ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 349 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA TRATTATISTICA SUI VAMPIRI DI MATRICE ILLUMINISTA Isabella MATTAZZI Università di Ferrara, Dipartimento di Studi umanistici, Via Paradiso 12, 44121 Ferrara, Italia e-mail: isabella.mattazzi@unife.it SINTESI Il saggio prende in esame il corpus articolato dei trattati che nel XVIII secolo si interessano al problema del vampirismo nell’area di confine tra impero asburgico e impero ottomano. I vampiri descritti all’interno di questi testi di carattere preva- lentemente medico-scientifico presentano caratteristiche radicalmente differenti da quelle che nel secolo seguente andranno a costituire il materiale letterario con cui elaborare il mito moderno del vampiro. Attraverso l’analisi del vampirismo sette- centesco e delle sue specificità, questo contributo intende far emergere i rapporti complessi tra gestione politico-economica delle regioni di frontiera e la formazione dell’immaginario moderno. Parole chiave: Vampiri, Illuminismo, Dom Calmet, Boyer d’Argens, Impero asburgico, Militärgrenze, Medicina del XVIII secolo AT THE ROOTS OF THE MYTH: IMAGINARY’S FIGURES AND BORDER REGIONS IN ENLIGHTENMENT TREATISES ABOUT VAMPIRES ABSTRACT This essay analyses the body of treatises in the 18th century regarding the problem of vampirism in Eastern Europe under the Habsburg Empire. The vampires approached in these works have marked descriptive characteristics, radically differ- ent from those which, in the following century, will constitute the literary material through which the theme of the vampire has been built. In this article, we try to analyse the relationship between famine, political and economic balances of border regions, and the building of the modern imaginary. Keywords: vampires, Enlightenment, Dom Calmet, Boyer d’Argens, Habsburg Empire, Militärgrenze, 18th Century Medicine Received: 2019-11-11 D I 10.19233/AH.2020.19 ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 350 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 Come nasce un mito letterario? Da quale sorgente attinge, su quale sostrato storico costruisce la propria struttura per poi allontanarsene via via, lungo i secoli, fino a perdere ogni memoria di sé e del proprio passato? Sono domande queste che non presuppongono una risposta se non in termini squisitamente teorici. La mitopoiesi, per sua natura, è un atto atemporale, non riconducibile a una dimensione storicizzata del discorso, ma valutabile soltanto attraverso un percorso a ritroso che consideri l’oggetto testuale come la risultante di una pluralità di tracce e di informazioni stratificate. Secondo Veselovskij, il motivo letterario è la più semplice unità narrativa che sotto forma di immagine sia in grado di soddisfare le molteplici richieste dell’animo umano (Veselovskij, 1907). Nei suoi studi sulla letteratura popolare e sul mito, Veselovskij teo- rizza il motivo come prima risposta a una serie di condizioni socio-economiche concrete. Il motivo ai suoi occhi rappresenta il grado zero della mediazione estetica, ovvero il passaggio diretto tra realtà e scrittura, tra la paura, la violenza, la morte e la capacità di trasformare queste stesse paura-violenza-morte in immagini, o meglio, in linguaggio strutturato. Di questo passaggio di cui rende conto Veselovskij possiamo ragionare però solo in termini ipotetici. La ricerca di una versione “autentica” o primitiva del racconto mitico, come scrive Lévi-Strauss, il tentativo di cogliere l’attimo in cui la paura-violenza- morte si sono trasformate in parola sembra essere inutile o quantomeno superflua dal momento che ogni mito è definibile e riconoscibile soltanto in base all’insieme di tutte le sue versioni. In altri termini, secondo Lévi-Strauss, il mito resta mito fin tanto che è percepito come tale (Lévi-Strauss, 1958). Sulla stessa linea si pone Victor-Laurent Tremblay, che nella sua distinzione tra mito letterario e tema descrive il mito come una figura che richiede sempre un Urtext primordiale, una fonte che ogni successiva riscrittura possa in seguito modificare. Se- condo Tremblay questo racconto ancestrale è però puramente virtuale, non esiste nella concretezza di una realtà storicizzata, ma serve solo come idea a cui tendere a ritroso, ripercorrendo all’indietro i molteplici strati sovrapposti delle diverse varianti (Tremblay, 1994). Tra mytos e praxis storica sembra esserci, in sintesi, una cesura difficilmente colmabile. Se il racconto mitico nasce e si sviluppa su un terreno di realtà, l’attimo in cui si è staccato da terra per farsi logos ci è negato per sempre. Esistono forme del discorso attraverso cui però possiamo in qualche modo rendere questa frattura meno categorica: i miti moderni, ovvero quelle precise strutture narrative che mantengono tutte le caratteristiche di cui risponde il mito (racconto rigidamente strut- turato, simbolicamente sovradeterminato, ripartito in una molteplicità di testi fondatori e di riscritture), ma che appartengono a un passato storicizzato, relativamente vicino. Alcuni miti moderni hanno una data di nascita precisa, fanno parte di un mondo di cui possiamo ancora intravedere le forme. Tra questi, uno dei più noti è il mito del vampiro. Il vampiro è legato a doppio filo alla modernità. Sebbene ci siano figure dell’im- maginario nell’antichità classica strettamente connesse al tema del sangue e il folklore occidentale sia pieno di morti-in-vita (Sangsue, 2011; Braccini, 2011; Corradi Musi, 1995), i vampiri rappresentano qualcosa di radicalmente diverso non soltanto per la peculiarità che caratterizza il tema, ma soprattutto per le modalità con cui questo tema è stato recepito e descritto. Come scrive Nick Groom: ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 351 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 i vampiri non sono demoni primordiali dei tempi antichi, ma creature dell’Illu- minismo, la loro storia è radicata nei nascenti approcci empirici delle scienze investigative del XVIII secolo, nella politica europea e nel pensiero di quel tempo. I modi con cui furono studiati sono essenzialmente moderni. I vampiri nacquero quando la razionalità illuminista incontrò il folklore dell’Europa orientale, un incontro che cercò di dare loro un senso attraverso il ragionamento empirico e che considerandoli attendibili li rese reali (Groom, 2018, 22). Benché la canonizzazione del vampiresco sia avvenuta un secolo dopo con la pubbli- cazione di The Vampyre di Polidori (1819) e soprattutto con Dracula di Stocker (1897) a cui la maggior parte dei racconti di genere tenderà a conformarsi, le radici del tema appartengono a una precisa forbice temporale che coincide con la nascita e la costruzione dell’ideologia illuminista. Tra gli ultimi due decenni del Seicento e la prima metà del Settecento si sviluppa in Europa un “discorso sul vampiro” che presenta caratteristiche proprie marcatamente differenti rispetto al successivo modello ottocentesco. Il primo e più evidente elemento di discontinuità tra Sette e Ottocento è l’essenziale “non lettera- rietà” dell’approccio illuminista al vampirismo. La figura del vampiro si delinea lungo il Settecento all’interno di testi medico-scientifici, saggi teologici, rapporti di polizia e carte processuali. Riviste come il “Glaneur Historique”, il “Mercure Galant”, il “Mercure Hi- storique et Politique”, la “Gazette de France”, la “Leipziger Zeitung”, le “Bresslauische Sammlungen”, la “Vossische Zeitung”, il “London Journal” – fonti privilegiate per eruditi e philosophes – non sembrano attribuire alcuna dimensione finzionale o simbolica né alcun valore estetico al vampiresco, ma riportano “fatti” all’interno di un discorso fondato su un patto mimetico di verità. Il vampirismo nel Settecento appare come un fenomeno squisitamente fisico, corporeo e – proprio in forza di questa sua evidente dimensione materica – analizzabile e dimostrabile/confutabile scientificamente. In sintesi, i vampiri dei testi illuministi sembrano essere in tutto e per tutto persone e non ancora personaggi. Ma di che persone si tratta? Chi sono, in buona sostanza, i vampiri illuministi? Nel 1738, Jean-Baptiste Boyer d’Argens riporta nelle sue Lettres juives (Lettera n. 125) uno dei casi più famosi di vampirismo settecentesco: Au commencement de septembre mourut dans le village de Kisilova à trois lieues de Gradisch un vieillard âgé de 62 ans. Trois jours après avoir été enterré apparut la nuit à son fils et lui demanda à manger. Celui-ci en ayant servi, il mangea et disparut. Le lendemain le fils raconta à ses voisins ce qui était arrivé, cette nuit le père ne parut pas; mais la nuit suivante il se fit voir et il demanda à manger. On ne sait pas si son fils lui donna ou non; mais on trouva le lendemain celui-ci mort dans son lit. Le même jour cinq ou six personnes tombèrent subitement malades dans le village et moururent l’une après l’autre peu de jours après. L’officier ou Baillif du lieu, informé de ce qui était arrivé en envoya une relation au tribunal de Belgrade, qui envoya dans ce village deux de ses officiers, avec un bourreau, pour examiner cette affaire. L’officier impérial, dont on tient cette relation, s’y rendit de Gradich pour être témoin d’un fait dont il avait si oui parler. On ouvrit tous ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 352 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 les tombeaux de ceux qui étaient morts depuis six semaines. Quand on vint à celui du vieillard on le trouva les yeux ouverts, d’une couleur vermeille, et ayant une respiration naturelle, cependant immobile et mort, d’où l’on conclut qu’il était un signalé vampire. Le bourreau lui enfonça un pieu dans le cœur, on fit un bucher et l’on y réduit en cendres ce cadavre (Boyer D’Argens, 1737). Il racconto di Boyer D’Argens riprende un rapporto d’inchiesta compilato nel 1725 dall’ufficiale medico dell’esercito imperiale austriaco Johann Frombald riguardo a un caso di vampirismo nel villaggio serbo di Kisilova (oggi Kisiljevo) del comune di Veliko Gradište. Il rapporto d’inchiesta, spedito a Vienna, sarà reso noto al pubblico qualche mese più tardi, con la pubblicazione di un articolo sulla rivista “Wienerisches Diarium” in cui vengono assegnati un nome e un’identità al vampiro (Peter Plogojowitz) e da qui farà il giro dei salotti europei (Rauer, 2008). Se il vampiro ottocentesco presenta elementi costitutivi ricorrenti che oggi ricono- sciamo come essenziali per la costruzione del mito (il sangue, la fascinazione sessuale, la melancolia di fondo, l’appartenenza alla classe aristocratica) il testo di Boyer d’Argens a un primo sguardo sembra elencare caratteristiche del vampiresco completamente diffe- renti. Innanzitutto la connotazione sociale del vampiro: Peter Plogojowitz è un contadino. All’interno della lettura del mito di Dracula fatta da Franco Moretti in cui il vampiro incarna un’economia pre-capitalista di matrice ancora feudale (il Conte Dracula è a tutti gli effetti un grosso proprietario terriero) sconfitta dall’incalzare delle nuove forme di produzione industriale, il contadino Peter Plogojowitz sembra trovarsi del tutto fuori asse (Moretti, 1987). Quando Moretti riprende la metafora marxiana del capitale-vampiro (che deve succhiare forza lavoro per sopravvivere) e costruisce così un sistema interpretativo basato sul sangue come immagine sublimata del flusso economico, taglia infatti comple- tamente fuori il Settecento. Non solo Peter Plogojowitz, ma tutti i vampiri del XVIII secolo provengono da un universo basato su un’economia di sussistenza e sull’utilizzo esclusivo delle risorse naturali1. La realtà del vampirismo settecentesco è una realtà contadina, fatta di piccole comunità dell’est europeo in cui lo sviluppo economico è minimo se non inesistente. La paura del vampiro è una paura che nasce nelle campagne e riguarda aspetti specifici della vita agricola, come ad esempio il timore che il vam- piro possa divorare il bestiame o farlo ammalare. Dom Augustin Calmet, in quello che sarà il testo più noto e capillarmente diffuso nel Settecento europeo sul tema del vampirismo, la Dissertation sur les apparitions des anges, des démons et des esprits et sur les revenants et les vampires d’Hongrie, de Bohêmie, de Moravie et de 1 Anche il vampiro istriano Giure Grando, riesumato e decapitato a Corridico nel 1672, era un contadino. Lo consegnerà agli onori delle cronache europee Johann Weichard von Valvasor nella sua Die Ehre des Hertzogthums Crain (1689) utilizzando lo stesso schema narrativo che verrà utilizzato per tutto il secolo successivo. Giure sarebbe apparso al parroco, un certo padre Giorgio che sedici anni prima lo aveva sepolto, e in seguito a un buon numero di persone, sempre di notte e in modo irregolare, bussando alle porte delle case e facendo morire uno a uno gli abitanti del villaggio (Bidovec, 2008). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 353 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 Fig. 1: Frontespizio del trattato di Calmet. (Dom Augustin Calmet: Disser- tation sur les apparitions des anges, des Démones et des Esprits et sur les revenants et vampires de Hongrie, de Boheme, de Moravie et de Slesie, 1751). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 354 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 Slésie del 17462, fornisce l’analisi di un mondo in cui ogni membro della comunità provvede al sostentamento di sé e degli altri tramite la cooperazione molto più che attraverso il commercio (Martin & Henryot, 2008). Il vampiro viene percepito in questo tipo di comunità come un elemento perturbatore non soltanto della vita dei singoli, ma anche dell’economia del gruppo. Il caso raccontato da Calmet di una donna-vampiro che quattro giorni dopo il suo decesso inizia ad attaccare sotto forma di cane gli animali del villaggio, o la credenza estremamente diffusa che “i lupi mannari e vampiri possano provocare siccità, scate- nare tempeste, perdite del raccolto, malattie del bestiame e varie pestilenze” (Groom, 2018, 65) sono tutti sintomi di un legame indissolubile tra immaginario e pratiche di sopravvivenza all’interno di società agricole estremamente fragilizzate. E non è un caso che nel testo di Boyer d’Argens il vampiro contadino Peter Plogojowitz bussi alla porta del figlio e chieda da mangiare. Il cibo da sempre costituisce il perno centrale attorno a cui gravitano gli equilibri di ogni società contadina. L’atto di distribuire agli altri il cibo significa di fatto donare la vita, istituendo nello stesso tempo un rapporto di solidarietà con tutti i membri della comunità che hanno ricevuto questo stesso cibo. L’atto della masticazione è però un processo riservato ai vivi, mentre un morto che mastica produce un cortocircuito semantico. Nel momento in cui la morte – garanzia all’interno della comunità di un riequilibrio di risorse alimentari non infinite – dovesse scomparire dalla faccia della terra e i morti tornassero a consumare esattamente come i vivi, l’esistenza del villaggio stesso si troverebbe condannata senza alcuna possibilità di salvezza. Se la condivisione del cibo tra vivi è uno dei primi e più forti elementi di aggregazione comunitaria, al contrario l’immagine di un morto che chiede da mangiare ai congiunti rappresenta il pericolo della disgregazione sociale. Il vero scandalo del vampirismo settecentesco secolo non è il fatto che un morto si alzi dalla tomba e cammini per le campagne, ma che chieda da mangiare, ovvero che si inserisca all’interno di un rituale alimentare di cui non dovrebbe più fare parte. La rappresentazione della richiesta di cibo da parte del vampiro non sembra essere al- tro, in sintesi, che una fantasia proiettiva all’interno di una cultura agricola dominata dalla paura che non ci siano risorse sufficienti per tutti (Abel, 1935). In un mondo flagellato da epidemie e carestie come l’Europa dell’est post Battaglia di Vienna (1683) il fantasma della fame si trova a essere un potentissimo motore di produzione dell’immaginario. Il tema della masticazione, del resto, atto intorno a cui si concentra ogni simbologia di dominio alimentare, è un elemento ricorrente nel discorso sul vampiro. Tra Sei e Set- tecento tre testi eruditi si occupano specificamente della masticazione post-mortem: la Dissertatio Historico-Philosophica de Masticatione Mortuorum di Philip Rohr (1679), l’Historia naturalis curiosa Regni Poloniae di Gabriel Rzacynski (1721) e il De ma- sticatione mortuorum in tumulis di Michael Ranft (1734). Tutti e tre i testi riportano differenti casi di vampirismo in cui l’apertura della tomba ha permesso la scoperta di cadaveri intenti a divorare il sudario o le proprie stesse carni. Ranft racconta che in molti 2 Il testo di Calmet sarà rieditato nel 1751 con il titolo Traité sur les apparitions des esprits, et les vam- pires ou les revenants de Hongrie, de Bohême, de Moravie et de Slésie. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 355 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 villaggi affetti da epidemie di vampirismo, durante la notte gli abitanti delle case nei pressi dei cimiteri sentano un rumore insistente di masticazione provenire dalle tombe, elemento che Dom Calmet riprenderà in seguito per un intervento di razionalizzazione e di ridimensionamento del vampiresco a semplice croyance. Quant à ces quelques-uns qui avancent qu’on entend ces morts manger et grogner comme des porcs dans leur tombeaux, cela est manifestement faux et ne peut être fondé que sur des préventions ridicules (Calmet, 1751). Ancora una volta le posizioni all’interno del dibattito scientifico sul vampirismo ci riportano a un universo contadino ben lontano dalla melancolia sublimata di Dracula l’a- ristocratico succhiatore di sangue. L’uso nelle campagne della Serbia e dell’Ungheria di seppellire i morti in odore di vampirismo con una moneta, un pezzo di pane o un piccolo sasso in bocca, più che un tentativo per ostacolarli nell’impresa di fare del male mordendo sembra essere piuttosto un espediente per placarne la fame. I vampiri di Ranft contro cui Dom Calmet si scaglia, grugniscono, masticano e gemono letteralmente “come maiali”, comportandosi in tutto e per tutto come animali predatori e come potenziali antagonisti dell’uomo nella ricerca del cibo. Una prospettiva di contrapposizione tra sovrannaturale predatore e umanità depredata che sembra perfettamente in linea con un altro elemento ricorrente e fondativo del discorso sul vampiro settecentesco: la prova inconfutabile di vampirismo costruita sull’evidenza di uno stato di buona salute e di sovra-nutrizione del corpo del morto. Gote rubizze, capelli fluenti, ventre pasciuto sono elementi ricorrenti in quasi tutti i rapporti ufficiali su casi di vampirismo. All’interno di qualsiasi indagine che comporti la riapertura delle tombe di fronte alle autorità imperiali, i vampiri contadini sembrano mostrare sempre uno stato di salute eccellente, segno caratteristico non solo di un inter- vento sovrannaturale arrivato a interrompere le meccaniche di decomposizione del corpo, ma anche di un chiaro accesso da parte del non-morto a una riserva energetica e vitale altrimenti riservata alla comunità. La Dissertation sur les apparitions des anges, des démons et des esprits et sur les re- venants et les vampires d’Hongrie, de Bohêmie, de Moravie et de Slésie che Dom Calmet pubblica nel 1746, riporta tra vari esempi di vampirismo il caso di Arnold Paole, hayduc del villaggio serbo di Medvedia (oggi Medveđa), nel distretto di Jablanica. Paole, morto nel 1727 in seguito alla caduta da un carro di fieno, dopo la sepoltura semina il panico divorando il bestiame, uccidendo diversi abitanti del villaggio e causando epidemie di vampirismo che si ripresentano ciclicamente per anni. Si occupano del caso il dottor Gla- ser medico della stazione di quarantena di Baragin (oggi Paraćin) che invia un rapporto piuttosto dettagliato a Belgrado e in seguito il chirurgo di reggimento Flükinger, a capo di una vera e propria commissione di inchiesta, mandata da Vienna. La commissione Flükin- ger, composta da tre chirurghi militari e diversi ufficiali, confermerà il primo rapporto di Glaser segnalando di aver trovato alcuni cadaveri in stato di vampirismo accertato (“im Vampirstande”) (Mézes, 2019). Attraverso le parole di Dom Calmet che riportano la scena della riesumazione del cadavere di fronte alle autorità, il corpo morto di Paole ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 356 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 mostra ancora una volta i segni di una vitalità e una prestanza fisica perfettamente in linea con la narrazione mitopoietica di un aldilà sovranutrito e predatorio: Quarante jours après son enterrement on trouva sur son cadavre toutes les mar- ques d’un archi-vampire. Son corps était vermeil ; ses cheveux, ses ongles, sa barbe s’étaient renouvelés, et il était tout rempli d’un sang fluide et coulant de toutes les parties de son corps sur le linceul dont il était environné. Le Hadnagy ou le Baillif du lieu, en présence de qui se fit l’exhumation, et qui était un homme expert dans le vampirisme, fit enfoncer suivant la coutume dans le cœur du défunt Arnold Paule un pieu fort aigu, dont on lui traversa le corps de part en part ; ce qui lui fit, dit-on, jeter un cri effroyable, comme s’il eût été en vie (Calmet, 1751). Il problema della “prova” del vampirismo, ovvero la ricerca di una dimostrazione tangibile del sovrannaturale o di una sua confutazione all’interno di un’indagine di tipo medico-legale si pone esattamente al centro di uno degli snodi teorici più importanti per il secolo. In sede scientifica il ripensamento della corporeità da parte delle nuove categorie di pensiero illuminista sembra infatti ricomprendere il sovrannaturale non più come realtà religiosa, ma come fenomeno fisico, o meglio come stadio degenerativo dell’atto percettivo. Dérangement de l’imagination, dérèglement imaginatif, imagination échauffée diventano i termini rappresentativi di un progressivo sprofondare del magico all’interno del soggetto. Liberato dal dog- ma, spogliato interamente di ogni valore ontologico, il sovrannaturale si fa oggetto dell’io. Alla voce “Imagination” dell’Encyclopédie viene riportato: Cette faculté passive (l’imagination), indépendante de la réflexion, est la source dont elle représente les objets. L’image d’un danger inspire la crainte; celle d’un bien donne des désirs violents: elle seule produit l’enthousiasme et la gloire, de parti, de fanatisme; c’est elle qui répandit tant de maladies de l’esprit, en fai- sant imaginer à des cervelles faibles fortement frappées, que leurs corps étaient changés en d’autres corps; c’est elle qui persuada à tant d’hommes qu’ils étaient obsédés ou ensorcelés et qu’ils allaient effectivement au sabbat, parce qu’on leur disait qu’ils y allaient (Encyclopédie, 1756). La riduzione del sovrannaturale a delirio immaginativo, o comunque a un cat- tivo funzionamento della macchina percettiva, viene a creare una sorta di doppio canale, un doppio sguardo scientifico e religioso nei confronti dell’universo magico sollevando così la nuova scienza sei-settecentesca da un problema eminentemente teologico3. Alle potenze infere, frutto della “imagination déréglée de fous et vi- 3 Lo stesso Dom Calmet a proposito dei vampiri scrive: “Tout cela n’est qu’illusion et une suite de l’imagina- tion frappée et fortement prévenue. L’on ne peut citer aucun témoin censé, non prévenu, qui puisse témoi- gner avoir vu, touché, interrogé, senti, examiné de sang froid ces revenants, qui puisse assurer la réalité de leur retour” (Calmet, 1751). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 357 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 sionnaires” viene negata, in sostanza, scientificamente ogni possibilità di intervento sulle questioni umane, possibilità riservata invece alla superiorità innegabile della potenza divina: C’est véritablement insulter à la Divinité que de donner aux Démons un pouvoir absolu sur les éléments, de les rendre maîtres de changer quand bon leur semble, la disposition du temps et des saisons, pouvoir qui n’appartient qu’à Dieu seul (Saint André, 1725, 41). Il discorso sul vampiro sembra allora rientrare pienamente all’interno di questo nuovo tentativo di categorizzazione del sovrannaturale ponendosi come “problema aperto”, ovvero come luogo di sperimentazione di una scienza ancora in forma- zione. La nascente neurologia come disciplina di cura delle malattie dell’anima e le diverse teorie epidemiologiche, alimentari, chimiche si contendono il corpo del vampiro incrociando le proprie aree di competenza e proponendo soluzioni, ipotesi, percorsi (Bräunlein, 2012; Vidal, 2001; Violi, 2002). Secondo Johann Christian Frisch il consumo di bestiame infetto porterebbe a stati allucinatori a soggetto vampiresco, ipotesi ripresa dal “Glaneur de Hollande” secondo cui cibarsi “altro che di pane, di avena, radici o corteccia di alberi” provocherebbe inevitabilmente una debolezza percettiva spesso incline a considerare le proprie allucinazioni come avvenimenti reali4. Secondo Boyer d’Argens ciò che nel corpo di un morto sembra essere sangue che pulsa sotto la pelle è in realtà un composto di tracce nitrose pre- senti nel terreno in reazione con i fluidi corporei in decomposizione. Ranft ipotizza la presenza di parassiti nelle bare per spiegare il fenomeno delle carni e dei sudari fatti a pezzi, mentre Dom Calmet propende a più riprese per un delirio che oggi potremmo identificare come isterico. In sintesi, come scrive Groom, “le ricerche su credenze ed epidemie di vampirismo contribuirono non solo alla conoscenza del corpo e alle teorie sul contagio, ma anche alla comprensione del cervello e delle facoltà mentali” (Groom, 2018, 42). C’è poi un altro elemento certamente non trascurabile all’interno del discorso antro- pologico sulla “prova” del vampirismo. Le regioni maggiormente colpite dai vampiri tra Sei e Settecento (Serbia, Bassa Slavonia, Sirmia, Banato, Pomorišje, Transilvania)5 fanno parte di quella 4 Il legame tra vampirismo e abitudini alimentari conosce un ulteriore tentativo di indagine scientifica con le osservazioni del medico ungherese Georg Tallar. Tallar, osservando che i fenomeni di vampirismo non sembrano colpire i colonizzatori tedeschi o i militari, confuta ogni possibile spiegazione del vampirismo come malattia epidemica. Secondo Tallar è invece la dieta abituale dei valacchi (a base di brodo di cavolo e zucca), causa di anemia e di strutturale debolezza, a provocare incubi in cui la fame viene ancora una volta tematizzata nell’immagine del vampiro che chiede cibo (Mézes, 2019). 5 Per dovere di completezza, a questo elenco di regioni occorre affiancare anche la Grecia in cui un fa- moso caso di vampirismo contadino nell’isola di Mikonos (in questo caso si parla di “vroucolacas” o “brucolaques”) viene diffuso dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort nella sua Relation d’un voyage du Levant del 1717. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 358 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 fascia territoriale che a sud-est del territorio asburgico confina con l’impero ottomano chiamata Militärgrenze. Una zona di frontiera, per sua stessa natu- ra porosa, politicamente fragile. “Le frontiere sono ambigue – scrive Robert Darnton – non importa quanto nette appaiano su una mappa. I governi hanno spesso cercato di isolarsi dai propri vicini, ma i loro valichi di ingresso condu- cono il viaggiatore in zone di transizione che richiedono una grande quantità di controlli, delle merci come delle persone. L’attraversamento di una frontiera implica infatti il passaggio da una serie di regole a un’altra e tra le due sussiste un limbo” (Darnton, 2018, 42). Nel XVIII secolo la Militärgrenze è una zona dotata di uno statuto giuridico e ammini- strativo speciale. Nella necessità di utilizzarla come cordone sanitario per le epidemie di peste e di presidiare il più possibile zone considerate a rischio di annessione ottomana, la progressiva centralizzazione dell’amministrazione asburgica, soprattutto dopo il trattato di Passarowitz, elimina tutti gli organi intermedi (contee e cancellerie) che rappresentino un ostacolo per un controllo diretto sugli organi locali6. Il vampirismo in quanto fenomeno di frontiera diventa così un vero e proprio luogo di negoziazione e di gestione dell’au- torità politica. Se dal Medioevo in poi il rapporto con il sovrannaturale era un problema strettamente locale, riservato ai preti del villaggio o tuttalpiù ai magistrati della contea, la progressiva riorganizzazione della Militärgrenze da parte degli Asburgo dopo la Battaglia di Vienna sembra inquadrare il vampirismo in un processo generale di razionalizzazione della società civile all’interno dei territori più fragilizzati dell’impero. Nel marzo 1755 Maria Teresa firma un decreto che dichiara i vampiri frutto di im- maginazione e impedisce qualsiasi azione contro un vampiro senza l’autorizzazione di un funzionario imperiale (infilare un paletto nel cuore, decapitare il corpo del morto e bruciarne la salma erano pratiche di uso comune) e da lì promulga una serie di leggi per la depenalizzazione della magia che vanno di pari passo con la campagna di medicalizzazio- ne su larga scala volta a riformare lʼigiene pubblica attuata dai primi anni ‘40 in poi (Tóth, 2017). In questi documenti non si tratta di propendere per una teoria scientifica rispetto a un’altra, ma di gestire un problema eminentemente pratico impedendo al vampirismo di minare il perfetto funzionamento della macchina amministrativa asburgica. In altre parole, i contadini-vampiri, esattamente come qualsiasi altro suddito dell’impero, sono da considerarsi sotto il diretto controllo del sovrano7. 6 “The ‘militarized’ nature of the frontier not only meant a net of forti cations and stationed imperial troops, but also entailed a special local land militia, whose members enjoyed substantial privileges. In return for their obligation to do life-long (paid or unpaid) military service, their plots of lands (whose landlord was the emperor himself) were wholly or partially exempt from the usual taxes, fees and services of serfdom” (Mézes, 2019, 96). 7 Il medico personale di Maria Teresa e sovrintendente per tutti i problemi di carattere culturale, Gerard van Swieten, stende nel 1755 una relazione in francese sul fenomeno del vampirismo (Remarques sur le vampyrisme de Silésie de l’an 1755) classificando il vampirismo come delirio di massa. Dal suo rapporto avranno origine i provvedimenti più importanti della legislazione asburgica per quanto riguarda la lotta alla superstizione. È da sottolineare quanto sia il decreto del marzo 1755 che quello dell’agosto 1766 contro la magia siano indirizzati solo alle terre ereditarie dell’impero e non vi siano provvedimenti paralleli per i territori austriaci al di qua delle Alpi (Venturi, 1968). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 359 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 Come scrive Ádam Mézes a further peculiarity of vampirism is that in its eighteenth-century sense it arose from the cultures of Orthodox settlers in a land regained from Ottoman rule. As Jutta Nowosadtko writes, the issue can be interpreted as a phenomenon of occupation: it was the occupying administrative structure of the Habsburg Empire in the southern borderland which provided the channels for the first cases of revenants to become known. Further, based on Gábor Klaniczay’s research, Roy Porter remarks that vampirism was a perfect excuse to talk about the need to civilise the empire’s inner savages (Mézes, 2019, 98). Sembra essere indubbio che attraverso la questione del vampirismo in area balcanica si giochino diverse istanze politiche ben più radicali e complesse di un semplice problema di possessione demoniaca (Nowosadtko, 2004; Arlaud, 2007). La lotta al vampirismo si inscrive all’interno di un progetto generale di ordine e di repressione che vede nel vampiro e nelle sue vittime soggetti indisciplinati da dover in qualche modo inquadrare8. La militarizzazione forzata della frontiera causa spesso attriti con la comunità civile e con l’amministrazione delle contee locali (un’accusa ricorrente contro i militari è quella di occupare le terre migliori e più fertili), e l’idea di erigere un cordone sanitario permanente contro l’impero ottomano – in cui la peste è un fenomeno endemico – non farà altro che complicare maggiormente le relazioni di potere all’interno della frontiera, facendo entrare in gioco, dal 1728, un nuovo elemento di gestione e controllo: la Commissione Sanitaria Aulica, ovvero il più alto organo sanitario dell’impero. Tra i vampiri del XVIII secolo e il vampiro contemporaneo di matrice otto- centesca esiste quindi una differenza sostanziale. Se il vampiro contemporaneo è il prodotto dichiarato di un processo di fiction narrativa (il suo discorso porta in sé una verità che appartiene solo e soltanto all’ambito letterario), i vampiri contadini di Dom Calmet e Boyer d’Argens si trovano invece al crocevia di mol- teplici discorsi legati a istanze di legittimazione identitaria estremamente radicate al terreno su cui queste figure sono nate. Fame, ignoranza, scarse condizioni igieniche, problemi di governance e di gestione territoriale sono la “verità” del vampiro illuminista, una verità che non ha ancora uno statuto propriamente lette- rario, ma si costruisce intorno a strutture narrative di simbolizzazione di paure e conflitti reali, così come intorno alla formazione di quei nuovi paradigmi medico- scientifici su cui la cultura illuminista metterà alla prova, per tutto il secolo, il proprio discorso. 8 Nel 1784 Giuseppe II firma un decreto che chiede espressamente alla chiesa ortodossa di prendere parte attiva nella lotta contro la credenza nel vampirismo, dal momento che il legame tra vampirismo e igno- ranza del clero ortodosso sembra essere più che evidente. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 360 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 V IZVORU MITA: LIKI IZ IMAGINARIJA IN OBMEJNE REGIJE V TRAKTATIH O VAMPIRJIH V OBDOBJU RAZSVETLJENSTVA Isabella MATTAZZI Univerza v Ferrari, Oddelek za humanistične študije, Via Paradiso 12, 44121 Ferrara, Italija e-mail: isabella.mattazzi@unife.it POVZETEK Esej analizira korpus razprav iz osemnajstega stoletja, ki so se ukvarjale s temati- ko vampirizma v Vzhodni Evropi v času habsburškega cesarstva. Vampirji, s katerimi se ukvarjajo omenjena dela, imajo zelo izrazite opisne značilnosti. Te se bistveno razlikujejo od tistih, ki bodo v naslednjem stoletju predstavljale literarno gradivo za nastanek mita o vampirjih. Vampirizem kot obmejni pojav je v osemnajstem stoletju postal pravi okvir za pogajanja in usmerjanje politične oblasti. V Vzhodni Evropi so vampirji znani že od srednjega veka, a so do takrat pomenili le strogo lokalno težavo in zadevo, rezervirana za vaške duhovnike ali morda le še za okrožne sodnike. S postopno reorganizacijo Militärgrenze po neuspešnem obleganju Dunaja leta 1683 in upanjem, da bo pridobili določeno prevlado nad Turki, se vampirizem znajde v splošnem procesu racionalizacije in centralizacije civilne družbe na najbolj krhkih ozemljih cesarstva. Med vampirji iz osemnajstega stoletja in našimi vampirji je bistvena razlika. Sodobni vampir je eksplicitni produkt romaneskne fikcije (njegov diskurz je enkraten in v sebi nosi resnico, ki nedvomno sodi na literarno področje), vaški vampirji iz obmejnih območij, ki jih nadzorujejo Habsburžani, pa se znajdejo na stičišču različnih diskurzov (verskih, filozofskih, medicinskih, političnih) in mo- rajo preigravati različne postopke za uveljavitev in priznavanje identitete. Njihova resnica še nima ustreznega literarnega statusa, vendar se zdi, da se bo ta oblikoval ob simboliziranih oblikah nekaterih najbolj ukoreninjenih in najglobljih elementov, ki usmerjajo človekovo življenje v družbi. Ključne besede: vampirji, obdobje razsvetljenstva, Dom Calmet, Boyer d’Argens, Habs- burško cesarstvo, Militärgrenze, medicina 18. stoletja ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 361 Isabella MATTAZZI: ALLE RADICI DEL MITO: FIGURE DELL’IMMAGINARIO E REGIONI DI CONFINE NELLA ..., 349–362 FONTI E BIBLIOGRAFIA Abel, W. (1935): Agrarkrisen und Agrarkonjunktur: eine Geschichte der Land-und Ernährungswirtschaft Mitteleuropas seit dem hohen Mittelalter. Trad. it., Congiun- tura agraria e crisi agrarie. Storia dellʼagricoltura e della produzione alimentare nellʼEuropa centrale dal XIII secolo allʼetà industriale (1976). Torino, Einaudi. Arlaud, D. (2007): Vampire, Aufklärung und Staat: Eine militärmedizinische Mis- sion in Ungarn, 1755–1756. In: Gantet, C. & F. 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