Mitja Skubic Université di Ljubljana UDK 811.132.r366.545 IL DATIVO ETICO NEL FRIULANO SONZIACO 1. Nei suoi ricordi giovanili, scritti nel secondo dopoguerra e pubblicati nella ri-vista friulana Sot la Nape negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, riuniti poi nel libro Di cà e di là da la Grapa. Di cà e di là dal Pomeri. Blecs gurizans Luciano Spangher, goriziano, benemerito cultore délia cultura e tradizioni délia sua città, offre una abbondante quantità di esempi in cui si trova un uso particolare del pronome personale átono, al dativo, sensibilmente indebolito al livello semántico, quel fenomeno, dunque, che le grammatiche del latino sogliono classificare corne dativus ethicus. Pensiamo ai passi corne il seguente in cui Spangher descrive il ghetto goriziano e la pace che vi regnava tra gli appartenenti aile varie religioni délia città: In ta ciasis stavin cristians, obreos e ancia protestanz e duc' ti vivevin di amor e di acordo, p. 47. Il pronome personale, evidentemente, non ha un pieno valore semántico. 2. L'indebolimento del significato di un elemento lessicale è un fenomeno universale. Nella transizione dal latino verso le lingue romanze sarà sufficiente ricor-dare gli attuali valori dei sostantivi come CAUSA, RES, anche MENS, -TIS il cui ablativo -mente è un mero espediente grammaticale, morfema per la formazione del-l'awerbio di modo. Inoltre, le funzioni dei verbi, come ESSE o HABERE o VELLE/*volere che dai verbi di pieno significato sono diventati espedienti per la formazione dei paradigmi verbali analitici, oppure ausiliari, modali, fattitivi; e poi, l'indebolimento semántico è palese nelle sorti del numerale UNUS, UNA che attraver-so il valore di pronome indefinito arriva alla funzione dell'articolo indeterminativo. Si puô constatare l'indebolimento semántico anche nell'uso delle forme atone al nominativo del pronome personale nelle lingue che esigono l'impiego del pronome personale accanto aile forme verbali, come in francese con je parle o, molto più rigorosamente, in friulano con jo 'o feveli o Sef al fevele. Perô, all'infuori dell'uso con le forme verbali, i pronomi personali, nelle forme toniche e atone, appunto perché pro-nomi, conservano il valore semántico del sostantivo che sostituiscono per ragioni di stile, nella ricerca di alleggerire la frase, soprattutto. Il pronome atono conserva il significato del sostantivo che è chiamato a rimpiazzare. Nella sequenza di proposizioni come Ho comprato il/un libro e lo sto leggendo il pensiero del parlante è chiaramente espresso, giacchè il pronome personale atono nella seconda propo-sizione rende pienamente il significato del sostantivo nella prima. Non lo è, invece, nella costruzione, in apparenza addirittura più chiara, perô insólita e per di più goffa e maldestra, con la ripetizione dell'oggetto diretto: Ho comprato il/un libro esto leggendo il/un libro. 3. Non cosi in un uso specifico del pronome personale, in forma atona, dalle grammatiche del latino chiamato DATIVUS ETHICUS che alcune accostano al 283 DATIVUS (IN)COMMODI. La grande Lateinische Grammatik, Szantyr 1965, p. 93, lo tratta nel capitolo di quest'ultimo; ammonisce perö nello stesso tempo che la nomenclatura é discutibile, a volte fuorviante. Ad ogni modo, asserisce Szantyr, il dativo etico fa parte del linguaggio colloquiale e il suo uso puö sembrare addirittura superfluo, stando a uno Stile asciutto e ponderato. L'impiego del pronome, secondo Szantyr, cerca di suscitare l'interesse dell'interlocutore: »Er tritt vor allem in der Erzählung auf und soll hier lediglich die Aufmerksamkeit oder das Interesse des Hörers an der Satzaussage (änlich wie z. B. eingeschobenes tibi dico) erwecken und festhalten«. Le grammatiche del latino mettono inoltre in rilievo il fatto che la persona cui va attribuito l'interesse o, meglio, un sentimento non é necessariamente la stessa a quella del soggetto dell'azione di cui parla la proposizione; illustrano il fenomeno con degli esempi come: Quid mihi Celsus agit?, Quid tibi vis?, Ecce tibi! 4. Nelle lingue romanze tale uso del pronome nel dativo si é conservato, benché in alcune di loro non sia molto frequente. Per l'italiano, Rohlfs III, par. 640, accen-na alia notevole diffusione dell'uso di questo dativo (i traduttori hanno scelto come termine adatto quello di «sentimento di animo personale») e menziona esempi let-terari, come II padre te la fece chiudere in una torre (Grossi), mentre per l'Italia meridionale constata la frequenza del dativo nei verbi di interesse personale (mangiarsi, sie. portatilu, ecc.) i quali, per dir il vero, chiamano in causa piuttosto l'interesse, il «pro» della persona che parla e di conseguenza non entrano strettamente nell'am-bito del dativo etico, benché gli siano, per il senso, molto vicini. Giacché, per poter vedere senz'ombra di dubbio in un complemento indiretto il dativo etico, l'interesse deve essere escluso. Una semplice frase come ti ho mangiato una mela si presta a due interpretazioni diverse e, per chi ascolta, dobbiamo supporre un'esperienza extralinguistica, vale a diré la conoscenza della situazione reale. Troviamo un esempio convincente nella Grande grammatica italiana di consultazione, Renzi 1988,1, p. 66, dove viene messa in rilievo la distinzione tra il dativo etico e il benefattivo (= d'interesse): Ed ecco che Maria ti stira le camicie di Pietro serna pretendere un compenso. Se il complemento indiretto ti é sostituibile con un sintagma come per te, abbiamo a che fare con il benefattivo; se invece é interpretabile come dativo etico, spie-ga giustamente Renzi, il suo significato é parafrasabile con Ed ecco María che stira le camicie di Pietro ... e di questo dovresti meravigliarti, o qualcosa di simile. Con tutto, pare che l'impiego del dativo etico in italiano, nei testi scritti, stando anche al poco spazio che le grammatiche gli riservano, non sia molto frequente; ripetiamo che tale uso é da aspettarsi, semmai, in uno stile colloquiale. 5. Non é abituale, cosi pare, nemmeno in friulano, benché non sia proprio sconosciuto. Lo registra Faggin 1997, p. 102. Nota che in friulano tale uso esiste, «che a rigore é superfluo, ma che in realtä puö daré vivacitä e calore a un discorso» e aggiunge due esempi, di cui l'uno é di carattere letterario: viöd dipasiju ben, che no mi si sclagnisin 'cerca di nutrirli bene, che non smagriscano (che non mi si sma-griscano)' e un altro, piü poético, un garbinut sutil ti dispichave / dai morárs sul prát sin la ultime fuee 'un lieve garbino staccava dagli alberi sul prato, una dopo l'altra, 284 tutte le foglie'. Gli altri trattamenti del pronome personale nelle grammatiche del friulano non ne fanno menzione, e nemmeno il Lexikon der romanistischen Linguistik, vol. III; si potrebbe dire di conseguenza che almeno il friulano contemporáneo non ne faccia un uso abbondante. 6. Diversa è la situazione nel territorio che ci interessa più da vicino e, più ampia-mente, quella dove vengono a contatto le paríate slave e quelle romanze; di queste ultime, il friulano e il veneto. Il fenomeno non è rimasto inosservato. Una prima menzione la fece già Schuchardt nel suo omaggio a Miklošič, Slawo-deutsches und slawo-italienisches del 1884, in cui (pp. 109-110), volgendo lo sguardo soprattutto aH'iiiflusso del ceco sul tedesco, accennava pero anche alie interferenze tra il croato e il veneto di Dalmazia e citava addirittura un passo del religioso cinquecentesco sloveno Primož Trubar, esponente più alto della Riforma protestante in Slovenia e con le sue prime traduzioni bibliche in sloveno il fondatore della lingua scritta, che è Od kod ste si vi? 'e voi, da dove siete?' col pronome riflessivo átono, al dativo, a ri-gore superfluo. Menzionava inoltre Schuchardt per Zara Come ti me sta? (kako mi ti?), frase propria, diceva, anche ai cittadini colti: vediamo, qui, il dativo etico nel dativo del pronome personale della 1.a persona, me croato mi. Riporta, poi, un bell'esem-pio, sempre da Zara, cosa tifa signora? (kako ti je gospoja?) e un altro da Spalato ghe xe amalada la madre e nota il legame semántico del dativo etico e la nozione del possessivo, visibile soprattutto nel secondo esempio 'gli si è ammalata la madre', 'ha ammalata la madre'. Schuchardt ha trovato un uso simile nell'interferenza dello ceco sul tedesco: cita mein Suhn is-e sich Professer e lo giudica analogo a mi se xe de Pisin, annotando «eine slawische Färbung». Cinquant'anni più tardi torno sulla questione Carlo Tagliavini nel suo esauriente studio Sugli elementi italiani del croato in Italia e Croazia, Roma 1942-XX, pp. 371-454. E' vero che la pubblicazione andava in una direzione soltanto: era destinata più che altro a illustrare le varie influenze della civiltà italiana (lingua, letteratura, arti) sul croato della costa dalmata. Tagliavini, a pag. 381, tuttavia, seppe mettere in rilievo anche l'influsso linguistico delle paríate slave, croate, sul veneto della costa adriati-ca orientale e annotö l'uso frequente delle frasi come Come ti me sta? ma ti me xe de mal (a Fiume, ad Arbe, a Zara). L'impiego del dativo etico è inoltre molto frequente nella lingua delle storielle che parlano dell'ambiente istro-quarnerino, create dagli autori Carpinteri e Faraguna. La lingua di queste storie è scorrevole, sembra molto naturale, esposta agli influssi linguistici croati, a cominciare dal titolo Le Maldobrie, e soprattutto, per quel che ci riguarda, sorta da una vena facile, colloquiale, o meglio, perché si tratta di un colloquio un po' finto, di un racconto immediato. Basterà copiare qualche esempio da uno dei loro lavori sotto il titolo "L'Austria era un paese ordinato": Insoma, ti te bevi che te bevi, ierimo mborezadi; Bisogna che vù dimani bonora me andè in Amburgo; Franz Ferdinand l'Arciduca Francesco Ferdinando, quel che ve xe deventà Erede dela Duplice, rispett. pp. 113, 273. Oltre che per mostrare la frequenza del-l'impiego del dativo in questa funzione, i passi sono interessanti perché il dativo semánticamente affievolito non è solo quello della 2.a sg. 285 7. Per limitarci ora al friulano sonziaco, ripetiamo che il nostro interesse è stato suscitato dalla lingua dello Spangher. L'impiego del dativo etico è abbondante, forse addirittura sovrabbondante e, sia menzionato subito, il pronome personale appare sempre alla 2.a persona del singolare. Nei suoi ricordi, nel capitolo II Ghet, lo scrit-tore goriziano, nato nel 1923, fa un panorama storico délia comunità ebraica goriziana e aggiunge memorie personali riguardo ai suoi coetanei e compagni di classe ebrei nel decennio prima dello scoppio délia seconda guerra mondiale. Su qualcosa come dieci pagine di testo, pp. 47-59, troviamo una quarantina di esempi col pronome personale átono al dativo con chiaro valore di dativo etico. Al passo citato all'introdurre il nostro modesto contributo aggiungeremo solo alcuni pochi: In becaria ti vignivin serviz dal Kizlinger, che ti curava i bocóns che compravin i obreos; Dopo non ti mangiavin purzel e par chist fàt ti dopravin un grun di ocis; Tal 1800 la comunitàt ti si veva slargiàt cun gnovis migrazions che ti vignivin da l'Europa oriental; II 23 di novembar dal 1943, podopo, chista (la. comunità ebraica') ti jà ciapat l'ultim colp. 45 obreos, di chëi che no ti si vevin scundùt /.../ son stas puartâs via dai todesc. Ripetiamo: la lingua di Spangher è scorrevole, quasi volutamente frivola e puo servire come conferma delle constatazioni di Szantyr sopra l'uso del dativo etico in latino. Abbiamo, infatti, nello stesso friulano goriziano, sonziaco, uno scrittore dove il dativo etico non si trova affatto. Pensiamo alia lingua di Mario Ranieri Cossàr, un altro benemerito ricercatore delle cose goriziane. Le sue Storiutis gurizzanis sono cupe, a volte terrificanti, non adatte, di certo, a esser lette al bambino perché questi si addor-mentasse, benchè lo scrittore stesso dica d'averle sentite raccontare dalla madre. Sono tetre nel contenuto e nella lingua. Vogliamo dire, non hanno quella leggerezza, quella frivolezza scorrevole dello Spangher. Cossàr inizia tutte le storie con una frase come In t'un cias'cel dal Friul vivevin par antic i conz dai Coss, p. 29; ai timps dal vescul Attimis vivevin a Gurizza doifradis, p. 45, vale a dire, senza ricorrere all'uso del dativo etico. Va aggiunto che i Dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino di Giuseppe Mainati, che pur offrono l'immagine lingüistica del tergestino, vale a dire, del friulano méridionale settecentesco, e per di più sotto forma di conversazione o di pacata narrazione, non hanno esempi convincenti dell'uso di tale forma del pronome personale con valore di dativo etico. Hanno tuttavia esempi che fanno pensare a quelli latini. Nel Dialogo terzo leggiamo Se met im fond del amas de ói dits perzent de mèi, e se ti uosto, ànchia dei per, o zariesis mastruzàdis che Mainati stesso ha tradotto come 'Si mette in fondo ai vasi dell'olio un dieci per cento di pomi, o pere, o cerase infrante': nella traduzione ha omesso, dunque, l'inserto con il verosimile dativo etico. Non sorprende che il pronome personale con tale valore non appaia nelle traduzioni, giacchè, secondo noi, il traduttore opera in modo molto più ligio alia norma lettteraria scritta, che non il vero creatore cui l'estro suggerisce a volte vari-azioni di stile, ricorsi al parlato, impiego delle forme o strutture insolite. 8. Ci domandiamo se il ricorso al dativo etico in Spangher sia da considerare un tratto personale. Vorremmo metiere in rilievo il parere di molti linguisti che si sono occupati di questo uso stilistico sullo stretto legame semántico del dativo etico con 286 la nozione di appartenenza, di possesso, affievolito e non completamente materiale. Schuchardt aveva notato questo fenomeno nella parlata tedesca, influenzata dal ceco, e visto nel veneto parlato sulla costa dalmata, come nell'esempio citato: cosa ti fa signora? E' noto che il dativo, nel romanzo orientale almeno, a volte serve a coniare strut-ture con piú o meno vaga sfumatura di possesso. Un lontano precedente si trova nel latino con LIBER MIHI EST, l'impiego che in qualche modo continua fino ai giorni nostri, ad es. in romeno in mi-e sete, mentre le lingue romanze centrali e occidentali ricorrono ai costrutti di espressione piú concreta con i verbi HABERE e TENERE, dove non puó esserci necessitá del pronome personale al dativo. La nozione di possesso, di appartenenza, fortemente mitigata, conserva in romeno il costrutto col dativo del pronome personale: tata lui 'suo padre'. La nozione di proprietá é nel romanzo normalmente resa per il mezzo del genitivo, mentre il latino orientale, e poi il romeno, non ha difficoltá di usare il dativo: casa vecinului 'la casa del vicino', columna lui Traían 'colonna di Traiano', stelele cerului 'le stelle del cielo' sono esempi che dá Bourciez, 496 a, e ammette come possibile l'influsso slavo, «car en slave, spiega, le datif adnominal était largement développé». Infatti, l'influenza dello slavo sul romeno, immerso nel mondo slavo, é stata fortissima nell'arco di molti secoli, dai primi contatti ancora nella tarda antichitá fino ai giorni nostri. Effettivamente, l'am-biente slavo conosce un ampio uso del pronome personale al dativo, in un certo qual senso legato all'idea di un vago, mitigato possesso. Alia mia domanda posta anni fa a uno študente serbo sul perché studiasse a Ljubljana ebbi la risposta tu mije brat lio qui il fratello', alia lettera 'qui mi sta il fratello'. 9. Tale uso sembra piú spontaneo nelle lingue slave sud-orientali che non in sloveno. Se proponiamo come spiegazione per l'uso del dativo etico nel friulano goriziano l'influsso sloveno, vale a diré un calco sintattico-semantico secondo il modulo conosciuto alio sloveno, ci basiamo sul fatto che nel friulano centrale e nei dialetti veneti tale uso non é molto noto; nel Goldoni, ad esempio, si trovano pochi passi col dativo. Per contro, lo sloveno lo conosce: se ne scoprono esempi abbondanti nella letteratura e non mancano neanche nel parlato odierno. La grammatica per lo sloveno di Jože Toporišič, Slovenska slovnica, 4.a ed., del 2004, p. 270, offre passi come Da si mi zdrav 'che tu mi sia sano' e li giudica come stato d'animo personale. Per lo Spangher, poi, possiamo aggiungere che sua nonna paterna era una slovena di Cromberg. Inoltre, egli stesso si rammarica del fatto di non aver imparato lo sloveno come avrebbe potuto, spiegandone anche la vera ragione proprio all'inizio dei suoi ricordi: Mi dispiás dome, di chél timp, di no vé imparát a ciacará parscláf, come che vares podüt, ma saveso simüt che jara: ogni sabida dovevi la dai «balila», e Ik ñus disevin che sipodeva fevelk dome par talian. Stupidadis! Comunque é piú che probabile che, viven-do a Gorizia, abbia avuto contatti diretti con la lingua slovena: ne vediamo una con-ferma anche nel fatto che nei suoi ricordi giovanili, vale a diré a distanza di qua-rant'anni, ricorda ancora i suoi compagni di classe sloveni e i loro cognomi, italia-nizzati, a volte anche quelli originali: Vogric, Gomiscek, Cocianni, Sciurek, Policek, Slamich, Collini/Collenz, Vescovo/Skoff, Wili Papes. 287 Bibliografia Bourciez (1967): Bourciez, E., Eléments de linguistique romane, Paris, Klienksieck Carpinteri & Faraguna (1996): Carpinteri, L. e Faraguna, M., Le Maldobrie, L'Austria era un paese ordinato, 2.a ed., Trieste, MGS Press Editrice. Cossar (1930): Cossàr, R. M., Storiutis Gurizzanis, Udin, 1930 -VIII, Società Filolögiche furlane "G.I. Ascoli". Dialoghi (1972): I dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino. Pubblicati e tradotti da Giuseppe Mainati. Edizione critica a cura di Mario Doria, Trieste, Edizioni "Italo Svevo". Faggin (1997): Faggin G., Grammatica friulana, Udine 1997, Ribis. Renzi 1988: Grande grammatica italiana di consultazione a cura di Lorenzo Renzi e Giampaolo Salvi, vol. II. Bologna 1988, Il Mulino. Rohlfs III (1969): Rohlfs, G., Grammatica storica délia lingua italiana e dei suoi dialetti. Sintassi e formazione delle parole, Torino 1969, Giulio Einaudi Editore. Schuchardt (1884); Schuchardt, H., Slawo-deutsches und slawo-italienisches, Graz 1884, Leuschner & Lubensky. Spangher (1990): Spangher, L., Di cà e di là da la Grapa. Di cà e di là dal Pomeri. Blees gurizans, Guriza 1990, Società Filologica Friulana. Szantyr (1965): Leumann-Hofmann-Szantyr, Lateinische Syntax und Stilistik, München, 1965, C.H. Beck'sche Verlagsbuchhandlung. Tagliavini (1942): Tagliavini, C., Sugli elementi italiani del croato in Italia e Croazia, Roma 1942-XX, Accademia Reale d'Italia. Toporišič (2004): Toporišič, J., Slovenska slovnica, 4. ed., Maribor, 2004, Obzorja. Povzetek ETIČNI DATIV V OBSOŠKI FURLANŠČINI V jeziku ugotavljamo pogostno slabljenje pomena jezikovnih prvin. Za romanski svet, za prehod iz latinščine v romanske jezike, je mogoče najti obilo primerov: lat. samostalnik MENS, -TIS, je v svoji sklonski ablativni obliki postal morfem za tvorbo prislovov načina, polnopomenski glagoli kot ESSE, HABERE, VELLE (ljudsko *volere) so največkrat pomožni glagoli in so skladenjske prvine sestavljenih glagolskih oblik, števnik UNUS, UNA je postal prek vrednosti nedoločnega zaimka nedoločni člen. Ne takö osebni zaimek, razen tam, kjer je sestavna prvina glagolskih paradigem, npr. v francoščini in tudi v furlanščini. Sicer pa ohranja osebni zaimek polno pomensko vrednost. V vseh jezikih je nepogrešljivo jezikovno sredstvo, da se govoreči izogne ponavljanju kakega samostalnika: raba nenaglašenega zaimka zmeraj docela jasno izraža njegovo misel. Ni pa ohranjen polni pomen v neki posebni rabi sklonske oblike osebnega zaimka v dajalniku in tedaj ga slovnice latinskega jezika imenujejo dativus ethicus. V tej rabi je pomen zaimka docela oslabel: sklonska oblika v dajalniku se ne sklada z osebkom stavka. Raba se zdi odvečna in nepotrebna, če je v jeziku sploh mogoče govoriti o odvečnosti. Za suho, strogo urejeno izjavo je to morda res, a stilistična vrednost etičnega dativa je ravno v tem, da pritegne pozornost sogovornika. Etični dativ je bil znan v latinščini in je znan, čeprav ne preveč rabljen, v sodobnih romanskih jezikih in bi potemtakem rabo lahko imeli za dediščino iz latinščine. Vendar so izraziti primeri in pogostnost rabe dajalnika na stičnih romansko-slovanskih ozemljih (Trst, Istra, v preteklosti tudi Dalmacija) vzbudili zanimanje jezikoslovcev, že od Schuchardta (1884) dalje. Za obsoško, goriško furlanščino mislimo, da gre za vpliv slovenskih zahodnih govorov, ki na furlanščino mejijo že stoletja, oziroma z njo ozemlje delijo. Pojav je najbrž v slovenščini manj znan kot v hrvaščini ali srbščini, a Toporišič, Slovenska slovnica, 4. izd., 2004, ta skladenjski pojav pri zaimku ugotavlja, opozarja v tej rabi na čustveno zavzetost in na dejstvo, da se dajalniška oblika zaimka pojavlja v 1. in 2. os. ednine in množine. Navaja primere iz slovenske književnosti in tudi iz pogovornega jezika: To vam je bilo živo na ribniku! Ponekod vidi povezanost med čustvenostjo in svojilnostjo: Kje tihi si mi dom, ti sreča moja prava. - Naj končamo z verzom iz slovenskega epskega pesništva: Pa bil je Martin svoje dni vojak vam, na straži stal. 288