Abbuonamento annuo fiorini 4 semestre f.r 2. Pagamenti antecipatl. Per un solo numero soldi 20. Rivolgersi per gli annunzi all’Amminis. Redazione ed Amministrazione Via EUGENIA casa N.ro 334 pianterreno. Il periodico esce ai 10 e 26 d’ogni mese. Lettere e denaro devono dirigersi franchi alPAmministrazione Si stampano gratuitamente articoli d’interesse generai Avvisi in IV. pagina a prezzi da convenirsi e da pagarsi antecipatamente. Non si restituiscono i manoscritti. Excelsior_____ Capodistria 10 Settembre 1885. Gli ultimi (l’Agosto decorso circolava in provincia il seguente AVVISO Il sottoscritto Comitato, costituitosi allo scopo di raccogliere sottoscrizioni per la istituzione di una Società Istriana di Navigazione a Vapore fra Trieste e Pola, si fa un dovere d’invitare tutti quei signori che desiderassero comparteciparvi in qualità di azionisti, di intervenire alla radunanza che avrà luogo domenica 30 agosto corr. alle ore 4 pom. nella Sala del Restaurant „Apollo“ di qui, gentilmente concessa. Si troverà quivi esposto un apposito foglio, ove ogni compartecipante potrà inscrivere il proprio nome, ed il numero delle azioni che desidera di acquistare. Per fornire a ciascuno la possibilità di divenire azionista, e diffondere fra tutte le classi della popolazione istriana l’interesse per questa istituzione cotanto necessaria ed utile alla nostra Provincia, è stato stabilito che il valore di ciascuna azione non abbia a superare l’importo di f. 25, e possa essere pagato anche in rate. Tostochè si sarà raggiunto il numero di 6000 azioni ed assicurato per tal modo un capitale di fior. 150,000, si procederà alla definitiva costituzione della Società, ed all’ acquisto del vapore Adriana, da tutti ben conosciuto, di uu secondo, ed indi di un terzo vapore ; e si darà principio all’ attivazione della linea di navigazione per conto sociale. Gli è da gran tempo che nelle nostre città della costa si fa sentire il bisogno di una Società di Navigazione composta e sostenuta da istriani e dai nostri capitali, la quale abbia a fornire tutte le possibili comodità, sicurezza e conforti a buon mercato, ed a raccogliere dalla navigazione stessa quelle migliori risorse, che per troppo lungo tempo furono sfruttate da altri. A quest’ ora, se per imprevedute circostanze il progetto concepito anni fa, non fosse rimasto arenato, l’Istria potrebbe possedere una Società propria, e non sarebbe costretta di assistere alla poco lodevole manovra di altra Società, diretta soltanto ad abbattere chiunque intendesse di creare lungo la costa da Trieste a Fola una onesta e lecita concorrenza, per conservare a sè stessa il fin qui troppo abusato monopolio. Ma quello che non si è fatto finora, è pur sempre possibile di farlo in oggi, massime, se, e come attualmente, ci si offra una favorevole occasione. Siamo nell’ epoca del movimento e della generale attività ; bisogna muoversi per non rimanere schiacciati. Ogni provincia, ogni distretto, ogni città si dà le mani attorno per progredire e raggiungere il proprio maggiore vantaggio, e quello dei propri abitanti. — Perchè soltanto noi istriani ce ne staremo colle mani alla cintola a vedere i progressi degli altri ? Comprese della importanza ed utilità della progettata Società, già tutte le altre consorelle città della costa, Bovigno, Parenzo, Cittanova, Umago, Pirauo, Isola e Capodistria, vanno a gara per raccogliere il maggior numero possibile di azioni, e dicesi che ne siano state ormai raccolte alcune migliaia. Sarebbe una grande vergogna per Pola, la quale trovasi in condizioni favorevoli, ed in possesso di maggiori capitali delle altre città, se i nostri concittadini, nell' amore della nostra Provincia, e nel proposito di concorrere al miglioramento delle sue condizioni ecouo-mico-marittime, si mostrassero al di sotto degli altri. Il Comitato non può neppure supporlo, ed in tale fiducia si rivolge ai suoi concittadini colla preghiera di voler sollecitamente rispondere all’ appello. Pola, li 26 Agosto 1885. Il Comitato : G. A. Wassermann, Podestà. — V. Dreossi. — F. Malusa. — Nicolò Rossi. — Donato Fonda. — Michele Riboli. — Biaggio Cibibiu. —- Angelo Riosa. — Luigi Rismondo. — Al. Thorsch. — Antonio Dr. Barsan. — Leonardo Rocco. — G. Rocco. -— V. Benussi. — Domenico Curto. — Costantini & Bonivento. Addì 30 Agosto p. p. avea luogo la progettata seduta ed ecco ne il resoconto quale lo togliamo da una corrispondenza alla „Scolta" di Rovigno : Alle 4 pom. nella Sala Apollo 1’ avv. Dr. Barsan fra numeroso uditorio aperse la seduta. Egli con belle e sentite parole dimostrò lo scopo, il bisogno e 1’ interesse di questa associazione ; ne propugnò la sua costituzione pel bene e decoro dell’ Istria, fece raccomandazione a tutti di concorrere, delineandone le conseguenze nel caso i patriotti non vi corrispondessero, e dichiarò, che se questa volta l’idea abortisse non dovremo più nell’ avvenire lagnarsi, se genti forestiere sfruttano la nostra provincia a tutto loro uso e consumo. Invitò poi i presenti a sottoscriversi e quindi ad eleggere uno stabile Comitato che si adduca di bottega in bottega, di casa in casa, di ufficio in ufficio per raccogliere firme non potendo al certo fallire sì nobile tentativo. Esortò i Polesi a non indietreggiare quando perfino delle città dell’ interno, come p. e. Montona, Buje, Vi-sinada e Visignano concorsero con nobile intendimento al bene generale. E le azioni fino a quel momento raccolte s’ accrebbero a 569, per cui Pola alle ore 5 pom. d’ oggi ebbe a sottoscrivere per fior. 14,225. Cessata la sottoscrizione, il Dr. Barsan invitò gli intervenuti ad eleggere il Comitato, e questo su proposta del Dr. Glezer venne composto delle seguenti influenti persone. G. A. Wassermann podestà — Avv. Dr. Barsan Vincenzo Dreossi—- Ing. Giovanni Mattiassi — Luigi Thorsch — Nicolò Rossi — Donato Fonda — Francesco Malusa — Leonardo Rocco — Domenico Curto — Angelo Riosa — Cristoforo Ranch — Michele Riboli e Biaggio Cibibin. Il Dr. Glezer fece alla sua volta caldo appello a a tutti i cittadini a non mancare all’ invito ; dimostrò, che l’intera Provincia ha i suoi occhi su Pola, città per le sue speciali condizioni e pel suo forte commercio costiero, interessata quanto mai a concorrere alla costituzione di questa nuova società. Appoggio in tutto e per tutto il discorso dell’ on. Avv. Dr. Barsan e terminò col dire, che, se l’Istria venisse meno allo scopo, non le resterebbero che le beffe e la taccia di mancanza di spirito di associazione e intraprendenza ed i danni per la vendetta, che se ne prenderebbe la società, che in oggi spadroneggia pei nostri porti. Propose che il Comitato di Pola si faccia iniziatore di una radunanza fra tutti gli altri comitati delle vicine città in un luogo da stabilirsi, per lavorare uniti, indefessamente lavorare, per raggiungere la meta. Ringraziò il Comitato promotore di Pola per la seduta odierna, che è una manifestazione, che Pola non può, non vuole, postergare l’utile della Provincia. Ed al grido : „ avanti - si faccia - dimostriamo di essere anche noi all' altezza del tempo.* 1’ avv. Dr. Barsan chiuse la seduta e promise — e lo farà — di cooperare cogli altri membri alla effettuazione di una idea da tanti anni vagheggiata. Quindi Istriani all’ opera —- e presto — il tempo incalza — proviamo di non essere da meno degli altri popoli — volere è potere ! Alla seduta era presente il vecchio Polli, la scintilla di questa generale commozione. Gli strinsi la mano, e Dio voglia, che quanto egli desidera, quanto tutti noi desideriamo s’avveri, — ciò dipende da noi istriani della costa e dell’ interno, per cui chi manca non è patriota, inquantochè per sorreggere questa istituzione non è bisogno di arrischiare tutta la propria sostanza, ma quanto questa lo permette, e se ciò anche non gli frutterà un materiale interesse, gli procurerà almeno l’inesplicabile contento di poter dire : ho fatto pel bene del mio paese ! In ogni città della provincia ci sono dunque Comitati che lavorano per conseguire il patriotico scopo. Per oggi non ne diciamo di più. Il posto che assegnammo all’importantissimo progetto mostra quanto calcolo ne facciamo, benché speciali motivi ci impongano di non trattarne più diffusamente. ----------------------------------------------: ----------- Saggio di Annali Istriani. Del secolo XIII — dall’ anno 1235 e seg. dell’Ab. Angelo Marsich. (Cout. vedi N. 10 e seguenti) 1260 — Le truppe friulane ed istriane ritornano dalla Boemia gloriosamente, avendo appoggiato quel re contro gli Ungheresi. Marnano. Ann. del Friuli v. III. p. 4L 1260. — Monfiorito dei Sergi di Pola, essendo in contesa col vescovo di Parenzo per certe investite feudali, entra armata mano in città, assale il palazzo vescovile, gitta al mare le carte che avrebbero chiarito la questione. Notizie storiche di Pola, p. 55. 1260. — Il doge Ranieri Zeno dà in feudo l’Isola di Veglia a Schinella del fu Conte Bartolomeo, ed a Pietro, Pietro, Bartolomeo, Federico e Guido del fu Guidone Conte di Veglia. Kandler. Spiegazione d’Iscrizione romana trovata in Veglia (1862) p. 25. 1260. — Leonardo detto anche Leonida, fu canonico di Dividale, cuopre la sede vescovile di Trieste. Kandler. L’Istria Ann. II. p. 197. 1260. — Il capitolo aquileiese, consenzienti Bonacorsio vescovo di Cittanuova e Corrado vescovo di Capodistria, si obbliga con giuramento a mantenere la riduzione de’ canonici dai L a XXIV giusta l’indulto di Alessandro IV, ottenuto dal patriarca Gregorio di Montelongo ; e ciò per la scarsezza delle rendite. Kandler. L’ Istria. Ann. VI. p. 70. ed Indicaz. p. 30 1260. — Insorgono questioni tra Conone e Bianchino fratelli da Mondano da una parte ed il loro zio Stefano da Castelnovo dall’ altra. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1260. — La Terra d’isola si separa intieramente da Capodistria e si costituisce in comune da sè. Kandler. Cod. dipi. Istr. sub a. 1145. 1260. — Bonaccorso de’ Bonaccorsi da Capodistria, canonico di Aquileia, promosso a vescovo di Cittanuova in Istria. Naldini. Corografia etc. pag. 139. 1260. — Si restituisce in Trieste la fraterna del Corpus Domini, detta altrimenti dei Battuti. Kandler. Indicaz. p. 30. 1260. — I Minori di San Francesco dànno compimento al loro convento in Capodistria. Kandler. Indicaz. p. 30. 1260- 1270 Enrico comparisce in questo lasso di tempo signore di Duino ; quindi conte di Hardeck. Kandler. L’Istria. Ann. V, p. 66. 1260-1277. — Figura in questi anni qual’ Abate de’ Benedettini di S. Pietro in Selve, fra’ Sem-prebuono. Kandler. L’Istria. Ann. IV, p. 120, 1260, 4 genn. — 11 patriarca Gregorio di Montelongo compera da Brachino di Mumiano la quarta parte del castello di San Giorgio detto anche Castellione, situato presso Buie per L. 500 breve tempo dipoi compra da Almerico del fu Vidotto di San Giorgio le altre tre parte del castello per lire 1200 di picc. veronesi. Bianchi. Indice dei Docum. per la Storia del Friuli, p, 14. — Kandler. Indicaz. p. 30. — Thesaurus. Ecc. Aquile), p. 188 e 189, — Marnano Ann. del Friuli v. III. p. 35 e 49 — e Carli. Ant. Ital. v. V, p. 181. 1260, 16 gennaio. — Utigunda abbadessa in Aquileia si rifiuta di confermare a gastaldo di Isola, certo Giovanni, eletto dal podestà e comune d’Isola per tre anni, comandando loro a non volersi intromettersi quind’ innanzi ne’ suoi diritti. Kandler. Cod Dipi. Istr. 1260, 2 febbraio, Aquileia. — Corrado vescovo di Capodistria cede al decano di Aquileia, Alcuino, un maso, co’ casali e case, con le corti ed orti verso 1’ obbligo di numerare al capitolo aquileiese dodici denari locali, tutto situato nella villa di San Pietro presso Vanno. Notizenblatt. Beilage zum. . etc. To. VII, p. 167. 1260, 22 febbraio. — Cernegor slavo promette al capitolo della cattedrale di volerci stare per sei anni nella casa, posta nella contrada di S. Croce, e che tiene in affitto dallo stesso capitolo. Decano del capitolo triestino era don Vitale. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1260, 1 novembre. — Volrico, signore della Carniolia, dell’ Istria e della Carsia e duca di Carintia, fonda e dota col consenso della propria consorte, Agnese, il monastero di Vaigioiosa nella Carniola. Kandler. Cod dipi. Istr. 1261. (*) — Venezia, accettata la spontanea dedizione di Parenzo, vi manda a podestà ser Giovanni Cappello. (*) Il Gallicciolli lo vuole eletto a podestà appena nel 1263 ; Delle memorie venete. To. II, p. 247 ; il Muratori, Scriptores rei. ital. To. XXII, col 564 ; ed il Co. Gian Rinaldo Carli: Antichità Italiche. To. V, pag. 41 lo dicono eletto appena nel 1267. Bomanin. St. Do cura, di Ven. — II. 278. 1261. — Il patriarca Gregorio accorda alle città di Parenzo e Pola e al castello di San Lorenzo presso Orsera di eleggersi il proprio podestà; ordina inoltre al comune di Pirano a non volersi scegliere il rettore senza un suo permesso. Carli. Ant. Ital. - V. p. 187 e 215 — Marnano. Ann. del Friuli v. Ili, p. 44. — e Kandler. Indicazioni p. 30. 1261, 2 gennaio. — Ser Bianchine da Mondano podestà di Cittanuova, annuendo alle preci del vescovo locale Bonifacio, rinuncia per sè ed eredi a quella carica. Minoto. Acta et Dipl. I, p. 27. 1256, 15 genn. — Mainardo, conte di Gorizia, trovandosi in Pola, pronuncia sentenza circa il castello di Orsera ; tra testimoni liavvi Guglielmo vescovo di Pola ed Ottone vescovo di Pedena. loppi. Aggiunte al Cod. Dipi. Istr. p. 38. 1261, 19 genn. — Ottone vescovo di Parenzo investe Arrigo di Pisino e suoi successori del gius-patronato della chiesa di S. Michele presso quel castello, dei beni a lei spettanti e del diritto di eleggervi il cappellano previa conferma da parte del vescovo diocesano, col-P obbligo perpetuo di consegnare alla chiesa parentina il dì 21 novembre d’ogni anno una libra d’incenso. Alla donazione erano presenti fra’ Federico abate di S. Petronilla e don Orso pievano di Pisino. Il capitolo parentino consenziente alla suddetta donazione componevasi dei canonici : Tomaso arciprete, Bernardo arcidiacono, don Marco, don Orso pievano di Pisino e don Vito, Corrado e Gialmasone di Corrado da Montona diaconi, e Simone di Varino Mar-garotti suddiacono. Archiv. civ. triest. Mss. pel. Cod. Dipi- Istr. — e Kandler. Cod. Dipi. Istr. — ed Indie, p. 30 1261, 1 aprile, Udine. — Ser Bonifacio gastaldo del patriarca di Parenzo, delegato da questo comune (8 marzo), elegge col consenso del Patriarca ser Bianchine da Momiano a podestà di Parenzo per 1’ anno in corso ; il patriarca ne lo conferma. Minoto. Acta et dipl. I, p. 27. 1261, 1 maggio. — Il patriarca conferma il suo Bicario in Istria, ser Senisio de Bernardis da Padova, a podestà di S. Lorenzo. Minoto Acta et Dipl. I, p. 27. 1261. 7 Ottobre. — Venezia proibisce ai suoi sudditi di condurre dalle Marche vino in Dalmazia o pel Quarnero sotto pena di perdere e vino e barca. Minoto. Acta et Dipl. I, p. 137. 1261, 13 ottobre. — Venezia ordina che a custodia del mare sia di stazione in Umago una marci-liana con 6 uomini, in Pirano una marciliana ed una gondola con dieci uomini. Minoto. Acta et Dipl. I, p. 137. (Continua) Quinci e quindi L’uomo è un animale sociale, e però la solitudine assoluta e protratta gli è contro natura. Senonchè il filosofo si lamenta di essere tornato a casa meno uomo, tutte le volte che è stato fra gli uomini. La via di mezzo potrebbe essere questa, che nella solitudine si mediti la maniera di conversare cogli uomini, e nella conversazione si apprenda a desiderare il ritiro. * * * Ce lui est ime peine insupportahle d’ètre obligée de vivre avec soi et de penser à soi (Pascal-pcn-sèes). Il motivo è questo, che si ha bisogno di distrazione per non vedere 1’ edilìzio morale o quanto n disfatto, per attutire i rimorsi. Quanto più integro è un uomo, e tanto più gli è tollerabile e fino a un certo segno appetibile il ritiro. Il sistema carcerario celiare vuol essere una orribile cosa per quei detenuti che non si sentono di applicare alla ricostituzione dell’ edilizio morale ; finirebbero per ammattire, se la sapienza dei legislatori non avesse stabilito che la detenzione fosse relativamente più breve. * * * Per i pagani la moglie era ed è tuttora una schiava. La civiltà cristiana l’ha fatta la compagna, l’amica dell’uomo, la madre de’suoi figli; la cavalleria ne ha fatto un essere superiore, al quale 1’ uomo ha da levare il cappello e da cedere il passo anche dove si può entrare comodamente insieme. Penso che una donna di spirito durerà fatica a contenere un rito amaro ai complimenti che il marito le fa in piazza o nei salotti. * * * Si dice che la più erronea delle definizioni sia quella che 1’ uomo è un animale ragionevole. Si vorrebbe sostituire quell’altra, secondo la quale l’uomo sarebbe un animale bipede implume. E forse hanno ragione, chè troppe volte la ragione non ci serve ad altro che a farci cogliere in contraddizione con noi medesimi. Conosco il meglio ed al peggior m’ appiglio — do lode alla ragion, ma corro ove al cor piace (Foscolo). Le plàisir est la monnaie pour la quelle nous donnons tout ce qu’ on veut. (Pascal), * * * „Sarebbe desiderabile che quanto è stato scritto fin qui si riducesse tutto in sei mila volumi in foglio, che tanti sarebbero bastanti, e che si bruciasse tutto il resto.* (Ganganelli—■ Epistolario). Quanto risparmio di tempo per li studiosi, e di occhi e di danaro ! E se poi si bruciassero anche sei mila? Qui multiplicat scientiam multiplicat do-lorem. * * * Il genio, si dice, è una nevrosi, e può essere che sia vero ; ma non mi consta che sia stato finora sciolto il problema, se le anime sieno uguali fra di loro. Per non dire che i nervi sono una regione inesplorata, dei quali per conseguente ci è poco o punto da asserire categoricamente. Ma è di moda spiegare e scusare, anche scusare molte cose coi nervi, l’ira per esempio, l’impazienza, 1’ oziosità, autorizzando in tal maniera il ladro a giustificare il furto, 1’ assassino 1’ omicidio e 1’ adulterio il seduttore. Le persone ammodo attribuiscono ai nervi tutte le loro indisposizioni, sdegnose di ammalarsi delle malattie onde si ammala la plebe. Mi è occorso di udir spiegare col nervoso un impaziente appetito meridiano. CORRISPONDENZE 8. Lorenzo del Pasenatico, Agosto 1885. Storia, Filosofia, Poesia ed erudita carità di patria convergono di concerto nel dettato al nostro incorruttibile Indipendente sotto la data „dall’ Istria 2 Giugno a. corr. ed io pure figlio della terra stessa, e forse tanto più attaccato quanto meno appariscente, mi esalto in me stesso di apprendere che vi sieno sempre dei cuori così degni di battere all’unisono, come avvenivamo eziandio nello scorrere il forse più bel numero dell’ Istria di Parenzo, che si fu quello, duplice della settimana ultima scorsa. Questo sentimento stesso però di patria carità, spero mi possa conceder diritto (seppure tutti i precedenti si volessero porre al dimenticato,]o) di estrinsecare una qualche mia povera parola circa codesto irtissimo tema della binazionalità provinciale, quale ci tornò ornai tanto funesta ! Per me, lo confesso, credetti sempre rovinosa quella massima che alcuni affibbiano alla rinomata setta inti-tolantesi dal Lqjola, doversi cioè smenticare il passato, badare al presente, e non curarsi del futuro contingente!!, come invece savissima istimo quella che è stata stereotipata in fronte del prenominato valoroso Diario. Egli si è per un tanto che io fui solito sempre a risalire, potendolo, alle origini dei fenomeni, memore di quanto dice il grande Mantovano: „Felice chi potè conoscere la causa degli eventi. . “ non fosse altro per l’assioma dell’Allighieri „che saetta previsa, vien più lenta! Ora, dimando io, coni’ è mai avvenuto che la popolazione di questa sciagurata provincia si trovi ora intrisa e miscugliata tanto dell’elemento urale-cosacco, da rompere ogni armonia finalmente, e da ingenerare le odierne lotte sino a mettere in forse, per così dire la prosperità, se non pur la esistenza, di entrambe.? In questa recente pagina la storia nostra non è punto nebulosa, e ne racconta troppo esplicita la faccenda. —• Bitumiamo addietro di appena due o tre secoli, e ci troviamo che la già già affrollente Signoria della Serenissima non seppe fare di meglio che importare genti e tribù dalle più remote e disparate contrade suo e non sue, a partire dalla Valacchia, e a terminare al Montenegro e all’ Albania, per ripopolare, come se si trattasse di importare del bestiame, codeste nostre misere terre — dalle pestilenze e dalla malaria già desolate, e rese spaventevolmente deserte ! Possibile che ci volesse proprio tanto sforzo di comprendonio per discernere quanto più santa e salutare sarebbe stata la idea di racimolare delle povere famiglie affini per entro le contigue prò viride del Veneto stesso, od in altre dell’ apennina penisola, la quale di abitatori mai sempre rigurgitava ? Se non che, ora sono pur troppo accademici cotali rimpianti e a noi non può restar altro che ripetere col Profeta : Patres nostri peccaverunt, et non sunt: et nos iniquitates eorum portamus ! Tale essendo la storia, _ precisamente perchè mi sono geloso della preziosa italianità da me sortita, sono di avviso che la generalità dei nostri disquisitori, o scrittori odierni, menino-spesso davvero il cane per 1’ aja, col variopinto recriminare e bisticciare che muovono contro quell’ elemento slavo che è stanziato e moltiplicato ornai da secoli nella provincia, siasi col nominativo di Sloveni, di Valacchi, di Croati, di Mofiacchi, di Serbi ecc. ecc. il che qui nulla rileva! Prima di tutto, con utile mio dolore, avrà la franchezza di notare che se noi (come è un fatto indiscutibile) ci possiamo vantare di una civilizzazione ben superiore alla loro ; posciacchè nohlesse óblige, ci dovremmo riconoscere in pari tempo nel debito di usare ogni possibile riguardo verso codesti meschini pupilli ed esuli insieme ... e studiar mode di instillar loro 1’ a-more al verace progresso, non già coll’ imitarne noi a caso, il rude linguaggio, o accanito contegno, ma bensì coll’ escogitare ogni più conciliativa maniera a fine di tirarli a vedere le cose di quel colore che esse presentano effettivamente. In secondo luogo a me parrebbe che la sia ben strana, per verità, l’idea di voler guatare quasi in cagnesco che altri senta- quello stimolo sacrosanto della nazionalità propria, per la quale gl’ Italiani già si resero, ad evidenza, 1’ esemplare il più luminoso nel mondo, dopo forse i loro progenitori di Grecia ! La sarebbe una eresia politica imperdonabile il supporre delitto in altri quella cosa medesima per cui, presso di noi, si combatte sempre e ben giustamente ! E questo orribile strabismo politico io penso che siasi infiltrato in troppa larga porzione dei nostrali, in seguito all’incredibile aberramento di qualche assai luminoso nostro autesignano, al quale poteva un dì pur arridere la idea sciovinistica che gli Slavi, i quali popolano ornai una notevole porzione del-1’ Istria, per quanto ella sia microscopica, potessero o dovessero, naturalmente italianizzarsi al completo, nel mentre che tanti loro consanguinei li premono ai fianchi ed alle spalle, senza posa, e con moto geometricamente accellerato ! Cotale pretesa, lo dichiaro con quanta sommissione mai' si voglia, a me la apparisce più che puerile, degna della Senavra, o di qual altro gran manicomio che sia! — E valga il vero. Ammesse le cose in tali termini, sieno pur ostici quanto mai possano, non mi saprei vederci un’ altra ragionevole via di uscita decorosa, tranne le due che spicciamente qui annoto col dilemma seguente : 0 si ponga allo studio, e nel modo il più serio ideabile, il radicale progetto di riparare all’ errore dei nostri proavi, col trovare cioè il modo che i nostri ingannati ospiti e coloni se ne ritornino (ad eque condizioni) nelle plaghe dalle quali vennero così forsennatamente strappati : o si mediti e concreti tale una transazione articolata e tassativa, la quale obblighi necessariamente, a rispettarsi a vicenda ed integralmente ciascheduna delle due nazionalità, le quali in giornata si accaneggiano cotanto sconciamente, nella fissazione che il diritto degli uni se ne possa e-mergere a danno del diritto degli altri ! Ad ogni maniera stimerei di necessità imprescindibile il far cessare, codesto iuverecondissimo battibecco che ora ne assorda, scandalezza e disnatura persino, perocché io lo ritengo ben altro che un amminicolo atto a denunciare al mondo la civiltà di qualsivoglia grado ella si fosse ! Continuando nelle ragazzili vanterie per la nostra barbogia civilizzazione, o nello sprezzo cinico o superbo, nelle ironie vili ed incompatibili verso la incipiente carriera dei nostri adolescenti vicini, non si farebbe giammai miglior strada; ma anzi, oltre che offrire alle nazioni le meglio civilizzate uno spettacolo degradante, si verrebbe benanco ad incagliare il carro di quel progresso medesimo, di cui pur tanto ne torna dolce il vantarci! Alla brillante o chiurlante pensata poi di quel corrispondente che anche battendo l’acqua nel mortale si possa forse ottenere qualche cosa, mi fermerò solo a rispondere che si ottiene bensì qualche cosa, ma soltanto qualche cosa di passivo ossia di negativo — dal che il Cielo ne salvi e scampi tutti ! Mi lusingo poi, che codesta scritta, seppure di color perso, la non si potrà chiamare, in coscienza, coccodrillesca, ne’ epicureia, ancorché se ne tenga di essere cosmopolita, per quanto esserlo lice a questi chiarori di petrolio, e panclastite ! Meditiamoci, deh, bene ed a ricorrenti riprese ! P. Pinguente, 2 Settembre 1885 ■ A diversi casini di Società privata, a qualche autorità giudiziaria e politico - amministrativa nonché a parecchie persone secolari ed ecclesiastiche sarà pervenuto di certo, giorni or sono il N. del 27 agosto di quel siffatto giornale, portante quale articolo di fondo, una corrispondenza da qui. Chi sia colui cui devono tutti questi le loro grazie per un cotal dono, lo sapranno qual con assoluta certezza, qual in via di supposizione, e quale infine con forni ta probabilità. Saranno solo tanto compiacenti di tener per iscusato il loro donatore se la spedizione sia stata loro recapitata un po’ più tardi. Il motivo è tutto accidentale e punto dipendente dalla volontà e dal desiderio dello speditore. E poiché trattasi di un accidente curioso e degno d’essere portato alla pubblica conoscenza, non ci pare cosa mal fatta lo spiegare come e le circostanze sotto le quali abbia avuto luogo. Acquistata dunque dal signor donatore una discreta quantità di numeri di quel dato foglio, li mette assieme sotto fascia ed alla stazione, credo, di Divaccia, od altra da quella parte, consegna il prezioso plico a quel conduttore, raccomandandone caldamente una religiosa custodia fino all’ arrivo alla stazione di Pinguente, dove lo avrebbe consegnato a questo capo-stazione, signor W riseli e r. Ora, vedi facoltà ! Il conduttore, per aver forse male compreso il nobile ed importante incarico avuto, consegna il plico suddetto al postiglione di Pinguente il quale, coni’ è naturale, portello, assieme alla solita posta, a Pinguente e consegnollo allo speditore postale. Non si sa come e per quali strane venture il plico durante il viaggio si ruppe ed in tale stato arrivò a questo ufficio postale. Da esso plico, come dal misterioso cavallo onde leggiamo nell’ Eneide, saltarono fuori dei vigliettini, uno dei quali diretto a questo Reverendo parroco-decano ed uno al Wrischer. In quest’ultimo lo speditore (di quel plico, s’intende) raccomanda-vagli di pór sopra ogni singolo N. il rispettivo francobollo , inviando poi gli esemplari, legittimati di tal maniera, al libero passaggio, alla loro destinazione. Il parroco-decano, don Kalac, avea la missione di far pervenire un paio di quei numeri ad alcuni di Sterpe! e ad altri, e doveva oltracciò provvedere accliè, col mezzo del cooperatore don Kompare, un esemplare venisse deposto nel nostro casino sociale. Questa la comica storia di quel tal plico. Sic fata voluere. . . Dopo averla letta spero, lettore assennato, ne riderai a crepapelle; „e se non ridi di che rider suoli ?“ —■ L’impiegato postale intanto pensò bene di mandare tutta la merce al principal destinatario, al signor Wrischer. Questi poi, brontolando per 1’ accaduto, come è facile immaginarsi, avrà eseguito la commissione ricevuta da quell’ egregio ma poco furbo donatore ! — Ed ora, mi domanderanno i lettori del Patria, ci dica un po’ che cosa siavi di bello e di buono in quella corrispondenza. Noi potremmo dire assai roba in risposta di quello scritto, noi facciamo però per la semplice ragione che abbiamo detto di non intrattenerci con iscritti di quella risma. Et quod dixi, scripsi. Anzi in proposito anche noi, come l’immortale autore delle tre cantiche, esclamiamo: „lascio la fede e vo pei dolci pomi ! Senon-chè, per quanto mal volentieri e con ripugnanza, pure non possiamo questa volta non toccare, giacché ci capitò tra le mani quella siffatta corrispondenza, di due asserzioni di quell’egregio non meno che noto articolista. Visto il nostro silenzio, egli esordisce il suo articolo sentenziando che noi non si risponde perchè non si sa cosa rispondere. S’inganna a partito il benemerito collaboratore di quel tal foglio, tentando, ma non riuscendo, di farci apparir tali. Noi assai assai saremmo in grado di scrivere in risposta a’ suoi infondati articoli di fondo. Ma noi facciamo per ora e lasciamo invece che, per rispondervi, prenda la penna chi meglio di noi viene toccato dagli scritti di quello stampo. Verrà forse un giorno che anche noi potremo dire a voce e senza tema di errare ciò che oggi non vogliamo scrivere. Bella poi 1’ asserzione del noto corrispondente riguardo a quanto dicemmo non è molte di aver cioè egli preso un granchio ritenendo autore di una corrispondenza Tizio mentre la dettò Caio. In proposito dice il corrispondente di quel foglio che noi siamo astuti e che ci prestiamo più volentieri il nome che i quattrini per non farci conoscere. E qui tocca proprio a me di rispondere, come si dice, per le rime. Noi, lo confessiamo coram Deo et populo, siamo poveri diavoli, non però poveri di spirito ; ed una certa coltura, per quanto piccina la si voglia, la abbiamo grazie a Dio ed ai buoni precettori avuti. Dunque per uno che non sia ignorante non è tanto difficile poi lo scegliersi un nome qualunque da porre alla chiusa di uno scritto ! Del resto, noi come noi, crediamo anche superfluo apporre alle nostre corrispondenze il nostro nome od un pseudonimo e ciò, fra le altre, perchè i nostri lettori ci conoscono e tanto basta. Per supporre poi questo mutuo prestito di nome o di idee, il corrispondente, misurandosi sul suo metro, sarà senza dubbio partito dalla considerazione che noi ci comunichiamo vicendevolmente i nostri scritti prima di spedirli alla rispettiva Redazione. Se così è la sbaglia di grosso. Noi, vede, quando si scrive non ne diciamo niente a nessuno, e nessuno infatti sa verbo fino a che non compaia il giornale a cui indirizziamo i nostri articoli. Il corrispondente invece di quel tal foglio non fa altrettanto, dappoiché più d’ uno sappia già prima della pubblicazione che il tal o tal altro N. del noto foglio porterà una corrispondenza da Pinguente del tale e tale tenore ! Prova questa che il rispettivo autore ne avrà fatto parola e forse l’avrà mostrata (del resto niente di male) a’ suoi amici. Che poi il corrispondente avversario, tornando a bomba, abbia preso allora un granchio e di quei madornali, come lo ha preso oggi credendo che noi ci prestiamo il nome, è fuor d’ ogni dubbio e noi a suo tempo e con grande suo stupore, se in realtà l’ignora, glielo potremo far vedere. Ciò riguardo alla prima parte dell’ asserzione. Perciò che concerne poi l'altra cioè quella dello prestarci il nome più volentieri dei quattrini, quest’ è un’ asserzione del tutto gratuita e, diciam francamente, stupida. Infatti nulla può sapere il corrispondente di quel tal foglio che noi scambievolmente ci prestiamo o meno qualche quattrino, appunto perchè, ammesso pure che ciò succedesse, ninno certo lo saprebbe. Del resto, se un tal prestito non avviene, niente di meraviglia. Le nostre finanze, confessiamo, non essere forse così brillanti come quelle dell’ avversario il quale può, senza alcun disagio, largheggiare a Tizio, Caio e Mevio una quantità di soldi nulla importando che in ciò fare ei non usi quella cautela che dovrebbesi comunemente seguire perchè i propri favori non vengano a conoscenza di persone diverse dalle favorite, le quali certo non avranno piacere che generalmente si sappia una gentilezza ricevuta gratis et amore da persona benefica ! Et de hoc satis. In altra parte della sua corrispondenza l’articolista, per certe sue mire, porta ai sette cieli il signor Bigatto, preside dell’ attuale Giunta comunale, profumandolo di inchini, complimenti, lodi sperticate che simulano sincerità. Che il signor Bigatto sia galantuomo e persona onesta sapevamcelo uè occorreva a farcelo ritener tale quel profluvio di parole onde quell’ articolista, per gettar un po’ di polvere negli occhi a certuni, intesse gli elogi del signor Bigatto. Isola 8 Settembre 1885. Domenica scorsa abbiamo avuto un genialissimo trattenimento, cosa rarissima tra noi. Alcuni giovanotti qui villeggianti ebbero la felicissima idea di dare una rappresentazione a scopo pio : rappresentarono una com-mediola ed una farsa. Senza tema di dispiacere a quei cari giovanotti, a quelle simpatiche signorine, senza tema di ledere minimamente la loro modestia, ci si permetta di dichiarare che tanto la rappresentazione quanto la daclamazione riescirono completamente e soddisfecero le più marcate esigenze. Un bravo ed un grazie di cuore dunque a quelle gentili signorine. Brava e brava la infaticabile signorina Ada Somazzi che, oltr.e alla parte nella rappresentazione, ci fece gustare moltissimo la „Suor Estella* del Fusinato che declamò in modo inappuntabile ; brava la sigma Maria Marchetti disinvolta e graziosa ; brava la sigma Nasciguerra lepida e gioviale; brava la sigma Bunz una servetta modello. Non parliamo degli uomini uno per uno; un bravo a tutti, al Dagostini, all’Ulcigrai, al Pitacco, al Maratti ed anche al suggeritore. Bravi tutti. Più che queste poche righe d’ encomio sarà per voi soddisfazioue l’aver fatto un’opera sommamente caritatevole e degna di lode. Purtroppo questi signori fra breve partiranno, chi pei loro studi, chi pei loro affari e noi ricadremo nella solita apatia, nella solita indolenza. Invero non è indolenza questa, no, è impossibilità assoluta di rompere quel cerchio di ferro che ci contorna e che io chiamo „Ignoranza/ ------------------------------------------------- BIBLIO GRAFIA Libro nuovo. — Max Nordau — Milano 1885 — Le Menzogne Convenzionali della nostra Civiltà — Appunti critici di Zaccaria Maver — Tipografia Jacob e Colmegna, ’85 — Il eh. Autore che di quando in quando ci regala il risultato de’ suoi studi in qualche nuova publicazione, ci dà in questa che annunziamo un saggio, oltreché delle sue già note meditazioni filosofiche, di una potenza dialettica veramente mirabile, e che, se è vero ch’ egli è stato procuratore di stato, deve aver formato la disperazione degli avvocati, i quali senza dubbio lo vedono più volentieri alle prese col Nordau per confutare il materialismo, che seco per mancipare al carcere un accusato. Per saggio ai lettori stralciamo i brani seguenti : „ La forza vitale è identica alla volontà di vivere.“ Ecco una sentenza che vorrebbe essere nuova, ma che, quanto alla sostanza, è vecchia al pari del materialismo. Che cessando la forza vitale cessi la vita, nessuno vorrà contestarlo. Ma che per questo la forza vitale sia identica alla volontà di vivere, si nega recisamente. Nemmeno V una è sempre parai eli a all’ altra, in guisa che questa vada crescendo di pari passo con quella. Certo una macchina della forza di dieci cavalli non può avere un movimento per venti cavalli ; come l’uomo non può andare più in là di quanto glielo consentono le sue forze. Non può andare, ho detto, ma può voler andare ; e ciò prova che il volere non è identico al potere. Guardate un po’ quel bamboccio che ruzzola sul terreno come una trottola sferzata dalla coreggia, s’inzacchera di melma e di polvere, manda alte strida, batte furiosamente il pavimento strappandosi capelli e vestito e brutalmente picchiando chiunque gli si avvicini per calmarlo, sia la nutrice o la madre ; e tutto ciò perchè non riesce ad impadronirsi d’un oggetto che vorrebbe avere. Si dirà clic in questo marmocchio, non ancora fermo sui piedi, la forza vitale sia identica alla forza di volontà, se giunge persino a maltrattare la propria forza vitale perchè impotente di secondare la sua volontà ? Una lepre ferita da un’archibugiata corre disperatamente onde sfuggire ai cani che la inseguono, e giunta al margine di un noto rigagnolo spicca un salto sperando di superarlo e porsi in salvo, ma, stremata di forze, sventuratamente vi cade per entro ed è addentata dai segugi. Qui la volontà di salvarsi e di vivere non s’accorda con la forza di vivere, venuta meno agli sforzi della volontà. Ma un caso dove la conti-adizione è flagrante ce lo offre il suicida. Le sue forze vitali sono nel pien rigoglio, ciò che nel vostro linguaggio significherebbe eli’ esse vogliono vivere. Al contrario il suicida vuol distruggere quel complesso di forze che animano il suo organismo materiale, causa prossima del disgusto che prova della vita. Ora voler vivere e voler morire sono due situazioni che s’ escludono. „Colui che ha visto morire molta gente sa con quanta facilità ruomo s’adatti e si pieghi all’idea della morte quando sono esaurite le forze vitali, sia da vec-chiaja, sia da infermità/ Ponete la tesi che forza vitale, e volontà di vivere sono una e la stessa cosa, e per dimostrarlo ricorrete ad esempi dove evidentemente sono in gioco due forze, nou che distinte, assai fiate in conflitto fra di loro. Se occorre aver visto morire molta gente onde persuadersi della facilità con cui uno si adatta all’idea della morte, non è dunque vero che tutti vi si accomodino di buon grado, come dovrebbe essere, ammessa la vostra ipotesi materialistica che corpo ed anima sieno identici. Questa riflessione suggerita dal più elementare buon senso, dovrebbe bastare a distruggere la vostra tesi. Ma per poco che uno la pretenda a filosofo saprà dirvi, che per adattarsi, per piegarsi ad un’ idea occorre un subj etto ed un obbietto, un’entità passiva ed una attiva. Adattarsi, piegarsi ad una necessità o ai voleri di un altro, significa avere una volontà diversa da quella necessità o volontà, però rinunciarvi per la dura legge di non poterla far prevalere. E se questo ragionamento non giungesse a penetrare nella vostra comprensiva, domandate al primo vecchio che vi capita fra’ piedi, magari ad un pezzente, se vorrebbe ritornare ai bei giorni della sua gioventù ; o ad un malato, se gli piacesse riavere la sua salute ; o ad un morente, purché non sia lì lì per esalare l’ultimo respiro, se volentieri accetterebbe una proroga della fatale sentenza. Qualora tutti codesti infelici non siano altrettanti ipocriti, li sentirete ripetervi in coro, alzando gli occhi al cielo : Dio volesse! A che lunghe e crudeli sofferenze, a che torture raccapriccianti non ci assoggettiamo per prolungarci l’esistenza di pochi giorni, di poche ore!“ Forse lo stile è un po’ troppo concettoso. Qui l’egregio autore potrà ribattere eh’ egli è tenuto a dare gl’ intelligibili, e non l’intelletto ; ma se questi intelligibili fossero un po’ diluiti, non nuocerebbe. Del rimanente pei filosofi è il difetto della specie quello di parlare come in famiglia; è un po’ come la musica del Wagner, che per intenderla conviene che uno sia bene addentro nell’ arte. Senonchè in tal caso la musica, come la filosofia, come qualunque altra disciplina non conseguono lo scopo, che vuol esser quello d’interessare le masse. Siamo però d’ accordo che è meglio stile concettoso, che brodo di fagiuoli. DELLA GENTE ROMANA TRIBUNIZIA dei BASIMI, ora BASEGGIO. (Cont. e fine vedi N.ri ant.) Anno 1276. Andrea Basegio, ribellatasi Capodistria, spedito Capitano con grossa armata alla ricupera di essa, così egregiamente fece, meritava, che Antonio Stella, ne’ suoi Elogi facesse di lui illustre memoria. Anno 1278. Giovanni Basegio, Capitano di Armata, domava Capodistria ribelle ; come scrive Giambattista Contarmi nella prima parte della sua Historia Veneta. Anno 1290. Pietro Basegio fu Ambasciatore in Friuli al Patriarca di Aquileia per la pace di quella Provincia ; et nel 1291, uno dei Commissari deputati a trattare con li Signori di Camino, che si erano dati in protetione della Republica ; poi Capitano di sei Galere contro li Genovesi. Accordò le diferenze de’ Padovani. Anno 1297. Domenico Basegio, nel chiudere del Gran Consiglio, fu con tutta la Posterità, compresi fra’ Patrizj. Anno 1312. Giovanni Basegio fù uno degli Elettori del Doge 51 Giovanni Soranzo ; e poi primo Ambasciatore a Papa Giovanni XX. (?) Anno 1328. Giorgio Basegio, Podestà eletto dal Comune di Pola con permesso dell’ ambasciatore Giovanni Sottile ; confermato dal Patriarca Pagano. Anno 1333. Andra Basegio, Trovandosi in Traù di Dalmazia, come scrive Giovanni Lucio, fù testimonio alla stipulazione di pace tra’ Mladino di Dilissa et li Traurini ; indi fù ambasciadore appresso la Corona di Francia, dove morì. Anno 1342. (Vedi gli anni 905, 1213) La famiglia Basegio riedifica la Chiesa di San Basilio, rovinata da un Terramoto. Anno 1345. Pietro Basegio fù Architetto del Palazzo Ducale a Venezia in occasione della rifabbrica ; a lui morto subentrò Filippo Calendario. Anno 1355. Marco Basegio fù uno degli Elettori del Doge Giovanni Gradenigo, inumerò 56. Anno 1367. Andrea Basegio fù uno dei 12 Ambasciatori mandati a levare, e condurrò a Venetia Andrea Contarmi, eletto Doge, Nr. 60. Anno 1370. Maddalena Basegio fù moglie a Pietro Zabarella, il Magno Cavalier di Padova. Anno 1379. I segnati membri di Cà Basegio facevano fazione all’ Estimo del Comune di Venetia, coi seguenti stipendi : Andrea — San Marco Lire 1000 Andrea — Santa Soffia 500 Daniel — Santa Giustima n ' 5000 Elena - — Santa Soffia 800 Foscarina — San Salvadore 2500 Marco - - San Giov. Crisostomo 11000 Nicolò — Sant’ Antonio 6000 Nicolò — San Salvadore 4000 Anno 1422. Nicolò Basegio fù Podestà - Capitano a Napoli di Romania ; nel 1423, Elettore degli Elettori Ducali, (per il Doge Francesco Foscari, Num. 65); nel 1427, Podestà - Capitano di Trevigi. Anno 1481. Marco Basegio fù Nodaro. Anno 1510. ' aolo Basegio nelle guerre col Friuli diede illustri prove di valore militare. Trovandosi a guardia di Cividale di Austria, sul fiume Natisono, coraggiosamente la difese dagli sforzi del duca di Brun-svik, Generale Cesareo, che 1’ aveva investita. Si segnalò poscia in altre occasioni; onde nel 1519, essendo a guardia dell" importante Forte della Chiusa, venne chiamato a serzizio dalla città di Lucca, venendogli dalla Repubblica Veneta permesso 1’ andata, alcuni lo dicono Paolo Basili da Ferrara ; ma il Palladio, nella II Parte della Historia del Friuli, foglio 142, lo chiama Paolo Basegio, Nobile Veneto. Anno 1594. Giambattista Basegio fù Podestà -Capitano di Belluno. Anno 1605. •• ichele Baseo di Trieste, Capitano di 300 uomini sopra le Galere di Vienna, alla presa di Strigonia in Ungheria, spedito dall’ imperatore Rodolfo II di Germania contro i Turchi, diede prova di sommo valore. (Padre Ireneo della Croce, pagina 678 ; e Mainati, Tomo III, pagina 149). Anno 1634, Pietro Basegio fù vice Podestà di Muggia. Anno 1648. Pietro Baseggio Podestà di Cittadella nella Padovana, dove fù onorato di magnifica lapide di eloggio, vivo ancora ; (lapide, che vedesi tutto giorno, ma non può leggersi, perche scalpellata in occasione delle ultime invasioni di certi Barberini in Italia.) Anno 1651. Giovanni Basegio fù Auditor Novo. Anno 1652. Giambattista Baseggio fù Capo della Quarantia Criminale e Vice - Consigliere. Anno 1669. Pellegrino Basegio occupò diversi posti di Magistrato tra quali di Auditor Novo e Novissimo. Anno 1702. Iseppo Basegio ugualmente essendo stato prima Auditor Novo, poi al Civil Novo, Podestà-Capitano a Conegliano, Alla Giustizia Vecchia, Consolo, Podestà - Capitano a Cividal in Friuli. 1706. Giambattista Basegio fu sopra il Fermento a Rialto, al Piovego, alla Giustizia Vecchia, Consolo al Forestier, novamente Consolo, del Corpo delle Quaranta, altra volta alla Giustizia Vecchia ; e finalmente eletto ai 40, Civil Novo. Anno 1706. Giovanni Basegio fu Massaro alla Zecca dell’ Oro. Eletto al Civil Vecchio, e poi due volte al Civil Novo. Anno. 1706. Giambattista Basegio fu Consigliere del Podestà - Capitano di Capodistria. Anno 1707. Giambattista Basegio, (altro). Eletto Vice-Domino al Fontego dei Tedeschi, e poi alla Pace; Signor di Notte al Civil, alla Entrada, alla Doana ; e de novo alla Pace e Signor di Notte al Civil. Anno 1707. Antonio Basegio, Camerlengo a Verona, Eletto alla Giustizia Nova, Camerlengo a Brescia, Eletto al Civil Novo, e poi Provveditore a Glissa. (?) Anno 1709. Andrea Basegio, del Corpo delle Quaranta, Eletto Ordinario ai 40, poi al Civil Novo, uno dei X Savj ; altre due volte al Civil Novo. Anno 1744. Lauro Basegio, Dottore, Auditore a Genova. Anno 1752, Andrea Basegio, Signore di Notte al Criminale. AGGIUNTA dei tempi romani. Rufo Baseo, Generale, Prefetto del Pretorio, ai comandi di Marco Aurelio, Imperatore dall’ anno 161, al 180 di Cristo, nella guerra contro i Marcomani ; (Storia degl’ Imperatori dall’ anno 783, al 1059 di Roma ; (20 - 296 di Cristo,) di Crevier in continuazione di Rollin, Venezia, Pitteri, 1790, Volume XI, pag. 194. ----------------------------------------------------- Varia. Riceviamo e pubblichiamo : Mi pregio di invitare i Signori Membri della Presidenza della Società Politica Istriana all’ adunanza di presidenza che avrà luogo a Buje addì 20 corr. settembre alle ore 3 pom. col seguente ORDINE DEL GIORNO I. Lettura del Verbale dell’adunanza presidenziale dei 28 giugno decorso. IL Comunicazioni. III. Lettura ed approvazione del Memoriale al Ministero dell’ Istruzione Pubblica deliberato nell’ adunanza generale dei 27 aprile a. c. IV. Protesta contro la velleità d’ingerenza di alcuni deputati stranieri negli affari interni della provincia. V. Eventuali altre proposte. Pisino li 6 Settembre 1885. Il Presidente Dr. Costantini * * * Domenica 13 corr. la Società monfalconese di mutuo soccorso darà una brillantissima festa il cui ricavato netto sarà devoluto a beneficio dei due fondi „ Pensioni6 * * * Addì 6 corr. a Pisino, ebbe luogo il Hi annuale convegno degli alpinisti triestini. Furono ricevuti alla stazione dal Podestà di Pisino ed erano oltre una quarantina. Gli alpinisti friulani erano rappresentati dal sig. Telimi, i triestini dal sig. Dr. Attilio Coflev e gl’ istriani dal sig. Camus. La Società operaia per V educazione fisica era rappresentata dal suo presidente sig. G. Draghicchio. Il club nautico Ausonia, dal sig. Antonio ; il club Etruria dal sig. Gortan. Il nostro giornale e l’Istria erano rappresentati dal Dr. M. Costantini. Pervennero telegrammi dall’ Unione Ginnastica, dagli studenti italiani di Vienna e dall’ Indipendente. Il Congresso fu tenuto nella sala del palazzo comunale ed era presieduto dall’ egregio Dr. Attilio Cofler, il quale lo aperse facendo un quadro retrospettivo del-1’ attività sociale durante 1’ anno decorso. Non furono accettate le dimissioni rassegnate dal presidente sig. Lorenzo de Reya, il quale fu invitato a rimanere in carica fino alla prossima elezione. Poi i convenuti discussero su le modificazioni dello statuto sociale, che furono accettate come proposte dalla Commissione, fatta eccezione per quello che riguarda la sede della Direzione. Questa fu stabilito sia composta di 15 membri, dei quali 6 direttori ed un membro della presidenza, con sede a Trieste ; 3 direttori ed un membro della presidenza con sede nell’Istria e tre direttori ed un membro della presidenza con sede a Gorizia. Esaurito l’ordine del giorno i congressisti si radunarono a banchetto di 38 coperti. Qui aperse la serie dei brindisi 1’ egregio Dr. A. Cofler il quale propinò, acclamato, all’ Istria ed a Pisino, rappresentata dal suo Podestà. Questo rispose contracambiando gli auguri. Congresso e banchetto riuscirono brillantissimi. L’Istria, Gorizia e Trieste furono acclamatissime. Partiti parte dei congressisti, oltre una quindicina s’intrattenne per eseguire la salita del monte Maggiore, stabilita dal programma. * * * Il Dr. Lovisato ha pubblicato uno studio dal titolo : Il Pliocene non esiste sul sistema collinesco di Cagliari, una memoria sulle Specialità rimarchevoli nella Zona granitico schistosa della Sardegna ed un’altra memoria: È la Sardegna parte dell’ asse centrale della Catena tirennica ? Il Professor Pizzarello una pregevole nota „Sidla decomposizione dei vapori non saturi delle sostanze organiche volatili alcooli, eteri semplici e composti, aldeidi, animine eie. per mezzo di una serie di scintille elettriche. --------------------» «a33>0