Emanuele Banfi Université degli Studi di Trento CDU 807.74/809-0862.2(497) LA LINGÜISTICA BALCANICA IN ITALIA: ORIGINI, EVOLUZIONE E LINEE TEORICHE1 1. Qualsiasi analisi relativa a temi di Lingüistica Balcanica (LB, d'ora in poi) in Italia risulterebbe incompleta se non si considerassero i legami che tale settore di ricerca ha avuto (ed ha ancora) con i paralleli sviluppi délia ricerca balcanologica di ambiente europeo. In altre parole: è impossibile identificare una LB "italiana" che possa essere con-siderata indipendente rispetto alie linee di ricerca sviluppatesi in numerosi Centri di ricerca fuori d'Italia, in Europa, soprattutto, da parte di ricercatori che si sono occupati délia situazione storico-culturale e lingüistica del Sud-Est europeo, ovvero dell'area di cui i Balcani sono parte integrante. 2. Per cominciare io credo che occorra considerare la ricerca italiana nel campo délia Balcanologia entro parametri di riferimento che, per la loro particolare natura, devono essere etichettati come pienamente "europei" o, per essere più precisi, "mitte-leuropei". 3. Come disciplina, la LB è stata formalizzata e codificata ad un livello accade-mico in tempi relativamente recenti. Come è noto, le sue radici sono da rintracciarsi nell'ambiente scientifico proprio délia seconda metà del secolo XIX, quando, nei maggiori centri di ricerca lingüistica dell'Europa tedescofona, studiosi del calibro di J. Kopitar, A. Schleicher, Fr. Miklosich, Th. Kapidan e H. Schuchardt cominciarono ad occuparsi in modo sistemático dei problemi del plurilinguismo sud-est europeo. Non è casuale, del resto, che alcuni dei ricercatori premenzionati furono tra i fondatori del primo Centro di ricerca che si occupo di problemi linguistici dell'area balcanica, considerati in prospettiva interdisciplinare: storica, etnográfica, demologi-ca. Il riferimento è alla Balkankommission viennese, che divenne celebre soprattutto grazie all'attività di Fr. Miklosich e di Th. Kapidan. Non è una coincidenza il fatto che la Balkankommission viennese si sviluppô in stretta connessione con gli ultimi bagliori dell'espansionismo asburgico: quando, al-l'inizio délia seconda metà del secolo scorso, mentre l'impero ottomano cominciava a declinare e a segnare definitivamente i destini dell'Europa sud-orientale, i funziona- 1 II presente lavoro è la rielaborazione, in molti luoghi radicale e con opportuni aggiornamenti bibliografici, di un testo di una conferenza, originariamente in lingua inglese, preparato per un Seminario di Balcanologia tenutosi a Mosca, presso l'Istituto di Slavistica e Balcanologia délia GUM, mell'ottobre del 1990. 65 ri ât\VAustria Félix pensavano di poter conquistare ed assimilare i territori balcanici sottoposti al giogo ottomano. Allo stesso modo, non è un caso che il primo progetto délia Balkankommission viennese fu la defínizione di un rigoroso programma di "política lingüistica" che si pensava di poter applicare ed estendere alie genti del Sud-Est europeo, il cui territorio fu considerato come Tarea per eccellenza caratterizata da lingue e culture diverse. Il programma era, di fatto, straordinariamente avanzato e si fondava su un reale, effettivo rispetto dell'identità etnicolinguistica, religiosa e culturarte delle genti balea-niche. Inoltre, il suo primo e fondamentale scopo fu la descrizione délia situazione lingüistica dell'area balcanica secondo i metodi d'indagine propri délia ricerca lingüistica e dialettologica del tempo. 4. La LB nacque, di fatto, in ambiente tedescofono: per essere più precisi a Vienna, Lipsia e Berlino. Sulle prime la LB si sviluppo in modo assai differenziato, grazie a ricerche relative al settore morfosintattico (riduzione dei sistemi flessivi delle lingue balcaniche; sviluppo dell'articolo determinativo postposto; riduzione deU'infinito; formazione del futuro analítico). Oltre a ció, settori di ricerca particolarmente seguiti furono i problemi relativi al lessico: defínizione del lessico "balcanico" ereditario; analisi dell'influsso greco-bizantino, latino-romanzo e turco sui sistemi lessicali delle lingue balcaniche. 5. Fu soltanto durante la seconda decade del nostro secolo che apparvero le prime sintesi relative alla situazione lingüistica dell'area balcanica. Mi riferisco, obviamente, ai lavori di A. Seliscev, uno slavista búlgaro, ma, soprattutto, alia prima ampia monografía dedicata ai problemi linguistici dei Balcani, visti all'interno di un quadro di riferimento socio-culturale: il lavoro di Kr. Sandfeld, Linguistique balkanique, problèmes et résultats, apparso dapprima in edizione danese, a Kopenhagen, nel 1926; quindi fu pubblicato, in edizione francese, a Parigi, nel 1930. I lavori di A. Seliscev e di Kr. Sandfeld contribuirono a diffondere nell'ambiente scientifico internazionale i risultati delle ricerche scientifíche di ámbito balcanologico condotte durante il secolo XIX e nel primo ventennio del nostro secolo. Grazie al lavoro di A. Seliscev e di Kr. Sandfeld, non possiamo dimenticare che l'area balcanica - in cui si erano incontrate e fuse le lingue slave meridionali, il greco, il rumeno e il dalmatico, l'albanese, il veneziano, il turco, lo jiddish, l'armeno, i dialetti zigàni -parve essere il terreno di ricerca più conveniente per studiare i meccanismi del contat-to linguistico tra sistemi diversi. Non è una coincidenza poi che, tra il 1926 e il 1928, i ricercatori délia Scuola lingüistica di Praga considerarono il "modello balcanico" come l'esempio più chiaro di area lingüistica ove poter sperimentare le teorie relative al contatto linguistico: a loro si deve, tra l'altro, la prima defínizione del concetto di Sprachbund ("lega lingüistica"). 66 6. Come disciplina autónomamente fondata, la LB sorse cosi dall'intersezione tra problemi storico-linguistici, evidenziati giä dal dibattito ottocentesco, e da alcuni elementi, di diversa natura, orientati e basati su problemi teorico-generali. Questi ultimi furono, di fatto, l'esito del dibattito scientifíco che, negli anni Venti, interessö la Scuola di Praga. A livello internazionale ebbero grande eco le "tesi" del primo Congresso dei Linguisti, tenutosi a Praga nel 1928: la LB, considerata come la lingüistica delle "lingue in contatto", fu utilizzata come modello teorico e come punto di riferimento principale da parte dei ricercatori che cominciavano ad occuparsi, pur su diversi terreni d'analisi, di tematiche relative al plurilinguismo. Tale duplice interesse, storico-linguistico, da un lato, linguistico-generale, dal-l'altro é, oggi, la caratteristica saliente della ricerca balcanologica: ció é testimoniato dalle linee di ricerca in generale e, in particolare, ció vale per la LB italiana, caratte-rizzata per altro da alcune peculiaritä che esporrö nel paragrafo seguente. 7. In Italia, a livello accademico, la LB non ha mai avuto, fino ad oggi (1991), un riconoscimento ufficiale: non ci sono mai stati, né ci sono, Centri di ricerca completamente dedicati agli studi sud-est europei, paragonabili agli Istituti di Balcanologia o ai Centri di ricerca presenti in quasi tutte le universitä dell'Europa Orientale: da Mosca a San Pietroburgo; da Bucarest a Sofía; da Belgrado a Sarajevo; ma anche in Grecia, a Salonicco, presso l'Institute for Balkan Studies (I0pu¡j.a MeA.£tcí>v tt]5 Xepao-vfiaou xou Aífxou); ma, anche, in Turchia, presso l'Universitä di Istanbul. La ricerca balcanologia é comunque, ben presente anche in alcuni Centri di studio dell'Europa occidentale, soprattutto in Germania: a Berlino, alia Freie Universität e alia Humboldt Universität; a Monaco, presso l'Ost-Europa Institut. In Italia la LB é stata sempre considerata una disciplina extramoenia, una sorta di "condominio", in cui ricercatori con diversi percorsi formativi e diversi orientamenti teorici hanno lavorato e tuttora lavorano. La LB é stata soprattutto "promossa", e ancora lo é, sia da studiosi di lingüistica storica e sia da classicisti. Gli studiosi di lingüistica storica, ossia i comparatisti, gli indeuropeisti, interessati all'antica vicenda storica dei Balcani, considerad come "crocevia" dell'ambiente indeuropeo. I classicisti, a loro volta distinguibili in: i] studiosi che si sono occupati, e si occupano, delle fasi seriori delle lingue classiche: latinisti, interessati ai temi dell'evoluzione del latino nella sua fase tarda, preromanza; ii] studiosi di lingua greca bizantina e medievale; iii] romanisti (interessati alio studio dei rapporti tra la cosiddetta "Romania Balcanica" e 1'Occidente romanzo, con particolare riferimento per il processo di formazione del latino balcanico e per l'origine del rumeno e dei suoi dialetti; iv] studiosi di albanolo-gia (interessati all'origine antica dell'albanese, ai suoi rapporti con il protorumeno e studiosi del ruolo lingüístico dell'ambiente albanese nella piü recente storia dei Balcani; v] slavisti (con particolare riferimento per ricercatori che si sono occupati del processo di formazione dell'ambiente bizantino e medievale e dell'ambiente roman-zo-orientale); infine: vi] studiosi che si occupano di definire modelli di analisi lingüistica in chiave tipológica e di tipología comparata. 67 8. Di seguito offrirô un quadro dei contributi offerti da studiosi italiani nel campo délia LB. Il mió lavoro è soprattutto focalizzato sui principali temi trattati dagli studiosi italiani: esporró i loro orientamenti teorici e i risultati raggiunti. Seguiré, nella mia esposizione, un criterio "temático" piuttosto che un criterio cronologico. 8.1. II primo, importante tema trattato dagli studiosi italiani, a partiré dagli anni Trenta, fu la defínizione della situazione lingüistica dell'area balcanica prima che intervenissero i processi di grecizzazione e di latinizzazione della penisola. In altre parole, gli studiosi italiani - da F. Ribezzo2 ad O. Parlangeli3, da V. Pisa-ni4 a C. De Simone5 - si sono occupati delle cosiddette "lingue di sostrato balcanico", ossia deirillirico, del Tracio, del Daco-Misio. Essi sottolinearono i reciproci contatti tra le varie lingue, i loro rapporti con le altre lingue indeuropee e, infine, quando possibile, studiarono la loro evoluzione fino alla più recente facies delle lingue balca-niche, con particolare attenzione per i dialetti rumeni e albanesi. In questo particolare settore vanno menzionati soprattutto alcuni studiosi: in primo luogo, di nuovo, V. Pisani, per lunghi anni attivo nelle université milanesi, i cui importanti contributi sulla preistoria dell'ambiente illirico e della sua evoluzione fino al moderno quadro lingüístico albanese sono ancora di grande importanza. Vanno poi ricordati O. Parlangeli , allievo di V. Pisani, e C. De Simone, i cui studi sulla posizio-ne del messapico, considerato come una "derivazione" deH'Illirico in ambiente pu-gliese, sono degni di particolare attenzione. La medesima linea teórica è stata poi, in anni recenti, ripresa da alcuni studiosi che hanno seguito l'impianto teorico di O. Parlangeli e di C. De Simone: in particolare, vanno menzionati i risultati delle ricerche di C. Santoro7. 8.2. II secondo orientamento della ricerca italiana nel campo della LB si è accen-trato sullo studio delle componenti proto-balcaniche nella formazione degli ambienti linguistico-culturali greco e itálico (pre-latino). La scuola italiana, a questo proposito, ha prodotto alcuni studi originali il cui valore va ben al di là delle tematiche relative ai Balcani e includono anche alcuni temi connessi con il processo di formazione di tutto l'ambiente lingüístico europeo-occi-dentale. Di nuovo, accanto a G. Devoto e a M. Laviosa Zambotti, va ricordato il contributo di V. Pisani. A loro dobbiamo la precisa defínizione della funzione della componente "balcanica" osco-umbra nella formazione della componente italica e, 2 Cf. i suoi importanti, numerosi contributi apparsi in "Rivista Indo-greco-italica di filología, lingua, antichità" (Napoli (1917-1937). 3 Cf. O. Parlangeli, La penisola balcanica e l'Italia, in Atti del III Congresso di Linguisti, Milano, 1961, pp. 12.37. 4 Tra le opere di V. Pisani dedícate al sostrato balcanico, cf. quelle citate nella nota 7. 5 Cf. C. De Simone, Die messapische Inschriften, Wiesbaden, 1964. 6 Cf. O. Parlangeli, Studi messapici, iscrizioni, lessico, glosse e indici, Milano, 1960. 7 Cf. C. Santoro, Nuovi studi messapici, voll. 3, Galatina, 1982-1984. 68 inoltre, la determinazione délia componente "balcanica-eolica" nel processo di forma-zione dell'ambiente greco pre-classico8. Secondo questi studiosi, è assai probabile che tra il I e il II millennio a.C. si fosse formato un antichissimo Sprachbund comprendente le predette componenti: tracce délia sua presenza sono visibili nella fase tarda delle lingue nelle due tradizioni lingui-stiche, sono evidenti nel latino volgare e nel greco volgare: come ho cercato di dimostrare in un mio lavoro, Riflessi degli antichi contatti eolico osco-umbri nel neogreco e nei dialetti italomeridionali (Atti dell'Accademia di Scienze Lettere e Arti di Palermo, Serie IV, vol. XXXV - 1977), in cui ho sviluppato alcune posizioni teoriche proposte da V. Pisani e da G. Devoto tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. 8.3. D terzo, importante campo di ricerca sviluppato dai balcanologi italiani si riferisce ai rapporti interlinguistici tra la cosiddetta "Balcania graeco-romana" e i lem-bi inferiori délia penisola italiana (Calabria méridionale, Puglia méridionale, Sicilia). Mi riferisco owiamente ad un settore di ricerca che ha prodotto importanti risultati e che puo essere suddiviso, per ragioni puramente espositive, in tre principali sotto-set-tori: i] lo studio delle relazioni tra latino-balcanico (soprattutto nell'area danubiana, là dove si formarono i dialetti rumeni) e i moderni dialetti italo-romanzi délia Calabria, del Salento, délia Sicilia9; ii] lo studio delle relazioni tra ambiente dalmatico ed ambiente italo-romanzo; con particolare attenzione per il contatto tra le due opposte sponde dell'Adriatico (un mare che fu sempre facile da attraversare e che facilitó, piuttosto che ostacolare, i rapporti tra Italia e i Balcani). In questo particolare settore di ricerca occorre owiamente ricordare M. Bartoli, il cui lavoro è, ancor oggi, assolutamente fondamentale. Nei suoi studi sul dalmatico, pubblicato a Vienna nel 1906, egli suppose l'esistenza di una "catena" apennino-dal-matica e, soprattutto, egli collegó al dalmatico i dialetti italo-romazi parlati lungo la costa adriatica10. La teoría bartoliana è stata recentemente riconsiderata da alcuni 8 Su questo tema, cf; G. Devoto, Italo-greco ed italo-celtico, Archivio Glottologico Italiano, XXII-XXII (1929), pp. 200-240; Id., Gli antichi italici, Firenze, 1931; Id., Problemi e orientamenti di grammatica storica e di storia delle lingue classiche, Milano, 1951. Tra i la vori di V. Pisani intorno a questi temi, vanno menzionati, almeno, i seguenti: V. Pisani, Le lingue dell'Italia antica oltre il latino, Torino, 1953; Id. Über eine pälignische Inschrift (Co. 208 bis. PI. 246 d) und die Herkunft des Oskisch-Umbrischen, "Rheinisches Museum", XCV (1952), pp. 1-22 (anche in Saggi di Lingüistica Storica, Torino, 1959, pp. 137-159); Id., Le lingue indeuropee in Grecia e in Italia, "Rendiconti dellTstituto Lombardo" 89 (1956), pp. 93-112; Id., Zum Sprachgeschichte des alten Italiens, "Rheinisches Museum", XCVII (1954), pp. 47-68. Infine, va ricordato l'importante lavoro di M. Laviosa Zambotti, IBalcani e l'Italia nella Preistoria. Premessa alla comprensione del mondo classico, Como, 1954. 9 Cf; G. Alessio, Concordanze lessicali tra i dialetti rumeni e quelli calabresi, "Annali délia Facoltà di Lettere e Filosofía dell'Université di Bari" I (1954), pp. 3-53; E. Banü, Aree latinizzate nei Balcani e una terza area latino-balcanica (area délia via Egnazia), "Rendiconti dell'Istituto Lombardo -Accademia di Scienze e Lettere LII (1972). 69 dialettologi italiani (A. Melillo e M. Giammarco)11. Questi studiosi hanno sottolinea-to le straordinarie affinité, a livello fonético, tra dialetti italo-adriatici e alcuni elementi dalmatici tramandatici dal Bartoli e, soprattutto, da alcune testimonianze presentí nelle "lettere Zaratine", le più antiche fonti scritte relative a questa lingua. 12 Accanto ai lavori del Bartoli occorre ricordare gli studi di C. Merlo , dialettolo-go pisano, che prese in considerazione i rapporti tra dialetti dalmatici e dialetti italo-settentrionali in una serie di importanti saggi (talvolta assai polemici nei confronti del Bartoli). Secondo il Merlo, il dalmatico altro non è se non un anello di una catena romanza-settentrionale che lega i parlari retoromanzi, ladini e friulani con i parlari romanzi danubiani, ossia con Tarea lingüistica da cui prese origine il rumeno. iii] infine, 1'ultimo settore di ricerca ampiamente percorso da studiosi italiani si riferisce alie relazioni tra la componente latino-romanza e greco-bizantina in area balcanica. Tale argomento è stato trattato soprattutto alla luce del processo di cristianizza-zione del Sud-Est europeo. Cio prevede la considerazione di una fase antica (secc. II-IV d.C.) durante la quale i Balcani erano ancora parte delle dinamiche di irradiazio-ne romana. Quindi, un altro elemento preso in considerazione, è stato il secondo momento del processo di cristianizzazione dei Balcani (secc. VII-IX), awenuto in un contesto político e culturale rinnovato: i Balcani erano completamente indipendenti da Roma e già ampiamente dominati dalle componenti avaro-slave. D messaggio cristiano vi si diffuse muovendo sia dai poli délia cristianità bavarese, romano-germanica (Salisburgo e Krems, soprattutto), sia dai poli délia cristianità bizantina (Bisanzio; i centri monastici bizantino-slavi). Dal punto di vista lingüístico, sulla base di lavori di A. Zamboni, di G.B. Pellegrini e miei13, quest'ultima fase della cristianizzazione sud-est europea ebbe una fuñ- ió Cf. Matteo Bartoli, Das Dalmatische, Altromanische Sprachreste im Veglia bis Ragusa und ihre Stellung in der Apennino-balkanischen Romanía, Wien, 1906. 11 SuH'argomento, in generale, con ampi riferimenti bibliografici, cf. C. Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, Bologna, 1982, pp. 374-377. 12 cf. C. Merlo, Studi glottologici, Pisa 1934. 13 Su questo argomento, cf. G.B. Pellegrini, Introduzione alia lingua albanese, Padova, 1977; A. Zamboni, Note linguistiche dalmatiche, "Atti della tomata di studio della Società Dalmata di Storia Patria", Venezia, 1976, pp. 9-65; E. Banfi, Aree latinizzate nei Balcani e una terza area latino-balcanica (area della via Egnazia), "Rendiconti delPIstituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Classe di Lettere", 106 (1972), pp. 185-243; E. Banfi, Problemi di fonética delle aree latino-balcaniche, in H.M. Ölberg (ed.), Akten des internationalen albanologischen Kolloquiums zum Gedächtnis an N. Jokl, Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft, Sonderheft 41 (1977), pp. 269-285; E. Banfi, Note sull'elemento lessicale neogreco di origine latina alla luce della romanizzazione interadriatica, "Abruzzo" 19,3 (1981), pp. 79-102; E. Banfi, Lingüistica balcanica, Bologna, 1985; Id., Cristianizzazione nei Balcani e formazione della lega lingüistica balcanica, "Zeitschrift für Balkanologie" 23/1 (1987), pp. 2-18.; E. Banfi, Intorno al concetto di confine lingüístico latino-greco nei Balcani, "Die Slawischen Sprachen" 11 (1987), pp. 5-24; E. Banfi, Per la storia del confine lingüístico greco-latino nei Balcani, "Zeitschrift fïir Balkanologie" 24/1 (1988), pp. 144-131; E. Banfi, Storia lingüistica del Sud-Est europeo, Crisi della Romània 70 zione fondamentale nel processo di stabilizzazione délia situazione lingüistica dei Balcani in età medievale e nella formazione di una "Balcanica romano-germanica" opposta ad una "Balcanica greco-ortodossa". La prima influenzô le componenti slo-vena, croata, dalmatica, albanese settentrionale; la seconda le componenti serba, raa-cedone, búlgara, albanese méridionale, ramena. 8.4. Inoltre, gli studiosi italiani hanno esaminato anche i rapporti tra l'ambiente balcanico esposto all'influsso greco-balcanico e le regioni balcaniche caratterizzate dalla presenza di componenti slavo-meridionali e valacche: in questa prospettiva, attenta ai portati delle ricerche storiche e demologiche, occorre tener presenti alcune teorie di C. Tagliavini (i cui contributi sull'elemento balcanico nell'ungherese sono assai importanti)14 e alcune ricerche di G.B. Pellegrini e mie personali. Nel mio sag-gio La sostanziale balcanizzazione del territorio romeico e délia lingua neogreca ("Memorie dell'Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere, Classe di Lette-re - Scienze Sociali e Storiche", XXXVII/5 . 1982, pp. 285-324), ho suggerito di analizzare l'ambiente greco (bizantino, post-bizantino, medievale e moderno) ail'interno délia realtà balcanica in modo da trovare una chiave interpretativa per la com-prensione délia situazione lingüistica e culturale délia Grecia medievale e moderna. Sono infatti convinto che, anche sul piano linguistico, il mondo neogreco non possa essere compreso se non a patto che esso venga correttamente inserito entro le dinami-che socio-culturali e linguistiche dell'area balcanica. In area balcanica, l'amministrazione bizantina, erede délia politica romano-imperiale, creo una vera e propria "unità" culturale. Taie "unità" è riflessa nell'organiz-zazione dell'ambiente balcanico medievale (origine ed evoluzione delle genti slave meridionali, dell'ambiente rumeno, dell'ambiente albanese). Quindi, dopo che la fun-zione del mondo bizantino divenne irrilevante all'interno dei Balcani, un simile ruolo fu assunto dalla componente turca, che giocô una funzione privilegiata, di polarizza-zione per gran parte dell'area balcanica tra i secc. XV e XIX (ma, in alcuni casi, in particolare nella Grecia del Nord, fino alla metà del primo decennio del nostro secolo). Sono convinto sempre più che la componente turca, caratterizzata da un'organiz-zazione solida e sovrannazionale, già propria dell'impero bizantino, contribuí a creare una forte rete di legami linguistici, culturali, politici. Dopo la caduta dell'impero ottomano e dopo che le genti balcaniche ripresero la loro specifica identità nazionale, in un'atmosfera di forte ricerca délia propria tradi-zione storico-culturale, alcuni studiosi greci, slavi, rameni, albanesi tentarono di limitare il ruolo della componente turca nella formazione delle loro specifíche realtà nazionali. Tuttavia, io credo che sia compito dei linguisti, sulla base di dati concreti, il ricondurre la ricerca di ámbito balcanico entro parametri oggettivi, non viziati da atteggiamenti di sterile nazionalismo: una storia comparata delle lingue balcaniche balcanica tra alto e basso medioevo, Franco Angeli, Milano, 1991. 14 Cf. C. Tagliavini, Le origini, cit., pp. 324-325; G.B. Pellegrini, Introduzione, cit., pp. 38-42. 71 non puó se non essere basata su questa "rivoluzione copernicana", per il cui avvento, io credo, i tempi siano maturi. 8.5. Un altro campo d'indagine privilegiato dagli studiosi italiani di cose balca-niche si riferisce al settore dell'albanologia. Sull'evoluzione dell'albanese dobbiamo a V. Pisani pagine ancor oggi fondamentali: Pisani, sulla base di considerazioni preva-lentemente lessicologiche, sostenne l'ipotesi dell'autoctonia delle genti albanesi, ere-di dell'antica tradizione illirica15. Nel settore albanologico, particolare menzione deve essere data ai lavori di C. Tagliavini e di G.B. Pellegrini, maestri insigni dell'ateneo patavino: in particolare vanno ricordati i loro saggi sulla stratifícazione del lessico albanese, la cui straordina- classici, elementi latini (di epoche diver- Importanti, ancora, i lavori di G. Valentini e di P. Di Giovine: al primo si deve la pubblicazione dei documenti relativi all'ambiente albanese derivati dagli archivi me-dievali (una vera miniera di dati, di interesse sia storico che lingüístico); al secondo si devono importanti contributi alia definizione della fonética storica dell'albanese17. 8.6. Negli anni Ottanta gli studi di LB in Italia si sono soprattutto aperti a tema-tiche linguistico-generali: il dibattito sui cosiddetti "balcanismi", sulla loro natura storico-linguistica, ha portato alcuni studiosi ad inserire tali problemi entro i principi della Tipología Lingüistica. P. Ramat18 ha cercato di fornire uninteressante definizione tipológica della situazione storico-linguistica dei Balcani. Di orientamento tipologico, con una costante attenzione, tuttavia, per i dati storici, sono anche alcuni miei recenti lavori19, lo stimolante saggio di G. Raffo20 e i saggi, intorno al concetto di Sprachbund, di V. Orioles21. 15 Cf. V. Pisani, L'Albanais et les autres langues indo-européennes in "Saggi di Lingüistica Storica", Torino, 1959, pp. 96-114; Id., Lexikalische Beziehungen des Albanesischen zu den anderen indogermanischenSprachen, in "Saggi di Lingüistica Storica", Torino, 1959, pp. 115-136. 16 Cf. C. Tagliavini, La stratifícazione della lingua albanese, Bologna, 1966; G.B. Pellegrini, Tntroduzione, cit. 17 Cf. G. Valentini, Acta Albaniae Jurídica, München, voll. 2, 1968-1973; Id., Acta Albaniae Veneta saec. XIV et XV, München, voll. 30, 1967; P. Di Giovine, II gruppo CT latino in albanese, Roma, 1982. 18 Cf. Paolo Ramat, II tipo lingüístico balcanico, "Lingua e Stile" XXIII/2 (1988), pp. 301-311. 19 Cf. E. Banfi, Tipología della convergenza lingüistica in area balcanica, "Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia", Bergamo, 17-19 XII1987, Pisa, 1988, pp. 43-91; Id. Typologies of Standardization in the Balkan languages, The case of two Balkanisisms; the loss of the infinitive and the periphrastic future, "Europa Orientalis" 8 (1989), pp. 175-189; Id., The infinitive in South East European languages, in Bechert, Bernini, Buridiant (eds.), Toward a Typology of European Languages, Berlin-New York-Amsterdam, 1990, pp. 1-32. 20 Cf. A.M. Raffo, Balcanismi e non, "Europa Orientalis" 8 (1989), pp. 199-213. 21 Cf. V. Orioles, Saussure e i contattifra lingue, "Incontri Linguistici" XVIII (1990-91), 165-176; Id., Alle órigini delle nozioni di convergenza e lega lingüistica, in "Studi Linguistici Salentini" XVII (1989/90), pp. 163-177. 72 Nell'analisi dei "balcanismi", considerati come esempi di "tipi linguistici", gli studiosi italiani ne hanno studiato la distribuzione geográfica, la loro penetrazione in diversi ambiti linguistici, la loro appartenenza ai livelli sia popolari che dotti/sorve-gliati. In particolare, i linguisti italiani hanno cercato di determinare se i "balcanismi" siano l'esito di un processo di convergenza lingüistica originatosi da matrice popolare (determinata da influssi "dal basso", colleganti tra di loro le diverse lingue balcaniche) oppure se essi siano il risultato di un processo di influssi colti o semi-colti (determinati da influssi 'dall'alto', imposti sulle diverse lingue balcaniche dalla gradúale evoluzio-ne delle scriptae e da ampi fenomeni di omologazione culturale, trasmessi rispettiva-mente dalle componenti latino-balcanica, slava, greco-bizantina e, infine, turca. Particolare attenzione é stata data soprattutto al ruolo "standardizzatore" imposto, in ambiente balcanico, dagli orientamenti religiosi, propri di singoli gruppi etni-co-linguistici (ortodossia vs. cattolicesimo/protestantesimo) e dall'adozione di specifici modelli amministrativi (bizantino vs. romano-germanico). Povzetek BALKANISTIKA V ITALIJI: ZAČETKI, RAZVOJ, TEORETIČNE POSTAVKE Balkanistika se je rodila na germanskih univerzah, vendar ima tudi italijansko jezikoslovje z M. Bartolijem pomembnega raziskovalca jezikovne stvarnosti na Balkanu. Z jezikoslovnimi problemi balkanskih jezikov so se ukvarjali številni italijanski jezikoslovci (V. Pisani, G. Devoto, C. Tagliavini, G.B. Pellegrini, E. Banfi). Nekateri zaradi poznoantične faze grščine in latinščine, drugi zaradi črt, ki jih kažeta italska jezika oskijščina in umbrijščina in imajo nekaj skupnega z balkanskimi jeziki, večina pa zaradi izoglos med balkanskimi jeziki in južnoitalijanskimi narečji. Avtor opozaija na dve različnni fazi pokri-stjanjenja Balkana: prva je nekako sočasna rimskemu osvajanju Dakije, ob drugem valu (VII-IX stoletje) pa Rim ne igra prav nobene vloge in torej tudi jezikovno ne more vplivati. 73