ove raccol- to col furore di Tito Sempronio suo collega quel numero di soldati, gia prima dal Senato destinati iti ajuto di;quella guerra e levati i debiti ordini, con non minor celerita di prima, fece ritorno nell* -Jstria . Arrivato in questa Provincia, senz’altro ri- tardo , fece indi partire Manlio e Giunio col loro esercito, i quali pocbi giorni prima, pošto 1’asse- dio a Nesazio, Pavevano ridotto molto alle strette, e proseguendo egli 1’impresa, circondo quel Ga- stelio cou due nuove legioni seco condotte di si latta maniera che in breve lo ridusse alPestremo; ma perehe il fiume , che lo cingeva , e bagnava le mura, serviva di gran comoditii, ed ajuto agli as- sediati } ed al suo esercito , ed a lui d’impedimen- te, determino cangiargli il letto , rivolgendolo , uopo molte faticbe, iu altra parte . Attoniti gli a»- sediati , e luor di se stessi per tal novita non a- spettata , disperati di ottenere piii la pace, delibe- 6a rarono di trucidare colle mogli anche i proprj fi- gliuoli, i quali tagliati a pezzi, gettaronli fuori delle mura nel campo nemico. Fece tal crudelta stupire oltremodo i Romani, i quali eccitati da co- si orrendo , ed abominevole spettacolo, e dalli compassionevoli lamenti di quelle misere femmi« ne e fanciulli, sforzate incontanente con grande impeto t le mura entrarono a viva forza nel Castel- lo . Dopo tal suecesso il Re Epulone volle piut- tosto, trapassandosi con un pugnale il petto , di- venir misera preda della morte , che rimanendo in vita, restar prigione de’ suoi nemici. Gli altri tutti parte restarono prigioni, e parte uccisi. Espugnato Nesazio, preše Claudio a forza d’ar- mi anco due altri Castelli chiamati Mutila, e Fa- veria, colla demolizione de’quali, e morte del Re Epulone, dice Livio, che tutta la Provincia deli’ Istria si diede alla divozione, e resto soggetta ai Romani . Terminata eh’ebbe felicemente Glaudio colla morte del Re Epulone questa guerra, e ridot- ta colla distruzidne dei tre accennati Castelli, tutta P Istria in Provincia, soggiunge il mentovato autore , che diede subito minutissimo ragguaglio al Senato del feljce suecesso di essa; e quantunque non esprima altre particolarita , aggiungero io quanto ne addita la nostra Cronica , cioe che seri- vesse ancora, come la gente di Monte Muliano, abbandonata la propria citta, fosse fuggita in altre parti. Vedendo il Capitano, sono parole di quella, ch erano partiti dalla Terra subito rnando urt rnesso alf Imperio Romano, tutto le fo contato ec. Odendo questo lo Senato subito reserisse a. 63 guel Čapitano . Nui Senato Romano t’ avisemo e comandemo , chc sotto pena della disgrazia no- stra, che subito fi debbi provedere dove sono an~ dati questi valenti homeni di Monte Muliano, ec. Dal che chiaramente scorgesi quanto eonto , e sti- ma facesse di loro il Senato di Roma, mentre co¬ ni a n do con tanta -premura a quel Čapitano di ri- cercarli, e farli ritornare alla propria eitta , ofie- rendo loro carte franche di liranchigia •, che tanto pare, benche colla sna solita oscurita, insinuasse ancora Livio. La stima e concetto grande espresso dal Senato a’ nostri cittadini nella prolerta della liberta, mi porge fondamento a dii'e , che subito ammessi ali’ amicizia, e confederazione della Romana Repub- blica, per incatenarli con vincolo maggiore all’u- nione , ed osservanza di perpetua corrispondenza con essa, graziassero ancora la citta, colla preroga- tiva di Municipio , che godette sintanto che Ca- jo Sempronio Tuditano 1’anno 6a4 di Roma, sog- giogati co’ Giapidj gFlstriani, decreto il Senato stabilire in lei per la conservazione deli’ Italia , e delP armi Romane, una potente colonia, come vedremo . L’asserire che fosse Municipio mi muo- ve 1’accennata Cronica n. 41 - ove dice. Che in tutto per tutto V Imperio a voi tutti vi vuol fare franchi , e franchiggia naturale , che voi , e li vo- stri, e chi šara di voi in tutto > e per tutto siate franchi per sempre . Parole che espressamente di- mostrano, che le prerogative eoncesse dal Senato a’ nostri antecessori, furono 1’istesse che Gellio ri- 6 4 ferito da Sigonio (i) assegna agli abitatori de*Mu- nicipj ; poiche il non esser astretti a veruna legge Romana li rendeva liberi, ed esenti da tutte Je gravezze civili, e li faceva partecipi soJamente deli’ onore della cittadinanza Romana, senza po- ter ballottare , o dar il voto, ne essere ammessi al- la dignita de’ Magistrati. Il tempo che durasse tal confederazione, e godessero i nostri antecessori la liberta accennata, non puo determinatamente sa- persi, mentre di lei non trovasi altra notizia di quella ci suggerisee la Cronica n. 45. con (jueste parole: Stettero con questo honore assai . Appog- giato dunque sopra tal base, diro che posseduto nel corso di molti anni privilegio si grande, alla fine, o perche oppressa dalTincursioni de’ Barbari, i quali spesse fiate Fafflissero , o per altro acciden- te del tutto ignoto, restasse decorata con qu,ello di colonia latina, e poi di cittadini Romani. ANNI DEL MONUO PRIMA DI G. CRISTO J ^9*4- T 6 - ALESSANDRO GIANEO Sommo Sacerdote . Fatti potenti col tempo, e colmi di riechezze i Giapidj allargarono i loro confini da tutt’i lati, e per opporsi alla Romana potenza, la quale esten- deva per tutte le par ti insensibilmente i suoi con- (0 De antiq. Jur. Ital. lib. a. cap. 7 . 6S fini, s’impadronisono ancora della nostra Citta , per timore, che non contenti i Romani d’ avergli amici , e confederati , tentassero di opprimerli e renderli tributarj nella guisa che fatto avevano deli’ Illirico a lor viciao, ridotto qnasi tutto in Provin- cia , la resero oltre la qualita del sito , coli’ arte an- co piu forte . Si allesti contro questi 1’anno 6»4 Ji Roma Cajo Sempronio Tuditano col suoesercito, ed in vase le parti Cisalpine dell’Istria, e Giapidia, ma con infeliee successo, mentre resto la prima volta disfatto; rinforzato pero, come osserva L. Floro (i), dal valore di Giunio Bruto, e venuto a battaglia un’ altra volta seco, resto con gloriosa vittoria trionfante di loro, che oltre renderli tribu¬ tarj, aggiunse alTImperio Romano tutto il paese di Aquileja sino al fiume Tizio, confine della Li- burnia, che sono aoo. stadj. Superati dunque i Giapidj, ed Istriani, per im- pedire ogni ingresso delFItalia a’Barbari dedusse- ro quest’anno i Romani la nostra citta in colonia, e col rinovare le sue antiche rovine, e munirla d’ altre mura, per opporla, quasi antemurale al loro barbaro furore, Faddimandarono Tergestum , se prima pero nel secolo passato non fosse decorata con tal nome , allorquando F anno 527 di Roma, invasero i Romani PIstria, come s’aeeenno di so- pra, quantunque dal Senato le venisse cangiata la sua antica liberta in Municipio , sin’allora possedu- ta, nella prerogativa di colonia Latina, e non per- (1) Epitotn. lib. 59. 66 cio rimase affatto priva della sua liberta, mentre coli’ onore del Jus Latii , venne deeorata ancora della cittadinanza di Roma, con molti altri privi- legi, e grazie , cbe gli abitanti deli’ Italia , e simili colonie godevano . Acquietati i tumulti delle Provincie, e stabiliti nella divozione della Repubblica quei popoli, ri- torno il Console dali’esercito a Roma, lasciando poco soddisfattii Triestini in vedersi soggetti, e la propria citta ridotta in colonia. Memori dunque della perduta liberta , ansiosi di nuovamente ria- cquistarla, risolvettero seguir le pedate de’Giapidj, ed Istriani loro vicini, i quali poco dopo, partito 1’esercito, si erano liberati del dominio Romano, e collo scacciar dal la citta la guarnigione, e il lo¬ ro presidio, restarono essi ancora una volta liberi, come prima . Poco tempo duro 1’allegrezza, e go- dettero della riacquistata liberta ; perche i Romani, ansiosi, non tanto di vendicare il ricevuto oltrag- gio, e perduto rispetto, quanto di ridurre nuova¬ mente quei popoli a loro soggetti, edestendere oltre le Alpi Giulie i termini delPItalia, commisero per- cio al valore di Q.Marzio Console, tale impresa, il quale 1’anno 635 di Roma, al dire di Orosio (a), si porto coli’esercito senza indugio alle radici delle Alpi, e ridusse a rnal termine i Čarni abitanti di quelle, i quali scorgendosi insufficienti di forze per resistere a tal potenza, piuttosto che soggettarsi ai Romani, e restare lor servi, prima trucidarono le (i) Oros. 1. 5. cap. »4- 6? proprie mogli coi figliuoli, ed e.ssi oppressi dalla disperazione, si diedero liberamente alle fiamme, onde Trieste abbandonata anco d’appoggio, rima- se nuovamente aggregata ali a Romana Repubbli- ca col titolo di Colonia Latina . Ponderando poi in processo di tempo il Senato di quanta importanza fosse il sito della ciita di Trieste per la sicurezza, e conservazione delPItalia, e per maggiormente onorarla, e renderla piu sicura, decreto che fosse dedotta Colonia de’cittadini Romani, inviando a quella diverse famiglie delle piu cospicue e princi- pali di Roma, accib ivi abitando la proteggessero , e custodissero. Antichissirna senza dubbio fu Porigine delle Co- lonie, perche da Noe, che da molti Giano vien chia- mato, conobbe ella i suoi principj,il quale 108 an- ni, come vogliono alcuni, dopo il diluvio, e a 3 prima del regno, ed edificazione della Torre di Ba- bele,ove segui la confusione delle lingue, venne in Italia, e dividendo a’suoi nipoti la terra, dispo- se le colonie, che percio da Pier Leone Casella (1) viene addirnau Jato : Antichissimo Padre , e Re de ’ popoli : ancorche Dionisio d’Alicarnasso riferito da Carlo Sigonio (2) dica , che fossero inventate da Ro- molo, o per assicurarsi de’popoli, e citta da lui sog- giogate in guerra, ovvero per ampliare ed accresce- re i confini del suo Dominio, che poco importa; il (1) De prim. Ital. colon. (a) De antiq. jur. Ital. lib. 2. e. 1. 63 qual uso seguirono poi gli altri Re de’Romani suoi successori, e quesli estinti e seacciati, il Senato in tempo di Repubblica, e questa ultimamente distrut- ta , e depressa , i Dittatori, ed Irnperatori, che go- vernavano 1’Impero Romano. Ascoriio Pediano addotto da Onofrio Panvinio (i) con altri scrittori deli’ Antiobita, assegnano spe- cialmente due sorti di Colonie, alcnne dedotte col privilegio de’cittadini Romani, e queste sono le principali, ed altre colla prerogattiva de Jure La- tii, che chiamavansi Latine. Ebbe origine il Jas La- tii, al parere d’Ascoriio riferito da Biondo (a) da Pompeo Strabone /il quale dedusse le colonie Tra- spadane, e loro concesse il detto Jus, o Privilegio, il quale consisteva solamente nella cittadinanza di Roma, senza suffragio, e voce nel ballottare . Coli’ onore di tal cittadinanza furono loro concesse mol- te prerogative, e privilegj; cioe il peter militare ali’uso de’Romani, 1’essere capaci di eredita a lo¬ ro per testamento da’cittadini Romani lasciate, con moltionori,e grazie,che gli abitanti delPItalia , soggetti alla Repubblica Romana godevano: cio fu concesso per tenerli quieti, e buoni amici, e per- cbe con maggior affetto ed amore si diportassero colla Repubblica. Non consisteva questo privile- gio, e Jus in una sola, ma in molte, e diverse pre¬ rogative, quindi e, che non concedevasi a tutti egualmente, ma in varj modi, e maniere, corae va- ( 1 ) Antiq. Ver. lib. 3. cap. i3. ( 2 ) Rom. triouf. lib. 3. 6g rj erano i meriti, e le condizioui di questi cittadi- ni. Chiamansi 1’altre colonie rle’cittadini Romani, che decorate dal Senato colPistesse prerogative, grazie e privilegj, che godevano i proprj, e legitti- ini cittadini nati nelTalma citta di Roma, o suo ter- ritorio, ovvero loro servi douati,e graziati della li¬ ber ti , oppure d’altra nazione strarriera , che con ispeciale privilegio addimandavansi tutti questi ve¬ ri cittadini Romani, della qual prerogativa, e pri¬ vilegio per veruna causa potevano esser privati. Tra gli altri privilegi, che questi godevano, il piu segnalato , e speciale era guello d’essere annovera- ti, ed amniessi da’Censori nelle Centurie , Curie, e Tribu, ove potessero dare il loro voto, e ballotta- re nelle elezioni de’Magistrati, ed altre pubbliche dignita, ed uffiej, col qual mezzo essi ancora cou- seguivano 1’istesse cariche, ed onori, partecipan- do come veri, e lesittimi cittadini di Roma di tut- te le grazie e prerogative, nelia guisa e modo stes- so delii nativi proprj di guella regnante, equan- tunque fossero iuviati nel Senato alle predette Co- lonie, andavano nnlladimeno ad abitar in esse con tutti gli ordini e leggi Romane , rappresentando in gnelle una vera efligie, e siinulacro del popolo di Ruma , portando seco colle Deita , tutte le loro ric- chezze,cioe, il censo, mobili, ed ogni altra cosa fa mili are, con le gnali venivano arricchite, ed in- grandite. Ricerchera forse alcuno la causa perche usurpatosi una volta i Romani tal uso.mai piu non lo tralasciassero, mentre del continuo ne deducevano d’altre uuove, ovvero innovavano le antiche. Sei 76 cause di cio assegna Sigonio (i): la prima fa per te- ner in freno li primi suoi cittadini gia debellati; la seconda per ovviare , e difendersi dalle incursioni dei barbari, ed inimici della Repubblica; la terza per accrescere, ed aumentare il sangue romano; la quarta per isminuire la plebe della citta di Roma; la quinta per togliere, e levare le occasioni alle se- dizioni, e la sesta per rimunerare, e premiar i Sol¬ dati veterani, e benemeriti. Prima dunque di venire alle particolarita, e di- mostrare qual sorte di Colonie delle due assegnate sortisse la citta di Trieste, parmi convenevole il dar prima qnalche notizia, come e quando fosse stata dedotta Goloma de’cittadini Romani, mentre il dire che fosse colonia Romana e tanto certo, che Passerire il contrario sarebbe segno di temerita troppo manifesta. Scrivono alcuni, chePanno 3924 della creazione delMondo , 624. di Roma, e 76 pri¬ ma della venuta diCristo, il cinquantesimoincirca dopo che fuammessa alPamicizia, e confederazione de’Romani la citta di Trieste, Cojo SempronioTu- ditano, soggiogata tutta Plstria, co’Giapidi Cisalpi- ni sino alle sponde del Tizio , per lasciare al raon- do perpetua memoriadelsuo nome, e un testimonio autentico di aver col suo valore aggregato alPIm- perio Romano tutto questo paese, fece scolpire nel- la base della sua statua un elogio sopra il fatto me- desirno. Dopo la detta vittoria scorgendo i Roma- (1) De antiq. Jur. Ital. 1 . 2. c. 2. 7 1 ni, che la citta di Trieste, per 1 ’ opportunita del sito, fosse comoda, e molto atta ad impedire agl’ Illirici popoli dellaSlavonia,ed altrenazioni barba¬ re le iiivasioni d’Italia., e conservar la provincia delPIstria in divozione, la munirono subito di vali- do, e grosso presidio di soldati; e per tenerla in freno, e loro soggetta, la dedussero ancora lo stes- so anno in colonia . Se desiderasse saper alcuno di qual sorte delle dne Colonie allora fosse dedotta Trieste, ancorche non ritrovisi particolarita presso gli scrittori di tal deduziorie, appoggiato pero a buona congettura, di- ro che fosse Colonia Latina, non essendo credibile che il Senato Romano volesse anteporre Trieste al- la citta d’Aguileja , la quale 1 ’ anno 570 di Roma , come scrivono Livio, (1) e Sigonio (a) fu dedotta Colonia Latina, qnal prerogativa ella gode sintan- to che con ispecial privilegio fu poi dali’ Impera- tore Augusto Gesare dedotta colonia de’cittadini Romani 1 ’anno 703 di Roma, assegnando a T. La- bione la Legione duodecima, che invio in Lom- bardia, per custodia delle colonie de’ Triestini per le incursioni de’barbari. Prirna dunque di venire al particolare della uo- stra colonia, parmi necessario assegnare chi fu 1 ’ autore di tali colonie militari, e la causa perche furono igtituite. 11 primo inventore di quelle fuLu- cio Silla, il qual uso poi segui Cesare Dittatore, (1) Liv. Histor. lib. 3 q. (2) Sigon. de Antiq. jur. Ital. lib. 2, cap. S. dopo aver vinto e superato Porapeo , che approva- to dagli altri Imperator! suoi successori al dire del Panvinio (i) ne dedussero molte altre, e fra que- ste assegna la nostra di Trieste. Scrive Pediano ad- dotto da! Panvinio (a) che fu antico Istituto de’ Ro¬ mani 1’ annoverare in alcuna del le 35 Tribu, che fiorivano nella citta di Roma , non solo i cittadini di (juella reggia, ma quelli ancora di tutte le altre citta le quali col privilegio di colonia de’cittadini Romani venivano a lei aggregati. Quindi e che le Colonie Latine colle citta Traspadatie, al tempo di Ginlio Cesare appena, dichiarate colonie de’citta- dini Romani si trasferirono subito a Roma le citta intiere, le quali, senza alcun indugio ed eccezio- ne, furono distribuite nelle sopraddette Tribu , in- tervenendo col lor suffragio e voto ne’Cotnizj , ed elezioni de’Magistrati, e dignita della Repubblica, come gli altri cittadini Romani. Essendo dunque la citta di Trieste ( come di sopra accennaromo) sta- ta dedotta colonia de’Romani, fu necessario anco¬ ra 1’annoverarla in uua delle sopraddette Tribu, ac- cio potesse partecipare delle prerogative, e privile- gi, che con simil favore le venivano concessi. Di- verse opinioni, ma discordi fra loro , ritrovo in as- segnare la Tribu , nella quale fosse arrolata la no¬ stra citta, poiche Sigonio scrive, fosse aggregata nella Tribu Papinia . Monsig. Giacomo Tommasi- ni, seguito dal Dottor Prospero Petronio, vuole che (0 Antiq. Veron. lib. 2 . cap. i3. ( 2 ) Antiq. Veron. lib. a. cap. 33, 73 la citta di Trieste fosse ascritta nella Tribu Papi¬ rna, ovvero Papiria, adducendo in testimonio di cio ua’ iscrizione di Lncio Verio Papirio, il che e falso. Appoggiato adunque rion solo alPautorita di Panvinio, raa anco al testimonio di alcune iscrizio- ni, diro che la Tribu Publilia fosse la sna propria; mentre che subito dopo il norne paterno delPauto- re di dette iscrizioni, trovasi registrato quello del- la Tribu, il che si scorge parimenti nelle iscrizioni antiche addotte da Lazio, Pietro Appiano, Araan* zio, Grutero , Panvinio , Reinesio , Sigonio , ed al- tri,- oude resta conchiuso, che la citta di Trieste fn assolutamente annoverata nella Tribu Publilia, co. me anche lo dimostraGio; Batt. Pigna (i). Che nelTUniverso si governassero anticamente diversi popoli, e citta col titolo di Repubblica, lo dimostra Bartolomeo Kecbermano, il quale anno- vera sessanta Repubbliche prim a che fiorisse quella di Roma, e ne’l’assegnare la sua definizione dice : La Repubblica e una certa raccolla di malte socie- ta domestiche, o difamiglie: poco differente da quella che gli assegno Aristotile , quaudo scrisse, che : Sia un ordine di mol te faniiglie , o /’ anione di malti cittadini, e una ret. ta ordinanza . Quando il Mondo tutto quasi adorava Roma,qnal (0 A Trieste accadde lo stesso che altrove, ciož che i suoi cittadini a varie Trihu furono assegnati > corae la Pupinia, la Publicia, la Mecia e la Ve- lina; poich^ queste tntte si rilevano dalle antiche iscrizioni lapidarie quivi in varj tempi scoperte. 74 suprema Regnante,fossero ancora diverse altre cit ta fuori di lei, le quali godessero il nome di Repub¬ blica, lo prova il dottissirno Onofrio Panvinio, e descriveudo i Magistrati Municipali, e Colonici, riferisee in nostro favore diversi testimonj dogna¬ li, tralasciati molti altri, ne addurro solamente al- cuni, che serviranno a me di sodo fondamento, per istabilire guanto intendo provare . Il primo šara guello delle Repubblicbe di Bergamo, e Como, che trovasi nella Chiesa di S. Faustino di Brescia ove in una Lapide si scorge P.Clodio assegnato dalPlm- peratore Trajano, Conservatore della Repubblica di Bergamo , e da Adriano di guella di Como. Dne altre pure vengono daesso assegnate, la prima nel¬ la citta di Trento a Cajo Valerio C. F. Curatore della Repubblica Mantovana, e F altra in Milano a S. Ambrogio di porta Vercellina . Che anco la Citta di Trieste godesse la preroga- tiva di Repubblica, prima che fosse soggetta a' 1 Ro¬ mani, e dopo dedotta Colonia, testimonio autore- vole di cio saranno, prima la Cronica antica , rife- rita di sopra, con diverse iscrizioni che oggidi si ri- trovano sparse per la Citta. Una ne riferisee Lodo- vico Schonleben posta nella base a mano destra della porta del campanile, o torre della Cattedrale di S.Giusto Martire, principal protettore, e padro- ne della Citta, onde levata guella di Vibia Tertul- la , fu collocata in sua vece guella di Costantino Magno, in tutto simile guasi a quella di Padova, ed a molte altre riferte dagli serittori, specialmente a quella , che d’ordine del Senato, Fanno 3i2 del- l’Era Gristiana, gli l’u innalzata in Roma nelFarco 7 5 trionfale, quando vinto e superato Massenzio, li- bero nori solo quella Citta, ma il mondo tutto dal- la sua tirannide ; indi glorioso stabilito nel trono acquistossi colle sue magnanitne imprese e chiare operazioni meritamente il nome di Magno. Avendo sinora provato coli’ autorita di varj scrittori antiehi e moderni, che Trieste fosse vera- mente Colonia de’cittadini Romani, e si governas- se col titolo di Repubblioa , parmi necessario di soggiungere ancora, che, olfre i Magistrati sacri e profani, fosse anco in essa 1’ordine, e dignita dei Decurioni, col consiglio ed autorita de’quali, in- vece del Senato, reggevansi gli abitanti della Co¬ lonia. Il cavaliere Orsato vuole che fossero questi in numero perfetto di cento, il che anco afferma. Panvinio, ovvero piu o meno a proporzione della moltitudine del popolo , e vastita delle Colonie , come scrivono altri. Il certo e, che rappresentava- no in esse , al sentir di Gellio, quasi immagini del¬ la Citta di Roma , la maesta del Senato . Chiama- vansi Decurioni, secondo Popinione di Pomponio, seguita da Sigonio, perche al principio della dedu- zione delle Colonie, solevano i Romani arruolare al pubblico Consiglio la decima partede’suoi an- tichi cittadini. Dedotta qualche citta in Colonia, introducevasi in quella, alPuso di Roma , nuovo ordine di Magistrati, e come quella regnante sta¬ va divisa in popolo, e Senato , cosi li cittadini di questa, a sua imitazione, dividevansi in Decurioni e plebe, rappresentando i primi il Senato, e Paltra plebe, il popolo romario. Dal numero di questi De- 76 curioni ogni anno eleggevansi, due, quattro, ovve* ro piu soggetti, secondo 1’ampiezza e grandezza delle colonie, le quali duumviri, oppure quadrum- viri s’ addimandavano , a similitudine de^onsoli, e Pretori di Roma ; al qual grado e dignita non po- teva eleggersi chi tra i Decurioni annoverato non fosse, per essere questo magis trato il piu cospicuo delle eolonie. Non volevano percio che si confe- risse a chi prima non fosse Decurione. Eranvi parimenti iCensori, gli Edili e Questori; oltre i quali s ! aggiungevatio ancora i Seviri Augu- stali, i Flamini, gli Auguri e Pontelici con altre sorti di simili sacerdoti e magistrati soliti a erear- si nelle colonie ali’ uso di Roma . Prova evidente di cio sono le memorie ed iscrizioni anticlie , che ritrovansi oggidi ancora disperse per la nostra Cit- ta di Trieste, oltre le gia riferite, e quelle, che nel progresso di quest’istoria si riferiranno, raecolte pon gran diligenza da’principali serittori delPanti- chita, che fecero menzione di loro , quantunque perla poca cura di si prezioso tesoro, mol te no- tizie sieno mancate, e molte non si sa ove siano trasportate. La dignita del Duumvirato fu eserčitata in Trie- s,te da tre soggetti, coine scrivono Lazio , Reine- sio, Pancirolo, e come riferiscono ancora Appiano, e Langermano di due delle principali e piu cospi- cue famiglie di Roma, eioe Lentula , e Papiria , ed il terzo del la Cetacia , venute ad abitare in Trie¬ ste, q n and o fu dedotta Colonia de’ cittadini Ro¬ mani . 77 Se le patrie, al parer di Plinio (i) si cingono con diademi d’ onore , quando nel lor recinto racchiu- dono patrizj gloriosi, di quanti fregi d’onore si vi- de adornata la nostra Citta di Trieste, allorche de- dotta Golonia de’ cittadini Romani , innumerabili famiglie nobili, del le piu cospicue , e principal! di Roma, per accrescere, ed aumentare il sangue romano , vennero a soggiornare in lei: se dunque sino a’ giorni nostri ritrovansi in Trieste memorie de’Giulj, Cornelj, Clodj, Fabj, Papirj , Severi, Vibj, e tante altre famiglie delle piu cospicue, ed illustri di Roma , tra le quali otto Imperiali, e 49 Consolari inviate da quella Regnante a propagare la nostra Colonia, per renderla decorosa; chi dun- que presumera negare non fosse ella una delle piii celebri, e principal! Coionie de’ cittadini Romani? Veridico testinionio di cio sono le reliquie di varj marmi, ed antiebissime iserizioni, che anebr rimi- ransi in questa citta; 'mentre anticameute era per- messo, che anco li privati delle famiglie, per la- sciar memoria ai posteri degli onori, e cariche da loro esercitate , cosi de’ Sacerdoti, come de’ Magi¬ strati, de’ trionfi ec. potessero stampare medaglie, ed eriger memorie, ed iserizioni. E quantunque al presente poche di queste notizie si ritrovino in Trieste , ed appresso gli serittori delle antichita, per esser buona parte di quelle dalla voracita del tempo consumate , ed altre poche reliquie avanza- (0 Hist. nat. lib. 6 . cap. 4- 73 te dagl’incendj, e roviue sostenute da Attila , Go¬ ti, Longobardi, e Slavi, la maggior parte trasferiti a Venezia, colle scritture ed altre cose degne di stima, quando fu preša la Gitta da’ Veneti. Acciocche dunque la memoria di diverse fami- glie antiehe, chefiorirono nella Citta di Trieste si delle proprie nazioni della patria, come delle ve- nute da Roma , ed altri paesi col tempo non isma- risse, privando la nostra Gitta di si bel lustro, e pregiato tesoro , che diede loro 1’essere, e la vita , furono da me con grande diligenza raccolte, parte da diversi autori anticlii e moderni, ed altre dalle religuie , ed alcuni avanzi, e framrnenti d’iscrizio- ni, come testimonj veraci d’esser la maggior par¬ te da quelle derivate , quali generosi rampolli , dal sangue romano. Si osserva in queste 1’ordine del- 1’ alfabeto, mentre il non sapersi quanto debba precedere in nobilta, ovvero il tempo quando fos- sero scritte, per assegnare a ciascuna il proprio luogo, parmi talordine molto a proposito, col qua- le čredo restera soddisfatto chi legge . Aceja Alia consolare Alfia Antistia consolare Apollonia consolare Apuleja consolare Apudisia Aquilia consolare Arnia Arria consolare Artania Attia Attica Barbata consolare Barbix Barbula consolare Baseja Boica Calpurnia consolare Cedia Cesidia consolare Cettaceia Clemenziana Clodia consolare, ed im- periale Cominia consolare Cornelia consolare Costanzia consolare Elia consolare, ed impe- riale Eserna Fabia consolare Fausta Feriana Figilla , o Figillia Gallix Giusta Giulia consolare, ed im- periale Giuliana consolare, ed imperiale Giconda Hermeta Heteria consolare Hostilia consolare Kareja, o Saseja Lataria, o Lafaria Lentula consolare Lepoca Lučana consolare 79 Lucrezia consolare Luculla consolare Mania Manila consolare Marzia consolare Marcellina Mecia consolare Metella Minicia , o Minucia con¬ solare Mutila Nevi a Nevigia Opitata Palpellia Papinia consolare Papiria consolare Pedia , o Pediana conso¬ lare Petronia consolare Piotia consolare Portia consolare Publia, o Publica con¬ solare Prudenziana Ragonia consolare Riotia Ruffina consolare Salvia consolare Sareja, e Kareja Sas tria Saturnina consolare 8o Servata Sestia consolare Settimia o Settamia im- periale Severa consolare Scandia Scancia Statia consolare Suria T#buria, o Tabura Tertulla consolare Trosia Tullia consolare Valeria consolare Valeriana consolare, ed imperiale Varia Ventinara Vibia consolare , ed im¬ periale Vinisia , o Vinicra con¬ solare Urbana Zosima . Non deve apportar meraviglia ad alcuno, se tan- te famiglie Romane, anco delle piir cospicue , e ce- lebri, ritrovansi nella Citta diTrieste; poicbe il desiderio di stabilir suoi sodi fondamenti con fer- mo, e pacifico governo nella Repubblica , indusse quei padri a conferire nuove Leggi , costumi, ed usanze a molte Terre, e Gitta, prima da Toscani, e Galli per tutta Fltalia, ed altri luoghi fabbrica- te , fortificando i paesi , e le frontiere coli’ aprire nuove strade, ed acconciar le anticbe, e eonceden- do ai sudditi, non solo la liberta, raa fratellandosi caramente con loro , li fecero partecipi della citta- dinanza di Roma . Quautunque del Magistrato de’ Censori, il qua- le dagli autori viene annoverato fra’primi delle Go- lonie, come anco degli altri inferiori, non abbiamo aicun vestigio, e siamo senza notizie particolari ed iscrizioni espresse rimasteci in Trieste , per l’in- eursioni dei barbari tante volte sostenute; non per- Dimostrazione della qui annessa Tavola, che contiene lo ristau- ro (a) , e le vestigia deli’ antico Teatro Romano , esistenti nella citta di Trieste . A. B. i. а. 3 . 4- 5. б. 7- S. 9- 10. 11 . 12 . i3. j 4- 15. 16. Meta deli’antico TeatrO Romano, ristaurato sulle tracce delle e- sistenti vestigia. Metk del piano che comprende la maggior parte delle vestigia suddette . Piano del ristau.ro , parte superiore. Strada principale che dalla vicina citta conduceva al Teatro (&). Cordonate che mettevano alla strada che declinava al mare . Strada che declinava al mare (c). Ingressi al portico suheriore, e alle gradinate (d). Gradinate con preciazione, ossia ripiano , costruite sul declivio del monte (e). Orchestra (/'). Piano dol ristauro, parte inferiore . Popito (g). Proscenio, e luoghi per le mutazioni di scene. Proscenio. Scala che dal portico inferiore metteva al pulpito , e al portico superiore, il quale ;irava alP intorno della fabbrica . Pano delle Vestigia. Porta situata al piane della precinzione (Ji), Corridore al piano d lla porta suddetta . Apertura che probabiimente non avrk servito che per tramanda- re aria e Iuce al cerridore suddetto . Locali che esistono a piano deli’orchestra (i). Contraforti , e terrapieni Murglioni che si osservano nella contrada di Pozzacchera verso la contrada di Rena . Porta che metteva ali’ orchestra . Ca) Ristauro . Termine usato, dagli Architetti studiosi de’ monumenti antichi, e dicesi propriamente quando sulle vestigia di un’ antico edificio anche delineato in carta.* ne for- mano 1’ intero sviluppo . (d) La citta antieamente era situata al mezzogiorno del molino di vento verso la Valle di Muggia. (c) II mare in quei tempi lambiva le falde dei monti di Trieste e per conseguenza do. ve ora h la contrada di Riborgo eravi la marina , le cui secche stendevansi molto in fuori . (d) Qui si suppone che V ingresso del Teatro era dalla parte superiore: ciofc dalla nre- sente contrada di Rena . (e) Presentemente vi passa la contrada di Pozzacchera j e sopra sonovi fabbricate le čase. (f) L’ Orchestra j e il par-ter del Teatro nel quale ne’ nostri Teatri k cempresa anche I’orchestra. Nel Teatro Romano era il Iuogo piu distinto e serviva per gli spettatori piu cospicui . (g) Il Pulpito era il Iuogo nel Teatro su cui gli attori venivano a rappresentare le loro parti . (h) Questa porta £ quella che presentemente esiste nell’ orto della časa N. 470 fu Gius- sani, e mette nel corridore, segnato di sopra N. 12, cliiamato presentemente la Grottu , (i) Ora cantine nel cortile della predetta časa j ricino le scale. • Sr - p ■*# | »nifimMBramiii u uti B 1 .MMH ltWliMia(MHlk 8r cio restiamo affatto privi' diqualche memoria della dignita e Magistrate de’Presidenti, d’alcuni de’qua- li ritrovasi qualehe notizia riferita nelle Istorie eo clesiastiche dagli serittori delle vite e tnartirj de’ Santi di questa Citta. II prirnode quali, come seri- vono mons. Pietro de Natalibus Vescovo Eqnilino, Pietro Galesiao nel suo Martirologio undici maggio ed altri, fu Artasio Presidente, che al tempo di Adriano Imperatore fece martirizzare Ii Santi Pri- mo, Marco, Giasone, e Geliano. II secondo fu Giu- nilo, che sotto Numeriano Imperatore li 24 maggio fece morire S Servolo. II terzo Fabricio , ii quale reggendo con titolo di Presidente a nome di Dio- deziano Imperatore la Citta di Trieste, corono col- la palma del martirio Giustina , e Zenone, a 1 li <3 di luglio P anno 287, secondo il Ms. della stessa Citta, e degli autori accennati di sopra . II quarto Menazio riferito dal CardinaleBaronio, che li 2 no¬ vembre sotto 1 ’ irnpero deli’accennato Diocleziano fece salire ali’ Empireo il nostro primo padrone, & protettore S. Giusto Martire . Di quattro sorti, al seatire del Biondo (1), furo- no questi Prefetti: il primo chiamavasi Prefetto della Citta : il secondo quelIo deli’ annorta, o delle vettovaglie e della grascia : il terzo, come capo del¬ le guardie, ed aveva cura delle vigilie , ed il quar- to col nome di Prefettopretorio; de’ quali crerlo fos- se Menazio , mentre Modestino riferito dalPistesso seri ve , clio siccotne appresso i Romani la dignita (t) De antiq. jur. Prov. lib. 3. cap. t. 6 8a del Dittatore era la prima, e quella de^aestri dei cavalieri la seconda, cosi ad imitazione di questi , gPImperatori, la eni autorita e potenza era perpe- tua, creavano nelle Provincie uuPrefetto pretorio, al quale concedevano ampla autorita e licenza di correggere , e gastigare qualsivoglia delitto . Al principio della Romana Repubblica i Presi- denti chiamavansi Pretori; perche eletti a sorte dal numero de’ Pretori, 1’autorita de’quali biparti- ta , consisteva nella potesta , ed impero ; e perche col tempo crebbero le Provincie, moltiplicarono ancora il numero de’Presidenti, facendo comune questo nome, conferendolo a diverse dignita ed uf- fizj , a’quali non venivano promossi , che soggetti qualificati di gran merilo e stima, e persone cla- rissime. Risiedevano questi nelle Citta principali delle Provincie comunemente addimandate conven- tus, nelle quaii a lor petizioue ed arbitrio congre- gavansi i Magistrati col popolo della Provincia per somministrar la giustizia. Quindi e che Trieste era a quei tempu assegnata la principale e capo della Provincia delPIstria, ove il Presidente convocava i Magistrati, e popolo per esercitare in lei la sua giurisdizione . La scarsezza di chi ne serivesse notizia, rende non meno difficile, che impossibile 1’assegnare qual rito o legge s’osservasse nella Citta di Trieste , prima d’essere soggetta a’Romani. Solamente pub clirsi che i suoi cittadini, dacche s , aggregarono al- la Romana Repubblica avanti la venuta del Reden- tore alPuniverso , abbracciassero il suo rito, viven- do idolatri e gentili j poiche il jus, e diritto sagro 83 ' in guella Repubblica camminavano sempre del pa¬ ri, uniti e congiunti colla liberta e gentilita di tan- to prezzo e stima appresso ai Romani . Nel tempo stesso ebe alcuna Citta , o persona era ascritta e fatta partecipe del la cittadinanza di Roma godeva subito non solo il jus e diritto della liberta e privi. legio gentilizio; ma ancora delle deita e cerimonie sacre , che la stessa Citta di Roma, pregiavasi go¬ dete . E guantungue tra le inlinite superstizioni de’ Romani non apparisca cosa di buono, nelFesse- re pero diligentissimi del cuJto divino , intentissi- mi ai sacrifizj, e solleciti nelle cose di religione , colFanteporle alle profane , superarono tutte le al- tre nazioni del mondo, talmente acclamati da Ci- eerone , ehe dice cosi: sebbene la Spagna ci supe- ri di namero , la Francia di forze, Cartagine cC a- stuzie , e i Greci nelV arte , nella pield e religione , e nel sentir delle cose divine , ci lasciamo addietro di gran lunga tutti gli altri . Dividevansi gnesti sagrifizj e cerimonie in pub- blici e privati. Erano i pubblici, al parer di Festo Potnpeo, guelli ehe a spese pubbliche si faceva- no per li monti, popolo , provineie , citta , ville , curie, e tempj ; e li privati in particolare per cia- scun notno e farniglia. Non permettevano i Romani Finventare ad aleuno nuove deita , e nuovi riti di adorazione, volendo cbe il ju s e diritto sacro degli Dei, a loro soli s’aspettasse; che pereio i sagrifizj pubblici de’cittadini Romani erabo totalmente di- versi e separati da guelli delFaltre nazioni, essen- do molte volte con pubblica autorita per tal cau- sa stati severamente puniti aleuni privati, che ar- R 4 dirono con nuovi riti di adorazione sagrificare a- nuovedeita. Giii desiclerasse sapere, quali e quanti Dei s’ado- ravano nella Citta di Roma , legga il Riondo (i) i! quale distintamente scrive di loro, bastando a me il riferire in questo luogo con M. Varrone , addot- lo dallo stesso, li pid principali, d’alcuni de’ qua!i come vedremo, couservasi ancora nella nostra Cit- la qualcbe picciolo vestigio e memoria . Che ren¬ ti fossero solamente gli Dei eletti e pid celebri, 1« sentimento deli' accenuato Varrone , mentre il ri- manente di tutti glialtri annovera egji fra i plebei: dodiei di essi furono rnaschi , cioe Giano , Giove , Saturno, Genio, Mercurio, Apollo, Marte, Vulca- no , Nettuno, il Sole , 1’ Orco, e Libero. Gli altri otto femmine , cioe Tellure, Cerere, Giunone, Lu¬ na , Diana, Venere, Minerva, e Vesta. Oltre li qui accennati rnaschi e femmine, rnolti altri furono da’ Romani adorati, e meriti, quali per brevita trala- scio : e proseguendo il filo della nostra Istoria , di- ro cldessendo la Citta di Trieste in ogni tempo sta- ta sempre bersaglio e scopo di strane disgrazie, so- Stenute non solo dalle fiere aggressioni, ed invasio- ni de’barbari, ma anco di altri nemici, che appena ci lasciano godere nelle reliquie d’alcune iscrizioni e statue, misero avanzo delle sue sciagure , qual- cbe pieciol vestigiodelle sue celebri antiehita, quel- le che oggidi ancora si conservano spettanti al cul* to divino e religione antica, non solo nella Citta, ina negli scritti di autori classici. (i) Rom. trionf. 85 Slabili f a dal Sen ato la deduzione di qualche Cc- lonia , con qualunque privilegio si fosse, s’intro- ducevano subito in essa i Magistrati, le deita e sa- cerdotidi Roma, uso praticato sino al prineipio del- la nascente Repubblica, e in appresso da Romolo . Essendo dunque la Citta di Trieste stata dedotta Colonia de’ cittadirii Romani., come abbiamo vedu¬ to , necessariatnente devesi a lei concedere, oltre gli accennati uffizj, cariche e dignitk pratieate nel- i’ alma Citta di Roma, tutte le sue deita ancora in essa riverite . Che in Trieste si adorasse Giove, lo dimostra Nicolo Manzuoli nel rnartirio , eh’ egii serisse di S. Apollinare martire cittadino di Trie¬ ste , ove dice: Nei tempi (P Antonino lmperatore , essendo in colmo la persecuzione de Cristiani, fu, fatto un comandamento penale , che per le piazze, borghi, ville , čase , e in ogni luogo fosse eretto V Jdolo di Giove , al quale ognuno dovesse sagrifi- care: e si nel rnartirio della Vergine S. Giustina concittadina nostra pag. 61 , che in quello delle Sante Eufemia e Teda Vergini e Martiri, ancor esse cittadine della nostra Citta pag. 66 fa menzio- ne di Giove. A Giove fu consagrato da Romolo il primo tempio in Roma , quando ritorno vittorioso da’ suoi nemici. Del Genio ptire molte vestigia ritrovansi sparse per la Citta , qual deita, seeondo il sentimento eo- mune , non rappresenta altro che la natura , 1’ in- stituto, o qualita di quella cosa , a cui veniva ap- plic.ata, che percio dagli antichi rappresentavasi con varie forme e figure attribuendole la tutela , e conservazione di tutto il creato; cioe alle colonie, S 6 ali e centurie, a’fanti, a’ hioghi , e sino a’ libri ^ ed agli autori attribuivano ilGenio; ed il-Cornucopia, segnale didovizia per dimostrare le grandi ricchez- ze che possedeva il soggetto, che lo rappresentava. Descrivendo Panvinio li Magistrati assegnati al governo delle Golonie, volle che, oltre i profani , fossero ancora i sacri, cioe il sacerdozio dei Ponte- lici , F lamini, Auguri, Severi Augustati , Sodali Salii, con tutte le altre sorti de’sacerdoti, che co- stumavansi nelPalma Citta di Roma - , la notizia dei quali trovasi elegantemente descritta dagli autori delPantichita . E perche nelle iscrizioni della no- stra Citta di Trieste si fa menzione,e trovasi qual- che vestigio di alcuni di essi, riferiro brevemente tal solito, quanto di quelli finora ho potuto trova- re; adducendo in primo luogo questa iscrizione, la quale contiene diverse particole concernenti que- sto soggetto . L. VARIO PAP1RIO PAPIRIANO IIVIR. I.D. I1VIR. IDQQ, FAEF EAR.ROMAE, ET TERGESTE FLAM. HADR. PONT. AVGVR. COLLEGIVM FABRV. PATRONO MERENT. FLAM. HADR. Quantunque tra ledignita sacer- dotali, quella de’Pon telici sia la suprema, e per la 8 ? preminenza sua, dovrebbe meritamente preferirsi alPaltre; pure trovaudosi in questa iscrizione i Fla- mini uominati i primi, per non eoufondere 1’ordi- lie di essa , dai Flarnini daro principio, per poi pro- seguire di mano In mano cogli al tri. Due memorie di que$to sacerdozio ritrovansi nella nostra Citta, la prima di L. Vario Papirio, che fu Flamine d’A- driano Imperatore, e Taltra di Q. Petronio, il qua- le fu Flamine di Claudio . Essendo che rjuesti sa- cerdoti, al sentire di Pomponio Leti, assumevano il cognoine da quelPIdolo, al quale sagrificavano, Marziali addimandavansi gli assegnati a Marte , DialiaGiove, ed Augustali ad Augusto, mentre costumavano i Romani attribuirli anco agli uomini ascritti da loro lra le deita . L’origine ed etimolo- gia del qual nome assegna egli con Varrone a cei'ti fili di lana, co’quali s’adornavano il capo. Questo L. Vario fn Flamine d’Adriano Impera¬ tore , posciache, come osserva Lazio, questo sacer¬ dozio fu istituito in Roma, nelle Provincie, e Co- lonie anco in venerazione de’Cesari. Neli’assegna- re il tempo, quando avesse principio questo sacer¬ dozio in Roma, discordano fra di loro gli autori an- tichi, come avverte Rosino, mentre Plutareo vuo- le il primo inventore diquello fosse Romolo, quan- tunque Dionijiio , e Livio 1’ attribuiscano a N uma, ma cio poco importa. Tre furono li primi, cioeDia- le, Marziale, e Quirinale, a’quali col tempo ne ag- giunsero al tri dodici, con tal differenza pero, che i tre primi s’eleggessero solo dalla gente patrizia , percio cbiamati maggiori, ovvero, come scrivono altri, Arciflamines , o Primiflamines , essendo que- 38 sti i primi dottori della legge; gli altri creavansi dalla plebe, e percio chiamavansi miomi. Che non solo nella Citta di Roma, ma nelle Provincie , e Colonie ancora s^sercitasse tal saeerdozio , e sen- timento di Wolfango Lazio , in prova di che addu- ce molte iscrizior.i; e tra le altre assegna /juest a nostra di L. Vario Papirio . Ancorche la dignita lo¬ ro fosse grande, ed in molta stima nella Repubbli- ca , erano pero soggetti a’Pontefici nella maniera , che gli Abbati, e Prepositi, oggidi nella religione cristiana, stanno soggetti a’Vescovi; nelPeseguire, ed obbedire gli ordini loro imposti , a’quali presie- deva loro un Flamine, sotto la cui direzione, e cu- ra stavano soggetti gli altri; come a’ nostri tempi sono gli Abbati, e superiori de^onasteri a rnolti Monaci, e Religiosi, i qua)i congregati ne’ Chiostri fondati dalla pieta de’Principi, e grandi signori, ivi uniti stanno pregando per le anime loro. PONT. La dignita del pontificato, espressa in queste note, fu da’Romani a distinzione delle altre saeerdotali, addimandata la rnassima, perche a lo¬ ro, come a principal! nel culto degli Dei, s’aspetta- va il giudicare , e decidere le cerimonie della reli¬ gione, alla cura de’quali Numa Pompilio raccoman- do tutte le cose attinenti al culto divino . Ebbe principio da Numa la dignita pontifieia, secondo 1 opinione di Livio Varrone , e Dionisio Alicarnas- seo . Tale e tanta fu 1’ autorita del Pontefice a Ro¬ ma , che Q. Scevola Pontefice massimo diceva, che dal potere, e fare s’avessero acquistato tal nome; che percio Lazio a molte altre cose estese il loro potere. Varrone asserisce, che dal Ponte Sublicio, «9 Žalli Pontefici primieramente fatto fabbricare , e da essi molte volte riparato, avesse priacipio tal dignita, e riconoscesse la sua prima origine il pou- tificato, al quale non era promosso, come osser- va Livio, seguito dal mentovato Lazio, se non clti avesse seduto pria snlla sedla curulle; cioe avesse eoperto qualche insigne Magistrate : come sono il consolato , la pretura, il tribunato, Pedilita, e la censura, dal che si seorge essere stato il nostro Lu- cio Vario Papirio nella Repubblica Romana, sog- getto qualificato , e di gran meriti; mentre oltre la dignita del pootifieato ^ esercito in essa tante altre cariehe , come Paddotta iscrizione lo dimostra . Vario fu il namero de’ Pontefici, mercecche al principio della Repubblica Romana furono creati quattro, e col progresso del tempo, otto, e final- mente quindici, compreso anco tra quelli il Ponte- fice massimo . Questo , come giudice , e capo prin- cipale delle cose di religione, e piu. importanti nei sagrifizj, gastivava i Magistrati privali, che disob- bedienti, e contumaci fossero stati in qualche par- te agli ordini del cul to divino, riverito, e con som- taa venerazioue , e stima onorato da tutti, ehe per¬ ilo Gn. Gornelio pittore, il quale ardi con parole ingiuriose coutendere con M.Emilio Lepido Potite- lice ottimo massimo, fu di buona somma di denaro multato, par dimostrare, che i Romani maggiore stima e venerazione facevano degli altri Magistrati politici ; motivo che indusse tutti gli altri Impera- tori , dopo ehe Augusto fu decorato della dignitk pontificia , ad assutnere questo titolo, coli’ addi- Btandarsi JPonteJice massimo . Devesi qui sola- 9 ° . mente avvertire con Giuseppe Laurenzio, che i tempj dedicati agl’Idoli, benche fossero sacri, non erano consagrati tla'’ Pontefici. AVGVR. Oltre le altre dignita accennate, che decorano il nostro Lucio Vario Papirio , fu anco quella di Augure, sacerdozio di tanta venerazione, e si sublirne , ebe Paolo Emilio Pannoverava tra li pid. cospicui della Romana Repuhhlica , per essere interpreti, ed internuncj degli Dei; al quale non venivano proposti, ed eletti, che soggetti principa- li, e de’piii illustri della Repuhhlica ; quindi gloria- vasi M. Tullio Cicerone d’essere stato annoverato nel Collegio degli Auguri da Quinto Ortensio uo- mo preclarissimo . II Collegio de’ quali fu sempre in grarulissima -venerazione presso ai Romani, sino al tempo di Teodosio il giovine che lo distrusse . Scnve Tullio, che gli Auguri fossero di due sor* ti; gli uni attendevano ai sagrifizj, ed alle cerimo- nie;egli altri,clie interpretavano gli Oracoli, e le parole degl’ Indovini; e šali tant’ oltre 1’ autori- ta e dignita di quel sacerdozio, che niente operava- si in Roma, e fuorj nelle Provincie senza il lor pa- rere, e consiglio ; mercecche dali’ arhitrio, e volon- ta di essi dipendeva il luogo , e il tempo ^ dove, e quando raduuar si doveva il Senato, ed era pena la vita il non obbedirgli. Impedivano questi a di- spetto de’Consoli, e del Senato il creare de’ Magi¬ strati, rivoeavano , ed annullavano a lor piacere gli ordini della Repuhhlica, bas tando un solo a im- pedire qualsivoglia gran cosa, quantunque detefi- minata dal Senato, mentre dal loro arhitrio dipen¬ deva il rendere, o non rendere ragione al popolo • f Non creavasi Magistralo , o Senatore senza il lor consenso , e volere, eseguendosi inviolabilmente con ogni pontualita cio che dicevano, e comanda- vano j riputandosi Consiglieri, e Ministri di Giove, eletti a tal dignita per beneficio, e conservazione delia Repubblica . In quaUinque altr’ordine de’sa- cerdoti, commettendosi cjualche delitto, venivano deposti, e prhati delPuffizio. Gli Auguri solamen¬ te, ancorche couvinti, e condannati di delitto gra- vissimo , non potevano venire privati deli’Augura- to fin che vivevano. Due altri personaggi ci rappre- senta TommasoReinesio, i guali nella Citta diTrie- ste godettero la dignita di tal sacerdozio 5 ambedue delia gente Cornelia. II primo di G.Gornelio Augu- rino, ed il secondo di Cornelia Terzia Augurina . Presso i Romani, non solamente gli uomini assi- stevano alle cose sagre, e sagrifizj , ma anco al- cuni di quelli fnrono assegnati solamente alle don- ne; ordinatido cosi Roniolo al parere di Dionigio Alicarnasseo, accioccbe essendo qualche sagrifizio nel quale non convenisse agli nomini Passistervi, quello fosse elFettuato dalle mogli de’Sacerdoti. Morto che fu Augusto Cesare , ed annoverato dal SenatofragliDei,si ordino , che non solo nelPalma citta di Roma , ma ancora per tutte le Colonie, e Municipj deli’ Impero, gli fossero eretti ed edifica- ti ternpj, con un nuovo sacerdozio d’ un Flamine , e Seviro Augustale , accio dedicati al culto d’Au- gnsto, a lui solo sacrificassero . Questo sacerdozio fn in Roma, nelle Colonie, ed Imperio im tanta ve- nerazione, che da esso volevano, che dipendesse 1’assegnare il nome ali’ anno , e nei centratti, e 92 pubhlici istrumenti, si scrivesse il norae del VI. Vir Augustale, che allora viveva, per denotare il tempo , nel quale fossero fatti. Devesi pero avver- tire con Valerio Chimentelli, che tal sacerdozio non godeva in tutte le Provincie la stessa autorita; posciache in alcuni luoglii, come in Nicopoli,tal di- gnita era la prima . Nella nostra Colonia di Trie- ste,edin alcune Provincie, era inferiore alli De* curioni; al cui offieio spettavasi la tutela, e eusto- dia de’luoghi religiosi, e delle cose sacre, offerte al cul to degli Del, coli’ incombenza degli apparati spettanti ai sagrifizj , e giuochi da celebrarsi ad onore de’Numi. Che nella Citta di Trieste fossero tempio, sacer- doti augustali, e flamini dedicati al culto di Augu- sto, le memorie che sparse ritrovansi ancora per la Citta , oltre molte altre riferite dagli scrittori classici, che trasferite in alieni paesi essi ascrivono alla Citta di Trieste, mi pajono prova sufficiente, e testimonio valevole di quanto intendo provare. Di- latti 1’aver PImperatore Augusto riedificate le ma¬ ra , oltre molti altri benefizj compartiti alla nostra Colonia , obbligarono si fattamente i suoi cittadini che pub con ogni credenza dirsi, fossero molto sol- leciti, e zelanti del suo culto , ed onore ; men tre 10 studio, e la sollecitudiue delle Colonie , e popo- 11 soggetti alla Romana Repubblica, non applica- vasi ad altro , che ad irnitare con ogni diligenza Palma Citta di Roiua . Nel Battisterio della nostra Cattedrale di San Giusto Martire, ovvero Chiesa dedicata a S. Gio. Battista ritrovasi una pietra grande di figura per 9 3 ogni lato quadra, lunga circa piedi quattro, lar- ga piedi due, ed alta piu di tre, tutta alPintorno beu lavorata con parnpani, foglie di vite,grappoli d’uva di basso rilievo, che la cingono, quale ora serve di metisa alPaltare di S. Gio. Battista. Que- sta, coine si scorge, fn un’ara, ovvero altare , so- pra la quale usavano gli antichi sacrificare agliDei specialmente nei funerali de’ lorodefunti.E perche credevano , che le anirne chiamate da loro Manes , si dilettasero di latte , e sangue , percio lo sacrifi- cavano sopra di esse , come segui nel funerale di Polidoro . Usavano ancora di sagrificare sopra Pi- stesse non solo cliis manibus , ma a tutti gli al tri Bei infernali . Čredo che 1’accennata ara fosse da Caio Vibio Seviro Augustale dedicata a Bacco , taentre le foglie, e grappoli d’uva, che la circon- dano, parmi non ailditino altro (i) . Troppo alta impresa sarebbe la tnia il voler qui render ragione di tutti i riti, e cerimonie antica- mente praticate da diverse nazioni nelPesequie de? morti, e ne’sepolcri loro; poiche scorgendo 1’uomo
  • in circa, sotto le cui radici da un bučo assai eapace , forma, to dalla natura , sgorga un’abbondante vena d’a- qua , non meno fresca , che perfetta , la quale per un condotto artificiosamente fabbricato drizzando il suo corso, tributava le sue copiose acque al la Citta . La fabbrica di quest’ acquedotto, per quan- to dimostrano le rimaste vestigia , che anco a’ gior- ni nostri appariscono in diversi siti del territorio , fu assai sontuosa, e di rilevaute spesa, perche tut- ta a volto alto piedi cinque , e largo tre , mentre costeggiando il monte di Siaris, poi quello di San Michele , vedesi con istraordinaria meraviglia es- serglisi aperta la strada , quasi per lo spazio di un miglio, con le punte di scalpelio nei duri macigni, che circondano gli accennati monti. Ineamminan- dosi poi verso la Valle di Zaule dopo costeggiate con sontuosi rigiri varie collinette, ritrovato piu lacile il cammino, penetrando or le viscere dei pia¬ ni, or le vette de monti, or il piu imo delle valli,e campagne, estende il corso verso la contrada di Ca- stiglione poco lungi dalla possessione della contes- 97 sa RosaliaPetazzi (i), e successivamente la contra« da di Guardis , ove vicino alla strada maestra, e possessione de’ sigg. Mirez , si scoperse anni sono coperto da quantita di lastre di pietra assai grandi, che tolte dal proprio sito si trovo in esso tal mol- titudine di biscie per il freddo aggruppate, e avvi- luppate insieine, che avrebbero colraati quatt.ro tinazzi non ordinarj. Indi inoltrandosi baldanzoso sopra le eolline di Ponzano circa due terzi di mi- glio, ivi piangono ancora iu due distinti luoghi le sue reliquie il perduto splendore , donde per fine riducevasi nella Gitta . Ove poi terminasse il suo corso questo sontuoso acquedotto, varie sono le opinioni de’moderni cittadini, quantunque tutti concordino fosse nella Gitta ; qual opinione , corne certa non pub negarsi, benche 1’assegnarne il luo- go determinato per le rovine sofferte dalla patria, sia iinpossibile . Dicono alcuni che l’acqua della fontanella sotto la časa de’signori Babich, fosse uu rampollo delPistesso } ma senza fondamento, per non ritrovarsi in quel sito alcun vestigio d’edificio si celebre . Altri vogliono che fosse nelParena , ap- poggiati alle vestigia che delPistesso in lei sino a’ nostri giorni ancora appariscono , mentre oltre un condotto d’acqua, con altre antiehita appartenenti a simile fabbrica, ritrovate nelPorto de sigg. Ustia sono ancora alcuni cannoni di creta di visi con beli ordine nel suo recinto, per i quali si compartivano le acque,per serviziodelParena,cioe per abbeverare (O A s. Saba . 7 9 8 le fiere, e refrigerare i gladiatori, che pugnavano in essa; ed una fontana, pochi anni sono ridotta in forma di pozzo additnandata dal volgo racqua del- 1’ Amore, di cui riferiscono persone di eta, e di fe- de, che a lor ricordo prima si fabbricasse il pozzo , ivi essere unospazioso fonteche raccoglieva l’acqua da un bučo fatto a volto simile in altežza, e lar- ghezza alle reliquie dell’accennato acquedotto che oggidi aneora conservansi vicino alla possessione de’sigg. Baroni de Fin nella strada maestra dietro il volto, ove sta fabbricato il Castello della Citta, di- rimpetto a cui dali’ altra parte si vede piantata la arena; congettura evidente, che per fine in essa terminasse il suo corso. Da questo sontuoso acque- dotto , direi, diramasse la moltiplicita di tanti a- cquedotti fabbricatidi pietra, e con tubi di piombo, scoperti in diversi siti della citta , e suo territorio fra le ruine d’antichita, quai col vario d’ingegnosi disegni inaffiavano le maestose fontane , e deliziosi giardini di essa, poiche i rigagni di acqua estratti da’pubblici Acquedotti concessi a soggetti partico- lari, furono segno di grand’onore; mentre a verun’ era lecito , fuori che al Principe, pochi anni dopo la morte di Antonino Pio, per divieto deli’Impera¬ tor Teodosio, confermato nuovamente da Anasta- sio, il concedere acque pubbliche a chi si sia. Il primo di questi Rigagni, o siano acquedotti, a mio ricordo , 1’anno i644- ritrovossi nella časa di mio fratello Gregorio Menaruta, dietro la Ghiesa del Rosario, nel fabbrieare uu pozzo delFaltezza di oltre a5 piedi geometrici, nel cui fondo si sco- perse un’Acquedotto, alto un piede, e largo altret' 99 tanto, che per 1’ abbondanza d’acqua, che usciva da esso, impedi il poterlo profondare piu oltre. Due anni dopo ne scopersero un altro piu ampio , pieno di fango, sotto la seala della časa di Patron Bortolo Canciano vicino alla porta diCavana . Due altri con alcuni tubi di piombo nella vigna del Sig. Giacomo Giraldi q.Giusto. E due in Ponzano, nel¬ la possessione de’Sig: Giuliani, uno nel campo con- tiguo a quelli del Bar. de Fin a lato della časa, che riguarda la citta, il quale conduceva l’acqua verso la marina ; e 1’ altro vicino alla strada, che condu- ce alla Villa di Servola . Un altro simile a questi, le cui vestigia oggidi ancora si conservano sopra la collina di Santo Saba abbate, il quale dalla via maestra, che conduce nella valle di Zaule, correva verso la valle di Servola, e termina in un pozz o profondo circa 6o piedi di perfettissima acqua nel¬ la possessione del DottoreUrbani. E pochi anni so- no ne furouo scoperti due altri, uno nella cantina della časa nuovamente fabbricata dal signor Gio: Francolo , ove con diverse anticaglie ritrovossi un condotto d’acqua con un incastrodi pietra nel mez- zo, per chiuder 1’ acqua , che dalla collina sceride- va verso il mare. Ed un altro simile nella cantinet- ta della časa de’Sig. Dolcetti vicino alla Muda alto piedi due, e largo uno e mezzo, coperto di lastre grandi di pietra , lungbe piedi cinque, e larghe due e mezzo , il quale traversando detta cantina da un lato s’estendeva verso la časa de’Sig. Calo e dali’ altro verso il pozzo di essa muda . E poco discosto delPaccennato condotto 2 passi sotto terra, ritrovos¬ si il lastricato di una camera tutto rosso, che sem- I :oo brava fosse ailora fatto . Molti altri siinili acque- dotti, e tubi di piombo ritrovaronsi in diversi sit 1 della citta, e suo Territorio, specialmente uella pos- sessione del Barone de Fin , e nella Vigna del sig. Marcello de Capuano dietro la Chiesa di S. Miche- le fuori delle mura , la notizia de’quali si tralascia con altre inoltissirne anticaglie, ritrovate in diver¬ si tempi, e siti, per mancanza di relazione veridica. Seherzo ora del tempo, giace sepolto questo son- tuoso acquedotto, del quale per anche a’ giorni no- stri carnpeggiano negli accennati luoghi alcune po- che reliquie, i cui eondotti, o tombini sono d^ltez- za piedi 5., e larghi 3, li quali quantunque lacera- ti, e rosi, diffondono pero grande meraviglia . La prima uscita, che faeeva 1’ acqua del nostro acquedotto dal monte correva lo spazio di So passi in circa per uri canale, artificiosainente fatto, pri- ma d’ imboccarsi nel condotto , o tombino . Scorso 1’accennato canale, entrava poi F acqua nel con¬ dotto, i vestigi della cui bocca , oggidi, ancora fra- cassati, appariscono, con quelli d’una časa ivi a canto, fabbricata forse per il custode asseguato al- la di lei custodia , e deli’ acquedotto . Indi poi rin- chiusa scorreva nel canale con tortuosi raggiri a piedi degli accennati monti, sommita de’ colli, e profondita delle valli^ sino a ridursi nella citta co- me gia dissi . Apporta ancora gran rneraviglia una muraglia antica, che al presente pur si conserva; lunga piu di cento passi, e larga due abbondanti, tutta assi- curata da contrasearpe della stessa larghezza , quattro in cinque passi una distante dali’ altra , da 10 I quale anticamente rafcchiudeva , e atlraversava dalla collina del Farneto sin’alPaltra di Guardiel- la, tutta la valle di S. Pelagio, detta dal volgo S. Polai; benche a’ giorui nostri quella parte , che termina al molino dello scoglio a lei contig.uo,e pošto nel fine di essa valle, dal tempo ovvero a bel- lo studio si vede distrutta . Lo scorgere la diversi- ta de’pareri nell’ assegnare a qual funzione servis- se cosi meraviglioso lavoro, mi spinge ad asserire, che essendo stata la citta di Trieste, celebre eolo- nia di cittadini romani, e militare ancora, in eni risplendettero si copiose le famiglie principali di Roma, con la moltiplicita de’ vestigj che in essa appariscono d’Arena, Acquedotti, Arehi trionfali, ed altri edificj fabbricati dalla magnificenza Roma¬ na , per uso comune , e particolare de’popoli asse- gnassero parimente quella valle a Giuochi di Nau- maehia, ove con non men delizioso, che atroce spettacolo esercitavansi i combattimenti navali (j), m en tre i luoghi assegnati a questi giuochi , al sen- tire di Filippo Beroaldo addimandavansi dagli an- tichi Naumachia. La Naumacliia, a sentimento di aleuni, fu inventata dai Romani per ricreazione , e sollievo de -1 popoli, che tali appunto furono gli e- sposti dalFimpurissimo Eliogahalo ne’laghi da esso formati col vino, quantunqueLampridio appoggiato a Polibio asserisca, che fossero principalmente isti- (1) fS pur cosa curiosa , che essendovi qui il mare, si fossero fatti gli antichi in Trieste un mare arti- ficiale per esercitarsi ne’combattimenti navali. 102 tuiti per esercitare i soldati nelle pugne navali, co- si da essi praiicato prima della gaerra Punica con- tro i Cartaginesi, e da Augusto, al pareredi Sueto- nio, prima di cirnentarsi contro Šesto Pompeo, il quale un inverno intiero volle s" applicassero nel Porto Giulio i suoi soldati in siinil esercizio j onds assolutamente devesi affermare, non ad altro fine esser ivi fabbricata la muraglia predetta, che per chiuder la valle, e sostenere con essa le acque ra- dunate in quel luogo assegnato a simili spettacoli , e combattimenti usati non solo dagl’ Imperatori nella Reggia, rna ancora in diverse citta, e colonie della Repubblica, come asseriscono Suetonio, Ta- cito, Marziale, ed altri, fra’ quali Giacomo Oselio, il quale adduce una medaglia di Claudio con que- ste parole : Stagnum Muro Clausum cum Navibus in eo decertantibus . Appoggiati altri alle congetture, e tradizione de’ vecchi successivamente trasmessa a’posteri, asseri¬ scono come infallibile, ed indubitato, che nella possessioue de Sig: Bonomo, situata sotto li monti. del Carso vicino a quello di Starebrech, lontana tre miglia incirca dalla Citta verso Levante, fosse dagli antichi racchiuso 1’adito ad un fiumicello , che da quei monti impetuosamente sboccava nell’ accennata valle, con triplicate porte di ferro, frain- mezzate di larghissime , e fortissime muraglie dali’ una ali’ altra, 1’ultima delle quali estendevasi un pezzo alle parti, e dietro , per ovviare alle rovine 5 e rotture che Pacqua precipitosa, e furibonda per alta caduta, apportava col sno corso ali a valle • Prova di cio e un forte muro fabbricato con malta, io 3 ritrovato , anni sono, ivi vicino dal Canonico Ustia nella sua possessione posta sopral , acceanatade , Bo- norno, e contigua a’sassi del Carso, meotre nel far scavare alcuni fossi, da piantare le viti, fu sco- perta daglioperaj una muraglia in forma di contro- scarpa , che nel frangerla si vide zampillare acqua onde timoroso di qualche rovina, fe subito chiude- re il bučo, e ripor, come prima, la terra. L’origine di quest’acque con lamoltitudine del- le vive sorgenti, che usceado or in un luogo, or in un altro a procurarsi 1’esito nella valle, divise poi in varj rivoli, s’immergono Hnalmente nel inare, non puo ad altro principio attribuirsi, che al fiume Recca, il quale con vario e tortuoso raggiro scor- rendo dalla Piuka nel Carso, con precipitosa cadu- ta si nascoude in profondissima caverna nella Ter¬ ra di S. Canziano distante dieci miglia da Trieste , e sette nella predetta possessione , che nascosto , perde anco la dcnorninazione del proprio nome, ed indi penetrando le viscere del Carso 18 miglia sot- terra, esce nuovamente dalle radici d’alpestro sas- so in S. Giovanni di Duino ove, col celebre nome di Timavo, vien dagli scrittori acelamato, il quale dopo il corso d’un terzo di miglio, rende tributarie le sue acque ali'Adriatico . Il precipitarsi tal fiu¬ me in quell’alta spelonca in faccia delle colline di S. Pelagio, lontane solainente sette miglia, porge anco fondamento d’asserire che un ramodi esso fiu- ine s’ iuoltrasse precipitoso verso le stesse, per ri- trovare piu facile il corso nella sua valle tre sole miglia lontano dal mare, ove i nostri Antenati con le porte di ferro, e muraglie predette impedirono i ©4 l’esito alle sueacque, per ovviare ali’immenso danno, che in essa valle fertile di vino , formeuto , ed altro necessarioal viver urnano , ed anco alle sa- line contigue alla Citta apportavano al pubblicoed arprivato . La fabbrica di queste porte , e irmraglie , da me pure concesse, non sufiraga pu.nto a quello s’affa- tieano provare alcuni, che anco la muraglia vicina al (i) molino servisse a ritenere tal acqua ne’pro- pri limiti, mentre, per il suo precipitoso corso, qualsivoglia argine non era bastante a reprimere 1’impeto delle sue furie ; che se il fine di fabbricare tal muro, fu, al sentire degli avversarj , per rite¬ nere l’acqua nel proprio alveo , ed ovviare a’dan- ni; perche dunque non fabbricarlo lungo ad esso torrente e non a traverso della valle cosi da’Roma- ni a bella posta fabbricato per rinchiudere racqua in essa valle, da loro assegnata all’esercizio della Naumaehia? Ne minore stupore apporta il varco, o strada mae- stosa contigua all’accennata valle, e monte di Sta- rebrech ( 2 ) ,fatta escavare nel duro macigno da’ Ro¬ mani a forza di scalpelli , punte di ferro , ed aitri istrumenti , come li vestigi oggidi ancora impressi ( 1 ) 11 Molino delle Scoglio k quello di cui parla il P. Ireneo, pošto sulla strada maestra carrozzabile che conduce al boschetto, dove anche al presen- te vedesi il citato muro coperto di ellera, che sostiene il terreno del vicino Čampo. ( 2 ) Questi e il Monte spacca, e spaccato. Cosl addi- mandasi al presente. log ne’ sassi lo dimostrano, per comodo tion solo della Citta, ma anco di sovvenire nell’ occorrenze gli e- serciti , che militavano nella Giapidia ivi vicina , fatta percio spianare dali’ Iinperatore Augusto , quando deereto di distruggere i suoi barbari abita- tori . La Iunghezza di essa strada eccede due mi- glia , cioe dal piano della valle sino alla cima del monte ,ed e si stretta , che appena due piccioli car- ri incontrandosi possono passare . Un duro maci* gno , che nella cima del monte impedivagli 1’esito , si vede scavato piu di 5 passi in Iunghezza, e 7 pie- di geometrici in altezza. II rimanente sopra il Garso si scorge al presente spianata con istrumenti di fer- ro , sino alla villa di Corniale , e nelle paludi di Landol, Planina ec. lastricata con sassi . Che i Porti con grandissime spese fabbricati , e per salvezza delle navi, e salute de’ naviganti, nei quali j dopo varcati gl’ immensi šeni del mare , fa lor mestieri premier riposo,non apportino, e nobi- lissima magnificenza. e grandissimi emolumenti, con immense ricchezze alle Citta , niuno puo negarlo . Quantunque 1’antico porto non potesse uguagliarsi alla sontuosita , e spese fatte per quello di Ostia , fatto fabbricare da Tiberio Claudio , e per 1’ altro di Anzio, fatto edificare con indicibile spesa da Ne¬ rone, le vestigie pero che al presente ne deplorano la perduta magnificenza, coli’ ampiezza del suo si¬ to naturale , benche alquanto ajutato dali’ arte (1), (0 Dove ora & il molo del Lazzaretto vecchio, eravi 3o6 dimostrano, chepoteasi annoverare, se non fra’ pri' mi , almeno fra i piu cospicui deli’ Europa . Testi- rnonio valevole di cio e lo spazioso molo, che verso il mare lo ricinge , tutto fabbricato con pietre di smisurata grandezza , che alcune eccedono 8 piedi geometriciper ogni verso, ora pero inparte distrut- to,il quale dalla punta di Čampo Marzio, distaute un miglio dalla Citta , estende il suo curvo raggi- ro, eh’ eccede un buon quarto di miglio sino alPI- soletta addimandata eomunemente il Zucco , ove in figura ottangolare appariscono ancora i fon- damenti di pietra bianca lavorata di una Torre , o Faro , d’ architettura non ordinaria , nella quale esponevasi a quei tempi un lume , o lanterna che additava il porto a’ Naviganti (i). In qual modo o tempo rimanesse distrutto questo Porto, non puo congetturarsi, non essendovi fonda- mento piu certo di quello delFesserestatadistrutta tante volte da’Barbari la citta di Trieste, e con essa atterrati tutti gli edificj, fabbriche, e grandezze Ro¬ mane, chefabbellivano, ilqual deplorabile infortu- nio accaddeanco alPaccennato porto, il cui riferito Molo fabbricato , buona parte nell’ altezza di piedi i8^d’ acqua ,dall’impeto delPonde, e furiose tetn- antieamente una catena di scogli naturah; sopra questi li Romani fabbricarono il deseritto molo. (i) Allorchž 1’immortale Maria Teresa fece fabbricarc il presente molo, venne demolita la suddetta Tor¬ re, ed unito insieme il Zucco al restante del mo¬ lo medesimo. x® 7 peste d’ ostro , e garbino seonvolte , e trasportate le pietre , oggidi anoora nelle secche maggiori, ori- ginate dal flusso,e riflusso del mare si scuopre tal- inente , clie se una rottura fatta a bella posta nel mezzo , per il transito delle barche piu picciole , addimandata la Boceola , nop impedisse il passo , potrebbesi dalla predetta punta di Čampo Marzio camminare comodamente sino al riferito Zucco ; su i di cui rovinati fondamenti un Conte della Torre, Capitano di Trieste , liberato anni sotio da orrida tempesta di Mare , per intercessione di S. Nicolo Vescovo , e Protettore de’ Marinari , fece edificare una Chiesetta dedicata al medesimo Santo, la qual pure dalla voracita del tempo distmtta, non resta- no al presente , che alcuni pochi vestigj delle sue aDtiche muraglie, eolla pianta intiera deli’ aceeu- nato Faro . Dalla par te di terra nella via di Grumula , sotto la possessione de’ Santi 'Jdartiri de’ Rev.Padri Be- nedettini,posta fra la Citta, e Čampo Marzio, nel¬ le secche piu grandi del Mare , si scuoprono sola- mente nel fondo deli’ acque di rimpetto al Zucco alcune reliquie d’un altro Molo,tutto di belle pie¬ tre , lunghe sei piedi, di manifattura, spesa , ed ar- tifizio niente inferiore ali’altro, il quale s’esteude in lunghezza verso 1’ isoletta del Zucco piu di 180 passi, fabbricato nell’ altezza di sei passi d’ acqua, ora dal tempo , e tempeste buona parte sminuito , e distrutto , e con questi dne moli per quanto si pub congetturare, chiudevasi qnel seno , che com- poneva anticamente 1’ accennato porto . Un’altra notizia d’antichita m’apportano sei) al- ioS tri porti, situati nelle riviere, che eosteggiano il territorio della citta di Trieste , li quali ancorche piccioli, devonsi qui riferire , per non tralasciar sepolta nelPobblio la memoria di essi . II primo šara quello vicino alla villa di Servola, ove poco di- stante dalPistesso furono ritrovati tempo fa 1’onda- menti grandissimi di grosse muraglie di sontuoso edificio, che sembrava un castello . Nella contra- da di Broglietto, vicino alla fornace de’ sig.Giulia- ni, ritrovansi le vestigia d’un altro; ed indi poco discosto nella stessa riviera , che riguarda la Terra di Muggia,in quella di s. Andrea, che dalla Chie- sa di esso Apostolo preše anche la denominazione tal contrada , si seorgono pure alcuni avanzi di un altro. Nella riviera, che costeggia il monte dalPal- tra partc della citta, sotto 1 ’antico Castello di Mo- colano ora distrutto, addimandata tal contrada al presente Zedraso, o Cedas quattro miglia lontana dalla citta, dietro la punta pure di Grignano. E fi- nalmente nella Valle Sistiana, conservansi ancora alcuni avanzi d’altri tre porti, tutti di figura qua- drata, spaziosi alcuni piu degli altri , il cui recin- to ancora intiero , e senza immaginabile rottura, con meraviglia non men degna di ponderazione, che d’ amrnirazione apparisce nelle secche del ma- re , huona parte scoperte dali’acque, le quali or- dinariamente cuoprono i medesimi porti oltre a 5 . piedi di altezza . Il Porto moderno assai capace, contiguo alla citta, fu fabbricato dopo la guerra di Gradišča cir- caPanno 1620. colPassistenza del sig. Giacomo Vintana, Architetto famoso di Gorizia, per riparo io9 del quale verso garbino si scorge un superbissimo molo, addimandato il muro nuovo, lungo circa passi rao composto di grossissime pietre , che lo fiancheggia, ed assicura i vascelli che in esso di- morano, da qualsivoglia tetnpesta , ed e fondato nell’ altezza di tre passi d’acqua. Ne devo qui tra- lasciare un’ altra notizia d’un antico Molo, largo circa sei piedi, scoperto l’anno 1690. con le pietre corrose , e logorate dal mare, mentre il sig. Aldra- go Picardo feee riedilicare la sua časa contigua al pubblico Palazzo in Piazza grande, distrutto gli anni addietro dalle fiarnme, ove ne’ fondamenti della facciata ritrovossi tal Molo, il quale estende- vasi verso il pozzo detto del mare, e colonna del- 1’Imperatore (1). ANNI DEL MONDO 4006 NASGITA DI GESU’ CRISTO IMP. OTTAVIANO CESARE AUGUSTO . Superati, e distrutti ch’ebbe Ottaviano Augusto li due compagui e Col lega M. Antonio, e M. Lepi- (1) La colonna delllmperatore Leopoldo, in oggi si- tuata sulla piazza della borsa, era in quel tempo eretta in fondo alla piazza grande rimpetto alla presente contrada dello squero vecchio, e in poca distanza , verso la ca«a n. 14»- eravi il pozzo del mare ora chiuso con una pietra amovibile. 110 do, co’ quali esercito quel Triutnvirato tanto per- nicioso ai Romani, vedendosi solo padrone di [tut- to FImpero, e fatta a lui scema la liberta della ro- manaRepubblica, incomincio con eatena d’un dol- ce e placido tratto adincatenare anco la liberta de’ sudditi , che raddolciti ed allettati dalla sua cle- menza, correvano i popoli a sottomettersi alla di lui divozione . Amato percio , e riverito unisersal- mente da tutti, in corrispondenza di scambievol af- fetto, venne dal Senato, e popolo Romano decorato con non piu udito cognome, chiamandolo nelFav- venire Gesare Augusto, cognome, al sentire di Ci- cerone, Virgilio, Ovidio, ed altri Autori, appresso di loro tenuto per santo, venerabile, e d’alta mae- sta,la qual volevano convenisse solamente a lor Dei, e Tempj. Godendo dunque Ottaviano una somma pace , e tranquillita, applicossi tutto con ogni sollecitudi- ne, non tanto airabbellimento della citta diRoma, quanto al buon governo delle Provincie , ed altre citta delFimpero, innovando ad esse Pretori, Pro- consoli,e Governatori di vaglia, accio non solo amministrassero la giustizia, ma invigilassero an* cora alla conservazione delle pubbliche fabbriche , ed edificj, in modo tale, che rese il rimanente dei #uoi giorni felicissimi tranquillo , e quieto , e me¬ riti) per compimento , e corona di tutte le sue fe- licita, che venisse al mondo il pacifieo Re de’ Re¬ gi, correndo POlimpiade 194., della fondazione di Roma 1 ’anno 752, e della Creazione del Mondo 4 o 52 . Non fu tanto impiegato 1 ’ Imperatore Augu¬ sto nell" omare Falma citta di Roma , che non ap- III plicasse ancora alla conservazione, ed ampliazione deli’ irapero. Ponderando molto bene , quanto fos- se necessario lo stabilire in Trieste una potente Colonia militare de’ veterani, e valorosi soldati non solo per la conservazione delPItalia, edelPar- mi romane nella provincia delPIstria, e Dalmazia contro quei popoli facilmente tumultuanti, m a an¬ cora per reprimere 1’audacia de’ Giapidj, gente barbara, e feroce, che tanto sudore e sangue gli costo il domarli, i quali, nel corso d’anui 20 . due volte ruppero , e fugarono le romane milizie , di* strussero il territorio di Aquileja, e spogliarono di tutte le sue doviziose sostanze la Colonia di Trie¬ ste , lasciandola totalmentc incenerita e distrutta . Entrando egli con grosso esercito 1 ’anno 7 ao. di Roma nella Giapidia, dopo varie vittorie, ulti- mamente con pericolo della propria vita, quasi del tutto distruggendoli supero. Cio seguito, volle si rifacessero di nuovo le distrutte mura delPince- nerita Colonia di Trieste, e che fosse recinta con fortissime, ed alte torri, non solo per difendersi contro qualsivoglia forza , ed incontro de’ nemici, ma per ornarla , ed abbellirla ancora; essendoche tra i principali ornamenti delle Golonie , le mura colPaltissime torri, che la cingono, sono delle piu cospicue . DI GESU’ CRISTO ANNI 44. IMP. tibehio claudio PAPA s.pietro apostolo L’ anno 44 di nostra salute venne introdotta la Religione Cristiana prima in Aquileja dalPEvan- gelista S. Marco, e quindi iti Trieste dal sno di- scepolo S. Ermagora, come udrassi nel primo To¬ mo di seguito a questo delle Memorie Storiche . ANNO 104. IMP. TRAJANO papa evaristo Gelebravano i Romani nel priucipio della nascen- te Repubblica con giuochi e feste la commemora- zione delle vittorie su’loro nemici riportate, solen- nizzandole in varie forme, colPassistervi in piedi nelle pubbliche piazze, ed altri luoghi a tal funzio- ne destinati. Per maggior comodita de’eircostanti fecero poi alcuni Teatri di tavole , e di legnami, ma cadutone unopresso i Fidenati con grande strag- ge di uomini, e donne, fu decretato che nelPavve- nire si fabbricassero solamente di pietre, e lateri- zj, dal che ne seguirono poi quelle sontnose fab- briche delPAnfiteatro di Pompeo, capace di 5 o mila persone , del Teatro di Marcello di 60 mila, di quello di Scauro di 80 mila, e di tanti altri den- tro e fuori della citta di Roma, che per la sontuo- sita, e grandezza loro, fecero stupire 1’universo intero . Servivano questi non solo pei combatti- menti de’gladiatori, ma ancora per gli spettacoli delle fiere che in essi, colla comparsa di molti a- nirnali feroci, all’uso deli’alma citta di Roma si rappresentavano . Servivano ancora alla riduzione de’popoli , per discorrere, e trattenersi, e addimandansi col norae latino Arena , come oggidi pare in Pola , Padova, u3 Verona, ed altri luoghi fuori di Roma conservano con le loro vestigia anco il notne. Nella contrada clie dalla porta di Donota della nostra citta s’ascen- de al Gastello, appariscono al presente, in forma cireolare contigui ad essa porta, alcuni pochi resi- dui e reliquie di crollate muraglie (i),misero avau- zo di barbara crudelta, i quali attribuirouo a’cir- convicin^ contorni il norae d? Arena , che corrotto dal volgo addimaudasi a’ giorni nostri Rena . Il Dottor Prospero Petronio medico di Trieste (a) scrive di essa : Che i secoli passati fossero nella citta di Trieste malti vestigi cC antichitd Romane, de’quali or a non si discerne■ che alcune orrne piut- tosto , che avanzi del Teatro a costa del monte , ver so la porta di Riborgo , con. strade e ricetti sot- terranei, come in parte fu. anche osservato dalCop- po. Mole , che mi fa credere,esser percio stata que• sta citta molto favorita al tempo che fiorivano i Romani: soggiungendo poi. Fa menzione del Tea¬ tro , cK' era in Trieste Pietro Coppo , del quale al suo tempo si dovevano vedere maggiori vestigi di tjuello si vedono al presente , dicendo , che antica- mente non si estendeva Trieste sino alla marina , (i) Per intender bene cio che vuol dire in questd luogo il P. Ireneo, conviene sapere, che il residuo di muraglie che allor si vedevano in Rena , poco distante dalla porta di Donota, furono demolite, e ribassate alquanti anni addietro , per fabbricarvi la časa n. 435. , e P avanzo si osserva nella contrada di Pozzacchera sotto la medesima časa . (a) Mem. Sacr. e Prof. M. S. delPIstria par. 2 . pag. 74 . 8 via solo sul morite; ed a costa dl guello s' osseroa ancora parte £ un Teatro, e di altri edificj anti- chiin natura. DelPaccennata Arena, o Teatro si scorgono al- euni piccioli e rotti vestigj, che in diversi siti del suo antico recinto oggidi ancora si conservano . Un pezzo di fianco il quale ora serve di mura alla cit- ta, nella cui sommita sono alcuni tnerli, segno evi- dente del suo finimento, che riguarda le montagne del Garso altre volte chiamate Giapidia, rinchiude nel suo seno Porto delli Sig: Ustia, (i) altre čase, e una caverna col volto sopra, che serve di canti- na . Dalla parte posta in citta verso levante e sci- rocco,che riguarda il castello, si vede un altro fianco, sopra il quale sono fabbricate pure diverse čase, (2) e per esser situato verso la collina , la sna altezza in alcuna parte šara di piedi ifi.geometrici. (0 II pezzo di fianco qui detto, e 1’ orto di Ustia, (che or non si veggono, ) esistevano nella contra- da di Pozzacchera, li quali furono demoliti per fab- hricarvi sopra la časa Maurizio n. 48 1 . Sotto la stes- sa časa ancor si osserva in un magazzino reso pre- sentemente abitabile, un pezzo di andito dello stes- so Teatro, e sotto il medesimo un altro, nel quale si entra per una porta i vi prossima . Questa h la ca¬ verna con volto sopra . ( 2 ) Oul il P. Ireneo intende di parlare di quel pezzo di muraglione che si vede nella contrada di Poz¬ zacchera , sopra del quale , come si ž detto, č fab- bricata la časa n. 435, che ha 1’entrata nella con¬ trada di Piena ; colla rimarca. che in quel temp 0 11 5 in altre piu o meno , secondo il declivio della col- lina. Tutte le mura che la circondano, e 1’ altre di mezzo, non eccedorto la grossezza di piedi tre, e mezzo , composte la maggior parte di pietre cotte di grandezza non ordinaria . In questa seconda pav- te appariscono ancora vestigi evidentissimi di pal- chetti, o eorridoj, che servivauo al popolo dicomo- dita per assistere agli spettacoli, come diinostrano i forami regolarmente disposti nelle superiorita di es¬ sa., per inserirvi i sassi, ovvero per sostenere i travi degli accennati palchi., sopra i quali nella sommita del muro campeggia una nicchia, in cui forse stava riposta qualehe statua , ovvero in essa assisteva il Giudice de’giuochi solennizzati nell’A- rena. NelPistesso muro poco discosto dal suolo, si scorgono alcuni tubi di creta, quai čredo servisse- ro per adacquare il suolo di essa Arena, e una fonte ( ora ridotta in pozzo ) (i) da raccogliere l’aequa eranvi diverse casupole , le quali peraltro, essendo fabbricate sugli antielii vestigi del teatro , non im- pedivano , che si vedessero questi anche dalla parte superiore di Rena . (i) 11 fonte ridotto in pozzo esisteva in poca distan- za dai gradini che montano ad una porta prati- cata nello stesso muraglione antico a sinistra , e pre- cisamente sotto una finestrella fatta nel predetto muraglione, la quale dli lume ad un luogo della časa che gli e sopra ; dove se ben si osserva vedesi nel muraglione stesso verso terra un arco , o volto otturato con muro di altra opera del muraglione gia detto. Da questo volto usciva F acqua da un 116 delF acquedotlo grande. Fu pure questa parte per- forata , e, rotta qu;*si nel mezzo a fine di concedere il passo, o strada (i) a chi della eontrada di Ribor- go volesse trasferirsi alla superiore di Rena . Dell’ altre facciate di quest’antico edificio non restano al presente, clie alcune picciole e roviriate reliquie cbe in diversi siti di esso aneora si conservario, spe- cialmente nella corte de’Sig: Cliicbi, (2) ove appa- riscono alcuni avanzi di muraglie,che mostrano es- sere State diametralmente congiunte con altri pez- zi, che corrispondono nel cortile del qu. Sig. Sta¬ ramo deli’antico acquedotto , la quale formava una spaziosa fontana , e serviva questa per eomodo de’concorrenti al Teatro, e per altri usi del Tea- tro medesimo . Questa era quell’aequa, che poi dal volgo dicevasi l' acqua deli’ amore . (1) La quale ora addimandasi la eontrada di Pozzac- chera , gia nominata di sopra . (2) La časa de’ Chichi colla corte , situata a Riborgo nell androna della scala n. 47 *• esst ' n do passata in proprieta del qu, Aron Romanin , questi , circa 26 anni addietro , fece abbassare la corte, la quale u- guagliava il primo piano, e Ja ridusse a pianterre- no, come ora si vede. JNel fare questa escavazione furono trovati diversi marini lavorati , ed alcune mouete antiche . Tutto cio mi asseri la figiia del predetto Romanin , la quale , per essere allora di tenera cta , non seppe darmi contezza dove fossero andate a terminale le cose ritrovate . Nel fare la suddetta operazione vennero anche distrutli quegli avanzi di muraglie addoiti dal P. Ireneo. Esiste M 7 pione delFArgento, (i) e nella parte di sotto con altre, che appariscono ne’fondamenti della časa deUi sig: eredi Giuliani, quali tutti uniti insieme formano il perfetto recinto delPaccennata Arena. La sua figura, come scorgesi dagli accennati vesti- gj, fu ovale (a). La sua lunghezza maggiore esatta- peraltro nello stesso cortile un marmo , del quale non se ne vedono che due piedi e mezzo fuori di ter¬ ca , largo 2 . piedi , e ad eccezione di cirea un pie- de egli k internato nel muro della časa medesima . Sembra che questo marnio potesse essere un pezzo di pilastro per sostenere il proscenio , o palco see- nico deli’antico Teatro, oppure appartenesse al por- tieato deli’ entrata o ingresso nel medesimo. ( 1 ) Per quanto io siami affaticato per rinvenire la časa delPArgento nella situazione indicata dal P. Ireneo, non mi d riuscito di ritrovare chi me la indicasse, nemmeno fra i piu vecchi Triestiui. Dietro le iraece pero accennate dal detto P. Ireneo congettbro che la predetta časa fosse nello stesso luogo, o la d*ap- presso , dove ora d la časa n. 477- Androna di sot¬ to , nella contrada di Pozzacchera ; poiehe questa časa , dalla parte di dietro , corrisponde appunto neli’orto o cortile che anticamente apparteneva al prefato deli’Argento , che poi venne unito a quel- lo degli eredi Giuliani, quindi fu Giussani. ( 2 ) Non ovale , ma semicircolare , fu considerato dal- l’or architetto di Corte e Consigliere Aulico Pietro Nobile , rnentre dalla parte della Contrada di P.ibor- go era egli retto, quivi esisteva il proscenio, o pal¬ co scenico ove recitavansi le comiche rappresenta- 118 mente misurata, cioe dalla parte che riguarda la montagna, smo allacasadel prenominato sig. Argen- to sono piedi geometrici oltre i5^, e la larghezza 1 36,clie tanti si nuinerano dalla časa degli eredi del qu. Giusto Giuliani, altre volte de’ sig. Marchiset- ti, sino a quello che riguarda il Castello; di modo che congetturai che fosse il suo circuito circa pie¬ di 6oo , e benclie restasše piu e piti volte la nostra citta dalla barbarie degli Unni, sotto i Longobardi, e altre nazioni atterrata, e distrutta, non percio la voracita del tempo pote consumare del tuttoi vesti- gj diquestasuperbamacchina, di modo che al pre- sente ancora non restassero in diversi siti di essa le imposte di molti archi, forami, e reliquie di caver- ne, quantunque fracassate, e rotte, cbe alRintor- no delle sue mura, per uso, e servizio di essa era- no fabbricate e fra queste una caverna, chiarnata comunemente la Grotta, che stendendosi dal prin- cipio delPaccennata corte del mentovato sig. Ar- gento, sino alla časa del sig. Raffaele Montanelli, situata nel mezzo della contrada di Riborgo, (i) la zioni. Non gia come vuole il P. Ireneo, che ivi si trucidassero i Cristiani, e si facessero divorare dal- le Gere.Egli medesimo rapporta il martirio deman¬ ti Protettori Triestini, e dice essersi questi fatti mo¬ rite fuori delle mura , cio£ fuori di porta Cavana , e mai nomiua Arena, o AnGteatro in quelle circo* stanze. (O Questo passo del P. Ireneo rassicura la congettu- ra da me fatta circa la situazione della časa e cor- 1 1 9 sua entrata corrisponde nel recinto di essa Arena, (t) la cui altezza sono piedi cinqne, e I\. di larghez- te deli’Argento, mentre uell’ orticello o corte della časa fu Giussani ora Vascoto, vi ž un cancelletto di legno che chiude 1 ’ entrata di un orticello superio- re, nel quale corrispoudono le finestre della ča¬ sa , che in Pozzacchera h situata in fondo 1 ’ Andro- na di sotto col n. 477 * Vi sono bensi altre čase u- nite in quella localita, le quali tutte corrispondono dalla parte di dietro , altre verso il cortile Chichio> ed altre stil cortile Giussani, che forse anticatnente o formavano una sola časa , oppure appartenevano ad un solo proprietario . La piu antica di queste e quella del n. 47G. poichž quella del 477 , e le al¬ tre si vedono rifabbricate di nuovo . Sono queste in Pozzacchera šituate nelP Androna di sotto, dove appunto doveva essere quella del qu. Scipione del- 1 ’Argento, alla quale in que’tempi apparteneva il mentovato cortile; sotto cui passa il sotterraneo o Grotta dell’antico Teatro, e nel quale si vede tut- tora il muraglione del Teatro medesimo. (1) L J entrata della grotta e nel cortile della časa fa Giussani n. 470 . Nella grotta stessa (la quale in realta uon č che uno degli anditi del Teatro anti- co) incontro la porta di entrata , ma piu a destra, vedesi un portone murato senza imposte, alto quan- to lo puo comportare il volto del sotterraneo, e lar- go piedi 6 e mezzo. Sembra che questo dovesse es¬ sere un antico ingresso esteriore ali’ andito stesso, ora sotterraneo . 11 P. Ireueo dice che entro la stes¬ sa si vedono molti auelli di ferro impiombati nel J 20 za; 1 ’arco o volto che la copre quasi tutto di pietra cotta, grosso quasi sette piedi, che tutta la sua lun- ghezza sono piedi 200, e larghezza dieei. Entro la stessa si vedono moltissimi anelli di ferro iinpiom- jbati nel muro, a’ quali stimerei legassero le fiere , che servivano ai giuochi, e spettacoli rappresentati nell’Arena o Anfiteatro. Ove fosse 1 ’ entrata, o porta di essa Arena , non e facile il poterlo asserire. Congetturo pero che nel Cortile de’Sig: Chichi avesse la porta, mentre cin- que anni sono nel racconciare un pozzo in esso cor¬ tile, diroccato forse dall’esser fabbricato sopra le rovine del la stess’Arena, si scopersero tre passi sot- to terra, e nel fondo di esso pozzo inoltissime pia- stre di pietra bianca, fra le quali una lunga di sei piedi, con alcuni lavori di bronzo in essa ineastra- muro. Io ne feci una scrupolosa visita, ne mi ven- ne fatto di vederli, e nemmeno di conoscerne le trač. ee ove fossero stati , giacehč le pareti sono tutte sa- ne ed unite. Vi esistono bensi alcune finestre mu- rate, che riguardavano nell’interno del Teatro, ed una porta, nel principio del sotterraneo alta dal pia¬ no senza gradini per ascendervi, la quale al di fuo- ri corrisponde vicino la porta che si entra in corti¬ le , ove al presente vi č un gallinajo . Porzione del predetto sotterraneo , dalla parte che s’ interna sot- to gli orti, era immunito di terra; la quale fu fat- ta estrarre dal Direttore detle pubbliehe fabbriche del Littorale Pietro Nobile . Si osserva che il medesimo avea tentato di andar piu oltre collo scavo; ma co- nosceudo rovinato il volto, vi pose termine. /• 121 ti, segno evidente, che servisse di galleria , ed ol- tre a queste anco diverse colonne lunghe piedi no¬ ve, molti piedestalli, e capitelli, di rnarmo fino, con altri lavori spezzati, e rotti , in alcuni de’qua- li erano incise lettere, e parole, che per trascura- tezza, e negligenza di chi ne registrasse memoria restarono al solito obbliate. La moltitudine poi di altre pietre lavorate con diversi ornamenti, e cor- nici, alcune lunghe piedi 8, alte 6, e grosse a pro- porzione, tutte rivolte sossopra , furono in tanta quantita che occupavano non solo tutto il sito del cortile, e quello di essa časa, ma stendendosi anco verso la porta di Riborgo continuavano sotto quella del sig. Garzarolo ivi contigua . Si puo dedurre dunque da tali congetture , e dal sito poco discosto dal recinto, e muraglie maestre delPArena che il gran nuraero di quelle pietre, e colonne ivi sepol- te non servisse ad altro, che per ornare l’entra- ta, e porta di si sontuoso edifizio . Nel recinto di essa Arena ora sono fabbricate molte čase, coine sopra si e detto, ed altre di minor conto nella parte superiore, che dalli segni che oggidi ancora apparisoono, direi fosse piu della meta sotterrata, e ripiena di terra. Fu fabbricata quest’Arena, al sentire del Padre D. Gabriele Buccellino delFOrd. diS.Benedetto(i) 1’anno 104 di nostra Redenzione, da Q. Petro- nio, il quale dopo aver esercitato a nome delFIm- peratore Trajano molte cariche e dignita in Ger- (t) Nucl. Hist. Universal. mama e altre parti ritornato come nativo in Trie- ste) allaPatria, iece fabbricare questa mole, che poi in ricogniziotie di tanti onori da esso ricevuti, nel suo passaggio per Trieste, quando trionfante dalla Transilvania, Moldavia, e Valacchia, andava a Roma, la dedico allo stesso, come quest’ultime parole delPimpressavi iscrtzione, lo dimostrano. DEDIT IDEMQUE DEDIGAVIT , e il Dottor Prospero Petronio affermando 1 ’istesso scrive : E o- pinione di Mons. Tomrnasini, cbe fossero stati le- vati due marmi da questo Teatro, registrati dal Grutero, che ora si ritrovano in Venezia in časa Michieli a S. Giovanni nuovo, specialmente qnello di Q. Petronio, clie dimostra aver dedicato tal ope¬ ra a Trajano. Sono parole di quest’autore. I/asse- risce anco Grutero (i). Questi marmi con molte al¬ tre memorie d’antichita, furono levati da Trieste, e trasferiti a Venezia 1 ’anno 1509. in časa del N. H. Francesco Michieli. ANNI iao IMP, ADEIANO PAPA SI3TO l Qui ha luogo il martirio de ? Santi Protettori Trie- stini eseguito in questa citta medesima (2). Li pri- (0 Inscript. ant. p. i3g. ( 2 ) Furono queste da me compilate separatamente in libro apposito, e corredate colle immagini de’ me- desimi Santi Protettori. 12.5 mi che diedero la vita per sostenere 1 a fedecris da¬ na furono Primo, Marco , Giasone , e Geliano sot- to il Presidente Artasio al tempo di Adriano Im- peratore 1’anno 120 li 11. di maggio . ANNI 284 IMP. M. AUR. CARINO PAPA CAJO M. NUMERIANO E DIOCLEZIANO Sotto il Prefetto Giunilo fa martirizzato S. Ser- volo al tempo delPImperatore Numeriano 1’anno 284, li 24 di Maggio . ANNI 286 IMP. DIOCLEZIANO PAPA CAJO E MASSIMIANO Sotto 1’Impero diDiocleziano sostennero il Mar- tirio Giustina e Zenone li j 3 Luglio nel 286 dal Prefetto Fabricio. In questo tempo trovavasi in Trieste S. Sergio Tribuno Militare Romano , che gia da lungo tem¬ po vi dimorava , il quale chiamato ad altra desti- nazione dali’Imperatore mori 1’anno seguente per la lede di Cristo nel Castello di Tetafrigio, nel- 1’ Armenia. ANNI 289 124 IMP. DIOCLEZIANO PAPA CAJO £ MASSIMIANO Sotto 1’Imperio dello stesso Diocleziano li 2 . Novembre deli’ anno , il Prefetto Menazio , riferito dal Cardinal Baronio , fece gettare in mare al Zucco con de’ pesi al collo, ed ai piedi il nostro primo padrone, e Protettore S. Giusto Martire . ANNI 3 ia IMP. MASSENZIO PAPA MELCHIADE COSTANTINO MAGNO LICINIO E MASSIMIANO Eusebio, Cassiodoro, ed altri riferiti da Pietro Messia oella Vita deli’ Imperatore Costantino, scrivono che quantunque non fosse ancor battez- zato, beirafietto pero a’ Cristiani , li proteggesse, edifendesse; per i quali favori e grazie fatte a’ suoi servi, assistito e protetto dal Signore, gli ap- parve lina gran Croce di color di fuoco nel cielo , prima di cimentarsi in campo aperto con Massen- zio Tiranno, ed una voce assicurandolo della vit- toria gli disse. In hoc Signo vinces . Vincerai in questo segno . Con si felice annuncio assicurato Costantino della futura vittoria, comando che nel- 1 Imperiale stendardo fosse impressa una croce , l a quale indi in poi elesse per sua insegna. Venuto ijs5 alle mani con Massenzio il settimo anno del sue Impero, assistito dali’onnipotente mano di Dio , ottenne sotto lo Stendardo di essa Croce , senz’al- cun danno de’ suoi, colla morte delPavversario, e rotta totale del suo esercito la bramata vittoria. Dopo la quale entrato trionfante in Roma fu dal Senato e popolo Romano ricevuto con festa, e grand’ onore, e come lor liberatore dalla tiranni- ca servitu acclamato universalmente da tutti, Pa- dre della Patria, e ristaurator della pace, e delia liberta . Acquietate con la sua manierosa pruden- za tutte le turbolenze , e tnmulti di Roma. e ri- dotta e quella Regia in pacifico stato, delibero di consolare subito colla sua presenza le altre Cit¬ ta d’Italia afflitte, e sconvolte, comq scrive Sigo- nio , per la passata guerra . Sotto i gloriosi auspi- cj di questo pio Monarca, godevano parimenti i i Cristiani una pace tranquilla, posciache pacifica- te v e regolate da esso con ordini, e giuste leggi le cosiidi Roma, e delPImpero, per dimostrarsi grato 158 vandosi nella nostra citta di Trieste tante, e si no* bili famiglie delle prime , e piu cospicue di Roma f le quali scorgendo che la vieinanza deir Ungheria, nido dei barbari, rendeva la propria patria del con- tinuo afflitta : mereecche essendo lei porta, e passo delFItalia, era anco sempre la pri m a a sostenere ■e provare la barbarie, e crudeltii digente si inuma. na,senza speranza di alcun soccorso, mentre piu volte dalle lor replicate ineursioni , rimase in bre- ve spazio di tempo ineenerita e distrntta ; av- vertiti dalle passate disavventure , e sanguinosi ac- cidenti, risolsero se non tutti, almeno buona par- tediesse, spinte dal timore di ridursi a peggior stato, d’abbandonarla, e ritirarsi come in luogo si- curo alle accennate lagune di Venezia. Aequietati col tempo finalmente i tumulti, eprevalendo in al- cuni 1’amore delTantica patria, fecero in lei rt* torno. La notizia delle famiglie nobili venete, che par- tite da Trieste andarono ad abitare in Venezia , e iiorirono in quella Serenissima Repubblica , da va¬ ri e Groniche M. S. da me con diligenza particolar- mente raccolte sono le qui ingiuute. Abrami, Al- bani, Albizzo , Antenoreo, Barbamaggiori, Barba- monzilo, Barbamocolo , Barbari, Barbazini, Barba- righi , Barbati, Barbaro, Barbi, Barbolani, Barbo- niani, Barisealdi, Bonicaldi , Basadonna , Ba-sei, o Basilii, Belli, Bernardi, Bocho , Bonči, Bončih, Bonomo , Calbani, Caotorta, Castaldo, Coppo? Gorneri, o Gorneli, Dalorzo, o v vero Orso, Dil°’ renzi, Donisdio , Donzorzi, Giuliani, Longo , MaZ' zaruoli, Mugici, da Muggia, Mulja, Preli, Roi»' i Sg holmi, Pomo, Tornavjsi, Tolonigi, con molte al- tre,che la voracita del tempo cancellando la lor memoria dal Mondo, seppelli nelPoblio. ANNI 460. IMP.Dl OR. LEONE PAPA LEONE I Dl OCC. T. VAL. MAJORIANO Una turma di Alani, uniti di sangue cogli Unni, tna separati di abitazione, ansiosi anch’essi di far saggio delle Italiane delizie, sotto la guida di Beor- gor loro Re, superate le Alpi Giulie 1 ’anno 460. al sentire di Sigisberto, oppare quello del 463 secondo 1 ’opinione d’Ermanno Contratto (1) entrarono nel- la provincia di Venezia, i quali incontrati da Reci- mere Patrizio, ehe repressa 1 ’audacia loro con la morte di Biorgio, li sforzo ritornarsene alle proprie čase. Se la nostra Patria restasse intatta dalla bar- barie di costoro , non pub sapersi, mentre non tro- vo chi lo scriva . Asserisce peraltro il Biondo col Tarcagnota ch’entrati 1’anno 461 per li passi di Trento scorsero con gran furia tutto il Trevisano, il Friuli sino allTstria , e poi rivolti addietro coli’ istesso furore , fossero dal mentovato Raumiro , vi- cino al lago di Garda disfatti, e uocisi. CheBeorgor entrasse in Italia per la via di Tren¬ to , e si volgesse alle parti del Trivisiano , Friuli , ed Istria, paesi desolati , e distrutti poco prima (») Il Muratori Ann. d J It. mette questo fatto 1 ’anno 4 ^ 4 - 16o dali’ inumana barbarie di Attila, per ritornarsene poi indietro , parmi lontano dal vero , mentre con minor fatica, e piu guadagno, Festendersi verso la Lombardia ivi vicina, abbondante d’ogni delizia, offeriva ali’ ingordigia di quei Barbari piu doviziose conquiste. Onde seguendo F opi- nione del Sehonleben direi, clFentrati per le Al- pi Giulie nel Friuli , iridi s’ inoltrassero nel Vero- nese, ove da Racimiro rirnasero disfatti, e rotti. E sentimento di alcuni storici, che questi Alani fos- sero gFistessi, che co’ Vandali, e Svevi occuparono gia tempo la Spagna, ove moltiplicati talmente, che non potevano piu vivere uniti insieme, per acqui- starsi col vitto nuove abitazioni^ venissero a flag- gellare FItalia. Ne cio a mio credere puo accostar- si al vero, posciache se entrarono per Ii passi di Trento, ovvero per le Alpi Giulie ad invadere F Italia, con maggior certezza puo dirsi, che piut- tosto venissero dalla Germania, che dalla Spagna. ANNI 474 IMP. DI OR. ZENONE ISAURO PAPA SIMPLICIO DI OCC. GIULIO NI POTE Appena respirava un poco la citta di Trieste col ritomo di alcune famiglie , venute a ripatriare,e ristorare le sue passate calamita , e miserie , che 1 ’ingorda cupidigia di usurparsi la dignita Imperia- le in alcuni soggetti, accrebbe nuove afflizioni, e miserie, non solo alla patria nostra, ma ancora alFltalia tutta. Giulio Nepote,che scacciato dali i6i Impero oeeidentale 1’anno 4?4* Glicerio, il qnade contento de! veseovafo di Salona lasciotle lihera la Corona. Per Pinsorte iorbolenže delia Franeia tra- vagliata dai Vi si go ti inalzo alta som m a Pre&ttura di tutte le Armi Romane il Gotico Greste , aceio col suo valore, e prudenza rirituzzasse Panike de* Visigoti , ed assistesse a cjaella Provineia; rna tra- lasciato Pinfido Oreste il ca m mi n o di Franeia colP inipresa coirimessagli, s’iovib iti sna vece Panno seguente a Ravenna, o ve con »Uborni nevede iogra- titudine inalzando al trono hnperiale ;i proprio fi- gliuolo Momillo fi) addimandato per ischerna dal volgo Augustolo, levo dal capo la Corona, a elii dopo averlo ingrandito, feee esperimentare deplo« rabili sciagure. Intimorito a ta! nnova Nipote, , insufficiente a resistergli, rieoverossi in Dalmazia, lasciando at fautori, ed amiei suoi , malcontenti tli tradimento si enorme , che per farne la dovuta vendetia, e da- re il meritato castigo ai traditori invitassero a ve- nire in Italia contro Oreste, e suo figlinolo, il re Odoacre eongiunto danimo, e di armi agli Uitni, il quale al parere di alcuni regnava nelPUngheria in- feriore sopra gli Emli, Rugi, e Tureilingi. A si be¬ ta rjovella, raccolse Odoacre da ogni parte unostao (i) Era cbiamato Romolo da’suoi genitori, Forse qtte- sto glorioso notne fu cainbiaio per iseliertio dalbi gente in Momolo, e poscia in Momillo; o pare qua!- che testo corrotto de’ vecthi storici ha irtgannato in ci& i moderni scrittori » Muratori a n nat. d'Italia ann, § 75 . 1 L 'i 6a 10 di barbare genti, ed a guisa di orribil procella con la sferza d’Attila, il cui spirito redivivo aveva nel petto , e nell’aspetio, spiccossi dalle parti aquilonari verso 1 ’ Italia . Arrivato alle Alpi Giu- lie, e superati quei stretti passi, saccheggio con inudita barbarie i nostri Carsi colla provincia deli’ Istria e 1 ’afflitta citta di Trieste appena risorta dal¬ le ceneri, rimasedal suo barbaro furore nuovamen- te incenerita. Indi s’inoltr6 nel Friuli, e tralascia- ta Aquileja da canto, scorse verso Trevigi^ Vicen- za , e poi a Brescia, facendo in ogni luogo esperi- mentare colle fiamme accese il suo sdegno, e col taglio delle spade il suo furore . ANNI 478. IMF. DI OR. ZENONE ISAURO PAFA SIMPLICIO PR1MO RE D’JTALIA ODOAGRE Assegna il Tarcagnota a questa incursione l’an- 110478 (1) dicendo che gli Eruli, e Turcilingi, non potendo soffrire che Attila , per due lagrime del vecchio Pontefice Leone, avesse abbandonata 1’Italia, che gia teneva in mano, passati furibondi 11 Danubio portaronsi di nuovo sotto la scorta di Odoacre lor capitano, e Re alla rovina di quel bel Regno . Consapevole Oreste, che Odoacre qual ful- mine inceneriva e distruggeva ogni cosa, andollo ad incontrare; ma derelitto dai suoi nei confini di > ( 1 ) Il Muratori, a quello del 4?®* 163 Lodi, si ritirb in Pavia, che espugnata dal fiero O- doacre, divenne miserabil preda di quei barbari Sciti, ove con la morte di Oreste, sparse dei Sol¬ dati Romani un mare di sangue. Riempi la preša di Pavia di terrore e di spaven- to non meno 1’Italia, che gli eventi sinistri delle gquadre del padre,il timido cuore d’Augustolo, che al sentire del Tarcagnota, depostala porpora, e rinunciato 1’Imperio , ricoverossi in Lucullano. Benche Puteano con altri autori scrivono, che Ro¬ ma stessa, non egualmente sollecita del suo Prin¬ cipe, che di se stessa, prima di sperimentare Odoa- cre nemico, lo riveri vincitore, e per placare la sua crudelta , offeri alla sua clemenza quel picciolo Au- gusto, che esso poi rilego fra le delizie di Lucullo in Gampagna . E ricusato ( scrive di Roma il preci- tato Puteano ) Odoacre come vile ed abbietto il ti- tolo d’Imperatore, fecesi chiamare primo Re di Ro¬ ma, e deli’Italia . Gosi dunque 1’Imperio Occiden- tale giunse veramente alboccaso, il quale riconob- be in Augusto il grande i suoi telici natali, e nel picciolo Augustolo il suo lagrimevole fine, le cui norme molti anni dopo segui 1’OrientaIe, che al Magno Costantino attribuisce il principio di sue grandezze , ed a Costantino undecimo, 1’ultimo crollo delle sue glorie . ANNI 49, IMP. DI OR. ANASTASIO PAPA FELICE III RE D’ ITALIA ODOACRE Ritornata appena a respirare dalli passati infoE- 164 tunj sotto il governo del Re Odoacre, che quattor-» dici anni pacifiearnente regno nell’Italia, col ritor- no di alcuni suoi cittadini la nostra tribolata citta di Trieste ; quaudo 1’anno 491 nuovo turbine mi- nacciolle nuova tempesta. Si offerse a Zenone Im- peratore delTOrieme ( 1 ) con pieta non ricercata Teodorico Re de’ Visigoti, che vago di gloria , van- tossi di liberare dalle mani degli Eruli 1’Italia. Ot- tenuta da Zenone la grazia, si mosse con rnaggiore sforzo di sue bande de’ Goti, animosamente dali’ Ungheria sua patria . AH’ intrapreso eammino di Teodorico s’ oppose, al dir del Biondo, Strapilia Re de’Gepidi , oppure Trassilla , come lo addiman- da Paolo Diacono, che contrastandogli il passo con Bussari Re de’Bulgari, rimasero ambedue al primo incontro dal suo valore superati e vin ti, scorren- do poscia per laGiapidia, eGarso passati gli stretti passi delle Alpi Giulie , fermossi per ristorare l’e- sercito dalle passate fatiche vicino al fiume Isorizo, ove poi fu fabbricata Gradišča . Presentita Odoacre la sua venuta, si oppose con numeroso esereito de’suoi Eruli, ed Italiani al suo furore; pervenuto indi a poco nel luogo stesso, ove trattenevasi Teodorico, per rinvigorire 1 suoi, si comincio la battaglia, in cui finalmente dopo fiero e sanguinoso conflitto, rimase vinto Odoacre, e vincitore Teodorico. Per assicurarsi del passo, e le ( 1 ) L' Anno 4^8 ‘Teodorico otlenne da Zenone di portarsi in Italia contro Odoacre. Si pose a marcia- re verso 1’Italia P anno appresso 4®9‘ Mura tori. Annal. d’ Italia . 165 fpalle pria di eeguire il nemico, fabb/ico la Rocca di Monfalcone , munendola di valido presidio de’ Goti ; indi poi partito cori intrepidezza rnaggiore , intraprese il corso delle sue principiate vittorie , mentre tante volte rimase perditoreOdoacre,quan- te con lui combatte Teodorico; sin che in Raven- na lo fe tagliare a pezzi col figliuolo”, e principali di sua nazione, con istabilirsi deli’ Italia in mano lo scettro, e la corona in capo , assegnando ali’ a- vanzo degli Eruli quella parte del Piemonte con- tigua ad Augusta Pretoria, per loro abitazione • ANNI 4 9 3 IMB.. DI OR. ANA9TASIO PAPA GELASIO I RE D’ITAL. TEODORICO La morte di OJoacre , seguita, secondo 1’opinio- ne comune, 1’anno 4q3. lascio a Teodorico il paci- fico possesso non solo di tutta F Italia, ma della Dalmazia ed Istria insieme , che rese a lui sogget- ta ne’ tre anni delP assediata Ravenna, con Odoa- cre, a cui come Capitano mandato da Zenone, re- aero ubbidienza tutte le citta, fra le quali anco la uostra di Trieste applaudi le sue gloriose vittorie. Trasferitosi poi a Roma, fu. introdotto in essa co’ soli applausi de’trionfanti, e per le doti riguarde- voli, e gentilissimi costumi di questo Principe , a- dorato da tutti, con segni di letizia venne accla- mato Re di Roma, e delPItalia. Onde divenuto Ro¬ mano nelFabito, nella favella, e nelle leggi, fece- »idi due popoli, e due linguaggi un popolo solo, ed i66 un linguaggio, in cui lattneggiando la barbarie, e barbareggiando la latina , nacrjue la bella lingua I- taliana , che stendendosi anche nella patria nostra, resta oggidi ancora in essa erede, quantunque al- quanto corrotta . Se con le maechie deformi deli’ Arriana eresia non avesse annerito Teodorico secondo Re d’Italia il candore di sue pregiate vir tu, che a guiia di ri- splendenti stelle illu9travano il bel sereno d’un animo liberale e generoso, meritamente potrebbe- si annoverare fra’Principi piu ragguardevoli di glo- riosi eneomj . Illustro i principj del suo regno con azione degna di lode, e con cui cattivossi la bene* volenza de’sudditi, mentre scorgendo, che da’ pas- sati disastri sostenuti pel corso di anni cento e piu dalla barbara crudelta di nazioni diverse, che va¬ ganti per 1’Europa, depredando colle fiamme e col ferro le Italiane delizie, quasitutte le citta deli’ afflitta Italia e ran o atterrate, e distrutte, e rimaste senz’abitatori; prornulgo un generale Editto, col quale obbligava i suoi cittadini a riabitarle, moti- vo che indusse molti a ritornare alle loro a bb a n do¬ li a te čase • Inoltre applicossi con ogni sollecitudi- ne a riparare le fabbriche diroccate piu maestose di Roma gia mezza di9trutta, riducendo il Campi- doglio, il Palazzo, le mura al suo antico splendo- re . Ne solamente Roma fu dalla sua liberalka pro- digamente favorita, che anco molte altre citta, e luoghi principali d’Italia, sue cempagne negli ac- cennati infortunj, volle partecipassero colPistessa gli effetti della sua liberalka, e munificenza. Ra- venna eletta da Teodorico per Reggia fu da lui a- 167 dornata dl sontuosi edifizj, e parimenti Modena, e Pavia. Cinse di mura Padova gia rovinata da At- tila, e pid di 60 anni restata deserta. E per assi- curare 1’Italia dai barbari insulti, fortifico la cit- ta di Trento, e ne’ eonfini di Aquileja fece edifi- care sopra i Carsi il castello di Varucca, chiamato al presente la Rocca di Monfalcone, per difendere il passo di Trieste . Trieste ancora tutta giuliva e festosa sotto il governo prudente diTeodorico, si vide dalla sua splendidezza, con nuovi edifizj , e sontuose fabbri- che ristaurata, e risorta ; mentre di nuovo ri a bi ta¬ ta da molti snoi cittadini, che fuggendo 1’umana barbarie de’ Seiti, eransi ricoverati gli anni addie- tro nelle lagune della provincia di Venezia, ani- mati nuovamente non msno dalle generose pro- ferte di questo Principe, che allettati dali’innato amore della čara patria, per non mancare a se stes- si,eda lei, abbandonarono quelle lagune, ritor- nando a ripatriare, e riparare le diroccate čase, co- gli altri edificj, e specialrnente le chiese, con tan- to maggior applicazione, quanto Pardente desiderio di vedere restituito alla propria citta Pantico splen. dore perduto, spingevali con intense brame' a per- fezionare senza risparmio di spese a gara Puuo delP altro gPintrapresi lavori. ANNI 53S IMP. DI OR. GIUSTINIANO I. PAPA AGAPITO RE d’iTALIA TEODATO Giustiniano successore nell’ Impero a Giustino t68 ssio zio, presen ti te ehe Teodato Be d'Italia ,avesge a tradimento fatto niorire Amaiasunta alla protezi«- ne Ji esso Imperatore commessa, e per la sua per* iidia fosse anco malvisto dai Goti, giudicd opportu- ua ©ccasione per tiberare 1’afflitta Italia dal Barba¬ ro giogo e tiranaia de’ Goti. Spedi senza dimora am- b&seiatori a gaei Re col proporgli o la restituzione (deli’Italia , o Pintiniaziene della guerra, il q«ale con. la negativa della p rima s , addossb la seconda . A1P avviso di tal ris posta Giusliniano , ehe per le riportate vittorre de’ suoi ca pitani fatto celebre e temuto al Menda, accrehbe g lori« s o Piincipiato ali’ Impero, e siniuui de'suoiavversarj la s ti m a , invio inoontaneate Pati no 535 Belisario maestro de’ca- Y aferi col suo esercito in Sicilia, e Monde ancor- ebe Goto, parzial issimo pero della fazione imperia- le in Dalmazia, il gnale dopo molte vittorie, e glo* riosi trioufi ottenuli centre i ueraici, guantungue viiicitore, rimase finalmente morto, Costanziano do« mea prode del defcnto Monde sultan trd con D nove gen ti tFordine deli’Imperator« a quelFitn- presa, Quesii rotle e disfatte co’Goti ahre bar* bare nazioni a 3oro uniie, e ricuperata iin’altra 'volta'Salona alla fine assoggetto la Dalmazia , e la Liburni®. Ed sadi estemlendosi nella Giapidia, e neiristria, serive Sehonleben cbe s^mpadreoisse di esse. Ne m čredo allontanarmi dal vero, se a tjuelle aggiuguerb ancora Trieste, di tanta conse* gueaza, e cosi itaportante per il passo d’Italia, al- la «f«ale as pira v a F Imperator« , cbe per ricuperar- la intimo a Teod&to la guerra. Ne devesi ( prestar fedc ad en MS, di Lubiana, con; e anco osserva il 169 Schonleben , che contro 1 ! opinione comune degU scrittori, asserisee passasse Belisario il Gragno col- le Alpi Giulie,per venire in Italia, cosa ridicola in vero, mentre tutti gli autori affermano, ch’e- gli ando per mare in Sicilia, e non per terra. Scacciati da Belisario i Goti dalla Sicilia, e pre¬ ša a viva forza la Real citta di Napoli, per la qual perdita, oppressi da orribile spavento i Goti, eles- sero per loro Re Vitige; quautuuque di sangue o- scuro, cliiaro pero di farna; che col suo valore con- servo a Teodorico la corona, e la fece levare col capo a Teodato. Tutto sollecito alla conservazio- ne del Gotico Regno, raccolse Vitige in Ravenna delta Germania e Francia fra pedoni e cavalli j5o mila soldati, co’quali s’invio verso Roma, per opporsi alle squadre ostili di Beiisario . Contesero molte fiate in campo questi due valorosi atleti, or vittorioso uno,or vinto 1’altro, sinche finalmente abbattuto e vinto Forgoglio de’Goti dalla cos.tan- za di Belisario, eadde in suo potere Ravenna, e Vi¬ tige gli divenne schiavo, il quale condotto vivo a Bisanzio donollo a Giustiniano, che compatendo il caso , ed onorando il suo valore , gli dono colla vi¬ ta un comando nella Persia . ANNI 540 Mi*, DI OR. GIUSTINIANO I. PAPA VIGILIO Totila, che 1 ’ anno 540 (S comun consenso fu cletto Re de’Goti, il quale al parer di Aventino, ed altri šali dal governo di Trevigi al Trono d’Italia ? 170 o come scrive Schonleben, che spinto dalla cupidi- gia di onore e di roba, e dall’invito degli altri Goti angustiati, e depressi dalle armi di Gesare, si por- tasse dali’Ungheria in Italia . L'occasione della venuta di Totila nell’Istria, apporto nuove rovine alla citta di Trieste, posciache l’essere custodita da’Greci a nome dellTmperatore la necessito a pro- vare la barbarie de’Goti, tante altre fiate da loro incenerita e distrutta. L’anno di questo passaggio di Totila nelPIstria, rendesi difficile l’assegnarlo, mentre nel riferirlo sono cosi discordi fra loro gl’istorici, che apportano non minor noja, che con- fusione aicuriosi. Quello del 527 non puo essere, mentre ancora regnava Teodorico in Italia, a cui prima di Totila successero nel Regno Teodato, Vitige, Ildobaldo, ed Antarico . Onde senza verun fondamento il MS. di Lubiana , come osserva Schonleben, gli attribuisce quest’anno. Ne all’an- no 547 assegnatogli dal Marulo, e Dioclate pub at- tribuirsi il suo passaggio in Italia , mentre quel- lo del al sentire dello Spondano, ovvero come scrive Leone Ostiense, quello del 543 mori s. Be- nedetto Abbate, del quale scrive s. Gregorio , che riverito da Totila, con ispirito profetico gli predis- se: La sua venuta in Roma , il di lui tragitto del marc, e dopo nove anni la morte. Fondamenti che dimostrano quanto errassero i suddetti autori; ;on- de conchiuderemo seguendo 1 ’ opinione del Schon¬ leben , che fosse quello del 540 , ovvero 541. ANNI 548 j 7 i IMP. GIUSTINIANO I PAPA VIGILIO EE D’ ITALIA TOTILA Nuovo infortunio appresso a tanti altri accrebbe- ro i Sclavi alPimpero , ed alla patria nostra, l’an- no 548, che scorgendo le cose Romane ridotte a mal termine, sicuri da ogni contrasto , per le ab- battute forze delPImperatore, passato il Danubio inoltrandosi nelPImpero , dopo rotto 1 ’esercito di Cesare presso Adrianopoli, scorsero con gran cru- delta 1 ’Ungheria, Dalmazia, e Giapidia , occupan- do buona parte di esse, ove stabilita la loro abita- zione , che nominata col norae di propria Nazione, la chiamarono Sehiavonia, come ancora di presen- te viene addimandata . Furono questi Sclavi popo- li settentrionali, venuti anch’essi dalla Scizia, i guali fermati lungo tempo prima nella Boemia, Moravia , Polonia, e Moscovia , corsero un’ altra volta al tempo di Giustino nelPIstria . ANNI 55 o IMP. DI OR. C.IUSTINIANO I PAPA PELAGIO I RE D’ITALIA TOTILA Circa questi tempi ancora , dopo la partenza di Belisario dalPItalia, scrive Paolo Morosini , Che la citta di Venezia fu non poco travagliata dalle depredazioni de Dalmati j ed Istriani f (j uti ti mossi da invidia contro la nascente citta , o persuasi da i7 a Trieslirii impažienti detla sua vicinanza , e malto piu del suo ingrandimento , nori lasciavano con incursioni continue d'’inquietarla } e non poco dan. no, e pregiudicio apportarle . I Veneziani percio pošto insieme buon numero di vascelli si risolvero- iio di perseguitarli , e coinbatterli , come con felice vittoria e buon augurio della futura grandezza succedette di conseguire . Sin qui quest’ autore il- quale non so ove fondato dicesše, cbe ad istigazio- ne de’nostri Triestini sin a quel tempo, elie fu cir- ca 1’anno 55o venisse travagliata la citta di Vene- zia dagristrlani, e Dalmatini , quando cio non se- guisse a causa della navigazione del mare . ANNI 55a IMP. DI OR. Gl USTI NI ANO 1 PAPA V1GIUIO RE D’lTALIA TEJA Serive Procopio 1’ origine de’barbari, che* rieer- cando Totila ogni mezzo possibile, per travagliare da piu lati l’Iinperatore, accio iinpiegato con a!tri non impedijje a lui i gia incominciati progressi- iielPItalia. Sollecitb la Scizia i Sclavi, quai esten- dendosi nella Macedonia, Traeia, Dalrnazia , Car- niola , ed Istria , apportarono de’ mali insanabili . Questi Sclavi al sentire del Tarcagriota furono gli stessi , che al tempo di Giustino affiissero 1’ impe- ro , i quali stabilita la loro abitazione in queiie Provincie , sparsero il loro idioma in esse, ove & tempi nos tri ancora usasi il comune , e medesimo linguaggio Sclavo , quantunque alquanto corrotto tliverso l'ra loro . Scorgendosi contro Tlmperatore dne cosi fieri e potenti nernici , in Italia uno , e 1’ altro fuori , spe- di contro Totila Narsete eunueo, soggetto di som- mo valore , provvisto di valorosa gente E^ruli , Un- ni, e Longobardi, co’ quali arrivato in Dalrnazia , per essere piu spedito e pronto,-colle navi Vene. te, 1’eparte di essi tragittare a 1 le rive d’Italia; e ia mila Longobardi confederati seco, tenendo la via piu breve per La Giapidia, ed Alpi Giulie , scrive Schonleben , cbe 1’anoo 5Ca posti sulla flotta na¬ vale ad Acjuileja, o Trieste, eil accoppiati ai Roma- ni approdarono a Ravenna . Narsete , che anclTegli la prirnavera era giuulo in Ravenna, presentito che Teja Capitano di Totila , spedito dal suo Re , per impedirgli i progressi , con numeroso stuolo di cavalli era arrivato in Verona , mandolle contro , il rnese di luglio, la cavalleria Longobarda , la quale pervenuta senza contrasto felicemente a Brissello, s’estese poi ne! i 5 armigiano, e Piacenti- no, con danno considerabile di quel paese . Irrito tale avviso si fattamente il bero Totila , che deri- dendo un imperfetto avversario , piu idoneo a guardar serragli di femmine , che comandare , e guidare eserciti , confidato nel valoroso ardire de’ suoi Goti senz’aspettare le genti di Teja da lni chiamate in ajuto , si parti da Pavia , e con eroico ardire, quantunque si vedesse nella cavalleria in- feriore al nernico, ando ad incontrarlo, e gli pre¬ šerno la battaglia , la qual fu con intrepidezza da Narsete accettata. Totila tutto collerico attaccb con arditezza i Loneobardi, e dopo mol te prodezze ■delPuna^ e Taltra nazione , seguite nel sanguinosa i?4 conflitto, resto fiaalmente nell’ anno 55a con rot- ta , e perdita del proprio esercito , abbattuto , e morto, e con esso la maggior parte de’ suoi , come scrivono tutti gl’istorici, ed il decimo anno del suo Regno, conforme la predizione a lui fatta dal glorioso Patriarca S. Benedetto . ANNI 556 IMP. Dl OR. GIUSTIITIANO I PAPA RE D’ ITALIA ALBGINO Tralasciate le favole , con le cose poco fondate da canto , delPorigine della citta di Giustinopoli , or addimandata Capodistria ; diro benche fondata da Colchi , non essere anticamente cosi celebre , come la de3crive Nicolo Manzuoli, la quale oltre 1’ essere fondata da Colchi , addimandato 1’ autori* ta di Plinio , asserisce fosse anco colonia de’Ro- mani: benche Plinio mai 1’addimandasse colonia , ma solamente terra o castello, che tanto ci addi- tano le sue parole addotte dal Manzuoli in suo fa* vore . Oppida Istriae Civium Romanorum jEgidia, ( cioe Capodistria) Parentium, ai quali poi soggiu - gne : Colonia Pola. Posciache se fosse stata colo¬ nia, non 1’avrebbe annoverata inter oppida Istria' come fece Trieste e Pola dallo stesso chiamate colonie , e non castelli, o terre. Per togliere adunque qualsivoglia equivoco , e levare ogni ombra di dubbiezza, accio con la cer- tezza di una verita spassionata , resti [appieno sod- disfatto chi legge; il piu accertato parmi accorda. 175 re i tempi, da’quali dipende 1’intelligenza della verita , e coli’ addurre 1’ opinione di alcuni , ren- der chiaro eio che essi senza tale riflessione scris- sero molto confuso, e poco accertato . Scrive An- drea Dandolo, che la gente delPIstria, afflittadalle incursioni de’barbari, si ritiro 1’ anno 5ai nell’ isola Capraria, ora detta Capodistria , ove fabbri- cando čase , ed abitazioni , formarono quella citta. Gio. Tarcagnota appoggiato a questo testimonio del Dandolo scrive anch’egli . ,, Che l’anno 522 „ mori Giustino avendo nove arini retto ottima- „ mente 1’Impero. Nel suo tempo si legge, che gli ,, Sclavi popoli della Sarmazia ( altri dicono della j, Scizia ) passando il Damibio, corressero fin sull’ ,, Istria, facendo per tutto danni ; e che spaventa- ti pereio gristrij nell’ isola che chiamano Ca- ,, praria fuggissero , imitando i Veneziani, vi edi- ,, ficassero una citta , che in grazia deli’ Imperato- ,, re , chiainarono Giustino Poli . Altri vogliono , „ che per ordine di Giustino stesso i principali uo- ,, mini delPIstria, per loro sicurta quivi questa „ citta edificassero , e la chiamassero pereio di ,, quel notne „ . Sin qui il Tarcagnota . Quanto traviasse dal vero quest’ autore col Dandolo, e Manzuoli, oltre le ragioni addotte , il fabbricare d’ ordine di Principe straniero una citta ne’ confini delPItalia , in sito, e passo cosi geloso soggetto al Re Teodorico , rende anco totalmente improbabile, ch’ egli in tal tempo permettesse tal fabbrica co- me serissero questi autori. Gonchiuderemo dunque , che Giustinopoli non fu riedificata, e ridotta in forma di citta al tempo 176 di Giustino il vecchio , rna in quel!o di Giustino secondo , figliuolo di Giustiniano, ovvero suo nr- pote , nato al sentir del P. Fiorelli da una sna fr* glia, la quale secondo il Tarcagnota, Rieciolio, ed altri, fu assunto alPImperio Panno 556, e reg na ra¬ do lo stesso . Approvasio maggiormente il mio dire Pingiurite parole del Manzuoli : ,, Ma iB anni in- „ nanzi 1’avvenimento del Signore il scoglio qna- ,, si tutto ripieno di alberi, a riabitarsi da pastori ,, fu incominciato, e fattevi rrvoits abifcazioni, lir la ,, citta come prima dai latini Egida, e dagli Schia- ,, vi Copra oorrairaata . L’anno poi delta no-stra sa- „ iute 44 popolo di Capodistria , dal vero lume „ celeste illuminato, Iasciate le idolatrie , alla ve* ,, ra, ed uniea fede di Gesu Cristo Signor Nostro „ si converti, ed in quel tempo si fabbricb la ch-ie- >, sa cattedrale innome di MariaVergine„.Poscia- ehe se lo scoglio era silvestre, e pieno di alberi, quando Plmpero Romano nelP auge di sue gran- dezze godea somma tranquillita , come pub egli as- serire , cbe fosse riedifieata da Giustino , mentre non trovasi autore , ehe seriva , cbe prima di Giu¬ stino fosse distrutta? Ne punte suffraga al Mara- znoli cio cbe poi soggiunge : „ Distrutta di novo ,, da’Visigoti PIstria, e Capodistria iosieme , ura „ certo tempodopo alcuniGiustiraianidei saagne di j, Giustiriiano Imperatore di Gostaratinopoli", seae- ,, ciati da’Greci da una Gasa de’ Belli potenti ven* ,, nero nel golfo Adriatieo, e rinovarono Capodi- „ stria, epercheil conduttoreavea nome Giustinia- 55 no, fu ehiamata di nuovo Giustinopoli; ma de¬ jo po la venuta di Attila , Flagellum Dei* fu ab- *77 ,, bandonato il luogo , ed essi Giustiniani si parti- ,, rono andando cbi in qua , chi in la, e poi furono ,5 fatti nobili Veueziani. Li due addotti testimoni del Manzuoli eonten- gono a mio creilere non minor diffioolta delle pas- sate . Posciache se da pastori fu incominciata a riabitare Gapodistria, incredibile parmi, cbe quat- tro villani potessero lormare una citta nel tempo da esso assegnato , mentre Plinio vicino agli stessi tempi P addimanda solamente Oppidum Romano- rwn 5 e Tolomeo quantunque faocia menzione della Foče del Formione, mezzo roiglio da lei distante, tralascia di nominarla. IFasserire anco che eirca Fanno 44 s ' fabbricasse la sua Cattedrale, le ragio- ni addotte lo rendono assolutamente improbabile. Come pure che fosse distrutta dai Visigoti, e poi rinovata da alcuni del sangue di Giustiniano, i quali dopo la venuta di Attila abbandonato il luo¬ go , si ritirassero in Vetiezia, leva ogni credenza al Manzuoli, mentre Attila Fanno 45.2 invase Pltalia, e quello del 5 *7 . Giustiniano fu assunto ali’ Irn- pero . Eriore cbe non ammette 1’attribuire a’con- giunti delio stesso, la ristaurazione di Gapodistria-, ne 1’ abbandono di essa per la venuta di Attila iu Italia . Gonehiuderemo dunque col Biondo, e con altri, che al tempo di Giustino II., e non del pri mo, coneorse,e ritirossi la nabil ta, di tutta la provincia delPIstria, in questo sito naturalmente forte , co¬ me in Inogo sicurissirno da ogni ineursione de’ba.r- bari, e quivi dessero priucipio a questa citta, ad imitazione delle altre famiglie, che oppresse, ed 'it 78 afflitte dalla barbaric loro , abbandonate le proprie čase e sostanze, si ricoverarono nelle lagune di Venezia,e stabilirono gli anni addietro sopra quel- le paludi le prime fondamenta di quell’ alma Citta. Oppure come serivono altri, che per aderire agli ordini Imperiali del menlovato Giustino, la nobilta Istriana , addottrinata dalle passate sciagu- re, ivi concorresse per assicurarsi, e con fabbriche, ed edificj desse principio alPingrandimento di Ca- podistria, in grazia del quale Faddimandassero col suo nome Giustinopoli. Risplendono oggidi ancora in Capodistrid divef- se famiglie nobili originarie della nostra colonia e citta di Trieste, che con altre al presente estinte ricoveraronsi allora in quesfTsola, come in luogo piu sicuro della propria citta, i quali conservano ancora quell’ antico e glorioso splendore del san- gue romano, di cui la nostra patria al pari di qua» lunque altra provincia fu fatta partecipe e spe- cialmente la citta di Trieste. Pra le famiglie nobi¬ li di Gapodistria descritte dal Manzuoli ritrovansi le seguenti di Trieste, alcune in ambedue le citta a* giorni nostri estinte . Queste sono PApollonia, Argenta, Baseja, Barbi, Belli, Bonči, Elia, Fini, Milano, Orso, Peregrini, Petronia, Teofania# Rizzi. ANNI 56S IMF. m OR. GIUSTINO I. PAPA CIOVANNI Ut Alcuni Romani, invidiosi delle riechezze, edell* *?0 gloria di Narsete, ambivano piuttosto, secondo os-» serva il Dandolo, essere coi Barbari, che con Narse¬ te . Poseiache, dopo aver egli colla sua prudenza e valore vinti e superati i Goti, e scacciati dal- 1’Italia dopo due gloriese vittorie i Francesi, final- mente colPajuto de’Longobardi allontanate dai suoi eonfidi tutte le barbare nažioni, liberandola dalle loro moleste incursioni, gli facea godere i frutti di una felice trariquilliia . Applicossi tutto al governo politico reggendola non men pacifica, che giustamente, quando 1’ aono 555 per la mOrte di Giustiniano salitd al irono Imperiale Giustino suo nipote, servitisi di questa occasione i suoi e- jnolij soffiarono si fattamente nelle orecchie di Augusto, e piu di Sofia, che giudicando questa opportuni gli avvisi dei Romani, per isfogare Fan- tico odio concepito contro Narsete, con finti e pal- liati pretesti opero tanto presso il marito, che per- duto il concetto, che Gesare teneva delPincorrotta fede del Ministro, lo privo della dignita di Prefet- to col richiamarlo a Costantinopoli, sostituendogli fiella carica Longind assai accreditato soggetto. ANNI 568 1MP. DI OR. GIUSTINO II. FAPA CIOVANNI III. Tollerb con gran costanza e magnanimo cuore Narsete il colpo . Soltanto aleune parole espresse Contro di lui da Sofia , gli trafissero Panimo; mentre il sentirsi rinfacciare da una donna, che »el SerragUo lo ayrebbe applicato a filare per bar i3o tela colle altre femmine a eni era piu atto, obe a govemare, puri s e talmente ranimo del valoroso Eunuco, scorgendo le sne gloriose operazioni con. is' herno cosi ingrato riconoseiute, che rispose ali’ Im per.at vice : lo jprocurero di or dir e una sijfatta te¬ la, che mal si potra sciogliere . E per comporre la premeditata tela, fingendo portarsi in Greeia, si trasleri infuriato a Napoli, ove alla tessitura di es- sa non seppe trovare artefice migliore della bar¬ bara crudelta de’Longobardi, e d’altre nazioni set- tentrionali. Teneva egli stretta corrispondenza ed amicizia con Alboino Re di que’ barbari, il quale invito a tralasciare le povere eampagne deli’Ungberia , lo spazio di anni 42 . gia da loro abitate , e venire a godere i dolci vini, e delicati frutti deli’ Jtalia, la quale tutta offeriva al suo Dominio, assicurandolo con poca fatica di farlo padrone della piu preziosa parte del Mondo . I Longobardi, ehe al dire di Em- manuel Tesauro , tal cognorne aequistarono da Lang-Barden , che- significa lunga barba, ovvero lunghi capelli, come pure li descrive Paolo Varne- frido: col capo raso, e dne lungbe ciocehe di capel¬ li pendenti di qua, e di la del viso ; che gli rende- ■va orribilissimi Non ispiacque 1’invito ad Alboi- no, il quale tralasciati agli Unni , fatti gia suoi amici 1’anuo 568 li terreni attualmente posseduti da’ Longobardi,- con patto di restituzione , ogni qualvolta che dali’ Iulia ritornassero addietro. Si paru il primo di Aprile, giorno della seconda festa di Pasqua, per elFettuare tutto ansioso le hrame macchinate da Narsete . i3i ConAlboino unironsi 200 mila uomini, clie seco conducevauo mogli, figiiuoli, e bestiami, fra’ qua- li 20 mila Sassoni, e con qu.esti per il vareo ordi- nario de’ barbari, che sono la Giapidia, il Carso , e le Alpi Giulie, inviossi alla volta d’Italia . Le ro- vine apportate da questi barbari alla GittadiTrie- ste in tale occasione , quantunque non trovinsi scritte, čredo non fossero inferiori al le altre passa- te,mentrela barbarie e crudelta de’ Longobardi non fu inferiore, ma supero di gran lunga quella deGoti, e di altre nazioni. Arrivato nel Friuli sen- za snudare spada,- ebbe i! dominio di quella Pro- vincia, ove per 1’aria sal Liber ritna., qualita del pae- se, ed importanza del passo, lascio con titolo di Dača Gisulfo sno nipote, giovane di rare virtii, e spirito sublime, acclamato percio dagli abitanti medesimi per loro signore . Essendo che la prima dignita dopo la persona reale era venerata da’ Lon¬ gobardi col notne di Dnca, e quindi la Provineia del Friuli ebbe il pregio del prirno Dncato d’Ita- lia. Scrive Paolo Diacono, col Dandolo, che Alboi- no prima di entrare nel Lazio šali per contem- plarlo la sommita di un monte, il quale per tal causa chiamossi Monte Reggio. Onde varie sono le opinioni de' moderni nell’assegnare il sito di tal Monte . Volfango Lazio seguito da Scbonleben , e Filippo Ferrario asseriscono che fosse il Monte Vo¬ gel, ove risiede il eastello Kunigsperg, pošto nel cammino fra la citta di Petovia, e la provineia di Cragno . Quanto lontani dalla verita sieno questi antori, lo dimostra la moltitudine de’ monti, posti i8a nel mezzo fra 1’ Italia , e dettp Vogel, che impedL scono ogni immaginabil veduta di essa . II Sehon- Jeben parimente asserisce, che Faccennato Monte fosse Fantiča Giapidia, confinante colla Liburnia, e moderna Carniola, vicino a Grubnick , fra la cit- ta detta Fiume di S. Vito, ed il Porto di Buccari, il quale chiamasi in lingua Sclava Kralevi-Verch che nelFitaliano significa Monte Reggio, dal qua- le oggidi la regione a lui vicina s’ addimanda Era- leviza. E Francescp Palladio, non so sopra qual iondamento appoggiato, scrive che Alboino dopo assegnato il Governo del Friuli alNipote, si porto alla sommita di un monte , e tutto quello spazio di terreno, ehe puote d’ogn’intorno scuoprire col- Focchio, lasciasse alla cura, e governo di Gisul- ibjicui termini furono la lunghezza del piano, che abbraccia dal fiume Livenza a quello deli’I- sonzo , e dal mare Adriatico al monte Croce nella Carnia in larghezza. La circonferenza poi de’ mon- ti abbracciava quelli del Norico mediterraneo, che ora e parte della Carintia, e piegando verso F A- driatico, sino al Madalino delFlstria, bagnato da quel mare, racehiudeva in se anco la nostra citta di Trieste , la quale rimase soggetta a’ Longobardi sotto il dominio di Gisulfo primo Duca del Friuli ■ E quindi successe in ogni tempo , come osserva Nicolo ManZfUoli, che tntte le guerre di quella Pro- vincia furono cornuni alFIstria , correndo sem- pre questa Provincia gFinfortunj, e la fortuna del Friuli. Presentita Paolino Vescovo d’ Aquileja la venu* *a de’ Longobardi in Italia, raccolto il Clero, e 1® 183 sacre reliquie, col rimanente del tesoro di quella Chiesa, si ritiro nelPIsola di Grado, ,ove stabili nelPavvenire la Sede Vescovile, col chiamarlanuo- va Aquileja. I Vescovi seisraatiei, fra’ quali anche il nostro di Trieste, aderenti di Paolino, scorgen- dosi Acefali senza pastore , e capo che li reggesse, perche alienati dalla Chiesa Romana, elessero il mentovato Paolino principale fra gli altri Ve¬ scovi di quel partito, invece di Papa, e Prelato supremo, chiamandolo nelPavvenire non piii col nome di Vescovo, ma di Patriarca . Arrivato Longino in Italia l’anno 568., entro con nuova forma di governo in Ravenna, eletta da lui per sua residenza; facendosi chiamare Esarco, che significa Generale , o Comandantc supremo di cio che PImperatore delPOriente possedeva in Italia . Qual titolo abbracciarono poscia gli alti'i suoi successori destinati dalPImperatore alla Pre- fettura medesima. Antecedentemente pero alla di lui comparsa licenzio Narsete gli eserciti, e cede il govorno $ accio conoscessero i suoi emoli, che se con gran costanza aveva protetta e difesa P Italia , con altrettanta generosamente rinunziava la cari¬ ca . E benche per vendicarsi del rieevuto oltraggio invitasse Alboino co’ suoi Longobardi alPinvasio- ne delPItalia, a’preghi pero del Papa tutto placa- to, e pentito, procuro alla fine impedire la sua ve- nuta, quantuuque la cupidigiadel barbare gli chiu- desse talmente le orecchie, che ricuso ascoltarlo. Pritna pero delParrivo di Alboino in Italia, op- presso dal dolore, o d’ altra infermita Narsete ret' 134 ge P anima al Creatore. II di lili c^davere con so¬ len ne pompa fu trasferito a Costanfinopoli. Quanto operasse Narsete sollecitato dal pietoso zelo di Pelagio Somrno Pontefice contro gli Scisma- tici, per mnncanza di chi lo sorivesse, rimane al- Poscuro . Credesi peto clie a sna persuasione mol- ti di quei Veseovi separati dalla Chiesa abjurasse- ro lo Scisma, e reeouciliati col Papa, si unissero di nuovo alla Claesa Cattolica , come membra al suo capo . Tra’ quali fu Paolino Vescovo d’Aqni- leja, il quale dopo trasferita iaGrado la Sede, av- vedutosi di aver troppo fomentate le dissensioni della cristiana religione; rirnesso in tutto alPobbe- dienza del Pontefice, vivendo il rituanente di sua vita con vero esempio di santita, dopo aver go- vernata quella Chiesa il corso di anni 12 . P anno 5 70 5 rese P anima al Creatore . ANNI 5 ? 4 1MP.DI OR. GX USTI N O II ETIBERIO PAPA BENEDETTO I RE 0* ITALIA CLEFO Presentita Giustino Imperatore Pinvasione dei Longobardi in Italia,coi progressiche in essa fa- cevano, ordino la fortificazione , con validi presi- dj di alcuni luoghi di considerazione, nelle fron- tiere , e passi j accio ritornando quei barbari alle patrie loro , non molestassero 1’Irnpero Occidenta- le.Fra quali fu nelPIsola Capraria, la citta di Giustinopoli, ora chiamata Capodistria, ove ritira- tesi le prime famiglie deli’ Is tria fondarono quella citta. Alboino passato Pinverno, lasciato addie- i85 tro il Frtuli , soggiogb in brevissimo tempo il ri¬ man en te del! a Provincia Veneta, con Vicenza, Ve¬ rona , tutta 1 ’ Insuhria, e la nobil Metropoli di Mi¬ lano, dorninate piu dal timore, che domate dal ferro , e fondato 1 ’ Impero de’ Longobardi, si ac- clamo Re d’Italia. Montre in Verona celebravansi con ogni possibil grandezza tali teste; violento Ro- simonda sua consorte a cavarsi la sete fuori di u- na tazza ripiena di vino, composta del Capo di Ctinimondo Re de’ Gepidi suo padre, che non po- tendo solfrire di aver profanate le labbra nellaCal- varia paterna , patteggio la sna pudicizia per la vendetta , voleudo che il proprio adultero Elmi- ge , fosse il carnelice del marito .• La varieta del le opinioni sopra 1 ’anno in cui mo¬ ri Alboiuo, attribnita da aleutti al 571, e da altri al 574 , (1) apporta qualche dissonanza al corso della presente istoria, mentre il Schoenleben ade- rendo ai primi, scrive che 1’anno 571 fu deplora- bile alla isostra patria di Trieste, e paesi circonvi¬ ci ni . Posciache temendo i Longobardi forse per la morte seguita di Alboino , di essere forzati ali’ ab- bandotso d’Italia , e ritorno delle proprie čase; ac- cio non venisse loro impedita la strada, con pru- dente giudizio munirono gli strettipassi delle Alpi Giulie, eonsegnandoli alla custodia dei figliuoli di Gisulfo, il dominio de’ quali s’estese oltre le pro- vineie del Friuli, Giapidia e Cragno, sino al ter- ritorio di Gilla , eonfinante colPUhgheria, conces- 0 ) Il Muratori, Ann. la pone Panuo 573.' : i86 pero poi libera abitazione agli Avari , e Slavi, con obbligo di contribuire ai Duchi del Friuli un an- nuo tributo . Per la morte di Paolino primo Patriarca di A- quileja , gli successe in quel Vescovato Panno 570 Probino della nobilissima famiglia Anicia, ovvero quello del 572, come scrive Francesco Palladio, seguito dal Schonleben . Questi solamente un an- no, ed 8 mesi governo quella Chiesa. Per man- canza di questo Prelato, i Vescovi provinciali, scacciati dalle proprie sedi, ed esiliati dai barbari, non potendo conforme Puso convenire alla nuova elezione del suecessore, diedero luogo ad alcuni , che ritrovaronsi in Grado, i quali congregati insie- me col Clero, e popolo di quella citta, elessero Elia di nazioae Greco alPistessa dignita Panno S71 , ovvero quello del 574, seeondo Popinione di diversi autori seguiti dal Palladio , il quale scrive ancora, ch ? Elia ne’ primi anui abitasse nel castel- lo di Cormons. Divenuti insolenti per le ottenute vittorieiLon- gobardi, spogliavano delli preziosi ornamenti le Chiese, trucidando con barbara empieta i sacer- doti, e col violentare gPinnocenti Gristiani alPado- razione di una testa di capra, e mangiare le čarni a’ loro immondi idoli sagrifioate, tramandarono raolti alla ceieste patria dell’Empireo, i quali pria di contaminare P anima co’ riti sacrileghi del gen- tilesimo , ed ubbidire a’lor pessimi attentati, vol- lero colla porpora del martirio sagrificare la vita > come dimostra S. Gregorio parlando de’ Longo^ bardi. »87 ANNI 58o IMP.DIOR.TIBERIO costantino papa PELAGIO II I Čarni abitatori del paese vicino alle provin- fiie di Venezia ,Friuli, e Istria, ad imitazione del- le altre n^zioni ritirate nelle lagune del mare per assieurarsi dalle rapine de’ barbari , essi ancora si trasferirono circa 1’anno 58o alle somraita delle Alpi Giulie, e Noriche, le quah colla Giapidia , e tutto il tratto deli’ Adriatioo , s" estende sino al fiume Dravo, tralasciando gli anticbi nomi si ad- dimando per 1’avvenire con quel!o de Čarni, co- me a’tempi nostri nella Carnia, Carso , Carniola, e Carintia ancora si conserva . E quantunque do> po l’estinzione delFImperio occidentale la Dalma« zia,.Istria_, Giapidia, e Norico Ungheria, si aspet- tassero alFImpero deli’ Oriente , le frequenti in- cursioni de’ barbari, colle continue guerre , che senza lasciar respiro, tormentavano le provincie piti intrinseche di questa corona , la resero trascurata dalle lontane, e remote. Quindi 1’ Ungheria con- cessa graziosamente dali’ Imperatore per abita- zione a’Longobardi, questi partiti verso 1’Italia , subentrarono in loro vece gli Avari, quali colTesi- merla totalmente da ogni dominio, e giurisdizione de’ Romani, si resero assoluti padroni di quel Re> gno . Esempio che in brevita di tempo seguiro.no le provincie di Dalmazia, Giapidia, e Norico, quali tutte scosso il gioso supremo deli’ Impero Roma¬ no } si gloriavano del dominio di privato Signore. ANNI 584 188 IMP. Dl OR. FL. MAURTZIO PAPA TELAGIO II RE d’ 1TALIA AUTARI Giovanni Bonifaeio nella sua Stoiua di Trevigi libro 2. scrive, che EJia Greco celebrato nelle an- tiche Gronicbe Veneziane,Patriarca 26 d’Aquileja, vedendo le discordie di eoloro , che fuggite le in- cursioni de’Barbari si erano ia gran numero riti¬ rati nelle lagune del m are Adriatico, fece un sino¬ do di 20 Veseovi soggetti alla sua giurisdizione , nel quale si concesse a Pietro Vescovo di Altino , residenza nelPIsola di Torcello , a quello di Con- cordia in Caorle, di Padova in Malatnocco, a Vin- demio Vescovo di Ceneda, ed a quello di Uderzo sopra il Lido maggiore . Intervennero anco a que- sta Sinodo Solario Vescovo di Verona , Agnello di Trento, Fontejo di Feltre, ed i Veseovi d’ Istria . Ma quelli di Trevigi, di Vieenza, e Belluno ( forse perche lontani dallo scisrna ) non vollero interve- nire . Col consenso dunque di questi Veseovi Elia fermo la sua Sede in Grado ; lo che fu approvato da Tiberio Imperatore , successore di Giustino , e poi anco da Pelagio secorulo, Sommo Pontefice . Persuase anco Elia i principali di tutte quel!e Isole , e Citta a formare un go verno unito , per conservare fra essi Punione, e la pace, e difender- si rneglio nelle occorrenze da’nemici; il qual otti- mo Consiglio abbracciato da tutti , erearono P an- no 584. iuvece di uno , dieci Tribuni , accio invi- gilassero con diligenza alla custodia delle co$e lo- i§9 ro . La creazione di guesti dieci tribuni, non pensi alcuno che venga da me riferita in questo luogo senza ponderazione , e mistero , meutre molte fa- miglie nobili della nostra Citta di Trieste , a- strette per le aecennate incursioni de’ barbari ad abbandonare la patria, e ritirarsi nelle Lagune , e Provincia di Venezia, ascritte ed arruolave poi tra le nobili Venete furono decorate col tempo di tal Dignita , la cjuale duro oltre il eorso di anni 100 . ANNI 588 IMT. DI OR. FL. MAURIZIO PAPA PERAGIO II RE D’ ITALIA AUTARI I Longobardi parimenti obe per sottrarsi dalla Triannia di un solo inventarono trenta Ducbi, che trenta tiranni le partori; dopo sopportate dieci an¬ ni le crudelta loro, conoscendo esser meglio sotto- porsi , e dipendere dali’ arbitrio , e comando d’un solo, che ubbidire a tanti tiranni j radunati in Pa¬ via, elessero per loro capo supremo Autari figliuo- 3o di Clefo (i) a cui restituirono la Corona , e lo Scettro, che per diritto di successione gl i eran do- vuti . Assunto Autari al Trono , per conformarsi ali’ uso italiano, e spogliarsi di ogni barharie , ab- bandonato il gentilesimo, si fece Cristiano, e con- giunta la Religione al Regno , vol le aggiurigere al (i) Autari fu elelto Re i’ Italia 1’anno 584- Ann. d’ hal. del Muratori. 19 ° proprio nome il pronome di Flavio , con si felice augurio , che niuno de’ suoi successori per quanto duro il Regno de’Loagobardi in Italia , vollero pift tralasciare . Aggiurtse con somma felicita al suo Dominio la nostra Gitta di Trieste, colle Provincie delPlstria, Etruria, Benevento, Puglja, e Calabria. Mercecche essendo la Provincia deli’ Istria lasciata intatta per renderla a se soggetta, e conseguire 1 ’ intento, delibero Autari mandarle un grosso esercito sotto la direzione di Evidino Duca di Trento', il quale arrivato a’ suoi confini vicino alla citta di Trieste, che come passo e porta di quella Provincia fu la prima ad assaggiare il barbaro furore di quella na- zione solita di rovinare col ferro e col fuoeo quan- to le veniva alle inani. L’ iriaspettato avviso spa- ventb talmente gPIstriani che per isfuggire la mi- nacciata proceila , desiderosi della pace , ofFersero grossa somma di oro ai Longobardi , accio senza rnolestarli ritornassero addietro . Nel cui ritorno presero un’ isoletta detta Amarina, nelle parti di Monfalcone. L’ anno che cio seguisse per la varie- ta degli scrittori moderni nel rifefire Pistorie anti- che, colla scarsezza anco di autori antichi , che le serivessero , apportano tal confusione , che appena si pub cavare , non dico la total certezza de’ suc- cessi, ma picciol ombra di essi ; mentre il Sigonio Pattribuisce aiPanno 667 , il Palladio al 588, ed il Seboenleben a quello del 5go- ANNI S91 i 9 r 1MP. Dl OR. FL. IvTAURIZIO PA PA GREGORIO MASNO RE d’italia AGILOLFO Quantunque la scarsezza degli scrittori antichi, che raccogliessero i successi particolari occorsi al- la nostra patria in questi calamitosi tempi, ci pri- vi di mol te belle notizie ; il ritrovarsi pero oggi- di la citta di Trieste attorniata da ogni canto da Selavi, ovvero Schiavi, rnentre sabito fuori dell^ medesima tutti gli abitatori de’ Villaggi, e posses- sioni del Territorio di Trieste, non parlano altro idioma che Schiavo , mi spinge a dare quivi una breve notizia di questa nazione, da cui venne molte fiate la nostra misera patria non poco mole- stata ed afflitta. Questi renitenti alla fede cattoli- ca, eome osserva Emmannele Tesauro tleli’ intro- duzione al suo Regno d’Italia, furono prima dalla Norvegia soggiogati e sottoposti a servil tributo ; rna sboccati nella Scandinavia, o Scandia, eh’e quella penisola posta sotto il settentrione, da do- ve tante barbare nazioni sono uscite , passarono t segueudo le pedate degli altri barbari, alla Palu- de Meotide, indi stendendosi nella Polonia, e Boe- mia passarono poi il Danubio, e col fermare l’abi- tazione nella gran Provincia che abbracciava la Dalmazia , e Liburnia con le Isole adiacenti per essere sempre infesti ai Romani , 1’addimandarono col proprio notne Sehiavonia . Parmi non fitor di proposito per indagare quan- šlo occupassero tutto il paese COatiguo alla citta igi. čli Trieste, 1’ investigajč come entrassero nella Dalmazia , giacche da questa provincia si estesero nell’Istria, Carso, Carniola, e Carintia . Landolfo seeuito dal Schonleben scrive , che mentre egli militava nelTesercito di Maurizio , furono condot- ti alla presenza deli’Imperatore tre Sclavi, o Sclavini , i quali portavano appesa al canto una cittara, che maravigliato dalla robustezsa, e gran- dezza de loro corpi , li ricerco d’ onde venissero , la causa del viageio , col significafo di qaella cit¬ tara . La risposta fu , ch’erano Sclavi , mandati dal suo Tassiarchi dalTOceano orientale a Caca- no Re degli Avaci , a &jgnificargli qualmente per la lontananza del paese uon potevano soccorrerlo , mentre 18 mesi Aveano essi passati in quel viag- gio , e che portavano appese le cittare alFaso del- la Patria , perehe non avevano ferro . Paolo Morosini scrivendo degii Sclavi dice: Vo~ gliono i scrittori essere li medesimi, che i Vandali, i quali passarono del 591 il Danubio a' tempi deli 5’ Imperatore Maurizio.F, Dioclate riferisce di loro, che mescolati eoi Bulgari eomposero qneste due nazioni un idioma,.del quale oggidi ancora quel- la provincia si serve , cbiamati percio nuiversal- mente Bulgari . Lo stesso osserva Cluerio de’ Boe¬ mi, i quali essendo di nazione ed origine Sclavi, nondirneno consetvando 1’ antico nome de Boy , vengono da tutti chiamati Boemi . Incognitae sen- za nome fu questa nazione al sentire di Schonle- beu pria che si estendesse nelle provincie gia det- te; ma da che fisse la sua abitazione al fhime Sa- "v°> pigliauido la denorninazione da’ jpopoli anticlii 193 abitatori della Savia, Slava, o Slavina venne chia- mata, e colla varieta de’ tempi cangiando aneo il nome di Slava , finalmente oggidi da tutti Sclava viene addimandata . Giornando , che a’ tempi di Giustiniano primo scrisse la sua Storia de’ Goti , suppone che tal no¬ me fosse usitato presso la stessa nazione nelle par- ti settentrionali; in comprovazione di che, scrivo- no alcuni essere stata la nazione Sclava molto ča¬ ra ad Alessandro Magno , mentre da esso venne gratificata con un privilegio (i),onde lo scrivere del Schonlehen , non ritrovarsi notizia de’ Sclavi , Slavini , o Schiavi presso vernn autore pria del suddetto Giornando , parmi lontano da ogni cre- denza , mentre Crancio appresso 1’ istesso scrive , che sino a’ tempi di Gostantino Magno venissero Sclavi nell’ Ungheria , e fossero una stessa gente coi Vandali , i quali abbandonato il proprio nido , come fecero i Goti, Longobardi , ed Unni, passan- do a tnrrne dal Settentrione in Oriente , e Mez- zogiorno , e con danno indicibile delle provincie soggette ali’ Impero , si sparsero poi per tutta 1’ Europa . Marco Marulo scrivendo qnest’Istoria soggiunge, che il Duce,o Ggnerale di queste genti chiamavasi Barris, a cui obbedivano diversi Colonnelli, eCa- pitani , ed al suo cenno tutto quell’ innumerabile stuolo con bellissimo ordine, e simmetria veniva (0 H mentovato privilegio si omette, per essere man* cante di autenticit^. 194 . governato , e disposto . Indi partiti soggiogarono Seleucia(che il testo Sclavo scrive Sledusia e Dio- clate Sjlloduocia colla Macedonia , e noa contenti di cio : invasero anche V Italici colle armi . Ove piu d’una volta venuti aile mani cogli eserciti deli' Imperio , riportando sempre vittoria , necessitaro- no 1’ Imperatore per conservare illesi i suoi stati dal loro furore , a rieercarle la pace . Temendo pa- rimente Blandino le torze, e la potenza di questa gente ,presentendo cbe convenivano seeo nell’idio* ma, e Religione gli offerse col mezzo di ambascia- tori la sua amicizia, la quale accettata da Barris , eonfederossi strettamente seco, riempi quel paese di abitatori per le passate guerre la maggior parte disabitato, e distrutto, ed accio si conservasse una stabile pace fra essi, tralasciando egli la guerra , e le rapine,contento di quanto possedeva si rese su» tributario . ANNI 5 9 3 ' iMP.'DX OR. FL. MAURIZIO I’APA GREGORIO MAGNO RE D’ 1TALIA AGILOLFO Gode poco tempo Faecennat# pace 1’ Impera¬ tore; posciache il barbaro Schiavo nso alle rapi- ne, e sitibondo deli’ oro, conie del sangne, afilisse con trnove invasioni i popoli a lui soggetti, che ne- cessitb Maitrizio nj and are 1 ’ anno 5 9 3 un poderoso esercito alle rive del Danubio sotto la condotta di Pidsco , soggetto di gran valore, e talenti, per cu- stodire qnei passi, e reprimere 1 ’ audacia di quelK iiicjilieta nazione . Presentito Cacano Re degliAva- ri i’amico di Prisca, spedi in Costantinopoli suoi Ambasciatori j querelandosi colPIraperatore della violata pace; ai quali fn risposto, non essere quel- le armi contro il loro Re , ne suoi sudditi, ma so¬ lo per impedire e reprimere le insoienze de 1 Slavi nemici deli’Impero, alcune squadre de’ quali in- viate sotto la scorta di Androgasto loro Duce per depredare la Grecia assalite ali’ iiiiproviso da Pri- sco, rimasero con grnndissima strage talmente di- sfatte, cbe appena Androgasto colla fuga pote sal- varsi, Iasciando arricchiti gl’ Imperiali , non solo di nobilissime spoglie , ma aneo della Vittoria . ANNI Goo 1.MP, DI OR. FL. MAURIZIO PAFA GREGORIO MAGNO RE D 5 ITALIA AGILOLFO Per non apportar tedio a chi leggetralaseiero al- tri accideuti di guerra^ seguiti tra Cacano , e suoi collegati contro gl’ Imperiali sino ali’anno 600 , come non spettanti a quest’ istoria , adflucendo so- lamente quanto scrisse in questi tempi il Biondo . Li Schiavi confederati co ’ Francki, Bavari, e Lon- gobardi , passarono in Istria saccheggiandola in- sieme cogli Utlni .Gosi anco la patria nostra confi- nante, ed inclusa allora in quella proviricia, restas- se da tal ineendj, e rapine tormentata, ed afflitta, e specialmente la Citta di Tneste , passo , e porta inevitabile 5 per la quale i Longobardi abitatori del Friuli dovevario necessariamente passare ? per con - i g6 giungersi co’ Slavi , ed Avari nell’ Istria , fosse la prima sopra cui scaricassero gli effetti della loro crudelta, mentre tutta quella Provincia resto dal- le fiamme , e dal ferro incenerita e distrutta . De- vesi dunque conchiudere che parle de’ Schiavi ab- bandoriata la Dalmazia, vennero ad abitare la Ca- rintia , Carniola , Istria, colli nostri paesi , abitas- s ero pria in detta provincia, ovvero in alcuna par- te di essa, la quale Paolo Morosini scrisse , essere quella bagnata dal mare , ov’ e situata Naranta : soggiungendo ancora, che fra i popoli settentriona- li questa nazione sia valorosissima , e dotata di straordinaria fortezza, la quale dilatando le sue a- bitazioni , si estese in varie provineie, che percib la lor lingua sino a questi tempi viene comune- mente usata, oltre le accennate Provineie da Tur- chi, Ungheri, Polacchi, Moscoviti, ed altre nazio- ni settentrionali. Commiserando il Pontefice S. Gregorio le cala- mita e miserie apportate da’Slavi anco allaDalma- zia, e specialmente alla citta di Salona , scrisse 1’ indizione terza , che corrisponde ali’ anno 600 a Massimo Vescovo di questa citta di questo tenore : Ed invero sono grandemente afflitto, e conlurbuio per la nazione de 1 Sclavi che grandemente ci mi - nacciano .Sono afflitto per quel!e cose che gia sof- fro in voi , conturbato sono perche per V ap er tur a delV Istria gia. cominciarono ad eptrare nelV Itn- lia : Dalla qual epistola chiaramente si scorge ča¬ rne anche la citta di Trieste in tale occasione sol- fri dalla barbarie di questa gen te grandi atnarezze, tanto nell’ accennato passaggio deli’Istria de’ Lom 197 gobafdi, quanto nel loro ritorno , per invadere , e danneggiare P Italia uniti , e collegati co’ Sclavi , ed altre Nazioni . Godettero i Sclavi qualche tem¬ po la liberta, la quale duro sintanto che conserva- rono la confederazione , e 1 ’ amicizia cogli Avari , ed Ungheri, ma variandosi poi le sorti, divennero a questi tributarj e soggetti. ANNI 604 IMF. Dl OR. ERACLIO PAPA BONIFACIO IV. RE d’jtalia AGILOLFO Air anno 604. ascrive Gio: Lucio seguito dal Schenleben un’altra incursione fatta nella provin- cia deli’ Istria da Cacano Re degli Avari , il quale unito co’ Longobardi e Sclavi devastarono ogni eosa col fuoco e eolle rapine , ove pure soggiunge , e cio d’ indi in poi fecero spesse volte . Mentre nel corso d’ anni 3o rimase la nostra afflitta , cinque ovvero sei volte quale innocente vittima dalPinu- inano furore di questi Barbari , e col ferro misera- mente lacerata , e col fuoco incenerita . ANNI 61 5 IMP. Dl OR. ERACLIO PAPA DIODATO RE D’ ITALIA ADOLOALDO Descrivendo il Schonleben molte incursioni de’ Sclavi dice , che 1 ’ anno i6ia depredarono un’ al¬ tra volta 1 ’ Istria . E quello del 61 5 . uniti con Ca- igB pano il eiovane Re degli Avari , clie ansioso di de- predare il Friuli, ali 5 improvviso, e seuza pieta in- vase Gisulfo Dača di guella provincia, che venuto con Aiboino suo zio in Italia , fu da esso 1’ armo 568. come s’ accenno , creato Dača del Friuli . E perclie presso gli storici ritrovansi molu Re degli Avari con simil notne, avverte il precitato Schon- Jeben,che questo nome rirnase lungo tempo comu- ne gi Re degli Avari . Di Gisulfo parimente insor- ge qualche difficolta se il regnante di quest’ armo, sia 1’aceennato di sopr'a,ovvero suo figliuolo, men- tre il Palladio non riconosce altri , quantunque Megisero ne assegni un altro , e la fanciullezza de’ suoi figliuoli n’ addita lo stesso . Pervenuta ali’ o- reeebie di Gisulfo la trista novella, raccolse subito quanto la brevita del tempo gli concesse , alcune squadre de’ suoi Longobardi, co’ quali andogl’ in- contro, e venuto seco a batlaglia, oppresso alla fi¬ ne dalla mohitudine di que 5 barbari , resto con la maggior parte estinto . Conseguita. Caeano vittoria tanto favorevole , e di si gran conseguenza a , suoi premeditati pensieri, commise subito a’ Soldati un fiero saccheggio del paese , i quali avidi d’arricchirsi, seguirono con celerita il preoetto , depredando quanto di prezio- so gii veniva alle mani, consmnaudo colle fiamme, e col ferro le eose di men valore , con si iuumana fierezza, che smo a quei tempi non vide il mondo empieta maggiore , e dopo il total esterminio di quella nobil regione, carichi di ti cehe spoglie fece- ro ritoc.no alta pa tria. La nostra citta di Trieste al friuli contigua, si pub coagetturare^ non isfaggis- >99 se il furore di questi empj; ma che nella venuta o ritorno, parteeipasse elia ancora i frutti della bar- barie loro . I časi compassionevoli , e curiosi suc- cessi in questa occasione , si tralasciano di scrive- re , non ritrovandosi negli scrittori antichi cosa particolare per quest’istoria, e quanto accadde nel Friuli , come alieno da essa , si riraette a cio che scrivono Paolo Diacono , Carlo Sigonio , Francesco Palladio , Lodovico Schduleben , ed altri. ANNI 633 IMP. DI OR. ERACLIO PAPA ONORIO I RE D’ IT A. A RIO AL DO Le continue occupazioni di Eraclio nella guerra controCosroeRediPersia, cheper attenderea quel- la , lo sforzarono ( come scrivono Flstorici) a la- sciare destituto di forze Plmperoin Europa,furono Fotigine principale, che i nostriCarsi, Flstria, col- la Dalmazia,sostennero il corso di moki anni gran calamita e miserie . Mentre Rotari (i) Re de’ Lon- gobardi , a cui il riposo era supplizio , sollecitato da Gosroe contro 1’ Impero , vedendo le forze de’ (i) Arioaldo , e non Rotari era Re d’Italia 1’anno 633. Rotari Duca di Brescia addivenne Re d J Italia l’anno 655. per avere ( coli’ abbandono di sna mo- glie ) sposata la Regina Gundeberga Vedova del suddetto Arioaldo . Muralori Jmuzl. d’ Ital. aoo Romani debellate , e quasi estinte in Italia , colle- gato co’ Sclavi , Avari , e Gepidi, usurpo circa 1 ’ anno 633 la Provincia Veneta,colle AlpiGiulie ap- partenenti alPEsarcato; e la Toscana colle Alpi Li- gustiche alla Chiesa. Gli Sclavi parimente deside- rosi di allargare i confini, ritrovando le citta sen- za custodia , allettati dali’ occasione , s’ impadro- nirono anch’ essi di tutta la Dalmazia , ed Istria , col rimanente de’ Carsi , ove per gratificare i Lon- gobardi , ed assicurare il posseduto in Italia 3 di- strussero molte citta mavittime di quelle Pro- vincie . ANNI 640' IMP. DI OR. ERACLIO PONT. GIOVANNI IV RE D’ITAL. ROTARI Si ridusse a tal termine circa gli anni 640 1 ’ af- flitta Cristianita, oppressa, e tormentata dalla bar- barie di queste nazioni, che molti Vescovati resta- rono senza Veseovo, Chiese senza Pastori, ed alta- ri senza Sacerdoti,mentre appena trovavasi chi in- segnasse la fede , se non era qualclie Ariano fra i Longobardi : perclie Rotari, oltre Pavere spogliate le Chiese 5 confuse anco la vera con la falsa Reli- gione , creando in tutte le citta un Antivescovo A- riano , ove prima le reggeva un cattolico , ergendo seggia, coutro seggia, ed altare contro altare . Gli Sclavi poi a lor collegati, gente rozza, e silvestre 9 abitatori de’ boschi , e di selve , tittt’ idolatri , e gentili, adoravanojcome osserva Proeopio, gli Pei 20 x Silvani , e le Ninfe . Onde 1’ avere essi occupate con la Dahnazia tutta 1’ Istria , con ragione puo dirsi , che anco la nostra citta di Trieste restasse preda della loro crudelta , e furore, mentre sino a’ giorni nostri tutt’i contadirii del suo territorio fuo- ri della citta , non parlano altro idioma che lo sclavo . Pervenuta la funesta nuova della distrutta Salo¬ na a Giovanni IV. Soramo Pontefice , il quale per essere Dalmatino , lo rese molto dolente ed afflit- to , e compassionando le calamita , e cattivita in- corse da’ suoi Compatriotti , invio 1’ Abbate Mar¬ tino con molto dan aro in Dalmazia per riscattare dalle mani degli Sclavi i prigioni , ove arrivato ne riscosse molti e gli rimise ai proprj parenti . Nel sno ritorno a Roma,per comando dello stesso Pon¬ tefice , trasporto anco a quell’ Alma Citta molte Reliquie de’Santi,ehe poco sicure in mano di quei barbari raccolse nelle provincie della Dalmazia . Fra qneste Sante Reliquie pub credersi fossero an- cbe i Corpi de’ Santi Zoilo , Serviiio , Felice , Sil¬ vano , e Diode e forse quelli ancora delle Sante Eufemia , Tecla , Giustina , e Zenone nostri con- cittadini ; questi martirizzati in Trieste , e quelli nella provincia deli’ Istria, de’ quali non ritrovan- dosi sin a’nostri tempi alcuna notizia, direi fossero in tale occasione trasportati a Roma. SC 2 ANNI 663 JiVIP. Dl OR. COSTANZOII POGOJMATO PAPA VITALIANO K E D’ ITAL. GRIMOALDO Air anno 668 Paolo Moresini , con altri Autori Veneti, attribuisce il ratto fatto da’ Triestini, del- le Donzelle in Venezia ; e perche altri piu fondata- mente P attribuiscono cirea gli anni 930 devo tra- sferirlo a quel tempo , corne suo proprio : giacche al sentire d’ Alessandro Maria Vianoli , questo ča¬ šo e degno di passare perpetuamente per la bocca della farna , e percio io mi riservo riferirlo in quel luogo colle parole stesse degl’ Istoriei Veneti ; ac- cib da essi quantunque discordi neil’ assegnare il tempo nel quale segui, e nell’ addurre alcune eir- costanze, che appartengono al modo di solenuizza- re la festa, le cui reliquie oggidi, senza sospetto di passione , o alterazione , si scorga la veridiea nar- razione del fatto . Scrivono Paolo Diacono.Carlo Sigonio,col Scbon- leben che , per la morte di Aldo , Dnca del Friuli gli snccesse Ferdulfo,il quale ambizioso di gloria, inentre voleva debellare gli Sclavi, e con cio acqui- sLarsi gran nome , apporto gravi danni a se , ed ai Furlani; e per consegueuza anco allanostra patria conhnante ^ ed allora soagetta forse a quel Duca¬ te . Per allettare que’ barbari , ed eccitarli mali- ziosameute a venire coli’ esercito nella sua pro- vincia mando con doni a regalare alcuni di loro , i quali per aderire ai suoi voleri rapirono a’ loro circonvicini alcune pecore , cbe fu P origine degli so3 accennati malori . Poseiach& inseguiti nel ritorno da tale impresa , senza frutto da Argaido valoroso guerriere , e Governatore d’ una citta , rinfacciato egli da Fredullb di codardia , arditamente gli ri- spose, esser cavaliere onorato, ne in quella spedi- zione aver eommesso verun mancamento ; prote- standogli appresso Dio , che prima della morte fa- rebbe palese al mondo-CVA di noi e piii arga-{c\oh eodardo) , che tanto in liugua Longobarda signifi- ca tal parola rinfacciata da Eerdrdib ad Argaido . Allettati gli Sclavi dai passati juviti, e proniesse di Fredulfo, pochi giorni dopo vennero in maggior numero, e con piu val ide forze a depredare il pae- se , aceampandosi uella sommita d’ un alto mon- te , eorne in luogo sicuro, ove circondati dal Dača, Argaido gli disse - Ecco Fredulfo P occasione di martifestare al rnondo qual di noi due da ar ga - e spronato con temerario ardire il eavallo } inviossi alF erta scoscesa del monte , per assalire gli Scla¬ vi . Il Duca per non rimanere scornato , e dimo- strarsi vile a tale esernpio, assaliti temerariamente li Sclavi che avevano invaso il Ducato , rovino se stesso con tutta la nobilta de’ Friulani . Posciache seguito dal suo esercito , rimasero tutti eccettuato un solo col Duca inlranti , e lacerati a colpi di pe- santi sassi, che adunati assieme da’ Sclavi, spinse- ro in gran nurnero contro di loro . Contenti questi di tal vittoria , ritornarono carichi di ricea preda alle proprie čase , trascurando d’ impadroriirsi del Friuli , facile di couseguire allora „ qnando si fos- sero in ol trati , per essere pri v o di gen te , e di ca¬ po > che lo reggesse . 204 ANNI 774 IM P. Dl OR.COSTANTtNO V. PAPA ADRIANO I COPRONIMO E LEONE IV. RE d’iT. DESIDERIOj INDI CARLO MAGNO RE DE 5 FRANGHI , E LONGOBARPI Desiderio Re de’ Longobardi , che secondo seri- 1 voiio alcuni dalla dignita di Duca delPIstria, e del Friuli, col favore di Stefano sommo Pontefice , fu promosso alla corona del regno d’Italia , s^mpegnb con giuramento d^terno ossequio alla santa Sede? e di rendere s ubito alla Chiesa aleune terre e cit¬ ta, che Astolfo suo predecessore gli aveva usurpa- to ; cioe Ravenna, Faenza con altre Citta, ed il contado di Ferrara . Regnb dieci anni con somma religione, e pace; e tanto tempo si mostro sario di merite, quanto il Papa vigoroso di forze . Maquan- do lo vide cadente, qual volpe ritoriio alle astnzie antiche, essendo il genio de’ Re Longobardi di ri- conoscere 1’ autorita del Pontefice quando sola- mente le serviva d’ajuto . Posciacbe pentito debla restituzione di Ravenna , ed altri luoghi fatta alla Chiesa , con finti prelesti rotto il giuramento , di- chiarossi, come osserva il Daridolo , iniquamente spergiuro , precipitando d’ abis30 in abisso , sotto semlnante d^idorar s. Pietro, andato a Roma per- seguita apertamente il suo successore, e scompL glia tutta quella citta , ne contenta di cio la sna perfidia, invase aneora rnolte citta , e tene della Chiesa . ao5 Angustiato il sommo Pontefice dalla tirannica persecuzione del Re Longobardo, spedi legati in Francia per impetrar soecorso dal Re Carlo succes- so al padre Pipino . A’ strapazzi tanto funesti del Vicario di Cristo , fn da quel Re, e da tutta la Francia giurata la sacra guerra a sollievo della Chiesa, contro Desiderio , e del suo Regno . Adu- nato 1’esercito, venne Carlo in Italia , ove vin- to , e fugato Desiderio , 1’assedio in Pavia , e pas- sati sei mesi , mosso da divozione, lascio ivi 1’eser¬ cito e parti per Roma . Arrivato un iniglio lonta- no j per riverenza inviossi a piedi alla eitta , e ba- eiati umilrnente tutti gli scalini dalla Chiesa di san Pietro , riveri il sommo Pontefice Adriano , a eni consegno la eitta., e luoghi usurpati da Desiderio j indi ritornato a Pavia, con la sua resa costrinse il Re Longobardo 1’ anno 774 a cedergli il Regno , e donar se stesso , la moglie, e famiglia a quel me- desiino viucitore , cui lo stesso Iddio nulla negava, terminando in tal guisa il Dominio de’ Longobardi in Italia , dopo il corso di anni 204* Con la prigionia del Re Desiderio si štabili maggiormente Carlo Magno nel possesso del Re¬ gno d’ Italia , gia rassegnato alTobbedienza de’ Francesi, col Dominio e possesso assciuto di quel- le eitta e provincie , ehe prima possedevano i Lon¬ gobardi, tra' quali resto parimente soggetta la cit- ta di Trieste . Acquietate il Re Carlo le turbolen- za } e stabilita la pace, applicossi con ben regola- ta prudenza a disporre il buon governo del Regno, e per istabilire nellabella Italia la monarchiaFran- cese, divise con beli’ ordine ciascuna parte di es- 20 6 sa; assegnando al governo delPIstria, Prilili , e al- tre Provincie , Duebi, Marchesi e Gonti onoran- doli con libera giurisdizione di Feudo Regio coli’ ingiunto giurameuto registrato da Carlo Sigonio (i) Giuro per questi santi Evangeli diDio di essere per F avvenire fedele al mio Signore Re Ca/lo , e di lui Vassallo , e di non riveiare avvedutamente in suo dctrimenio cio cli egli mi avrd confidato . E percbe i limiti, e confini denominavansi Mar- che, quindi i soprastanti ad essi furono addiman- dati Conti della Mareke ; e poi Marchesi. Per togliere , ed impedire le turboletize, e di- scordie fra sudditi , con non minor prudenza distri- bui ancora i territorj contenziosi delle citta , cir- coserivendogli per lo piu col mare , monti, fiumi, epaludi/ assegnando alla nostra Citta di Trieste li confini descritti nel sigillo antico di essa , il cui originale oggidi ancora si conserva nella Vicedo- rninaria , o Archivio pubblico della citta , simile anco a quelio della citta di Padova riferito dal Ga- valier Ofsato , cd altre citta graziate in tale occa- sione dalla prudente disposizion di Carlo Magno . L’iscrizione del predetto sigillo dice : Sistilianv. pnblicAE, CastiliaR. Mare . certos dat xnihi fines . Sistilianv. Questa parola significa luogo verso Tramontana lontano dalla citta quindici miglia, addimandato al presen te Sistiana . PublicAE .Direi fosse la strada pubblica, che con- (O De Regn. Ital. lib. 4; 20 7 duce alli Carsi per aadare in Germania, situata in Levante. CastiliaR . La contrada di Castiglione nella Val- le di Zaule s o che riguarda il meriggio • e final- mente : Mare certos dat miki fines . Il Mare, che la cir- condh verso ponente ^ dimostra i determinati corifioi , che a quei tempi furono assegnati dal Re Carlo alla citta di Trieste. ANNI 799 IMP. DI OR. IRENE PA PA LEONE III DI OCG. CARLO 1 VIAGN 0 RE D’lTAL. PIPINO I tumultuanti popoli della Liburnia , avidi deli’ altrui sostanze , invasero F anno 799. la provincia deli’ Istria, e dopo spogliate, e saccheggiate molte Terre , ritornarono earichi di spoglie , con grosso Bottino alle proprie čase . Pervendicare oltraggio si enorrne, e F ingiuria de’ suoi Vassalli , si mosse contro di essi il Duca Enrico del Friuli a cui era soggetta F Istria . A tal mossa spaventati i Libur¬ ni , sapendo il valore del Duca , si ehiusero nella forte citta di Tersaco , Ove meditarono con frodo- lenza privarlo di vita . Gli offersero subito al suo arrivo la padronanza d’ una porta della citta , pur- che di notte tempo con alcuni entrasse senza rorno- re in essa . Fatta scelta di cento de’ suoi piči valo- rosi guerrieri , s’ accinse ali’ impresa ; ma appena entrati, chiusa la porta alle spalle, fu da quei perfidi con grande furore assalito . Non srnam a lal tradimento il magnanimo onore d’ Enrico , an- zi che rincorati i suoi , gli esorto a voler col ferro aprirsi la strada della propria salvezza,oppure coa gran costo di sangue nemico , vendicar la lor mor- te . Dopo molto sangue sparso, dovette cedere alla line quel valoroso Ei - oe non men sopraflfatto dalla furia , e moltitudine de’ nemici , che oppresso da una tempesta di tegole , che incessan temen te veni- vano dali’ eminenza del le čase loro gettate addos- so , rimanendo in uno stesso tempo estinto , e se- polto con tutt’i suoi compagni . Pervenuto ali’ orecchie del Re Carlo che trat- tenevasi in Aquisgrana, 1’ infausto annunzio della morte del Duca Enrico , giuro pieno di sdegno fa¬ re aspra vendetta del tradimento commesso . Sti- molato anche dagl’interessi di Papa Leone , che privato da’ suoi emoli della sacra Dignita Pontili- cia , faceva a lui ricorso ; portossi a gran passi con formidabile esercito ai confini deli’ Italia, ove unite alle sue genti , quelle gia comandate dali’ e- stinto Duca; inviossi con tanta celerita a Tersaco, per vendicar la sua morte che prirna udironsi cola le grida deli’ esercito , e si videro le fiamme inče- nerire il paese , che inteso il suo arrivo . Attornia- ta la piazza ov’ eransi ritirati i colpevoli le die ua fierissimo assalto ; ne si tosto sentirono que’ fello- ni il rigore delle armi , che volontariamente si ar- resero al valore di Carlo, il qua!e in pena del com¬ messo delitto , ai capi prineipali fe troncare la te¬ sta, per vendicare col sangue de’ traditori la tnor- te deli’ innocente Duca . Puniti i ribelli , e vendi- eata la morte del Duca Enrico, portossi il Re Car- ao 9 lo a Trieste , ove da’ suoi cittadini ricevuto , e ve- nerato con le maggiori dimostrazioni d’ ossetjuio , gl’ innalzarono in ostentazione della sna magnifi- cenza e valore un sontuoso arco trionfale di pie- tra, parte del quale a’tempi nostri ancor si conser- va, chiamato comunemente l’arco di Riccardo cor- rottamente , invece di Arco del Re Carlo . La lar- ghezza del medesimo e di piedi g e V altezza di piedi 18 in luee, con i suoi piedestalli , i quali col rimanente di esso edificio stanno ora sepolti nel terreno . Sopra lo stesso arco vi e un cornicione col suo architrave , e fregio , di buon’ architettu- ra; il tutto di pietra bianca.ora dal tempo divenu- ta oscura . ANNI 8o3 11VIP. DI OR. NICEFORO PAPA LEONE III DI OCC. CARLO MAGNO Attribuendo a poco onore e riputazione della Grecia i Prencipi , e Magnati di quella Reggia , 1’ essere senza Capo, perche governati da una donna, e temendo che dal matrirnonio dell’Imperatrice I- rene con Carlo Magno , 1’ imperio tutto si trasfe- risse nell’Occidente, nauseati del suo governo , destramente Ja presero coulinandola in Lesbo , ed acclamarono quest’ anno 8o3. Niceforo Patrizio , Imperatore , soggetto di esperimentato valore , ed autorita in Costantinopoli , il quale con soddisfa- zione , e buona pace deli’ esercito , e popolo della Oreeia , confermd la lega con gli oratori di Carlo > >4 aro gia prima stabilita con Irene , e per conservazione di perpetua pace fra loro , divise con esso 1’ Impe- rio j cedendo amichevolmente a Garlo , e suoi suc- cessori 1’ Occidente , con la riserva per se , e suoi successori deli’ Oriente. Per 1’ accennata divisione deli’ Imperio rimase libera,e separata la provincia deli’ Istria da^l' Im¬ perio Greco , a cui P Imperator Carlo Magno as- segno per Duca Giovanni, che con iusolite imposi- zioui e gravezze sconvolse ed inquieto tutta quel- la provincia . Risentiti percio la riobilta , e popolo Istriano , ricorsero ali’Imperatore cbiedendo ri- medio . A si giusta richiesta , e di tanto rilievo , mando loro Izo sacerdote , con Eudolao , ed Ajo Conti Inquisitori, i quali adunati il nostro concit- tadino FortunatoPatriarca di Grado, Teodoro, Leo¬ ne , Staurazio , Stefano , e Lorenzo Vescovi , con altri i6a primati delle citta , e luoghi principali della provincia , ventilate con matura ponderazio- ne le ragioni addotte da quel congresso , liberaro- no incontanente il clero , e popolo dalle insolite gravezze , imposte loro dal Duca Giovanni , resti- tuendoli allo stato di prima , come stavano sotto i Greci . Distrusse ancora quest’ anno il Magno Carlo un fiero e poteute neinico della nostra patria, e delP Italia insieme , che furono gli Avari , ovvero Unni abitatori della Paunonia, ora addimandata Unghe- ria , con le spoglie de’ quali si arriccbi si fatta- mente la Francia , che mai verun’ altra guerra e conseguita vittoria gli apporto maggiori tesori^ ne piu abbondanti ricchezze . Onde per le sue valoro- 2 if še azioni j e vittorie ottenute in difesa, e pro della Chiesaj ed Imperio, acquistossi meritamente il no- me di Augusto < ANNI 840 IMP. Dl OR. TEOFILO PAPA GREGORiO IV Dl OCC. LOTARIO L’ anno 840 , che fu il primo deli’ Imperio di Lottario , corifermo , al sentire del Dandolo , ad i- stanza del Doge di Venezia,per anni cinque le con- venzioni j epatti fatti tra i Veneziani, e loro vicini soggetti ali’ Imperio,sopra 1 ’ amministrazione del¬ la giustizia , gabelle , e dazj , distinguendo le ter- re soggette della Repubblica j da quelle del Regno d’ Italia . Onde non e meraviglia se poi con tanta elemenza e liberalita donasse anehe al nostro Vescovo , forse suo fanaigliare , la citta di Trieste (come vedrašši nel torno segitente) .Soagiugne an¬ ehe lo stesso Dandolo, che desidePoso Sergio Som- inoPontefice di sopprimere 1’accennate controver- sie verteDti sopra i Vescovati deli’ Istria, scrisse 1 ’ anno 842. a Venerio P^triarca di Grado,ed Andrea d’Aquileja, esortaridogli a desistere dalle violenze e molestie con rimettere in pace e concordia le pretensioni loro al Concilio , ch’ egli proponeva a- dunare , cdll’ assistenza della propria persona , e dell’Imperatore,per terminare una volta quei per- niciosi Irfigi , che tante turbolenze e disturbi ap- portavano a quelle Chiese, la cui morte poi irape- di il tutto . 21 a ANNI 868 IMP. Dl OR. BASII.IO I PAPA ADRIANO II Dl OGG. LU1GI II Francesco Palladio attribuisce ali’ anno 868 1 ’ abbandono deli a propria patria ad alcune famiglie Nobili, che per isfuggire 1 ’ insolenti incursioni de’ barbari , ed assicurare con la vita anco le proprie sostanze si trasferissero alle lagune diVenezia,fra’ quali d e 11 a eitta di Trieste , assegna i Barbari, pri- raa addimandati Magandieri, ed i Boncj, con i Bal- bi di Aquileja, annoverati poi fra le famiglie nobi- li di quella Serenissima Repubblica . Da qual Au- tore assunaesse il Palladio tal inenzogna , non puo sapersi, mentre non lo riferisce alcuno. Percio piii credito , che a lui , devesi prestare al Dandolo , il quale annovera i Barbari fra le famiglie partite da Eraclea, quando demolita 1 ’ anno 804 andarono ad abitare nell’ Isole . ANNI 876 IMP. DI OH. BASILIO I PAPA GIOVANNI VIII DI OCC. CARLO II Scrive ancoraDandolo, che circa gli anni 876gli Sela vi vennero nell’Istria con navi armate, e sac- cheggiarono Umago, Siparo , Emona , e Rubimon- do luoghi di quella provincia . Contro di loro si mosse il Doge con 3o navi : li ruppe, e restitui al¬ le Chiese , ed agl’ Istriani tutte le cose da’ barbari 2l3 usurpate .E che poco prima assedrassero i Saraceni la citta di Grado per due giorni continui, ne’ quali i suoi cittadini difendendosi bravamente, ed avvi- sato il Doge , invio in loro ajuto Giovanni suo fi- gliuolo con uri’ armata di mare , il che presentito dagPinfedeli tralasciato 1 ’assedio fuggirono, e spo- gliarono la citta di Gomacchio ; ne la nostra citta di Trieste resto esente dalla furia di quei barbari . ANNI 83o SMP. DI OR. BASILIO I PAPA GIOVANNI VIII DI OGC. CARLO III. Riferisce Paolo Gradense nella sua Gronaca M. S., che Berengario Duca del Friuli concedesse 1’ anno 880 molti pri vil egi alla nostra citta di Trie¬ ste , corae fa menzi one 1’ Imperatore Federico II. nel suo Diploma, spedito ad istanza di Corrado no- stro Vescovo F anno ia3o,quando non solo le con- fermo gli antichi privilegj di Berengario , ed altri imperatori , e regi , ma gli aggiunse molte altre grazie ( come si vedra nel seguente torno ) . Non fu ingrata la citta di Trieste , in corrispon- dere alle grazie, e mutiificenze di tanto principe , in assistergli con tutti gli ajuti possibili nelle guer- re , ch’ ebbe in Italia contro i suoi nemici , e spe- cialmente contro Guido Duca di Spoleto , col qua- le venuto a battaglia vicino al fiume Trebbia, ove segui un fatto d’ armi de’ piu fieri e sanguinosi , -che mai fossero stati, trecento cittadini di Trieste, coprendo co’ proprj petti la persona di Berengario’ si4 " rotto , e vinto dal nemico, gli salvarono la vi¬ ta , ed insieme con essi si ricovero nella citta di Verona . Ove per il valor dimostrato , e meriti di Lucinio Pretore di Trieste , concesse il titolo di Con te di Barbana a Giubano suo figliuolo,dal qua’ le sono discesi i Giuliani di Venezia , Friuli , ed I- stria ; tanto il Gradense : quantunque la nobil fa- miglia Giuliana di Trieste altri principj ella rico- nosca , La vicinanza che gli Sclavioggidiancora tengono con la nostra citta , mentre , corae di sopra si ac- cenno , mezzo miglio distante da essa , non usasi altro idioma, o lingua che la Sclava; miobbliga qui riferire quanto scrive il Cardinale Baronio deli’ in- ventore delle lettere, o caratteri Selaki, e come il Papa Giovanni VIII, concesse privilegio a quella nazione ad istanza di S. Metodio apostolo deli’Un- gheria , e Moravia di cantare la Santa Messa in quell’idioma , come si scorge dali’ Epist. 247. e non 195. assegnatagli dal Schonleben diretta dallo stesso Pontefice a Suento Pulcro re della Moravia, Da tal concessione, e privilegio, čredo originas- se P uso , e consuetudine , che a’ nostri tempi an- cora in molte parti e provincie della Dalmazia ed Istria si conserva , di celebrare la Santa Messa in lingua Sclava \ particolarmente nella citta di Capodistria,ove li RR. PP. del Terzo Grdine di S. Francesco ogni rnattina a buon’ ora per comodi- ta degli operai della campagoa nella Chiesa di S, Tommaso, celebrano la Santa Messa in quell’ idio. ma, come io stesso testimonio oculato posso atte- stare, e d’ avere anche veduti de’ breviarj stampa- ai 5 ti in tal idioma , e carattere in tutto differente da- gli altri. Onde al sentire del Biondo s’ingannarono molti in attribuire a S. Girolamo 1 ’ invenzione di queste lettere , e earatteri mentre molti anni do- po la di lui mdrte, per testimonio di Papa Giovan. ni VIII. espresso nell’ addotta Epist. 247. Costan- tino Filosofo fu il primo che gl’ inverito . ANNI 889 IMP. DI OR. LEONE VI PAPA STEFANO V RE D’ ITALIA BERENGARIO E CUIDO Pria d’ inoltrarmi , parmi necessario dar qual- che breve uotizia degli Utigheri, i quali tante vol¬ te infestarono la nostra patria , oltre , 1 ’ Italia , ed altre provincie . Vennero questi barbari anch’ essi dalla Scandia , nido proprio d el la barbarie . Con- fondono molti autori questa nazione cogli Urini , nominando molte fiate questi, gia scacciati , ed e- stinti da’ Francesi, come si e veduto di sopra , in- vece degli Ungheri del tutto alieni e differenti da essi j de’ quali scrive Regiuone , il quale visse ai tempi, che usurparono 1 ’ Ungheria nell’ anno 889. Avanzarono gli Ungheri di gran lunga nella fierez- za e crudelta tutti gli altri barbari passati, essen- do per natura , e per costumi ferocissimi avvezzi ad esercitare le operazioni piu inumane, abborrite dalla stessa natura , mentre al sentire di Ottone Frisingense , non si astenevano dal pascersi anchc di čarne umana . nutrendosi col cibo di čarne cru- a!6 da , e col beveraggio di sangue . Aggiungono altrl, che seccati al fumo i cuori degli uomini li conser- vassero per uso di medicina nelle infermita. Assue- facevano i figliuoli peranche fanciulli a soffrire le ferite , ed i disagi deli a guerra , e nell’ uso delle saette , arina la piu comune fra essi , esercitavansi con tanto studio, ediligenza, che rendevano inevi- tabile ogni lor colpo: combattevano non solo faccia a faccia , raa ancora fnegendo i cavalli , e con le spalle rivolte . II motivo della venuta di tanti Ungheri nelPUn- gheria, da’qualiindi in poi, ereditatotal nome,con totale obblivione di quello di Panuonia, Unnia, A- varia, addimandata comunemente per lo passato , •viene accennato dal Cardinale Baronio (i) il qua- le scrive, che Leone Imperatore deil’ Oriente an- gustiato da’ Bolgari , che gPinfestavano la Tracia, gPinvitasse in suo ajuto nella Scizia contro essi • Non contenti poi gli Ungheri della Bulgaria, si al- largarono nella Pannonia, Moravia e Carantiano , ove stabilirono le loro abitazioni. Invito malamen- te attribuito da Luitprando presso 1’Inchofer ad Arnolfo Imperatore , perche alcuni anni dopo si servi del loto ajuto nelle guerre , mentre gia abi- tavano nelPUngheria, e non nella Scizia , d’onde li chiamo Leone. (O Annab eccels. tom. jo. Ann, 8p3. n. 9: ANNI 900 317 IMP, Dl OR. LEONE V PAPA EENEDETTO IV Dl OCC. LODOVICO III RE D’ ITAL. BERENGARIO La venuta degli Ungheri in Italia 3 apporta per la discordanza degli scrittori gran confusione all’i- storia ; mentre le attribuiscono alcuni 1’ anno 900, altri 90( , ed altri come Lamberto quello del 903, nel quale colla speranza di ritrovare sprovisli li passi, pensarono senza combattere penetrare il paese. Ragguagliato il Patriarca Federico di Aqui- leja de’loro mal concepiti pensieri, raccolto quel numero possibile di gente, che la brevita del tem- po gli permise , Marcio ad incontrarli ai eonfini del proprio stato , ove combatte con tanto ardire , e valore , che obbligo gli Ungheri , abbandonata 1’ impresa, a ricondursi ove partirono. L’ anno seguente spinti gli Ungheri da’ nativi spiriti guerrieri, dopo invase ^ e saeeheggiate mol- te provincie della Germania , deliberarono venire ad alimentare la loro ingordigia col sangue Italia- no . Partironsi con parte deli’ esercito dalPUnghe- ria , per far prova deli’esito , e la patria nostra , varco comune praticato da’barbari, fu la prirna ad assaggiare gli effetti della loro crudelta, con quel- le passioni che provano coloro , che ingiustarnenle si veggono rubbare, e depredare il proprio ^ senza avere forze da fare resistenza. Indi passati nel Friuli, e Marca Trivigiana, inoltraronsi nelPItalia. AgPinfaiuti avvisi deli’invasione degli Ungheri. 2l8 raccolto Berengario lo sforzo raaggiore di gente da tutta P Italia, s’avanzo ad incontrarli . Ne tanto- sto s’incomincio la pugna, che combattendo tu- multuariamente, e senz’ alcun ordioe i barbari, col rivolgere le spalle, cedettero al valore delPi« taliana milizia . Inseguiti da’ viucitori sino al fiu- nie Adige, molti affogati rimasero preda de’ pešci, altri disperati della salute offrirono a Berengario le spoglie acquistate purche gli promettesse illeso il ritorno alie proprie čase; ena senza verarj frutto: atizi che sopraggiunto il rimanente deli’esercito , gPinsegui sino alla Brenta, ove disperati riuova- mente gli offersero di Jasciargli bagaglio , armi, prigioni , ed anebe i proprj cavaili, con promessa di mai piu portar Parmi in Italia , se gli concedes- se la liberta e la vita. Ma ne anclie con si van- taggiosi partiti, dubitando forse non gli fosse os- servata la fede, non volle esaudirli Berengario . Disperati dunque gli Ungheri, proposero o vender čara la vita loro , o salvarla con la morte altrui. Assalirono ali’ improvviso con bestial furore gl’ Italiani , che spensierati della risoluzione , stava- no sproveduti; e menarono cosi bene le mani, che in breve cornbattimento ottennero la vittoria,e col- sbaragliare il nemico , insegnarono al mondo , che ai vinti Paniča salute e il non sperare salute ; re- stando in un sol giorno, coine serivono aleuni, dalle lor mani 20 mila Italiani tagliati a pezzi . Impadroniti della campagna, corsero depredan- do con insolita barbarie i circonvicini territorj d Padova, Vicenza , edi Trevigi; stendendosi versol Adriatico invasero, e saccheggiarono Chioggia, Ca- aig po cPArzere, e Malamocco, e tratti dalla farna delle ricchezze veneziane a quei tempi assai copiose , e grandi, deliberarono d' ineammiaarsi anche a Ve- nezia. Quantunque Paolo Morosini attribuisca so- lamente a quest’invasione degliUngheri il lov ten- talivo fatto contro la eitta di Venezia , dalle cir- eostanze pero direi fosse qualche tempo dopo, mentre di Berengario non leggesi tenesse allora assediata Mantova. Scrive dunqne il Mprosini, che gli Unni invece degli Ungheri , invitati a venire in Italia da Alberico ligliuolo di Guidone gia im- peratore , tenuto da Berengario assediato ip Man¬ tova apportassero con somma fierezza immensi danni alle provincie del Friuli, e di Venezia, dal- la cui barbarie si pao credere non andasse esente la nostra eitta di Trieste , e che dal sno porto le- vassero anche buona parte delle barche , e vascel- li, per servirsene ad assalire 1’isole, e eitta di Ve¬ nezia , poste nelle lagune . Preša Eraclea, Equilio , e Iesolo , saccheggiaro- no poi con pari uccisione e crudelta Capo d’Arze- re, e Ghioggia, voltando finalmente le loro forze ad espugnare Venezia . Non puo esprimersi' lo spavento , e gran confusione, che apporto tal trno¬ va a quei cittadini memori ancora de’ malori , ed afflizioni sofferte da’ lor maggiori, quando perisfug- gire Pinumana crudelta di Attiia , e suoi seguaci si ricoverarono, corae in porto sicuro in quelle lagune , mentre nel combattere con tal gente non contendevasi di dominio , non della liberta, ma delPessere , e della vita stessa . Concorsero per- cio tutti con ogni loro potere e forza in dtlesa 220 della patria , e pev reprimere la violenza, ed orgo- glio di que’ barbari ^ allestita quella maggiore ar- mata che la necessita gli permise, con ardire pari al bisogno , slncammino ad incontrare il nemico , cbe confidato della felicita di tante vittorie passa- te , sperava anche felice il suceesso di questa . Usciti dunque parte da’ Lidi , che avevano oc- cupati , e parte dalle bocche de’ fiumi , che tene- vano in loro potere, s’iticontrarono colParmata veneta , ove il Bacchiglione si scarica nella lagu¬ na . Attrocissimo fu il combattimento , che duro piu giorni . Gli Ungheri, che non sapevano cosa fosse timore, avvezzi a vincere, e superiori di gen- te teaevano indubitata la vittoria . A1P incontro i Veneziani conoscendo dipendere dalPesito di que- sta battaglia Pessere, ed ogni loro fortuna, da un canto stare la salute, e dalPaltro la rovina e pre- cipi^io della vita e di tutte le proprie sostanze, ri- soluti di prima morire, che di partirsi senza vitto¬ ria, combatterono si fieramente, e con tanto ardi¬ re contro i barbari, che con grandišsima strage li necessitarono a cedere , e lasciare ai vincitori no- bile, e memorabile vittoria . Dopo si gran rotta , Berengario , che desiderava non s’ annidassero in Italia, offeri loro gran sornma di danaro , col qua- le fecero ritorno nelPUngheria. ANNI 906 IMP. Dl OR. LEONE VI PAPA SERGIO I Dl OCG. LODOVICO III RE D* ITALIA BERENGARIO L’attribuire il Dandolo il tentativo degli Ungbe* ri contro Venezia all’anno 906 mi conferma mag- giormente , che tal aggressione seguisse la quarta volta , che invasero 1 ’ Italia , assegnata dal Palla- dio a quello del 905 , della quale scrive il mento- vato Dandolo, che col fuoco , e fiamme , inceneri- vano ogni cosa : e senza perdonare ad eta , o sesso ammazzarono gran moltitudine di persone , oltre i molti schiavi , che condussero seco. Alle nnove di tanta crudelta spedi Berengario i 5 mila soldati contro di loro , de’ quali pochi ritornarono indie- tro . I territorj , e citta, che piii deile altre prova- rono la barbarie di queste fiere , furono Trevigi , Padova, Verona , e Brescia ; indi inoltrandosi ver- so Milano" e Pavia, scorsero sino al monte Job, o di Giove distruggendo ogni cosa . Nel ritorno alle proprie čase , e patria deli’ Un- gheria, non conteriti , e satolli deile ricche spoglie acquistate , si estesero nella provincia di Venezia , saccheggiando tutto il lido del mare,con incendia- re Ghioggia, Capo d’Arzere, Eraclea , ed Equilio , avidi anco de’ ricchi tesori, ch’ erano in Rialto, s’ accinsero ali’ impresa di voler saccheggiare quell’ Isola con Malamocco . Il giorno de’ Santi Pietro e Paolo apostoli il Doge Pietro Tribuno ( ora addi- mandato Menimo ) assistito dal Divino ajuto, s’op- 232 pose loro coli’ armata di mare , assalendogli con tanto ardire , e coraggio, che rotti, e costernati, la- sciando con ignominiosa fuga la vittoria ai Vene¬ ti , con loro crepacuore s’ astennero indi in poi dalla premeditata impresa . Ai quali il Re Berenga- rio per le cause gia accennate , oflferendogli molti doni H fece ritornare indietro con tutta la preda, e boaini, che avevano fatti. ANNI 912 IMF. m OR. COSTANTINO Vtt PAPA ANAStfASItf Ut m <»CC. LODOVICO III RE d’ ITALIA BERENGARIO Benche nel corso di questi tempi, al sentire del Schonleben, gli autori osservino gran silenzio, scrive pero, chegli Sclavi mescolati cogli Alemanni occupassero 1’ anno 912 parte deli’ Ungheria, coli’ Istria, e Giapidia . Onde la nostra citta di Trieste inclusa , e confinante con queste due provincie , senza dubbio fu delle prime i come principale e piu opulente deli’ Istria,ad isperimentare gli effet- ti di un barbaro furore .Soggiugne lo stesso autore accreditato dali’ autorita d’ Adamo Bramense , ed Alberto Cranzio, essere credibile , che circondati i Sclavi da diverse parti , e cohfini dagli Ungheri , stessero qualche tempo insieme collegati , benche tale amicizia durasse poco . Mentre debellati dagli Ungheri, e resi tributarj ; i Bulgari., colmi d’ alte- Ugia , alieni d’ ogni fede facessero ancora tributa- *ia 1’Ungheria inferiore 5 che della superiore con 1» 223 Giapidia soggetta ad Eberardo Duca della Carnio- la, non e cosa eerta., cio che seguisse . Come anche delF Istria governata da’ proprj Regoli , o Marche- si,i eni popoli congiunti in amicizia coi Dalmatini e Čarni , furono sempre sospetti , e poco affetti ai Veneti . ANNI 916 IMF, Dl OR. COSTANTINO VII PAPA GIOVANNI X Dl OCC. BERENGARIO, Gli Ungheri naturalmente inquieti raccolto , al Sentir delPInchofer , 1’ anno 916 un formidabile e- sercito, assalirono Corrado Re della Germania , il quale adunate insieme le forze di quelle provincie, si oppose al lor furore, e dopo un dubbioso, e san- guinoso conflitto , li forzd ritornare alle proprie čase con poco onore. Non sbigottiti percio, ma fat- ti piu superbi, ed altieri, invasero nuovamente I’ anno venturo la Germania, de’ quali scrive il con- tinuatore di Reginone. V anno 917 gli Ungheri passando per V Alemagna nelf Alsazia , arrivaro sino ai confini del Regno di Lolario. Tormentando tutto il triennio col ferro , e fuoco , rapina, ed uc- cisioni senza intervallo 1’ afflitta Germania , non ritrovandosi principe, che avesse ardire di oppor- si alle loro forze . Solamente Eberardo Duca della Garnia, unito con Godifredo Marchese deli’ Istria, e col Patriarca di Aquileja, fu quel valoroso eroe, che nel ritorno dali’Alemagna alla propria patria a rdid’incontrarli: quandonon fossero stati secondo aa 4 il sentimento d' aleun aitro , e nuovo stuolo , che avido di operare nuove rovine, fosse partito dali’ Ungheria per flagellare le nostre contrade . Crude- lissimo fn il combattimento con istrage numerosa d ambe le parti. Oppresso finalmente Eberardo dalla moltitudine de’barbari, rimase sul campo e- stinto col Marchese delPIstria, e tre figliuoli ; il Patriarca Orso d’Aquileja piu sagace, che valoro- so, salvossi con la fuga . Scrive Dandolo, che con- seguita gli Ungheri tal vittoria, saccbeggiarono la Carintia, l’Istria , e la Bulgaria, e clie carichi di ricche spoglie ritornarono alle loro čase . Non po- ca confusioue apportala varieta degli serittori nel- rassegriare Parmo a questo fatto . Lazio vuole se- guisse quello del 906. Il Dandolo col Schonleben quel!o del 916 , e Paccennato continuatore quello del 944; dal che §i scorge essere State quasi conti- nue le molestie , bd invasioni di questi barbari • ANNI 9 a 3 IMF. DI OR. COSTANTINO VII PAPA GIOVANNI X DI OCC. BERENGARIO RE n’lTALIA RODOGFO . / La crudel morte seguita di Berengario Impera- tore 1’anno 928 in Verona, apporto molte calami- ta e miserie non solo alPItalia , ma anche alla patria nostra . Posciache con la sua morte si estin- se anco la linea de’ Duchi del Friuli, cbe dali’ ar- rivo de’ Longobardi si era conservata sino a que- *ti giorni , introducendosi nel governo temporal® 22.5 di guella provincia il Patriarca d. 5 Aguileja. I Ve¬ neti scorgendo 1’impero senza capo, ePItalia divi- sa in tante fazioni , ansiosi d’ allargare i confini fuori delle lagune assalirono 1’ Istria , che destitu- ta deli’ appoggio imperiale , rimase piu della meta al lor Dominio soggetta , e perche la Dalmazia co- gl’ Istriani collegata presto ajuto agl’ Istriani, in- vasero anco quella provincia , ma senza frutto. Cio che operassero contro la nostra citta di Trie - ste non trovasi veruna notizia , mentre il silenzio de’ patrioti al solito negligenti, privo noi, e la pa- tria di quanto segui, e gli storici veneti parcissimi nello scrivere le cose antiche senza farne menzio- ne lo tralascio . I suceessi seguiti gli anni venturi, danno pero a credere, che restassero non solo di- sgustati, ma anco affrontati. ANNI 9 3o IMP. DI OR. COSTANTIND VII PAPA STEFANO VII RE D 5 1TALIA UGO . Che le donne fossero sempre 1’ origine , e causa di moke guerre , la distruzione d’ innumerabili citta, e Regui lo dimostra . lo pure devo rappresentare in questo luogo un successo, che apporto non men disturbi, che guer¬ re alla nostra citta di Trieste . Stabilito da 1 Veneti d’invader in gnesti tempi 1’ Istria , per facilitarsi meglio 1’ acquisto di guella provincia, tentarono d’impadronirsi di Trieste sna citta capitale . Indarno pero , mentre la fortezza 15 2&6 del sito j le rouraglie della citta, e’l valore de’suoi cittadini resero vano il loro disegno . Alterati i Triestini dalla novita impensata di si irnprovviso colpo per risarcirsi de’ danni in tal occasione sof- ferti, si disposero alla vendetta, ed alla risoluzio- ne , che ora direino . La discordanza, e varieta, che negli Autori Ve¬ neti si scorge sopra 1’ assegnazione delPauno delle rapite donzelle da’ Triestini in Venezia , con altri accidenri, mi obldiga addurre in questo luogo al- cuni testirnonj estratti dagli stessi, accio, da curio- si ponderata 1’ lina , e P altra opinione , ciascuno s’ appigli alla piu propria . Paolo Morosini 1’ attribui- sce ali’ anno 668 , e lo descrive coli’ irigiunte parole . ,, Nello scrivere 1’Istoria , e nel rappresentare i successi delle cose passate , uon solo non deve es- sere biasimato cjuello che scrive le cose , che da ab tri sono State esposte , ma meriterebbe essere ri- preso, šele tralasciasse; poiche non poco della fede sarebbe lor levata . Percio non dubitero di esporre, anzi arditamente apportero quello che ali’ istoria si conviene , sebbene da altri fosse stato il rnedesi- mo narrato.Era costume nei primi tempi della Re- pubblica celebrare il secondo giorno di febbraro , in memoria della vittoria avuta da’ Narentani , li¬ na solennita derta delle Marie , per la quale si ri- ducevano insieme con li padri, o altri piu congiun- ti parenti nella chiesa di Castello le donzelle da marito j ove concorreva anco la gioventu , che pre- tendeva riceverle per mogli. Avvenne, che la notte 227 precedente al destinato giorno , li Trisstini iiirti- vamente con alcune barche s’avvicinarono alla cit- ta,ed atteso i! tempo che Je giovani erano ridotte, e senza alcuna gnardia, e timore di tale incontro , aspettavano il tempo e 1’ ora per 1’effettuazione de’ matrimonj. Entrati in chiesa, assalite, e rapite le Donzelle, le condussero a’ lor vascelii , e di la Velocemente si partirono “ . ,, Sparsasi la voce di si strano accidente, non fu alcuno, che sommamente non si eommovesse . La gioventu,ed in particolare gli artefici della contra- da di S. Maria Formosa, con celerita , impeto , ed altrettanto ardire , pošto insieme quel macgior nu* tnero di barche , che pote , quasi volando , accesi dal desiderio di giusta vendetta , caceiati non men dali’ afietto giovanile , che dali’ interesse della pa- tria, si misero a seguitare i teinerarj nemici, e rag- giunta la fuggitiva armata , con la ricuperazione delle Donzelle, vintala, e superata nelle acque di Caorle , ne riporlo la bramata riittoria . Fu per la felicita di questo successoistituita la solennita,che tuttavia e celebrata ai due di febbraro , nel qual giorno il Doge col senato , pomposamente di por- pora vestiti vanno alla Chiesa di S.Maria Formosa, a render ali’ onnipotente Iddio , ed alla beata Ver- gine le debite grazie , e poi soggiunge “ . ,, Racconta Bernardo Giusliniano , che continuo per la citta lungo tempo certo uso ( che creder si deve non poco ricevesse del sopraddetto costume ) che ciascuna contrada ornava due donzelle,le qua- li dai primi, e piu ricchi,che grandemente ne arn- bivano il carico , nobilmente vestfte anda\ano al 328 palazzo Ducale a riverire il Doge, e persuade di~ versatnente oltre grande ragione 1 ’autorita del gra- vissirno istorico veneto Paolo Morosini ec. “ Gl’ Ištorici veneti, che 1 ’ attribuiscono ali’ eta posteriore , cioe circa gli anni 930 oltre 1’ addotto Egnazio , sono Franceseo Verdizzotti , che senza specificare di cjual citta deli’Istria fossero gl’inva- sori j scrive - Uri insolenza commisero g V Istri con forma ingiuriosa, e con sprezzo non tollerabile tra private persone , non che tra principi. Temeraria- mente penetrarono di notte tempo in questi cana - li ,e in giorno destinato a solennizzar nella Chiesa di Castello malte cerimonie uuziali, circondarono d > improvviso il ternpio , e rapirono con sacrilega invasione mclte di cjuelle donzelle . Gio: Nicolo Dogiioni 1 ’ attribuisce ali’ anno 935 aggiungendo, che il Doge comtnosso da tale insul- to , portossi colParmata alPassedio di Trieste , la quale costrinse Panuo 986 a sottoporsi alla Repub- blica, col tributo di cento, anfore di vino alPanno * Una Cronaca veneta M. S. asserisce,.che al tem¬ po di Pietro Candiano, ovvero Sannto fatto Doge 1 ’ anno 988 fossero rapite le novizie dai Triestini, al¬ la chiesa di Castello . Onde il Doge fatt’ adunanza di quella gente , che puote , andolle dietro , e li giunsero a Gaorle , e combattuti , e rnorti ricupe- rarono le novizie., ed in. niernoria di tal cosa ftiro- no istituiti li giuocii delle Marie , che li popoli portavano per le vie piu frerjuentate 1 a donzelle bene ornate , e rjuest’usanza duro sino alla guerra de’ Genovesi quando presero Ghiozza . In uii’ altra Cronaca pur veneta MS. al cap. 4 sono 1 ’ ingiunte parole . IL primo di febbraro sua Serenita v a con trionfi a S. Maria Formosa a ve- spero in gratificazione de Casselari, che ricupero- rono le Spose , che Triestini ruborono a Castello del 939 a '01 di gennaro . Un’ altra Cronaca MS. pur senza nome deli’ autore a car. 68- narrando lo stesso successo, addu- ce queste, parole. ,, Quelli di Trieste tolsero le donzelle in tempo di M. Pietro Candiano,che era- 110 inimici de’ Veneziani, armo una galia , e uno geledello molto beu in porto, e lo fece venire a Ve- nezia , ed occultamente una notte se ascosero in Veseovado di S. Pietro di Castello., e questo fo cor- rando li anrii delnostro Signore 948 in la vigilia di Misier S. Marco, che vien F ul tirno zorno de zener. Era usanza in quel tempo in Venezia, che tutte le zovene , che erano mandate in quell’ anno , veni- vano sposade in quel zorno dalli suoi maridi in la Chiesia de Castello , dove era il Vescovo , e tutta la Chieresia ec. Ed in quel loco era tutto lo aver , e la dote del le Novizze, che davano ai suoi Sposi , e coine erano sposade le menavano a časa ec.“ Se- guendo poi la narrazione del fatto con la vittoria , e ricupera deli c medesime soggiunge . ,, Onde per Ja dita vittoria che ave i Veneziani in quel zorno , fo ordenado, e costituido le dodese Marie, che an- dassero per ilCanal a riverenzia della nostra Doli¬ na Santa Maria , perche nel zorno de Santa Maria delle candelfe, che vien alli do de frever, s’ otten- ne tal vittoria, e duro questa festa fin al 1387. che Signoria lassd de fari a, per una guerra, che aye a33 in quel tempo con zenovesi guando i venne a Chioz- za . Ancora fu ordinado, che il Dose con la Signo- ria debbi andar a dir Vespro a Santa Maria Fortno- sa la vezilia di S. Maria che vien alli do de fevrer, e la rason , perche guando fu sonado le campane i easseleri di S. Maria Formosa, farno i primi , che venne con le sne scole alla riva de S. Marco , ed ancora forno i primi , che ferirno nelli nemici , e pero i domando di grazia, che ’i ditto Dose, e suoi successori vegnisse alla so chiesa, e dovesse offerir una cer.ta moneda chiamada el vien ancora fino dal zorno de ancieo ditta moneda se offerisce ec. ec Soggiunge anco di piu il Loschi che ,, ritornati a Venezia ( parla de’ casselieri di S. Maria Formo¬ sa ) si presen tarono al Doge PietroCandiano , rife- rendo 1’ ottenuta vittoria ; lodo il Doge la pronta e coracgiosa risoluzione , a cui chiesero per merce- de , che in memoria deli’ onorata fazione venisse ogni anno col seguito de’ senatori a visitare la loro chiesa dedicata alla granMadre di Dio .Dicono per antica tradizione , che rispondesse : veniro , ma se mi venisse farne ? Soggiunsero : vi darerno del pa- ne . Se mi venisse sete ? Vi daremo del vino . Se fastidio? vi saranno de’naranzi. Se piovesse ? por- tarerno uri cappello.E cosi anco a’ di nostri per an¬ tica gloriosa rnemoria portano li Gastaldi di detta. Parrocchia al Serenissimo Prencipe due pani gran- di , due fiaschi di vino , alcjuanti naranzi , ed ua cappello (e . Sin gui il Loschi. Gio: Battista Vero seguendo le vestigia deli’ E- gaazio., e Verdizzoti , seri ve fos s ero Istriani , sea- 2-34 za notni n are di qual citta , attribuendo il fatto al 944 - Ed un’ altra Cronaca anlica di Venezia MS. pag. 3a diee che 1’anno 945 fu fatto Doge di Vene¬ zia Pietro Badoer figliuolo deli’ Uršo Badocr , al tempo del cjuale alcuni dicono , che le novizze , che fttrono tolte dai Triestini fossero ricuperate, e non del predecessore . Coriehiuderemo dunque cjuesto fatto con quan« to di esso ci rappresenta il Vianoli, accio la diver- sita, con la qnale dagli scrittori vien riferito, sorn- ininistri al la curiosita di chi legge maggior chia- rezza , e cognizione della verita . Scrive duncjue quest’ autore , ,, Oecorse in Venezia un caso degno di passare perpetuamente per la bocca della lama . Si eserci- tava per antico istituto un costume , a motivo di tenere lieta la plebe, di maritare col pubblico da- naro dodici donzelle povere del popolo minuto , le quafi coroparivano ornate con gran pompa di irtol- te gioje con una corona stil capo , e con la dote as- seenata a ciascuna nel giorno della traslazione del Corpo di S. Marco eh’e ai 3i di gennaro, e si por- tavano alla ehiesa di S. Pietro di Casteilo.dove ce- lebrata dal Vescovo una solennissima Messa , si sposavano , e di la erano da* loro niariti condolte aile čase proprie con allegra armonia de’ suoni “ . ,, I Triestini deliberati ne! ior perverso animo di rapire queste donzelle , al comparire di esse nella suddetta ehiesa, usciti da! nascondiglio d’una sec- ca ivi vicina, entrarcno nel tempio con Parmi 235 tlalle vesti coperte , e nella pienezza maggiore del- la festa , presero a viva forza le spose , e rapitele nelle loro barche le trasportarono, indrizzando il viaggio al proprio paese. Insorse per tale eccesso un gran tumulto nella citta, che pervenuto a no- tizia del Governo, fu con subito provedimento da esso ordinata quantita grande di barche, distribui- tone 1’obbligo a tutte le Parracchie, capi di con- trade , e Gastaldi delle arti di prepararle , e fu con tanta celerita eseguito il comando , che in poche ore si suppli con la moltiplicita degli operanti, e con 1* asaiduita deli’opera alPimuunente urgenza del bisogno. , cosicche raccolta e posta in ordine quantita di barche armate, comparve la forma d’una potente armata, e salitovi sopra il Doge, si drizzb dietro la traccia dei predatori. Il giusto tentativo ebbe cosi propizio il favore della fortuna, clie fu- rono bentosto scoperti i rattori , clderano smonta- ti sopra il Lido di Gaorle , avendo lasciati i legni in un porto, il quale si denomino per questo suc- cesso da quell’ ora in qua, il porta delle Donzelle. L’ avidita umana e la piu frequente cagione delle rimane disgrazie. Questa mossei Triestini alfinde- gnita della colpa, e questa pure li colpi su quella spiaggia , resi vittime della meritata pena . Si era- no ivi ridotti a dividere le spoglie della riputata felice , ma sperimentata infausta lor preda , quan- do alcuni falegnami, che nella, cantrada di S. Ma¬ ria Formosa tenevano le loro abitazioni, smontatii primi a terra , assalirono con sommo valore , ed impeto i Triestini. Questi, com’e solito delle azio- a36 ni indegne profondare gli animi nella piit abbieta vilta, dallo scoprhsi ritrovati, si erano perduti ed avviliti , onde agevolmente rimasero tutti per le mani degli assalitori svenati , ed uccisi, senza che pur uno potesse esimersi con la fuga al furore del- la giusta vendetta, servendo per trofeo insieme , e per trionfo della vittoria la ricupera delle don- zelle, degli ornamenti, delle gioje , e delle doti lo- ro ; e per lieti e fesii vi fuochi tutt’ i legni de’ Trie- stini,ehe forono consegnati alla voracita delle fiamme . E poi soggiunge . ,, ,, I grandi avvenimenti ricercano anco grandi le memorie, e le rirnostranze , altrimente si defrau- derebbe alla giustizia la gloria delle azioni distin- te^guando non si contrassegnassero con la distin- zione dalle ordinarie . Fu percio stabilito che in ricordanza diguesto avveniinento^ dovessero il Do¬ ge, e successori suoi ogni anno la vigilia della Pu- rificaziotie della gloriosissima n ostra Signora por- tarsi alla visita della Chiesa di s. Maria Formosa , ed assistere in quella al Vespero, coine nel tempo presente si continua 1’osservanza; ed oltre di cib fu deliberato , che ogni anno si facessero 12 statue di legno , che rappresentassero le 12 donzelle ra- pite , e ricuperate, le quali statue fossero poi con- segnate a dodici delle piu rieche famiglie della cit- ta, che adorrsandole con vesti, e gioje preziose , dovessero esporle alla pubblica vista sopra 12 bar- che grandi chiamate peate , ancora esse addobbate signorilmente per otto giorni continui conrincian- dodal giorno della conversione di s. Paolo, sino al a37 giorno della festa della Purificazione, conducendo- Je per tutto il canal grande , e per tutta la citta, solennizzando quel tempo con giuochi , con festa , e con le gare de’ remi nelle pid cospieue regate , che sono 1’ onore della lena , e della sveltezza ple- bea, e circondando le dette statue, eh’erano chia- mate le ia Marie da nobil circolo delle pid vaghe, e manirose dame della citta . Questa solenne ceri- monia continuo per il eorso di piu 4©o anni , por- tando la sna durazioue sino al tempo del doge An- drea Contarini , deposta in quello per la molestia insorta della guerra de’Genovesi venuti nelTanno 1379 sino aGhiozza. Non hanno luogo i piaceri del- da pace tra i pericoli, e travagli della guerra ec. ,, Sino qui quest’Autore. Da’ quali testimonj quantunque nel racconto de- gli accidenti alquanto discordi , concordi nella so- slanza del fatto ,chiaramente si scorge, che i’as- segnazione del rapimento delle donzelle fatta da Paolo Morosini, e suoi seguaci alPanno 668 , come s’accennd di sopra, lontana da ogni probabilita, e fondamento non puo sussistere, mentre in quel tempo la citta di Venezia non conosceva ancora ne Doge, ne Vescovo , essendo seguita 1’elezione di Obeliato suo primo Vescovo , secondo 1’opinio- ne comune degPistorici veneti , abbracciata dallo stesso Morosini, .solamente Tanno 772 . Oltre che la consanguinita, e parentela di molte famiglie partite poco prima dalla citta di Trieste, per i- sfnggire 1’incursioni de’ Barbari, ed andate ad abi- tare in quelle lagune, ei porge fondamento a ere- 2Ž8 dere, che i nostri Triestini non sarebbero traseor- si tant’okre per non npportare a’proprj congiunti,, e parenti rammarico si estremo . Onde restera conchiuso , che tal fatto segui cir- ca gli anni del 930, e 'che la solennita delle Marie fosse istituita per la vittoria ottenuta contro i Triestini, guando rapirono le donzelle, Come asse- riscono guasi tutti gl’istorici veneti , e fanno te- stimonio le armi che levate loro nel conflitto , si conšervano oggidi ancora a perpetua memoria de’ posteri nella pubblica sala delTarmamento del pa- lazzo ducale di Venezia, Le calamita e guerre, che a causa di tal rapi- mento j sostenne poi la citta di Trieste in diverse oecašioni, e tempi della serenissima Repubblica di Venezia } le scrisse Nicolo Manzuoli (i) . Questa citta di Trieste ebbe piu volte contesa co’ signori Veneziani. La prima fu nel principio della Repub- blica quando rubbarono le donzelle . Della qnale scrive Giulio Faroldo , segui to dal Doglioni , che commosso per tale afironto il doge, passo in Istria, di cui Trieste in quei tempi era il capo, e lo strin- se talmente , che sforzo i suoi cittadini a chieder perdono , e Farsi tributarj di j 00 aufore di vino . E questo ritrovo il primo incontro che la citta di Trieste ebbe con la Serenissima Repubblica di Venezia, dalle cui arme i suoi cittadini (al sentire di questi autori) furono astretti a reuderle tribu- to di 1 co anfore divino . Comparendo anco albim- C 1 ) Descrit r delhlstr. pag. aU proviso Farmo 1202 il doge Enrico Dandolo con 240 vele a visla di Trieste , i suoi cittadioi atter- riti da si formidabil potenza, con rendersi tributa- rj uh’ altra volja, le presentarono le cbiavi della citta . II tempo poi che persistesse 1’una, e 1’ altra in tal soggezione, nori ritrovasi nbtizia presso gFi- storici; ma solametite cbe nei secoli avvenire , fu astretta piu volte dalle armi venete a soggettarsi a quel serenissimo dominio. Al riferire del Dandolo , in questo tempo pure i cittadini di Gapodistria a persuasione d’ Andelber- to, Giovanni Seavirto, e Faragario avvocato, offe- rirono ancora la propria citta , con esibizione di Cento barile di vino alFanno . E 4 cue Imeno mar- chese d’Istria angariava i coloni della gente Vene¬ ta, con esigere insolite contribuzioni delle loro possessioni, e negavano di pagare i diritti ai Vene¬ ti , che giustamente li pretendevano * Motivo che spinse il Doge a pubblicare un Editto cont.ro il mcdesimo , e suoi sudditi , con proibizione ai Ve- neziani di andare in Istria, ed agF Istriani di por- tarsi a Venezia . Il qual editto fu poi rivocato ad istanza di Marino Patriarca di Grado, che ai pre- ghi del marchese, e popolo delFIstria , rappacifioo le parti , e con aggiustare tutte le differenze , ob- bligo il marchese a rimovere le gia imposte gabel- le, e di conservare ai Veneti i loro beni nelPIstria, col proteggerli contro chiunque pretendesse anco d’ordine Rcgio ; danneggiarli nella persona e nella tobba . ANNI 983 340 JMP. Dl OR. COSTANTINO Vil PAPA GIOVAJJKt Xi RE d’ ITAL. UGO , E LOTTARIO Per il profondo silenzio degli scrittori di questi tempi, negligenti in riferire i successi occorsi nel secolo decimo, resto priva la posterita di molte helie notizie, e cognizioni , e fra Paltre di quanto scrive Francesco Palladio seguito da Lodovico Schonleben , che P anno 933. Uintero marchese deli’ Istria, occupasse la giurisdizione del pa- triarcato di Grado , colla preša d e 11 e navi venete , che in quei contorni soggiornavano . Quali diffe- renze fossero poscia sopite dal prudente maneggio di Marino Patriarca di quella citta, senza sapersi se prima o dopo gli aecennati successi, non essen- do chi lo scriva . Accio 1 ’alterazione , e confusione de’ nomi che attribuiscono gli autori ai marchesi deli’Istria , non apporti qualche confusione anche ali’ istoria nostra , devo avvertire con Gio. Bollando, riferito dal Schonleben nelPanno 800, che— Questi nomi barbari in qaei tempi fossero stati pronunziati , e scritli variamente - e piu sotto soggiunge - Ne in cib mancana soltanto iSlavi; ma malto piu gPltu- liani , i quali deturpano mirabilrnente i nomi de' Germani , e vi fu alcurio che non avendo potulo scrivere JVolfgango, scrisse Volcano ec. Come an- co nell’ avere a suffizienza espresso, cio che s’ as- pettava alPorigine, e giurisdizioue di essi marche¬ si; ove P Imperator Garlo Magno per sopire le tur* bolenze, e stabilire la paee,ebuon governu del regno d’ Italia, onoro la provincia deli’Istria col titolu di marca , a cui assegno i proprj corilini ed aderenze , con urf supremo Comandar.te , che inti- tolo conte della Marca deli’ Istria , che poi addi- mandossi murchese , a distinzione degli altri conti ordinarj , e cornuni, con libera giurisdizione di Feudo regio , ed obbligo del giuramento . Ma primaehe la gitta di Trieste; FImperator Lottario la donasse con tutto il territorio a Gio- vanni suo Vescovo, e la dichiarasse cort ampla autorita , ed indipendenza , libera , ed esente da qualunque dominio , scrive Francesco Palladio , e con lili Schonleben , che 1 ’ Imperatore Carlo Ma- gno deputo l’anno 796 prirno Duca del FriuJi En- rico francese, per nobilta e per valore de’primi soggetti della Francia , a cui ageiunse 1 ’Istria, Dalmazia , Liburnia , Groazia , Sclavonia, Carnio- la, Istria inferiore , e parte della Garintia sino al fiume Dravo. Trucidato Enrico da’ cittadini di Tersato nella Liburnia , il Re Carlo gli sostitui Cadoloco , pure francese , con titolo di Dnca del Friuli , a cui era soggetta anco la Dalmazia, Istria, Liburnia ec., il quale dopo aver governato il corso di arini 20 con gran prudenzi quelle provincie , chiamato ali’ al— tra vita , gli successe Baldet ico , parimente fran¬ cese, promosso a quella dignitit dali’Imperatore Lodovico Pio , deposto poi dalia carica dailo stes- so, perche l’anno 827 per sua colpa e negligenza i Biilgari vastarono la Pannonia superiore . Per la deposizione di Balderico, scrive Adelmo, 16 *4 Ž che 'la marca che teneva solo , venne divisa in guattro Contee. E Sigonio la divide in 12 Contee. E quindi direi avessero principio li marčhesi deli’ Istria , con libera giurisdizione di Feudo regio , indipendente da ciascun altro Dominio , fuori di guello de’ Re d’ Italia . Devo qui anco avvertire col Schonleben , che 1’imperatore Carlo Magno , con sagaee industria trasferi di tempo in tempo dalla Germania, Franeia, e da altre parti nel Friu- li, Giapidia, Istria , e Norico molte famiglie nobili fidate . Tra guesti aderendo al padre Gabriele Bu- cellino (j) puo annoverarsi Unifredo conte della Rezia, ed Istria, il quale in ajtro luogo onora con titolo di Principe doli’Istria , appoggiato forse a gualche iscrizione, o altra scrittura antica ; asse- gnando la sna origine da Alderico, ed Etticone duchi delFAlsazia. Asgiunge anco il suddetto au- tore,che Adelberto conte della Rezia figliuolo , ovvero nipote del precitato Unifredo, scacciatocon frode dalla Prefettura di guella Provincia da certo Raperto, ricorse a Buccardo suo fratello conte del- Plstria, con 1’ajuto del gnale raccolta una poten- te arntata , assali 1’anno venturo Pinimico , il gua- le vinto , e morto fece poi seppellire con molto 0 - nore. (1) Rhet. Cron, Ann. 806: ANNI 937 a43 IMP. Dl OR. COSTANTINO VII PAPA LEONE VII RE D’ ITALIA UCO, E LOTTARIO Degno di ponderazione parmi per 1’ intelligenza deli’ istoria quanto riferisce il Schonleben 1’ anno 937 ehe i Ducati , e Marchesati in quei tempi nou erano cosi liberi , ed esenti dalla soggezione deli’ Imperatore , corae di presente si scorgono . Ma ii loro indipendente governo , e dignita paragonavasi ali’ ufficio de’moderni Capitani , e Vice-re delle Provincie, i quali nella Serenissima Repubblica di Venezia s’addimandano Podesta . Avverte parimen- te lo stesso Autore, che quantunque dagl’ Impera- tori ne’ rescritti e prmlegj, alcuni soggetti fossero onorati solamente col titolo di Conte, mercecche colla mutazione dei governi , cangiavansi spesse volte ad arbitrio de’ Principi anco le dignita, e titoli. La venerazione e stima de’ Marchesi d’ Istria, e Gonti di Gorizia, fu sempre in tanto pregio presso la nostra citta di Trieste, che reggendosi da se con titolo di Repubblica, molti Conti di Gorizia, e Mar¬ chesi d’Istria soggetti qualificati, assisterono con ti¬ tolo di Podesta al supremo governo di essa. A qual carica, e dignita il pubblico Consiglio si stabili con positivo decreto , che i Conti di Gorizia fossero sempre preferiti a qualsivoglia altro soggetto . ANNI 948 2 44 IMP. m OR. COSTANTINO VII PAPA AGAPITO II RE d’ ITALIA LOTTARIO Seorgendo gli Ungheri } che seguita la morte di Berengario i Re d’ Italia predecessori ad Ottone primo Imperatore , occupati iri mil le discordie , e molti affari , trascurato il pubblico interesse , at- tenti solo al particolare e proprio , bon pensava- no ad altro che alla distruzione de’ loro contrarj , deliberarono nou aacor sazj del sangue italiano di tormentare sotto il comando di Salardo lor Duce , e Capitano 1 ’ afflitta Italia corne segui il corso di anni 12 incarnminati per eseguire il mal concepito disegno , la Patria nostra , con Capodistria furono le prime ( come porte e varco delPItalia ) a preva¬ re gli effetti deli’ inutnana loro crudelta.Indi pas- sati nel Friuli , inohrandosi nella Lombardia sino a Pavia lasciarono in ogni luogo deplorabili segni di un barbaro furore . Perveriuta alle orecchie delPImperatore Ottone strage si acerba , e tanto sangue sparso , inosso a pieta del la misera Italia , adunato 1 ’ anno 948 un formidabiie esercito , inviollo con Enrico Duca di Baviera suo fratello in sollievo di quell’afflitto Re- gno . Arrivato Enrico nel Friuli , ed espugnata A- ijuileja aderente di Berengario il giovane, ad istan- za di Rattone Marchese deli’ Austria , uni il suo ali’ esercito del Marchese,ed assalita ali’ improvi- so una turma di Ungheri , che spensierati, e senza alcun sospetto , soggiornavano con Toxi loro Re 5 e s45 Capitano nella Carintia , in due sanguinose batta- glie , con disfacimento totale di quei barbari , ri- masero vittoriosi; come asserisce Sigiberto .Quan- tunque il Palladio scriva , esser que!li venuti nel¬ la Carintia per vietare il passo ad Enrico , ed im- pedire la sua venuta in Italia . Per tante battaglie perdute, non isbigottironogli Ungheri, ne le perdite esperimentate piu fiate da’ loro eserciti contro Parmi di Ottone, temute pero sempre da essi;ne sminurono punto Paudacia, per- che avidi di nuove prede, istigati da Toxi lor Capi¬ tano fecero ritorno in Italia, e Pinvasero con tanto terrore, che tutti temevano 1’ultirno esterminio di essa . E dopo averla crudelmente flagellata, e qua- si distrutta, prima di ritornare alle proprie čase , obbligarono.il re Berengario II. nipote deli’ Augu- sto di contribuirle grossa somma di danaro , che per raccoglierlo spoglio di tesoro le chiesc, ed an- gario di gravissitne imposizioni i popoli, senza per" donare a qualunque eta, sino ai fanciulli di latte , coli’ esborso di certa moneta , ded 1 quale dieci moggia ne contribui agli Ungheri. Quanti infortu- nj, e calamita apportasse la barbarie degii Unghe¬ ri in questi due passaggialla nostra patria, insuffi- ciente scorgo la mia penna a ditnostrargli, onde con profondo silenzio devo lasciarli nelPobblivione se- polti j per non trovare chi gli deseriva . ANNI 960 346 IMF.'Dl OJU. ROMARO PORFIR. PAPA GIOVANNI XII RE r/lT.BERENGARIO E ADALBERTO Risoluta 1 ’ Imperatore Ottone Panno 960 la sua venuta in Italia per sopire, ed ammorzare le dif- ferenze de’ Principi italiani , i quali discordi fra loro non acudivano ad altro, che a distruggere se stessi, adnnalo un potentissimo esercito , col qua- le , al parere di Luitprando in Crhonic. incarnmi- nossi per le Alpi Giulie , come strada piu breve, e facile verso 1 ’ Italia ; quantunque il continuatore di Reginone scriva , che dalla Baviera passasse a Trento , indi s’ inoltrasse a Verona . Onde per ac- cordare questi autori suggerisce il Schonleben, che diviso P esercito, parte s’incamminasse per F una, parte per 1’altra strada,e che 1’Imperatore in per- sona s’ inviasse per le Alpi Giulie . ANNI 971 IMP. DI OR. GIO. ZIMISCE PAPA GIOVANNI XIII. DI OGC.OTTONEI Scorgendo il Sommo Pontefice Giovanni XIII, che i Saraceni occupatori del monte Gargano nel- la Puglia , addimandato a quei tempi Gariliano , apportavano gravissimi danni ali’ Italia , con peri- colo ancora di maggiori rovine ; tutto sollecito il diligente pastore al la salute d’Italia, indusse F an- no 971 gP Italiani, Tedeschi , e Schiavoni a guer- / reggiarle contro , i quali unitamente concordi , as-' salendo i Saraceni li circondarono,i Tedeschi, Ita- liani e Schiavoni per terra, e co’ legni de’ medesi- mi Schiavoni de’Veneziani, ed altri Italiani suddi- ti deli’ impero , e della chiesa , cioe Istriani , Co- machini , e Marchegiani per mare . Non esseudo dubbio , che uniti cogP Istriani , concorressero ad impresa si pia anco i nostri Triestini con le loro navi. Attorniati da ogni lato dalle armi cristiane i Saraceni, scorgendosi ferocemente combattuti sen- za alcuna speranza di soccorso,pieui di confnsione abbandonato coa grave danno gli acquistato mon. te j ritornarono alle proprie čase . ANNI 97S IMP. XXI OR. BASILIO IT. PAPA BENEDETTO VII DI OCC. OTTONE II Convengono comunemente gli scrittori delle sto- rie, ed accidenti occorsi ne’ tempi andati nella Re- pubblica di Venezia, che 1 ’anno 975 il mese di A- gosto il popolo tumultuante di quella citta , inci- tato dalle persuasioni di Pietro Orseolo male affet- to, e contrario al Doge Pietro IV. Candiano, arma- ta la destra di ferx*o e la sinistra di fuoco , con fu- ribonda rabbia assalito il Palazzo Ducale, rkluees- se in cenerequellasontuosa maccliina, insieme con la Basilica di s. Marco, e piu di cento čase di quel- 1 ’ infelice contorno . E perche le scritture della cit¬ ta diGapodistria trasferite gli anni addietro a quel- la ReRgia, rimasero in tale accidente incenerite s48 dal fuoco, rieusavano x GiustinopoHtatii di piu cen« tribuire alla Repubblica il pattuito tributo di 100 parili , o anfore di vino , stabilito fra essi gli anni passati . Si risenti a tal novita il Prencipe, il qua- le colla forza delle armi il secondo anno del suo Dogato obbligo nuovamente quei popoli ali’ an- oual contribuzione delli cento barili di vino , che poi al sentire del Dandolo furono conferiti alla mensa Patriarcale di Grado . E con la sua desteri- ta , e dolcezza compose, e pacifieo alcune dispari- ta , e contrasti irisorti fra esso popolo di Capodi- stria, ed il Conte Sieardo tli Giaptidia ; conferman* do con utia Ducale alla suddetta citta i suoi privi- legi, coli’ accennato obbligo delli cento barili di vino. ANNI 983 IMP.DI OR. BAS1LIO II PAPA BENEDETTO VII d’ocg. OTIONS II Assunti al trono Imperiale di Grecia Basilio II, e Costantino VIII, spin ti da spiriti guerrieri, risol- vettero ricuperare qne.lle citta d’Italia, che d’ 80 anni, scosso il giogo greco , niuna stima, o conto facevano del loro Impero . Per conseguire Pintento circa I’anno 982, indussero gli Ungheri , ancor pa- gani, a mandar le loro truppe nella Dalmazia , ed indi traghettarle nell’Abbruzzo . Essi con altro e- sercito raccolto del fior della Grecia , passarono in Calabria. Per la difesa d’Italia non meno sollecito il Papa, e suoi Romani, che i Greei ali’ olfesa, ol- 349 tre i preparamenti domestici. ricorsero in ajuto ali’ Imperatore Ottone nella Germania , il quale con potentissimo esercito per la via di Trento , e Verona , s’ incammino in persona verso 1’ Italia ; con ordine espresso , che nell’ Istria, ed altre citta del Golfo a lui soggette , si congregassero tutte le navi, e legni atti a formare nn’ armata di mare , e con essa travagliare la Dalmazia,e chiudere la via agli Ungheri di ritornare a časa . Goncorse anco per favorire la pia intenzione deli’ Imperatore la nostra citta di Trieste, come principale deli Istria, e porto piu celebre di quella Provincia con buon numero di navi a tale impresa . Avanzossi Ottone co! suo esercito accresciuto di tnolti Italiani contro i nernici , co’ quali venuto alle mani »imase vinto , e totahnente disfatto dai Greci.che appena pote con la fuga salvare la vita; mentre abbandonato nel principio della battaglia da’ Romani , e Beneventani , che rivolte le spalle ali’ inimico, furono causa di tanto danno e r.ovina. Sfuggito il pericolo , portossi a Roma , ove ineol- pamlo i Romani , e Beneventani di averlo tradito ^ iudi passato in Lombardia riuni 1’ esercito , col quale assalito iinprovvisamente Benevento , dopo espugnata quella ricca citta , la riteune per se in risarcimento dei danni,per loro colpa ricevuti nel¬ la battaglia , e ritornato a Roma rese 1’ anno se- guente in quella citta 1’ anima al Greatore . Questo istesso anno ad intercessione del giova- netto duca Ottone figliuolo del mentovato Impera¬ tore, il Patriarca d’Aquiieja Rodoaldo ottenne dal- la generosita di Ottone II. che soggiornava in Ve- 2,0 O rona, raecogliendo 1’ esercito gia accenaato , 1’ in- vestitura e Dominio temporale delja citta di Udi- ne, e diversi castelli, e terre poste nel Friuli, con aitre prerogative, e privilegj; base e fondaniento , sonra de’ quali appoggiarono i Patriarehi d’ Aqui- leja il principio della loro potenza , e grandezza : mentre indi in poi dagl’ Imperatori Romani furo- no sempre riconosciuti , ed annoverati fra’Principi delP Imperio , a’ quali diversi altri successori di Ottone concessero e donarono con larga mano nel Friuli , e nell’ Istria molti altri Leni , e privilegj , che poi col tempo perduti , ed essi ridotti in basso stato , e fortuna , insufficienti a sostenere lo splen- dore , che la dignita di Principe deli’ Impero i’i- cliiede , tralasciando si pregiata prero^ativa , noa ardirono piu per molto tempo appropriarsi tal ti- tolo; sinoa che dalPImperatore Garlo IV nell a die¬ ta celebrata in Francfort li id Aprile i366, fu ri- novato lo stesso titolo di Principe e Consigliere del Sacro Romano Impero , con tutte le prerogati¬ ve, e privilegj degl’ Imperatori e Re suoi predeces- sori a Marquardo Patriarca , e suoi successori . Le qui riferite notizie del Patriarca d’Aquileja non de- vonsi giudicare impertinenti a questa storia ; ma sono qui accennate , per accrescergli a’ suoi tempi maggiormente la necessaria luce . ANNI 994 a 5 1 1MP. Dl OR. BASILIO II PAPA GIOVANNI XV RE Dl GERM., E d’ ITALIA OTTONE III Assunto alla Dignita del Dogadodella Repubbli- ca di Venezia Pietro seeondo Orseolo contrasse su- bito nel principio del suo governo strett’ amicizia coi principi delPItalia, e proibi P anno 994 con ri- goroso editto a’ suoi sudditi, di non pagare indi in poi alcuna gravezza, o censo a’ Corsari Dalmatini, » ed Istriani, i quali d’ordine deli’ Imperatore d’ O- riente, come supremo padrone delPAdriatico, cor- seggiando custodivano quel mare . L’origin^ di tal proibizione Gio. Lucio (1) attribuisee ali’ usurpa- zione del Regno di Croazia da Dircislao Tiranno , il quale escluso dalla eredita paterna, e dal Regno dovuto a Cresimiro suo fratello inaggiove, lo ne- cessito ricorrere per ajuto e soccorso alla Repub- blica di Venezia , la quale abbracciata 1 ’ occasione di soccorrere Cresimiro , s’ impadroni col tempo della Dalmazia, ed Istria . Posciache malcontento Dircislao de’ Veneti per il sospeso trihuto , uni i suoi Croati a’ Narentani infestando i Dalmatini a- derenti di suo fratello, e collegati co’ Veneziani ? con li Croati per terra , e coi Narentini per mare . I Veneziani per vendicarsi di tali ingiurie , le pre- sero una citta, conduoendo prigioni a Venezia i suoi cittadini. ( 1 ) De Regn. Dalm. 1. 2 . C. 8. ANNI 996 a52, IMP. Dl OR. BASILIO II PAPA 0REG0R10 t Dl OCG. OTTONE III L’elezione deli’ Imperatore trasferita in Germa* nia Fanno 996, spinge la mia penna in guesto luo* go a descrivere una breve relazione di essa, e del modo come segui. La quale quantunque giudicata da alcuno tediosa, e non eonvenirsi a quest’ Isto- ria : necessaria pero per 1’ intelligenza di quanto siegue, non inutilmente da me addotta. Avendo il Re Ottone III. T anno 996. riposto nella sede pon- tificia Gregorio Papa V., scacciato gia da Giovan- ni XVI. Scismatico, al quale d’ordine dello stesso Ottone troncate le mani, oreccbie, e našo , e ca- vatigli gli occhi, pošto sopra un asinello, con la faccia rivolta alla coda, condotto per la citta di Roma, sforzatanieute dove esclamare : Tal suppli- zio sojfre , rjuello che si sforza di scacciare il Pa¬ pa Romano dalla sua Sede . Scorgendosi dal valo- re e prudenza di Ottone liberato Gregorio colTI- talia,, e tutto 1’Imperio da si fieri e potenti nemi¬ ri in ricompensa di tanto beneficio volle decorat’- lo al sentire di Lamberto, ed Odoranno riferiti dallo Spondano (1) con la corona imperiale. Adu- nato percio in Roma un Concilio , ove per gratifi- carlo in parte, decreto che Telezione de’ Re de Ro¬ mani nelTavvenire s’aspettasse perpetuamente ai (0 Annal. Eccl. ann, 996. n. 5 ^ 253 Principi deli’ Impero della Germanu , da’ quali estralto certo numerodi Elettori, eleggessero gne¬ sti il Re de’Rontani. Divenuto indi in poi guel Re- gno una medesima cosa colPImperio, con tal dif- ferenza pero, che Peletto prima della coronazione di Roma s’intitolasse Re de’ Romani, e dopo quel- la, Imperatore. Tal modo di elezione cagiono molti disturbi ; men tre i Romani pretendevano da essi doversi ri- conoscere, meritare, e quasi comprareil titolo Im- periale da qualunque lo ricercasse. Ali’ incontro pretendevano gli Alemanni averlo colle armi, e benemerenze acguistato per sempre. Oltreche il concorrere tutt’i Principi deli’Impero nelPaccen- nata elezione, cagiono in principio gran confusio- ne : onde per ovviare a’disordini Innocenzo IV. Sommo Pontefice stabili Panno 1245. nel celebra- re il Concilio di Lione, certo e determinato name¬ ro di sette Elettori, fra’ quali i primi fnrono d’ Ecclesiastici P Arcivescovo di Colonia , di Magon. za , e Satisburgo, e de’ Laici i duca d’Austria , di Baviera, Sassonia, e quello di Brabante. E di que- sti ancora col tempo per diversi occorsi accidenti , quattro fnrono cangiati, 1 ’Arcivescovo di Salisbur- go in quello di Treveri, e invece de’ Duchi d’ An- stra, Baviera, e Brabante, si sostitui il conte Pa- latino del Reno, il Marchese di Brandemburgo col Re di Boemia, il gnale puo dirsi piuttosto defini- tore, ed arbitro , che Eletlore , inerce che discordi fra di loro nell’ elezione, gli altri sei, ad esso a- 8 petlasi decidere le differeuze ed opposizioni che ■vertissero in essa. ANNI 997 a 54 IMP. Dl OR. BASILIO XI PAPA GREGORIO V Dl OGG. OTTONE XII Afflitti ed angnstiati gl’Istriani, e Dalmatini dalle insolenti molestie de’ Narentani , e Croati ricoi'sero mediante loro Ambasciatori al Dominio Veneto, accio li difendesse e proteggesse contro si fieri nemici e Tiranni, offerendo a piedi del Doge con la propria soggezionc; ancbe il vassallaggio. Non lascio sfuggire occasione tanto opportuna, e propria quella Repubblica per vendicarsi in un sol colpo de’Narentani s e cattivarsi q,uelle nazionia lei poco afFette ne’tempi andati . Accolsero con pater- no zelo gli Ambasciatori , ed alla colpa pentita degPIstriani, e Dalmatini, perdono tutti gli ecces- si passati, per correggere con piu sevei’o castigo la pertinaeia imperversata de’Narentani. Allestito in breve spazio di tempo grosso numero di Vascelli , e Galere šali sopra quell’armata con titolo di Capitanio generale 1’istesso Doge Or- seolo, il quale dopo ricevuta la benedizione col vessilo di s. Marco dal Vescovo di Castello, spiega- te al vento le vele 1’ anno 997 passo con prospero viaggio il golfo , ed arrrivato nel porto di Parenzo nell’Istria, il suo Vescovo, clero, e popolo,furo- no i primij che andarono ad incontrarlo . Se ten- tasse il Doge in quest’ occasione anco P espugna* zione di Trieste per vendicarsi del passato oltrag- gio delle donzelle poco prima rapite, oppure appb* cato ad altre imprese tralasciasse di molestarla , 0 255 perche gia prima fosse oecupato dai Veneti, non trovasi Autore, che lo scriva, onde io ancora pas- sando in silenzio questo fatto , tralascio di scrive- re altro. Partito il Doge da Parenzo, si trasferi alla citta di Pola , ove aneo il suo Vcscovo Bertaldo col Cie- ro , e popolo seguirono 1’ esempio di quelli di Pa¬ renzo. Quindi portossi alla citta di Ausero situata nei confini deli’Istria e Dalmazia , ove al sentire del Dandolo - Radunandosi non solo i cittadini , ma tutti de ’ confinanti castelli tanto de ’ Romani, che de^Sclavi, a gara concorrevano alfarrivo di im tani o ospite: col prestare da tutti il giuramento , deliberarono di rimanere sotto il Dorninio di quel Principe . Cosi fecero poi le citta di Belgrado, Ža¬ ra, Trau , Spalatro, Veglia , Arbe , Sebenieo, Cur- zola , Ragnsi, ed altri luoghi , alcuni de’ quali si arresero volontariamente, ed altri forzati colle ar- rni ali’ ubbidienza del Doge . Fu ineontrato nella citta di Trau dali’esiliato Cresimiro Re de’ Croati, addimandato dallo stesso Autore Surigna , il quale si uni non solo in lega giurata col Doge , ma anco per sicurezza rnaggiore di Sua fedelta gli consegnb Stefana suo proprio figliuolo ancor giovanetto . Grescendo con le vittorie anclie le speranze di ampliare maggiormente la pubblica grandezza , terme nella citta di Žara un pubblico congresso , ove convennero i principali soggetti della Dalma¬ zia , co’quali consulto il modo piu facile di soggio- gare gPinfesti nemici, e liberare dalle inolestie de’ Narentini la navigazlone deli’ Adriatico, ed il ter- ritovio di Žara, ed altri confinanti dalle insolenze 2,56 de’ Croati. Allo strepito di tante conquiste , e gri- do di si formidabile armata, atterrito Dircislao Ti- ranno del la Croazia nomato Mucimuro dal Dando- lo , col mezzo di Ambasciatori, procuro cou mela- te parole placare U Doge, il quale sprezzando tale Arnbasciata , accresciuta 1 ’ armata di numerosa gente Dalmatina , si spinse veloee eontra i Naren- tani, scopo principala del la sua mossa . Questi av- •viliti per le divise e sminuite forze di terra , e di rnare, che dalla distrutta ed atterrata citta di Cus- sa, cosi chiamata dal Dandolo , ovvero Chisa da Lucio, siouro ricovero,e nido de’ co/npatriotti cor- sari;o!tre la perdita di 40 soggetti d e’pri pni fra lo- ro , i quali preši dai Veneti , mentre dalla Puglia facean ritorno alla patria , non meno eontusi di tanti infortunj , che pieni di spavento e timore di si polenti nemici,che al sentire del Dandola, umi- liato il loro piuneipe, gli conveune con continuat® preghiere, chiedere perdono , e la restituzioue di 40 de’suoi fatti prigionieri, colla condizione cbe prima della uscita del Doge da’ suoi confini, taiAo esso principe de’ Narentani, quanto i suoi magnati sarebbero personalmente venuti a soddisfare ai lo¬ ro doveri , e che non avrebbero esatto per 1’ avve- nire alcun tributo sotto verun pretesto, ne avreb¬ bero recato rnolestia a verun viaggiatore veneto . A patti e condizioni si ample rimesso il Doge, comando la rilassazione de’prigioni, con la riserva di sei, i quali per ostaggio, e sicurezza della sta- bilita pace mando a Venezia, e dopo occupati seu- za strepito d’armi diversi luoghi della Dalrnazia, e ricevuti anco sotto la protezione,, e governo del- z5j la Repubblica i popoli della Croazla f mediant& la lega j e matrimonio contratto dal Preocipe Stefan© figliuolo del Re Gre&imiro- con sua figliuola Icela j; carico di trofei fe litorno aVenezia, ove ritrovd- li piu solenni applausi, che penna possa spiegare , col titolo di Doge di Venezia, e Baknazia, princi- piando in tal guisa la Repubblica a dominare oltre irecinti marittimi della propria cit ta ^ e lagune :: che fu questo ii primo impero di acquistare pro- vincie deli’Adriatico mare. Lodovico Schonleben appoggiato ali e parole del Daudolo, scrive che le citta delPlstria gia eoiiega- ta im amicizia coi Veneziani, non ricevessero in quest’occasione lesione alcuna, ne &i assoggettas- sero al Doge , come scrivono i moderni; ma sola- mente fosse ammesso, ed incontrato in esse col- 1 ’ aecennata solennita, qual confederato. amico.. ANNI 1000 *MP. DI OR. BASILIO IT F A PA- 31 TVEST RO 15 DI OCG. OTTONE III, Per compimento e corona delFanno millesime- dopo la venuta del Salvatore al Mondo, in cui fi- ®isce questa parte dellanostra Istoria,, addurro cib eh e riferisce Sigiberto (i) con altri Autori, de’ma- r avigliosi prodigi^edorribili portenti in esso succes~ si, che lo resero non men mernorabile, che spaveff- 0 ) Chron.. asm. i-ooo. »7 sSS toso ali’ universo . Un terremoto fra questi con* quasso si fattamente in molte parti la terra, che diverse citta, castelli, e terre rimasero con terro- re universale del Mondo rovinate , e distrutte . La apparizione poi d’un’orribil cometa, che alli 14 decembre sin alle 5 ore di notte, a guisa di fiaccola accesa, discese dal cielo verso la terra, la quale con isplendore,e luce si grande illuminava non so« 16 le campagne , ma penetrando per le finestre , anco le čase stesse , che a poco a poco mancando, termino nella figura di un orribil Dragone con la testa di smisurata grandezza , e gambe pavonazze, la quale riempi di tanto spavento, e timore gli uo* mini, che ognuno credeva esser vicina la fine del Mondo. E perche i successi di quest’ anno, cotne accen* na Giulio Faroldo fi) non sono trasmessi a’postei'i per mancanza d’Istorici, perirono, e rimasero qua- si del tutto nel seno delFoblbivione sepolti. A me si toglie 1’impegno di ricercare piii tra tante oseu- rita alcun lume di certezza, anzi da queste ombre invitato a porre il termine alPistorico pellegrinag- gio di questa parte, interrompo il volo alla penna, ma non alle bi’ame di stendere nella seconda par¬ te diffusamente tutto <66 che puo servire di cona- pimento alla presente Istoria . (0 Annal. Ven, ann, 1000 » RACCOLTA 2S9 I^ISCEIZIONI ANTICHE ROMANE Dl TRIESTE CHE INTERESSANO LA SUA STORIA . Misero avanzo della barbarie del bero Attila fla- gello di Dio, de’ suoi Untti, e poi de’Goti, sono le vestigie di un sontucso arco trionfale (1), o altro maestoso edifizio sopra le cui rovine fu fabbricato il campanile, o torre della Cattedrale di S. Giu- sto martire. Macehina di magnifica,ed ammirabile vaghezza, egrandezza, come dimostra il residuo di alcuni frammenti, e reliquie . Scorgera da essi il curioso professore d’anticaglie, con quanta buo- Ba architettura , e scultura , fosse fabbricata opera di magnificenza si grande.Otto colonne cinque piedi dištanti una dali’altra, e con buon ordine ( 1 ) Da che il Ces. Reg. Direttore delle pubbliche fabbriche del Litorale Austriaco Pielro Nobile , ce' lebre non Solo per le sue estese cognizioni nelbar- te architettonica , tna nell’antiquaria ancora, in merito de’quali suoi pregi e talenti venne recente- mcnte da S. M. innalzato al grado di Consigliere nel Dicastero Aulico delle pubbliche fabbriche di tutto lo stato , e direttore deli’ Accademia di Belle Arti in Vienna nel ramo di architettura, tolse egli 1’ inveterato errore , coli’ avere dimostrato ad evi- denza , non esser mai stato questo un arco trionfa* le, mabeusi un Tempio maestoso delPepoca di An* gusto; a6o compartite, a’ giorni nostri ancora si veiioao, sei riposte nel muro entro essa torre , tre per ciascun lato, e due fuori della facciata della Chiesa (j) di- vise coli 5 accennata distanza , che servono a guisa di base ad ambedue, quali con le vestigie de’fon- damenti, che in terra appariscono, sono indizio manifesto tre essere stati gli ordini delle colonna- te, che sostenevano questa gran mole . La finezza del lavoro d’ordine corintio delle colonne lunghe 12 , piedi, e grosse a proporzione tutte scannellate, de’capitelli artificiosamente a fogliami intagliati, del cornicione tutto sotto, e sopra col fregio di va- rj intagli di fiorarni adorno , nel mezzo del quale campeggiano con lavoro di basso-rilievo molti tro- fei, scudi, elmi, corazze , spade , ed altri arnesi militari in varie forme rappresentati , il tutto di pietra bianca lavorato con rarita di maestria tale, che quando le altre antichita fossero venute meno in Trieste, questa sola sarebbe bastata per ravvi- vare la buona architettura e la scultura presso co- loro che di somiglianti professioni si dilettano. De- vesi pero avvertire che l’accennato cornicione col- locato sopra la porta del campanile, ivi fu pošto, quando fu edificato con la Chiesa , per conservare meinoria diartificio si nobile, ovvero per omamen- to, ed accompagnare le due colonne al di fuori della facciata , e non gia perche ivi fosse il proprio loro sito. (») Non si vede al presente che una sola colonna fuo - ri della suddetta facci Rta< £&l Ghe In famiglia A^Vibj (i) fosse illustre, e mol- to copiosa nell’ Istria , e particolarmente in Trie- ste j due altri soggetti di essa nominati nella se» guente.iscrizione ce lo dimostrano . VIBIA • G • TERTVLLA ŠIBI • ET • LAFARIO • NIGRO ET • G • LAFARIO • CELERI • F • ET • M . ARTANIO ■ GRATO GONTVBERNAL. LIB. LIBQ. SVIS • ET • VIBIA • FOOR CADI • ET • SASTRIO • SATVRNO GONIVG. EIVS • ET • SASTRIO VALERIANO • FIL • COR • H- M- H- N- S- Stava prima questa lapide nella base della tor¬ te, o eampanile della nostra Cattedrale di s. Giu- sto, d’ onde poi levata , (2) fu riposta in suo luogo (0 Vedi alla pag. 52. ( 2 ) Osservai piu -volte nel lato dello stesso eampanile che guarda verso la lippa , e la strada che ascende alla cattedrale, in oltezza di circa 3o piedi , che nella base deli’ erta di una finestra murata evvi na’ iscrizione. Curioso di cio che contenesse, con un buon cannocchiale scopersi essere la medesima lapide riportata qni sopra dal Padre Ireneo , sta posta in opera collo seritto allo rovescio, ciož che guarda ln su, a cui, per applicarvi lo scuro, o lanta , \i e impiombato un occhio massiccio di ferro sullo serit- t0 Jaedesimo; z6z quell’altra, che oggidi ancora si vede di Costanti- no, qual prineipia IMP.CAES. II motivo di tal permuta (i) parmi non fosse altro , che la conser- vazione d’ nna memoria perpetua di tanto Impera- tore , qual fu Costantino. Fanno di essa menzione Pietro Appiano, ed Amanzio, Lazio de Repub. rom. lib. 12 . sect . 5. cap. 8. Grutero Inscript. antiq. pag. looi. num. 3. Nota che VIBIA , benche posta in primo lnogo , » norae gentilizio de’ Vibj , poiche , come osservo il Gavaliere Orsato,le Donne Romane presso tutti gli scrittori comunemente venivano addimandate collo stesso nome della famiglia , con tal differen- za pero, cavata dal Panvinio, che essendo una sola non se le dava aleun prenome , e cognome . Della stessa opinione trovo un Anonimo amico di Sigo- nio , il quale nel libro , che fa de nominibus , dice, che Mulieres a nomine gentis vacabantur , et uno tantum nomine , ut Porcia , Cornelia , Julia , ec■ Ed afferma che mai le donne si chiarnassero con due nomi , quando non fosse stato il prenome di Čaja comune a tutte le femmine, come vuole Plu- tarčo. q. Questa lettera scritta al rovescio, significa il (i) Il vero motivo di tal permuta sembra piuttosto a mio parere , che sia stalo quello di accompagnarfi la Iapide di L. VARIO PAP1RIO PAP1RIANO, po¬ sta dali’ altra parte della porta di esso campanile > nella stessa situazione, per essere ambedue quesU lapidi di figura molto consimili. »63 prenome čU Gaja. Lo prova Sigonio appoggiato alP autorita di Probo, ed altri grammatici antichi , ed iscrizioni , mentre col prenome di Gaja chiamava- no i Romani tutte le donne cjuando si maritavano. TERTULLA . Che i nomi di Tertulla , eTertul- liana fossero gentilizj, lo dimostra il Breviario Ro¬ mano , 5 ottohre , nella vita di s. Placido Martire, con queste parole. Placidus Romae Tertullo patre in primis nabili natus. A eui sottoscrivendosi Gio: Glandorpio asserisce , che oltre P essere gentilizj, servissero anco di cognome : il primo riferito agli Elii, Flavj , Publieni, ed il secondo alli Setti.mj , Volusj ec. LAFARIO. Questo nome e gentilizio, il quale benche non si trovi tra le famiglie Romane, essen- do pero marito di Vibia , come lo notifica P essere anteposto a C. Lafario Celere figliuolo della stessa dichiarato nella lettera F. e che la nota CON, ov- vero G. neeessaria quivi per ispiegareil dubbio , il quale significa Con jugi, da essere preposta al co¬ gnome Nigro fosse stato dalPartefice negletto. NIGRO. Cognome derivato dal colore , cosi os- servato da Sigonio coli’ autorita di Festo * Albus, Niger, Rufus, Flavus ec. GELERI. Questo cognome riconosce pure la sua origine a corporis habitudine : Poseiaccbe : Prorn~ ptos, et ad opus veloces Romani Celeres vocabant. Fu sentimento di Dionisio Alicarnasseo . Essendo la dignita di Celere lo stesso che P essere Gavaliere Romano . Mentre Celeres antiqui dixerunt quos nune equites dicimus : serive Festo presso Sigonio seguito dal Biondo, e tanta e tale era la loro di- ^64 ;gnita , che Mecen ate arrivato a si sublime grado, contento di quello , non fe piu conto di passare ali a dignita senatoria - M. {^uesta nota significa Marco , prenome che si dava, come osserva Sigonio seguito dali’ Orsato, a quelli che naseevano nel mese di Maržo, ed era farniHarissitno presso i Romani. ATRAN10. Nome gentilizio, forse derivato dal- 3a gente Atria. CRATO. Tal cognome gli £u imposto per essere affabile, e grato, mentre Cognomina apud R oma- nos imponi consuevissc, aut ob actione aliqua , aut a forma, aut afortuna, aut a virtute ec. come scrive Sigonio de nom. rom; §. Unde cognomina tracta sunt - GONTVBERNAL .Di questo soggetto e necessa- srio dire, come osserva ilCavaliere Orsato, colTau- torita di Cieerone che fosse servo famigliare, e do- mestico di Vibia, ovvero camerata, e collega di C- Lafario suo figliuolo; posciacche contuberrdum in militaribus significa alloggiamento, ove piu Solda¬ ti vivono in compagnia . LIB . LIBQ . SVIS. Che inaporta Libertis , Liber - tibusque suis, ET VIBIAE. Questa Vibia qui nominatanonsap- piamo 6e fosse figlia , sorella , o congiunta della prima, anentre non abbiarao lettere che lo dichia- lino ; solamente si seorge essere della gente Vibia. DOORCADI. Questo cognome pure,o per l’im- perizia deU’artefice,o per altra causa, ritrovo cor- Totto nel mentovato Lazio scrivendolo Foorcadi invece di Doorcadi, addimandate dai Jatini ( seri- I i'65 Te Giuseppe Laurenzio) Damae genus , cioe spe- cie di capra selvatica. SASTRIO . Si puo probabilmente credere , che la gente Sastria sia la stessa, che la Satria , anno- verata da Panvinio trale Plebee Romane , tnentre ritrovansi moltissimi nomi , e per P imperizia de- gli ar telici, e del barbaro parlare dei tempi passa- ti, diversificati, e corrotti. SATVRNO . II eognonie di Saturno, o Saturni- sio, čredo derivasse da Saturnia Colonia , chiatna- ta da Tolomeo, eome v ude il Volaterra Smturnia- na, dal monte ove abito Saturno Re degli Abori- genij che poi scacciato da Giove, al sentire di Tro- go lib. 47. In qno nune veluti a j ove pulso sedibus suis Saturno , Capitulinurn est . Mentre molti co- gnomi , eome avverte Sigonio, a locis porro unde quisque Romanus commigravit sumpta sunt - VALERIANO.Fu questo cognome diminutivo della gente Valeria , k quale , al dire del Cavalie- re Orsato, fuamplurimis Dictatoribus , Magistris equitutn, Consuiibus, Tribunis Militum, Cerisori- bus claruit . Acquistato dal nostro Sastrio col mez- zo di qualche adozione , o parentela colla gente Valeria. H . M . H . N . S . Significano queste note, eome spiega Scaligero: Hoc Monumentum Heredes noti seq'uitur . Mercecche essendo gli e redi molte volte di aliena famiglia,dichiaravano con quelle la men- te loro, per notificare, che a ; famigliari solamente, e non agli eredi s’ aspettasse il domini© di tali se- polture . , JLevata la predetta iserizjone di Vibia Tertulla a66 dalla base a mano destra del eampanile o torre del- la Cattedrale di s. Giusto, fu collocata in sua vece la seguente . IMP • CAES * FL • CONSTANTINO MAXIMO P • F • AVG * R • P • TERG• D * N * P • F • La quale devesi leggere: Irnperatori Caesari Fla¬ vta Constantino , Maximo Pio , Felici, Augusto liepublica Tergestina devoto numini puhlice fecit. FL . Questa nota n’ addita il prenome diFlavio, qual diro conTrebellio in Glaud. seguito dal Gard. Baronio, che ereditasse Gostantino, perehe discesa quel generasa rampollo dagl’ Irnperatori Vespasia- no, e Tito . Si vero ejusdem stemmatis principium altius repetatur ( Trebellius auctor est } eum a Fe- spasiano Augusto descend&re , unde Flaviae gentis est nomen , et insignia consecutus . MAXIMO. II primo Imperatore, che incomincio ad usare questo titolo, fn M. Aurelio Aatonino Fi- losofo , come dalle medaglie osserva il Gavaliere Orsato . P . F . Cioe Pio , Felici » Tito Elio Antonino, fu il primo che dal Senat9 , per le sue rare qualita meritasse fra tutti gl’ Irnperatori d’ essere onorato eoll’ elogio di Pio , e M. Aurelio Gomodo, il primo che s’ arrogo quello di Felice. Indi in poi tutti gli altri Irnperatori lor suecessori al titolo d? Augusto aggiunsero anco quel!o di Pio Felice . 267 D . N . P . F . Che leggesi Devoto numini publi- cefecit. La. prerogativa dinume,colla qualeT.Elio Antonino merito in primo luogo di fregiare il suo nome ; o fu inventata per ornamento de’ Monar- chi, come vuol Nonio Marcelin seguito dalPOrsa- to j ovvero perche con iniqua adulazione fossero gl’ Imperatori eguagliati da’ lor Ministri agli Dei , quasi che tutte le loro azioni vemssero regolate da’ cenni e comandamenti divini. La seguente iscrizione oggidi si conserva a mano sinistra della porta del campanile della Cattedrale di s. Giusto j riferita da Pietro Appiano, ed Aman- zio , Wolfango Lazio , Gian Grutero , Lodovico Schonleben. Anncil. Carniol. tom. 1. par. 1. Ca* pit. 7. 5. 7. L • VARIO PAPIRIO PAPIRIANO Tl VIR • I • D - II VIR IDQQ PRAEF • FABR • ROMAE ET TERGESTE FLAM • HADR • PONT • AVGVR• COLLEGIVM • FABRV • PATRONO • MERENT •* Qual devesi leggere . Lucio Vario Papirio Pa - piriano Duumviro juredicundo quinquennali ) Prae- fecto Fabrorum Bomae, et Tergeste Flamini Ha - a68 drianali Pontifici, Auguro, Collegium Fabrum (sive Fabrorum ) Patrono merentissimo. VARIO . Della gente VARIA; scrive Sigonio clie avesse la sua origine dal cognome Varro , che Vitium in omnibus ipsipeperit. La quale tanto per la moltitudine de’ soggetti, che in essa fiorirono, quanto per le cariche riguardevoli in diverse parti, e luoghi da loro in heneficio della Repubblica eser- citati, mcrito di essere annoverata fra le famiglie cospicue di Roma, come osservano Panvinio, Sigo- iiioj col Cavaliere Orsato. PAPIRIO . Che la gente Papiria, la quale anco- ra Papisia addimandavasi , fosse delle prime e principali famiglie di Roma, lo dimostro Sigonio mentre disse : Neque vero hoc cuiquam mirabilc debet videri Papirios , Cornelios , Mmilios , Fabios , Sergios, Horatios, Menenios , Vetutios, qui Patri - tii, Rempublicam universam primis illis tempori- bus in potestate habebant , quibus ipsi erant prae • diti opibus ; nomina sua Tribubus, qui turn erant, diversis rerum causis , atque eventibus imposuisse . La gente Papiria , al sentire di Cicerone (i) fu. divisa in due ordini, o classi, una Patrizia, e Ple- Lea 1’ altra . La prima nel principio fu minore di gente , e si divise in sei famiglie , che diedero alla Repubblica diversi Consoli, Censori , ed altri sog- getti di qualita , col cognome dei Grassi, Cursori , MematonijPeti, Mugillani, e Pretestati. La plebea pure fu cognominata Carboni , della quale Mar- (1) Ad farnih lib, 9. Epist. 21^ s6g c o Papirio scacciati i Regi fu fatto Pontefice Mas¬ timo . II. VIR. I. D. In tanta stima, e prezzo fu la di- gnita de’ Duumviri Colonici , che da’ Gapuani, co- me osserva Sigonio, furono chiamati Pretori, para- gouando i soggetti eletti a tal dignita a’Pretori del- la Romana Repubblica, e lo prova coli’ autorita di Gicerone con queste parole. Cum in caeteris Colo- niis Duumviri appellarentvr : Capue se Praetores appellari volebant. II. VIR. I. D. QQ. Gian Grutero tralaseio que- ste due note, seguisse cio per errore , o per negli- gligenza dello stampatore; nell’originale pero da me veduto stanno registrate come si vede . Questo Magistrato,al parere diPanvinio, fu differente dali’ altro passato . Erat et alius Magistratus profanus in Colonia , qui II. VIRI Quinquennale vocaban- ^zzr. II quale nelle iscrizioni antiche, ordinariamen- te era separato da quello del Duumviro juredicun- do - Fossero cosi chiamati li primi, perche dal loro arbitfio , di parere del Cav. Orsato dipendesse 1’ amministrazione di tal carica; ovvero , secondo 1’ opinione di Lazio , perche 5 anui durasse il loro offizio : II . VIRI Quinquennales, forie iidem cum prioribus erant, a spatio temporis, quo admini- strationem habebant, sic dieti. Che percio non seu- ea mistero nella sopraddetta iserizione di L. Vario, si vedono duplicate le note del Duumviro I. D . per dimostrare clfegli come soggetto di gran meri- to, ed autorita nella nostra repubblica, avesse eser- citato 1’ uno, e 1’ altro . PRAEF • FABR . Questa dignita del Prefetto 2^O dei fabbri e antichissima , pjerehe ebbe la sua orl- gine, al parere del mentovato Cav. Orsato,da Ser- vio Re de’Romani,il quale divise la citta di Roma in piu classi secondo 1’ osservazione di Lucio . As- segnavasi sempre la sopranfendenza di questi fab¬ bri , a soggetti capaci, e sufficienti di procurare, e disporre con buon ordine le eose necessarie della citta o Colonia, col titolo di Praefectus Fabrum , evvero Fabrorum : il quale officio viene paragona- to da Tommaso Reinesio alla dignita di Pretore Urbano , a cui erano sottoposti tutti i fabbri di qualsivoglia condizione , cioe muratori, falegnami, scarpellini , ed altri sirnili necessarj al perfetto componimento di una citta, come pure i Min?,tori, ed altri necessarj nell’ esercito , per 1’ espugnazio- ne delle fortezze; alla qual carica pub paragonarsi quella del soprantendente deli’ artiglieria dei no- stri tempi. ROMAE ET TERGESTE. In quanta stima , ponderazioue e pregio fosse tenuta presso i Roma¬ ni la Colonia di Trieste lo dimostra cbiaramente questa isorizione,nel conferire a Lucio Vario quel- la stessa dignita di Prefetto dei fabbri in Trieste , eh’ egli prima esercitato aveva nelP alma citta di Roma. FLAM. HADR. PONTI . AVGVR. Fu anco Flamine Adriano Pontefice, ed Augure ; COLLEGIVM FABRVM . Fu eretta questa me- moria al nostro Lucio Vario dalCollegio dei fabbri della citta di Trieste. Che questa nobil gente fosse molto copiosa , e cospieua nella citta di Trieste lo dimostra il se- guente antiqo monumento . ■rJ* •• a?F Nella cantina del sig. Altlrago Piccardo vicina al Palazzo Pubblico della nostra citta , in Piazza gra*de, ritrovasi un’ Area grande di un sol pezzo di pietra bianca, capace di 22, mastelli, ovvero ur¬ ne di olio, lunga piedi geometrici quaži sette, lar- ga tre, ed alta altri tre. Nelle teste di essa si scor* gono scolpite due cornucopie , nelle cui sommita sono alquanti potni nel mezzo, ove si congiungono insierr.e , ed un flore in figura di giglio alquanto lungo, il qual termina con la punta a guisadi saetta. Nella fronte, o facciata sono scolpite due figure di bassorilievo s le quali rassomigliano due Angeli , uno per ciascuna parte , deli’ altezza che sormonta quattro palmi , e perche logorati dal tempo , con difficolta si possono distintamente discernere , nel cui mezzo campeggia scolpita 1 ’ingiunta iscrizione D- M* PAPIRIA • PRIMA VlVA * POSVIT ŠIBI La grandezza , magnificenza , ed ornamenti di qitella, dimostrano che fosse un maušoleo assai no* bile , e sontuoso , mentre in lei si scorgono alcuni buchi, e segni, che con arpesi di ferro la congiun- gevano con altri ornamenti esterni (i). (i) La predetta Urlia alienata in seguito dalla farni« glia Piccardi, venne adoprata ad uso di pietra da olio. In tale stato fece acqu.iato della medeslnta 3 7.2 Di presente conservasi in uti a muraglia di s-rm- surata grossezza , contigua al suddetto campani- le o torre ? ed alla poeta che dalla Cattedrale con- duce al battisterio ritrovasi un’ altra Iserizione in sasso spezzato della lunghezza di piedi otto gea- metrici in circa (<), seritta con lettere palmari Ro¬ mane bellissime r la cui ultima linea dali’ essere le lettere per la lunghezza del tempo eorrose 3 o pure dali’ incuria de’ muratori spezzate , con gran. di£- ficolta si pote copiare della forma seguente.. P. PALPELLIVS P.F. MdEG. CLODIVS QVIRINALIS P .P. LF C.XX. TRIB. MILIT. LEG. VII. T .... D ... DD ... A . . . F . . . GEL . .. . SDT.. Che signiffcan©'. Publius Pnlpeltius , Publii fi- lius Mecius, ovvero Magalesius Clodius Quirina- lis Primopilus Legionis uigesimaa, Tribunits mili - tuni Legionis septitnae Fidelis . Le altre note eliS' seguono , dali’ essere (, come dissi ) corrose , nora fanno senso . P. Questa nota , secondo il comun sentimento> lo spettabile negoziante di Boisa Carlo Fontana, il quale la fece tcasportare nella sua deliziosa vigna situata al principio della contrada di Romagna. (i) Presentemente non esistono piu ne la muraglia ,, nž 1’addotta iserizione, neppure si sa quando sia stato demolito il'detto muro, ne dove sia stata ripo- sta lapredetta iserizione; probabilmente la pietra che' la conteneva šara stala confusa col reslante defaate- siili della demolita mornglia . *7 S 'di tutti gli espositori significa il prenorae di Pu- blio, dal quale derivo la gente Publia, o Publilia. PALPELLIVS. f£ nome diminutivo che al sen- tire di Tommaso Reinesio derivo dalla gente Pal- pia, cbe flori in Roma . MAEG. Lo scrivere Maeg col dittongo, fn o per errore deli’ artefice , ovvero ad arbitrio della Lati¬ nka Romana , come avverti Grutero, e Reinesio, ove assegnano AE per E . Se questa nota fosse scrit- ta colla lettera G direi significasse la Tribu Mecia ventesima ottava in numero fra le altre, cosi ad- dimandata secondo 1’osservazione di Festo presso il mentovato Rosino, da un luogo poco disoosto da Lanuvio , altre volte citta , ed ora villa nella via Appia , sedici miglia distante da Roma . CLODIVS . Altra difficolta non inferiore alle passate mi suggerisce cpiivi il cognome di Clodio , inentre l’ iscrizione spezzata , e manchevole , la- sciandoci al bujo delle vere notizie di quello , mi necessita appoggiarmi alle congetture , e dire che P. Pulpellio 1’ acquistasse o perche congiunto in matrirnonio con alcuna della gente Glorlia , fra le principali, e cospicue famiglie di Roma, una delle prime : ovvero perche adottato da qualche sogget- to della stessa , volesse adornare il proprio nome eo’ fregi di quella , ad imitazione t i Petronio Pro¬ bo, il quale si aggiunse 1’ Anicio . QVIRINALIS . Diverse osservazioni mi apporta questo cognome, acquistato da Palpellio, non per¬ che nato in Roma, rna perche tenesse la sua abita- zione nel Quirinale situato nella stessa regione di quella citta , chiamato oggidi Morite Cavallo . 18 s?4 P . P . LEG . XX . Le due prime note significatro la dignita del Primipilo,laqual carica al sentire di Vegezio Sigonio , e di Rosino era uguale a quella del prime centurione della legione. TRIB .MILIT . LEG .VII. Fu anche tribuno mi- litare della legione settima . L’ asserire il dott. Prospero Petronio , che il pa. vimento della *cattedrale di Trieste sia quasi tut- to lastricato di frantumi di lapidi antiche , mi da ansa di scrivere , che un pezzo di finissimo mar¬ ino lungo 4 piedi incirca, ed alto due^ gia piu an- ni sono , ritrovato in esso pavimento , qual di pre- sente fuori della porta maggiore di essa cliiesa , rimprovera la poca stima , che i nostri cittadini fecero in tutt’ i tempi de’ tesori di quelle antichi- ta,che la resero celebre una volta al mondo .Stan- no in esso scolpiti in bassorilievo con maestrevo- le artificio uornini a piedi, ed a cavallo, rappresen- tanti varj simulacri di battaglie, ed azioni militari con bellissimo fregio sotto e sopra di varj intagli a fogliarni, che P adornano . Iudizio quasi certo, che tal opera con altre sunili servissero d’ abbellimen- to a qualche arco trionfale, mentre solevano i Ro¬ mani in questi archi trionfali rappresentare tutte le m3gnanime imprese , ed azioni segnalate del soggetto, al quale erano dedicati, per maggiormeu- te onorarlo . Cosi afferma il Biondo con queste pa¬ role . Vedevansi da. una parte i Romani vittoriosi , ed i nemici vinti , neiV altra i nemici fuggire , ed i Romani alle spalle darle la caccia ; in queste si ve- deva batlagliare una cilta , in quella pigliarsi , e porsi a sangue,o afuoco, o a spianarsi a terra co 2 70 principali Capitani degli nemici , rappresentati nel medcsimo modo, ed ubito, che si avevano a ve¬ no a vedere poi legati , ed incatenati comparire a - variti il carro trionfale nel trionfo (i). Un insigne Lapide di forma bislunga fecevo se- gare nel mezzo i nostri antenati, dividendola in due parti eguali, colle quali formarono gli antili ( od erte ) della porta maggiore della nostra Catte- drale di s. Giusto martire, come oggidi ancora si seorgono , e conservano . Otto personaggi di mez- za figura in bassorilievo si rappresentano in essa , cincjue maschi e tre femmine, due de’quali colle Joro iscrizioni rimasero guasti dalla sega, che li di. vise per mezzo . Quantunque diversi soggetti qualificati in let- tere , e professori di antichita, giudicassero barba¬ ra crudeJta il dividere una lapide, e memoria di antichita si singolare, per formare con essa una porta, in patria tanto abhondante di pietre, com’ e la nostra : devesi pero attribuirlo a providenza £1) Il predetto bassorilievo k incastrato nel muro deb la facciala di essa Cattedrale vieino al parppanile sopra la porta antica, riaperta pel camerino di abi- tazione del nonzolo di detta Cbiesa. SulP altra por¬ ta picciola della Cbiesa medesima, nel muro pari" mente jncastrata osservasi un’ altra lapide quasi con- simile , ma un poco pici grande , esprimente anch’ essa azioni guerripre, la quale pero dalPAutore non viene pominala , forse perche posteriormente rim Venuta. singolare, raentre con tal disordine si stabili la citta di Trieste nel possesso di un pregiatissimo tesoro , del quale sarebbe rimasta priva , come ora si vede di tante altre antichita , parte consuraate , e distrutte dal tempo, per trascnraggine di chi non conobbe , ne fe s tima di conservare gioje si prezio- se, e parte trasportate in estranie contrade, come scrivono diversi Autori,fra’ qualiMonsig. Giacomo Tommasini, Vescovo di Citta nuova neiristria, ri- ferita dal dott. Prospero Petronio, il quale adduce le ingiunte parole. Dicono , che la maggior parte delle lapidi , sta* tue e Delta, che gia si vedevano ne’ Veneti musei, erano spoglie della Dalmazia , ed Istria, ed invero ne fecero buona testimonianzct le gallerie Vendra¬ minom Loredano , Mickieli , ed in particolaritd de’ signori Ranusj , i quali hanno trasportati molti rnarrni a Padova , che poi morti, furono comprati dali' illusfrissimo Giorgio Grimani, e collocati nel suo Palazzo a Este. Alqual fondamento appoggiato non parmi rnolto lontano dal vero , P asserire, che inolti marmi delli riferiti dal cavaliere Orsato Monumenta Patavina, fossero trasportati da Trieste a Padova, mentre ta riti al tri de’ nostri ritrovansi al presente sparsi per la citta di Venezia . Per maggiore intelligenza di quanto intendo pre¬ vare, devo esporre 1’originale . 2 ?7 i.) L. BARBIO L. F. LVCVLL.o PATRONI. 2.) L. BARBIO 3.) L. BARBIO MDD2E.* SPF RUFO FILIO 4.) L. BARBIO L. L. FAUSTO FILIO. 5.) BARBIA LL PH1LOSTATA SIBIET SVIS FIERI IVSSIT. 6.) BARBIO L.L.FELiCI FILIO. 7.) TVLLIAE BOI SECViNDAE. FILIAE 8.) BARBIAE OPTATAE L. L. La moltiplicita de’ soggetti in questa lapide col pi^enome di Lueio , mi fa credere, che in qnesta nobilissima, e senatoria fainiglia il prenorne di Lu- cio fosse di molta stima . Mentre con tal prerogati- va distinguevasi dalle altre famiglie de’Barbj sen- za prenome , e da quella de’ Gnei, Publj, Quinti, e Titi, e particolarmente da quelli cbiamati Mar¬ ci Barbi , cbe fiorivano in Pola, ed Emona citta poco distante da Trieste, per essere il prenome di Marco odioso in alcune famiglie, corne osservano Lazio, Sigonio, Grutero, Glandorpio ed altri. Uso che a’ nostri tempi si conserva ancora in molte ča¬ se nobili, ove una stessa gente chiamasi con diver- si soprannomi,in guisa tale, ohe le stesse famiglie, per far ispiccare solamenteil proprio colonnello di- stinto dalle altre, si scorgono alterate nelle arini, quantunque sieno della stessa gente. Direi pari- mente acquistasse il prenome di Luoio da qual» 378 fche illustre azione o eroico fatto operato da partU Golar soggetto della stessa famiglia prenominatd Lucio , nella guisa clie Tito Livio Padovano illu- stro con la šua storia quello di Tito tanto celebre e venerato nel!’ universo . Giacche secondo 1’ inse- gnamento di Gio: Grutero le due lettere consimi- li esprimono o superlative o pluralifca, come osser- va anco il cavaliere Oršato . BARBIO . Che copiosa fosse la gente Barbia noti solo nella citta di Trieste, ma ariCo ne’suoi contor- ni,Io dimostrano varie memorie riferite dagli stori- ci, e serittori deli’antiehita . Wolfango Lazio ne assegna una in Lubiana di T. Barbio Tiziano, e nella citta di Pola di M. Barbio Soter. Fu questa gente Patricia sparsa in diverse citta d’ Italia , e ancora risplende a’ noštri tempi nella provincia deli’ Istria, e del Cragno , con prerogativa di Gonti del Sac. Rom. Impero, la quale irsnalza la stessa arma di Venezia, cioe un Leone in eampo ažzurro, attraversata da una fascia d’oro, fondamento va- levole ad asserire, clie la veneta riconosce la sua origine dalla nostra citta, e non da Parma, come asseriscono aleuni . E nella citta di Cremona con quella di Marchese di Sorosina, e nella citta di Venezia sostenta Pistessa maesta Romana . PATRONI. Questo norae di prerogativa, quan- tunque paja discordante nel feaso, col rimanente delFiscrizione, e lo giudicassero aleuni pošto in- Vece di Patrono, mentre gli antichi usaVano talo- ta, contrO le buone regole della Grammatica, un čašo invece delPaltro, e servivansi di una lettera invece delPaltra ; quivi pero iion devesi leggerej a 79 che nel proprio senso, cioe Lucio Barbio, Lucii Patroni filio LuculLo .Laqual parola ci addita,che il detto Lucio Barbio fosse uno de’primi protettori della plebe di Trieste, e tenesse il primo luogo tra’ Lucj della citta; mentre al sentire di Carlo Sigo- nio , e d’altri, fu inventata da Romolo tal dignita , quando sublimo i Patricj , e depresse la Plebe , stringendoli pero con dolce nodo si fattamente fra loro , che i Patricj fossero patroni , cioe protettori de’ plebei, e questi clienti de’ patricj . LVGVLLO . Questo cognome , al sentir di Sigo- nio , fu anche famigliare ai Licinj , acquistato for- se dal nostro Barbio per qualche adozione , ovve- ro matrimonio eoh la gente Lueulla . FAVSTO . Questo cognome al sentire di Giu¬ seppe Laurenzio , significa Fortunato . BARBIA . Che questa donna fosse della preno- rninata famiglia Barbia de’ Lucj , ed esecutrice di questa memoria , il proprio nome con le parole šibi, et suis ec. e le note LL accennate di sopra 1 esprirnono a sufficienza . Di qual di questi soggetti fosse ella moglie , se del primo , o secondo, ovve- ro del terzo Lucio Barbio , ne essa lo dice , ne 1’ i- scrizione 1’ assecna . Il certo e lei essere madre di O Tullia j e di Ottata poste nel fine della iscrizione, come vedrassi . PHILOSTRATA. Il modo che questa matrona acquistasse tal cognome non pub sapersi , mentre non fosse da Filostrato filosofo , segretario della moglie di Severo Imperatore. FELICI. Cognomen koc a Fortuna natura , scri- \e Sigonio'. »So TULLIAE . Quantunque questa donna non veri* ga espressa col nome di Barbia , come 1’ altra ehe segue , non toglie pero che ambe non fossero figli- uole della predetta Filostrata , mentre la parola FILIAE j che serve ad ambedue, posta framinezzo di esse nel fine della lapide lo dimostra , come pu¬ re il giglio che tiene nelia destra ec. (i). BOI . Parola antica ed oscura-, la quale , al sen- tire di Paraina , riferito dal Cavaliere Orsato , si- gnifiea Buono . Era frequente tal nome , o cogno- me anticamente nelPIstria . OPTATAE . Fu onorata questa figliuola dalla madre con tal cognome a differenza deli’ altra , per esser ella la sna prediletta*. Devo avvertire con Sigonio , che le figure ornate di vestimenti nobili , e senatorj , che nobilitano questa lapide , non perrnettono in verun modo 1’ asserire , che i Barbj in essa scolpiti , e nominati sieno liber ti , (i) Noe h un giglio que!lo che tiene nelia destra la fi¬ gura di Tullia , forse moglie di unBarbio,ma ben- si un’ asta , o alabarda , a simiglianza di quella di s. Sergio, che al presente forraa Parma, o stemma della citth di Trieste . Questa gli fu aggiunta De’ tempi posteriori , e forse quando venne applieata quella lapide in luogo di erte alla porta maggiore della Caltedrale ore ora si -vede, non di basso ri~ liero sopra il piano della pietra come sono le figu¬ re * ma ignorantemente, e malamente scavata dallo stesso piano , da imperito nrtefice , ehe forma il fon- do delle medesime : lo che ad eridenza prova non appavtenere alla prima antica scoltura . 28 I mentre i Romani non coneedevano a gente bassa e comune 1’ uso delle immagirji, ma solamente a’ no- bili, i quali nelle dignita de’magistrati avessero servito alla Repubblica. LL. Non men varj che discordi sono i pareri di molti sapientissiini letterati nell’ intelligenza di queste note . li dott. Giacomo Grandi , col dott. Gio: Paolo Cesarotti , ed ultiinamente il Marche- se Giulio del Pozzo professore del la prima cattedra eminente del jus civile , ed altri seguendo la co¬ mune degli espositori delle note Romane , persi- stono che le addotteLL. non significhino altro che Lucii Liberto, e che tal memoria fosse eretta a cer- ti liberti di Lucio Barbio , i quali secondo 1’ antico costume appropriatosi il nome, e prenorne del pro- prio patrono, e liberatore, tutti si addimandassero Lucio Barbio , Liberto di Lucio , distinguendosi solo 1’ uno dali (i) * 3 altro col proprio nome servile. Io , quantunque minus sapiens , appoggiato non solo alla mokiplicita de’ tanti soggetti , in questa insi- gne lapide (i) preconizzati col prenome di Lucio , e tutti scolpiti al vivo con figura ed immagine pro- pria, vestita ali’ uso nobile e senatorio , ma anco- ra a quanto espone di queste iscrizioni il mentova- to dott. Motti,direi significassero Luci or um ,e non Lucii Liberto ',mentre ambirono tutti adornarsi col decoroso prenome di Lucio Patrono, primo sogget- (i) In sostanza , la prelodata lapide non d che una memoria posta a un sepolero in cui seppellito fu L. Barbio Patrono co’ suoi figliuoli e liberti , eretto da Barbia Filoslrala Liberta di esso Lucio. a8rj to espresso ia essa Lapide .Ne devesi attribuire ta> le usanza a novita chimerica e senza fondamento ; mentre , al sentire di Sigonio , cosi praticavano i Romani, per conservare 1’ antichissimo uso sempre da loro con grandissima diligenza osservato . Incastrata nel muro del campanile , dal lato che guarda la Lippa graride , vi e una testa di marino bianeo di Carrara, dali’ intemperie annerita. Fu la medesima fatta levare dal Snpremo Direttore del- le fabbricbe pubbliche Pietro Nobile 1’anno 1814, per osservarla da vicino,e la giudico rappresentan’ te la testa deli’ Imperatore Tiberio ; quindi la fece riporre nel prinaiero luogo, dove tuttavia si vede in altezza di circa due Klafter. Nel pavimento della cappella di s. Carla , nella Cattedrale di s. Giusto , si legge la seguente iscri- zione , posta alla parte sinistra della porta in pie- tra bianca, riferita da Tommaso Reinesio,e Lodo- vico Schonleben, T • MARCIVS SECVNDVS , Tiim VIR AUG. MARCIA II QVARTA VXOR. Che si legge Titius Marcius secundus , Sex Vir Augustališ Marcia secunda , quarta uxor. Varia- no nel descriverla i riferiti Autori , mentre Reine- sio , invece di II,, che significa secunda , scrive T . L , che importerebbe Titi Liberta :eu il Scbon- leben in vece di 11I1II VIR. scrisse IIII VIR - i qua- li errori si devono correggere come stanno nell’ o* figinale , a83 T. Questa nota che importa il prenome di Tito , mosse qualche controversia fra gli scrittori nelP assegdarle 1’origine de’stioi principi:PosciacheVa- lerio seguito daPanvinio,e Sigodio vnole che aves- se la šua origine da certo Sabino chiamato Tito . Fes to pero col Cavaliere Orsato ed altri lo deduco- no da’soldati chiamati Tituli: Quasi Tutuli ,quod patriam tuerentur , unde et praenomen hoc orturn est . MARCIVŠ . Della gente Marcia , scrivono Pan- vinio , ed Ursino, che in Roma fu Patrizia , e Pie- bea » La prima, beriche di namero iriferiore, gloria- si di avere somministrato a Roma,Numa Pompiiio, ed Anco Regi , con Marzio Corioiano . E la Plebea molti Dittatori, Consoli , e Censori , i quali la di- ramarono in mol te famiglie, come dimostra Panvi- nio , originate dalla moltiplicita de’ cognomi \ il quale anco si usufpo il cogaome di Re. (i) Nella Corte della časa vecchia de’sig. Cadop- pi stava la seguedte iscrizione cavata dali’ origi¬ nale, la quale poi fu trasferita d’ ordine pubblico 1’ armo 1688 in piazza grande , ove al presente si trova (2). Sopra la quale pet' maggior vaghezza ag- giunsero la testa di donna , la qdal testa prima di tal traslazione stava riposta nel mitro di una časa dietro il Collegio de’ RR. PP. Gesuiti, e percio del (t) L’indicata časa e segnata al presente col Nuni. 183. nella contrada CaVazeni . (2) E situata la predetta iscrizione sulla faceiata della Chiesa di S. Pletro fra una porta e 1’altra, 284 tutto disparata, ed aliena da essa iscrizione, il cui ornamento de’ capelli fatti a occhietti , viene rife- rito da Francesco Mezzabarba nelle mednglie di Ottavia , pag. 96 , di Poppea pag. 97, di Domizia moglie di Domiziano pag. iAj. D • M • S • , L • CLODIVS L • LIB • SERVATVS V • F • ŠIBI ET SVIS CLODIAE • L • LIB • : AMANDiE VXORI L - CLODIO AMADO FIL • ANN • XXVIII Che leggesi: Diis Manibus Sacrum, Lucius Clo- dius Lucii Libertus Servatus Vivens fecit, šibi , et suis . Clodiae Lucii Libertae amandae Uxori , Lu * cio Clodio arnando Fiiio annorum vigintiocto. Che fosse numerosa la gente Clodia nella citta di Trieste, testirnonio autorevole sono le memorie diverse , che di questa nobilissima famiglia oggidi ancorain essa siconservano. Mercecche esseridosta¬ la una delle piu cospicue di Roma , bisogna neces- sariamente dire, che anco in Trieste s’ annoveras- se fra le prime della Colonia, egodesse quelle pre- rogative, c caricbe, che a slinili famiglie venivano concedute. »85 La seguente iserizione in sontuoso piedestallo di pietra bianca quadrata , eretta dal Magistralo coli’ assenso de’ principali della Repnbhlica , e Colonia di Trieste a Fabio Severo lor concittadino, sogget- to molto stiniato dalFImperatore Antonino Pio per le sue virtu, lettere, talenti, e benemerenze . Que- sto era pošto fuori della porta del borgo s. Loren¬ zo (i) pin fiate celebrato da Pietro Appiano.Barto- lomeo Arnanzio , Lazio, Gio: Grutero , la suddetta iserizione fu poi trasferita in piazza grande, ove al presente si riserva (a) ridotta dalle intemperie de’ ( 1 ) La porta del borgo S. Lorenzo era situata verso il terminare deli’ ora contrada di s. Miehele, a un dipresso ove presentemente e situata la časa del sartore Gio: Battista Cosolo Num. i3i5, e la vici- na campagna Pontini , auticamente de’Baroni de Fin . Lo stesso P. Ireneo della Croce al cap.' 7 . del li¬ bro 4- dice: Tante e tali sono le memorie di an- tiebita ritrovate ne’ tempi andati, che di continuo si scuoprono in diverse parti e siti della collina, e ristretto di Ponzano, e nelPaltra a lei contigua, qual corrisponde sin dietro il Castello , o Fortezza della Cittk, sopra cui (per quanto scrivonogli au- tori) era situato il celebre, ed antico borgo di san Lorenzo, del quale a’tempi nostri , tolto, ogni suo vestigio , non vedesi altro che la sola possessione delPUlustr. Gio. Andrea Lib. Barone de Fin: ore anco secondo 1’opinione di Pietro Coppo era si¬ tuata anticamente 1’istessa Citta di Trieste. ( 2 ) Vedesi tutt’ ora la suespressa iserizione situata questa pure nella facciata della chiesa di S. Pietro 286 tempi , e poca eura e stima di si preziosa antichha a stato tale , corrose , e lacerate le lettere con fati- ca puo leggersi buona parte di essa . Nel titojo di tale iscrizione riferita daPietro Ap- piano, Amanzio e Grutero due errori travo trascor- si, mentre con diligenza osservato ed esamiuato 1’ originale , ritrovai diversamente scolpito in essa cio che questi autori scrissero ne’loro libri :diffet- to iucorso , a mio credere , dalla copia nori fedel- mente trasmessa, e percio a loro del tutto ignoto , come si scorge, e lo dirnostra la nota E T, che se- gue immediatamente il nome di Lentulo colla let- tera S, tejrninante un’ altro nome scanceilato per fra le due porte , sotto quella di L. CLODIVS, £ vergata la predetta iscrizione sopra la faccia ante- riore di un cubo di pietra alto piedi 2. once 9' ’ lungo piedi 4 * once 9., e largo piedi 2, once 3 . Ser* viva questi di piedestallo alla status equestre indoj rata di Fabio Sevcro, a cui k diretta la stessa iscri- zione . Alla parte laterale da sinistra deda medesima pie¬ tra vi £ pure un’ iscrizione in bei caratteri Romani di circa 4- once > la quale ebbe la disgrazia di es- sere scancellata con scarpello, di maniera cbe a} presente non si leggono che le seguenti lettere . FA PVB QVAE OR VRR NO PIET s8? la rottura della pietra , la cui notizia sl perde , quando rimase spezzata la lapide, il quale S, an» tecede il cognome Nepos . E quanlunque al senti- redi Gio: Glandorpio Onomast. Rom. de cognomi - nibus familiar il cognome Nepos, fosse assai farni-* liare , ed in uso presso la gente Cornelia > motivo forse che indusse i mentovati autori di applicarlo a Lentulo : qui pero chiaramente si scorge , che ad altro soggetto da lui distinto s’ aspettasse . Direi anco che il nome scancellato fosse Calpurnio notni- nato tiell’ iscrizione , come personaggj di sUperio- rita nella patria 5 se la strettezza ed angustia del si¬ to della spezzatura della pietra potesse capire tut- te le altre antecedenti alla lettera S., necessaria per esprimere Pintero suo nome . Onde per le ad- dotte cause e ragioni conchiuderemo,che il cogno¬ me Nepos ivi pošto , ne a Lentulo s come lo attri- huirorio Appiano,Lazio e Grutero ne a Galpurnio; rna ad altro personaggio s’aspetti * Pietro Appiano, e Bartolomeo Amanzio rifefi- scono il titolo deli’ ingiunta iscrizione nella forma seguente , assai differente dali’ originale come si scorge . Antiquissima inscriptio in muro Cidtatis Ter g 6' sli ante Januam Sandi Laurenltj . KL • NOVEMB * H1SPANUS LENTVLVS NEPOS II * VIR * IVR • DIC • V' F < a88 L’originale e come qui si scorge (i) G • M • Bi SPAN1VS LENTVLVS ET : . S NEPOS IIVIR • IVR • DIG • V • F • Fabium SEVERVM • CLA- RISSIMVM • VIRVM • MVL- TAIAM PRIDEM'IN .REMP. NOSTRAM • BENEFITIA • CONIVLISSE • VT QVI. A • SVA - PRIMA • STATIM- AE- TATE-ID- EGERIT- VT .IN- ADAVGENDA • PATRIA SVA- ET • DIGNITATE ■ ET- ELOQVENTIA • CRESCE- RET-NAM-ITA- MVLTAS- ET ‘J MAGNIFIGAS • CAV- SAS • PVBLIGAS • APUD' OPTIMVM- PRINCIPEMAN- TONINVM • AVG • PIVM' ADSERVISSE • EGISSE-VI- CISSE • SINE • VELO QVI- DEM • AERARII • NOSTRI' IMPENDIO • VT • Q VAMVIS' admodvm.adolescens. SENILIBVS • TAMEN- ET. PROFEGTIS • OPERIBUS' ( 1 ) Nota qui il P. Ireneo della Croce che Appiano, ed Amanziop ie sero abbaglio nell’aggiungere , in testa deli’Iscrizione che porta, le parole KL. NOVEMB. II Nob. Uomo Andrea Bonom« Stetner Triestino volendo sincerarsi delP esattezza della nie^ 1 ma iscrizione riportata dal P. Ireneo della Croce, confrontat 1 coli’ originale ne rilevo molti errori, motivo a produrre in sto luogo piuttosto la corretta del Bonomo, che quella del p 11 lodato P. Ireneo, riportandone peraltro le sue stesse spiegazio 111 AC • FACTIS • PATRIAM • SVAM • NOSQ VE • INSVPER- ŠIBI • VNIVERSOS • OB- STRINXERIT • NVNC • VE¬ RO TAM GRANDI- BENEFI- TIO • TAM • SALVBRI • IN- GENIO • TAM . PERPETVA VTILITATE- REMP • N- AD. FECISSE - VT • OMNIA • PRAEGEDENTIA • FACTA • SVA- QVAMQVAM- IMMEN- SA • ET • EXIMIA • SINT • FACILE. SVPERARIT-NAM. IN • HOC • QVOQVE . MI- HABILEM-ESSE-G. V. VIR- TVTEM- QVOD-COTIDIE- SENEFICIENDA • ET • IN . PATRIA • SVA • TVENDA • IPSE • SE • VINCAT • ET • IDCIRCO • QVAMVIS • PRO- MENSVRA • BENEFITIO- RVM-EIVS-IMPARES • IN. REFERENDA • GRATIA SI- MVS • INTERIM • ,TAMEN • p R0- TEMPORE • VEL .FA- CVLTATE- VT- ADIVVET- SAEPE • FACTVRVS • RE- MVNERANDAM- esse.g.v. RENEVOLENTIAM non- v t-illvm- proniorem- Habeamvs- alivd-enim- v ie-ita-natvs-non-po- 2 . 8 ( 1 , TEST-FACERE- SED • VT- NOS- IVDICANTIBVS• GRA. TOS • PRAEBEAMVS • ET DIGNOS- TALI - DECORE- TALIQUE PRAESIDIO • Q • F - P-D - E - R- I • G - PRI- MO • CENSENTE- L • CAL- PVRNIO • GERTO • GVM • FABIVS • SEVERVS • VIR • AMPLISSIMVS • ATQVE * CLARISSIMVS-TANTA-PIE- TATE- TANTAQVE- ADFE- CTIONE • REMP • N • AM- PLEXVS • SIT • ITAQUE • PRO • MINIMIS • MAXIMIS- QVE j COMMODIS • PIVS •. EKCVBIT • ATQVE • OM- NEM- PRAESTANTIAM-^5. SEFERAT • VT • MANIFE¬ ST VM- SIT • ID • EVM. AGE- RE • VT • NON- MODO- NO- BIS- SED- PR0XIMIS- QVO- QVE • CIVITATIBVS • DE- CLARATVM-VELIT-ESSE- SE • NON • ALIQVAM • PA- TRIAE • SVAE NATVM • ET . CIVILIA • STVDIA- QVAE . IN • EO • QVAMVIS AOMO- DVM... VERE- IAM SINT- PERAGTA • ATQ • PERFE- CTA- AC SENATORIAM-DI- GNITATEM- HAG- MAXIME- J 9 i.x)0 EX- C AVS A- CONCVPIVISSE VTI-PATRIAM-SVAM-TUM- ORNATAM.TVM- AB- OM- NIBVS • INIVRIIS- TVTAM- DEKENSAMQ • PRAESTA- RET • INTERIM • APVD • IPSVM • IMPERATOREM • CAVSISQVE- PVBLIGIS- PA- TROCINANDO Q VAS-CVM. IVSTITIA • DIVINI • PRIN- CIPIS- TUM- SVA• EXlMlA’ AC • PRVDENTISSIMA • O- RATIONE-SEMPER- NOBIS- CVM • VICTORTA • FIRMlO- RES • REMISIT • EX • PRO- XlMO • VERO • VT • MANI- FESTATVR • GAELESTI- BVS • LITERISQVE- ANTO- NlNI- AVG- PII - TAM- FOE- LICITER • DESIDERIVM • PVBLICVM • APVD • EVM • SIT • PROSECVTVS • IMPE- TRANDO-VT • ČARNI- CA- TALIQVE • ATTRIBVTI- A . DIVO • AVGVSTO • PIO • RElPVBLlCAE • NOSTRAE- PROVT • QVI • MERVIS- SENT- VITA • ATQVE GEN- SV- PER- AEDILITATIS • GRADVM- IN CVRIAM-NO- STRAM-ADMITTERENTVR- et-aerArtvm- NOSTRVM- DITAVIT • ET • CVRIAM • NOSTRAM • COMPLEVIT* ET • VNIVERSAM REMPV- BLICAM- NOSTRAM- CVM- GREGARIIS • AMPLIAVIT • ADMITTENDO • AD • HO- NORVM ■ COMMVNIONEM- ET . VSVRPATIONEM- R0- MANAE CIVITATIS • ET- OPTIMVM- ET • LOGVPLE- TlSSlMVM- QVEMQVE-VT- SCILICET- QVI- OLIM • E- RANT • TANTUM • IN • RE- DITV- PEGVNIARIO-NVNC' ET • IN • ILLO- IPSO- DV- PLlCl- QVIDEM- PER- H0- NORARlVE • NVMERATlO- NEM • REPERIANTVR ■ CVM • QVIBVS • MVNERA DECVRIONATVS- IAM-VT- PAVCIS . ONEROSA • HO- NESTE- DE • PLENO COM- PARTIVNTVR • AD • CV- IVS • GRATIAM • HABEN- DAM • VT • IN • SAECVLA' PERMANSVRAM • ElVSMO- Dl- BENEFITIO . QVIDEM' SI - FIERI • POSSET • ET' Sl • VEREGVNDIA • CLA' RISSIMI • VIRI • PERMlT' TERET • VNIVERSOS . 0B- VlAM- IRE- ET - GRATIA S El- IVXTA• OPTIMV- PRlN- PROVlDENTlA- QVA • REM. CIPEM .AGERE SED- QVO- PVBLICAM • N - INFATIGA- NIAM • CERTVM- EST- NO- BILI • CVRA • GVBERNAT - BIS ■ ONEROSVM • El • FV- ET • IN • HOC • Pl ES • PV- TVRVM- TALE- NOSTRVM- BLICI • BENEFICII- QVOD- OFFITIVM • ILLIVS - CER- TALEM • NOBIS • ET • IM- TE- PR0XIME • FIERI • OP- PERIO • ClVEM • PROCREA- PORTVNO - STATVAM . AV- VlT • ATQVE • FORM A VIT • RATAM • EQVESTREM . CVIVS • OPERA • STVDIO* PRIMO • QVOQVE • TEM- QVE • ET • ORNATIORES • PORE • IN • CELEBERRIMA ■ ET • TVTIORES IN • DIES * FORl • NOSTRI • PARTE • NOS -, MAGlS . MAGlSQVE. PONI-ET - IN - BASI - EIVS- SENTIAMVS- VTI- EA-PLA* hanc • nostram • cen- cvisse • in • hanc- rem , S IONE M • ATQUE • HOC • ADSENSVM • SVVM LEGA- HECRETVM • INSCRIBI • RI • MANDARIQFE- ŠIBI’ VTl- AD- POSTEROS-NO- VT-GRATIAS- PVBLlCE ■ STROS- TAM- VOLVNTAS- CLARlSSlMO • VIRO • MAN* AMPLlSSIMI-VIRI-QVAM- DATV • NOSTRO • AGAT- FACT a • PERM ANE ANT. PE- ET- G A VDIVM • VNIVERSO. TlQVE • A • FABIO • VERO- RVM- SINGVLORVMQVE * EGREGIO • VIRO • PATRE . AC • VOLVNTATEM • VT , SEVERI- VTI - QVANDO- MAGISTER • TALIVM . RE- QVIDEM • |ET - COMMEN- RVM • IN- NOTITlAM- EIVS- TVM • HOC • IPSiyS • SIT- PERFERAT- CENSVERVNT t Perche di sopra si accenno , e soddisfeee a sufficienza ali’ er rore trascorso nel titolo di questa iscrizione , e si mostro la ^‘fferenza ritrovata fra E originale , e lo stampato da Pietro Appiano^, Lazio, e Gian Grutero : Ora devo aggiungere ancora, e °nie invece di Kal Novembr. pošto dngli accennati autori , Be '‘P originale appariscpno oggidl aijcora , benche corrpse dal 292 tempo solamente le due seguenti note O .M . (i),e non Kal.Novembr. scancellata dalla spezzatura del sasso forse la prima nota I che aggiunta alle altre significherebbero lovi Optimo Maximo, cosi inter- petrate dallo stesso Appiano nel suo Alfabeto Lit. I. et O. pag. 274. (2) HlSPANVS. Ancorche Lentulo si addiman- dasse Hispanus , ed acquistasse tal cognome, forse dali’ essere nato in Ispagna , mentre suo padre e- ( 1 ) Osservata da me accuratamente la pietra che por- ta 1’originale iscrizione, rilevai , che presentemen- te non esistono in quella nž le note O. M. , citate dal P. Treneo, nž le C. M. riportate , invece delle surriferite, dal Bonomo Stetner, come puo vedersi in testa della medesima iscrizione , che qui s’ in- giunge ; ma soltanto porzione di un C., senza ve- run altro segno di lettera in tutta quel!a linea. Cio non dee recar meraviglia, nž puossi imputare alPuno o alP altro degli Autori poca accuratezza nel riportare la medesima eosa in diverse manrere S9 si consideri che la base portante 1’iscrizione sud- detta h situata in piazza , e in un luogo frequen- tatissimo da gente popolare, che per godere il be- neficio del sole nel ^erno, o per attendere il mo- mento di entrare in chiesa , si appoggiano alla stes- sa ove sono appunto le parole iniziali sulle quali strofinandosi, a poco a poco si vanno consuman- do, e mettono in tal guisa in contraddizione gh Autori che di quella ne parlnno i ( 2 ) SPANIVS , e non HlSPANVS trovasi nell’ origina¬ le . Mancate forse le due prime lettere per soprag- giunta rottura alla medesima pietra in quella parte. 293 sercitb qualche carica , o dignita in quelle Provin- cie . LENTVLVS.Non e dubbio,che la famigliaLen- tula fosse una del le quattro principali , che dira-r marono dalla nobilissima gente Gornelia, tanto ce- lebre al mondo. NEPOS . Scrive con Šesto Pomponio il Passera- zio , che i Romani onoravano col cognome di Ne- pote coloro, i quali conservando le sostanze, e ric- chezze della časa ad imitazione de’ loro antenati , e maggiori , vivevano splendidamente . Nella vita de’ quali stabilivano,come sopra stabile fondamen- to lo splendore, e la gloria della famiglia . II • VIR . IVR . DlC . Queste note significano Duumvir Iure Dicundo. (r) V . F . Queste note indicative di permanenza significano al parere di tutti gli espositori di quel- le Fivens Fecit ossia Vivus fecit . ( 2 ) FABIVM . Se questo nome di Fabio fosse qui gentilizio, ovvero prenome, 1’ essere accompagna- * (*) (1) V. F. Fivens fecit: va tene ne’monumenti se- polcrali, come al conlrario malissimo, ove di De- creto si tratti, dovendo leggersi Verba fecit. (*) FABIVM . Questo nome d mancante nelP origina¬ le per essere stata rotta la pietra in quel luogo po- steriormente , come facilemente si pud rilevare , se si consideri , che l’antica rottura fu fatta sul cantoiie della pietra alla parte laterale sinistra, e la recen- te vicino alla stessa nella facciata della pietra , clie porto via la parola Fabium. Come anche nello spi- golo di sopra si vede scbieggiato in pin lnoghi , ^94 tx> solanlente con queilo di Severo, šegiičndo qiial- che tempo tale opiuione, lo tenni per prenome ; ma alla fine ponderate molte fiate quelle parole deli’ iscrizione :A Fabio viro egregio Patre Severi i osservai , che Fabio era il norhe gentilizio del pa- dre, e Con eio levata ogni dubitazione,giudicai che il nome del nostto Fabio fosse gentilizio , e non prenome, e quello di Severo ivi pošto, fosse cogno^ me , men tre con qttesto dagli autori della iscrizio- iie viene distinto da Fabio suo padre . SEVERUM . Per le ragioni gia addotte,dico che Severo fu cognome acquistato forse dal nostro Fa¬ bio per qualche adozione } ovvero parentela con* tratta colla gente Severa, la qualeda’Settimj riconO- see i siioi natali, mentre da un soggetto di questi j di costumi severo, diramo ad ima famiglia intiera. Fu questa molto celebre in Roma , e nella patria nostra , qrtal dice Volaterrano , che diede alla Ro* mana Repubblica Imperatori e Consoli, fra’ quali furono L. Settimio Severo Pertinac^ , Alessandro Severo, e M. Olimpio Macrino Severo . CLARISSIMVM VIRVMb Fu in fanta stima e Venerazione nella Romana Repubblica questo no- bile e pregiato titolo, che Cassiodoro lo paragoua ali’ autorita Regia . REMP. NOSTRAM . Gol chiamare Lentulo la citta di Trieste Rempublicam nos tram } dimostra ed in tal modo si sark perduta la data KL. NOVEMB. Kalendis Noaembris, che significa 41 primo giornO di Novembre . 295 non solo,che dessa fosse sua patria ;ma ancora che antichissimo fosse il titolo di Repubblica, quale go¬ deva , e non moderno , e nuovo , corae gli attribui- sce Ludovico Schonleben, il quale vuole, che sola- mente 1’ anno 948 di nostra salute acquist.asse tal prerogativa , qruando Giovanui terzo suo Vescovo rinunzio e vendette a’ suoi cittadini e comunita tutte le ragioni , e jus che teneva il Vescovo di Trieste per il privilegio di Lotario Re d’Italia sopra di essa citta, che percio scrisse : Et ab eo tempore Tergestirii praetendunt se habere propriam Rern- publicam . PATRIA SVA . Con queste note dichiarano gli Autori dell’iscrizione di Fabio Severo cittadino na- tivo di Trieste , mentr’ egli sin da’ primi anni di sua eta, non solo coll’eloquenza , e le lettere, ma ancora mediante le cariche e dignita , apporto alla patria molti beneficj , ed utilita ^ vincendo mol te ed importanti cause in suo favore come lo dimo- strano . MAGNIFICAS CAVSAS . Ch’ egli fosse sogget- to di gran lettere, e giureeonsulto , lo dimostra 1’ elogio coli’ espressioni di lode a lui fatte dagli ac- cennati autori in tutta 1’iscrizione,per avere eser- citato presso 1’ Imperatore Antonino Pio con som- ma gloria e valore in difesa della sua Patria senz’ alcun dispendio del pubblico erario tale uffizio , agitando > e vincendo molte cause a beneficio di essa . Le quali operazioni legarono , e strinsero si fattamente con vincolo di perpetua cbbligazione verso la sua persona i suoi concittadini , che con- fessandosi insufficienti a rendergli ledovute grazie, ig6 Sion tanto per gl’ immensi beneficj sino allora alla sua patria conferiti, quanto per gli ottenuti ulti- inamente dali’ Imperatere , co’quali superando i passati, ed anco se stesso, se li rese cosi benefici , che non trovano parole per ispiegarlo . Onde accio anco ne restasse la memoria, e per dimostrarsi , se non in tutto, almeno in parte grati di tanti favori, fu^decretato dal Magistrato d’erigere in pubblico luogo della citta una statua eolla narrativa di essi. Q.F.P.D.E.R.I.C. Queste note al parere del Cavaliere Orsato significano . Quod fieri pla- cuit de ea re ita censuerunt. CENSENTE CALPVRNlO . La concorrenza deli’ autorita di questo soggetto insinuata nella i- scrizione colla parola cemente , mi accerta ancora, che Calpurnio fosse patrizio , e soggetto qualifica- to fra’ primi della Repubblica di Trieste . Ebbe la gente Calpurnia la sua origine da Numa Pompilio. SENATORIAM DlGNlTATEM . Fu in gran pregio la dignita senatoria presso i Romani . Cento Senatori furono scelti da Romolo nel principio del¬ la nascente Roma , che Padri per onore da esso fu¬ rono chiamati , i quali poscia col nome di Patrizj nobilitarono la progenie loro .Tale prerogativanon concedevasi a qualsivoglia soggetto,ma con riguar- do ali’ ordine, al censo, ali’ eta, ed al magistrato, da essi esercitato . Lo che maggiorrnente ingrandi- sce la stima , e valore del nostro Fabio Severo , il quale ottenne tal dignita per ornamento maggiore della sua patria, e per conservarla , e difenderla dalle ingiurie, e molestie de’ suoi nemici, che non erano pochi, come lo dimostra 1’ iscrizione . 297 IMPETRANDO VTI CARRNI GATALIQ. (i) Dimostrano queste parole , eh’ egli ottenesse dali’ Imperatore Antonino Pio per la sua patria, e citta gl’ istessi privilegj, che godevano i Čarni, ed i Ca- tali. In che consistessero , e quali fossero i privile¬ gj de’ Čarni, lo dichiara 1’ istesso Senato di Roma presso Vopisco nella vita di Floriano Imperatore : Senatus amplissimus Aquilej ensibus salutem dicit. Ut estis liberi, et semper fuistis , laetari vos credi- mus . Creandi Principis jus ad Senatum rediit . E Gio: Candido confermando lo stesso soggiugne . Gli e manifesto questa, intende Aquileja, per ope¬ ra di M.Claudio Marcello essere st at a citta liber a, e con Roma confederala poco inanti la seconda. guerra Affricana . I privilegj de’Catali non si san- no , ne chi fosse questo popoJo ( 2 ) . ( 1 ) II Conte Carli interpreta .• Che fr a gli altri fa- vori e grazie ottenute da Fabio Seyero in pr6 del- la sua patria , particolarmente quello si celebra,di avere impetrato, che i Čarni e i Catali assegnati da Augusto alla Repubblica Tergestina , potessero per mezzo di Cen so , ossia di uit legalepatrimonio.es- sere ammessi pei gradi deli’Edilila nella Curia Triestina, e con ci6 divenire Citiadini Romani. Una tale ammissione grandissimo beneficio, coni e nel¬ la iserizione si legge, port6 alPerario, e fe sl, che k cittž» potesse ampliarsi. Altro vantaggio ne veu- ne, nell’alleggerire col maggior numero il peso gra- voso del Decurionato insoffribile in pochi. ( 2 ) De’ Catali unica menzione sta in Plinio ( Lib. lil. cap. XX. ) ove i popoli Alpini fra Pola, e Trieste ra m men ta . 2q8 VT QVI MERVISSENT TALIA . Espriraono queste parole 1’ ampi^za singolare della grazia , e privilegio ottenuto dal nostro Fabio Severo alla sua citta, e Repubbliea, impetrando dali’ Impera- tore di poter aggregare alla cittadinanza di Trie¬ ste, e conseguentemente alla cittadinanza di Ro¬ ma: Qui meruissent talia , come accenna 1’ Iscri- zione : Ac pcr hoc Civitatem Romanam adipisce- rentur. Merccechb annoverati nella Curia,e Magi¬ strate della Repubbliea di Trieste s’ intendessero aneo aggregati alla cittadinanza di Roma . (i) ABSQVE CENSV . Gioe gratis , e sen 2 a ve- runa spesa . PER tEDILITATIS GRADVM ec. La dignita Edilizia in aleune colonie era la suprema del Ma¬ gistrate. In Trieste pero serviva solamente di gra- dino alla Curia . ET iERARIVM NOSTRVM D1TATVM. Dila- tb ed estese i confini della Repubbliea ampliando parimente le sue entrate, con accrescere, ed arric- chire FErario pubblico della citta, ingrandendo, e allargando le muraalie di quella, ADMITTENDO AD HONORVM COMMUNIONEM . Oltre gli ac- cennati privilegj,'parmi non inferiore de’passati quello delFammettere alla comunione degli onori. (i) Non solo nel P. Ireneo; ma in tutte le stampe ritrovasi, ?he i Čarni ABSQYE CENSV potessero ot- tenere F bdilitb, il che sarebbe stato contrario a tutte le leggi. Ed in fatti nella lapide si legge VI¬ TA. ATQVE. CENSV., cioe costumi e patrimonio, ditavit. a 99 Mercecche Honor, al parere di Bristonio,e.s£ admi - nistratio Beipiiblicae curn dignitatis gradu , sive cum sumptu, sive sine erogatione , contingens. L « 14. D. de muneribus et honor. ET OPTIMVM ET LOCUPLETISSIMUM QVEMQ. Osservo da cjueste parole 5 che uoa a qualsivoglia persona veniva concesso il partecipa- re di tale privilegio ,ma solamente a chi fra li buo- »i fosse 1 ’ottimo , ed anco ricchissimo . Perciocch^ il potersi aggregare nel nutnero de’Decurioni del- la Colonia, obbligava il suoCenso,al sentire di Si- gonio, a cento mila . QUI OLIM ERANT . Cioe quelli, che ne’ tempi passati per lo splendore delle sole ricchezze erano aggregati a si riguardevole prerogativa, e decorati col nobile, e glorioso fregio della cittadinanza Ro¬ mana, con duplicato titolo, e di contribuzione, e di onore, indi in poi ne fossero fatti degni: Per- honorari remunerationem reperiantur . Et ut ipsi sint, «’ quali , come ci additano le parole. MVNERA DECVRIONATVS .Fossero benigna- mente, e senza veruno strepito ammessi alla di- gnita del Decurionato» AD CVIVS Q VIDEM GRATIAM HABENDAM. Esprimono con queste parole gli Autori delPIscri- zione, che per obbligazioni contratte per si grandi beneficj, e privilegj ottenuti dalPImperatore, me* diante il valore, e meriti di Fabio Severo, tuttft la nobilta della Repubblica unita insieme dovea Subi- to portarsi a Rorna, per rendere le dovute grazie a sna Maesta. STATVAM El AVRATAM. Che fossero le sta- 3oo tue segno di grandissimo onore nella Romana Re> pubblica, lo scrive Giuseppe Laurent. Honor ma~ ccimus Romae stante Republica Statua in rostris, aut foro posita . Essendo quelle inventate, come osserva Rosino, per onorare con questa pubblica dimostrazione i benemeriti della Repubblica, ed animare con tale stimolo i posteri ad imitare le ■virtu eroiche de’loro antenati. Ergevansi queste in Roma d’ordine del Senato , e nelle colonie e municipj, d’ordine de’Decurioni. E quantunque ne’primi tempi l’uso di quelle fosse solamente per onorare le azioni eroiche, e i fatti gloriosi de’ valo- rosi guerrieri, nulladimeno colle vicende di quelli s’ estese anco tal ricognizione d’ onore a soggetti qualificati, ed eminenti in lettere . EQVESTREM. Wolfango Lazio scrive che : E- questris statua erat , curn in equo ad cursum inči - tato aliquis sculpebatur , eaque imago vel in aere, vel in lapide loco aliquo celebri proponebatur • Queste sorte di statue rarissime volte venivano concesse , e eio per gravissime cause solamente, n& ad altri che a soggetti qualificati e benemeriti della Repubblica, i quali colle operazioni illustri, e fatti eroici operati a pro di essa si rendessero degni di tali onori. IN CELEBERRIMA NOSTRjE (i) VRBIS PAE- TE . Approvano queste parole ,quanto di sopra si e accennato con Lazio , che in loco aliquo celebri po• nebantur. E parimente ci additano, che il borgo di O) FORI, e non VRBIS & scritto nell’ originale \ 3ot s. Lorenzo, ora del tulto disfatto, e senza vestigio alcuno , ed apparenza di antichita’, era annoverato a quei tempi fra’ luoghi celebri, e cospicui della eitta di Trieste, mentre fuori della sua porta dal di lei Magistrato fu eretta sopra piedestallo super- bo la statua equestre del nostro Fabio Severo, co- me lo dimostrano le parole: In celeberrima No- stras Urbis parte . VTI AD POSTEROS NOSTROS. Cbe molto piu accurati, e diligenti fossero gli antichi nostri cittadini di Trieste nelPonorare, ed ingrandire la Patria, di quello siano oggidi i moderni, lo dimo¬ strano le ingiunte parole : Ut ad posteros nostros tam voluntas amplissimi viri, quam facta perma- neant. Mentre avidi di gloria procurarono con ca- ratteri indelebili di fabbriche , ed iscrizioni perpe- tuare nelPeternita di lei la memoria de’suoi con- cittadini. IN BASI EIVS. Quanto sontuoso , e tnagnifico fosse 1’edificio, che sosteneva tale statua, la pie- tra, che le serviva di base ce lo dimostra , mentre ella sola, come si scorge, senza gli aItri ornamen¬ ti , e cornici , che secondo 1’ arte ricercavansi al perfetto compimento dell’opera,e lunga piu di tre piedi e mezzo, la quale divisa in due colonne fu seritta d’ordine del Magistrato, e de’Decurioni del¬ la Repubblica questa iscrizione inessabase .Decre- to, et contestatione ^ nella quale epilogate si scor- gono 1’eroiche azioni operate daFabio Severo a fa- vore della patria, ed insieme le sue rare virtii. Et in basi ejus hanc nostram concessionem, atque de- cretum inscribi . 3ož A FABIO VlRO EGREGIO . Esprimono queste parole, che noti solo Fabio Severo , a cui fu eretta tale statua, meritasse, e fosse degno di tale onore, e lode; ma ancorn Fabio suo padre , soggetto di qualificate virtu , si per le fatiche da esso in bene- fizio della Repubblica operate, come per avere da- to a quella un cittadino di tanto valore,ed ali’Im- perio un si qualificato soggetto . PATRE SEVERI. La distinzione del cognome di Severo, quivi addotta dagli autori deli’ iscrizio- ne, fra li dne Fabj padre , e figliuolo , toglie ogni dubbio , che il nome di Fabio non fosse il proprio gentilizio, e quello di Severo cognome , come po- co prima si e accennato. GVIVS OPERA ec. Da queste e dalle parole se- guenti che chiudono 1’ iscrizione , si scorge qual- mente Lentulo col Magistrato , e rimanente della Repubblica, ritrovandosi vincolati e stretti con ca- tene d’innumerabili obbligazioni, per gl’ immensi benefizj, e favori ricevuti da Fabio Severo, volen- do accrescere nelPavvenire nuove obbligazioni, ed acciocche le operazioni, e diligenza sua , nel bene- ficare la patria, le rendessero maggiore splendore , non solo in essa, ma nella corte imperiale ancora , elessero lo stesso suo padre , il quale come Nuti- zio,ed Ambasciatore a nome pubblico di tutti ren- desse a lui le dovute graziej e passasse seco nffizio di congratulazione, coli’esporglie il giubilo, ed al- legrezza comnne di tutta la Goloma , la qnale ae- clamava, e riconosceva lui solo principal promoto- re , ed Autore di tanti beui ^ ed unico principio di ogni sua felicita . 3o3 Nella facciata della časa del nob. sig. Germani- co delF Argento in piazza detta la vecchia , vicina alla chiesa del Santissimo Rosario (i) si scorge la seguente iserizione in pietra bianca ordinaria, lun- ga piedi tre^ e larga uno e mezzo, ornata ( con un frontespizio sostenuto da due colonne con capi- tello . G • HOSTILIO G • F • FRVGIONI C • HOSTILIO G • F • NEPOTIF• L • MUTILIO L • L • NYMPHODOTO F • HOSTILIA PROVINCIA V • F • (a) C . HOSTILIO. Se alcuno delli due Gaj 0- stilj assegnati nella nostra iserizione , fosse quello (i) La predetta Časa segnata col Kum. 58. ž presente- mente di proprieth dei fratelli Ruscotii, sotto la qua- le vi 6 una Caffetteria . La Chiesa poi fu del Sm- tissimo Rosario , appartiene in oggi alla ComunitŽt della Confessione Augustana . (a) I nomi H0ST.L1 hanno origir.e sino dai Sabini ■, ma non e da credere, che a nobili tanto illustri , piuttosto che ai Liberti la nostra iserizione appar- tenga . 11 che prova anche P insegna nel monumento scolpita , cioe una specie di fornace, o fornello , e sopra una spranga due panai ; iudizio delParte tin- 3o4 che combattendo contro barbari , resto da essi uc- ciso con Publio Egnazio, vicino a Gorizia, ove og- gidi ancora si conserva sopra il portone della piaz- za del mercato, (j) chiamata volgarmente Trau- nich , 1’ ingiunta iscrizione riferita dal Wolfaugo Lazio , ancorche di cio non trovasi cosa certa , la similitudine pero del norae , colla vicinanza del luogo^.ove segui il fatto con la nostra citta di Trie- ste., ne soraministra congettura tale di poter asse- rire , che fosse 1’istesso. C • HOSTILIVS ET P • EGNATIVS VEITOR XV • LEGIONIS TRIBVNVS PRO S • P ■ Q • R • GUM BARBARIS DIMICANTES PARITER OC- CISIHEIC PARITER IACENT- SINGVLARE PO- STERIS EXEMPLVM , ET CARITATIS ■ ET FORTITVDINIS XXI. DIES ATRATI LVXE- RVNT. Conosce la sua origine la gente Ostilia , come scrivono Glandorpio , ed il Cavaliere Orsato , da Osto Ostilio capitano de’Sabini contro Romolo . toria ; NYMPHODOTO, ritrovasi nelle iscrizioni di Aquilejaj come pub vedersi nelPAppiani ( pag. 39 . )> e nelle antichita del Conte Bertoli ( Inscrit. n. ccc. Antich. d’Aquil. ).Un Lucio Ninjiodoto in iscrizio¬ ne di Verona abbiamo presso il Fabretli . 11 Cogno- me di PROVINCIA poi dato ad una donna, non b nuovo esempio. (O Ora non esiste piu nb il portone ; nb la iscrizione in quel luogo. 3©5 FRVGIONI.il Reinesio spiegando questo cogno- ine dice : Artificii adpellatio est , eoque ducunt adpictae vesles, et relicpius apparatus . Alludendo a quei pezzi di materia, che si vedono appesi sotto P iscrizione , e dichiarandosi meglio in altro luogo soggiunge, che dal dilettarsi, ed essere eccellente nelFarte di ricamare , o coll’ago, ovvero con pen- ne di uccelli, si acquistasse tal cognorne . NEPOTI. F . Questo cognorne, al mio credere , seioglie rnolte difficolta, che ne apporta la presen- te iscrizione, avendomi diverse fiate agitata la men- te, la nota F . che lo segue : posciache , leggen- do Filio, ovvero Fecit , come spiegano gl’in¬ terpreti delle note Romane , la trovo mol to aliena dal vero senso della latinila ; essendo contro le huone regole , cosi applicare dne volte alla stessa persona, il significato di figlio , come moltiplicare il verb o fecit, mentre questo chiude in ultimo luo¬ go 1’ iscrizione come si vede . Riflettendo dunque molte volte alla parola Nepoti, finalmente m’ac- corsi, che tal cognorne fn pošto , non perche fosse realmente suo nipote , ma per difFerenziare con quello il secondo Ostilio dal primo , cognpminato Frugione , onde per le addotte ragioni diro, che la nota F . ivi posta , o addita che fossero fratelli , e figliuoli , non solo di Cajo , ma ancora di Ostilia , qual fu la principale che fece erigere quest’ iscri¬ zione come dimostrano le due ultime note V. F ., cioe Fioens Fecit . MVTILIO . Cosi scritto nell’ originale , il quale di cognorne fece passaggio in nome gentilizio . Co- 20 3o6 sa significhi Mutilio , non si sa , se pure non im« portasse rnozzo , ovvero troncato . NYMPHODOTVS .Cognome greco composto da j$ympho , e Z>o/o,che significa Sposato o Maritato. Pietro Appiano , e Bartolommeo Amanzio riferisco- no due iscrizioniin Aquileja,ove si fa menzione dl tal cognome , cioe di L . Valerio Nimfodoto , e C. Stazio Primigenio. La nota F. che segue questo cognome, non saprei cosa significasse, mentre l’es- sere Mutilio Liberto di Lucio , come le due note L. L. lo dichiarano, fa sospendere il mio giudizio , e lascia ad altro piu versato di me, 1’interpretazio- ne di essa. PROVINCIA . Direi che Ostilia acquistasse for- se questo cognome , dali’ essere stalo suo padre , ovvero marito Governatore di qualche Provincia, oppure da altra causa a noi ignota . (i) Neli’angolo della časa de’Signori Bonomi vi- cino allaChiesa delPApostolo S. Pietro la figura di Priapo acclamato dagli Antichi Dio degli orti, scol- pita in basso rilievo, in quadro di pietra, di colore quasi nero , lungo piu di uri piede , e largo a pro- porzione . Non m’inoltro in narrare le varie for¬ me da essi rappresentate; mentre scolpivansi alcu- ni in figura di uomo tutto nudo , colla barba , e (i) Questa h la časa che fa cantone passato la gran guardia in piazza verso la chiesa di s. Pietro . L a detta figura š coperta dal tavolato esteriore deli* bottega che gti sik sotto . 3c>7 chioma rabbuffata , ed altri con trn panno , che le cuopriva le spalle, ed una carina in mano . Di Venere che fu adorata in Trieste , conservasi memoria in una lapide posta nel muro deli’ or- to (i) , dietro la časa domenicale de’ sig. Giuliani , ove si vede seolpita un donna distesa in letto a for¬ ma di conca. Del Genio molte vestigia ritrovansi sparse per la citta, la qual Deita , secondo il sentimento eomu- ne , non rappresenta altro , che la natura, 1’ istitu- to , o qualita di quella cosa , a cui veniva applica- ta . Che percio dagli antichi rappresenta v asi con varie forme , e figure attribuendolo alla tutela , e conservazione di tutto il creato , cioe alle Colonie, alle Centurie, ai Fanti, ai Luoghi, e sino ai libri, ed ac li autori attribuivano il Genio • Ed il Cornu- copia segnale di dovizia per dimostrare le grandi ricchezze , che possedeva il soggetto , che lo rap- presentava. Con questi fondamenti, direi che il Genio della citta ,di Trieste fosse rappresentato in una figura, corne di presente ancora si eonserva nel muro del Giardino verso la porta del Vescovato ( 2 ), il quale (1) Ora non e orto , ma cortile de : Giuliani nella Gon- trada del pane. Piuttosto che di Venere e da cre- dersi monumento di donna morta ; giacche non si k veduta giammai la forma di Venere sdrajata sopra una conca ,0 piuttosto tomba , tutta coperta, tralto- ne il braccio , e la mamnriella sinistra. £2) La predetta figura non esiste piu nel luogo soprac- cennato. 3o8 colle mani sostiene una cesta, in cui sono alquanti pomi. Scorgesi nel muro della Časa de’ Sigg. Bertis (i) dietro il Vescovato un frammento d’ altre iscri- zioni , nella forma seeuente , in cui mancano le prime lettere antecedenti alle ultime parole. h • METER SEX • T • METRA SEX j L • CAESVLLA• METER . Gentilizio, e di maschio giudico que- Sto nonie, dal quale derivasse il femminino ME¬ TRA . Metrodoro, eiMetrodora . Di Metrodoro scri- ve il \ T olat&ranno • Metrodori tres,in pritnis merno- rabiles. Fra iquali il cognominato Latnpsaceno di- scepolo di Epicuro, e suo parzialissimo amico, co- me scrivono Strabone , e Diogene , riferiti dallo stesso, a cui anco dopo morte raccomamio la cura de’proprj figliuoli . L’ altro fu Ateuiese eccellente pittore, e filosofo, eletto dagli Ateniesi , ad istan- za di L. Paolo per insegnare , ed istruire la gio- ventu Romana al sentire di Cicerone .Un terzo co¬ gnominato Scepio. Qui e philosophica vita in ci- vilem migravit } in suis scriptis oratorie loquitur , O) Dove esisteva la citata časa Bertis dietro il Vesco¬ vato (©ra Ospedale) non si scorge presentetuente che un muraccio di un orto picciolo ov’ ž la sudq- scritta lapide , 3c>9 et novo guondam dicendi genere usus est ,quo rnul- tos deterruit. Sin qui il Volateranno . SEX. Ci additario qiieste note la gente Sestia molto celebre in Roma, divisa in Patrizia , e Pie- bea , pregiandosi ambedue di avere somministrati tnolti Consoli alla Repubblica. CiESVLLA . La direi , col Cav. Orsato , deriva- tiva dal cognome Cnesio ; men tre diee egli * blan- diendi gratia freqiienter diminutivis utimur, prae- cipue in faeminis . Passo col tempo (juesto cogno¬ me come molti altri in gentilizio, ed ebbe la sua origine dalla disposizione del corpo, mentre: Cae- sii dicuntur illi quorum oculi assimilantur oculis Catorum, glaucique coloris sunt . La seguente iscrizione, la quale , benche da o- gni canto difettosa , e manchevole di molte paro¬ le, e note, per causa di chi bizzarramente la spez- ao , per ridurla in forma rotonda , non lascia pero quantunque posta al rovescio nel muro dellaclau- sura delle ReverendeMadri monaehe di s.Benedet- to verso poriente (i) di esprimere la sua singolari- ta ; onde per mancanza , e difetto della intiera co- gnizione di essa, devo solamente spiegare cio che ora si scorge. (0 Cioe, nella contradella di s: Cipriano , sul muro dell’orto dello stesso monastero: 3io L. ACEIA D.L MOSCHA H. S. E. M. IN AGR. INF.R. I. ACEJA. Se questo nome fosse intiero , o dimi- nuto, per le cause addotte , non possiarno sape- re ; direi ehe derivasse dalla gente Acia , ovvero Attia , eh’ e la stessa, dalla quale derivano anco P Accilia, ed Atillia, secondo P osservazione del Cav. Orsato , favorito dali’autorita del Panvinio da essi annoverata tra le plebee , che diede due eonsoli alla Repubblica col cognome di Balbo, e Glabrio. O.L. Questa lettera D seritta al rovescio signi- fica il prenome di Čaja . MOSCH. II djfeito delPiscrizione, non permet- te di affermare , se queste lettere importino nome gentilizio, ovvero cognome, ma solamente con- getturare qualche cosa di quelle . H. S. E. Coteste note significano 3 Hic sita , vel Sepulta est . M. La lettera M. cosi solitaria anteposta alle note IN AGR. direi che significasse memoria, ov¬ vero mohumentum . IN AGR. Gi additano queste ed altre simili no¬ te , secondo Popinione di tutti gli Antiquarj , la misura del sito assegnato alle sepolture . Usavano gti antichi d^mprimerle ne’ Gippi , i quali, al sentire di Gttavio Rossi 3 erano certe colonnette , 3ii o pietre rilevate a similitudine di guelle, che ser vono a’nostri tempi a segnare i confini delle stra- de, e de’ campi : per notificare con esse non solo la riverenza dovuta a questi luoghi, e morti ivi sepolti; ma ancora la strada, e passo libero all’ara sepolcrale . Salendo dalla Muda vecchia alla chiesa di san- ta Maria Maggiore, vedesi incastrata nel muretto, che sostiene la gradinata delPingresso alla Chiesa gia di S. Silvestro , ora della comunita Evangeli- ca , una lapide colla seguente iscrizione MVSAE ANNORVM XXVI. Non si ha di codesto nome veruna traccia,senon che il conte Carli nelle sue antichita italiche riporta la famiglia Muse di Capodistria , la quale si estinse in Pietro Muse 1’ anno j 334. Di piu non ne dico, perche il tutto sarebbe appoggiato sul dubbioso ed incerto . (1) Q. PETRONIVS C.F. PVB. MODESTVS P. F. BIS LEG. XII. FVLM. ET LEG. I. ADIVTRIC. TRIB. MIL. COIL V. VIC. TRI. COH. XII. VRB. TR. COH. V. PR. DIVI NERVAE ET IMP. CAES. NERVAE TRAIANI AVG. GERM. PROVIN. HISPANIAE CIT. ASTVRIAE ET GALLAECIARVM FLAMEN DIVI CLAV. DEDIT IDE M Q VE DEDICAVIT. Che deve leggersi. Quintus Petrorius Caii fi- (1) Quinto Petronio Publio Modesto tiglio di Cajo Hus Pubius ModcstUS Primipilus bis Legionis XII. Fulminatricis, et Legionisprimae Adiutricis Tribu- due volte Primipilo della Legione XIT. Romana chiamata la Fulminatrice ( Lo stesso che primo Cen¬ turione de 5 dieci nelPordine de’Triarj, che dopo il Tribuno militare godeva nella legione il primo pošto. Fu tal carica in tanto pregio, che 1’assunto a tal grado era tosto annoveralo ali’ ordine Eque- itre ) e della pritna Ajutatrice: Tribuno de’Soldati, ossia conestabile della quinta Coorte , o compagnia appellata la vincitrice. Tribuno della V T . Coorte Pre¬ toria , o Generalizia di Nerva , e deli’ Imperatore Cesare Nerva Trajano Augusto : della provincia di Gerraania , di Spagna, di Asturia citeriore , e delle Gallizie; Flamine , o Saeerdote del Divo Claudio de- dico la predetta iscrizione , e cio, che appnrteueva alla medesima ali’Imperatore Trajano. Un frammento di questa iscrizione vedesi tuttora incastrato nel muro fra i due ultimi capitelli sulla riva che conduce alla cattedrale di s. Giusto . Il P. Ireneo della Croce non fa veruna menzione del predetto frammento, perchž forse a suo tempo non era ancora scoperto, oppure non esisteva in luogo patente come ora . Il fatto t! che fino al presente tutti quelli che vi passano vicino , ne osservano i grandiosi earatteri romani ( que’ della prima linea arrivano alle once 8 , e un terzo) senza compren- derue il significato. Era riserbata tale scoperta al Triestino Lodovico Kert, diligeute indagatore delle antichita patrie , il quale ne fa la »eguente spiega- zione. nus Militum Cohortis guiritae Victricis Tribumis Cohortis XII. Urbanae , Tribunus Cohortis Quin- „ Frammento, che a dedurre dalla grandezza dei » caratteri che contiene, deve aver fatto parte d’ >, uua vasta lapide quadrata bislunga . Quale fra i „ Romani abbia fatto innalzare questa lapide, ad onore di chi, ed in quale incontro \ado debol- „ mente a dire la mia opinione. „ Se il P. Ireneo in diverse parti della sua Cro- ,, niča non assicurasse, che fra le altre , la lapide „ di Q. Petronio fosse stata levata nell’anno i5o9 „ dalla nostra citta e trasportata a Venezia in časa „ Michieli a S. Giovanni Nuovo, sarei tentato di „ credere che questo frammento per la molta con- „ formith con il contenuto della mentovata lapide r „ potesse appartenere alla stessa, tanto pivi che dal- „ la parte destra di Divi, il frammento h tagliato „ regolarmeute in modo da poter essere connesso in „ mezzo ad altri due pezzi laterali che potuto a- „ vrebbero contenere il resto deli' iscrizione che „ manca . Questo tanto maggiormente mi convince, „ quantoche monsig. Tommasini Vescovo di Cittano- „ ma £ stato bensi d’opinione che dagli avanzi deli’ „ antico nostro teatro romano possino essere stati „ levati due marmi e tradotti a Venezia , non di- „ ce per6 se tali marmi componessero la stessa , al- „ tra , o piu iscrizioni lapidarie, come neppure \iea „ detto , se oltre alli due, un terzo, ed altri mar- „ mi lasciati s' avessero sussistere nella posizione e „ sito loro originale . Avuta in vista pertanto la „ grandezza dei caratteri, il lungo contenuto deli’ 31,4 tae Praetorie Divi JSfervae , ac Imperatoris Cae- saris Nervae Trajani Augusti Germaniae Provin- „ iserizione , e ]a mancanza forse in allora d'una ,, lastra verso 4 piedi alta, e 8 larga, si puole con „ fondamento arguire, clic la lapide possa essere „ stata la medesima accennata dal P. Ireneo o una j, consitnile,e che tutta possi essere stata divisa in „ 4 parti , la prima , terza , e (juarta delle quali „ possino essere stale trasferite a Venezia, e altro- » ve, la seconda , eh’e il nostro frammento, sia „ per la sua imperfezione o per qualche altro mo- „ tivo da me non conosciuto in questo momento , „ fosse stata lasciata in balia della sua sorte . Se „ dunque dalle apparenze trascinato non venissi in „ errore, crederei che le cifre del nostro frammen- „ to dovessero venire interpetrate cosi. „ S. Per 1’ultima lettera del nome di Petronio, „ premesso clie 1’ altro pezzo della pietra contenesse „ Q. PETRONIV „ C. Caii prenome „ F Lettera nel frammento alquanto difeltosa; „ ma assolutamente trn’ F, percio FILIVS. La „ M. Che sembra finale d’una parola , prenderei „ per la finale di „ FVLM . Fulminalricis ; Legione composta di ,, tutti Cristiani. „ ET. L El Legionis „ II. Qui volendo attribuire I’ iserizione a Pe- „ tronio, fa d’’uopo d’immaginarsi, che sopra V al- M tro pezzo esistesse anteposta la X , per formare j, XII intmero della Coorte, della quale era Tribu- no. 3j 5 ciae, Hispaniae , citerioris Asturiae, et Gallaecia- rum Flarnen Divi Claudii dedit idemque dedica,- vit . „ VRB. Urbanae : „ TF Prendtndo la F, che nell’originale h im- „ perfetto , per principio di R si dovrebbe leggere „ Trd)un us . „ RAIANl. Auteponendo il solo T , troppo chia- jj ro risulta Trajani. „ AV Ad onta del difetto della seconda lettera , „ non si puo fare a meno di prenderla per AV , „ quindi per Augusli . „ AMEN . fe fuori di dubbio cbe denota Flarnen » e „ Di VI. Olje non abbisogna di esplicazione . „ Con questa ultima parola ti certo cbe non po- „ teva terminare 1’ iscrizione : prova sicura, che la >, pietra doveva essere molto lunga per contenere il „ resto . Il nome di Trajano , cbe ad eccezione del ,, T , porta distintamente il nostro frammeuto , e „ la sorprendente concordanza del suo contenulo „ con il tenore deli’ intiera Iscrizione riferita da „ Appiano , Amanzio , Lazio, Grutero , e P. Ireneo „ della Croce, come sopra si e veduto. Prova quasi „ sino alPevidenza , che il nostro frammento, se pu- „ re non fa parte della riportata iscrizione, fa parte ,, almeno di altra dedicata ali’ Imperatore Trajano. ,, fll noto che al tempo di questo Imperatore nessu- „ no flori va piu a Trieste di Q. Petronio. L’essere „ discendente dali’ illustre famiglia Petronia , 1’ es- „ sere due volte Primipilo della XII Legione Fulmi- S16 CETACIO . Se la gente Getacia fosse Patrizk romana , ovvero orionda del paese , non abbiamo „ natrice, due della prima Adjutrice, Tribuno Mi- „ litare della V Coorte Vittrice , della XII Urba- „ rta , e V Pretoria, e 1’ essere rivestito di altre co- „ spicue cariche in Germania ed altre parti, dirno- stra chiaramente in qual grazia e favore si ritro- s, vasse Q. Petronio presso 1’ Imperatore Trajano. „ Ritornato Q. Petronio dalle sue imprese militari, e „ dalle dignita sostenute ne’stati conqaistati, glorio- „ so a questa sua pa tria , e riconoscente verso Tra- „ jano per i gradi ed onori de"” quali fu in diversi „ incontri ricolmato , fece costruire nell’anno io4 „ di G. G. il Teatro , ed al passaggio deli’ Impera- „ tore per Trieste , quando trionfante dalla Tran- „ silvania , Moldavia , e Valacchia ritornava a Ro- „ ma , lo dedied con 1’ iscrizione riferita , al pre- ,, detto Imperatore . ( Come il Padre Ireneo asseri- „ sce ). Se dunque il frammento della lapide espo' „ sta non contrassegnasse precisamente quest’ epoca „ rimarcabile, il elie d molto verisimile , non čredo „ cbe nessuno šara a eontrast armi, che tale fram- ,, mento ricordera altneno 1’ edificazione di qualcbe „ altro sontuoso fabbricato , o qualche lurliinosa ge- sta deli’ Imperatore Trajano , perpetuata in Trie- ,, ste dal favorito , e riconoscente suo contempora- „ neo Q. Petronio, con 1’iscrizione piu fiate moti- „ vata “ . Vedasi qui aggiunto il delto frammento , collo- cato come a proprio luogo nell’ iscrizione , ridotta da me in proporzionale grandezza . B Q-PETRONlf S C-I •pvbmod|estvsp*p BIŠ • LEG • XII • FVLM • ET • 4eG • I • ADIVTRI CHO • V • VIC • TRI • COH • Xtt VRB - Tl CAES • NERVAE • T IllAIANl * A\ ET • GALLjECIARVM 1 PLAMEN * Divi . l • COH • V • PR • DIA|I G • GERM • PRO VIN CLAV * DEDIT * IDEMQV^ TRIB • MIL • NERVAE • ET • IMP • ISPANLECITASTVRLE • DEDIČA VIT A Iscrizione supposta appartenente ali’ antico Teatro Romano in Trieste, tratta dal P. Ireieo della Croce , e riporlata alla pag. 3i6 di questo Volume, ridotta qui a proporzionale grandezza del Frammento B., apparte: ente alla raedesima , che vedesi incastra to nel muro tra i due ultimi capitelli sulla šalita che conduce alla Cattedrale di s. Giusto , e qui collocato nella predetla iscn zione come proprio suo luogo. 3*7 alcuna certezza o fondamento , donde dedurre si possa tale notizia. Ii certo e , che questa famiglia non solo anticamente flori in Trieste , ma ancora dopo abbraceiata la fede cristiana, come ne accer- ta una bellissima Arca di pietra di proporzionata grandezza , e d altezza lunga piedi sex geometriei, ritrovata anni.sono nel cimiterio della chiesa di s. Francesco , per incontro la porta maggiore , vicino al condotto di acqua , ehe corre verso ii mare , in cui si scorge la sfeguente iscrizione (i) , CETACIAE SERVAN- DAE PARENTI. Indizio e\’idente,cbe .molti secoli risplendesse in Trieste , anche dopo ricevuta la fede , mentre quest’ Arca collocata in Cimiterio, e luogo Sagro da certezza tale, che temerita sarebbe 1’asserire \ il contrario . Nel battisterio della nostra cattedrale di s.Gitu sto ritrovasi una pietra grande di figura per ogni (i) L’ Arca , o Sarcofago sopraddetto ritrovasi presen- temente sotto la gorna di mezzo, o tubo della gron- daja , del lato che guarda la piazza Lipsia, della Časa del Negoziante di Borsa F. E. I. Baraux N, 1006. Un bučo, cbe tuttora osservasi nell’Arca predetta, corrispondente al piano interiore della me- desima , mostra ad evidenza , cbe anteriormente al suo ritrovamento, indicato dal P. Ireneo, avesse gik servito per uso di Vasca, o Lavatojo . 318 lato quadra , lunga circa piedi larga pin di due P ed alta piu di tre , tutta all’iatorno ben lavorata con pampani, foglie di viti , e grappoli dr uva di basšorilievo , che la cingono ; qual ora serve di piedestallo ali’altare di s. Gio. Battista . Questa , corne si scorge , fu un’ ara ovvero altare , sopra la quale usavano gli antichi sacrificare agli Dei , speeialmente ne’ funerali de’ loro defunti ( eome si e gia detto di sopra a suo luogo . ) Nel frontespizio di essa sta scolpito in lettere grandi Romane C VIBIVS VALENS VI* VIR AVGV(i)T-F-I. EX • HS • XX- TIM.LIV. II rimanente di questa iscrizione dali’ essere sta- ta sepolta gran tempo in terra e corrosa non puo leggersi. VIBIVS . Della gente Vibia assegna Grutero 237. Soggetti, la quale ancorche plebea , gloriasi pero d’ aver somrninistrati alla Romana Repubbli- ca molti Gonsoli e uomini illustri, e tra qnesti C- Vibio Treboniano , acclamato Imperatore dal resi- duo della legione avanzata dalle guerre co’ Sciti, (1) Neli’originale di pietra ali’AVG V*' manca la S. necessaria perche significhi Augustalis , forse per i' gnoranza deli’ incisore . 3iy il quale intesa la trnova che ( come scrive Fran- cesco Mezzabarba ) C. Julio Emiliano fosse dali’ esercito esaltato ali’ istessa dignita , preše per compagno e collega 1’ istesso anno G. Vihio Volu- siano suo figliuolo, de’ quali questo autore riferi- sce due medaglie. Diramarono i Vibj , al sentire di Rosino , in diverse famiglie , ancorche de’ soli Varj e Pansi si faccia menzione nelle monete an- tiche . Vibia gens plebeja varios Consules hab uit. Scrive il cav. Orsato . T.F.I. Testamento Fieri Iussit . Con suo Te- stamento ordino che fosse fatto . EX HS. XX. Si- gniiicano queste note: Ex Sextertiis viginti . Di- stinguono gli espositori delPAntichita due sorta di sesterzj , uno nel genere maščobno , e 1’ altro nel neutio . Il valsente del pritno , al sentire di Bu- deo, era la quarta parte di un danaro, che sono , secondo F opinione del Gaval. Orsato , dieci Tor- nesi e mezzo , ovvero tre soldi e mezzo di nostra moneta Veneta , e 1’altro scritto nel genere neu- tro importava mille seslerzj de’ primi. Onde di-- rci, che queste note fossero qui poste per signi- ficare o la spesa fatta da C. Vibio , nella fabbrica di tal opera; ovvero qualche legato fatto dallo stesso per la conservazione di essa : Quando pure non esprimessero quanto intendeva Vibio , fosse speso in una memoria ne’ sagrificj da farsi sopra il detto altare . Un arco trionfale chiamato comuneniente dal Volgo la Prigione di Ricardo , catnpeggia oggidi ancora in Trieste, di cui il Dott. Petronio scnve cosi. Anco Trieste nobilissima Colonia Romana Slo ritienc cer ti avansi di alcuni nobili edifizi diriz- zati al tempo de Romani . Sicche vediamo arico- ra «’ giorni nostri in piedi , part.e čC un Arco trionfale tirato a mezzo l' ascesa del mont.e , vi¬ dno alla chiesa de Padri Gesuiti mostra che fosse st ato di vaga, e bella struttura, quantun- que si rimiri privo de ’ suoi ornamenti principali logorati dal tempo: V addimandano al presen- te li paesani , la prigione di Ricardo , senza sa * pere la derivazione di questo nome . Potrebbe es- sere jor se averlo avuto da Carlo Magno , avendo del verisimile , che nel suo arrivo nelC Istria , in- camrninalo per andare a distruggere Tersaco, pas- sasse per qnesta cittd . Siu qui quest’Autore , il quale perche e testimonio straniero , alieno da passione, appoggiato anco ali’ autorita di Monsi- gnor Vescovo Tommasini, apporta maggior credi- to alPistoria di quello sarebbe, se fosse nazionale. Che i nostri antecessori gli edificassero tale arco trionfale in dimostrazione della sua magnifi* cenza , e valore , per segno anco di gratitudine verso il loro Re , e liberatore della tirannide de’ Longobardi , ailor che demolito Tersaco , passo per Trieste, mentre s’ ineamminava alJa volta di Roma , ove 1’ anno seguente con applauso univer- sale di tutta 1’Italia, dalle mani del Sommo Pon* tefiee, fu decorato delle insegne Imperiali, ed acclamato Imperatore deli’ Occidente , la fabbri- ca stessa deli’arco lo manifesta , mentre un ripo- stiglio simile ad un’angusta prigione, che a’ giorni nostri ancora si conserva sopra lo stesso arco, di- rei servisse d’occasiQne al volgo di permutare il Ss.f «uo legittimo nome, coIl’addimandarIo corrotta- mente la prigione di Ricardo, invece di Arco trionfale del Re Carlo, formando Podierno voca- bolo, composto d’ambedue questi nomi , col can- giare per la sua imperizia la lettera L. del nome di Carlo nella d. Ricardo . Di questo edifizio al presente conservansi sol- tanto alcune poche reliquie di un Arco gran- de, come un portone , la cui larghezza sono piedi nove , e 1’ altezza piedi 18 in luce, con i suoi pie¬ destalu, i quali col rimanente di esso edifieio stanno ora sepolti nel terreno. Gampeggia sopra lo stesso Arco un cornicione col suo architrave , e fregio di bellissima architettura, ed al tri orna¬ menti , che pub dirsi d’ordine composito , il tutto di pietra bianca. Nella časa delli signori Stella (i), contigua a quest’Arco , pochi anni sono nel fabbricare un pozzo, si scoperse dieci piedi sotterra un edi¬ ficio tutto di pietre quadre , ben lavorato a forma di rivellino, alto circa i5 piedi, il qaale prosegui- va sino al fondo del pozzo ; segno evidente , che nel sito vicino a tal Arco trionfale fossero al- tre fabbriche magnifiche, e sontuosi edificj, or se¬ polti nel terreno, mentre anco la maccbina dello (0 Questa 6 la časa N. 278 , la quale fa cantone al- la Contrada de’Capitelli, e nel suo ingresso, verso il citato Arco, vedesi ancora il riferito pozzo. La medesima časa fu receutemente rimodernata dal Nob. Gennaro Fecondo de: Trucktentlial. 3aa stesso Arco apparisce al presente buona parte se« polta . Poco discosto aticora da questo Arco nelle ma¬ ra, fuori delta citta, vedesi una porta serrata di muro , larga poco meno di piedi dieci, di lavo- ro non mediocre , sopra la quale sta scolpita 1’ arma di s. Sergio , ed ivi vicino itn’ iscrizione spezzata , che devo tralasciare, per esserrai stata mandata, non solo conl’usa,ma auche senza verun’ apparenza di senso . A che uso servisse tal porta non trovasi memoria nella citta , e percio lasaO ad altri 1’ indagarlo (i) . (a) Ne’ Ronchi , o Rraide contigue ad essa por¬ ta , ed alla chiesa di s. Michele Arcangeio, faori delle mura del giardino delTIllustriss. sig.Capita- no, o diciamo Governatore, che a nome del nostro Augustissimo Imperatore assiste al supretno go- verno della citta di Trieste, specialmente in queh (i) Nel luogo deli’accennata porta vennero posterior- men te fabbricate alcune čase , ed ora non si ba della medesima piu vestigio. (») Ronchi o Braide , lo stesso cbe campagnette si* tuate in collina, ridotte a diversi piani sostennti da mura. La Chiesa di S. Michiele, dalla quale porta il no¬ me la Contrada, era situata nella Braida del Nob. Giacomo Prandi , il quale terminb di farne demob' re gli a^vanzi . ]1 giardino del capitano della cit* tk era quello cbe preseutemente gode la Vedov* del Colonnello Nob. de Francol, ed ha 1’entrata 8 pii' 1 deli’ alborata della riva di S. Giusto. 3 a 3 le de’ sig. Gapuani , e Tommaso Gavaceui, nello scavare alcuni fossi , scoprirono diverse muraglie assai grosse, lastricate di musaico, formati di sas- setti di varj colori , pezzi di cornici di gesso di- versamente eoloriti , altri frantumi di finissimi marmi, un tubo di piornbo , diversi ferri di ca- vallo , la cui grandezza superava di gran lunga i nostri moderni , e le ossa infracidite di un uomo armato di ferro di smisurata grandezza , con altre reliquie di antichita . Indi vicino‘ngli accennati Ronchi scorgesi il meniovato giardino tutto cinto di alte mura , ab- bellito con diverse torri , in cui anco a* * tempi no¬ stri campeggiano molle vestigia di memorie anti- che, fra 1’ altre nella muraglia , cbe riguarda il Forte di S. Vito, poco distante dal terreno , appa- risce un cornicione di pietra bianca lungo piu di 40 passi geometrici , e largo tre piedi e mezzo in- circa di bellissimo lavoro , restando il rimanente coperto dalla terra (j) indizio evidente , che fosse in quel sito anticamente qualche magnifico edifi- cio , e fabbrica sontuosa . Dali’ altra parte deilo stesso giardino (a) verso il (0 Vedesi tuttora il detto cornicione nella Braida del Barone Zanchi in Contrada di S. Michiele N. i3i7- (a) Questa parte deli’ addotto giardino corrisponde nel¬ la Braida del contadino Pegan a pi6 della strada nuova che conduce alla Gattedrale di S : Giusto N. * 3 ia. 3ž4 castello della citta, che riguarda la strada maestra, che conduce al Brech, valle di Zaule e Ponzano , contro la possessione delPlllustr. Sig. Barone Gio: Andrea de Fin, appariscono le vestigia di un’altra porta grande chinsa di rnuro , la quale direi essere la stessa, di cui scrivono Pietro Appiano, e Barto- lommeo Amanzio, con Gio:Grutero,che fuori della porta del borgo di S. Lorenzo , tante volte da loro celebrato , ed ora totalmente distrutto , della Co- lonia di Trieste, fosse eretta la statua di Fabio Se- vero, riferita di sopra ; vicino alla qual porta coli’ oecasione che il Gonte d Herberstein , capitanio della citta ,1’arino 1640 fece riedificare le dirocca- te inura di tal giardino dalla voracita del tempo at- terrate e distrutte , si scopersero moltissime pie- tre bianche , tutte lavorate di grandezza non ordi- naria , le quali un’ altra volta rimasero ricoperte dalla nuova muraglia , privando 1’avarizia de’ mu- ratori non solo la citta , ma noi altri insieme di un prezioso tesoro 3 come sono le vestigia di un’an- ticbita tanto celebre. Fra il suddetto giardino, e la časa dominicale del- 1’accennata possessione del Barone de Fin, in un carnpo della stessa possessione contiguo alla strada maestra, ritrovasi un bellissimo pozzo, le cui sor- genti,che possono dirsi inesauste,sono cosi abbon- danti e copiose, che esse sole supplirono a tutt’ i bisogni della gran fabbrica del forte di S.Vito jcioe ali’innumerabile rnoltitudine di operai, che gior- nalmente concorrevano a quella faccenda, agli ani- mali,che conducevano i materiali, ad estinguere la calce, comporre la malta, e ad ogni altra occor- 3a5 renza necessaria al hisogno di essa fabbrica, senza mai vedersi ia esso minimo segno di diminuzione , quantunque quotidianamente ne eavassero in gran copia. Lo stesso segui al Barone Oio: Francesco , padre del prenominato Gio: Andrea , che ansioso una volta di farlo mondare, applico di continuo tre giorni e tre notti sei uomini , ai quali mai fu possibile asciugarne l’acqua. Che pereio il campo, ove sta situato quest’ insigne pozzo , viene addi- mandatoper antonomasia Čarajo del pozzo, ilquale direi servisse anticamente ai bisogni del borgo di S. Lorenzo ivi contiguo , dalle guerre ora atterra- to , e distrutto , rimasto esso solo misero avanzo , per segno, e memoria del suo antico splendore . La seguente iscrizione , difettosa pero, perche a me cosi trasmessa, la quale per diligenze usate non fu possibile ottenere legittima, sta riposta nel mu- ro della cliiesa di S.Ganciano,terra soggetta riello spirituale alla nostra dioeesi, e per conseguenza anticamente aneo nel temporale alla Cokmia di Trieste,ove in profonda caverna si precipita il bu¬ rne Recca, il quale con le sue limpide acque pene- trando i cavernosi e scoseesi monti del Fantiča Gia- pidia j ora addimandata il Garso , dopo il corso di 18 miglia incirca forma il fiume Timavo. 3a6 IMP • CAESAR DIVI F • AVGVSTO PONTF • MAXIM • (i) RIBOTES IXXXII- C • XXIII • PP • SACRV . II ritrovarsi in questo luogo 1’accennata lapide, dedicata ali’ Imperatore Ottaviano Augusto, il suo esscre manctievole , difcttoso, e senza le debite no- tizie,rion nji apporta altra cognizione, ehe il pote- re congetturare fossevi anticamente in quel sito qualehe edificio , o v vero castello o terra da esso demolita, mentre guerreggiava contro i Giapidii , quando distrusse , e detnoli tutt’ i loro luoghi , e citta , e soancello il loro notne dal raondo , ed ivi in metnoria di esso Imperatore fosse eretta tale iscrizione . (i) Il Padce Ireneo della Croce sfiguro la predetta iscrizione (per essergll stata cosi trasmessa ) com’ e- gli stesso asserisce nel quarto verso dove invece di RIBOTES. IXXXII, che nulla significa , benchž il detto autore gli dia un’ ingegnosa spiegazione , come osservasi qui sopra, deve leggersi, TRI. PO- TEST. XXXII., che indica Tribunizia Podesta. E nel quinto verso in luogo di C. XXIII. ec. , deve essere COS. XII*. , che vuol dire Consolato tredici. Augusto fu console i3. volte , e 1’ultimo Consolato fti con M. Plauzio Silvano nell J anno di Roma e la Potesta Tribunizia era 3a. Puo osservarsi il Panviaio ( Fastor . lib. I'. p. 25. et Comment. p. 299 . ) a cui i fasti Gonsolari ben corrispondono. 3$7 IMP. CAESAR . Che le addotte note apparten- gano ad Ottaviano Augusto , lo dimostrano le se- guenti DIVI Filio,mentre adottato fu da Giulio Cesare, il quale dali’ apparire di una stella in cielo subito segnita la sua morte, fu acclamato da’Romani , al sentire di Suetoriio , per Dio . Che percio anco si attribui il celebre notne di Cesare,come propriode’ Giulii, secondo 1’osservazione di Antonio Augu- stini . PONTIF. MAXIM. Dignita e titolo appresso Augusto di piu stima , che tutti gli altri; appro- priat si poi dagl’ Imperatori, che lo seguirono. RIBOTES . Ovvero Ribpotes . Direi tal nome per il SACRV, che lo siegue appartenersi al Sacer- dozio stravagante , assegnato ne’ sacrificj di qual- che deita,o collegio, con sopraintetulenza alle im- mondezze, che occorressero negli stessi . Mentre osservo con Pomponio Leti, attribuito ai Poticj il primo luogo ne’sacrificj di Ercole,dall’ essere pre¬ sti nelFoperare , ed ai Pinarj, come piu vecchi , e tardi il secondo . Cosi il Ribpotes , composto, a mio credere , dal Greco e latino spettarsi a Sacer- dote giovane, e lesto sopra 1’ immondezze . Nella chiesa di s.Michele Arcangelo , figliale della Parrocchia di Dolina, nella sommita del mon- te , sotto 1’ antico castello di Mocco , ora distrut- to, ed altre volte soggetto alla giurisdizione della nostra citta di Trieste , si trovario i qui tre in- giunti frammenti d’iscrizione scolpiti a bellissimi caratteri Romani , della grandezza di un palmo , lelle pietre, che formano la porta di detta chiesa . 3a8 Al lato destro delPentrar della porta. F.PED.L« Al sinistro . PED. In altro sasso ivi vicino . NINO . Questa iscrizione cosi imperfetta, priva non so¬ lo la mia incapacita , ma ancora la patria nostra, della perfetta cognizione de’ suoi significati . Ap- poggiato pero a quanto scrivono delle Romane no¬ te i suoi interpreti , ed al misero avanzo degli ad- dotti frammenti; direi che la nota F. posta nel suo principio , significasse Fabio, ovvero Flavio , forse con tal prenome, chiamato il soggetto , da qualche cognazione, o affinita,con la gente Fabia o Flavia, uso praticato dai Romani, al sentire di Sigonio, d’ adornarsi col prenome della cognazione , o affinita contratta con qualche cospicua famiglia. PED. Se rappresentassero queste lettere la fa¬ miglia Pedia , ovvero la Pediana , non puo per le accennate cause addursi stabil certezza . NINO. Queste parole, avanzo miserabile della stessa iscrizione, le direi le ultime di qualche co- gnome in essa espresso , come di Saturnino , o al¬ tro simile . Che si adorasse anco Giunone, lo dimostra l’an- tichissima figura di un pavone, scolpito in pietra , benche rotto, pošto nel muro della chiesa catte- drale di s. Giusto, che risguarda il Castello . Que- sto uccello , come scrive Pietro Valeriano, fu sim- bolo di Giunone , perche dedicato a quella Dea . 11 primo di questi uccclli, perche ritrovato nell’Iz¬ šola di Samo, indi sparso per 1’ universo , al sen¬ tire di Ateneo presso lo stesso, gli antichi sagrifi- 329 carono quell’ Isola a Giunone , che percio nell* monete de’ Samoiti sTmprimeva ua pavone . ALTRE ANTIGHE ISCRIZIONI Scoperteposteriormente al P. Ireneo detla Croce. Neli’ abolita chiesa di campagna gia detta di s. Maddalena superiore distante circa un miglio e mezzo dalla citta, a destra della strada maestra che conduce a Catinara, trovasi presentemente ancora incastrata nel muro di rimpetto la porta di essa chie* sa un’iscrizione lapidaria, la quale dal P. IrenetK della Croce nella sua Storia di Trieste, non fu pub* blicata. Dessa e disposta ed incisa come siegue * HIC REQVIESCI T IN PACE MAVRE NTIVS VI • QVI VIXI T ANN- PL - M • XXXIII • DEPOSITVS EST XV* KAL • NOVEMB • IND • V- P • C • D • N • IVS TINI IMP • • La mala disposizione delle lettere dimostra la poca abilita delPincisore- e quindi,siccomela sigla VI . noo e conosciuta, potrebbe congetturarsi, che fosse stata cosi incisa per errore invece della sigla V. C. la quale, significando Vir Consularis , man- terrebbe il buon sengo delPiscrizione. L’altra si¬ gla F. L. M. b notissima per la spiegazione plus mi • 33o nus . L’Indizione V. post Consulatum Domini no. stri Justini Imperatoris corrisponde alPanno di Cri- sto 573 . Si noti che in quel tempo 1’ Istria era dominata dali’ Impeto Orientale, e che vi si comprendeva Trieste. AlPoccasione che nell’anno 1786 si andava dila- tando 1’ospedale, o gia časa de’poveri, onde ri- durlo in caserme vennero escavate diverse antichi- ta , fra le quali, dne lapidi. Le medesime lapidi fu> rono poste e ancor si veggono, nel muro del secon* do cortile della stessa casarma ritnpetto alPentrata piu a sinistra . La prirna di queste lapidi sotto 1’i- scrizione ha un naviglio, del quale non si sa indo- vinare ii significato. L' iscrizione leggesi cosi P • CLODIO • QVIRINAL MILITI • LEG • XV- APOL • ET BLASSIAE • L - F • PLACIDAE • VXORl ET • COMINIO • VERO MlL • LEG • XIII • G ET • A • TVLLIO CRYSANTO - AMIGO P • CLODIVS CHRESTVS V • F . ŠIBI • ET • SVIS CAESERNIAE • SEVERAE • Publio Clodio Quirinali militi legionis XV. A- pollinaris , et Blussiae Lucii jiliae Placidae uvori, et Corniriio vero militi legionis XIII. Gerninue , et a Tullio Crjsanto amico , Publius Clodius Ckre- stus Vivens fecit šibi et suis . Ceserniae Severae . -Pap.SSo. r^r r ^v c -'t^T j. -h 33 x Veggasi sopra 1’iscrizione alla pagina »72 , nella quale fassi menzione di un Lucio Clodio liberto. Il Gon te Gio: Rinaldo Carli nel suo trattato del- le antichita italiche dice spiegando la stessa iscri- zione , che vi s’ indica Publio Clodio Gresto , il quale fece un sepolcro per Publio Clodio Ouirina - le , soldato della legione XV. Apollinare , eh’ era nella Pannonia , da Nerone poi mandata in Siria : per Blassia Placida figi ia di Lucio sua moglie :per Cominio Vero, soldato della legione XIII. Ge mina; la quale dalla Germania superiore passo in Panno¬ nia, indi in Italia in favore di Ottone contro Vi- tellio : per Aulo Tullio Crisanto suo amico , e fi- nalmente per se, e per i suoi . Seguita una linea Caeserniae Severae, ne si sa come c’entri, non le- gando coli’ antecedente ; meno poi c’ entra quella barca eh’ e rnalamente scolpita; quando non voles- se indicare il trasporto della legione XV. in Siria per mare, in cui Publio Clodio militava; ma la for¬ ma di essa e cosi incerta, e male intesa, che non si sa a qual classe di barebe si possa aserivere . La seconda lapide rappresenta due busti in bas- so rilievo di un uomo ed una donna. La sua iseri- zione leggesi come siegue . L • VIBIVS • L • F PVP • POLLIO FLORIA • G • L • HILARA VXOR • FIERI • IVSSIT IN • F • P • XX • IN • A G • P • A • VIA . AD • LIMITEM 33 a Lucius Vibius Lucii filius, Publiliae,Pollio Flo- ria Gaj Liberta Hilara uxor fieri jussit. In fronte pedes V XX. In agro pedes. A via ad limitem . La nota PVP. ha nelPultima lettera uno sfregio, come se fosse stato dato un colpo ; ma pare pero essere piuttosto un P, che un B . L. VlBIVS . Si vuole che la gente Vibia plebea si fosse in Roma trasportata da Vibono, luogo del- la Lucania, fabbricato da Locreti .Patino in famil. JRom.rapporta delle medaglie antiehe de’ Vibj, co. niate al tempo del Triumvirato di Cajo Vibio, co- gnominato Varo, e di Cajo Vibio Pansa , figlio di Cajo, e nipote di Cajo. Da un’ iscrizione rapporta- ta dal detto Patino, si ha che Tito Vibio Baro, os- sia Varo, fosse stato Console con Appio Annio Bra- dua.Ne’fasti Gonsolari si trovano essere stati Con- soli 1 ’ anno di Roma , secondo Varrone, 711. Cajo Vibio Pansa, ed A. Hirtio; nel 786, e nel 797. G. Vibio Prisco , ovvero G. Quinzio Grispino con T. Statilio Tauro, e Gonsoli surrogati L.Salvio Otho, e Vibio Marso . Si e veduto anche di sopra nell’ i- scrizione alla pagina 3 18 un Cajo Vibio cognomi- nato Valens ; ed alla pag. a6i quella di G . Vibia Tertulla . Nei tempi posteriori furono Imperatori G . Vibio Treboniano Gallo , di famiglia Patrizia , e s ti o figlio C . Vibio Volusiano. POLLIO . II cognome di Pollione si trova in medaglie di altre famiglie , e singolarmente della famiglia Baebia , si trova Lucio Baebio Pollione ; della Iulia vedesi Sexto Iulio Pollione Duumviro Quinquennale della Heja :C.Hejo Pollione II. Vir. Ne’fasti Gonsolari vi e C . Asinio Pollione nel 777 - 333 P. V. P. Queste lettere indicano la Tribu a cui apparteneva il LucioVibio, figlio di Lucio Sabino . Si vuole j che i cittadini Romani , Goloni di Trie- ste, fossero annoverati alla Tribu Publicia , ossia PubIilia,ovvero Popilia. Le dette lettere P VP. pa¬ re che indichino la PVPinia .Forse le diverse fami- glie di una citta romana venivano anche ascritte a differenti Tribu. G. L. Queste sigle di FLORlA si sogliono inter- petrare Caii Liberta . In una lapide Triestina rap- portata dal P. Ireneo della Croce si trova il cogno- me d’ Hilaro Jato a Ti. Attio . L’ ilarita sovente si trova espressa nelle medaglie delle Auguste,e sin- golarmente di Lucilla, Didia Clara, Giulia Pia ec. Si trova notata in questa lapide la distanza del fondo sacro IN. Fronte di piedi XX; ma fu omesso di segnarvi con lettere numerali quellaINAGro di quanti piedi sia s tata . Lodevole e la ragione data da un Letterato, che probabilmente tale omissione fosse seguita, perche senz'altro veniva espressa la distanza dalla via sino al limite, vale a dire, dalla via ptibbliča, o via Romana presso di cui era il mo- numento piantato, sin dietro al confine di qualche campo, che vi šara stato, il quale avra avuto o qualche fosso , od altro limite , onde lo spazio sa¬ cro ed intangibile s’ intendeva per se tra la detta via, ed il confine senza bisogno di numerazione da piedi. Questa iscrizione si congettura stata posta ai tempi del Triumvirato, ovvero di Augusto , do- poche Tiberio trasferi dal popolo al Senato iComi- zj;e percio sono rare dopo il detto Tiberio le iscri- zioni colle Tribu . 334 Nella contrada di s. Micbiele appcggia'"! sila časa nuni. j3i 6. degli eredi del defunto Luigi An¬ tonio Dache si osservano i seguenti pezzi di Anti- chita , rinvenuti nel luogo medesimo nello soava- re i fondamenti per fabbricarla alcuni anni addie- tro . Una bella pietra di marmo, lavorata a foglia di piedestallo , o zoccolo, alta piedi 4 . e larga due , colla seguente inscrizione. P • GALLONIVS • P • LIB . SECVNDVS • V • F- SIB • ET- FORTVNATAE • CONIV . ET • P • GALLONIO • RVFO • P. La nota , o lettera P. signifiea il prenome di PVBLIO , cosi essendo chiamati quelli , i quali, prima che avessero alcun prenome , erano pupilli ; ovvero addimandavansi Publio, come vuole Testo, seguito dal cav. Orsato, per essere di natura piace- vole, e grati al popolo. Dal qual prenome, dice aneo che avesse la sna origine , e derivasse la gen- te Puhl i J ia , o Puhlici a . GALLONIVS . Due Gallonj riporta il Moreri nel suo Dizionario; uno ambasciatore in Francia , al quale Aureliano Imperatore scrisse una lettera, ed il secondo che viveva nella mollezza in Roma. Ne 1’uno , ue 1’ altro di questi due era il nostro Gallonio ; ma bensi, P. LIB. Publii Libcrti , si de ve sott' intendere filius di Publio Liberto . Dal che s’inferisce che questo Publio era stato Liberto,fatto da alcuno de 335 Gallonj . Poiche i Liberti sabito graziati della li¬ berta ši adornavano del prenome , e prerogative che ( al sentire di Quintiliano ) si spettavano sola- niente ai liberi, e figliuoli de’ nobili. Addimanda- vasi la cerimonia d’impetrare la liberta Manumis- sio , la quale seguiva in tre modi. Il primo, quan* do coli’ assenso del padroile, facevano registrare il nome loro nel libro del Genso , o vogliam dire, della numerazione, entrata, o eatastro . Il secon- do , quando nel testamento del lor sig. e padrone gli fosse donata la liberta. Il terzo quando dal Console o Pretore fosse toccato sul capo colla ver- ga chiamata Vindicta. Qaelli che venivano regi- strati nel libro del Genso, mm solo Romani, m a anche delle Golonie, erano fatti partecipi della cittadinanza romana , e potevano conseguire qual« sivoglia dignita c grado tanto militare, quanto po- litico , e civile. Devesi dedurre cbe il prefato Publio Liberto , padre del nostro Gallonio, fo3se fatto Liberto nel primo modo detto di sopra, e percio registrato nel libro del Genso, e abilitato alla cittadinanza Ro¬ mana , cariche ec., e che il di lui figlio Gallonio , in sequela del padre, coprisse qualche luminosa carica in Trieste , e fosse addivenuto personaegio illustre. Testimonio n’e la elegante forma della lapide stessa. SEGVNDVS. Gognome del detto Gallonio , de- sunto dalPordine della sua nascita, cioe il secou- do nato . V. F. SIB.Indicano queste note Vivens fecit ti¬ hi . Ancor vivente fece per se. 536 ET FORTVNATAE CONIV. E per la di lui consorte Fortunata . ETP.GALLONIO.Questo Publio Gallonio pro> babilmente era figlio del prefato Publio Gallonio secondo , distinto peraltro da esso col cognome di RVFO , che in italiano significa Rosso , per es- sere egli di questo colore . Nel listelJo della medesima lapide, che poggia in terra, vi sono le seguenti sigle, M. M. H. N. S. Le quali significano . Boc Mo~ numentam Heres Non Sequitur . L’erede non se- guita , o non e compreso , in questo monumento. Sembra stare in contradizione questa postilla col- la superiore iscrizione j poiche in quella include 1’ erede col nominare Et Gallonio JRufo , ed in questa lo esclude. Per conciliare questi due oppo- sti deve credersi , che Gallonio Rufo fosse gia morto allorche fu fatto il monumento , e che per- cio s’ intenda 1’esclusiva di altro erede. Altrimen- ti dovra dirsi , ( e cio sembra piu probabile ) , che le addotte Sigle non appartengano alla stessa la¬ pide , ma che vi sia stato aggiunto quel pezzo ap- partenente ad altro soggetto; come di fatto in po- ca distanza sotto il muro dell’orto appartenente alla medesima časa vi e un’altra pietra colle se¬ guenti semplici sigle H. M. H. Cioe Bic Monumentum Habet. So- pra la stessa pietra vi e un piedestallo pošto al ro- vescio magnificamente lavorato , sopra il quale vi doveva essere una statua, forse dello stesso Gallonio, o di altro insigne soggetto, oppure di qualche antica deita» 33 7 In fianco della predetta časa sulla facciata che guarda nell’orto verso la citta, incastrata nel mu- ro sotto un finestrino si osserva una testa di capra eceellentemente lavorata rinvenuta nel medesi- mo orto . Veniva dagli Antichi adorata la capra sotto il nome di Amaltea . Questa allato Giove, da lui per gratitudine co’suoi dne capretti collocata fu in cie- lo, dando uno de’ corni di quella alle Ninfe , che avevano avuta cura della di lui infanzia, colla vir- tit di produrre tutto eio eh’ esse desideravano , e per questo veniva chiamato il corno deli’ abbon- danza (i). Nella campagna Pontini , per 1’antico de’ Baro¬ ni de Fin dietro il Gastello , ritrovasi una lapide incastrata nel muro sul cantone della časa domi- nicale a capo della scala esteriore che le sta in fianco . L’iscrizione di detta lapide e la seguente L. L. F. IN F. P. XV. IN. AG. P. XVI; L. L. F. Vuol significare, secondo 1’Orsato, Li¬ ber tis Libertabus familiae, cioe , pei Liberti e Li- berte della famiglia . N F. P. XV- Cioe, in frontepedes quindecim. Era la fronte quella parte della sepoltura, che mi- rava la strada, ovvero il confine del campo , poi- che solevano gli antichi seppellire i loro morti nel- ,(i) Ovid. Metam. Hor. Poem; 338 le parti dei Čampi , che riguardavano la strada pubblica. IN AG. P. XVI. Vale a dire, in agro pedes sex- decitn . Qui vuol significare la parte dietro , che risguar- dava il campo . Nella contrada di Romagna nel mese di Luglio delPanno 1787. si ritrovo una statuetta di metal- lo alta circa mezzo piede di Parigi. Questo e ua giovine coronato d’edera , vestito di tonaca cinta ai lombi, e corta sopra il ginocchio; ne’ piedi ha i calcei allacciati con eappio sopra malleoli, e sem- bra in atto di recitare. Potrebbe tale statua rap- presentare un comico , cioe un Istrione, o attore , o poeta . Il vestito , o tonaca si vede nelle figure comiche del Terenzio sull’antico codice Vaticano, e prima pubblicate con moltissime altre masche- re, dal Ficoroni nel bel libro de larvis scenicis ; per esempio e vestito Sosia nell’ Andria, e cosi Cherea nell’ Eunuco . Si osserva pero , che tanto nel Terenzio, che nel libro de Larvis le figure hanno o i piedi scalzi, e le Solee, che noi diremmo pianelle ; quando nella nostra c’ e il calceo , per non dire socco , perche di questo non si sa ben la figura . Nella Commedia pero ogni maniera di searpe si adoperava . Si accenno, che la nostra statua potrebbe anche essere stata fatta in onore di qualche giovine poe¬ ta in atto di recitare una sua qualche commedia. Un tal costume, non solo era in Grecia , ma an¬ che in Roma; e Plinio 'il giovine c’insegna, che le gare de’poeti accadevano nel mese di Aprile. Vi V! ■!*> ' \%‘ - JI . !- . < ' V '- "' r ri ' ■ 3 3y. 339 erano stabiliti i giudici, ed il piu bravo veniva coronato . Presso il Grutero , itn’iscriziotie abbia- mo ritrovata in Forenza di Puglia, in lode di T. Valerio Pudente , il quale di anni i 3. fu coronato, per aver nella gara superati tutti i poeti, e vi si aggiunge , che in di lui onore gli si eresse una sta- tua j ma clti gliel’abbia eretta, e in quistione; mentre il Grutero legge Plebs Hisconiensium, il Grevio Histoniensium , ed il Fieoroni Histrionen- siurn■ La corona della nostra statuetta e di edera, e potrebbe anche essere di un cornico Bacchiade. Un trofeo indicante la conquista della Japidia fu trovato nella contrada pure di Romagna 1’ anno 1767 dove in terreno appartenente alla famiglia Bonomo si fabbried un ospedale, presentemente la grande caserma militare . Questa era una grande pietra contornata , alta circa tre piedi, e larga due a misura di Vienna; in cui in bassorilievo e inciso un trofeo, con un uomo in piedi legato al tronco , e dali’ altra parte una donna in atto di dolore, se- dente . Per notizia de’ leggitori il piede di Vienna a quello di Parigi sta cotne 1401 , a i 44°* E da osservarsi in primo luogo essere 1’ uomo con le braehe. Tale fu l’uso delle genti transal- pine , allo scrivere di Cicerone nella lettera a Pe¬ to . Tacito chiama le braehe vestito barb&ro. Che fosse poi particolare uso de’ Galli il portarle, lo accenna P rop er zio, parlando di Viidomaro :quindi la Gallia Narbonese di la dal fiume Varo , si chia- mo da principio , al dir di Plinio ( Lib. 3. ) , Gal¬ lia braccata . Braehe usavano pure gli abitatori del Ponto . Dali’ essere i Japidi di nazione Galiica, 34o e percio braccata (stante anclie il luogo, ove tale antieaglia si ritrovo) si puo dedurre al primo aspet- to, clie in essa la soggiogata Japidia si rappresenti. II trofeo detto da’Romani Tropoeum , dal greco fuga de ’ nemiri, si faceva,cotne Virgilio lo descri- ve ( jEneid. lih. XI v. 5. ) con un tronco d’ albero, su cui si collocavano le armi dei vinti nemici . Cio che determiuar dee la nazione vinta , ed espressa nel nostro bassorilievo , sono le armi appese , e particolarmente gli scudi esagoni. Non v’e scudo alcuno di figura esagona, come sappiamo avere u- sato i Galli , che ne’ costumi, e negli usi , al dire di Slrabone , erano somiglianti ai Germani . I Ro¬ mani nei tempi bassi gli usarono pure , ritrovan- dosene la figura nelPArco di Settimio Severe .1 Ja- pidi erano oriundi Galli, ed avevano 1’ armatura Gal lica, come assicura Strabone ( Lib. VII. p.3a5.) cioe le bracche, e lo scudo esagouo . Per conse- gueuza io čredo potersi francamente asserire,che nel nostro troleo la vinta Japidia si rappresenti. Dietro la ehiesa de’ Santi Martiri, fu de’ Padri Arrneni, eravi la segueute iscrizione , di molto jnancame, la <|uale dopo la soppressione della pre- detta ehiesa fu levata , e depositata venne nel Gabinetto di Minerva. Q • IVIO • AT FELIGI - JVIIL LEG • IIII • RF ANN. XL • STI • XIIX T • F- I- IVLIVS SEVER • 3ij.t II Nobile Alessandro de Marchesetti Direttore in capo deUTiffizio delle poteehe, nel far Ipastina- re un campo nella sua possessione diMarchesettia, situata sotto i moriti , ehe circondano Trieste, nel¬ la cosi detta contrada di Guardiella, gli 8.decem¬ bre deli’ anno i8i5. ritrovo urdantiehissima urna cineraria di pietra , coritenente le ccneri di un de- funto . Poco ivi da lungi ritrovo anche aleune boccettine lacrimali , e tre frammenti di un vaset- to di metallo di Coriuto . Tutte le predette cose deposito il prelodato de Marchesetti nel Gabinetto di Minerva, essendo egli socio della medesima . LAPIDI ED ISCRIZIONI ANTlCHE DI TRIESTE Belle quali presenteniente s’ ignora il luogo della loro esistenza . La seguente era nella parte sinistra della Ghiesa vecehia di S. Rocco , la cpuale poi ridotta in. uso profano fu convertita in časa. N. j . MERCVRIO • AVG • SACE L ■ ARNIVS *L F - PVB BASSVS MIL ‘LEG • XV* APOL MIL-COH-I-PRAE COH ■ II • c • R • 7 . LEG • XIITI . GEM LEG • II • AVF- 7 ■ LEG • VI- VlC • TTI.L0GVS.DATVS.DD 34a Sotto Plmmagine della B. Vergine, detta vol' garmeute di Crosada. Q . LI V- F In nna vigna sopra il monte di Scorcola, la qua- le apparteneva alla famiglia Bottoni. a . TI • ATTIO- TI - FIL • P VB HILARO DEC • EMERITO • ALAE • I • FL • FID ANTISTIA • HIAS • CONIVGI • V • F • LIB • LIBQ • POSTQ • EOR • Nella facciata della časa fu Bonomo a Riborgo 3. Q • PVBLIClO • TERGESTE . L FELICI • SEPTVMIA • SP • F SEXTA • Q • PVBLICIVS FELICIS • L • INGENVVS • V • F • Altra čh’ esisteva in Trieste 4 . C- CORNELIVS-L- F - V- F- ŠIBI- ET- SVIS L ■ GORNELIO • RVFI • F • PATRI PAPINIAE • L • P • PLOTIAE • MATRI GORNELIO • L • F • FIRMO • FRATRI CORNELIAECF- SECVNDAE - CONIVGI RAGONIAE- C- F- TERTVLLAE - COIUGI L • CORNELIO • C • F • FAVORI • V C • CORNELIO • C • F • AVGVRINO • V GORNELIAE- Q- F- TERTIAE AVGVRINAE. Altra 343 *v C • CETACIO PUB SEVERIANO AED • II • VIR • IVR ■ D TERGESTE G • CETACIVS Altra 6. Q • CAEDIVS • P • F • PUB SAG ■ VIR • TERGESTE • V ■ F • VINICIA • Q • F • MAXV • VXOR APVSlDIA . G • F • SE • MATER C • CAEDIVS • P • F • FRATER Altra nella Chiesa abolita de’s. Martiri 7. D - M L • ARRI • MAXIMIANI • L • ARRlVS MAXIMIANVS .FILIO. PIENTISSIMO- V- F- Nel pavimento della Cattedrale , verso 1’ alta- re del Santissimo , eravi in bellissime lettere ro¬ mane . 8_CLODIO- _IVGVN. • •••IAI*••••••' _IVCVNDA . .. 9. ; . . ATVRNIAE • . .... ARISSIMA .. . . O . PIENTISSIMO . 344 In piazzetta detta la piccola, nello strato d’ una finestra nella časa Padovici eravi. io. LX RESPONSO ANTISTITVM PROSPOLOIS G • LVGANVS SEVERVS PRO L • LVGANO • FILIO Trasferite in Venezia furono le qui ingiunte i- scrizioni, le quali si dice conservarsi in časa Gri- mani. ix. D-M-S- APVLEIA ZOSIME SEX • LIB • T • V • F ŠIBI • ET • SEX APVLEIO SEX • LIBER APOLLONIO VI • VIR • AVG • 12. D • M • S • TER • ET • POL GONI • PIET ET • SEX • APVLEIO LIB • MEO • THEM ESTHOCLETI ET • APVLEIAE . LIB THESEIDI. CONI HVIVS • V • F • 345 La seguente iscrizione scolpita in pietra ben la- vorata, e polita con due colonne dai lati e corniei sotto , e sopra, contre palle nella sommita la mag- giore nel mezzo, ven ne le vata dalla nostra contra- da di Riborgo, e trasferita a Venezia . 13. CONstantius- munerarius gladiatoribus • suis Propter • favorem muneris • tnunus • se- pulchrum • dedit • de- corato • Rhaetiario Qni • peremit • Ceruteum et . peremptus • decidit ambos . extinsit • rudis Utrosque protegit rogus decoratus secutor pngnar. Vlili. Valerae . uxori. do- lore . privum reliqu.it . Altra che tuttora ritrovasi in Venezia in časa Michieli, o Molin . 14 . Imp. Caesar. C. design. Tert. III. vir, r. p. c. iteruin . murum turresq. fecit. In una vigna dietro il Castello, eravi 15. P. Septimius. Romanus . et . Papi .... Omnia. largitus . est .Ter . 346 Nella possessione de’ Baroni de Fin, ( ora Ponti- ni) fu ritrovata nel seeolo XVII una lapide lavora- ta a similitudine di trna porta con due colonne ai lati di rilievo di ordine dorico^ adornata con foglie e grappoli di uva, e nel mezzo la seguente iscri- zione . 3 6 . M. Septimius .M .F . Rufus Testainento Fieri jussit . šibi . et L . Figillo T . F Statio . patri . suo et. L . Figillo . T . F . In una Časa 17. Hermes Julior Juliae Agle Ann. Vlili. Nella piu volte nominata Chiesa de’ Santi Mar- tiri. 18 . Manlia . pia Q. Manlio Hermeti. et . Manliae . Epigone Parentibus . V . F . 347 Per fine , non šara discaro al let,tore , per cono- scere meglio le dubbie, e difettose iscrizioni ripor- tate dal P. Irerieo della Croce , che io adduca cio che il Conte Carli nella parte terza della sua ope¬ ra intitoJata : Dell« antichita italiche : riporta . E- gli dice , che il P. Cortenovis estrasse da un manoscritto di pergamenti , possednto dal Conte Girolamo Asquini Cavaliere di Udine , il quale era di Daniele Tomitano , alcune antiche iscrizioni . Fra quelle di Trieste, colle quali comincia cotesta preziosa raccolla del detto codice manoscritto, so- novi le seguenti , parte delle quali sebbene non si sa al presente ove sieno, io qui le adduco per con- servarne la memoria. Di questa che siegue s’ ignora il luogo dove esi- stesse , e dal P. Ireneo non viene accennata; ma dieesi che si ritrovava presso un tale Giovanni Cigofoi . Restitutae . Mariorum Ancillae . Ano. XXI II Mens. VII. D. X. Restitutus Fifi . P. T. E. P.T.Ctetus Coniunx . V. F. et. šibi. ApuJeja . Saturnina Marcosena. successa Filia . Agat. Cheravuia Crocale. Un ' Apulej a Zosime , ed altra Apuleja Theseide vengono riportate dal Padre Ireneo, ( veggasi alla pag. 344 ) . 348 Blaudiae . Cn. Pomp Justinus . Dec. Te. II Vir. Gl. Gel. V. S. L. M. 6 mancante della Deita a cui si e fatto il voto . Nella linea a. e 3, sembra potersi leggere ; Decu - rio Ter gesti, Duumvir Goloniae Celejae . TE . Matri. Aug. TE . Cet. D. D Omnibus . immortali . Vlp Mar tinus . pro . se . suisque Libettis . ex. voto . P. V. S. L. M. Alfiae .) . L. Chilae . Matri Felix. Filius . V . F. šibi. et suis . Altra iscrižione di nn’’ Alfi a che stava nel fianco delia chiesa di s. Sebastiano, riporta il Padre Ire- neo,dalla quale fa diseendere la famiglia Bonomo. G . Lucanus . sex . F . Pup. Gominia . L . L . Aletia . Cominia MV. L . Fausta . M. Valerius L . F . Pup. Vivus. Vivo . dedit. Il Padre Ireneo della Croce apporta un Lucano, da ua’ iscrižione che trovavasi iu piazza piccola nella časa Padovini, (vedi qui dietro alla pag. 344-) ed una Cominia assegnata dal Grutero nella Stiria vicino a Gratz . Nel pavimeato della Gattedrale di s. Giusto in- 34q contro alPaltare del Snntissimo ritrovavasi la se- guente iscrizione in lettere romane bellissirne , la guale non ha verun senso, per essere spezzata , e corrosa, come la riporta il P. Ireneo della Croce . P_Ael. Felix. . Caesern . .Couiug. .et Allio Firmino .. Dal predetto Codice pero rilevasi la medesima per intiero , come siegue . P. Aelius . Aug. L. Felix . vivus . F šibi. et Ceserinie . Satur- ninae . Coniugi . et. Aelio Errnino . Filio. pientissimo Carissim. M. Siccome di cpiesto Codice, posseduto dal Tomi- tano, fu autore uno che viveva o alla fine del se- coloXV,o nel principio del XVI, ali’osservare del P. Cortenovis , cosi possiamo esser sicuri , che la suddetta iscrizione era in questo tempo, come « riferita . Arbit L. Petroni. Didae . Primus L. Testim . iussus . Felicit L.M.Q.Q. V. P. XXX. Sernbra nella prima linea doversi leggere Arbi- 35o trio , e nella ter za; Testamento iussus fecit . Lo- cus Monumenti Quoquo Versus Pedes XXX. Nel Battisterio della Cattedrale . C. Vibius Valens VI Vir- Aug. T. F. I Ex . lis . XX Felix . lib Vi. Vir. Aug . Noi 1’abbiamo data alla pagina 178 , maneante . Ora col detto Godice si supplisce. Dianae C. Valerius . Tropbimus VI. Vir. Aug. Testamento . Fieri Iussit. La seguente iscrizione trovavasi in na mura- glione , cbe piu non esiste , contiguo al campani- le della Cattedrale , ed alla porta che conduce nel Battisterio . P. Palpellius. P. F. Maec. Clod Quirinalis . P. P. Leg. XX. Trib. Milit. Leg. VII Praef. II. Glassis . Dedit. Viene riportata dal Padre Ireneo , maneante pero deli’ ul tima linea , per essere la pietra corrosa . Nella cappella de’ San ti Lazzaro, e Servolo , ora della Pieta nella Cattedrale esisteva 1’ iscrizione seguente. 351 Seuco. Agryppinae . L. Seuconi . Agryppin. evo Aug. Coh. Vlili. Praet. P. V. S. Rian . Sextilia . Maxisnilla Heres . Itemq. Uxor. Conjug. Karissimo. Speranti. Ivi riella Gappella di s. Nicolo eravi, M. D. M. In. memor. Visie . L. Fi. Terulli== nae . Sacerd. Divarum. Matris Suae . Sex . Appuleius. Mar = cellus . i La memoria di questa sacerdotessa di Cibele , un’ estesa discussione meriterebbe . Un sacerdote di tale deita nella medesima citta di Trieste, con- ferma il culto di Cibele in detta Citta. Ivi D. M L. Plauti. Marcellini An. VII. M. X Panius .Marcellinus. L. L. Et. Aelia. Septimia Parentes .. Fil. Dul. Avverte il P. Cortenovis, che in vece di Panius vi dovrebbe stare P, Plautius . 35a Nella muraglia di S.Benedetto. Arius. Imigen III. Vir. V F. šibi. et Gaesenae. Ivi. Fiaccia ). L. Mosc M. ia . Agr P. F. P. X. L’abbiamo data anche noi alla pagina 173. col nome di L. Acceja. Ia questo Godice ha Fiaccia ; ma sono ambedue frammenti, dai quali nulla si apprende . Nella Chiesa de’ Santi Martiri ora soppressa e* sisteva. As . Iiiiil . Vir A . L . L . Teucer T. A. L.L. Ammia V .F . Nel Monastero di s. Benedetto Taurus Taurius Federato Omine Des. 353 Al pozzo del inare,il qilale esisteva in ion d o alla piazza grande, vi era un’urna, che serviva per ab- beverare i cavalli, ed aveva la seguente iscrizione. Baburiae . Plotiae Tai Q nis . Plotianus . et Juliane . Matri . Karissimae . La stessa iscrizione e riportata dallo Schonle- ben; dal Padre Ireneo della Croce , dal Muratori , e dal Conte Carli ;ma niuno rilevo piu di tre paro¬ le ; cioe : Taburiae . Riotiae . Talioniae : in questo Codice , oltre i nomi diversi, molte parole si leg- gono di piu . T .C.E .S Sal Testamen Jussit. šibi Moi .L . ico Ligemia In una muraglia della Časa Giuliani Ornatus Li . Urši. et Ae . Glarae L. . . . elpes . dieta . fui . Sturolae . Regionis . Alumnae Quam . procul. a. patria. coniugis . egit. araor Porticibus. sacris. iam. nubc. tumulata. guiesco Judicis . Aetcrnum . testificata. thronum . 23 354 Presso la Chiesa di s. Frunceseo . Ultiraa .iussa .patris.reverenter . discute , lili Afifer. opem . lapsis . aetati. parce . senili Occule . commissum . Laus. estq. remitte superbum Sis.parum. iurgans .dieturus.respice.verbum Ci sono degli errori, e partioolarmente nelle pa¬ role segnate coi punti . Ora addurremo alcune parole varianti, al con- fronto deli’ iscrizione di Fabio Severo , (vedi pag. 288.) con la copia esistente nel codice del Torni- tano a pag. 288 Kal. Novemb. Hispanius. Lentulus ec. Fabiutn Severuin ec. Delle quali parole oggidi poche se ne rilevano . a pagina 289 Nel Codice Beneficienda - --Benefaciendo Excubit -------- Excubuit Asseverat-- Auxerat Admodum . . . vere - - Adtnodnm iuvene Praestaret--- Servaret a pag. 290 Reperian tur . . . curn - Reperiuntur . ut . et . ipsi . sint • cum ec. 355 Compartiuntur --Compartiamur a pag. agi Censensionem--Gonsensionem Hoc. pius---Hoc. opus Mandarique . šibi --Mandarique - per- mittit. šibi La medesima iscrizione riportata dal P. Ireneo della Croce, si conforma piu al mentovato Codice, che quel!a del Bonomo , e cio , ( come si e notato tli sopra (nelP annotazione (.<) alla pag. zgz. ) per •vere P originale sofferte le ingiurie del tempo . Avendo fin qui poste sotPoccbio tutte le anti- chita, ed iscrizioni che ahbiamo potuto rintraccia- re attenenti a Trieste ; affine di non lasciare cosa da desiderarsi in tal genere, farem cenno anche de- gli osgetti di scultura antica , ( sebbene non indi- geni della nostra patria) chesono sotto la custodia del pubblico Bibliotecario . Furono questi oggetti raccolti dali’ antecedente Bibliotecario pubblico , Giuseppe de Goletti. Busto cT Is ide ; scultura preziosa di agata gialla orientale, sotto il cui mento la natura del marmo, e Parte dello scultore fanno rimarcareuna striscia bianca , la quale figura un colletto . Ella e situata sopra una base piramidale di pietra colorita a por- fido . Alta palmi romani i. once 9. Gruppo di Mercurio e Venere , di un sol pezzo di alabastro , di antica e bella scultura romana . Alto palmi romani 1. ed un’ oncia . 356 Satiro di metallo . Alto i3. pollici romani. Projilo di una Venere che sorte dal bagno . Di creta cotta antica, di mano eccellente . Alta un palmo romano . Torso di marmo greco, scultura bellissima, rap- presentante un gladiatore . Scultura anatomica . Alta palmi 3 , once 6 . romani. Torso di marmo greco ; scultura antica greca di mol to buon carattere , rappresentante amorino . Alto palmi 2 . once 4- romani . Mezzo rilievo di marmo , per quello che puossi rilevare, rappresentante il matrimonio innanzi al Dio Fidio . Alta palmi 3. once 9 ., e larga palmi 2 , once 9 . romani . Erato . Scultura greca antica a mezzo rilievo di marmo . Alta palmi 4- once 6 . romani . Polinia . Scultura greca antica a mezzo rilievo di marmo . Alta palmi 5. romani . Faustina in profilo di mezzo rilievo di inarmo . Scultura antica greca . Alta palmi 2 . once 6., lar¬ ga 1 . once 9 . romani . Console Romano. A mezzo rilievo di marmo , scultura antica. Alto palmi 2 . once 2 . romani . Mezzo rilievo di marmo greco , scultura antica , rappresentante un Sacerdote . Alto palmi 3. ro¬ mani . Bacco,e 4 baccanti .Basso rilievo di marmo an- tico greco largo palmi 2 , alto palmi 1 . once 3, ro¬ mani . Giove Ammone . Testa grande al naturale di pietra antica. Testa grande al natirrale di pietra , segnata col 3S7 nome di s. Eletia trovata in Trieste sotterra nel giardino del Console di Spagna , sulla strada che conduce a s. Giovanni. Giano pacifico . Basso rilievo di marmo, scultu- ra molto antica , grande un palmo quadrato ro- mano . Scultura in mezzo rilievo , barbara in pietra rappresentante due donne nude , un amorino a ca- vallo di un delfino, ed in alto una faccia di uomo. Questa dicesi levata da una porta del Cairo. La pietra stropicciata col ferro , tramanda un odore bituminoso . Priapa, e Priapo - Due pezzi separati. Scultura in marmo Egizio . Alti palmi 3. once 3. romani. Testa colossale di Ercole . Scultura antica greca di marmo . Testa grande al naturale . Scultura greca di marmo , creduta un iže Tolomeo . Testa in profilo di donna , di marmo greca anti¬ ca , grande una parte piu del naturale . Testa grande al naturale di donna. Profilo di una testa, una terza parte pifi del na¬ turale in mezzo rilievo, di un Imperatore . Un vašo etrusco di marmo , alto palmi due ro¬ mani . Bustino sopra piedestali© di amore piangente . Un frammento di scultura greca antica di mar¬ mo . Alta un palmo romano . Statua di pietra rappresentante la Fortuna Ma- rittima alta palmi s. once 9. romani. Scultura fat- ta nella pubblica Biblioteca di Trieste daSigismon- do Dimech 1 ’ anno 1802- 358 Urania . Statua di tutto rilievo di pietfa , alta palmi 6. once 6. romani. Scultura moderna fatta dal suddetto Sigismondo Dimech 1 ’anno 1802. Ora esiste nella piazza Lipsia in Trieste . FINE. TOMO VI 1 1 I \ *