Anno XI. Capodistria, Novembre-Dicembre 1913 N. 11-12 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE La coltura Mera Ji Triesla e deli' Istria i. Un' opera che diligentemente raccogliesse, dali' antichita ai tempi moderni, le non scarse ne ingloriose memorie letterarie istriane, o triestine e istriane, che fa poi lo stesso, si desiderava (e non come forse pare, un' iperbole) da piu che cent' anni a questa parte. Fu primo difatti a sentirne la mancanza, e a cercare di rimediarvi almeno in parte egli stesso, uno de' maggiori eruditi italiani del XVIII secolo, Apostolo Zeno, veneziano di nascita, come si sa, ma affezionatissimo ali' Istria, per avere, in giovinezza, dimorato a lungo a Capodistria, ospite dello zio Francesco, vescovo di quella cittži. Uno dei progetti che piii ebbe cari lo Zeno fu quello di stendere la vita del cinquecentista Girolamo Muzio, da lui preso a conoscere e stimare sin dali' epoca del suo soggiorno a Capodistria 1). Or proprio a questa vita ei meditava di soggiungere, a mo' d' ap-pendice, come si apprende da una lettera sua (di data 25 novembre 1733) al marchese Giuseppe Gravisi, «le notizie di alquanti letterati piu illustri* di Capodistria, «la quale non n' 6 stata si po vera e scarsa, come da taluno si pensa* 2). II divisamento, specie chi consideri che i maggiori uomini di lettere istriani sono in massima parte capodistriani, era ottimo, e lo Zeno uomo da tradurlo in atto nel migliore dei modi. Se non che, intralciato nelle indagini da impreviste difficoltžt e 4) Com' e dimostrato da una compendiosa biografia del Muzio, che lo Zeno compose adolescente e che ora si custodisce nella Comunale capo-distriana (Mss. Carli: Selva di notizie per la vita del Muzio). 2) Lettere di Apostolo Zeno cittadino veneziano ecc.; seconda edizione, vol. IV; Venezia, MDCCLXXXV, appresso Francesco Šansoni; pg. 387. distratto da altri e piu pressanti lavori, il grande erudito vene ziano dovette un bel giorno rinunciare a comporre la tanto vagheggiata biografia del Muzio e abbandonare, insieme, anche il proposito di raccogliere i ricordi degli altri letterati capo-distriani. E fu male irreparabile. Si prov6 dopo di lui a radunare con qualche impegno materiali per una collana di biografie di scrittori istriani Gi-rolamo Gravisi, 1' uomo di lettere e di studio, ove si eccettui il Carli, dal qual pure ebbe sussidi e consigli in quella sua fatica4), piti ragguardevole che fiorisse a Capodistria nella seconda meti del Settecento. Ma nemmeno le ricerche del Gravisi approdarono ad alcunche di pratico e di concreto. Cosi che non a torto, nel 1827, il Besenghi, dopo d' aver giustamente osservato come «molta e non inutile lode tornerebbe ali' Istria, se alcuno che critico fosse a un tempo e scrittore, si desse a raccogliere non pur le memorie del Muzio, ma quelle ancora degli altri illustri Istriani, troppo per veri ti immeritamente obliati*, sdegnoso prorompeva: «Non ha provincia, anzi non paese, non terra in Italia, che non abbia avuto pii illustrazioni di storie, cronache, viaggi, biografie di letterati ecc. Alla sola Istria 6 sino ad ora mancato questo onore, che non manc6 alla vicina Dalmazia.... Or fino a quando seguiteri l'Istria ad essere per gl' Italiani quello che per gli Europei sono oggidi i paesi di Haousa, Niffa, Hiou? Non so come quegli illustrissimi, mentre in panciolle si godono il fumo delle lor genealogie, non si ver-gognino poi in pensare che niente piu in li del Quarnaro, del quale suona pur forte il noto verso di Dante (Inf. X), anima nata non sia, che di lor non c' altro sappia se camminino con due o con quattro gambe. E se da per loro si conoscono inca-paci di provvedere ali' onore del proprio paese; perche non si uniscono a favorire almeno chi a questa bisogna potrebbe (forse non indegnamente) sopperire, sol che fortuna se gli volesse meno avversa mostrare?« 2). Ora, mentre il Besenghi rampognava a questa guisa 1'inerzia ') Come si apprende dalle lettere del Carli al Gravisi, date fuori recentemente da B. Ziliotto (Trecentosessanlasei lettere di G. R. Carli ca-podistriano cavate dagli autografi e annotate; »Archeografo Triestino« ; voli. V, VI e VII della III serie). 2) Besenghi degli Ughi: Poesie e prose, pubblicate per cura di Osearre de Hassek; Trieste, Balestra, 1884; pgg. 276-277, nota. clei nobili istriani suoi contemporanei e lasciava, come s' 6 visto, a chiare note trasparire d' esser disposto lui stesso, se debitamente aiutato, ad attendere alla composizione deli' opera la cui stringente necessit& a voce tanto forte e brusca ei pro-clamava; d;i piu anni g\k un oscuro prete, ispirato forse dal-1' esempio del Goineo ') e del Manzuoli2), veniva ammassando con infinito amore nella solitaria Barbana, tra Pola e Albona, i copiosi materiali per quella che sarebbe stata la Biografia degli uomini distinli deli'Istria. La sudata opera del canonico Stancovich uscl nel 1829, editore il Marenigh di Trieste; e se, da un lato, apparve, quale essa e veramente, una ricca miniera delle piu svariate notizie e un pazientissimo inventario di quanti uomini si segnalarono, o pareva allo Stancovich si fossero se-gnalati, in Istria, cosi nelle arti pacifiche che nelle guerresche, dai tempi piii antichi al secolo XIX; dali' altro non tardb a rivelare le sue molte e gravi mende, provenienti, il piu delle volte, da scarsit& di discernimento critico e, massime 1& dove trattava degli scrittori, da insufficiente preparazione letteraria. Ad ogni modo, un passo, il primo e il piii difficile, era fatto; bastava saper continuare; continuare in due modi essenzial-mente diversi: omigliorando lo Stancovich o rifacendosi addi-rittura da capo. Ma gli studiosi istriani, per qualche tempo, preferirono starsene inerti affatto. Ebbe, k vero, vaghezza di rivedere le bucce allo Stancovich il Besenghi, che, con la sua solita beffarda irruenza, s' affrett6 anche a buttar giu, currenti calamo, una pungente rivista degli svarioni piu grossolani del buon canonico; ma tutto rimase 11, e quelle intemperanti note, passate ai posteri frammentarie, videro solo recentemente la luce 3). t r.v: tij ') II quale, come si sa, dedico uu intero capitolo del suo De situ lsiriae (1540-1548) agli , come allora dicevasi, ai bisogni cittadini8). Almeno un accenno meritava pure la parte presa dal Consiglio il 7 maržo 1504, con cui era considerevolmente accresciuto il salario del mae-stro, »perchč senza aggravio alcuno possa la citta continuar a condur valentissimi uomini» 9). Non so d' onde lo Ziliotto attinga la notizia che Marc'An-tonio Grineo concorse «alla cattedra [capodistriana] anche una J) Cfr. A. Marsicli: Eff. istr. [Ha serie], 1880; pg. 42. 2) Cfr. la Storia del consiglio dei patrizi di Trieste; Trieste, Lloyd, 1858; pg. 62. 3) Op. cit.; pg. 49. 4) In La Provincia deli' Istria, a. XIX (1885); pg. 140. s) Non trovo invece che questi ritragga tutto il possibile profitto dai ragguagli prodotti su 1' istruzione a Trieste nel 400 dal Cavalli (La storia di Trieste; Trieste, Soc. dei tipogr., 19112; pgg. 167-168). •) Cfr. A. Marsicli: Eff. istr. [Ha serie]; pg. 69. ') Vedi lo Spoglio di documenti risguardanti la nomina di celebri professori alla scuola di Capodistria, fatto dal marcliese Crins. Gravisi (1700), e di cui k conservata la minuta autografa nella Comunale di Capodistria (Mss. Carli: Selva di notizie per la vita del Muzio). 8) Loc. cit. 9) Loc. cit. volta nel 1508, ma non fu eletto» (pg. 98). Trovo invece che la 'parte presa in quell' occasione dal Consiglio di Capodistria dice testualmente: *Captum fuit, ut conducatur D. Marcus Antonius Grineus magister scolarum in loco M. Christofori Nucij per triennium cum omnibus modis, conditionibus, sa-larijs sprocanorum et omnibus salarijs solitis, et consuetis, et in quantum idem magister nolet conduci, quod S. Sindici huius Comunitatis cum auctoritate M. Dom. Praetoris habeant auctoritatem conducendi unum altrum Preceptorem cum dictis modis, et conditionibus loco antedicti Christofori» '). Eletto, dunque, il Grineo sembra che fosse; e se non occup6 la cat-tedra, ci6 dev' esser dipeso unicamente da lui. Procedendo: una notiziola biografica sul maestro piranese Caroto Vitale (Vidali), sfuggita allo Ziliotto, 6 nelle Effemeridi della citta e territorio di Pirano raccolte da A(ngelo) M(arsich); Capodistria, Tondelli, 1871 (pag. 12); e un «Pre Bartolomeo magister scolarum», ignorato dallo Ziliotto, rammenta il Ve-snaver (sub a. 1514-17) nel suo Indice delle carle di Raspo s). A compiere questo mio anche troppo lungo e minuzioso esame del quarto capitolo, non mi resta che richiamare 1' at-tenzione dello Ziliotto su questa notizia che ricavo dallo Spoglio dei libri Consigli della citta di Cherso, del prof. Stefano Petris, e che a lui dev'essere rimasta ignota: «1533. — Non 6 nomi-nato a professore di grammatica Livio Brusone, 6 scelto invece Gerolimo degli Ermolai da Arbe, e fino aH'epoca in cui il nuovo precettore assumer& la sua carica, si affida come prima, da quando s' era data licenza al Marzaz, la publica istruzione a Don Nicold Percacich, da Cherso, col salario di ducati tre al mese» 3). E passo senz' altro al capitolo quinto ed ultimo (Gli scrit-tori deli' Umanesimo). La figura che prima qui ci si affaccia e quella, simpaticissima, di Raffaele Zovenzoni. Lo Ziliotto, non c' b che dire, la delinea con molto amore e rara abilitž, ma ci lascia inappagato il desiderio di un compiuto catalogo delle opere a stampa in cui si leggono componimenti di quel- ') Loc. cit. a) Cfr. La Provincia, a. XXIV (1890), pg. 165. 3) Cfr. il Programtna deli' I. R. Ginnasio sup. di Capodistria (a. scol. 1896-97); Capodistria, Cobol & Priora, 1897 ; pg. 19. 1' elegante poeta; catalogo, del resto, ch' egli avrebbe trovato gia a buon punto nel Saggio di Bibliografia istriana del Combi Anche, forse, lo Ziliotto avrebbe potuto darci un elenco piti completo delle opere curate dallo Zovenzoni a Venezia per conto di Vindelino da Spira, e avvertire che la Co-munale di Trieste possiede una copiosa raccolta di testi alla cui revisione attese il poeta. Narrata la vita di Pietro Bonomo, in cui per6 non trovo cenno alcuno della nobile ed efficace azione da lui spiegata nel 1514 ad ottenere una tregua fra Trieste e le contermini cittadine istriane 2), e per la quale era necessario tener conto anche delle lettere di lui a stampa nell' lstria 3) del Kandler e nei Dialoghi piacevoli del Mainati4), lo Ziliotto trascrive 1' epitaffio che ne fregia, in San Giusto, il sepolcro. Meglio forse sarebbe stato riprodurre, dal Poematum liber secundus 5) del Rapiclo, tuttora in massima parte inedito, certi altri versi rapiciani in morte del Bonomo, un po' meno convenzionali e scoloriti della iscrizione tombale. A proposito di Andrea Rapicio, conveniva, ci sembra, rilevare che il suo vero cognome suonava in origine Ravizza, e che la forma Rapicio (o, come altri vogliono, Rapiccio) 6 flgliazione diretta dal latinizzamento Rapitius, dovuto a una ben nota tendenza, per non dir moda, deli' umanesimo e adot-tato gia dal padre di Andrea, Domenico, notaio e vicedomino in Trieste sua patria 6). Per ci6 poi che riguarda i particolari biografici del Rapicio, lo Ziliotto avrebbe potuto consultare con frutto anche la biografia che ne stamp6 nel 1844 1' Ienner7); nš gli sarebbero riuscite inutili le Efjemeridi istriane8) e le Effemeridi di citta e tuoghi marittimi delt' lstria 9) del gia 4) Capodistria, Tondelli, 1864; pg. 390, n. 2851. 2) Cfr. Documenti storiti offerti dal Dr. Pietro Kandler, in Monu-mento di carita; Trieste, Weis, 1857; pg. 415-421. 3) A. IV (1849), n. 68; e a. V (1850), n. 22. ") Trieste, Marenigh, 1828, pp. 123-175. 5) Ms. conservato nell' Arehivio diplomatico di Trieste; componi-mento n. 32 («Tumulus Petri Bonorni, Antistitis Tergestini»). ") Ienner, op. cit., pg. 197. ') Nell' Osservatore Triestino, n. 93. L' articolo fu rivisto dal Kandler. 8) Capodistria, Apollonio, 1879; passim. ') Capodistria, Priora, 1881; passim. nominato abate Angelo Marsich, uno studioso modesto si ma uso ad attingere sempre da fonti autentiche e direttei). A quanto lo Ziliotto trova da dire del Goineo, altra sua vecchia ed intima conoscenza, come si sa, non čredo si possa con successo mutare o aggiungere alcunchč; come non čredo non sia per sodisfare in tutto e del tutto la calda e sintetica chiusa del capitolo e del libro, intesa specialmente a dimostrare 1' essenziale italicitA di tutto il movimento culturale e lette-rario istriano nel lungo e faticoso periodo di tempo che decorse dali' epoca romana al XV secolo, e ad invocare, dagli storici delle lettere italiane, una maggior stima dell'umanesimo istriano. Ugualmente bene per6 non 6 il caso di parlare deli' Indice alfabetico dei nomi, con cui si chiude il volume. Un siffatto indice 6, in libri come questo, una imprescindibile ne-cessit&. Ma, affinchč renda buoni e rapidi servigi, convien farlo in maniera inappuntabile. Ora, non čredo si possa dire che 1' indice compilato dallo Ziliotto sia perfetto, vuoi perchfe non tiene che scarso conto dei nomi relegati nelle note a pi6 di pagina, vuoi perch6 omette piu di una volta anehe nomi che figurano nel testo 2). Si tratta, ad ogni modo, d' inconveniente al quale potrebb' essere con facilitk ovviato in uno dei prossimi volumi. VI. Q,uesto il libro dello Ziliotto; al quale le pochissime e tenuissime mende fin qui indicate, e scoperte (6 proprio il caso di dirlo) con la lente, non intaccano punto la ricca so-stanza, non scompaginano la solida costruzione, non devono pregiudicare il ben meritato successo, cosi di qua che di 1& dal confine politico. Poche volte ad un letterato delle terre nostre 6 avvenuto, trattando un argomento di mera critica e storia letteraria, di comporre un' opera la quale, nonostante, come s' 6 visto, qualche Come si ricava dalle note ai suoi scritti e come mi conferma la gentilezza di Attilio Hortis, che fu suo amico e collaboratore. 2) Potrebbe darsi pero che lo Ziliotto abbia messo assieme il suo indice con eriteri speciali. Ma allora gli correva obligo di dame esplicito avviso al lettore, come di recente ha fatto, p. e., il Mazzoni nel suo Ot-tocento (Milano, Vallardi; s. a.). lieve e spiegabile difetto di sproporzione nello svolgimento della materia, si dimostri piu viva e, che meglio importa, piii vitale di questa. E ci6 forse si spiega in primo luogo col fatto che lo Ziliotto, per una felice congiuntura, raccoglie e fonde armonicamente in se le qualit& che il Besenghi, con non fallace penetrazione, piu stimava necessarie a colui che volesse rau-nare le sparte fronde delle memorie letterarie nostrane, es-sendo egli per veriti, come tutto sta a provare, «critico a un tempo e scrittore»; critico arguto ed acuto, scrittore sciolto e di buon gusto. Un' opera riassuntiva delle molte particolari ricerche e indagini di storia letteraria istriana, massime di quelle con-dotte nello scorso secolo, occorreva (ed h stato detto anche sopra) da un pezzo, e ogni giorno se ne sentiva piii urgente il bisogno. Oggi, il primo volume di quest' opera c' e ben fatto; e gli studiosi di cose letterarie istriane hanno finalmente una larga e sicura base su cui edificare, un luminoso e superbo esempio da seguire. Letto il bel libro, vien fatto anche di ripensare a quanti letterati e patriotti nostri avevano, nei difficili giorni del nostro risveglio nazionale, vivamente caldeggiato un simile lavoro, a quanti oggi con sincero ardore gioirebbero nel vederlo con tanta fortuna iniziato. Pietro Kandler, Carlo De Franceschi, Tomaso Luciani, 'Antonio de Madonizza, Carlo Combi, Giuseppe Caprin, Giacomo Babuder, Paolo Tedeschi, Giuseppe Picciola, per tenermi ai soli nomi maggiori, sono passati senza veder espandersi in vigoroso e fronzuto albero il seme da loro, con si accesa carit& e si ferma speranza, affidato al grembo fecon-datore del suolo; ma non 6 passato, n6 passer&, finch6 pulsi in Istria un solo memore cuore, il loro ricordo. Trieste, dicembre 1913. Giovanni Quarantotto Vnraima Porta in una poesia inedita del tempo II 14 Giugno 1779 tutta Venezia, ma specialmente il četo popolare, erano in preda ad un indicibile sgomento: s' erano trovati, in due pozzi della citti, un busto d' uomo colle braccia nell' uno, e le coscie colle gambe e i piedi nell' altro; il giorno dopo, verso il Purgo a S. Chiara, nel canale, miseramente gal-leggiava una testa con nei capelli un rolo d' un brano di lettera che appariva poi firmata V. F. G. C. e nel Canale della Giudecca delle interiora orridamente trasportate dalla scia delle acque. Eran quelli i miseri resti di Francesco Cestonaro, ucciso dalla moglie Veneranda Porta di Sacile e dal suo drudo Stefano Fantini di Udine, staffiere del N. H. Angelo IV Dolfin: la lettera altro non era che una missiva del fratello del morto: V(ostro) F(ratello) G(iovanni) C(estonaro) il quale, corso da Este a Vi-cenza il 26 Giugno riconobbe, rabbrividendo, nell' Officio del-TAvogaria la testa del fratello esposta imbalsamata agli occhi del popolo per il riconoscimento. Poemetti, canzonette, drami, romanzi celebrarono 1' ese-crando misfatto ancor oggi ricordato con terrore dai nostri buoni vecchi non pur anco, come i giovani popolani, imbar-bariti e ingaglioffati dalle facili dottrine collettivistiche. Tra-gedie simili furono a Venezia sempre rare: di qui 1' inaudita commozione mista di spavento e di terrore. La poesia che segue rimasta, finora, inedita b, sebben modesta, una nuova voce che ricorda il tragico avvenimento: deplora la scostumatezza delle donne che 1'anonimo'mette tutte in mazzo e dalle quali poco di bene spera per la Repub-blica finendo col porre in guardia colui al quale dirige il ma-drigale contro il bel sesso traditore. II Barbaro era gi& morto nel 1778 e Francesco Hiarca, al quale 1'anonimo accenna, 6 il famoso segretario del Senato al quale il noto poeta indirizzd la maggior parte de' suoi versi editi ed inediti: qui l'anima del Barbaro, che tanto aveva sferzato i vizi delle donne fin che fu vivo, viene, con leggiadro ed acuto accorgimento, fatta rivivere a dispregio del secolo - che correva a precipizio. A. Pilot Sopra l' omicidio accaduto. L' anima del fu Barbaro dagVElisi al suo caro amico Franc.o Hiarca. Madrigale. *) Hiarca! cosa b sta cosa ? Che niove mai ne zonze ai Campi Elisi? Che diavolo de niova ? Se un' anima arivada Nella profumegada Barcazza de Caronte Sto fatto no n' avesse Ella conta Noi crederia, per sbrio, una verita. Ma I' anima la xe de quel mario Che in Venezia xe sta Dalla mugier sbasio. Hiarca, mi son stordio ! Sti coresini in donne se ritrova ? Sti fatti cussl spesso se rinova? Coss'estu, mia Venezia, deventada? Un bosco, forse, de' sassin da strada ? Ma le donne, le donne va a sto eccesso Quelle che, per onor, Se dise del bel sesso; Che xe dolce de cuor, inzuccherae, Da tutti riverie, tanto stimae? Quelle che i omeni ghe corre drio ? Ah ! scelerate 1 Amigo In verita vel digo : Hiarca, ho gusto, ho gusto d'esser morto! Almeno essendo qua, in sto paese, Son seguro che donne no me squarta N6 che il mio corpo piu le me scomparta Sparso de qua e de li Per tutta la citU. Za che vivendo mi 1' ho scapolada, Hiarca, vardeve vu, la xe intrigada. No ve fidfe de donne, Che sebben no le xe tutte barone, Tutte le xe pero de quella razza : No le minchiona no, le squarta e mazza. E' vero che mi čredo Che Vu abbiž le vostr' arme appese al Tempio E che un omo vu si6 de buon esempio. Ma s6 un omo pulito; A conversar ve piase E i boni babbj, so, no i ve despiase. Hiarca ve puol venir quel gran prarito *) Codice Correr, schede 348 cc. 372. Che in corpo v' ha lassA quel fatal pomo Che ha magni el primo omo. Oh pomo della prima Donna, mugier e mare Ch' k minchioni, coi floli, el primo pare! Che se la prima donna con dei frutti La g a mazza el mario coi floli tutti, Dalle fie de sta donna Che ancuo le signoregia Nei piu bassi tugurj e nella Regia Cossa se pol, amigo mio, sperar? Mi no vedo de megio, Tole sto mio coneegio : Hiarca, mandele tute a buz.... -1- i 3-- MISCELLANEA (Continuazione: vedi anno X, pag. 252 sgg.) VIII Un serventese di Iflicliele Della Vedova da Pola Di Michele Della Vedova ho detto nella mia storia de La Cultura letteraria di Trieste e deli'Istria (Trieste; 1913), a pagina 29-33, dove notai ch' egli segul le peste del Petrarca, come risulta dali* unica lirica che di lui si conosca e ch' 6 contenuta nel Codice Marciano ital. cl. 9, n.o 105, a c. 13. La trascrivo qui diplomaticamente: Michaelis a vidua ad Laudem L. Arismundo Se mai damor chantai suavi versi rime legiadre e dolee parolete a queste omai porgiete le orechie vostre, ho singular signori. Mirate di costei li digni honori la gloriosa famma in tante parte che in piu di mille charte e scrito il suo bel nome o laura fronda O preciosa stirpe alma rimonda fellice pianta di honorata prole si come splende il solle chusi le tue virtu alte e legiadre E ben gloriar ti poi sjngular padre aver producto qui tal flor tra noi che certo al di d' anchoi natura non produce tal radice Costei nel mondo e solla una fenice che sempre nova le celleste piume virtu, belta e costume li diede il ciel per gratia tanta infusa Tal docte natural qui pocho suxa tra noi mortalli si come in chostei che non so come idei non abandoni il ciel e venga in terra Non mai piu belli mostra prima verra flori vermigli, bianchi, roxe e gigli quanto sotto quei cigli si adorna donesta la bella testa Questa e colei chogni triumpho e festa fa parer bello et ogni sacro locho piacer sollaco e giocho sempre si trova dove e sta madona Laura gientil che sopra ognaltra dona chorona porti di honorato mirto celeste ingiegno e spirto dal ciel disexa e qui solla cholona. La forma metrica e quella del serventese amoroso, come s' era venuto foggiando nel secolo XV, al quale il Della Vedova appartiene: tetrastica, col terzo verso settenario e gli altri en-decasillabi e le rime disposte secondo lo schema: ABbC, CDdE, EFf G.... T U u V, V Z z V. Per chi non avesse tioppa dimestichezza con la grafia antica, ecco il serventese ridotto ali' uso moderno: Se mai d' amor cantai soavi versi, rime leggiadre e dolci parolette, a queste omai porgete le orecchie vostre, o singolar signori. Mirate di costei li degni onori, la gloriosa fama in tante parte che in piu di mille carte b scritto il suo bel nome. O laura fronda, O preziosa stirpe alma Rimonda, felice pianta di onorata prole, si come splende il sole, cosi le tue virtu alte e leggiadre: E ben ti puoi gloriar, singolar padre, aver prodotto qui tal flor tra noi, ch6 certo al di d' ancoi') natura non produce tal radice. Costei nel mondo 6 sol a una fenice che sempre nova2) le celesti piume: virtu, belU e costume le diede il ciel per grazia tanta infusa. Tal dote natural qui poco s' usa tra noi mortali, si come in costei, che non so come i dei non abbandoni il ciel e venga in terra. Non mai piu belli mostra primavera flori vermigli, bianchi, rose e gigli, quanto sotto quei cigli si adorna d' onestš, la bella testa. Questa 6 colei c' ogni trionfo e festa fa parer bello ed ogni sacro loco: piacer, sollazzo e gioco sempre si trova dove 6 'sta madonna, Laura gentil che sopra ogn' altra donna corona porti di onorato mirto, celeste ingegno e spirto, dal ciel discesa e qui sola colonna. Se il Della Vedova rima parolette con porgete e terra con primavera, ci6 pu6 essere un riflesso della pronuncia dialettale, indifferente alla geminazione delle consonanti; per ancoi, vivo tuttora in alcuni dialetti deli' Italia superiore, non mancano esempi nell' uso letterario, da Dante (Purg. XIII 52, XX 70, XXXIII 96) in giti. Baccio Ziliotto II Calendario istriano nelle rime e nelle assonaaze del popolo Buon mese 6 settembre: buono per una certa frescura, per il piacere della caccia e per I' uve mature: 337. De setembre 1' uva e '1 figo pende. 338. La luna de setembre piu de le altre splende. ') Cio6: d' oggi. — 2) = rinnova. 339. L' aria fresca de setembre el caciator atende. Le giornate per6 si accorciano. 340. La note de setembre contro el zorno la contende. 341. Le note de setembre col zorno 110 le se intende. Buona cosa se le giornate di settembre si mantengono calde: 342. Se canta la (jigala de setembre, no crompar gran per vender. Peccato che settembre non istia nel giusto mezzo: 343. Setembre o porta via i ponti, o seca le fonti. E se piove assai, 6 male davvero: 344. Luna setembrina sete lune ghe se inchina. 345. La luna setembrina diexe lune la se strassina. 346. La piova setembrina per 1' ua xe una rovina. Per le galline settembre non 6 buono, perche non depon-gono uova; e allora: 347. In setembre vendi la galina, e per Nadal, tornila a crompar. E le giornate si raccorciano sempre piii. Tra gli ultimi d' agosto e i primi di settembre per certi indizi le serate non si passano piii al fresco a discorrere, ma si passano in lavoro: 348. Co' la mora xe nera, un fuso par sera; co' la xe nera afato, se ghe ne fila tre o quatro. 349. Co la pana mostra el muso, ogni sera fila un fuso. 350. Co '1 sorgo rosso mostra el muso, xe ora de cio roca e fuso. Del resto ride omai la vendemmia! I pronostici e gli avvertimenti del calendario van notati bene, per le semine specialmente: 351. Se piovi per san Gorgonio, (9: s. Gorgonio) duto 1' otobre sarš, un demonio. 352. Per santa Croxe (14: s. Croce) pan e noxe. 353 Santa Femia (16: s. Eufemia) scuminsia la vendemia. 354. Per san Matio (21: s. Matteo) 1' uselador xe drio. 35b. Per san Matio chi buta in tera spera in Dio. 356. San Micel (29: s. Michele are.) porta el caldo in $iel. 357. Co 1' angelo se bagna le ale, piove e piovete fin a Nadale. 358. San Micel porta la marenda in <}iel, e '1 lume in tera per lavorar la sera. Perchfe nei lavoratori si usa col 29 settembre accendere il lume. * * * Ottobre mena il trionfo della vendemmia, se fu buona: 359. Otobre, vin e cantina, de sera a matina. E il vin novello, purchč fatto, si beve bene, come una medicina, perchž *el mazza el vermo», e meglio ancora, se bevuto in compagnia: 360. De otobre el vin fa alegria, se '1 se bevi in compagnia. Ottobre ha due punti di somiglianza col maržo: 361. Otobre e maržo per matio i se someia come pare e fio. 362. Con d6dexe zorni bei otobre e maržo i xe fradei. Ma ad onor del vero ottobre 6 meno pazzo di maržo. Vero 6, che omai i segni deli' inverno si fanno ogni di piti manifesti si con i venti un po' freddi, si con frescura ognor maggiore, si con tutte quelle particolaritži, che fanno dell'au-tunno il babbo deli' inverno: 363. Vento d' otobre che sbraita come 1' orco, fa cascar la gianda per ingrassar el porco. 364. Mosche de otobre no morsega piu. 365. Co' in otobre vedčs la nespola, pians6 de duto fia, percM la xe 1' ultimo fruto de 1' isti. E cosi fa d' uopo provvedere la časa di quanto esige 1' inverno: 366. In otobre maniza la man, provčsdite el gran, che speta el doman. Con la pioggia di ottobre non si sa che scegliere, percM: 367. Piova de otobre: mana per la campagna, peste per la montagna. Ottobre ha una certa influenza su gennaio e febbraio: 368. Otobre caldo, febraro fredo. 369. Se otobre porta gelo o vento, zenaro e febraro sar& un arzento. 370. Se in otobre no casca le foie, inverno fredo e pien (ovv. cargo) de doie. Ad ogni modo, d' ottobre si ara e si semina il frumento, ch6 371. Chi no semena, no racolge; e chi no risiga, no rosega, se no le onge. 372. Se '1 contadin co' semena vedessi quante boche che aspeta de magnar, gnanca un gran ne la tera no '1 metessi; e pur quel gran ghe impiniri el granar. E il calendario ottobrino ha anch' esso i suoi insegnamenti: 373. Per santa Reparata (8: s. Reparata) ogni uliva xe inoliata. 374. Per santa Teresa (15: s. Teresa) paricite i vergoni e sta in atesa. 375. Se per san Galo piovi (16: s. Gallo) per (jento giorni piovi. 376. San Gal, fortunal. 377. San Luca (18: s. Luca ev.) i branzini movi la zuca. 378. San Luca la magna duta. Cio6, per s. Luca sospendono la merenda pomeridiana alle *opere» anche quei generosi che non 1' han sospesa per s. Michele (29 settembre). 379. Per san Luca la nespola se spiluca e se manduca. 380. San Simon (28: s. Simone ap.) strazza le vele e rompi el timon. 381. Per san Simon el galo se fa capon. 382. Sbrega vele san Simon dura '1 vento la stagion. * * * Ahim6! con il novembre entriamo in inverno. Novembre 6 importante si nel lavoro dei campi, che nelle vicende metereologiche deli' anno: 383. Novembre seren, zenaro un agnel. 384. Assai piova in otobre e novembre, assai bora in dicembre. 385. Chi no ga arž, i campi de novembre se pentiri in luio e setembre. 386. Lampi de novembre, ua de setembre. 387. Se in novembre le foie casca de bonora, 1' ist& che vien sar& duto un' aurora. 388. Se novembre fa montane, i altri mesi i fa brentane. Tuttavia, ad onta della sua faccia invernale, novembre 6 benefico: 389. La neve de novembre fa ben a le semenze. 390. Novembre bagnž, 'ssai erba sui pr&. 391. Co' in fin de novembre no fa ciaro e la piova la magna el fredo, uh, che caro! E ancora un pronostico di novembre: 392. Co' la cana meti el scoveto, inverno maladeto. Novembre sarebbe in complesso un mese di freddo e di malinconia, se non fosse s. Martino (11 nov.), che rompe en-trambi con la sua «istadela*. Sta bene ad ogni buon conto, di ripassare il calendario di novembre: 393. Per duti i Santi (1: Ognissanti) se s'ciarissi i morti duti quanti. 394. Per i Santi tira fora i guanti. 395. Duti i santi fa s'ciarir el vin, che '1 xe lu per san Martin. 396. Duti i Santi vol manisse e guanti. 397. Per san Giusto (2: s. Giusto) 1' oio xe a susto. 398. Per san Giusto 1' oio xe duto. 399. Per san Martin (11: s. Martino vesc.) ogni mosto se fa vin. 400. L' istadela de san Martin la dura tre giorni e un fiantin. 401. Per san Martin se spina la bota del bon vin. 402. San Martin fica '1 cocon su '1 vin. 403. La carne de castrS, per san Martin la va sul spin. 404. I santi vesti i fanti, san Martin vesti el grando e '1 pissinin. 405. San Martin xe bon compagno: con lu bevo e con lu magno. 406. San Martin dei zapadori, sant' Andrea dei pescadori. 407. San Martin meti in saco e va al mulin. 408. San Martin cio '1 sacheto e va al mulin. Ci6 che insegna, come fino aH' 11 novembre sia tempo di seminare il frumento: passato san Martino, il frumento si macina e non si semina piii. 409. Santa Cecilia ghe canta (22: s. Cecilia v. e m.) a sant' Uršula co le su' martire quaranta. 410. Santa Catarina (25: s. Caterina v. e m.) el giazzo per marina. 411. Per santa Catarina o neve o giazzo o brina. 412. Per santa Catarina, xe megio una canocia, che una galina, 413. Per santa Catarina el fredo se rafina. 414. Per santa Catarina el fredo va in cusina. 415. I santi e i morti (30: s. Andrea ap.) le marine piene: sant' Andrea, chi li ga se li tiene. Sant' Andrea che in croxe '1 ga le man diste.se, el porta trenta e po 'I finissi el mese. Ga dito el fredo a la vecia: — Per sant' Andrea g&bime in recia; se no vegno per sant' Andrea, spfetime per Nadal; e se no vegno per Nadal, no stame piu spetar! — E piu laconicamente: 418. Santa Catarina, el giazzo per marina; e se no '1 xe, Andrea, spštelo! * * * 416. 417. In dicembre siamo in balia deli' inverno piii crudo e per-fido. E' perci6 che si dice: 419. Dicembre ciol e no rende. 420. In dicembre dal travaio se discore assai de maio. 421. Dicembre davanti el te giazza, de drio '1 te sculazza. I pronostici di dicembre sono vari: 422. Dicembre de neve, tre mesi de neve. 423. Dicembre variabile e bel, inverno putel. 424. Dicembre de rosade, inverno taio de do spade. 425. Dicembre suto, primavera suta, isti suto. 426. Dicembre fredo, scuro e brontolon, ano rico, ano bon. Dicembre 6 un mese di date molto note al popolo. 427. El primo de dicembre san Canzian; ai quatro santa Barbara beata; ai sie san Nieolo che va per via; ai sete sant'Ambrosio de Milan; ai oto Concezion santa Maria; ai dodise convien che dizunemo, chfe ai tredixe ne vien santa Luzia; ai vintiun san Tomaso la ciesa canta; ai vinticinque el zorno de Nadal; ai vintisie san Stefano beato; ai vintisete san Giovani Evangelista; ai vintioto i Inocentini santi; e ai trentaun san Silvestro papa, che li compissi duti quanti. E parecchie particolarita segnano diversi giorni del calen-dario di dicembre: 428. Per san Canzian (1: s. Canziano) cio i scaldini: un de soto e uno in man. 429. Se piovi per santa Bibiana (2: s. Bibiana) piovi quaranta zorni e una setimana, e una setimana per su' zermana. 430. San Nieolo de Bari (6: s. Nieolo) la festa dei scolari; se i scolari no vol far festa, ghe taiaremo la testa. 431. San Nieolo de Bari, la festa dei scolari, se '1 maestro no '1 far& festa, ghe daremo i scagni in te la testa. ovv. 432. fe3ta o no festa a scola no se resta. 433. San Nieolo de Bari festa dei marinari. 434. San Simon strazza le vele: (4: s. Barbara) Santa Barbara fa le cordele. 435. Santa Barbara, san Simon, libereme de sto ton, questo ton xe una saeta, santa Barbara benedeta. Santa Luzia ((13: s. Lucia) el piu curto zorno che sia. 437. Santa Luzia la note piu longa che sia. 438. Santa Luzia el fredo cruzia. 439. Per san Tom6 (21: s. Tomaso ap.) cressi el zorno quanto el galo alza el pie. 440. Per san Tom& ciapa el porco per el pi6. Del resto la maialatura comincia gižt per s. Lucia e va oltre i Tre Re: 441. Da santa Luzia a 1' Epifania el porco cria. 442. E dopo duto el resto (31: s. Silvestro) capita san Silvestro. Passato 1' anno a denti asciutti, le ragazze bramano pur sempre «wn moroso»; percio si dice: 443. Per san Silvestro le putele prega che '1 ghe lo mandi presto. E il dicembre passa squallido: pili notte che giorno. Infatti: 444. De santa Luzia a Nadal cressi el zorno un pi& de gal; de Nadal a Pasqueta cressi un' oreta. 445. De Nadal un pife de gal, de Pasqueta un' oreta, de sant'Antonio un' ora bona, de san Bastian do ore in man. Se il Natale 6 bello e caldo, fredda sar& la Pasqua: 446. Nadal al zogo, Pasqua al fogo. E ricordisi anoora, che di cosa passata presto si dice: 447. L' ž, dura un secolo : de Nadal a san Stšfeno! E qui cade in acconcio il confronto fra s. Giovanni Evangelista (27 dic.) e s. Giovanni Battista (24 giugno): 448. San Giovanni d' inverno: la note piu longa; san Giovanni d' ista: la note piu curta. Passato Natale, comincia la malinconia per un bel po': 449. Fin a Nadal, ne fredo nčs fam ; de Nadal indrio fredo e farne se cori drio. E fino alla messe il computo 6 fatto: 450. De Nadal e Nadaleto vinti(jinque setimane al spigo seco. (continua) Francesco Babudri I Consultori della Repubblica veneta Consultori in Teologia, Canonico ed in Iure della Ser.ma Repubblica Veneta. 1310 — 6 settembre. — Si prende consiglio dai Consultori Maestro Martino Heremitano teologo e Rizzardo Malombra. 1314 — 10 febbraio. — Considerati i buoni servizi di Rizzardo Malombra, il Maggiore Consiglio lo prende al pubblico servizio di Iureconsulto. 1318 — 3 aprile. — E' confermata la nomina di Rizzardo Malombra '). 1316 — 12 giugno. — II Maggiore Consiglio chiama a consul-tore Giovanni Zambonino, iuresperito 2). ') Rizzardo Malombra nato a Cremona, sostenne prima di questa carica la lettura di Ius civile in Bologna. L' imperatore Federico lo stimo molto e lo trasferl in Padova a quell' Universit&, poi lo ricompenso crean-dolo Cavaliere e Conte Palatino. La sua insigne dottrina gli valse il titolo di Principe delle Leggi e la Repubblica lo ebbe in grande stima e se ne servi in consulti di varie materie. 2) Di questo dottore non si hanno ulteriori notizie. 1320 — Vengono consultati sopra l'elezione del Conte di Arbe il prete Maestro Agostino Hei emitano teologo e Rizzardo Malombra 1322 — 3 aprile. — Rizzardo Malombra e Rolandino Belvisio danno il loro consiglio sopra un monitorio fatto dai nunzi pontifici ai Procnratori di s. Marco. 1322 — Apollonio da Mantova e Rizzardo Malombra danno in iscritto alla Repubblica il loro parere di consultori se si poteva contravenire ad uno statuto giurato. 1329 — 13 luglio. — Si chiama a consulto Andrea vescovo di Chiozza2) e Rizzardo Malombra con Rolandino Belvino o Belvisio. 1334 — 29 settembre. — Si nominano in Maggiore Consiglio consultori Giovanni da Reggio e Bortolomeo Verdeli i quali nell' accettare la carica prestano giuramento. E' la prima volta che si richiede cio dai consultori, che sono detti consiglieri e capi. 1341 — 19 maržo. — Si vota nel Maggior Consiglio 1'elezione di tre savii quali Consultori per le ragioni pubbliche di Castronovo e si d& loro il diritto di consultam «con dot-tori anco in secreto*. 1341 — 13 maggio. La repubblica tiene quali consultori sala-riati Pietro di Quartari e Rainuccio da Siena. Sono i primi a godere stipendio fisso in tale carica. Diedero il loro consiglio in una differenza fra la Signoria di Venezia ed il Patriarca di Aquileia. 1343 — Sono consultori il Dr. Giacomo Batlignari3), Paolo Lizzari, canonista4), Rainuccio da Siena e Giovanni Andrea canonista6) per questione di dazio del sale in-sorta fra Zara e Pago. Identico al precedente e che negli scritti suoi di quest' epoca si dice nato a Mantova. 2) Della famiglia Baccari, era primicerio della chiesa di Castello (s. Pietro di Venezia). 3) Giacomo Battignari, Bassignari o Butrigari, dottore in legge, nacque in Bologna, fu giureconsulto famoso. Lettore di diritto civile in Bologna nel 1340, scrisse delle *Pandette» e del Codice. *) Paolo Lizzari, canonista, Iesse a Bologna nel 1311 sul diritto pontificio. 6) Giovanni Andrea fu canonista bolognese, giureconsulto stimato e lesse tanto a Bologna che a Pisa. Nel 1320 era stato chiamato dai Car raresi a leggere nello Studio di Padova. 1343 — 5 ottobre. — Consulto di Rainuccio da Siena. 1349 — Si consulta Rainero da Forli'). 1352 — E' consuitato ancora Rainero di Forli, si ricorre per6 anche a Baldo Bonijacio, giureconsulto, il quale spiega come si debbano intendere i patti fra la Repubblica ed i signori di Padova. 1354 — E' ancora consultore Rainero da Forll, ma gli sta a fianco Giovanni da S. Giorgio, canonista2). 1367 — 3 febbraio. — II Maggior Consiglio nomina consultore Rinaldo de' Rinaldi e lo manda a Roma per pubblico interesse. Si ha notizia in quest' epoca di quatt.ro giure-consulti che contemporaneamente servirono la Repubblica, ma si ignorano i loro nomi. 1378 — La Repubblica consulta Buonincontro, Abbate di S. ed ha inoltre come consultore salariato Filippo da Reg-gio 3). Essi diedero il loro consiglio in una differenza fra gli abitanti di Merlengo ed il pievano di quel luogo, poi in una vertenza fra la chiesa e gli abitanti di Posserna. 1387 — Sono presi in considerazione i consigli di Pietro d'An-carano, giureconsulto salariato dalla Repubblica4). 1390. — Sono giureconsulti salariati della Repubblica Buonincontro, Abbate di S. Giorgio, e Filippo da Reggio. 1398 — Baldo degli Ubaldi, 6 giureconsulto 5) salariato dalla Repubblica gi& dal 1395. 4) Rainero da Forll, celebre giureconsulto, fu precettore di Barto-lomeo «Auditor del Sacro Palazzo in Roma» e lesse in . isa con somma lode. Ubertino III Carrarese lo volle in Padova a riordinare lo studio e a leggere come professore, e gli assegno 600 ducati d' oro. Scrisse sopra una prigione «dimandata da' Tedeschi». 2) Giovanni da S. Giorgio canonista, nacque a Bologna e divenne lettore in quell' Universita. Nel 1350 passo allo studio di Padova a leggere Ius pontiflcio. Fu oltre che coadiutore, grande amico di Rainero da Forli, assieme al quale coinpild uno scritto: Bel poter navigare in Alessandria. 3) Filippo da Reggio fu lettore in Milano. Nel 1380 fu chiamato a leggere diritto civile in Padova. 4) Pietro D'Ancarano nacque a Parma e lesse negli studi di Bologna, Siena e Ferrara trattando del Ius pontiflcio e di quello civile. 6) Baldo degli Ubaldi nacque a Perugia e nel 1378 fu lettore allo studio di Padova per il Ius Civile. Lo si dice discepolo di Bartole (vedi nota ali' anno 1349). Scrisse delle rotture di tregua fra Milano e Mantova e se sei castelli, depositati a guarentigia, dovessero esser resi a chi aveva osservato 1' armistizio. 1422 — Sono consultori Raffaele Fulgoso1) e Raffaele da Como*). II primo fu chiamato spesso a Consiglio dalla Serenissima. Scrisse assieme a Raffaele da Como sopra la controversia sorta perch6 gli Anconetani navigavano a Segna contro 1' espressa proibizione del governo veneto. 1433 — Sono cosultori Paolo da Castro 3) e Prosdocimo de' Conti *): scrissero sopra la questione dei pagamenti trat-tenuti dai Genovesi durante la guerra. 1454 — La Repubblica veneta stipendia il giureconsulto Giovanni da Prato 5) e Francesco Caodelista 6). Quest' ultimo fu inviato quale ambasciatore al Concilio di Basilea. 1519 — Sono salariati quali consultori Enrico Antonio de Godiš (o da Lodi?) e Bartolomeo da Tino (o da Fermo?). 1541 — II Consiglio dei Dieci con la Zonta nomina con decreto del 22 dicembre a consultore Girolamo Gigante da Ravenna, il quale ha da difendere le ragioni pubbliche e quelle del Clero contro la Bolla Clementina. 1543 — Muore il consultore della Repubblica Giacomo Horio, 1563 — 3 dicembre. — II Senato d& agli ambasciatori che dovevano decidere nelle controversie per confini che la Repubblica aveva con gli Arciducali, quali consultori Marquardo Susana7), Francesco Graziani8) e Giacomo Chizzola9). 1566 — 3 agosto. — Con decreto del Consiglip dei Dieci con *) Raffaele Fulgoso era nato a Piacenza e gia dal 1403 era stato notato per la sua capacita, dalla signoria veneta, perchfe con ducale del 12 settembre di quell' anno diretta ai rettori dello studio di Padova lo si nomina quale lettore di special merito. а) Raffaele da Como si trova ancora nel 1447 quale lettore in Padova. s) Paolo de Castro Iesse in Bologna, Firenze e Siena il Ius Civile ; sembra fosse stato chiamato a leggere atche in Avignone. Nel 1431 fu condotto lettore a Padova. 4) Prosdocimo de' Conti fu lettore in Siena e poi passo alla lettura del diritto pontificio in Padova nel 1324. 5) Giovanni da Prato. Non si sa altro se non che fu giureconsulto in Padova. б) II nobile Francesco Caodelista o Capodelista fu lettore allo studio di Padova. ') Marguardo Susana giureconsulto friulano esercitava in Udine. 8) Francesco Graziani (Gratiani) era da Udine. 9) Giacomo Chizzola (Chizzuola) era nato a Brescia, giureconsulto, che e detto da anni giž, al pubblico servizio in Venezia. la Zonta si elegge, con 1'intervento dei Capi, per difendere le ragioni pubbliche e quelle dei Clero, a consultore il dottor Giovanni Gigante. 1570 — 20 gennaio. — Si nomina consultore Vincenzo Stella, che poi per i meriti suoi e creato Cavaliere '). 1579 — 19 gennaio. — Con la solita cerimonia, essendo morto - il consultore Giovanni Gigante 2), si nomina al suo pošto il dottor Francesso Drusi. 1581 — 19 gennaio. — Sono consultori Erasmo Graziani3) e Bartolomeo Salvadego 4). II primo ebbe molti meriti quale consultore degli ambasciatori presso la Corte Cesarea. 11 Salvadego pure si distinse e fu creato cavaliere nel 1583. 1587 — 11 consultore Erasmo Graziani diviene consultore speciale per le materie feudali. (continua) Antonio Leiss BIBLIOGRAFIA GENERALE Ugo Valcarenghi, «11 Riscatto«, Časa Editrice Italiana Torino, pag. 200 L. 2. Abbiamo gia visto il Valcarenghi presentare al pubblico lavori forti e battaglieri e lavori delicati; fra i primi abbiamo notato «11 romanzo dello sdegno», che argutamente riproduce la vita vera di coloro che non essendo in grado di avere o non volendo avere vina časa propria, son costretti a dipendere dalle affittacamere. Ora la «Casa Editrice Italiana di Torino«, la quale va ristampando le Opere di questo Autore, ci offre un uuovo ed elegante volume: «11 Riscatto« (Nuovi tipi e nuove scene) che puo stare da ma che puo anche essere considerato come un seguito al volume «Tipi e Scene« che ottenne un successo assai lusinghiero. In questo «Riscatto» troviamo alcune novelle veramente deliziose. Anzitutto la prima, che dA il titolo al libro, dove la figura di un grande comme-diografo £ magistralmente scolpita, e assai facilmente riconoscibile; come ') Vincenzo Stella era nativo da Brescia. *) Vedi 1566. 3) Erasmo Graziani (Gratiani) e detto aH' atto della nomina «Fiscae di Udine» vedi 1587. 4) Bartolomeo Salvadego (-Selvatico) era nato a Padova e lo studio di quella cittA lo ebbe a professore pubblico pel Ius Canonico, poi anche per il diritto pontificio. pure assai ben riuscita 6 la figura del suo rivale il marchese Auspici. Qualcuno dirS, che il Valcarenghi fu troppo audace nella scelta dei per-sonaggi del suo racconto; nondimeno la cosa appare naturalissima per la evidenza e la naturalezza della rappresentazione. La marchesa Auspici, un delicato flore della aristocrazia milanese, ci appare in tutta la sua poetica sentimentaliti di amante ispiratrice che dopo aver tradito il nia-rito, che si divide da lei legalmente, si rinchiude in s6 stessa e vive del proprio peccato lontana da tutto quel mondo aristocratico al quale ha appartenuto e che il pettegolezzo e lo scandalo hanno messo a rumore. Essa 6 fedele ali' amante, il quale dediča a lei tutto il suo ingegno. Ma I' amante muore ben presto, e la marchesa, rimasta sola col cuore stra-ziato e sposata ora ad un' ombra vedendo il proprio marito che sale anch' esso ai piu alti onori deli'Arte, si decide a chiedergli cio che non gli aveva chiesto mai, e che egli non vuole tardare a concedere: il perdono. In tal modo il marchese Auspici riscatta la moglie. Originale e curioso racconto al quale fanno seguito altre narrazioni non meno vive come: Distruzione — Battaglia perduta — Amore e Farne — Dramma fra i Monti — Ho perduto il mio bagaglio ? In quest' ultimo racconto, assai vivace e umoristico, il Valcarenghi narra la curiosa av-ventura di un pubblicista, il quale avendo deliberato di andare a ripo-sarsi un po' di giorni in montagna, se ne parte un bel mattino col suo piccolo e leggero bagaglio, che malauguratamente gli cade dal finestrino del treno. Le scene che avvengono col conduttore. col capo-treno, col bigliettario, coll'ufflciale telegrafico •, le corrispondenze e i colloqui col capo-stazione, coll' ispettore ferroviario, coll' albergatore, coi villeggianti, sono rappresentati con tale arguta evidenza ed umorismo, da rendere questo racconto di gradita e piacevolissima lettura. Anche in questo volume, come gik in »Tipi e Scene*, vi e tale varietži ed armonia da soddisfare anche i gusti piu delicati. La forma poi e accuratissima; il Valcarenghi narra con spigliatezza e colorisce con semplicitži, e quel che piu importa non stanca mai, pure riuscendo sempre a dilettare e commuovere. x. Bibliografia istriana A) Opere d' istriani e di corregionali stampate in Istria e fuori; opere di forestieri stampate in Istria. 79. Per un grande amore. Pubblicazione degli študenti italiani delle tecniche dello Stato a vantaggio della Lega Nazionale. Trieste, Zotter, 1913. Cor. 1.— * ~ Un alto di fede e di amore, dicono i giovani che hanno ideato questa simpatica strenna — un' offerta espiatoria che i figli fanno per il peccato dei padri, dice P allegoria di cui Glauco Cambon ha adornato la copertina del volume — una voce di nostalgia, ogni lettore vi intende, un rimpianto per il materno seno loro conteso, per questo grati bene perduto. In una bella pagina di Ferdinando Pasini, paternamente ammoni-trice e confortatrice, il lettore trova squisitamente espresso tutto cio che il breve volume suggerisce al suo animo. «Tutto si potra riguadagnare« egli conchiude «quando si muova incontro alla difficoltž, deli' esistenza colla chiara visione di cio che non avremmo voluto essere e di cio che vogliamo diventare«. Confortare i giovani in questo proposito: di ricon-quistare il perduto, di redimersi dalla schiavitii intellettuale in cui furono tenuti per malo calcolo di opportunita: additare loro questo segno - cui se tutti non giungeranno, pure il cammino fatto per raggiungerlo non sara stato, per uessuno, percorso in vano — questo e veramente il miglior bene a cui si possa volgere il fervore con cui questa cara gioventu ha tradotto nel presente simbolo la sua fede e il suo amore. II volume, in s6, non e certo peggiore, e forse, anzi, migliore di uno qualsiasi dei tanti numeri uniči che vengono pubblicati. Accanto ai collaboratori che danno liberalmente quel che trovansi avere di meglio della loro produzione inedita, o che si inspirano direttamente al signiflcato ideale della pubblicazione, ci sono quelli che lascian cadere dalla lauta mensa qualche tenue briciola. Non mancano, s' intende, le consuete pri-mizie di lavori di prossima pubblicazione. Fra i collaboratori che direttamente s' inspirarono al signiflcato ideale di questo volume, dobbiamo nominare, innanzi agli altri, due morti: Giuseppe Picciola per alcune parole animatrici dirette ai promotori della pubbttatziofle~"e~— ultimo tra gli scomparsi piu vecchi spiriti di nostra gente — Scipio Sighele. Accanto al Pasini gi& piu su ricordato e citato (»Albori di coscienza nuova«), ci piace poi nominare per alcune belle osservazioni che testimoniano del suo limpido iutuito, SUvis^Beiica, e ancora, per alcuna sensata osservazione o alcun rapido aforismo, Elda Gianelli, Attilio Hortis — breve e sano sempre —, Na ni Colajanni, Angiolo Orvieto, SaTvatore Bartsilai, Silvio Zambaldi. Rispose ali' appello degli študenti con una brava lettera affettuosa Innocenzo Cappa e con una malinconica lettera che non era — ci pare — destinata alla pubblicazione, Giovanni Marradi. Piu ampio contributo di prosa diedero Camillo Antona-Traversi con un atto unico — un po' Grand Guignol — scritto in collaborazione con Jean Conti: Espiazione, Gvulio Caprin con una graziosa «Storia d' un piccolo genio perduto«, il Dott. Gitolamo Curto con una recensione di un suo vecchio studio sul Faust, Tancredi Mantovani con alcuni interes-santi ricordi aneddotici su: «Verdi a Roma«, Cesare Musatti con alcuni «vecchi ricordi teatrali«, Pietro Orsi con una «affettuosa lettera famigliare di Carlo Emanuele 1» da lui scoperta nella Biblioteca nazionale di Parigi. Non un rapido cenno, ma un accurato esame e, forse, una larga di-scussione, domanderebbe quel che Arturo Pasdera scrive sul »Come dobbiamo studiare la storia della letteratura latina». II chiaro professore, con ampio corredo di citazioni, rivendica (e per molti piu o meno profani cio sembrerž. una rivelazione se non una rivoluzioue) 1' originalih della letteratura romana contro il diffuso e inveterato pregiudizio che la colloca ali'ombra della letteratura greca; piu ancora, rivendica la letteratura romana alla nazione italiana, e animosamente riaffermando la continuita — attraverso il medio evo — della civilta italiana, fa rientrare tutta la letteratura latina nel grau quadro della storia letteraria della nazione italiana. Ed 6 cosi, ed e per noi ed in noi allora, che questa letteratura potra e dovra essere studiata, non come cosa morta, quale i barbari ci 'hanno abituato a considerarla, ma come quella in cui vive, purchfe si voglia cercarla, «1' anima della nostra vita antica». Corrado Rieci presenta e commenta in una bella postilla: «DalI'alto» «uno dei tanti mirabili paesaggi estensivi descritti da Dante nel Paradiso«. Giuseppe Tarozzi scrive con calore di simpatia sul «patriotismo dei ro-mantici». Chiude il libro un frammento inedito di Filippo Zamboni, «dalle Memorie del battaglione universitario romano«. Quasi dimenticavamo, in questa rapida rassegna dei collaboratori in prosa, uri breve saggio di traduzione di Alberto Manzi: «1 tre Natali — L'anonimo», una tirata un po'.... impressionante di E. A. Marescotti che vuoi richiamaro 1' arte al.... cattolicismo da cui 6 uscita! e una breve paginetta di Alfredo Testoni che eonchiude (guarda combinazione!): «Di-vertire! ecco il fine della commedia, il solo fine. Non meno numerosi dei collaboratori in prosa, sono quelli che offrirono versi. Passandoli in affrettata rassegna nell' ordine alfabetico in cui sono disposti, troviamo Bruno AMoHc&n una «Elegia istriana«, Nella Doria-Cambon con una bizzarria crittografica senza titolo, TjzwGaycirdo con una graziosa poesia dialettale «Cusine nostrane«, Hayd6e con una «Selva florita«, gentile cosa, come tutto quel ch' ella scrive. Giuseppe Lesca ci da due belle liriche «11 pino solitario« e «I'er la vita«, E. T. Marinetti un canto aviatorio in versi futuristi, Marino Marin una simpatica nenia sul dialetto della sua Grado, Guido Mazzoni fa parlare, in due brevi bel-lissime strofe, la terra di S. Giusto, «mentre, 11 presso, 1' albero vetusto — le sue ferite meditando va». Oggi non medita piu, ha inchinato il capo e dato i rami alla scure il vecchio albero cui poche pagine appresso, in questo stesso volume, anche Cesare Rossi manda, quasi presago del fato imminente, un mesto saluto («Ora sacra«). Ofelia Mazzoni canta «la sua voce« e Sebastiano Munzone regala due primizie («L' approdo« «A uu suonatore di zampogna«) da un suo volume di prossima pubblicazione: «Ombra di vele«. Carlo Nani ha alcuni versi in dialetto trentino («Ancora»), Giulio Piazza un brioso sonetto in dialetto triestinissimo, Francesco Pa-stonchi treT versi e mezzo: pochi ma belli. In versi trionfalmente maestosi svolge Riccardo Pitteri un pensiero antico come Platone, mentre Giovanni Quarantotto ci fa sentire in un delicatissimo sonetto la stanca melodia di una «lenla acqua» che alimenta 1' antica vasca. Di Renato Rinaldi sono «i tessitori« che ci par d' aver giš, letto stampati. Ercole Rivalta ha un «Momento lirico« pregno di un senso sincera-mente e appassionatarnente umano. Ada Sestan ha superato se stessa nei versi ch' ella intitola «autunno», e che sono una celebrazione della natura sempre rinnovantesi. Chiude la serie un frammento postumo della com-pianta Elisa Tagliapietra-Cambon. Vorremo infine fare anehe noi, quel che hanno fatto i compilatori; nominare i collaboratori in spe che non hanno tenuto la loro promessar1 Ecco una cortesia che in un caso simile noi vorremmo ci fosse risparmiata. Ci desidereremmo invece, come collaboratori, una maggior cura uella re-visione delle bozze di stampa: questa 6 una cortesia ben piu doverosa. Anehe una veste tipografica un po' meno economica (specialmente la carta, per bacco) non avrebbe nociuto. Vero 6 che 1' economia ha in questo caso la sua giustificazione nel santo scopo cui 6 dedicato 1' utile netto della publicazione. Api. 81. L'Egida di Girolamo Muzio Giustinopolitano ristampata a cura e con introduzione di (J. Qnarantotto, aggiuntevi le annotazioni inedite su l' «Egida» del marchese Giuseppe Gravisi. — Trieste, L. Herrmanstorfer, 1913 (Estratto dal «Prospetto della Sezione Commerciale della I. R. Ac-cademia di Commercio e Nautica, 1912-1913»). Del poemetto che Girolamo Muzio scrisse ad esaltazione della sua Capodistria s' aveva finora una sola edizione: quella aggiunta dal Kandler alla Vita del Muzio scritta dal Giaxich (1847): e sarebbe stata sufficiente quella sola, se troppe mende tipografiche ed errori di traserizione non l'a-vessero deturpata. A restituire il poemetto alla sua forma originaria, provvede ora, fin dove 6 possibile, il nostro diligentissimo G. Quarantotto, H quale vi premette anehe un' utilissima introduzione. Fissata 1' epoca della composizione, che s' aggira fra il 1570 e il 1572 (il 13 dicembre 1572 ad ogni modo il poema era compiuto), il Quarantotto pubblica la lettera che il Muzio scrisse intorno a\VEgida al duca Guidobaldo della Rovere: lettera presuntuosetta anzi che no, ma, in cambio, tutta irradiata dali' affetto patrio; e quella sallo stesso argomento diretta al Gran Priore di Malta. Fa quindi la storia delle polemiche corse fra il poeta e i Capo-distriani che non si rassegnavano a vedere nell' Egida quel capolavoro che ci vedeva il suo autore; discorre della fortuna del poema e della presente edizione ch' 6 condotta sul ms. della Comunale di Capodistria, e ci di infine delle belle pagine sull' opera d' arte. Conclude il Quarantotto la sua minuziosa ricerca e la sua critica coscieuziosa con queste parole: «Tutto sommato, dunque, V Egida 6 un poema non privo di valore d' arte e tutt' altro che scevro d' importanza nella storia del sentimento patrio istriano». Sottoscrivo alla seconda affer-mazione, ma vorrei abbassato alquanto il tono della prima, poichfc YEgida, «tutto sommato» mi pare opera fiacca, snervata e snervante, frutto d' una mente senile, nella quale il sentimento, tutte le volte che cerca di farsi valere, 6 soffocato dalla pedanteria. B. Ziliotto 81. Iacopo Cella: La visione di Abdalld,, poemetto allegorico del-1'abate Giovanni Moise (estr. dall'»Annuario» deli'i. r. Ginnasio Reale di Pola, a. scol. 1912-1913); Pola, Niccolini, 1913. II Cella ha ragione: del Moise assai poehi sapevano, anehe dopo la monografia del Tamaro, che avesse attitudine al poetare e che questa attitudine manifestasse in numerosi componimenti poetici, nella giovinezza non meno che negli anni maturi. Verseggiava egli per suo diletto e come per isfogo della fantasia; e solo in etš, non piu verde e in specialissime occasioni diš fuori talune delle sue cose poetiche minori. Cosi, il piu della sua produzione poetica b inedito. Con troppo grave danno delle lettere istriane, non pare, stando almeno a quello che afferiua il Cella, il quale rileva che il carattere precipuo della poesia del Moise b la poca o nessuna originalitA, d' ispirazione. A bene scegliere, pero, non čredo si stenterebbe a ricavare dal canzoniere deli' insigne grammatico un manipoletto di versi degni d' essere letti, sien pur versi di sciarade e d' indovinelli. II Cella, ch' b del Moise un conoscitore profondo, ci pensi. Ma veniamo alla Visione d'Abdalla. La quale b 1' unico componi-mento di una certa ampiezza verseggiato dal Moise e risale al 1842, epoca in cui 1' abate attendeva con fervore a studi di tilosofia e di poesia ebraica e leggeva avidamente Dante. Ora, di tutte e tre queste predilezioni, o inclinazioni che dir si vogliano, 6 manifesta traccia nel poemetto. Ma quella che piu vi spicca b 1' imitazione dantesca; imitazione, il piu delle volte, non troppo felice. Fu certo per questa circostanza, e un po' anche t * i g ijt per la pjjvgil^jlella^lingua e la rilassatezza del verso, che il Tommaseo yt 0.1 ČHAilA J t t e ( di6 al Moise il consiglio di non publicare la visione. Consiglio accettato dal Moise, ma non dal Cella, come si vede; il quale ultimo pero ha fatto benissimo, secondo noi, a dare in luce il poemetto, non foss' altro per richiamare 1' attenzione dei comprovinciali in genere e degli studiosi in particolare su la bella e simpatica figura del letterato chersino. La stampa del poemetto b preceduta da un' accuratissima e garbata prefazione del Cella, in cui sono chiaramente esposti la genesi, la natura e il contenuto della visione e spiegatane la duplice (etico-religiosa e politica) allegoria. Qualche noticiua il Cella appose pure ai versi; ma b illustrazione, ne' piu dei časi, superflua. Peccato pero che 1' opuscolo sia riuscito tutt' altro che irreprensibile dal lato tipografico. La discordanza fra i tipi del testo e quelli delle note, p. e., b stridente e antiestetica fin troppo. Gr. 82. Valeriano Moliti: Antonio Covaz; Parenzo, Coana, 1903. (II ri-cavato va devoluto a favore della Soc. Suss. di študenti poveri del Ginn. Reale Prov. in Pisino.) Anche la figur?, di Antonio Covaz rientra, e degnamente, nel quadro del vasto movimento culturale e nazionale, svoltosi in Trieste e in Istria tra il 1830 e 1' '80, auspice da prima e fautore Domenico Rossetti, poi eccitatore e collaboratore massimo Pietro Kandler. E non si puo che dar ampia e sincera lode al prof. Monti deli'aver voluto, rivendicandola dal-1' oblio e dali' incuria che ingiustamente gravavano su di essa, conse-gnarla, delineata con vivezza e fermezza, alla storia del nostro avanza-mento intellettuale e politico nello scorso secolo. Nato a Pisino il 23 maržo 1820, il Covaz vi si spense il 31 dicembre 1898. Fu, in complesso, autodidatta ed ebbe versatile ingegno, cosi che potž applicare con successo a' piu svariati studi. Le sue preferenze pero furono per la storia, la geografia e la linguistica. Ebbe relazioni d' amicizia coi migliori istriani del suo tempo; e fu in corrispondenza con lo Stoppani e col Burton. II Kandler e il Luciani, buoni conoscitori d' uomini, ne fecero grande stima; e il primo lo ebbe anche collaboratore nell' Istria. Ma, oltre che nell' Istria, il Covaz scrisse (per lo piu di storia, di geologia e di agronomia) nella Provincia, nell' Istriano, nell' Istria del Tamaro, nella Penna di Rovigno. Particolare importanza ha il suo studio sui «Rumliani o Vlahi« (Istria del Kandler; 1846), rimasto pur troppo ineompiuto. Sono suoi meriti incontrastati quello di aver stabilito il pošto dove sorgeva 1' antica Nesazio e quello di aver riconosciuto nei castellieri istriani, considerati dal Kandler fortilizi romani, opere e rovine preistoriche. Profondo cono-scitore della nostra storia, recensi egregiainente i libri del Benussi, del Cubich, del Tedeschi. Opero poi molto in pro deli' agronomia e deli' istru-zione media, cosi come uomo privato che come uomo publico (funse, con molta lode, da podestA di Pisino dal 1856 al 1862). In chiusa del" utile e bene scritto libretto, il Monti offre, opportu-namente, al lettore alcuni saggi, in parte inediti, degli arguti «Pensieri», in che il Covaz usava dar libero sfogo al suo bonario umorismo. Qua e 14, la stampa deli' opuscolo poteva esser piu corretta; la lista che il Covaz stesso compilo de' suoi articoli, completata. Anche avrebbe tutt' altro che nociuto allo scritto una piu netta e logica parti-zione in capitoli e un buon indice. Con tutto cio, torno a dirlo, il Monti ha fatto anche questa volta opera non pur degna di esplicita approva-zione, ma di vivo elogio. G. Q. 83. Dott. Gir. Curto: La definisione di Mefistofele (Faust, I, 1334-1336); Trieste, Vrani, ed., 1913 (estr. dal vol. «Per un grande amore»). Gia nel 1890, nel suo poderoso studio su la figura di Mefistofele nel Faust del Goethe'), aveva il Curto, profondo conoscitore del capolavoro del massimo poeta tedesco, tentato di dare una nuova e personale defi-nizione di Mefistofele, affermando che il Goethe aveva «rappresentato poeticamente« in lui «il concetto deli' evoluzione tanto nel mondo flsico quanto nello psichico». Poichfe tale definizione, basata del resto su sodi argomenti, non fu accettata da parecchi critici tedeschi, in odio, forse, al nome italiano deli' autore, il Curto ci insiste sopra anche una volta in questo breve ma lucido scritto, confortandola di nuove e tutt' altro che spallate ragioni. E' da augurare che il Curto, o prima o poi, s' induca a raccogliere in un organico volume tutti i suoi interessanti studi goethiaui, che tanto onore fecero a lui e al paese nostro. G. (J. 84. Franco Savorgnan: II fattore confessionale nella scelta matrimo-niale, in »Rivista italiana di sociologia«, anno XVII, fasc. II (marzo-aprile 1913). II dott. Savorgnan gik da tempo va studiando il fenomeno della nuzialita nei riguardi sociologici e statistici. Partl dallo studio della nu-zialita triestina (Gli indici di attrazione nella scelta matrimoniale, pro-lusione alla Scuola superiore di commercio Revoltella, Annuario 1909-1910), che poi allargo alla considerazione di quella di altre citta (Religione e nazionalita nella scelta matrimoniale, in »Rivista italiana di sociologia», maggio-agosto 1910; Gli indici di omogamia delle razze e delle nazionalita, in «Studi economico-giuridici della R. Universita di Cagliari«, a. III, p. III, riprodotto anche in «Archiv fiir Sozialwissenschaft und Sozialpolitik«, vol. XXXV, fasc. 3). 1) Torino, Roux. Nel presente studio egli considera specialmente uno dei fattori della scelta matrimoniale, cio6 quello confessionale, per quanto 1' uno non si possa seompagnare dali' altro ed operino tutti insieme in mutuo equilibrio. Egli esamina 1' omogamia derivante dali' identitA di confessione religiosa a Berlino, Budapest ed Amsterdam, servendosi deli' indice di attrazione del Benini, e di quello di somiglianza del Gini, che egli prima ampia-mente illustra e commenta. Dalla ricerca risultano espressi in numeri le oscillazioni di fatti morali, come quello per esempio del decrescere deli' omogamia confessionale. Unica persiste dappertutto e in ogni tempo la omogamia degli israeliti, e di questa egli mostra come possa chiamarsi piuttosto omogamia di razza; tanto piu forte in quanto la storia stessa degli Israeliti ha ser vi to a rafforzare il legame della razza ed a mantenerla pura. g. 85. (Jelšo Osti: Melchior Cesarolti e la sua versione poetica delVIliade, Trieste, Herrmanstorfer, 1913 (estr. dall'«Annuario» deli'i. r. Ginn. sup. di Capod., a. scol. 1912-1913). Bello ed interessante lavoro, che fu, se non suggerito, incuorato almeno ali' autore da Guido Mazzoni, e che, a quanto pare, condurrži P Osti a uno studio anche piu esauriente e profondo su tutfca 1' opera letteraria del Cesarotti; studio che, se sarA condotto con la diligenza e 1' amore che chiaramente traspaiono da questa prima ricerca, riescira di sicuro vantaggio alle lettere e di non poca sodisfazione ali' Osti. Ci duole che lo speciale carattere di questa nostra rivista non ci permetta di darne ai lettori quella diffusa e particolareggiata notizia che esso meriterebbe; non possiamo pero fare a meno d' avvertire che cio a cui intende in primo luogo 1' indagine critica deli' Osti 6 di dimostrare che la versione cesarottiana in versi deli' Iliade altro non 6 se non una goffa deturpazione deli' immortale poema omerico, tentata come fu da un uomo cui troppi preconcetti personali e deli' epoca turbavano le facoltA critiche e impedivano un sano giudizio estetico. Con tutto cio essa versione «ebbe anche qualche effetto buono e benefico. Poichž come il Bet-tinelli colla sua critica irriverente richiamo, senza volerlo, gl' Italiani al culto e allo studio della Divina Commedia, cosl anche il Cesarotti, dopo aver glorificato il nuovo «Omero posticcio» e contaminato l'«Omero vero«, affretto, senza accorgersene, il pubblico e i critici verso la retta ammira-zione deli' antichitsU. Compiutezza d' informazione bibliografica, sana dottrina ed elegante proprietA di lingua accrescono valore ali' operetta, la quale, in una noticina in calce alla pagina 9, ci dA anche la gradita notizia che la publicazione deli' Epistolario inedito di G. R. Carli k finalmente preparata dal Vidossich e dali' Osti stesso. Quod bonum, con quel che segue! G. Q. 86. Giacomo Furlan: Raccolta di voci marinaresche del dialetto della nostra provincia (estr. dal Prospelto degli studi deli' i. r. Accad. di Comm. e Naut., Sezione nautica, a. scol. 1912-1913); Trieste, Lloyd, 1913. [L' utile raccolta, iniziata col desiderio di completare il Dabovich (»Dizionario tecnico e nautico«), va per ora sino alla lettera 1 inclusiva ; resto uscirA alla fine del corrente anno scol.; e allora ne sarA anche da noi discorso, com'6 giusto, piu a lungo.] 87. Giacomo Piperno: I pericoli della navigazione e il modo di scon-giurarli; conferenza tenuta il 20 maržo 1913 nel Salone della Camera di Commercio ed industria di Trieste; Trieste, Mortcrra, 1913. 88. Aldo Oberdorfer: Saggio su Michelangelo; Milano, Sandron, s. a., ma 1913. 89. Mario Prešel: Cinguant' anni di vita ginnastica a Trieste; Trieste, Tip. Societi dei tipografi, MCMXIII. 90. Giovanni Sfetez : San Sebastiano, dramma storico in un atto ; Milano, Barbini, 1913. 91. Id. Id.: Per la mamma, dramma in tre atti; Udine, Moretti, 1913. 92. Id. Id.: Amore che uccide, o i nihilisti, commedia in tre atti; Milano, Barbini, 1913. 93. Artnro Bellottis Vele latine [novelle]; Trieste, lahni, s. a., ma 1913. 94. Giusto Buttignoni: (1813-1913) A San Giusto cento anni fa; oggi e domani; Trieste, Mosetig, s. a. ma 1913. 95. M. G. Bartoli: Romdnia o Romaniaf ; estr. dagli «Scritti vari di erudizione e di critica in onore di Rodolfo Renier»Torino, Bocca, 1912; pp. 981-99. B) Oporo di forestieri stampato fuori deli'Istria e riferen-tisi iii via diretta o indiretta ad essa. 96. Jackson, Tlionias Graham: Bgzantine and Romanesque Archi-tecture; Cambridge, University Press, 1913, 2 voli. in -8 gr. (pp. XX-274, 285, c. 148 figg. nel testo e 165 tavole fuori testo colorate e in nero). L' autore di quest' opera 6 un rinomato architetto. A lui si devono, tra altro, i nuovi edifizi di Brasenose College a Oxford, pregevoli per lo stile felicemente intonato con la grave architettura. deli' antica citti uni-versitaria, e sotto la sua direzione venne eseguito recentemente P ardi-mentoso ristauro della cattedrale di Winchester. Ma il suo nome si ricol-lega ancora al rinnovamento deli' arte vetraria in Inghilterra, ricercante 1' effetto decorativo nei piu comuni prodotti suoi e ritornante alla materia adoperata dai Veneziani deli' eta migliore. E desiderati dai collezionisti sono tuttavia gli ex-libris ch' egli ha composti. La trattazione deli' «Architettura bizantina e romana« si svolge lungo la traccia d' un corso di conferenze fatto da T. G. Jackson mede-simo alla Royal Institution di Londra e ripetuto poi nell' Universita di Cambridge. Le descrizioni si fondano quasi sempre su osservazioni e studi personali compiuti dali' autore sui luoghi che descrive; poichfe egli sa che la scienza di seconda mano non ha se non mediocre valore. Le illustrazioni (piante topografiche, vedute d' insieme e di particolari) sono desunte da fotografie o da disegni deli' autore o di suo figlio. La parte che del vasto argomeuto si riferisce ali' Istria, si restringe a una descrizione della Basilica di Parenzo (vol. I, pp. 181-183), illustrata da una pianta e da una veduta in colori deli' interno deli' abside (da un acquarello deli' autore del 1884), e a un cenno di due particolari ornamen-tali, ricordati a cagione di confronto, 1' uno da Pola (vol. I, p. 218, fig. 47): croce scolpita in rilievo con foglie, da S. Maria in Canneto (vedi Jackson, Dalmatia ecc., cit. piu sotto, vol. III, p. 218, fig. 105), 1' altro da San Lorenzo del Pasenatico (vol. II, p. 192, fig. 120): traforo da finestra in pietra (da uno schizzo deli' autore del 1885; vedi Jackson Dalmatia ecc., vol. III, p. 338, fig. 115, e Caprin, Alpi Giulie, p. 323 ill.). I due volumi si presentano al lettore magnificamente, nel formato, nella carta, nei caratteri, nelle illustrazioni, nella sobria ed elegante legatura. Per maggiori particolari riguardanti 1' Istria 1' autore rimanda alla nota opera sua, che pur giova qui ricordare, Dalmatia, the Quarnero and Istria, with Cettigne in Montenegro and the Island of Grado. Oxford, Clarendon Press, 1887, 3 voli. in -8 (pp. XXVI-418, VIII-397, VIII-453). Per 1' Istria insulare vedi vol. III, cap. XXV : II Quarnero, Cherso, Ossero, Lussiu ; XXVI: Veglia ; per 1' Istria continentale i cinque capitoli XXIX-XXXIII, dedicati partitamente ali' Istria in generale, a Pola, a Parenzo, a San Lorenzo del Pasenatico con Cittanova e Pirano e, infine, a Trieste con Capodistria e Muggia vecchia. s. 97. Alfredo Oriani: Fuochi di bivacco (scritti vari); Bari, Laterza, 1913. [Si riferisce a Trieste lo scritto Verita nazionale (pp. 365-370); bel-lissima cosa, vibrante del piu schietto e fiero sentimento d italianiti, che ci rivela nello scomparso scrittore romagnolo un convinto amico nostro, e che tutti in Istria dovrebbero leggere e meditare.] 98. Miscellanea in ouore di Albino e Nina Zenatti; Verona, Fran-chini, 1913. [L' importanza della lussuosa publicazione, onde vollero festeggiare le nozze d' argento dei coniugi Zenatti alcuni egregi letterati veronesi, si manifesta gia nell'indice: B. Barbarani, Da «Canonica de Sant'Alberto* (versi); C. Cipolla, Documenlo veronese inedilo del 1181; G. Fraccaroli, S. Francesco (versi); L. Simeoni, II poemetto della Maddalena di Cecco d' Assisi; V. Benini, Tramonto (versi); F. Pellegrini, La vendetta di Ciba-lino (rima inedita del sec. XIII); F. Cipolla, Versi; G. Biadego, La prima lettera di Aleardo Aleardi.] ' 99. J.ettere di Giosue Carducci alla famiglia e a Severino Ferrari; Bologna, Zanichelli, s. a., ma 1913. [La lettera LXVII (alla figlia Laura, pp. 77-79) parla anche del nostro povero Picciola, al quale il Carducci voleva si restituissero dalla moglie sua alcune decine di lire ch' essa avea avute da lui in prestito. In molte altre lettere 6 poi brevemente accennato a Salomone Morpurgo, che nel 1892, come si sa, accompagno con lo Zenatti il Carducci nel noto viaggio in Cadore.] C) Riviste istriane; cose istriane nei giornali istriani e nelle riviste e nei giornali forestieri. 100. II Piccolo (Trieste). 28. IX. 913: II cinquantenario della fonda-zione del I ginnasio comunale; 19. X 913: Una domenica mattina a Trieste sessant' anni fa (Ricciardetto); 8. XI. 913: La partenza deli' aquila napo-leonica {8 novembre 1813)-, 21. XI. 913: Commemorazione del dottor Lorenzo Lorenzutti alla Minerva (Attilio Hortis); 19. XII. 913: Zorultie la «vecchia furlana», clagherrotipi triestini (Ricciardetto). 101. II Piccolo della sera (Trieste). 1. XII. 913: Pacifico Valussi (un giornalista nel periodo della diana nazionale a Trieste). 102. Illustrazione popolare adriatico-trentina (Trieste); a. VI (1913), n. 36: Capodistria; attraverso il museo di storia ed arte (Armando Camuffo). 103. La patria del Frinli. 8. XII. 913: Besenghi degli Ughi e gli impiegati della vecchia Trieste. [Riassunto di una memoria del nostro col-laboratore prof. Giov. Quarantotto, letta a.11'Accademia di Udine nella tornata del 7 dic. u. s.] NOTIZIE E PIJBBIICAZIONI. * Addi 22 luglio p. p. nella chiesa di S. Anna a Capodistria av-venne 1' uftieiale ricognizione e traslazione delle ossa del B. Monaldo Griiistinopolitano, autore della «Somma Monaldina» (vedi Stancovich, Capodistria, Carlo Priora, 1888, pag. 75). Le ossa riconosciute furono rin-chiuse in apposita urna di legno, lavoro deli' intagliatore Domenico Ma-roder di S. Ulderico-Gardena, e poste sull' altare di S. Diego. * II Fanfulla della Domenica, Roma 1913, n.i 40-49: Eugenio Chec-chi, II teatro dialettale e Giacinto Gallina. — Luigi Mannucci, Quarte piccole fonti carducciane. — Carlo Segrb, Un nuovo contributo alla storia del »Mercante di Venezia«. — Plinio Carli, Giuseppe Giusti sotto processo. — A. Pilot, Noterelle sulla «Parisina» di A. Sornma. — Francesco Biondolillo, Mostra retrospettiva di arte emiliana. — Giorgio Barini, Giuseppe Verdi nelle sue lettere. — R. Zagaria, II primo poeta dialettale barese. — Fieramosca, Un capolavoro salvato. — Luigi Bersani, La Mo-naca di Monza: Se il Manzoni si ispiro a Diderot. — Francesco Biondolillo, La Mostra di scultura a Parma. — Angelo Ottolini, Luigi Lamberti negli scritti del Foscolo. — Giulio Lorenzelti, II «Martirio di S. Lorenzo» di Tiziano ed il soggiorno dei Conti del Nord a Venezia. — G. B. Mene-gazzi, S. Francesco e 1' Umbria in un sonetto del Carducci. — Francesco Flamini, Dalla buia campagna al nobile ca-tello. Gli afilotimi« e i ma-gnanimi nell' Inferno dantesco. — Giuseppe Merici, Rabdomanzia manzo-niana. — Paolo Lorenzetti, L' intendimento e le cause precipue dei trat-tati d' amore nel secolo XVI. 11 Marzocco, Firenze, 1913, n.i 42-49: Ada Negri, Rileggendo Gaspara Stampa. — L. D., Tesori d' arte ignorati o inediti. Una tavola di Lorenzo Monaco. — Giulio Caprin, Scipio Sighele. — N. T., Tesori d' arte ignorati o inediti. Una statua in legno del '400. — G. S. Gargano, Dalla poesia del MagniBco alla pittura del Botticelli. Un' interpretazione della «Primavera». — L. D., Tesori d' arte ignorati o inediti. Uno stucco del '400. — Giovanni Rabizzani, L' Aretino in iscorcio. — E. G. Parodi, Pubblicazioni carducciane. — Giovanni Rabizzani, II reverendo Lorenzo Sterne. Nel bicentenario della nascita. — Baccio Ziliotto, L'Amfiparnaso. — Giulio Urbini, II Cenacolo di Foligno. — Giovanni Cald, Franceseo Acri. — Giovanni Rabizzani, Gaspare Gozzi e il giornalismo. Nel II cen-tenario dalla nascita. * Rivista Ligure, Genova 1913, A. XL, Facc. IV e V: i, Issel, Oggetto e indirizzo della Geografia. — E. Curotto, La critica degli dei stranieri nella Commedia greca antica. — G. Ansaldo, Genova settecen-tesca. Appunti storici. — F. L. Mannucci, Giovanni Boccaccio a Genova. — TJ. Monti, La poesia del volo. * Atti del R. Istituto Veneto (li scienze, lettere ed arti, Venezia 1913, Tomo LXXII, Disp. 7-9: A. Medin, Per la storia della fortuna del Boccaccio nel Veneto. — A. Favaro, Studi e ricerche per una Iconografia Galileiana. — C. Manfroni, Documenti veneziani sulla campagna dei Russi nel Mediterraneo (1770-71). * Pro Cnltura, Trento 1913, A. IV, Fasc. 3-5: Prof. Oltone Bren-iari, Vigilio Inama. — Dr. Guglielmo Bertagnolli, Ultimi saggi critici su Giovanni Prati. — Enrico Brol, Carlantonio Pilati a Venezia. — Dr. Vit-torio Riccarona, L' origine del pensiero; dialogo fra un Kantiano, un Rosminiano ed uno Spiritualista moderno. — Giovanni Pedrotti, Sull' uso della parola «Trentino» nei vecchi scrittori della nostra regione. — Dr. Silvestro Valenti, L' antico regolamento del comune di Pinzolo contro il pericolo d'incendio (1527). Archivio Folcloristico. * Addi 20 novembre alla Societa di Minerva di Trieste fu com-memorato da Attilio Hortis il dott. Lorenzo Lorenziitti, il quale era stat o per sei lustri benemerito presidente di quella societž,. * In occasione del secondo centenario della nascita di Gasparo Gozzi, Venezia, la sua citta natale, gli fece una solenne commemorazione ufficiale e la «Gazzetta di Venezia« che nel 1760 ebbe da Gasparo Gozzi i natali, sotto il nome di iGazzetta Veneta», preparo un numero unico a ricordo di quel tempo. Addi 13 dicembre moriva ad Ostia il prof. Dante Vaglieri, diret-tore di quelli scavi, insegnante di epigrafia romana ali' Universitž, di Roma e alla scuola italiana di Archeologia. Era direttore del Bollettino deli'Associazione Archeologica Romana. * La celebrazione del cinquantenario del Ginnasio Comunale di Trieste si chiuse con lo scoprimento di una lapide commemorativa a Onorato Occioni, poeta e filologo, che fu primo suo direttore, con largo intervento di illustri porsonalita. II discorso che precedette io scoprimento, tenuto da Attilio Hortis, denso di pensieri, splendido nella forma fu ap-plauditissimo. Condegni applausi si merito quello del Direttore Baccio Ziliotto. Giuliano Tessari editore e redattore responsabile. Stab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.