Esce una volta per settimana ilSabbatO.— Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— ,, . L'abbonamento non va pagato-id altriche alla Redazione. '..■;',..—T—■■ ,—;-;—~r~—• : : tt—;——. /.—•—■——---" • - Diplomi'Istriani. Uniamo al giornaletto quattro diplomi, dei quali tre dell'Archivio Capitolare di Trieste, uno dell'Archivio Capitolare di Pirano, e li passeremo secondo 1' ordine loro cronologico. Il più remoto in tempo è quello dell'anno 1173, col quale il vescovo di Trieste Bernardo dona al pievano ed ai chierici di Pirano il quartese di Castel-Venere. Non vedemmo l'originale di questa carta, bensì copia in più esemplari ed a stampa ed a penna, autenticata, e della quale si era fatto uso in atteggi ai quali diede appunto occasione la percezione di quel quartese. Il vescovo donante era quel Bernardo che sedè fra il i 148 ed il 1186, che vescovo proprio di Trieste fu insieme vescovo dì Capodistria, la quale città riebbe la serie dei propri vescovi appunto dopo la morte di Bernardo. 11 vescovo non dispose con questo diploma della decima di Castel-Yenere, ai vescovi non ispettava la decima egualmente in tutti i territorii dell' Istria ; P avevano per gli agri delle colonie e delle città immuni, i quali agri comechè non soggetti all'imposta fondiaria, furono assoggettati alla decima del clero ; P avevano per gli agri assegnati ai vescovi per liberalità di re ed imperatori a titolo meramente civile non ecclesiastico; pel possesso dei quali beni essendo i vescovi in condizione di baroni temporali erano tenuti agli obblighi di questi, e quindi alla corrisponsione del quartese ai curati; così che per questi beni non valeva la regola: clericus clericum non dechnat. Quegli agri tributarli i quali erano sottoposti alla imposta fondiaria, cioè alla decima laica, non erano soggetti a novella decima pel clero, ma una quarta parte di questa decima veniva assegnata al clero, così che questa imposizione non veniva a carico del contribuente, ma del percipiente, quasi gli aggravi del secolo non dovessero mai superare la decima dei prodotti, non però di tutti i frutti del suolo, ma di alcuni determinati, grani, vino e non dappertutto l'olio. Bellissime indicazioni sulle decime, e sugli antichi carichi pubblici dei possidenti si hanno nel diploma del vescovo Eufrasio del 543, nell'epistola di Cassiodoro del 538, nell' atto del placito istriano dell'804, tutti pubblicati in questo giornaletto; quest'ultimo specialmente che contiene i gravami dei provinciali per le pubbliche imposizioni novellamente introdotte è di somma importanza ponendo in chiaro e l'antico sistema anteriore a Carlomagno ed il posteriore che durò fino ai giorni odierni. Imperciocché dal diploma Eufrasiano chia- ramente si vede che 1' assegnamento delle decime e del quartese era anteriore ad Eufrasio, ma che nel 543 venne imposto come onere pubblico dall' autorità amministrante, dai Legati inviati dall' imperatore Giustiniano, dal maestro dei militi della Provincia; nella carta dell'804 si lagnavano i possidenti di aver dovuto pagare ad altri per disposizione del governo, quelle decime che erano tenuti di pagare alla chiesa. E si vede manifestamente che la dotazione della chiesa era duplice, P una ordinata dal pubblico diritto e forzosa, le decime cioè negli agri che godevano P immunità, il quartese negli agri decimati; 1'altra era volontaria e di diritto civile privato avendo sua origine nelle liberalità di persone che volevano beneficare le chiese, consistessero le liberalità anche nella concessione ad investita delle decime laiche. E mentre la prima categoria la dote forzosa ed ecclesiastica doveva indeclinabilmente rimanere al clero, uè da questo poteva ad altri concedersi che a persona ecclesiastica, dell' altra disponeva il clero, come ogni cittadino delle proprie sostanze libere. Non mancano diplomi nei quali si caratterizzano a logli— mento di dubbiezze, quelle tali decime possedute da ecclesiastici come decime laiche; ed ove ogni altro criterio (e ne sono tanti) mancasse a riconoscerle, basta il possesso in mano di laici, per investitura fatta da Prelato od altro dignitario, onde avere certezza che la decima posseduta da laico, è decima laica. La decima ecclesiastica era assegnata al clero curato, fra cui vanno compresi anche i capitoli cattedrali, ma non ogni sacerdote in cura d'anime la riscuoteva, sebbene fra tutti venisse ripartita. Così mentre esistevano i plebani, i parochi loro subordinati che erano a piacimento amovibili, non avevano il diritto di esazione; anzi il diritto di esazione è indizio di antico plebanato. Così risalendo a tempi più antichi risaliamo alla persona del vescovo che è il sacerdote per eccellenza e per pienezza di poteri, ed il vescovo che ne faceva assegnazione sia ai capitoli, sia ai plebani, ai parochi, ed a quelle altre persone che erano chiamate a fruire la decima, siccome i poveri. II diritto di percepire la decima è indicazione di diritto a cura d' anime ; e risalendo alle antiche condizioni la esazione della decima nella persona del vescovo, mostra confutato dalla storia quel principio che vuole i curati forniti di propria autorità, anzi che di autorità delegata dal vescovo. L' assegnamento di decime 0 di quartese viene meritamente considerato come assegnamento di parocchialità, così che concedendovi questa senza quella o con restrizioni, si può con certezza «r- gomenlare a paltò convenuto in deviazione di massima generale; così che trovandosi in odierno agro parocchiale la decima in percezione di altra persona ecclesiastica si può con certezza conchiudere a formazione di recente parocchia escorporandola da quella che oggidì percepisce la decima. Non dubitiamo che il vescovo Bernardo col-1'aggiudicare alla chiesa plebanale di Pirano il quartese di Castel-Venere, abbia dato anche il diritto di cura d'anime. La decima ecclesiastica, la quale si pagava al vescovo, non veniva da lui interamente goduta, ma divide-vasi in quattro parti, l'una al curato, l'altra al clero, la terza alla fabbrica della chiesa, la quarta ai poveri. E quando al plebarto concedevasi la decima, egli aveva na-turalmento imposta la condizione di assegnare la quarta al clero, bensì di sua autorità, ma secondo i meriti di ciascuno ; e di assegnare la quarta ai poveri ed alla chiesa non di sua autorità, ma di consiglio fralrum, cioè del clero curato, fossero collegiali o no. Gravi questioni nacquero fra il primo vescovo della restituita sede di Capodistria, Adalgero, ed il clero ed il popolo di Pirano, appunto per le decime, e specialmente per la parte dei poveri e della chiesa, che almeno queste feclamavansi dal vescovo, e se a Dio piace daremo i documenti che vedemmo originali. Potrebbe a primo aspetto volersi che. il quartese del Castel-Venere dato dal vescovo Bernardo al pievano di Pirano, non fosse già l'intera decima ecclesiastica, ma »na di quelle quattro parti nelle quali la decima divide-vasi; e che al vescovo spettasse non il quartese ma la intera decima. Però esaminando davvicino il diploma di donazione facilmente si riscontra che questo quartese veniva dato non al pievano soltanto, al quale spettrva la quarta parte, ma anche ai fratres di lui cioè ai capitolari, i quali avevano anche diritto ad una quarta parte, ma anche alla chiesa, che egualmente partecipava alla decima. Non si fa menzione dei poveri; ma siccome questi non formano persona morale, ma è piuttosto debito del clero di ripartire fra questi la quarta, non fa meraviglia se dei poveri non si facesse menzione espressa, nè col menzionarli fra le persone a cui si devolveva la decima, nè col ripetere al plebano l'obbligo di ripartirne una quarta fra questi. Niuna porzione di questa decima (usiamo questa voce secondo generale significazione, cioè non per esprìmere una quarta parte, ma per indicare l'indole della contribuzione) riservava a sè il vescovo, e con ragione perchè le decime dello pievanie davansi integre ai pievani, clero, chiesa e poveri. Pensiamo quindi che il quarteso disposto dal vescovo Bernardo costituisse tutta intera la decima ecclesiastica, e fosse la quarta parte della decima laica, la quale da quel castello dovevasi contribuire. Quel castello difatti non era agro immune, contemporaneamente alla dicima ècclesiaslica (il quarte-se) era dovuta la decima laica (tre quarte parti) e questa era goduta da baroni in forza di infeudazione e di subinfeudazione; anzi il signore del Castel-Venere era ministeriale del marchese; poi il Castel-Venere venne in possesso del Comune di Pirano, poi d'altri, così che fino ai nostri giorni durava la soggezione di quella cappellata al capitolo di Pirano, il quale esercita il diritto di patronato della cappellania, e la decima era pagata per una quarta parte al clero, per le altre al signore terre-nario. Siffatte condizioni riscontransì anche in altre parti dell'Istria, e meglio riconoscevansi quando nel 1825 si abolirono le decime ecclesiastiche in una parte dell'Istria mentre nell'altra parte sulla decima laica durava nel clero la percezione di una quarta parte che ancor dopo tanti secoli ha nome di quarteso. Non sappiamo in quale luogo abbia il vescovo Bernardo segnato il diploma di concessione delli quartesi di Castel-Venere; sulla copia sta scritto Mucune, voce che a primo aspetto farebbe credere che nasconda .1 lu~ cave, quasi fosse Moccò, castello nelle prossimità di Trieste; ma oltreché quel piccolo fortalizio era destinato a presidio militare, e come da altri tempi non sembra essere adatto a stanza vescovile, vi comparirebbero certamente altri testimoni di Trieste. All'invece vi è presente il pievano ed un canònico di Umago, che certamente non mossero sì da lontano per essere testimoni ad una carta, un Oldorico avvocato della chiesa di Capodistria, un vicedomino che ha nome Americo, nome assai frequente in Pirano. È più verosimile che essendosi chiesto il quartese dal plebano di Pirano, siasi ciò fatto mentre il vescovo era in quelle parti, e perciò propendiamo che il diploma sia segnato in altro luogo che Moccò, forse in Marzana di Pirano, seppure nell' originale non stava scritto Pirani. Quindi noi pensiamo che l'arcidiacono Turpino intervenuto e rogatore dell' atto non fosse arcidiacono della chiesa Tergestina, ma della Giustinopolitana; imperciocché sebbene lo due chiese fossero abbinate sotto lo stesso prelato, le cariche e gli offici erano per ogni chiesa distinti, siccome è manifesto per altri diplomi. Quel Poppone Purgravio lo crediamo Castellano di Pirano. L'altro diploma del 1203, tratto dall'Archivio Capitolare di Trieste, è novella prova che il prelato di Trieste esercitava nella città giurisdizionè civile, della quale giurisdizione si ha comprovazione in parecchi altri diplomi o non curati e non bene intesi. Verteva la questione per certa terra e molino pervenuti nel capitolo di Trieste da certo Conone decano. La sentenza era stata pronunciata dai giudici in presenza del vescovo; che così facevasi nel medio tempo; lasciandosi la decisione chi avesse torto o ragione non al barone ma o ai pari se di cose feudali od a giudici ; il vescovo poi come barone guarentiva al capitolo il possesso della cosa aggiudicata. Nel terzo diploma del 1232, egualmente tratto dall' Archivio Capitolare, vedesi il modo di procedimento in lite insorta fra il . vescovo medesimo ed il suo vassallo Bernardo di Montecovo o Moccò, il quale era ministeriale del vescovo, cioè aveva offici per ragione di terre à lui date in Perengersdorf,, che potrebbe essere Prebe-negg. Nata la questione, il vescovo ed il vassallo comparvero dinanzi la curia, non per agitare dinanzi a questa il processo, ma per chiedere, esposto che fu il motivo di reclamo, il parere legale, ed è memorabile la antica formola conservata chiedendo ai pari: quid super hoc vellent. I pari della Curia furono di due opinioni, la minoranza si pronunciò in1 un modo, là maggioranza in un altro, tutti e due condizionatamente, se cioè venisse provato ecc. ecc. • ■ T ; Il vescovo appellò dalla sentenza, l'àjlpellazione si devolveva al Marchese d'Istria, che novellamente avrebbe tenuta Curia di Pari. Il quarto diploma del 1307 è, tratto dall'Archivio Capitolare di Trieste, ed è la ripetizione di una Bolla Pontificia diretta al giudice dato, il preposito di S. Stefano di Aquileja, ad istanza del .vescovo eletto di Trieste Wol-rico, per procedere in foro ecclesiastico contro il duca di Carintia Bernardo, detentore per violenza di alcune ville del vescovato di Trieste, tolte al vescovo Giovanni. Il giùdice dato doveva essere inappellatile, la sentenza eseguita soltanto coi mezzi di censura ecclesiastica. Ma ordinava il Papa che il pronunciamento di scomunica o di interdetto non venisse senza suo ordine speciale pubblicata nelle terre del nobile duca,,.,, .. . , ; 1LCIVI PODESTÀ' VENETI DI ROVIGNO ED ALCUNE MEMORIE PATRIE CONTEMPORANEE. (Continuazione.) 18.) Nel 1757 furono eretti dal Comune altri due Torchi dietro il modello del proto Rocco Venerandi, che ne fu anche 1' appaltatore, e i quali costarono 1. 26572. 2. (Non v' è indicazione nella relativa òVwmp« della Vomu ■ nità, che si conserva in Comune, ove vennero fabbricati). E ciò in seguito al permesso del Senato in Pregadi 29 gennaio 1755, dietro il commendevole suggerimento della Carica di Capodistria, che se ne convinse sopra luogo del bisogno per la sollecita triturazione delle abbondanti olive. a. Per altro una Nota del Soldo ricavato dal Comune a censo per la costruzione dei sud i due Torchi, che rinvenni nella Raccolta di mio avo, mostra invece la cifra di 1. 19793. b. E dalla Lett.a Parula dei 29 gennaio 1757 a questo Podestà, colla quale permetteva al Comune di poter prenderò a livello francabile D.ti 3000 per la discorsa erezione con protesto, che spirati giorni 15 in difetto, fossero invitati per stridore i privati in relazione al succitato permesso del Senato, a concorrere all'acquisto del gius di erigere detti Torchi rilevasi, che per legale Contratto del 23 giugno 1756 il Venerandi si aveva assunta 1' erezione per 1. 12295. Non si conosce per mancanza di altre memorie in proposito il motivo di questa trina differente cifra. (Continua.) Sai Secco nell'Istria. Quel tratto di paese, che è fra il Lemo ed il Quieto verso il mare è soggetto il più degli anni ad esser privo delle benefiche piogge, specialmente nei mesi di mag- gio, di giugno, di luglio ed agosto, tempo in cui sono tanto necessarie per i prodotti della terra. Generalmente si attribuisce a queste due acque l'assorbimento dei vapori ed una potente influenza al richiamo dei medesimi. Alcuni suppongono che alla distruzione degli alberi, che crescevano giganteschi nell'Istria sia succeduto un tal fatto, altri alle cause stesse, che desolano l'Egitto e le sue vicinanze, e molti ad altre ragioni, che sarebbe troppo il prolungarsi accennandole. Che le due acque succitate unicamente producano questo effetto è falso, perchè se questo solo paese fosse soggetto a tale fatalità, si potrebbe anche ritenere per vero; ma è d' altronde colpito da questa privazione tutto il resto dell'Istria fino a Pola, e quello sino alla punta di Salvore ed oltre. La ragione degli àlberi in pratica è affatto erronea, perchè abbiamo memorie, che l'Istria nei tempi andati era sparsa anzi coperta di secolari e grandi quercie, ed il secco n'era maggiore. Infatti trovo nell'opera di Antonio Deville sul porto e città di Pola a pag. 6, dove dice : Aestas illi plus secca quam calida, hyem mitis, plu-viac initio Autumni, et fine hyemis reliquo anno nullae aut rarae. È tradizione, che il territorio di S. Lorenzo due volte fosse stato abbandonato dai suoi abitanti per tale infortunio; a Parenzo vivono ancora due individui i quali si ricordano, che in un anno si è^ formata 1' uva, maturata, e raccolta senza essere stata bagnata dalla pioggia; ed oltre a molte memorie, che potrei far vedere mi basta per ora di trascrivere quello che ho sott' occhio, che nel 1685 ai 31 agosto il podestà veneto scrivendo al Senato, lettera che cambiandola nella sua data potrebbe servire per 1' anno 1849, così si esprime: È così grande la miseria dei poveri territoriali di Parenzo per il scarso raccolto dei grani causato dalla siccità che tuttavia continua con abbrugiamento anco dei minuti, che meritano veramente compassione sema speranza alcuna di redimersi da un tanto flagello. Tutte queste calamità erano all' ombra dei boschi, e questi non influirono ad evitarle. Vi è adunque una causa più grande, più potente, che strappa a questi paesi un tanto beneficio; entriamo nell'esame della cosa stessa. Per quanto abbia scrutinata questa causa prendendo in considerazione il terreno, la sua qualità specifica, la sua posizione, il suo clima, le sue acque, le sue piante, le sue popolazioni ecc. ecc., niente mi fece persuaso, altro che una circostanza sola, la quale avrebbe bisogno di maggiori studi, e riconoscimenti. I monti non v' ha dubbio sono attraenti potentissimi di evapori; il mare e-gualmente li attrae. I primi li rimandano cangiati in pioggia, ma la sua influenza ha un limite; il secondo li assorbe nel suo seno, e rare volte convertiti in acqua si estendono alle terre, che esso lambe. L'Istria è compartecipo di una porzione delle Alpi fino al Quarnpro. Occupano queste alture la parte superiore della provincia. Queste esercitano fino a quella tal linea il suo potere, vaie a dire a quel tal punto di distanza respingono questi vapori e la pioggia. La maggior parte dei paesi posti al mare sono fuori, fa d'uopo il dir- lo, da questa linea, quindi non vengono favoriti da questo soccorso. Sarebbe opportuno di fare delle esatte indagini prendendo in riflesso la distanza, e i paesi bagnati, e cosi con una pratica, e misurata osservazione si si potrebbe persuadere della verità, ed avere un maggiore appoggio per determinarla. Vi sono però degli anni eccezionali, ma sono pochi e rarissimi, e quindi se questo si ha da considerarlo quasi un male organico, fa d'uopo assolutamente modificare il genere della nostra agronomica coltura, ed attenersi a quello che più può convenire a queste circostanze. Accrediterò ancora tale opinione con quanto esiste nell' interessante e rara operetta di Gio. Battista Goineo De situ 1-striae, ove al capitolo a car. 9 de Istrici soli natura, così si esprime : In Istria reperiri consueverunl, et tria quidern copiosissima ut vinum, sai, et oleum-, reliquum autem, quod est frumentum non omnino nascitur mul-tum etc. Quod sive soli ipsius ingenio, sive hominum negligentia accidat, asserere quicquam certe minime pos-sum; credo tamen Poetae dictum esse verissimum, cum ait Georgicarum Lib. I, vers. 54: Hic segeles veniunt, illic felicius uvae; Arborei foetus alibi. Rafforzato anche da simile asserto non potrei se non suggerire alberi, alberi ed alberi (*) come quello prestante ministro spagnuolo interrogato quali dovessero essere i mezzi per fare fa guerra, rispose : danaro, danaro e danaro. F. C. Geologia dell' Istria. Abbiamo sott' occhio uno stampato in quarto, tratto dal giornale dell' 1. R. Istituto di scienze, lettere ed arti di Lombardia, Tomo III della nuova serie, Tipografia Bernardom di Milano 1852, di88 pagine, sotto il titolo: Cenni geologici sull' Istria di Emilio Cornelio e Luigi Chiozza, letti nell'adunanza dell'i, r. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti, del giorno 9 gennaio 1851; cui sono aggiunti la carta geologica dell' Istria secondo la carta militare, ed altre due tavole CtuMe e tre a litografia) con rappresentazioni di petrefatti, e delle stratificazioni negli agri tergestino ed albonense. Noi secondo il nostro proponimento di veder poste a ,r iv fij uì j« : i ! ■ » ^tivti .-• C*) Per alberi che riescono nella nostra istriana penisola intendo parlare di olivi, di gelsi, di quercie, di noci, e di qualunque altro frutto, e cosi di viti le di cui uve son suscettive dei più preziosi, ed esquisiti vini. Anche la opportunità della ^fabbricazione del sale che anticamente si estendeva alla costa marittima dell'Istria e non limitata a Capodistria, e Pirano potrebbe riempire un grande vacuo nella sua econcmia, fabbrica che, animata e protetta dal governo, riverserebbe a sommo reciproco vantaggio. ' .? :.-"■ 1.; + luco le condizioni tutte di questa Istria, lietamente applaudiamo al lavoro, e vi aggiungiamo, anche perchè vi lavorò Luigi Chiozza, giovane triestino di belle speranze e già di bella fama tra noi. Corrono appena cinque anni che Francesco de Rosthorn pubblicava la sua escursione geologica nell'Istria; e già nello stesso anno Adolfo de Morlot onorava questo giornaletto di indicazioni geologiche dell'Istria susseguite da opuscolo pubblicato dal W. Haidinger in Vienna 1848 in quarto maggiore di pag. 61 con tavole, opera questa che avremmo amato di vederla voltata in italiano e portata a compimento, in visita di minor fretta che avrebbe fatto nello stesso 48, se non ne fosse stato frastornato dagli avvenimenti di allora, non propizi ad escursioni. E ben deploriamo la morte immatura del giovane Francesco Kaiser, il quale avrebbe dato materiali assai propizi, dei quali s'ebbe per le stampe piccolo saggio, siccome desso aveva ad evidenza sciolta una principale dubbiezza, appunto allora che il de Morlot, per verificazioni fatte altrove, conveniva esso pure che 1' arenaria è sovrapposta alla calcare, anzi che versa vice, dubbiezza che nella provincia d'Istria e nei dintorni, ove ambedue i terreni si trovano, è di grande importanza pratica per riconoscere le leggi delle acque. In quest'anno 1852 i Cornalia e Chiozza davano il risultato delle loro escursioni nell' Istria per le cose di geologia, intitolandolo Cenni, voce che a noi è arra di maggiore lavoro futuro, non per ciò che riguarda la dottrina, ma per ciò che riguarda la ricognizione di singole isolate località, che in questa provincia difficile a spiegarsi in ogni riguardo, si mostrano così svariate. Forse alla dottrina siffatte minuziosità sono pressoché indifferenti, ma non sembra potersi dire altrettanto per la perfetta conoscenza dell'Istria, e questa noi pensiamo essere desideratissima per le utilità materiali che se ne possono e devono ritrarre. Noi speriamo che assolto che sia lo studio geologico della provincia, si venga facilmente a ricognizione di quei marmi o pietre, o terre, o sostanze che possono porsi a profitto nei bisogni o nei lussi della società; si venga facilmente a ricognizione di quei modi che divenuti certi pel risultato delle indagini, non concederanno di vagare pel labirinto di prove a tentone, a fare le quali manca troppo spesso 1* ardire. Nel laudare il proponimento portato ad effetto dei signori Cornalia e Chiozza, noi a quest'ultimo calcolando sull'amore del suolo natale avanzeremo non una preghiera, ma un' interrogazione. Non penserebbe egli, che alla scarsezza delle conoscenze geologiche nella generalità dei giovanetti, sarebbe grande giovamento qualche pagina a stampa che alla descrizione geologica della provincia premettesse per sommi capi la dottrina, e fosse così redatto da poter girare per le mani di tutti? * Anno 1237, III Non. Junii Indictione X. Aquileja. Papa Gregorio IX scrive al Preposito di 8. Stefano in merito di alcune ville del vescovo di Trieste tenute dal Duca di Corintia Bernardo. (Da pergamena dell'Archivio Capitolare di Trieste). In nomine dei eterni. Anno domini millesimo CC. XXX sep- timo die undecimo entrante majo, indictione decima. In presencia Gerardi episcopi hemonens: et Magistri Alesandrii capelani episcopi concordiensis et Varini civis Justinopolitani et aliorum. Coradus nuncius Domini Wolrici electi tergestini presentavit literas papae Johanni preposito Sancti Stephani Aquilejensis an majore ecclesia aquilejens. quarum tenor talis erat. GREGORIUS episcopus servus servorum dei dilecto filio preposito Ecclesie Sancti Stephani Aquilegensis dioc. Salutem et apostolicam benedictionem. Salutem anime sic pre rebus omnibus dilecto filio nobili viro duci Carinthie credimus esse dilectam ut in hiis que ad ipsius profectum perve-niant habeatur facilis maxime si ad hoc nostris precibus inducatur. Inde est quod ipsum rogandum duximus attenti et hortandum per apostolica sibi scripta mandantes ut Sconebrun, Chorug Career et alias villas quas sicut dilecto filio. . . Electo tergestin accepimus conquerente de jure spectantes ad ipsum per violentiam detinet occupatas in ipsius prejudicium et gravamen sibi prò divina et nostra reverenda cum fructibus perceptis ex illis sublata difficultate restituat et ab ipsius ac ecclesie sue omni decetero molestacione quiescat Quapropter discretioni tue per apostolica scripta mandamus quatenus si dictus Nobilis mandatum nostrum neglexerit adimplere tu partibus convocalis audias causam et appellatone remota debito fine decidas faciens quod decreveris per censuram ecclesiasticam firmiter ob-servari testes autem qui fuerint nominati si so gratia odio vel timore subtraxerint per censuram ean-dem cessante appellatane compellas ventati testimonium perhibere. proviso ne in teram dicti nobilis excomunicationis vel interdicti sentenciam prò feras nisi super hoc a nobis mandatum receperis speciale, Datum Interamn. III. Non Junii pontif. nri anno decimo. Ego facina hemones. Not. diete representacionis interfui rogatus sus et roboravi. Anno 1173. XVII Kal. Febr. Indictione V. Mucune (Marciana?) Vescovo Bernardo di Trieste e Capodistria dona al pievano ed ai chierici di Pirano, il quartese del Castel Venere. (Da copie nell'Archivio Capitolare di Pirano). In nomine Patria et Filii et Spiritila Sanctn Amen. Wernardus dei gratia Justinopolitane et Tergestine Ecclesie Minister, Quicumque superni muneris gratia pontificatus regimine sublimatur opportet ut circa con-gregationes sibi commissas se sollicitos et devotos exhibeat el dignas fratrum petitiones in eisdem domo famulantibus paterne exaudire studeat. Eapropter notum sit omnibus Christi fidelibus tam presentibus quam futuris qualiter nosin-terventu et petitione dilecti fratris nostri Dominici Piranensis Plebani, nec non ob remedium anime nostre et predecessorum nostrorum, illos quartesios, qui ex decimis territorii Castelli Veneris prove-niunt vel in futurum provenire poterint, tam sibi, quam successoribus suis, et Ecclesie in honorem S. Georgii extructe et dedicate, ac fratribus in eadem domo inservientibus per hanc nostre institu-tionis paginam prout juste et legaliter possumus, damus, donamus, offerimus, concedimus atque largimur. Statuentes ut nullus successorum nostrorum predictum fratrem nostrum Dominicum Piranen-sem plebanum, suosque successores et fratres in pretaxata Ecclesia S. Georgii domino famulantis ex supradictis quartesiis decimarum territorii Castelli Veneris quoquomodo molestare seu inquietare presu-mat sed liberam habeat facultatem habendi tenendi fruendi in perpetuum omnium hominum contradic-tione remota. Yerum si quis contra hanc nostre institutionis cartulam ire temptaverit corrumpere vel violare presumpserit sciat se compositurum auri optimi libras decem, medietatem Camere nostre et medietatem prelibate ecclesie cui violentia intulisse dignoscitur. Hujus autem rei tectes sunt Turpinus Archidiaconus, Grimaldus Humagensis Plebanus et Johannes ejusdem ecclesie Canonicus. Americus Yicedominus, Oldoricus Caprensis Advocatus, Poppo purgravius Castri aliique quamplures. Quod ut verius credatur et firmius observetur manu propria roborante sigilli nostri impressione supter insignir! jussimus. Ego Turpinus Archidiaconus ex mandato Domini mei Episcopi hec scripsi et firmavi. Actum est autem Mucune XYII Kal februarii Anno dominice incarnationis millesimo centesimo LXXIII Indictione V. Anno 1203. Ottobre Ind. VII. Trieste. Vescovo Gebardo conferma sentenza pronunciata dai giudici di Trieste in favore dei Canonici per terra e molino in questione. (Da autografo dell'Archivio Capitolare di Trieste. In nomine Dei aeterni Amen. Anno ab incarnatone Domini Millesimo CC III. Indictione VII mense octobris. Nos quidem dei gratia Ge- bardus Tergestinae Ecolesiae episcopus terram pariter cura molendino quam ab heredibus Kononis quondam ejusdem ecclesiae decani per sententiam Iudicum jam diete tergestine civitalis in nostra presentia juste ac Iegaliter evicerunt tergestini canonici tam ipsis quam eorum successoribus et ecclesiae guarentamus et perpetuo possidendam confirmamus. Siquis igitur huic nostre quietationis seu confirmationis cartulae presumpserit contraire, duas auri libras componat et solvat, medietatem camere nostre et prenominatis canonicis aliam medietatem. Et haec nostrae confirmationis pagina in sua nichilominus permaneat firmitate. Hanc quoque firmitatem sigilli nostri munimine roboramus. Actum tergesti in ecclesia Sancte Virginis Marie ante altare beati Stephani protomartiris. Anno 1282. Mense Decembri Ind. V. Actum Tergesti. La Curia dei Vassalli vescovili decide lite fra Leonardo eletto vescovo di Trieste e Wernardo de Moccò Ministeriale, della Chiesa tergestina. (Da membrana dell' Archivio Capitolare di Trieste). In nomine Dei eterni* Anno incarnationis ejusdem millesimo CC XXXV Mens Decembris Indictione V Cum questio inter ven, dnurn Leonardum dignissinium tergestinum electum ex una parte et Wernardum de Muchou ministerialis ejusdem ccclesiae ex altera, [n presencia curie fidelium dicti domini electi. Proponebat namque dictus Dominus electus quod idem Wernardus molestaret eum prò qui-busdam decimis et mansos in perengerstorf, quas decimas et mansum predecessores sui possederant, tempore suo usque ad introitum ipsius et predictus Wernardus ratione et occasione officii quod ha-buerat a suo predecessore et ab ipso in curiam suam habuerat ita predicta decimas et mansum sicut et alios redditus episcopatus tantum nomine et occasione episcopi et hoc probare sufficienter volebat. E contra vero dictus Wernardus respondit quod predicte decimae et mansum fuissentfeu-dum quondam patris sui. Sed Episcopus Gebardus . . . nto jussisset in in per violenciam et tenuis set tempore suo, per cujus obitum successor suus Conradus Episcopus similiter tennuisses ipsas eodem modo usque parum ante obitum suum, sed in fine ad preces amicorum suorum cognoscent quod nun-quam juste teneret, investivit eum integre et recepit tenutam antequam fuisset offìcialis effectus et hoc velie prò jure. Ad hujusmodi g. parcium allegaciones conquesitum fuit de sententia quid super hoc vellent. Quedam pars Curie sententiavit quod si dominus electus posset probare quod praedictus Wernardus habuisset in curiam suam predictas decimas et mansum cum certis redditibus episcopatus occasione officii quod gerebat nomine episcopi quod deberet integre gaudere et habere possessionem suam salvo jure alterius partis super eo quod dicebat patri suo fuisse violencia illata. Major vero pars Curie sententiavit quod si dictus Wernardus possit probare se fuisse in-vestitum de premissis et habuisse possessionem integram ante quam fuisset offìcialis factus episopi quod deberet integre gaudere. A qua sententia dominus electus se aggravari senciens appellavit.