Anno I. Trieste-Capodistria, 17 Dicembre 1901. N. 21. Si pubblica il 1° e 16 d'ogni mese. Abbonamento aunuo Cor. 4.— ; Singolo numero Cent, 20. uova 1 n s e r z i o n i a prezzi da convenirsi. Redazione ed A mmlnish-azione : TRIESTE Via S. Maria M.sup. N.1 II piano. Organo del partito democratico istriano. Per la Storia e per la Statistica Racconteremo ai nostri lettori come l'avv. Nicolò de Belli da podestà di Capodistria, sia diventato deputato provinciale. Avremo occasione di citare qualche nome e molte cifre. Ma per poterlo fare con scrupolosa esattezza, quale lo esige la storia, e lo pretende la statistica, saremo oggettivi nel senso più ampio della parola. Già nella seduta della rappresentanza comunale fissata pel giorno 3 corr., giunti alla pertrattazione del quarto punto dell'ordine del giorno, che portava: «la nomina di due rappresentanti nella commissione elettorale per la elezione dietale della città", si poteva, a nomina compiuta, facilmente comprendere che, nella imminente elezione, avrebbero spadroneggiato, sovrane, la Carica non deposta ad onta della esplicita, precisa volontà popolare, e la parzialità. Difatti la maggioranza della rappresentanza comunale, nulla curandosi della situazione anormale, che si stava creando in città, senza alcun tatto, nè discernimento, ma invece con premeditata partigiana intenzione, nominava dal suo seno a membri della commissione elettorale per il collegio della città, due incoscienti, due per molteplici ragioni da lungo tempo irresponsabili cittadini. E a nulla valsero le pacate osservazioni fatte, seduta stante, dalla parte contraria; così si aveva antecipatamente combinato, preparando persino le schede, portanti i due nomi, etto-grafate nella cancelleria municipale, e così fu. Ebbe ragione, come sempre in casi simili, la forza del numero, sposata al più astioso spirito di parte, non già 1' equanimità ed il senso pratico, tanto necessario nelle attuali serie contingenze della pace cittadina. Ma proseguiamo. La legge consente, è innegabile, che il podestà possa far parte della commissione elettorale del rispettivo collegio. Nel caso concreto adunque il podestà-candidato, volendo, poteva farne parte. Senonchè insorsero, come d' altronde era più che naturale, fra i Proci, questioni di indelicatezza, di sfrontatezza, di umiliazione, di parzialità, cui potevano andar congiunti gravi pericoli di ribellione, infine di proprio non saprei dire quali e quanti sentimenti bassi, sempre in senso morale, e fu perciò deciso che il podestà-candidato non si dovesse esporre alla berlina. E fino a notte inoltrata della vigilia della famigerata elezione in questi sensi precisamente si era combinato. Senotichè all' ultimo momento insorsero delle gravi, inattese ed insormontabili difficoltà. Il vice-podestà si dichiarava astensionista. Il consigliere comunale, che lo seguiva nel turno, era conosciuto come una delle persone più affariste del paese, inviso, antipatico a tutti e repulsivo per eccellenza, combattuto dagli stessi consenzienti, tale insomma che avrebbe colla sola sua presenza nella commissione elettorale, compromesso certamente, e forse pregiudicato anche l'esito finale della votazione. Il terzo consigliere comunale era pure astensionista — il quarto era stato già nominato membro della commissione elettorale da parte della civica ra ipresentanza — il quinto era da gran tempo dimissionario, ed il sesto infine, al momento, stava studiando sociologia, lontano dal campo della lotta. Non restava quindi altro, che fare di necessità virtù, e, deponendo l'abituale carattere di sussiego ed alterigia, presentarsi alla berlina. E berlina fu davvero per il podestà-candiiato l'atto di elezione ! Ma proseguiamo ancora. Come di legge, prima di dar principio all' atto formale di elezione, il commissario elettorale nominò, fra i presenti elettori, due dell'una e due della parte contraria, e costituitasi dopo ciò la Commissione elettorale cogli elementi, già superiormente indicati, elesse a maggioranza di voti a suo presidente lo stesso podestà-candidato, che subito assunse la direzione dell'elezione. E qui per lui davvero incominciano le dolenti note, che sorvoleremo ben volentieri per l'innato «amore del loco natio", e, come ci siamo proposti, passeremo alla parte statistica. Le liste adunque portavano in origine 304 elettori, che poi, in seguito a tagli ed aggiunte, si ridussero a 288. Di questi ne sono comparsi all'urna 190, dei quali 100 votarono per l'avv. Belli e 90 per l'avv. Gambini; onde essendo 96 la maggioranza assoluta dei comparsi all'urna, l'eletto ottenne 4 voti di più. In realtà per altro la differenza fra i due candidati è stata di voti 10. Vediamo da chi furono dati questi dieci voti. Un voto, il primo, il più indipendente certo, è stato quello del segretario comunale — un secondo fu dato dal pur indipendente cassiere comunale — il terzo ed il quarto dai due medici comunali — il quinto dallo stimatore dei pegni in servizio al civico «Monte di pietà" — il sesto dal maestro dirigente le scuole popolari comunali — il settimo da uno speziale forestiero, fornitore privilegiato dei medicinali al civico ospedale, e che somministra in pari tempo i farmachi agli indigenti del comune, costretti di ricorrere alla sua bottega colle ricette all' uopo vidimate dall' impiegato comunale incaricato dal Podestà — l'ottavo da un ricoverato della casa comunale di ricovero, annessa al civico ospedale, certo Francesco Zanetti fu Carlo, detto gambero, elettore questo che nulla possiede, perchè esecutivamente spogliato da oltre due anni, e che interrogato analogamente dalla commissione elettorale confermò il suo stato di assoluta miserabilità, provata d' altronde ad evidenza dalla sua attuale, stabile permanenza nella «casa comunale dei poveri." Ebbene, ad onta di ciò, per maggioranza della imparziale commissione e sopra proposta dello stesso suo preside ed in pari tempo podestà-candidato, fu ammesso al voto il nulla tenente, ohe naturalmente lo diede al presunto suo benefattore, e presentemente suo signore, al Podestà. Questo scialbo ottantenne, cadente, sorretto ; dal fido bastone, fu condotto al guinzaglio da un gigante, che non abbandonò un istante la sua preda, e quel gigante medesimo, portiere sistemato al „civico ospedale", diede spontaneamente il nono voto al presente suo principale, al Podestà — ed il decimo voto infine fu dato dal pubblico canicida, vulgo sinter e joras, come lo usano chiamare i monelli della rena tergestina, elettore anche questo lautamente sovvenzionato dal civico peculio. Ma basta, sentiamo dirci da più parti, chè ormai siamo giunti al pareggio; ma no, che un voto ancora, e non ultimo degli indipendenti, fa dato da un i. r. veterinario, che naturalmente non poteva essere superiore all' idea di perdere l'assegno di annue corone quattrocento, che, quale visitatore delle carni al civ'co macello, riceve in rate mensili dalla cassa comunale. Come si vede dieci, anzi undici voti di cittadini liberi ed indipendenti, che guadagnarono alla causa del podestà-candidato la strepitosa vittoria di Pirro! Ma ci vedremo a Filippi, e presto, cari signori ! * * * Ancora qualche dato interessante. Due voti furono dati da due elettori, certi Nazario Rasman fu Matteo, detto fìabicio, e Giovanni Fontanot di Andrea, che avevano già votato nel forese di Lazzaretto, il primo dei quali anzi era stato anche nominato elettore eletto per quel comune rurale. Contro l'ammissione al voto di questi due elettori, ordinata dalla maggioranza della commissione elettorale, a nulla valsero nè le proteste fatte da altri due membri della commissione stessa, i quali, richiamandosi al preciso disposto del § 16 del vigente regolamento elettorale, constatavano la flagrante illegalità, nè la dichiarazione esplicita del commissario politico intervenuto all'atto d'elezione, «che l'ammissione al voto di quei due elettori costituiva una patente violazione della legge." La maggioranza della commissione, sorda tanto agli energici ma giusti reclami, quanto ai consigli amichevoli ma ufficiosi, tenne duro, e, sopra proposta del podestà-candidato, suo presidente, fece votare, ben sapendo di ottenere due suffragi all' uomo del suo cuore. La non scusabile lesione di legge sarà oggetto di giudizio dell'autorità competente. Per l'avv. Belli votarono ancora tre preti, due i. r. impiegati postali, due i. r. aggiunti giudiziari, sette i. r. professori, due i. r. impiegati in pensione e sei i. r. impiegati dell'ufficio imposte, condotti alle urne dal venerato loro cassiere. De' 18 elettori di nazionalità slava che concorsero all'atto elettorale, uno, il cocchiere preferito dal milionario Ma-donizza, votò per l'avv. Belli. E gli altri 17? Ricercati in mille guise del loro voto da alte e basse personalità del partito Belli — testimoni al caso gli elettori G. Paialich, A. Stanich, F. Stolfa, A. Valentich ed alcuni professori — nauseati dell' insistenza e dei mezzi usati per sedurli, per naturale reazione finirono col votare invece per il dott. Gambini. Se la stampa ortodossa ci contraddirà, faremo i nomi degli accattoni, che ora, nobilmente, siccome è loro costume, scagliano calci contro chi non cedette nè alle loro preghiere, nè alle loro minaccie. Ecco come l'avv. Nicolò dott. de Belli da podestà di Capodistria siaMiventato deputato provinciale. Contro la calunnia Fi utilmente di fronte al coraggioso contegno dell' on. dott. Gambini i tanti piccoli avversari di lui — presidenza della Società politica compresa — hanno formulato alcuna delle accuse, che finora andavano spargendo subdolamente, per mezzo di agenti — con alla testa il Passero pettegolo,, ora in compenso fatto deputato provinciale — fra il popolo dell'Istria alta che lo conosce, lo apprezza e lo ama. Sta bene che ciò sia avvenuto, perchè noi potremo smentire le accuse e svergognare gli accusatori. Per quanto noi abbiamo accusato tempo addietro gli onesti monopolizzatori della nostra vita politica, costoro non seppero rispondere altrimenti che con insolenze; noi risponderemo con fatti. Nè rileveremo il valore morale del Piccolo e dell' Idea italiana, che si sono assunto il compito, degno di loro, di spargere le false accuse, prima di tutto perchè a rilevarlo avremo tempo nell'avvenire, poi perchè il Piccolo, prima di vendersi alla causa dei camorristi, ha fatto il bilancio fra quello che può perderci e quello che può guadagnarci e ci ha trovato il suo tornaconto e perchè l'Idea italiana è all' umile servizio, senza diritto a nessuna indipendenza, dell'on. dott. Matteo Bartoli, podestà, pagato, di Rovigno e deputato, pagato, al Consiglio dell' Impero. I membri dell' onesta camorra che dettano gli articoli diffamatori ai pudichi giornali che onestamente si vendono, coprono anch' essi parecchie cariche le quali sono retribuite, delle quali o l'una o l'altra essi devono trascurare, non trascurando di intascarne l'onorario, ma anche sull'onesta industria di queste onestissime persone avremo modo di ritornare. Gli idoli di letame, che vanno, come fosse loro diritto, ad adagiarsi sul piedestallo, troveranno in noi gli iconoclasti. Colui che all' Idea italiana ha dettato l'articolo diffamatorio contro l'on. dott. Gambini, ha copiato tutte le accuse che giorni prima erano state dettate — chi sa a quanti centesimi la riga ! — al Piccolo e ve ne ha aggiunto di sue, magnifiche ! Basterà smentire queste accuse per smentire anche quelle del Piccolo. Scrive dunque l'organo del Podestà di Rovigno, che tolta la questione della ferrovia istriana della quale ha dato merito all'on. dott. Gambini, niente resta dell'attività di lui quale assessore, tranne qualche lavoro abborracciato con quella fretta che gli era concessa dall' elettissima intelligenza. Ammettono, dunque, anche questi avversari che l'on. dott. Gambini possiede un'intelligenza elettissima, e bisogna tener conto del complimento, perchè chi 1' ha fatto stima sè stesso più intelligente di Dominedio. E ammettono che al merito dell' on. dott. Gambini va attribuita la costruzione della ferrovia istriana, dimenticando però di aggiungere che 1' opera è tale, che se un assessore non avesse avuto niente altro da fare — e questo giudizio lo emise il più benemerito degli impiegati provinciali ora in pensione — avrebbe già fatto il dover suo. Ma l'on. dott. Gambini sbrigò, nssieme all' affare della ferrovia per il quale — sclamò in Dieta un deputato — si è raccolto una tale massa di carte che in verità fa spavento soltanto il guardarle, nonché leggerle; sbrigò, dicesi, tutto il suo referato ordinario, scuole e agraria. Non è poco, ma secondo il giudizio delia camorra l'on. dott. Gambini rubava la paga; la guadagnano onestamente gli altri che in dieci anni non hanno fatto quanto egli in un solo, non è vero, on. dott. Matteo Bartoli, non è vero, on. dott. Matteo Campitelli ? Dice ancora quell'organetto, che l'on. Gambini trascurava i suoi doveri d' assessore, per attendere a quelli di deputato. Fosse pur vero, egli attendeva almeno ad una parte de' suoi doveri ; ma che dire di coloro che essendo deputati, partono per Vienna ogni quarto venerdì per giungervi al sabato in tempo per intascar la diaria mensile? Ma viceversa è vero che (proto, in stampatello !) per tre anni, facesse pioggia o vento o gelo, tenendosi le sedute del Parlamento ordinariamente al martedì, mereoledì e giovedi, come si può rilevare dai protocolli, l'on. dott. Gambini partiva la sera del giovedì da Vienna, arrivava a Parenzo il sabato, faceva tener seduta di Giunta, riferiva sui suoi atti e li evadeva e ripartiva poi di solito per Vienna in tempo per essere presente alla seduta del martedì. E se c' era a Vienna seduta al venerdì giungeva tuttavolta il sabato sera a Parenzo, via Pisino, con un viaggio di 16 ore in ferrovia e 4 in carrozza. E Dio sa quanto di tale vitaccia fosser") impensieriti la famiglia e gli amici, alle rimostranze affettuose de' quali rispondeva invariabilmente : no voi,o magnar de bando nè el pan de assessor. nè quel de deputato. Ed è vero: che alla Camera egli era uno de' primi ad entrare ed uno degli ultimi ad uscire ; che entrava quando ancora si scopavano di prima mattina i locali ed usciva quando i servi andavano e venivano silenziosi per far capire ai pochi rimasti ch'era ora di andarsene. Tale assiduità deve necessariamente aver fatto spuntare un sorriso di compassione sulle labbra dei deputati, uscenti dall'amplesso della camorra! Scrive ancora la gazzetta rovignese, che 1' ou. dott. Gambini voleva foniare ima società politica in antagonismo a quella che la sovvenziona, recando così danno gravissimo alla causa naziouale, e assicura che se tale società non fu istituita, nou è da darne il merito all'on. dott. Gambini Ora noi possiamo rispondere, (stampatello, proto, stampatello!): la società politica democratica non fu istituita perchè persona vicinissima, intimissima del dott. Felice Bennati, interponendosi coi migliori uffici, pregò l'on. dott. Gambini di sospenderne l'istituzione coli'assicurazione che il dott. Felice Bennati aveva vivissimo desiderio di comporre il dissidio. Insinua ancora l'organo del Podestà di Rovigno, che prima delle ultime elezioni politiche la direzione del partito liberale imponeva all'on. dott. Gambini di scegliere fra la deputazione e l'assessorato, eh' egli non volle saperne e che per questo agli elettori del grande possesso fu proposto altro candidato. L'insinuazione è semplicemente falsa: all'ou. dott. Gambini mai fu fatta simile proposta; anzi, benché egli avesse insinuato m iscritto la sua candidatura, non gli fu neppur data risposta Scrive ancora l'Idea italiana : che il dott. Gambini come assessore doveva avere domicilio a Parenzo, e che egli invece trasportò come niente fosse il suo domicilio da Pareuzo a Capodistria, aprendovi studio d'avvocato e che dal 15 gennaio a tutt' oggi egli si fece vedere in Giunta uua ventina di giorni. Ora sta il fatto che lo studio lo aprì a Capodistria nel luglio decorso e sta pure il fatto che gli assessori non sono obbligati di avere domicilio a Parenzo, ben^-ì di dimorarvi; e sta infine il fatto che l'on. dott. Gambini teneva studio d'avvocato a Capo-dWtria sino al 1895 e ch'egli adesso — non è mica ricco lui ! — l'ha riaperto in patria sotto la direzione del dottor Nicolò Gambini suo figlio che a Capodistria è domiciliato. Del resto 1' on. dott. Gambini dal 15 gennaio in poi è stato in Giunta quanto bastava ad attendere al suo refe-rato e per i casi di urgenza pregò i colleghi di telegrafargli. E prima di piantar studio a Capodistria ne avvertì, in seduta di Giunta, i colleghi, dichiarando che non intendendo di accettar più la carica d'assessore, per avere da vivere al suo ritorno, dopo 16 anni, in patria, doveva a tempo provvedere a che gliene venissero i mezzi dell' esercizio della sua professione. Ed i colleghi, che sono persone veramente oneste, non solo non mossero obiezioni, ma, benché dispiacenti per la risoluzione da lui presa, non poterono a meno di dargli ragione. Chi fé il casa del diavolo fu il sullo-dato dott. Matteo Campitelli, che n' ebbe avviso al suo ritorno da un viaggio di piacere a Venezia ed avrebbe volontieri veduto che l'on. dott. Gambini, abbandonando la Giunta, finisse sul lastrico. E d'altronde, perdio, assai pericoloso osservare, come fa la stampa liberale, che 1' on. dott. Gambini non ha lavorato, mentre aveva imprescindibile dovere di lavorare, perchè noi potremo chiedere chi abbia lavorato, se non ha lavorato lui. E potremo anche illustrare degnissimamente 1' agio altrui. Intanto, per oggi, quanto abbiamo scritto ci sembra sufficente perchè i lettori possano giudicare chi sia più colpevole, se la stampa liberale al servizio della camorra o il dott. Gambini, al servizio della patria. * All'ultimo articolo dell' Idea italiana, giuntaci oggi, risponderemo nel prossimo numero. Oggi, a farlo, ci manca lo spazio. Capodistria, 16 dicembre 1901. Dr. G. N. Conferenza SECRETA dell' avv. GAMBINI a Capodistria li 5 dicembre 1901 per l'elezione del deputato provinciale di Città. Ebbe luogo nella sala Ferrari, presenti una cinquantina d'impiegati dello Stato ed altrettante persone di tutti i ceti, entratevi senza inviti per la porta d'ingresso lasciata aperta. L'avv. Gambini cominciò col ringraziare gì' intervenuti e coli' avvertire che non avea potuto invitarli nella sala delle sedute municipali, perchè il podestà gliela aveva negata. Disse poi della sua attività quale deputato e narrò quanto potè fare a prò1 della Provincia e del Collegio nelle più importanti faccende provinciali e cittadine. Accennò specialmente alla ferrovia Trieste-Parerizo ed al ginnasio reale provinciale di Pisino, ricordando che quando per sua iniziativa si stava per istituire questo ultimo, in un' adunanza di fiduciari della maggioranza dietale fu dall' on. dott. Felice Bennati ironicamente chiamato „bulada in credenza" e dall'on. dott. Matteo Bartoli »istituto senza professori". Ed invece è il più forte baluardo per gì' italiani dell' Istria interna, la più valida difesa della città di Pisino. Quanto ha fatto, ha potuto però farlo colla cooperazione degli assessori suoi colleghi o cooperando seco loro nelle cose di loro attribuzione. Avendo funzionato per 18 anni quale deputato della città senza demeriti, il comitato cittadino lo ha portato quale candidato al medesimo ufficio per il venturo sessennio ed egli ha accettato con gratissimo animo l'offertagli o o candidatura. Tosto resa r.ota, si scatenarono le ire dei suoi avversari e cominciarono a circolare in di lui danno le più atroci calunnie propagate anonimamente, alla macchia in paese, senza che si potesse coglierne gli autori. Diffuse, come furono, tra il popolo, bisognava mostrargli quanto fossero infami ed all' uopo vennero convocati due puhlici comizi, in cui egli chiamò indarno i calunniatori a sostenere a visiera calata le loro accuse. E da un quarto di secolo d'altronde che viene perseguitato sempre allo stesso modo, in ogni possibile occasione e ne fa prova una lettera di quel patriota nobilissimo che fu Giambattista de Franceschi, il rimpianto capo della maggioranza dietale, il quale scrivevagli : L'ostinata guerra fatta alla tua persona dimostra evidentemente che i tuoi nemici vogliono osteggiarti a tutta oltranza, servendosi d' ogni arma, senza punto badare di qual fatta essa sia, e donde loro venga alle mani. Che ciò altro non sia che una disonesta e ributtante vigliaccheria, non occorre dirlo : chi conosce il tuo carattere sa apprezzarti ben altrimenti. Quello che delorosamente sorprende è il vedere che vi sono pur sempre degli illusi, i quali si lasciano guidare pel naso con menzogne di tal natura e cotanto trasparenti. Ad ogni modo tu puoi star certo, che chi al pari di me ti conosce bene non cesserà di stimarti in onta a tutte le vergognese mene de' tnoi avversari. Di queste lettere, egli, l'avv. Gambini, potrebbe mostrarne parecchie, vecchie e recenti, de' migliori uomini nostri, ma non vi è tempo di farlo. Riassume egli quindi le vicende delle lotte personali sostenute e conchiude colle seguenti testuali : „Le male arti usate in mio danno non sono del resto che i mezzi per combattermi, non la ragione per cui vengo avversato sì ac-eanitamente. Questa ragione, o signori, ve la dirò io senza reticenze, che me lo impone il mio dovere di cittadino e d'italiano quale vissi, quale sono e quale morrò. La Società politica istriana inalberando bandiera d'intransigenza di fronte agli slavi ed a.1 governo è, a mio avviso, fuori di strada e non può con tale bandiera che nuocere alla nostra causa. Secondo me l'indirizzo dato alla nostra politica negli ultimi anni sotto la direzione di cotesta società, che mira sempre più a costituirsi dittatrice, è pregiudicevole alla nostra nazionale difesa, perchè ritengo che un programma di opposizione assoluta come il suo, di opposizione di massima al governo sia direttamente contrario ai veri interessi di noi istriani italiani. Sarebbe troppo lungo il riferirvi i motivi di tale mio convincimento maturatosi in trenta anni, o quasi, di vita publica, onde basti, signori, vi dica, che, a mio avviso, noi italiani istriani non siamo nè numericamente, nè economicamente sì forti, da poter attenderci di conseguire alcun vantaggio politico o colturale mettendoci sistematicamente contro il governo e tanto meno, in quanto che, fatta eccezione per le città della costa occidentale, vivono commiste alla nostra, nel resto del paese, altre nazionalità. Potrebbe essere forse diversamente, se avessimo un territorio separato, come nel Trentino od anche nel Basso Friuli. Così come stanno le cose il governo, si può, si deve anzi combatterlo all'occorrenza, in casi di offese o pregiudizi, ma non per principio, chè ne potrebbe derivare la nostra rovina. D'altra parte conviene considerare che noi italiani avendo in mano il governo della provincia, ne siamo responsabili e quindi, a parer mio, non possiamo non contrastare ad una corrente, quale quella in cui s' è posta la Società politica istriana, che può esserci fatale. Il mio programma dunque si sottrae a tale corrente, ed eccovelo in poche parole: difesa della nostra nazionalità, come seppi sempre sostenerla io nella Dieta — e ne fanno prova i resoconti stenografici — verso rispetto delle legittime pretese delle altre; sviluppo con criteri imparziali della scuola, questa grande maestra di civiltà; concentrazione dell'attività dietale a incremento dell'economia provinciale e specialmente di quella agraria ; all' uopo fissazione di un equo modus vivendi tra i nostri e i deputati avversari in Dieta, quale lo desiderava il più cauto ed esperto nostro uomo publico vivente, il dott. Andrea Amoroso, quale lo ha consigliato in passato ed anche di recente il giornale V Istria colla autorità che gii viene dalla lunga esperienza. Questo è il mio programma, o Signori, che ho già esposto ne' tenuti due publici comizi. Ed ora, stando in voi la decisione della lotta imminente, perchè gli elettori cittadini si son divisi in due campi, concorretevi col voto vostro, secondo la vostra miglior scienza e coscienza." Esposti infine i motivi, per cui reputava obbligo suo di non recedere dalla lotta iniziata, finiva l'avv. Gambini il suo dire, salutato da calorosi unanimi applausi, colle seguenti pur testuali parole: „Tolta la differenza che corre tra le mie e le vedute politico-nazionali del ministro presidente dott. Korber avrete notato, o signori, che il mio programma amministrativo è proprio il suo, mirando naturalmente egli al benessere delle popolazioni in generale, ed io a quello soltanto delle nostre. Non sottaccio però che anche sul terreno politico nazionale ritengo il suo ministero d'impiegati meno dannoso di altro parlamentare di destra o sinistra, potendo soltanto impiegati, estranei a lotte politico-nazionali, stare al potere con qualche oggettività e serenità di giudizio. Ringraziati infine i presenti. 1' avv. Gambini chiuse la conferenza di cui abbiamo dato così esatto resoconto. . Ed ora ai corrispondenti del Piccolo, dell' Indipendente e dell' Idea italiana, siano essi il marchese A o il conte B, l'avvocato L o il Dott. M, i quali per tale conferenza e per il programma che egli vi espose, diedero del traditore all' avvocato Gambini, la sola risposta di cui sian degni : Canaglie vigliacche. Addì 6 corr. morì a Capodistria un nostro amico carissimo, il dott. CESARE RADOICOVHH medico distrettuale in pensione. Fu uomo egregio, medico valente ed umano. Trasferito a Capodistria quattro lustri circa or sono, per la stima e considerazione, in cui subito venne, fu nominato ripetutamente rappresentante del Comutje e membro delle più importanti commissioni comunali. Durante l'ultima epidemia colerosa dovette al suo coraggio, se potè sfuggire alle persecuzioni degli abitanti d'un villaggio su quel di Dolina, che lo volevano morto ritenendolo inviato tra loro per ammazzare i malati. In premio dei suoi distinti servigi fu nominato consigliere imperiale ed insignito della croce del merito con la corona. Ai superstiti suoi parenti le nostre più sentite condoglianze. E con ciò riafferma Il Comizio per r Università di Trieste riusci domenica 15 corr. mirabilmente. Concorso grande di popolo e rappresentanze. Lo aperse il presidente Benussi, al cui fianco stavano il vice-presidente Ucekar ed i segretari avv. Za-nolla e Pittoni. Illustratolo brillantemente, il primo propone il seguente Ordine del Giorno: Il popolo di Trieste raccolto in Comizio nel dì 14 decembre 1901 fra il plaudente consenso dei rappresentanti delle regioni Adriatiche e Trentine proclama : l'istruzione superiore nella lingua materna è voluta : Dalla natura-, perchè, come ogni cosa che nasce trova a sè d'intorno gli alimenti vitali che l'assecondano a svolgere le sue attitudini e a compiere fino alla meta il suo ufficio, così primissimo l'uomo deve trovare l'alimento della ragione non forzatamente contrario ma facilmente omogeneo all'indole della particolare sua stirpe: Dalla storia; imperocché noi, non mai degenerata razza latina, oggi costretti d'implorare come grazia una necessità legittima, ricordiamo che gli avi nostri compartirono, sono sette e otto secoli, all'Europa assetata, la scienza medica da Salerno, la filosofica da Salamanca, la teologia dalla Sorbona, la universale sapienza giuridica da Bologna; Dalla legge positiva, la quale assicura parità di diritti proporzionata a parità di doveri, quantunque non sempre si concedano quelli, ma questi sempre s'impongono; Dalla politica, che energicamente spinge ogni governo a procacciare, ai comuni e allo Stato, utili cittadini, i quali, se educati bambini e adolescenti in una lingua, e uomini in un'altra, giungono o troppo tardi o snaturati al loro posto ; Dalla unanime concordia delle nostre genti, onde la istituzione della Università italiana non è opinione di uno o altro partito, ma bisogno quasi istintivo di un popolo, che non vuole nè offendere nè conquistare, ma difendere e conservare la sua antica e gloriosa civiltà nazionale. con voto solenne, per oltre cinquant'anni inefficacemente ripetuto, la necessità ed il diritto della Università italiana di Trieste. Quest'ordine del giorno fu approvato tra entusiastiche acclamazioni. I dettagli del Comizio li narrano i giornali quotidiani. Il caso di ]Pola Riportiamo dal Popolo Istriano il seguente coraggioso articolo che rivela lo stato d'animo di quei patrioti di fronte alle ultime elezioni del grande possesso. E intitolato : Cause ed effetti. „L'uscita del partito italiano di Pola dal nesso della „Società politica istriana" creduta un dispetto e beffeggiata da coloro che furono i primi a provocarla, anziché una ritirata sull'Aventino, come ironicamente la dipingeva l'„Indipendente" oppure frutto di prevenzioni e di momentaneo risentimento dei buoni polesi, come scriveva l'„Istria" di Parenzo, è la risultante di componenti diverse che da parecchi anni vanno convergendo le loro forze a tirare una corda, che si è spezzata, perchè doveva spezzarsi ; perchè a spezzarla contribuirono coloro che gridano allo scandalo vedendola nello schianto rompere la monotonia di un incantesimo. Ma quante volte e quante da queste colonne non partì il monito di non tendere la corda? E severamente Francesco Costantini, il fondatore di quella Società politica da cui oggi con dolore siamo costretti a distaccarci, ammoniva i comprovinciali di mirare a Pola, dalle cui sorti dipendevano le sorti di tutta l'Istria ; ma nè i nostri incitamenti, nè i suoi valsero a far comprendere ciò che è elementare, ciò che un semplice calcolo di aritmetica può dimostrare ad ogni istante. Saltarono su i patriottardi, si gridò all'ambiente, ai cannoni, alle sciabole, alle baionette ; coloro che non avevano mai sostenuto una battaglia elettorale, che non avevano visto mai il viso di un elettore slavo, si sentivano seccati di venire portati, dalle loro Capue purissime, sul campo della lotta; pensavano che è più comodo fare gli italiani a Chioggia di quello che a Sanvincenti, a Canfanaro, a Pinguente od a Pola; e dalli giù alla città caserma, ed agli imperialiregi italiani che la abitano. E noi ci siamo morsi le labbra, ci siamo segati i nervi, abbiamo fatto sacrifizi di amor proprio e ne abbiamo imposti alla popolazione che vedeva il male andazzo delle cose, che intuiva il pericolo della marea che stava per sommergere il partito. E venne la mareggiata della quinta Curia che per poco non travolse noi e con noi l'onore, il nome, l'italianità dell' Istria. Ma i chioggiotti, passata la paura che avevano stando lontani dalla burrasca, si dimenticarono del pericolo cui andammo incontro e si burlarono di noi. Non valse la visione settimanale delle lotte nostre, di cui queste colonne sono l'eco fedele, a far comprendere loro che la situazione nostra era sempre infida, che qui si lottava, che nell' interesse comune conveniva rinforzare la nostra posizione, darci autorità, e man forte. Non valse ! Ora cosa restava di fare a noi? Andare incontro al naufragio per trarre nella nostra rovina anche il resto della provincia? od era nostro preciso dovere di patriotti di gettare a mare una solidarietà che si mostrava avareata nelle sue estrinsecazioni e che ci portava a sicura rovina, per assumere sopra di noi, come l'assumiamo, la salvezza della nave e l'onore della bandiera? La risposta all'nIndipendente." Ma non è Pola che sale l'Aventino o signori. I buoni polesi, vogliono essere tali, ma una volta sola. Pola è stata sull' Aventino mentre i maurocensi deliberavano; ma ora scende al piano ; non per dichiarare la guerra ai fratelli, ma per prendere quel posto avanzato che il suo genio le addita nella lotta per la italianità. Ella chiama oggi sotto le sue bandiere, non i purissimi che battagliano col calice nei pranzi degli elettori eletti dagli altri, non i pudibondi chioggiotti che non hanno visto le opan-che di un morlacco, ma quanti veramente combattono giorno per giorno per l'italianità dell'Istria, coloro che hanno bisogno di aiuto, di consiglio, di sostegno ogni giorno e non solo nei periodi elettorali ; non coloro che hanno preso l'Istria come feudo, ma quelli che la vogliono padrona di sè stessa, e che desiderano partecipare della sua vita in ragione di quanto hanno fatto per il trionfo della sua causa. Questa la gara che indice Pola, colle consorelle del mare e se esse la vinceranno Pola sarà lieta del loro trionfo. " Così 11 Popolo Istriano. E intanto su tutti i muri di Pola gli in-terzionali hanno scritto a caratteri, che nessuno osa cancellare : Abbasso Bennati, evviva Kristan. E i giornali ortodossi sottacciono prudentemente la cosa e l'Idea italiana inneggia alla politica della Società politica istriana. In Italia sono andati i barbari e gli stranieri a seppellire i cadaveri, qui verranno, con la scopa, i socialisti. DIETA PROVINCIALE DELL'ISTRIA Per errore del proto fu ommesso nella riproduzione dell' ultimo protocollo dietale il seguente III punto dell' ordine del giorno. Per la Commissione finanziaria riferisce l'on. dott. Venier concludendo colla proposta : „Viene incaricata la Giunta provinciale di condonare al Comune di Pirano l'importo di corone 3222.13 sul debito incontrato verso il fondo provinciale per pagare l'importo di cor. 4833.13 agli eredi dell'ingegnere dott. Buzzi." On. dott. Bubba. Deve parere anche a voi, come pare a me, cosa naturalissima, che nella mia veste di podestà di Pirano, e quindi come legittimo patrocinatore degli interessi di quella città, io non possa esimermi dal prendere parte ali a discussione di un' argomento che la tocca tanto davvicino. Mi spiace però che dovrò ripetermi in cose già altra volta dette in seno a questa Camera; ma per la piena intelligenza dell' oggetto che stiamo petrattando, e a giustificazione della proposta, che mi riserbo di presentare in opposizione a quella formulata dalla Commissione di Finanza, è pur necessario ricordare i fatti, che rispetto alla congiunzione della ferrovia Trieste-Parenzo colla città di Pirano, si svolsero prime che il tracciato ferroviario fosse definitivamente fissato. Giù nel primitivo progetto di tracciato elaborato dalla ditta di Berlino Soenderop & C. la città di Pirano e quasi per intero anche il suo territorio comunale, venivano tagliati fuori dal tracciato stesso. Anche il successivo tracciato, come progetto formale e di dettaglio, fatto elaborare dalla Giunta Provinciale, e che su per giù r,poteva le linee del progetto Soenderop & C. presentava nei riguardi della oittà di Pirano lo stesso in- conveniente. Si riconosceva, è vero, da tutti i fattori interessati che Pirano, come città industriale per eccelenza, come movimento di commerci e di popolazione, era senza dubbio il più importante fra i luoghi compresi nella regione destinata ad essere attraversata dalla ferrovia, e quindi si riconosceva anche in massima la necessità di un maggiore avvicinamento della linea ferroviaria alla città. Però fin da principio si disse, e lo si ripetè anche in seguito, che una modificazione del tracciato nei sensi desiderati dal Comune di Pirano, nell' interesse non solo suo proprio, come da questo veniva sostenuto e dimostrato, ma nell' interesse puranco della economia generale della linea, si presentava impossibile per ragioni tecniche e finanziarie di decisiva importanza. Se è certo che una modificazione del tracciato, nei sensi ora accennati, importava l'esecuzione di alcune opere di qualche difficoltà tecnica, e una maggiore lunghezza della linea ferroviaria, e quindi involveva anche un maggiore dispendio, è altrettanto fuori di discussione, che il correspettivo lo si sarebbe largamente trovato in una partecipazione della città di Pirano al movimento ferroviario in misura ben maggiore di quella che possa verificarsi nello stato attuale delle cose, colla stazione di S. Lucia — impropriamente detta stazione per la città di Pirano — collocata alla distanza di 4-9 chilometri. E naturale che i rappresantanti del Comune non trascurassero, come non trascurarono, nessuna occasione, per mettere innanzi e sostenere con tutta la possibile energia, le legittime esigenze di Pirano, in merito al tracciato ferroviario, prima che questo entrasse nel novero dei fatti compiuti. Ma purtroppo e petizioni, e memoriali, e deliberazioni votate dalla Rappresentanza comunale, e dirette all' Imperiale Governo, alla Giunta Provinciale, e a questa Eccelsa Camera, lasciarono il tempo trovato. Alla vigilia dell' apertura del tronco Trieste-Buje, la città di Pirano, deve salutare a tiro di canocchiale la stazione alla rispettabile distanza di chil. 4-9! E questa di S. Lucia viene proprio per ironia chiamata la stazione di Pirano. Ho creduto necessario premettere questo breve istoriato di fatti generali, prima di entrare nell' argomento che occupa in questo momento l'Eccelsa Camera, perchè mi lusingo di potere così facilmente convincere gli on. colleghi, della giustizia di appoggiare la mia proposta in opposizione a quella presentata testé dalla Commissione di finanza. La necessità dunque generalmente riconosciuta di avvicinare alla città di Pirano la linea ferroviaria modificandone analogamente il trac-aiato, che prima rifletteva la località di Porto-Rose e più tardi l'altra più distante di S. Lucia, indusse il Comune a fare degli studi speciali da sè e a proprie spese, ricorrendo a persona tecnicamente qualificata, i cui rilievi non dettero come cosa impossibile, nè involvente grave dispendio nè speciali ditficoltà d'ordine tecnico, la desiderata modificazione del traociato. Quosto coincideva nel tempo in cui la Giunta Provinciale aveva incaricato l'or defunto ingegnere dott. Luigi Buzzi della revisione del progetto elaborato | dalla Ditta Antonelli e Dreossi. Una deputazione del Comune di Pirano per patrocinare con maggiore efficacia le giuste esi- j genze del Comune stesso, ancora in tempo, prima che il progetto venisse definitivamente ad-dottato, si recava a Parenzo, e fu quivi che dall'Ili .mo Capitano provinciale venne messo a disposizione del Comune l'ing. Buazi, per fare sulla faccia del luogo alcuni studi speciali, per vedere se ci fosse il caso di far ragione a quanto da parte del Comune di Pirauo giustamente si j reclamava. Io non passo a disoutere se questa delega- i zione fatta dall'ing. dott. Buzzi dall'Ili.mo Capitano proAinciale fosse un'atto di sua personale iniziativa, o dovesse piuttosto intendersi come un incarico d'ufficio dato all'ing. Buzzi in sede giuntale. Certo è però che il Comune di Pirauo, la ha interpretata in questo secondo senso, dal momento che in quel tempo il dott. Buzzi si occupava della revisione generale del progetto, e che anche gli studi speciali che avrebbe dovuto fare per Pirano, dovevano intendersi come fatti non solo nell' interesse speciale di Pirauo, ma in prima linea nell' interesse dell' economia generale del tracciato ferroviario. L'invito all'ing. dott. Buzzi di portarsi a Pirano, e fare quivi i suoi studi con ispezione superlocale, è partito dal Comune di Pirano. Il dott. Buzzi vi corrispose senza indugio, e senza ricevere alcun speciale mandato sulla estensione dei rilievi, che egli si proponeva di fare, elaborò ben cinque progetti di variante, che accompagnati da esauriente relazione vennero a suo tempo inviati al Comune, e da questo passati poi alla Giunta. Morto il dott. Buzzi, i di lui eredi trovarono aperta la partita del compenso a lui dovuto per siffatte sue prestazioni, e presentato bravamente al Comune il conto relativo per corone 4839.18 ne chiesero il pagamento. Il Comune, girò il conto alla Giunta, allegando che non toccava ad esso di assumerne il pagamento pel fatto che il dott. Buzzi aveva elaborati i cinque piani di variante, per mandato della Giunta stessa, e in centro all'incarico generale di revisione dell'intero progetto ferroviario. Per farla breve, o Signori, in seguito a rifiuto della Giunta provinciale, il Comune di Pirano, impetito dagli eredi Buzzi, ha dovuto saldare dei proprio il conto di corone 4833.18 che pel momento gli vennero esborsati in titolo di anticipazione dai fondi provinciali, essendo rimasto soccombente nella lite, che venne regolarmente denunciata così alla Giunta provinciale, come all' Ill.mo Capitano. E la soccombenza del Comune non era fuori di previsione, avendo rettamente il Tribunale, e con esso le Superiori Istanze giudicato, che l'incarico ricevuto dal Buzzi direttamente dal Comune, imponeva a questo l'obbligo di pagarne il correspettivo, rimanendo impregiudacata ogni altra azione di regresso. Ora questa azione di regresso il Comune di Pirano intende esercitarla colla domanda avanzata a questa E;celsa Dieta, perchè l'importo di corone 4833.18 pagato agli eredi Buzzi, venga assunto per intero a carico del fondo provincia!», fra le spese generali occorse per la questione della ferrovia Trieste-Parenzo. La Commissione finanziaria propone che la domanda venga sdltanto parzialmente accolta, nei termini cioè di accollare al fondo provinciale due terzi del mentovato importo di cor. 4833.18, lasciandone l'altra terza parte addossata al Comune di Pirano. Dal canto mio presento invece la proposta che l'intera somma di Cor. 4833.18 venga assunta a carico del fondo provinciale, e ne raccomando all'Eccelsa Dieta l'accettazione, che spero verrà unanimamente votata, poiché oltre i fatti in cui si svolse la questione Buzzi, come brevemente ho procurato di riassumerli, l'Eccelsa Camera devo ancora una volta convincersi che da questa benedetta questione ferroviaria, la città che io ho l'onore di rappresentare come podestà, ne è uscita proprio coi danni e collo beffe. E mi sembra poi rigorosamente giusto, che come le spese per inodific zioni e studi di mo-d ficazioni di tracciato o di elaborazioni di varianti per altro città, comprese nel percorso ferroviario, (cito p e. Portole e Montona) vennero assunte a carico del foedo provinciale, debba avvenire altrettanto per Pirano. Ho detto che da questa benedetta questione ferroviaria noi di Pirane ne siamo usciti coi •fauni e colle beff^. Ed è pur troppo vero ! Chiamati a contribuire nelle spese generali per la costruzione della ferrovia nella categoria dei Comuni, che hanno la stazione alle porte della città, e dalla ferrovia ne ritrarranno tutti i possibili vantaggi economici e morali, noi invece siamo condannati a percorrere quasi cinque chilometri per portarci alla stazione di S. Lucia, che, ripeto, ironicamente viene appellata stazione di Pirauo E vero, che ci vonne messa in vista la congiunzione fra S. Lucia e Pirano, mediante la costruzione di un tronco speciale. Tutti la desiderano, tutti la trovano giusta e indispensabile, tutti sono animati delle migliori intenzioni ; ma tutti anche sanno che delle buone intenzioni è lastricato perfino l'inferno, come dice un sapiente proverbio. (Continua).