ANNO XXVII. Capodistria, 1 Luglio 1893. N. 13 LA PROVINC DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un alino fior. 3; semestre e qua-irimsstrp in proporzione. — Oli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Il Castel Leone di Capodistria (Continuazione vedi N.i 10, 11 e 12) Dai Senato Misti sappiamo ancora uua volta che al tempo della ribellione erano castellani Ge-! remia Gisi e Nicolò Civrano come dal seguente de-[ creto — 1358 — 29 Settembre. "Cum Polonius I et Vesconte de Goydo fratres exposuerint quod ipsi____existentes ad Stipendium nostrum Sancti Laurentij fecerunt se cassare pro eundo cum [ prima armata nostra, cujus fuit Capitaneus.... Nicolaus Pisani, cum qua... steterunt... quando Ianuenses obsidebant civitateni Negropontis.... f fueruntque tempore rebettionis civitatis nostre [ lustinopolis, intra Castrum Leonem.... cum ca-stellanis no stris... Z er ernia Gisi et Nicolao Ci-[ vrano ecc. ecc. vadit pars che si conceda ai [ suddetti fratelli una posta equestre in Capo-distria„ (Atti e Memorie, anno V. Fascicolo 1 e 2 pag. 9S). E con questo decreto finisce, dirò così, la [ storia de' tempi eroici primitivi del Castel Leone, per cui fu salva la dominazione veneta a Capodistria. Ma altre guerre si succedono subito ; e ai difensori del Castello è data un' altra volta occa-[ sione di segnalarsi nelle armi, e a Venezia la ne-\ cessila di ricorrere a nuovi mezzi di difesa. Ed I ecco in proposito nuovo decreto del Senato - 1358. 17 Maggio Provisiones Sapientum Istrie Sapientes Istrie: ser Petrus Gradonico, ser Stephanus Bellegno, ser Laurencius Celsi.... Ne do un estratto in italiano per non attediare il ; lettore. Per la riforma della città di Capodistria che per molte cause si trova nella massima desolazione, si mandino colà tre provveditori con alquanti maestri ingegneri, perchè daccordo col Podestà esa- Articoli comunicati d' interesne generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati minino e provvedano a rendere il Castel Leone in buono stato, e ad erigervi altre fortezze nel caso non bastasse il primo e a restaurare e difendere il palazzo del Podestà. (Op. cit. pag. 120). Le cause accennate della massima desolazione della città erano i molti confinati dopo la ribellione; la- guerra con Genova, la disfatta dell'armata navale veneziana comandata da Nicolò Pisani (vedi decreto sopra) presso l'isola di Sapienza, la peste, e la nuova guerra di Lodovico re d' Ungheria per togliere a San Marco i possessi nella Dalmazia. É noto come a riparare la prima causa di desolazione Siin Marco concedesse amnistia a molti ribelli e potesse quindi lusingarsi di aver messo generosamente una pietra sul passato. Piovono quindi uno dopo 1' altro i decreti per difendere il castello dagli assalti degli Ungheri : decreti che ci danno occasione a illustrare la storia della provincia tutta; onde ben si può dire che la semplice monografia del Castel Leone ha una qualche importanza a meglio conoscere i tempi : tanto la storia del forte va di un passo con la storia istriana. Nell'anno 1359 addì 14 Ottobre adunque il Senato provvede perchè il castello venga munito di stipendiari nuovi seguiti dai commissari delle paghe; e la ferma sia di un anno a dodici lire al mese ; vuole che i soldati non appartengano alla compagnia vecchia, non siano capodistriani\ e che gli invalidi si abbiano a cassare dai ruoli (Op. cit. pag. 141). Segue altro importante decreto del 1360 22 Dicembre. — Sapientes Istrie. Intellectis litte-ris quas potestas lustinopolis misit.... super facto novitatum que pridie fuit in Iustinopoli ecc. . . . Lette le lettere del podestà sul fatto delle novità accadute il giorno innanzi a Capodistria si comanda a Ser Matteo Emo capitano del Pasenatico di accorrere con una banda di venticinque cavalli e insieme col podestà del luogo d'inquirere sulla natura e condizione di detta novità, e processare i colpevoli ecc. ecc. (Op. cit. pag. 150). Nè di ciò pago il Senato torna a scrivere pochi giorni dopo 1360. 28 Dicembre — Dietro informazioni avute da alcuni venuti da Capodistria, specialmente da Nicolò Perinarino, i Savii dell'Istria, propongono a tutelare la detta città, che si mandino due provveditori a Capodistria per inquirere super facto castri Iustinopolis et territorio aneto circa illud, e sul fatto condizione e stato dei stipendiavi ecc. ... ; e di più (cosa notabile questa) che il governo di detta terra sia riservato così in civile come in criminale al podestà (Op. cit. pag. 150, 151). Ed ora viene spontanea la domanda: di che fatto si tratta qui? Fu forse un tentativo di nuova ribellione? Pare di sì, se stiamo al vocabolo novi-tates, che nei senato decreti è sempre sinonimo di ribellioni e di guerre. A chiarire la cosa convien sapere che Pietro Delfino capitano del Pasenatico scriveva tra il 1359 e il 1361 che sotto Castel-novo c' era assembramento di cavalieri ed altri armigeri, di cui s'ignoravano le intenzioni, capitanati da certo Colenzio da Lodoystano, preso agli stipendi della repubblica per guerreggiare il re d'Ungheria, poi fattosi traditore, e passato con armi e bagaglio al nemico (vedi De Franceschi — Note Storiche pag. 195). Probabile adunque che il birbone abbia tentato d'impadronirsi con un colpo di mano del Castel Leone e quindi della città, d'intesa col re d' Ungheria o col Patriarca d'Aquileja. Che in Capodistria poi facesse capolino in tale occasione il partito autonomo è possibile; non pare probabile però dopo la lezione del 1348 che il popolo vi abbia preso parte ; al più qualche fautore della passata ribellione. In ogni modo non si può dire in proposito 1' ultima parola ; e il fatto del 1360, a cui qui si accenna, ci mostra come si debba andar cauti prima di pronunziare un giudizio definitivo sulla subita conversione dei Capodistriani a San Marco, per quanto ciò possa piacere ai giudicanti col sentimento moderno. Che poi quel colpo di mano fosse proprio diretto o dal re d' Ungheria, o dal Patriarca verso il Castel Leone apparisce dal Senato misto che qui si riporta. 1360 M. Y. 9 gennaio. — Essendo il Castel Leone la chiave non solo di Capodistria, ma di tutta l'Istria, dietro proposta del doge, di Marco Contarini e Pietro Gradenigo, consiglieri, e Pietro Querini e Nicolò Falier, capi, si presenta al Senato, che però la respinge, la parte seguente — di scegliere cioè i provveditori con cinque o sei probi viri ed esperti per esaminare lo stato del Castel Leone, scavare la palude intorno al detto castello e compiere celleriter il laborerio (Op. cit. pag. 151, 152). Tempi tristi erano ben questi per 1' Istria. Rammentiamo che il Petrarca scriveva nel 1359 essere 1' Istria empiamente maltrattata : Magno bellorum sonitu, nec parvae strages impie de-saeviunt. Ianuenses et Veneti in armis sunt. Il Senato negli anni seguenti continuò a fioccare decreti per munirsi contro tanti nemici e specialmente per opporsi ai danni naturali, cioè alla palude che andava allargandosi sempre più intorno al castello ed alla città; togliendole la sua principale difesa: l'acqua. Perciò nel 1361 3 Giugno decreta : — Per la sicurezza della città di Capodistria e di Castel Leone e per economia (ahi !) non si manderanno pontoni (cavafanghi) nè a scavare con essi ; ma si commetta al podestà che faccia scavare a mano, e perciò si mandano le cose necessarie ; il podestà poi faccia scavare sino a venti passi nel terreno già smosso per vedere se c' è ancor deposito di limo. Segue la seconda parte del decreto che pare contradicente e suona così: "Quia territorium paludis Iustinopolis è talmente aumentato, che se non si provvede circa cavationem potrebbe risultarne pericolo, i Savi all'Istria propongono vi si mandino duo ex punc-tonis cavatoriis . . . cum platis et altri arnesi, dovendosi scavare circa 800 passi in lunghezza, e 10 almeno in larghezza. E dicendosi che le por-porerie di Capodistria sunt amonite et devastate ita quod devono essere escavate, si ordina al podestà di farle escavare, sicché le barche di guardia alla terra possint ire circumcirca terram cum omni aqua, come in addietro, e perchè in qualche luogo sono troppo vicine a terra, bisogna ridurle nello stato di prima, (Atti e Memorie Anno VI, 1889 Fascicolo 1 e 2 pag. 3 e I). Dunque economia intorno al castello ; nel palude poi, vada todos e lavorino i cavafanghi. ') Ma ahi ! anche nel secolo XIV le leggi c' e-rano, ma non si poneva mano ad esse ; perchè tre anni dopo e precisamente addì 18 Marzo 1364 il Senato non essendosi mai dato mano ai lavori già ordinati, pro fadendo cavavi ad manum territorium paludis Iustinopolis, ordina a quel podestà di far procedere per orane modum a detta escavazione per la lunghezza di almeno 800 passi e 10 di larghezza; di più comanda ai Patroni dell' arsenal di mandare colà quattro burchi dei più leggeri ecc. e spedisce 500 lire di piccoli al podestà di Capodistria, per sopperire alle spese di lavori pubblici, per la ricostruzione delle mura e per la fortificazione Castri Leonis (Op. cit. pag. 19). Nello stesso anno poi addì 20 Giugno si spedisce a Capodistria dietro domanda del podestà, un pontone per quei lavori di scavo (Op. cit. pag. 26). Questa faccenda dei cavafanghi andò proprio per le calende greche, o con una gran fiaccona, diremo noi : come se gli antecedenti decreti fossero stati spediti al mondo della luna, addì 9 Novembre dello stesso anno, cioè otto mesi dopo l'ultimo decreto per lavori e scavamenti intorno a Castel Leone si delibera d'inviare a Capodistria due boni viri in talibus experti, i quali studino con quel podestà i lavori da farsi e il modo di condurli colla maggiore economia, e ritornino a riferire (Op. cit. pag. 21). Questa volca però si fece da senno come si ha da altro decreto del 1364 m. v. 7 Gennaio, cioè nel Gennaio del 1365.]) — Quia civitas nostra Iustinopolis, que est principalis membrum quod ìiabemus in Istria, potest dici conservari per Castrum leo-nem, quod si conservatur potest dici verisimi-liter, ipsam civitatem non posse deficere ; si delibera, udito il consiglio di quel podestà e capitano, e dei tre esperti uomini di Chioggia, colà spediti: che si scavi per 300 passi a ponente in modo che si possa approdare al castello senza ; impedimento. E poiché la palude che stava presso la città ■ e il castello è in gran parte rasciutta, e vi si for-: marono barene, il podestà farà scavar queste cum - una manu vange in modo che 1' acqua crescente ! copra quel terreno e lo mantenga molle: la terra ; escavata sia gettata in mare. J (Continua) P. T. ') Il motto m v more veneto indica che l'anno non era ancor finito ; troppo è noto che secondo l'antico calendario veneziano il primo dell'anno cadeva addi 25 Marzo, festa dell'Incarnazione del Signore. Pubblichiamo questa traduzione d'un giovane studioso, che non fu sordo all' appello da noi fatto nel n.° 3 di quest' anno — nota la In Istria d' autunno — del nostro giornale. Ma, pur lodando del giovane la buona intenzione, non possiamo non eccitarlo a volere in seguito occuparsi di cose che abbiano più stretta attinenza con la provincia nostra. Perchè, a vero dire, in questo scritto si tocca di regioni e di popolazioni, le quali non hanno gran che a fare con noi, per non dire niente affatto, se anche tempo ci fu, quando la civiltà e la coltura e la lingua nostra tanto le illuminarono della splendida loro luce, che i benedetti segni, dopo così lunga serie di anni, ne durano ancora. Il che, se prova la forza vitale ed espansiva dell' elemento italico su quelle popolazioni e confuta 1' asserto contrario di certa gente esotica, a cui fa velo la passione, e noi conforta a bene sperare dell'avvenire; ma intanto con noi que' paesi di là del monte Maggiore non hanno proprio nulla di comune nè noi bramiamo d' essere] con essi confusi. È un errore questo che troppo spesso e troppo a lungo s'è ripetuto pur da chi avrebbe assai meglio dovuto conoscere le storiche vicende e la geografica configurazione del nostro paese. Or sarebbe tempo che 1' errore cessasse. Con questo voto e con queste affermazioni publichiamo di buon grado la traduzione del nuovo nostro collaboratore. SULLE SPIAGGE DEL QUARNERO di N. WIDMANN trad. dal tedesco (Appendice della N. F. Presse, 29 gennaio 1893 N. 10214) di E. G. Chi ha stabilito per alcuni giorni sua dimora in un cantuccio soleggiato del golfo, si propone subito d'intraprendere qualche giterella nei dintorni. Ma dove sono i dintorni ? Qui non s' estendono già piani e lisei dinanzi agli occhi in guisa, che per dominarli basti volgersi intorno al proprio asse. Devono essere cercati, e non sembra che tutti li voglian trovare. Poiché Abbazia in questo riguardo gode anche tuttora poco buona fama. Ne' primi tempi la può anche aver meritata. Pure ci sono sempre de' dubbiosi, i quali sostengono che il luogo possiede soltanto un parco meravigliosamente bello, che a questo si riduce tutta la sua magnificenza e che dietro al parco poi comincia immediatamente la montagna erta, nuda, impraticabile. Proprio così non è stato mai, e oggigiorno è meno che meno. Poiché per viottoli usitati, sotto ombroso riparo di foglie, formato dai lauri, che crescono a volta, resi estatici ogni momento (la una stupenda veduta sul mare e sulla costa, si può salire passeggiando buon tratto del monte e, se anche questo pare troppo faticoso, si può liberamente scorrere la costa e visitare i piccoli paesucci situati qua e là sul pendio. Questi sono tanto pittoreschi nella loro sordidezza e tanto romantici nel loro disordine, quanto i nidi de' Saraceni sulla riviera italo francese. Quelle case a cata- fascio, quell' intreccio di strade e straduzze si sottraggono ad ogni descrizione. Qualche cosa di simile non si può vedere che negli Abruzzi. Pure in questi paesetti sul Quarnero si trova tutto quello che nell' alpinismo è stimato pretto italiano : 1' accozzaglia delle case, 1' oziare all' aperto e la tetra foscaggine degli uomini in contrapposto alla natura ridente e splendida, anzi tutto ciò ti risalta qui più vivo, più chiaro ; quivi la terra italiana viene superata in italianità. Stranissima è poi la molteplicità de' linguaggi del golfo. Il mare è, com' è noto, la miglior via di congiunzione tra i popoli. Perciò è che brulica in ogni grande porto di mare un' umanità così svariata, la quale eventualmente parla la medesima lingua, ma per sangue si suddivide in numerose schiatte. Sul Quarnero s'aggiungono a ciò le più differenti circostanze politiche. Nella vicina Fiume l'ungherese è la lingua officiale, la città parla in parte italiano, in parte croato, e ognuno, per poco istruito che sia, capisce anche il tedesco. Quattro idiomi suonano frammisti qui giorno per giorno. Nelle località sulla spiaggia di Abbazia l'italiana è la lingua usuale del paese, ma, se si getta lo sguardo sulle insegne de' negozi e sulle iscrizioni delle case, si leggono nomi essenzialmente slavi : Persieb, Stepauich, Tomasich, Ohersanaz ; inoltre però alcuni che suonano più friulanamente: Lettis, Zoppis, Calavaris. Si chiede all' albergo un vino indigeno, offrono lo Chàteau Icici, si chiede il nome d'un gruppo di case, si chiama: Francici, Ursici, Scherbici, e così la lingua italiana viene smentita costantemente dal nome di chi la parla. Lo slavo, com' è chiaro, è stato qui prima, ma l'italiano, sebbene già da secoli insediato alla spiaggia, s'è inoltrato più tardi, naturalmente per la via del mare. Oggi ancora è un testimonio vivente della potenza, esercitata un giorno da Venezia su questi lidi. Abbazia stessa non ha appartenuto mai a Venezia. Da più di 500 anni la grandiosa massa del Monte Maggiore è terra degli Absburgo. Puro le isole di Cherso e di Veglia con tutto quello che guarda a mezzogiorno stettero soggette alla signoria dell' alato leone. 11 suo possente influsso s'espandeva, com' è naturale, oltre i confini. Abbazia è stata sempre degli imperatori, almeno dalla caduta del Patriarcato d'Aquileia, ma il campanile della sua vecchia chiesuola è veneziano, puro rampollo del grande campanile della piazza di San Marco; e lungo tutta la costa è frequente questa caratteristica forma di torre, la quale, a dir il vero, è alquanto grossolana, ma cogli spiragli per le campane acquista un aspetto più libero. Dovunque s'incontra questo campanile signoreggiò la serenissima republica, o in ogni caso lasciò traccia della sua vicinanza. La prima volta lo si vede, venendo da Vienna sull' alto del Carso presso Divaccia, l'ultima, prima di arrivare a Ferrara. Nelle sue linee rimane sempre l'istesso campanile, per quanto spesso cambi apparenza ne' particolari. Un' opera comparsa da poco, che tratta de' campanili di Venezia, mette insieme più di 150 specie del medesimo tipo, le quali sono semplicemente variazioni dell'istesso motivo. Del resto San Marco ha piantato in questo paese un altro segno, meno nobile di certo, tuttavia non meno caratteristico. Anche i fumaiuoli cioè sono qui tutti puramente veneziani, tutti coronati col loro speciale capitello, che si disegna ora tondo, ora quadrato, ora a mo' di cuneo nell' azzurro del cielo. Anche questa specie tipica varia del pari all'infinito. E poiché si scrivon libri su tutto, fu publicata eziandio sui fumaiuoli di Venezia un' opera, che ne conta più di 320 sorta diverse. Campanili e cammini — con essi Venezia ha scritto nell' aria a lettere gigantesche la sua storia, e ben addentro nel paese raccontano essi lo splendido passato della regina dell' Adria e 1' ambito della sua potenza. Di tutto quel circuito non è rimasto altro segno che un nome di via. La bella Kiva degli Schiavoni ricorda che un giorno la città delle lagune irradiava del suo splendore i lontani lidi della Liburnia e della Dalmazia..... Chi vuole allargare ancor di più il giro per i contorni di Abbazia, deve mettersi in mare e procurar di giungere alla spiaggia dirimpetto, di cui le strane cale vorrebbono assomigliare ai fjord del settentrione. Colle presenti congiunzioni piuttosto irregolari di vapori, non ci si arriva, e se non si ha la fortuna di essere un gran siguore e di poter disporre di un proprio lacht, si deve attendere fino a che la commissione di cura imprenda una gita per mare. Questa si fa piuttosto spesso, costa poco ed è attraente. Per prendervi parte non occorre di essere in ispecial modo valenti in mare, perchè, per un po' che increspi 1' onda e che il tempo sia dubbio, il vapore non se ne va senz' altro. Questa volta si partì per Castelmuschio e Buccari. Gente allegra d' ogni ceto s'accalcava in coperta. Soprabiti e pellicce giacevano sparsi all'intorno sulle panche e sulle sedie; lo splendido sole meridionale riscaldava tanto, che il solito riparo per l'inverno diventava pesante. Un lieve soffio di bora avea purificata l'aria e aggrinzava appena visibilmente _ la superficie del mare. Tosto svanirono anche queste lievi ondulazioni, sì che il battello apriva ora il suo solco nello specchio limpido. 11 golfo di Napoli, la più bella decorazione teatrale del mondo, è certamente più grandioso di quest' angolo del Quarnero, ma tuttavia si può farli sempre ammirare l'uno presso dell'altro. Entrambi questi paesaggi sono capolavori della natura. Evindetemente c' è anche una specie di somiglianza. Quasi senza volerlo cerca qui 1' occhio nello sfondo le flessuose linee architettoniche del Vesuvio e, poiché non le trova, s'accontenta volentieri dell' argenteo cocuzzolo del Monte Nevoso, che sfavilla ai raggi del solo mattutino. Ogni traccia di somiglianza sparisce, tosto che il battello a vapore entra nella baia di Castelmuschio. È questo un paesotto dell' isola di Veglia, appartenente pure una volta a Venezia. È situato in alto su di un largo dirupo boschivo, che par che guati minaccioso in mare. La natura ha costrutto ella stessa qui un porto, il più favorevole che desiderar si potesse, con stretta imboccatura e tutto all' intorno rinserrato da roccia grigia. È Domenica, tutto il paese è in piedi. Qui si vede una cosa che appena in Italia accade ancor di vedere, cioè la foggia di vestire tradizionale nel popolo. E in ciò si mostra la virtù conservatrice di un' isola. Queste donnette un po' ritrose sono in parte assai fresche e leggiadre, cogli abiti a larghi faldoni, variopinti, fiorati, i bustini di seta nera, le pezzuole chiare al collo, i pendènti ammirabili e specialmente poi sul capo le bende grandi, larghe, bianche, alate, che chiudon di sotto tutto il mento. È evidente che portano un vestiario da festa, che su quest'isola è usuale da secoli. Le bende poi sono, com'è autentico, del medio evo. Gli uomini hanno aspetto più moderno. Vanno troppo spesso sulla terra ferma, a Fiume e altrove, perchè non abbiamo a sparire più presto per loro quelle particolarità tradizionali. Ed ora da Castelmuschio a Buccari comincia un tragitto a giravolte, tra rigide rupi, per passi di mare tortuosi, un vero viaggio tra i fjord. Buccari è posta dall' altra parte del continente croato, nel fondo di una baia. Tra la costa croata e l'isola di Veglia la natura ha scagliato in mare un macigno colossale : lo scoglio di San Marco, che sta come un drago gigantesco accovacciato dinanzi all' entrata della baia di Buccari; ed ora fa d' uopo di girare in un canale augusto questo scoglio malaugurato. Quando la bora infuria, nessuna nave s'arrischia in questo stretto, che porta anche il nome di -"Canal Maltempo.. La bufera trascinerebbe il naviglio e lo manderebbe in frantumi contro le rocce. Pure oggi con questa giornata di sole e di calma non c'è nulla da temere nel Canal del Maltempo ; solamente è assai tetro : di qua e di là una roccia grigia, che s'erge quasi a perpendicolo dal mare, sulla rupe nessun segno di vita, soltanto una muraglia diroccata, che appena si distingue dal colore della roccia viva — serpenti si dice che siano gli unici abitatori dello scoglio di S. Marco — del resto un deserto, uno squallore, un abbandono, che con ombra di piombo incombe su queste cupe pareti; il completo romanticismo del nudo, del solitario, del brullo, l'intiera poesia della morte. Dove mai si può aver veduto qualche cosa di simile? Nella natura no, ma forse in qualche paese immaginario fantasticato da un poeta. Tutte le storie de' pirati, che s' ascoltarono negli anni della fanciullezza, rivivono tra queste rupi, qui c' è il teatro per le crudeli leggende degli Uscocchi, qui c' è ispirazione per le poesie di corsari di Lord Byron, e a mala pena ci si meraviglierebbe se qua o là sbucasse impreveduta una tartana di pirati per arrembare il nostro pacifico battello. Frattanto si fa più luce ; la via s' allarga, ed ora si scorge il vecchio castello de' Frangipani (oggidì un convento di gesuiti) che ha agli angoli le sue quattro torri rotonde ; esso custodisce l'entrata della baia di Buccari. Questa presenta di nuovo una veduta del genere più raro. Rinchiusa all' ingiro da monti, somiglia a una tinozza sterminata, nel più profondo recesso della quale s'estende a ridosso del monte la città di Buccari colle sue case bianche. Di rimpetto si vedono all' altra estremità sulla spiaggia Buccarizza e Porto Re, ombreggiate dall'oscuro maciguo. Quando la nave galleggia in mezzo della baia, si crede di aver dinanzi un lago alpino. E anche qui una solitudine profonda, se anche un po' meno triste, un sito del mondo del tutto separato dall' e-sterno, un sito, sul quale sembra che graviti qualche destino speciale. È un romanticismo affatto differente da qullo, che circonda l'inospite scoglio di San Marco. Si legge che il Cristianesimo ha messo piede in Buccari già intorno all' anno 167, circa un secolo dopo che la città era stata fondata da fuggiaschi dell' Oriente. Quelle due righe ti svegliano l'immaginativa ed hanno per effetto, che attribuisci a quel luogo qualche cosa di attinente al Messia ed alla Palestina. In quest'eremo tranquillo, in questa cala rocciosa, le cui pareti nell'estate verdeggiano del fogliame della vite, si può ben immaginarsi un pensatore divino, che in quieto raccoglimento medita una nuova dottrina di redenzione, per farla poi divulgare un giorno da' suoi messi tra gli uomini, là nel mondo quello che egli escogitò nella profondità dell'animo suo . . . 11 fischio rauco del vapore mette fine alle fantasticherie. Siamo arrivati. Per visitare il luogo non n'è concesso pur troppo assai tempo. E una città di montagna come tutte le località sulla spiaggia del Quarnero, croata poi con aspetto italiano. Somiglia anche a' paesi alpestri italiani, solamente apparisce più netta, più pulita. Del resto c'è lo stesso pittoresco guazzabuglio: strade e stradette auguste, case basse con camini veneti e finestre piccole, scale e viottoli per tutto il paese, si va sempre su e giù per il monte, un continuo arrampicarsi e discendere. Tra gli editìzi si vede crescere rigoglioso il fusto oscuro de' cipressi e talvolta s'incurva al di qua de' muri un fico, cui P inverno ha spogliato delle foglie,s'attrappisce in sè stesso lamentoso e storce i suoi rami, vero emblema del dolore, e tra gli alberi fa la figura di un martire. — Tutto iu complesso un quadro dell' inverno meridionale. Giù presso 1' acqua c' è una bella marina, il corso de' paesani. Attraverso una spalliera di curiosi s' arriva di nuovo al vapore. Sou monelli da strade, che se ne stanno musando colle mani alla cintola, pescivendoli strambellati, che girano di casa in casa colla loro merce fresca, ancor guizzante. Molti de' compagni di viaggio ritornano con fiaschi di vino, che prendono seco per ricordo. E un vino bianco indigeno, che dà poca spuma, ma che non mantiene interamente quello che sembra promettere alla prima sorsata. Lo si chiama ,Vòdizza", acquerella — per un vino è un nome meraviglioso .... Nel ritorno i soprabiti vengono rediutegrati nel loro onore. Poiché pur pure ci si accorge che si è verso la fine di Dicembre, nou lontani da Natale. Il sole ha già declinato molto verso l'orizzonte. Tutto si presenta in linee più marcate prima di venir avvolto dall' oscurità. Là in alto quasi sul cucuzzolo del monte s'aggirano adagio in vortici rasentandolo due nuvole di fumo senza fine: è la ferrovia, che sbuffa da Fiume a Carlstadt e viceversa; in lontananza si riceve l'impressione, come se entrambe le locomotive non si movessero dal posto. Per mare incontriamo tre grandi barche pescherecce, le cui vele rosso-brune, tese fortemente, foggiate a scacchiera risplendouo con magnifico effetto sotto i raggi dorati del sole che tramonta. Sono Chioggioti, ch'esercitano qui il loro faticoso mestiere, gli ultimi che rappresentano in queste acque Venezia. 11 sole si sprofonda sempre più. Le numerose lingue di terra e le piccole penisole del golfo s'allungano nell'acqua com'ombre oscure, i vertici de' monti sono ancora splendenti di luce, oltre le cime nevose raggiano riflessi violetti, per un po' di tempo tutto il quadro sembra immerso in un'atmosfera bluastra; poi j si fa sempre più scuro e più scuro, cade la tenda e la notte è sopraggiunta. La mattina seguente si ritorna a Vienna, dal meriggio di nuovo nel settentrione. Mattuglie, dove si discende dal treno, è quasi la linea di confine tra i due cieli. Si sente ancora il soffio più mite, 1' alloro cresce in cesti bassi — pur quale cosa è mai questa, che giace per terra ben imballata, e che qual merce, che non soffre indugio, deve venir per mezzo del treno celere inoltrata al mare? Fardelli bislunghi; rami verdi vi sbucan fuori! Non c'è dubbio; sono alberi di Natale, attesi a Fiume o in Abbazia. Adunque deve pur qualche volta anche il settentrione venir in aiuto al meriggio; e accanto a' superbi alberi nobili, al lauro, al cipresso, alla magnolia viene egualmente onorato anche il semplice pino de' nostri paesi. Settentrione e meriggio, o-gnuno ha la sua bellezza speciale, la sua virtù particolare. Benedetti tra i paesi sou quelli, dove entrambi si toccano l'un l'altro così da vicino e sono confinanti così sentitamente amici, come in Austria. 2ST o t i z i e È convocato in Riva di Trento per il giorno 16 luglio a. c. il primo Congresso generale ordinario della «Lega Nazionale» e vi sono invitati, giusta il §17 dello statuto, i membri della direzione centrale, dei consigli di sorveglianza, del collegio degli arbitri, delle direzioni dei gruppi locali e i rappresentanti di questi. 11 Congresso si terrà nel Teatro sociale, gentilmente concesso. Alle ore 10 ant. avrà luogo la revisione delle procure, a ore 11 ant. la presentazione al Municipio, a ore 11 1/2 ant. il Congresso. Saranno soggetto di discussione e-deliberazione: 1. 11 verbale dell'adunanza costitutiva ch'ebbe luogo in Trieste il 1. Novembre 1891 ; 2. Le relazioni delle due direzioni di sezione sull'attività sociale ; 3. Il rendiconto finanziario del fondo centrale e dei fondi delle due sezioni; 4. Il rapporto dei due consigli di sox-veglianza ; 5. La determinazione del contributo delle due sezioni alle spese generali ; 6. La domanda che sia instituita una università italiana o per lo meno sieno riconosciuti certi studi percorsi e certi diplomi conseguiti all'estero e segnatamente nelle università e nelle scuole d'ingegneri del regno d'Italia; 7. La proposta di modificare il § 2 dello statuto con l'omettere le parole «sotto l'osservanza delle vigenti leggi industriali» ; 8. La determinazione del luogo ove abbia ad essere tenuto il prossimo congresso ordinario. Il IX congresso della Società politica istriana che ebbe luogo a Pirano il giorno 17 giugno p.p. fu numeroso, e vi concorsero i rappresentanti di ogni luogo della provincia; ciò che crediamo necessario di rilevare per trarne argomento di conforto e sperar bene delle sorti di questa nostra società, che tiene uniti quanti in provincia sentono il bisogno di combattere contro le perseveranti e ardite insidie- dei nemici di oltre confine. I gravi sacrifici già sostenuti per questa lotta,, e il sapere che dobbiamo imporcene altri non meno gravi per continuarla — Dio sa fin quando — sono fatti che ci devono ammaestrare a far tesoro di ogni forza, per raccoglierne, quanto è mai possibile, e non sprecarle, ma farle valere unite nei momenti decisivi ; è necessario quindi che tutti i soci contribuiscano puntualmente il canone sociale appena loro domandato, e sappiano che con ciò avranno compiuto un primo dovere; ne si trascurino le raccolte di offerte da parte di singoli soci in ogni luogo, come è previsto dallo statuto ; avvertendo che il solo modo di riuscire è quello di mantenere un sistema ordinato di riscossione, con perseveranza. E non ci si venga a dire che la perseveranza è virtù.... non italiana, come abbiamo pur troppo sentito ripetere a scusa ■ di infingardaggine e di apatia morbosa. Tanto è vero che parecchie città della provincia hanno già dato splendido esempio di quanto si possa quando si voglia e si sappia fare. II congresso si raccolse per la prima volta nella città di Pirano, e abbiamo notato più che altrove la viva parte presa dulia popolazione, affollata nelle gallerie dell'ampia sala comunale; ma non fu cosa che ci abbia sorpreso, perchè sapevamo come in ogni occasione la città di Pirano sia stata tra le prime a dare prova del vivissimo sentimento nazionale che la anima tutta ; singolare città così addossata alla collina, coronata di torri merlate ; ricorda la bella e gentile Conegliano che le sta di faccia a pie dell'Alpi Cadorine. I congressisti trasportati da comode eleganti vetture, per 1' amena riviera, si recarono al pranzo . nella sala dello Stabilimento balneare di Porto Rose. Dove lo desideriamo tutti di cuore che vengano secondate dalla fortuna le coraggiose iniziative di Pirano, mentre tutto concorre ad animare le giuste aspettative e 1' aria balsamica, la bellezza del sito, e ciò che più importa, la provata efficacia delle acque madri adoperate in quello Stabilimento, per guarire molti mali; per alcuni dei quali, venne dimostrato, sono un vero specifico. Riportiamo dall'Istria di sabato 24 giugno il Protocollo del IX Congresso generale ordinario della Società Politica Istriana tenutosi a Pirano il giorno 17 giugno 1893 alle ore 11 ant. Tiene la presidenza il presidente avv. Silvestro dott. Venier. — Presenti 68 soci. Sono rappresentati al Congresso i giornali: L'Indipendente, Il Piccolo, L' Operaio, La Provincia, L'Istria, Le Alpi Giulie, Il Giovine Pensiero. Constatato il numero legale, il presidente dichiara aperta la seduta. Presenta 1' ill.mo signor capitano distrettuale Adolfo de Schaffenhauer-Nej's, quale commissario governativo. Saluta la città di Pirano e rileva, con parole d'encomio, la nuova prova d' attaccamento al sodalizio da essa data recentemente coli' iscrizione di ben- quaranta nuovi soci. — Si dice lieto e ringrazia i convenuti della numerosa partecipazione. — Giustifica 1' assenza dei membri di direzione signori dott. Costantini Costantino e Scampicchio dott. Vittorio; e passa alla trattazione dell'ordine del giorno. I. Lettura del Verbale dell' anterióre Congresso ■generale. Il protocollo viene preletto ed approvato senza accezioni. II. Comunicazioni della Presidenza. Il presidente commemora il decesso dei soci : Barsan dott. Luigi, de Bartolomei Nicolò D'Andri Pietro, De Franceschi Carlo, Furian ingegnere Lorenzo, Totto conte Gregorio, Vidacovich dott. Anto-niu — ponendo in rilievo le qualità eminenti.di alcuni tra essi e la gravità della loro perdita. — Partecipa che il numero attuale dei soci, ad onta della depennazione di alcuni morosi nel pagamento del canone, è di 500. Riferendo sull'attività della direzione nell'ultimo periodo sociale, accenna in ispecie alle elezioni comunali di Portole, Visignano e a quelle suppletorie di Rozzo, tutte riuscite in favor nostro. Ricorda le pratiche fatte dalla direzione per la imminente elezione dietale suppletoria nel collegio dei Lussini, dove sembra ormai ben assicurata la candidatura dell'avv. Giovanni Martinolich. Ultimate le comunicazioni, il podestà on. avv. ragiacomo, chiesta la parola, saluta i congressisti nome della città di Pirano, onorata di ospitare nella solenne ricorrenza i rappresentanti di tutta la irovincia. Fa voti per la buona riuscita del Congresso e per la prosperità del sodalizio. III. Approvazione del bilancio per la gestione 1892-93. Esposto il resoconto e l'annessavi relazione dei revisori signori Leandro Camus e Giovanni Mazza-rellì che ne propongono 1' approvazione, il bilancio della gestione sociale 1892-93, sopra proposta del-avv. Francesco Costantini, viene approvato senza discussione. IV. Fissazione del canone sociale per V anno sciate 1893-94. La proposta della direzione di elevare il canone a fior, 6 per poter meglio far fronte agli ognor crescenti bisogni della Società, solleva una discussione alla quale prendono parte gli on. dott. Bubba, avv. Costantini. Giuseppe Trevisini, dott. Pio Cambini e Giorgio Cobol, alcuni in favore della proposta, altri per combatterla — argomentando questi ultimi di favorire F aumento dei soci mediante un canone più basso. In esito alla votazione, viene adottata a grande maggioranza la proposta della direzione, e fissato a fior. 6 il canone sociale per l'anno sociale 1893-94. V. Lettura sul tema: "La consapevolezza di sè e dei propri doveri nella vita pubblica. „ —— E— mutuale discussione e deliberazione. L'on. avv. Francesco Costantini tiene l'annunciata lettura che fa parte del presente protocollo ; in seguito alla quale, 1' assemblea vota la seguente risoluzione : "La Società politica istriana, radunata a congresso generale, fa voti affinchè tutte le cariche e-lettive della provincia, tanto politico-amministrative che sociali o cittadine siano affidate soltanto a persone che abbiano la piena consapevolezza di sè e dei propri doveri e che siano al caso di adempirli con scienza, coscienza, fermezza, indipendenza ed abnegazione., VI. Modificazione della seconda parte dell'art. 17 dello statuto sociale. Apprezzate le ragioni addotte dal presidente in appoggio della proposta, 1' assemblea vota ad unanimità la seguente modificazione della seconda parte dell'art. 17 dello statuto sociale: "In caso di scioglimento da parte dell'autorità, il patrimonio sociale resta affidato in amministrazione al presinente in carica. Se, entro un quinquennio dallo scioglimento, si ricostituisse in provincia una Società politica coi medesimi intendimenti, egli dovrà devolverlo alla stessa per iscopi sociali. Trascorso il quinquennio, dovrà destinarlo a scopo di pubblica istruzione., VIL Nomina della presidenza. Seguita la votazione e fatto lo spoglio delle schede dai fiduciari on. avv. Belli e dott. Franco, risultano eletti: 1'avv. Silvestro dott. Venier a presidente ; a vice-presidenti 1' avv. Andrea dott. Amoroso ed il dott. Matteo Bartoli; a direttori, avv. Felice dott. Bennati, Costantino dott. Costantini, Gabrielli Italo, Madonizza dott. Pietro, Scampicclno dott. Vittorio, Tornasi Agostino, avv. Guglielmo dott. Vareton. Vili. Nomina di due revisori dei conti. Riescono eletti per acclamazione i signori Leandro Camus e Giovanni Mazzarella IX. Eventuali proposte. L' on. Giorgio Cobol propone e l'assemblea vota un atto di ringraziamento alla presidenza, incuorandola a perseverare sulla, via finora battuta. 11 presidente, non chiedendo altri la parola, dichiara chiuso il Congresso e leva la seduta alla ore 12 72 pom. —-----H338—--— Appunti bibliografici Paolo Tedeschi. Questioni letterarie del giorno, (Studio). Capodistria, Tip. Cobol-Priora, 1893. Nel "Nuovo Risorgimento,, rivista di filosofia, scienze, lettere, educazione e studi sociali, sotto la direzione del Professore Michelangelo Billia; rivista che ha per iscopo principale di difendere la filosofia del grande e santo sacerdote Antonio Rosmini, contro le bugie dei nuovi farisei, leggesi il seguente articolo : "Le larghe letture, fatte con amore dal Tedeschi, gli danno ampia materia per una discussione, dove egli ha modo di dire molte e utili cose, ma | non tutte disposte in quell' ordine logico che un ragionamento serrato e stringente richiederebbe. La sua ha più le forine d" una conferenza, che d'uno studio ponderato ; troppe cose vuol dire, quasi per tema che gli venga meno la materia alle sue conclusioni ; onde fuorvia di qua, di là, senza ben seguire un determinato e ben tracciato cammino. A pagina 69 veniamo al succo del libro; e ci si sarebbe giunti anche con minor cumulo di materia ingombrante. Questa è dunque, senza altri discorsi la questione urgente: rialzamento del sentimento morale e religioso per migliorare la società, e possedere quindi nel secolo nuovo una ricca letteratura senza pregiudizi di scuole e di chiesuole, solo intenta ad innalzare il tempio del hello, quale uno slancio sublime dell' anima verso 1' ideale e la conquista del buono.,, (*) Segue, come appendice, un capitolo V dove il Tedeschi, mosso da aiiior patrio domanda: "Nelle questioni letterarie di cui si è discorso, qual parte ha preso l'Istria? Quale fu il suo indirizzo letterario? E può veramente la piccola nostra penisola aver voce in capitolo, e quale, in caso affermativo, la sua influenza sull'intera nazione?, A tali domande risponde arditamente il Tedeschi, dimostrando che "conservare il minacciato sentimento nazionale fu ed è per gl'Istriani Vunum necessarium„ e si rivolge ai giovani della sua dolce terra natia, perchè con l'opere e di mano e (V ingegno preservino la patria loro "dalle preponderanze straniere da un lato, ed i superbi e fastidiosi abbandoni dall' altro. „ Il voto e 1' augurio sono degni di un così profondo sentimento quale Paolo Tedeschi ha saputo mantenere, e quando dimorava, ed ora che è lungi dall'amata sua Istria., (Nel fascicolo Aprile e Maggio 1893 pag. 410, 411. Milano, Galli). V. F. (*) Ecco che cosa vuol dire avere buon naso! Precisamente così : lo studio dovea essere proprio una conferenza, che non ho poi tenuta per ragioni indipendenti dalla mia volontà. Giustissima anche l'osservazione delle troppe cose dette. E prima di tutti 1' ho avvertito io stesso scrivendo. "E così anche questo lavoruccio sarebbe finito. Cominciato per occasione, come avviene nei giornali, suggeritomi cioè dalle critiche alle conferenze dell'illustre Fra-deletto, andò mano mano sviluppandosi fino ad assumere, o bene o male, la forma del presente opuscolo, (69). Le mani adunque ce l'ho messe innanzi; ma con qual pro, avrà veduto il lettore. Per mio conto, incarando la dose, aggiungo che le cose dette sul Leopardi a pagina 14, e sul Tasso a pagina 25 oltreessere divagazioni, possono anche aver 1' aria di pedanterie letterarie. Buttate giù nel giornale, per ar- j rotondare l'articolo di fondo, stuonano in fascicolo._ Me n'era accorto; ma non era possibile rimediare,.; perchè 1' opuscolo si stampava con gli stessi tipi mano mano usciva il giornale. Al^ro difetto. Lo studio è nato d'occasione e pare più una polemica con un critico de\YIndipendente a proposito di una critica alle conferenze del Fradeletto. Si-aggiunga che ... ma qui faccio punto • perchè qualche bellumore non ripeta di me come don Abbondio: "anche sopra di sè; purché frughi, rimesti, critichi, inquisisca ; anche sopra di se ... „ E sta bene : e senza montare sui trampoli mi sìa lecito di aggiungere, che quindi innanzi potrò dir© senza tanti ibis, redibis, chiaro e netto l'animo mio a quelli che sono soliti pigliare un cappello per ogni minimo appunto che mi casca dalla penna, dopo matura riflessione. Accettate però 1' osservazioni del critico del "Nuovo Risorgimento, ancor due righe di franca difesa. Egli dice che solo a pagina 69 vengo al succo del libro. Ciò non è del tutto vero. Fin da principio mi sono proposto d'indagare 1. quale sia il giudizio dell' alta critica francese sulle novità letterarie e 2. di spiegare il significato dei nomi delle scuole che fanno oggi tanto rumore in Italia (pag. 5). Questo era il mio assunto; ed a rigore di logica, avendo così impostato il lavoro, non poteva venire alle con-clusioni, se prima non pertrattava le due proposizioni. Anche questa è logica ! Nota di P. T. ■ ----«fó---- PUBBLICAZIONI Archeografo Triestino edito per cura della Società del Gabinetto di Minerva. Nuova serie. Volume XVIII, Fascicolo II. Luglio-Dicembre 1892. Trieste. Caprin. Antonio Curi Cotoanni. Fermo dal 1849 al 1800 nelle pagine di un contemporaneo. Fermo, tipografia Bacher 1893. In giro all'Adria — schizzi (Rumi um die Adria ein sckizzenbuch) di Giuseppe Stradner. Con 34 illustrazioni di Francesco Schlegel. Graz. Tipografìa editrice «Leykam». In -16 di pag. 170 con copertina colorata. I dialetti istriani (Die istrianischen mundarten). Bel dottor Antonio Ive. Vienna. A spese dell'autore. — Coi tipi del figlio di Carlo Gerold. 1893. In -8 di pag. 42. Eneide di Virgilio tradotta da Giovanni De' Medici. Prima edizione. :— Capodistria, tip. Cobol & Priora 1893. — Un volume in 16.° di 368 pagine, costa fior. 2, pari a lire 5.