ACTA H1STRIAEIII. ricevuto: 1993-12-07 UDK/UDC: 336.2:949.712/.713 Istria "15/17" PROBLEMI FIS CALI IN ISTRIA (secoli XVI-XVIII) Luciano PEZZOLO dott., Isti tuto di staiia cconamica "Gbo Luzzatto", Università degli Studi di Venezia, Venezii, IT dr., Inštitut za gospodarsko zgodovino "Oír.o Luzzatto", Univerza v Benetkah, Benetke, IT S1NTESI II problema della política fiscale veneziana nei confronti dell'Istria ha rappresentato uno dei nodi interpretaiivi circa la dominazione della Serenissima sulla penisola istriana. L'autore, attraverso l'analisi di alcuni aspetli della finanzapubblica locale, afferma che il peso contributivo fu relativamente sopportabile e che alie radici del mancato sviluppo istriano stanno motivi più profondi legati alla struttura politica, ec.onomica e sociale del paese. Da sempre E fisco è considerato uno dei principali indicatori del grado di sviluppo dello Stato, delle dinamiche fra goverao e sudditi, della complessità di un sistema economico e político e dei rapporti di potere al suo interno. Da sempre, duaque, il fisco è stato uno dei campi privilegiad di scontro fra le diverse opinioni storiografiche, e quindi politiche, ira i fautori - nel nostro caso specifico - della dominazione veneziana e tra coloro che invece hanno visto proprio in Venézia la causa della stagnazione e del ritardo dello svolgknento economico e sociale deU'Istria. Verso la metà del '600 Giacomo Filippo Tomasini imputava agli eccessivi dazi gravant i sulle esportazioni Pestrema povertà dei contadini del territorio di Pinguente1. Critiche queste del vescovo padovano chepossiamo ritrovare, con toripiù onrcno accès i, anche in studi recenti: "Un fiscalismo eccessivo ed un vero e proprio colonialismo economico veneziano - si legge ad esempio in un intéressante saggio di Cervani e De Franceschi - contribuirono ad affrettare la decadenza dell'economia istriana, lasciando la provincia senza possibilité di ripresa"". Ció che sorprende, tuttavia, di queste schermaglie tra i critici ed i sostenitori del dominio di S. Marco in Istria è che le medesime fonti vengono lette ed interpretate a sostegno dei due opposti partiti. Si lia l'impressione, insomma, che - e forse non potrebbe essere altrimenti - i giudizi sulla fiscalité veneziana e più in générale sui governo della 1 Cfr. G, TREBBI, La chiesa e 1e campagne deli'Isfcria negli scritti di G. F. Tomasini (1595-1655), vescovo di Cittanovae corograto, in "Quaderni giultani di storia", I (198(1), p. 21. 2 G. CERVANI - E. DE FRANCES CM, Fattori di spopolamento nelllstria véneta nei secoli XVI e XVII, in "Atti del Centro di Ricerche Sloridie Rovigno", IV (Í973), p. 71. 165 ACTA HISTR1AE ÏIJ. Luciano ¡PEZZOLO: PROBLEMIFISCALI iN ISTRIA (secoli XVl-XVIIF), 165-172 Serenissinia si siano inserid nel vasto dibattito storiografico e nelí'acccso scontro ideologico che ha accompagnato le alterne vicende delPIstría dalla dominazione austríaca sino ad arrivare ai gíorni a noi più vicini. Certo, il sistema tributario non puó essere considerato argomento neutro; esso induce ad avanzare legittimi giudizi sulla capacita di un ceto dirigente di amministrare. 11 fisco e la política finanziaria in genere rappresentano il principale strumento di prclievo e di redistríbuzione delle risorse interne di un Paese; la scelta di una determinata imposta e la política del debito pubblico, ad esempio, guidano consistenti Aussi di ricchezza fra i diversi gruppi sociali, con le relative conseguenze. Oitre alia política entra in campo l'economia: ii fisco è un congegno político che si colloca in una struítura economica in un rapporto di strette connessioni e di reciproche influenze. Ed è proprio tenendo presente questi rapporti che vorrei presentare alcune questioni riguardanti il problema fiscale nell'Istria veneta nel quadro - per la verità ancora assai impreciso - délia sua struttura economica e sociale, il mió sarà un tímido tentativo di affiancare ai dati finanziari già noti qualche elemento che possa aiutare a comprendere l'incidenza della fiscalità veneziana nel sistema economico-sociale istriano. E' necessario anzitutto presentare alcuni dati sommari relativi alia Camera fiscale di Capodistria, vale a dire la tesorería che raccoglieva i] gettito delle varie imposte della provincia. Fra gii anni '50 e '80 del XVI socolo le entrate anmiali della Camera si aggirano fra i 1800 e i 2200 ducati; nel periodo tra 1'ultimo decennio del Cinque e il primo trentennio del Seicento le rendite raddoppiano, collocandosi ad un livelío fra i 4200-4500 ducati annui. A cavallo del '600, in conncssione con la grande peste e la guerra di Candia, il gettito registra un calo sino a 3000 ducati, per poi crescere in misura considerevole dagli ultimi decenni del secolo sino alia caduta della Repubblica, oscil-lando in media fra gli 11 e 14.000 ducati annui . Occorre awertire, comunque, che queste cifre presentano sensibili scarti in relazione alie fonti esaminate. 11 bilancio statale del 1579, tanto per fare un esempio, assegna alia Camera di Capodistria rendite per 1260 ducati, mentre l'ex podestà e capitano AJessan-dro Zorzi afferma nel 1581 che la locale tesorería poteva contare .su un cespite di circa 2400 ducati4. Si traita di due dati diversi che riflettono differenti ottiche: il bilancio centrale infatti prevede le somme che possono giungere dalle Camere dello Stato a Venezia, al netto delle spese locali, mentre le informazioni del rettore si basano sulla documentazione prodotta in loco, che dovrebbe attestare Peffettivo ammontare del 3 C£r. i dati delle relazioni dei rettori pubblícate in "Atti e Nlemorie della Societá Istriana di Archeologia e Sioria Patria" (d'ora in avanti "Atti"), VI (1890), pp. 57, 61-2, 68,70, 81,85, 99, 384,398,400,401,411,417,421,433; Vil, (1891), pp. 98,106,124,139,285,293,300,31Ü, 339,346; VII (1892), pp. 97,105,115; Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia, Vis. it„ VII, 1137 (8971), cc. 2ÜV, 24r; Archivio di Stato, Venezia (jn segliito ASV), Coüegio, Relazioni, busta 54, fase. 3 (3 aprile 1591); ivi, Senato, Dispacci rettori, Istria, filza 44 (bilancio del 1650); ibid., rilza 50 (2 setiembre 1660); Bilanci general) della Repubblica di Venezia, ser. II, m, Venezia 1903, pp. 152 sgg.; ibid., IV, a aira di A. Ventura, Padova 1972, pp. 166 sgg. 4 Bilarid cit., I, a cura di F. Besta, Venezia 1912, p. 274; "Atii", VI (1890), p. 99. 166 ACTA HISTRIAElEf. Luciano PEZZOLO: PRO BLBMÏ FISCAL! L\T ISTR1A {secoli XVI-XVIII). 1SS-I72 geítito tributario. II medesirao problema si ripresenta per il 1670, allorché di fronte ad una rendita camerale di ben 27.800 ducati, quale viene segnata nel bilancio statale di quell'anno, le relazioni dei rettori del periodo indicano un gettito che si aggira attorno ai 12-13.000 ducati. Esempi, questi, che devono indurre a maneggiare con estrema cautela le fonti ccntrali veneziane che riguardano l'atíivitá deile íesorerie periferiche. Una seconda questione concerne l'entitá del denaro che prese la via dei forzieri deila Camera di Capodistría, Cosa rappresentano i 4-5000 ducati che tra '5 e '600 riscosse il camerlengo veneziano, vale a diré il tesoriere a Capodistria? Tentiamo di offrire qualche elemento di confronto. Verso gli ultimi acni del '500 un armatore tedesco vendette la sua nave per 4400 ducati; una somma tra le piü elevate per una nave straniera nella Venezía di fine secolo5. Una rendita fiscale di 4500 ducati avrebbe permesso di mantenere circa 700 persone per un ^______ anno, vale a diré circa un sesto deila 5 A. TlíNENTÍ, Naufrages, corsaires et assurances maritimes à Venise, 1592-1609, Paris 1959, p. 20 6 J. C. DAVIS, Una famiglia veneciana e la conservazione délia ricche/.v.a. I Donà dal '500 al '900, Roma 1980 (PhUadelphia 1975), p. 88; F. LANE, S tona di Venezia, Torino 1978 (Baltimore 1973), pp. 385-86 7 ASV, Collegio, Relazioni, busta 54, fasc. 3, cc. 42r-43v (3 aprile 1591) popolazione di Capodistria, Tale somma, poi, rappresentava appena il triplo delle éntrate medie annuali di Leonardo Dona, che certo non spiccava fra i nobíli veneziani piü agiati6. Si ha la netta impressione, insomma, che il denaro raccolto dalla Camera istriana fra Cinque e Sei-cento non costituisse proprio una somma rilevante. A titolo di confronto é bene notare che le en trate deila comimitá di Muggia nei 1591 raggiungevano la cifra di 2000 ducati; e un'analoga rendita era assi-curata dal vescovado di Cíttanova; mentre la comunitá di Isola poteva contare su cespiti per 800 ducati annui. I comuni di Muggia, Isola e il vescovo di Cittanova, dunque, uniti assieme godevano di intioiti superior! alia Camera fiscale vene-ziana7. Mantona (Foto: D. Darovec, 1994). 167 ACTA 1IISTRIAF, III. Luciano PEZZOLO; FROBLEMIHSCALI IN ISTRIA (serali XVl-XVUt), 165-172 Sí potrebbe proporre un uiteriore confronto con le éntrate di altre Camere dcllo Stato - le informazioni a questo riguardo non ci mancano -, tuttavia credo opportuno resistere, almeno alio stato attuale degli studi, a questa facile tentazione. In effetti, la provincia istriana, per i caratteri economici e sociali che la contraddistinguono, presenta rilevanti differenze con le aree del dominio di terra e con i possedimenti veneziani nel Levante. Quale valore avrebbe paragonare le rendite di Camere come Padova, Crema, Candia, con quelle di Capodistria, sapendo che il fisco s'inserisce in un sistema economico ç sociale assai diverso8? Pertentare d'individuare i'incidenzadel prelievo fiscaleoperato attraverso la Camera fiscale di Capodistria abbiamo a disposizionealcune stime, in verità piuttostogrossolane, su! valore di alcuni compartí economici del territorio di Pirano. Questi dati sono forniti dai Sindaci inquisitori in Terraferma, che presentarono la reíazione di fine mandato nell'aprüe del 1591. I Sindaci stimarono íd 15.000 ducati il valore della produzione annua di vino, in 20.000 quella dell'olio, la medesima somma per l'attività della pesca, in 10.000 ducati la produzione delle "biave" per anímali, il commercio marittimo e il settore del legno portavano ad un totale di 100.000 ducati. A voler prestar fede a tal! stime, dunque, le rendite tributarle dell'intera provincia istriana corrispouderebbero all'íncírca al 4 per cento del prodotto delle attivitâ limítate a Pirano. Una percentuale che in effetti appare assai scarsa: inoltre credo che le cifre fornhedai Sindaci sottostimino il reale valore dei settori economici esaminati, e non prendano nella dovuta considera- zione il fenomeno del contrab-bando, assai diffuso nella provincia. 11 dazío sull'olio, ad esempio, che in base alia produzione locale avrebbe dovuto rendere 30.000 ducati, nel 1650, a causa dell'e-steso contrabbando, assícurava un gettito di appena 5-6000 duca-ti9 Un'ulteriore questione concerne la quota del prodotto fiscale che rimane ín loco e, viceversa, la percentuale che prende la via d'oltreconfine, in particolare verso Venezia. Sempre leggendo la reíazione dei Sindaci del 1591, dei 4400 ducati riscossi dalla Camera solo 400 (cioè il 9 per cento) 8 Cfr., ad esempio, j. GEORGKLîR Venise au siècle des lumières, Paris-La Haye 1978, p. 543 9 ASV, Collegio, Rdazioni, busta 54, £asc. 3; " Alti", VIÎ (1891), p. 335 (7 febbraio 1650 m.v.) 168 ».V-.V *(• ,">//.--.... San Lorenzo (Foto: D. Darwec, 1994). ACTA ÎUSTRIAE lil. Luciano PEZZOLO: PRO BLEMI FISCAL! IN 1STRIA (sccoli XVI-XVIH), 165-172 venivano inviati nella capitale10. Sernbra perciô che una consistente parte del denaro prelevato in Istria rimanesse a nutriré i cir-cuiti fínanziari interni. E' una si-tuazione che perdura anche nel '700; anzi, con un tendenziale déficit che deve essere coperto con invii dalia capitale. In base ai dati fínanziari di 12anniracchiu-si fra il 1736 e 1'83 le Camere di Capodistria e Pinguente registrarono un saldo passivo medio an-nuo di poco meno di 3000 ducati, con punte che giunsero ad un disavanzo di 12.571 ducati nel 1783. Ció significa che, in base ai bilanci fínanziari, la provincia sborsô in media 0,15 ducati per abitante contre un ritorno, attra- ___ verso la spesa statale, di0,18du- j8 -< ^Sîffy ^yWBHBPWSffM^^^I cati. Una spesa che era determi- [ ¿ ; > * "r ^ t. ^^r 1 /^111 nata per oltre la metà da saladi L m > ' < ' > ^ lu; - , M ' erogati a officiali, ministri e soldati che generalmente spendeva- Grisignana (Foto: D. Darovec, 1994). no sul luogo. Quest'aspetto délia spesa pnbblica ci conduce ad^esaminare il fisco come strumento di partecipazione e di coinvolgimento delle élites locali. Purtroppo occorre ammettere che disponiamo ancora di poche e frammentarie notizie sui rapport! fra i maggiorenti locali e le istituzioni tributarie dello Stato: alcuni indizi, comunque, ci permetteranno almeno di porre il problema. Anziiutto vediamo alcuni appaltatori dei vari dazi camerali nel 1547-48. Taiuni nomi denunciano la loro provenienza esterna, Piero da Legnago, o Zuan Antonio da Salo. Questo propone almeno due considerazioni: la prima riguarda la mobilità all'interno délia Repubblica di questi operatori chc si prendono carico deli'af-fitto dei dazi, con i vantaggi ed i rischi connessi. La seconda questione è strettamente legata alla presenza di questi forestieri: è lecîto chiedersi infalti se costoro rappresentino una spia de H' incapacita - o meglio délia difficoità - di reperire in loco un numero sufficiente di operatori dotati di capitali da investiré negli appalti. Ma su questo 10 ASV, Collegio, Rdasùoni, bu.sta 54, fasc. 5; "Atti", VII (1691), p. 124 (28 luglio 1603) 169 ACIA HISTRIAE ÍIJL Luciano PH2Z0U): PROBLEMl F1SCAL1IN 1STR1A (secoli XVl-XVilI). 165-172 lorneremo m seguito. Passiamo ora ai 1584. Tra i vari personaggi che prendono in affito la gestione dei dazi risalla il nome assai noto a Capodistria di Francesco María del Bello. I del Bello sono tra le famdgüe di spicco della cittá che operano anche a livello istituzionale: Ambrogio, ad esempio, e litolare negli ultimi anni del '500 deH'ufflcio di "scontro" (conlabile) della Camera fiscale, e nel 1593 chiederá che la carica passi a suo figlio11. Troviamo poi un Ottonello del Bello che nel 1609 é sindaco della cittá12. Naturalmente é assai prematuro frarre delle conclusioni su queste ristrette basi; ad ogni modo mi sembra perlomeno interessante notare gli intrecci fra una delle famiglie piü importanti di Capodistria, le cariche pubbliche e la gestione delle riscossioni daziarie1"'. intrecci, quesli, che perlatro si possoiio individuare in altre cittá della Repubblica veneta. Vorrei concludere riprendendo il problema da cui ero partito, vale a diré dal ruolo che il fisco esercitó nel mantenere depressa l'economia istriana. Scorrendo le relazioni dei rettori veneziani emerge la netta sensazione che i freni alio sviluppo si debbano üi gran parte alie tare strutturali della societá. Nei ccntri urbani né la nobiltá lócale né tantomeno gli allri gruppi sociali paiono in grado di assumersí la responsabilitá d'inve-stimenti che stimolino la pigra economía provinciale. Un'incapacitá, questa, che s'asso- Sanvincenti (Foto: D. Darm'ec, 1994). 11 ASV, Coüegio, Reíazioni, busta 62, reg. II (1581); busta 65 (7 luglio 1593) 12 Epislolae et coinmunicationes rectorum histrianorum, 1,1607-1616, a cura di M. Bertosa, Za^reb 1979, p. H6. 13 Cfr. la relazione di Alvise Morosini de] 17 marzo 1583 ir " Atli", VI (1890), pp. 385-86. 170 ACTA 1ÜSTRJAE III. Luciano PEZZOLO: PROBLEMIFISCALI IN ISTRIA (wcoli XVl-XVtil), 165-172 cía - mi sembra - ad oggettive difficoltà di caractère finanziario. I redditi dei privati osserva il nobile veneziano N ico lo Grimani nel 1603 - "si restringono in poca cosa, e in pocbi di loro", e si limitano quasi únicamente ai commercio dei prodotti, poiché l'agricoltura non offre allettanti prospettive. Un 'ulteriore indizio délia scarsità di capitali è offerta dalle ripetute denunce contro ü tasso d'interesse praticato dagli ebrei, accusati - come ovunque - di trarre le loro ricchezze "dal sangue e dalle viscere di quei meschini". Anche se non è il caso di prestar fede al capitano di Raspo Piero Bondumier, allorché denuncia usure sino al 100 per cento14, 6 tuttavia indicativo che il tasso d'interesse praticato dal Monte di pietà di Capodistria fra il 1620 e *70 oscilli fra il 5 e il 7%, mentre negli analoghi istituti della terraferma il denaro era offert o ad un prezzo inferióte1 S. Un intéressé, quello del Monte istriano, che si awicinava piuttosto al livello del crédito privato, come ad esempio si riscontra a Cividaíe. Ad ogni modo il Monte, nonostante ció, svolse comunque un ruolo importante, se si considera che Pusura pratícava tassi fra Í112 e il 30%Ió. Se nelle città si registra uno scarso dinamismo economico-sociale, nci poveri villaggi delle campagne il quadro è ancora più fosco. Ampie aree di incolto e una scarsa densità di popolamento caratterizzano iî paesaggio rurale di buona parte della penisola1'; e i tentativi delle autorità veneziane di richiamare famiglie stranicre non sortirono ritevanti 18 effetti. I debiti attanagliano i contadioi , i quali sono sottoposti a corvées d i varia natura; lo stato quasi endemico di tensione con i viciai d'oltreconfine fomenta tuberie e saccheggi. La produzione cerealicola, poi,.non è in grado di far fronte al fabbisogno della popolazione, provocando cosí un déficit commerciale che forse solo in parte viene coperto dalle esportazioni di sale, olio, vino e legname. Si ha l'jmpressione, iuoltre, che i circuiti della commerciaUz2azione di questi prodotti non coinvolgano in maniera significativa gli abitanti delle campagne. Occorre chiedersi allora se il fisco veneziano possa essere considerato l'iinputato principale di questa situazioue. Attribuire la colpa aile tasse è assai comodo: basta cogliere a caso una delle müle lamentele che i contribuenti - siano essi cittadini, mercanti, nobili, contadini - alzano contro il governo per suffragare la tesi della rapacità del fisco. I suoi effetti rovinosi troppo spesso sono assunti come un assioma che pesa sull'analisi di una struttura economica e sociale. Certo, con questo non voglio affatto affermare che i prelievi tributarí non abbiano contribuito ad aggravare una condizione già di per sé 14 Epistolae et communicationes cit., p. 119. 15 ASV, Senato, Dispacci rettori, Istria, ftlza 50 (29 agosto 1660); "Atti", Vil (1891), pp. 293,325, 337, 339; VIII (1892), p. 105; 8. PULLAN, La política sociale della Repubblica di Venena, II, Roma 1982 (oxford 1971), pp. 641,643,647; A. TAGLIAFERRI, Problemi dell'attività di crédito m Terraferma tía XV e XVIII secolo, in "Studi Storid Luigi Simeoni", XXXIII (1983), p. 57 16 CERVANI-DE FRANCHSCIH, Fattorí di spopolamento cit., p. 79 17 M. KNAPTOH Tra Dominante e Dominio (1517-1630), in G. COZ23, M KNAPTON, G. SCARABELLO, La Repubblica di Venezia netl'età moderna. Dal 1517 alla fine della Repubblica, Toiino 1992, p. 357 18 Epistolae et communicationes cit., p. 26 171 ACTA 1IISTRIAF, III. Luciano PE/iZOLO: PROBLEMI FISCAUIN ISTRÍA (secoli XVT-XVin), 165-172 difficile. Vorrei suggerire, tuttavia, di attcndere di accus3re colui che appare il sicuro colpevoie; di arricchire insomma l'analisi della scena del delirio, di complicarla. E forse si scoprirà che esiste un concorso in colpa, magari íra i parcnti della vittima - la quale già non godeva di salute eccezionale - e il presunto assassino. POVZETEK Problematika beneške fiskalne politike v Istri. nam lahko pme. marsikaj o beneški vladavini na istrskem polotoku. Za gospodarsko zaostajanje pokrajine je večina zgodovinopiscev obdolžila roparsko fiskalno politiko Serenissime. Avtor pa je ob preuče\>anju nekaterih vidikov lokalne finančne uprave ugotovil, du so bile dajatve relativno znosne in da je treba vzroke za stagniranje istrskega razvoja iskati mnogo globlje, v političnem, gospodarskem in socialnem ustroju dežele. 172