Anno II Capodistria, 1 gennaio 1942-XX N. 9 ere e 9i QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO „NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA I CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI Le Camicie Nere della citta di Sauro salutano nel Segretario del Partito ALDO VIDUSSONI, l'eroico combattente figlio della Terra Giulia. Dal Duce nella Giornata della Fede Se chiedessimo alle donne italiane qual'è il loro desiderio più grande, sono certa che tutte risponderebbero „Vedere il Duce". Questo desiderio palpita nel cuore delle bimbe, delle spose, delle madri che hanno figli Caduti, dispersi, lontani che portano nel cuore solo più un fiero ricordo e sul petto una medaglia. La certezza che Egli è contento di noi è 1' unico premio che attendiamo per il nostro lavoro. Il 18 dicembre XX, cinquecento donne italiane hanno avuto la più alta, la più invocata delle ricompense : quelle di essere ammesse alla Sua presenza. Come Egti stesso disse all' inizio del Suo discorso, volle „con deliberato proposito" attorno a sè nel V annuale della Giornata della Fede, una rappresentanza dei Fasci Femminili, cioè di quella organizzazione laboriosa e disciplinata che è (sono sue parole) la vera, la reale „aristo-crazia della nazione" Egli avrebbe certo voluto intorno a sè tutte le donne, delle città, dei paesi, dei villaggi, quelle che donarono l'unico gioiello delle povere mani, il cerchio d' oro, consunto e consacrato dalle fatiche, quelle che offersero senza pianto i figli soldati, le legioni femminili compatte sul fronte interno. Ma non era il momento questo di distogliere un esercito dai suoi compiti : due Crocerossine, due Visitataci Fasciste da ogni provincia d'Italia, hanno portato al Duce il saluto, la nromessa, I* amore immenso di tu. i organizzate. Non ci attendevamo questo dono, e forse più di noi lo meritavano le cento e centomila donne che sono rimaste ai loro posti : le Croceros- Tutto il cuore del popolo italiano è accanto ai gloriosi feriti. sine eroiche dei fronti lontani, delle navi bianche, le ospedaliere d'Albania, le Massaie Rurali della Quarta sponda ; ad esse fu costantemente rivolto il nostro pensiero, in nome loro abbiamo ascoltato I' elogio del Duce. Nella Sala Regia di Palazzo Venezia non ci furono soltanto quattro centurie di Crocerossine e di Visita-trici Ospedaliere e Fasciste ; la sala non ebbe più limiti di spazio, fu la Patria e vi sfilarono idealmente tutte le donne italiane: le squadriste, le fedelissime, mentre intorno a noi aleggiavano gli spiriti di quelle che caddero come soldati in Africa, negli ospedali da campo, sulle navi rosso-crociate colpite dalla pirateria anglosassone. La parola del Capo si elevò alta e pacata: il nostio cuore la raccolse per ripeterla alle assenti. La Fede, il coraggio, la ferma volontà del sacrificio erano già in noi, Duce, ma le tue parole, i tuoi occhi di Condottiero ci hanno detto che la nostra consegna può e deve superare i confini delle virtù umane. „0 Madre Italia, io mai t'ebbi sì cara com'oggi" cantò per la Giornata della Fede, Ada Negri, la poetessa delle tue stesse battaglie, o Duce ; ed ella interpretò il nostro amore. Duce, ci hai fatto giurare odio implacabile al nemico, resistenza con le unghie e coi denti sul fronte interno che ci hai affidato ; abbiamo giurato per tutte. Nelle case, nelle scuole, ai figli, alla gioventù fascista, maestre e madri, insegneremo l'odio ai nemici della Patria e del Fascismo, la necessità di raggiungere l'estremo limite del sacrificio per la bella Vittoria. Quando avremo dato tutte noi stesse, avremo dato poco. Ornella Puglisi ETICA FASCISTA Saluto ad ,,Imperare ci „Credere e Vincere" saluta alla voce, con cameratesco augurio, „Imperare" quindicinale dei Fascio di Pisino, che forte dei suoi collaboratori e fedele alla consegna del Duce, si unisce agli altri fogli dei Fasci istriani nella certezza di riuscire con la sua opera a collaborare alla Vittoria delle armi d'Italia. Nell'ambito del Fascismo s'agitano ancora irrequieti, turbando l'armonia nazionale, gli ultimi proseliti dell'utilitarismo, gente che nella vita non vede altra etica che quella dell'interesse e altro mondo che quello del «proprio io». Incapaci di elevarsi, non dico in pratica, ma nemmeno col pensiero alla concezione fascista dello Stato come tu-telatore dei valori dello spirito, guardano al liberalismo inglese come alla realizzazione del loro sogno utopistico di sozzi materialisti. Questi ultimi residui del passato, eterni laudatori del panidustriali-smo-inglese e americano, a loro detta fonte inesauribile di ricchezza, sono quelli che l'occasione trova II Fascismo è tutto /'/ popolo italiano. MUSSOLINI La dominatrice dei mari. sempre pronti alla critica, alla svalutazione e all'incredulità, per sollevarsi ad un ideale, per abbracciare una fede e per questa, se è necessario immolarsi, è tara che va eliminata. Perchè, se è ammissibile l'impossibilità di distruggere i loro appetiti, non è d'altra parte ammissibile che questi non possano es-s£re domati dallo spirito per instaurare una legge del dovere in cui l'uomo annulli la sua individualità per fondersi, come cellula attiva, nel grande corpo della nazione. Un uomo infatti, che non ha altra guida che il suo istinto di animale insaziabile non può e non deve essere fascista, poiché fascismo significa spesso rinuncia. E chi non si sente di informare la sua vita a questa norma, chi non si crede capace di sacrificare il suo feticcio all'interesse supremo della Nazione non è ne fascista nè italiano. La selezione che in questo caso si riduce a convincimento e all'abbandono di ideologie riconosciute insufficienti o incapaci, ci libererà da questi elementi; ma perchè attendere? Perchè non affrettare il processo depurativo di questi eretici retrogradi? La violenza, che come ha detto il Duce, può avere anche una sua moralità, sarebbe in questo caso morale, o meglio ancora, necessaria; benché i pochi inquinati non possano di certo intaccare il solido edificio del fascismo, edificio che ha le sue basi nella cruda realtà, e non come alcuni erroneamente potrebbero credere in una utopia esaltatrice dello spirito. Poiché se il Fascismo, di contro al materialismo, ha reso giustizia ai valori spirituali, non per questo si deve credere che abbia sconfinato la realtà, chè anzi si è imposto ed ha avuto le sue più grandi affermazioni proorio nel campo pratico. Sergio Pasquaiis Sentimentalismo di Hong-Kong Quella di sapersi arrampicare sugli specchi con agilità degna delle scimmie più allenate, è prerogativa inalienabile degli anglosassoni, per i quali ogni avvenimento presenta un angolo visuale passibile di sfruttamento e di speculazione. Gli inventori delle ..ritirate portentose", delle „fughe vittoriose" e delle ..sconfitte organizzate" si sono trovati d'improvviso a dover giustificare al colto pubblico e all'inclita guarnigione la perdita di Hong-Kong. Come fare ? quale piroetta inventare ? a quale prestidigitazione abbandonarsi ? Dopo un momento di perplessità, la bombetta fumogena è approntata e lanciata con l'usata disinvoltura: la perdita di Hong Kong ha una importanza più sentimentale che militare. Ecco fatto, ecco trovato il tasto da battere per blandire l'opinione pubbl ca e aiutarla ad aspettare fiduciosamente il ritorno di Winston Churchill dal travagliato soggiorno americano. „La piccola guarnigione di Hong-Kong - avvertiva un giornale inglese alcuni giorni addietro - dovrà soccombere con eroismo : ciò che coprirà di gloria immorrale i reggimenti canadesi e britannici". Come si vede, tutto era preparato e predisposto per inquadrare la caduta di Hong-Kong in una cornice ..sentimentale". E, a questo proposito non sembra inutile ricordare le famose parole della inespugnabilità della città, messe in giro dai britanni per smentire eventuali velleità.... Chi l'avrebbe mai detto a Tokio che la vittoria dei valorosi soldati nipponici non sarebbe stata che un successo sentimentale? Eppure gli inglesi, con la loro sensibilità, trovano il sentimentale anche in una ritirata strategica. **# Corsica e Istria Quando, a merito specialmente del prof. Francesco Guerri e degli esuli còrsi, si iniziò in Italia una animosa campagna per le rivendicazioni nazionali sull'dsola persa», anche gli istriani si mossero, non vollero rimanere indifferenti al grido di dolore dei fratelli lontani, essi che per lunga esperienza sapevano quanto avviliente fosse per un popolo civile il sottostare ad una dominazione straniera ! Nè va dimenticato che qualche antico ricordo legava la nostra provincia alla bella isola mediterranea. Lo stesso nome Istria corrisponde ad una piccola regione della Corsica e figura accanto al nome di alcune importanti personalità: Vicen- tello d'Istria fu un valoroso condottiero e potente signore còrso del secolo XV; un Colonna d'Istria figura quale maggiordomo di Letizia Ra-molino-Buonaparte all' isola d' Elba nel 1814 e Galloni d'Istria fu deputato bonapartista dell'isola all'Assemblea Nazionale Francese nel 1871. Durante la guerra degli Uscocchi, nei primi decenni del secolo XVII, milizie còrse, al servizio di Venezia, combatterono in Istria contro gli Austriaci, invadendo la Contea di Pisino; erano comandati da Pietro Maria e Gian Domenico Ornano di antico ed illustre casato dell'isola. E veniamo al presente. Il battagliero «Telegrafo» ebbe numerosi abbonati e lettori nella nostra provincia subito dal suo inizio; e oblazioni, magari di carattere popolare, furono raccolte per la lampada votiva a Pasquale Paoli, che arde perennemente davanti alla stele in Santa Croce, a ricordo del primo campione dell'Indipendenza italiana; altre oblazioni vennero versate dagli Istriani prò fondo «Santu Casanova» istituito per onorare l'illustre vegliardo, poeta vernacolo e fervente patriota. Parecchie conferenze furono tenute, ad illustrare la Corsica sotto i vari aspetti; nè mancò la propaganda spicciola tra i giovani e gli operai, nelle scuole e nei dopolavoro. Furono costituiti gruppi di Azione irredentista còrsa e precisamente a Capodistria, Isola, Rovigno e Albona. Anche l'Istria dunque è in riga e attende con ansia il giorno della redenzione dell'isola sorella; attende le ore solenni in cui i bianchi gagliardetti con la testa di moro dei suoi gruppi, assieme a quelli delle Cento città, garriranno alla brezza mediterranea, nelle piazze di Ra-stia, di Corte, di Aiaccio, ricongiunte per sempre alla loro vera Patria, all'Italia. G. La Guerra dei Giappone (Per quelli che non sanno) La guerra che il Giappone ha iniziato con tanta decisione contro il blocco plutocratico Anglo-Americano che voleva strangolarlo con metodi giudaici, è una guerra santa, per due motivi: 1) perchè il paese del Sol Levante ha fatto in questi ultimi tempi ogni sforzo per dure il suo contributo allo sviluppo della civiltà mondiale, dimostrando in ogni occasione di non essere inferiore a nessun popolo europeo. E' logico quindi ed umano che tutte il suo popolo difenda ad ogni costo e con qualunque sacrifìcio questo patrimonio spirituale gelosamente donato all'Oriente asiatico; 2) perchè dall'analisi degli avvenimenti politici degli ultimi tempi emerge in modo palese che il popolo nipponico in ogni momento della sua meravigliosa ascesa si vide sbarrare il passo pròprio da coloro che per maturità spirituale e per ragioni topografiche avrebbero dovuto avere il massimo interesse ad agevolare il suo movimento evolutivo. Questo secondo motivo sembra, in confronto al primo, meno permeato da motivi spirituali; ma se non si vuol negare la filosofìa della storia si deve ammettere che l'attuale tremendo conflitto, in cui il giovane e forte popolo orientale per nulla scosso dalle vicende cinesi, si è gettato con entusiasmo veramente fantastico, sia stato determinato da quella fatalità che si esplica sempre nel senso di far trionfare il principio di giustizia. Se la frase non sembrasse inadatta a chi del popolo nipponico è stato costante ammiratore si potrebbe dire che l'odierno conflitto non è che la ma- nifestazione di quella terribile vendetta di che quasi sempre si serve la storia per la tragica beffa di coloro che vollero violentarla. L'attacco delle varie basi navali che, nel momento in cui scriviamo, continua con lusinghiero successo, l'attacco dei vari anelli attraverso i quali doveva passare il formidabile cordone di acciaio che doveva strangolare cento milioni di uomini, rei solo di esser poveri, di prolificare molto e di non poter trarre dal breve spazio in cui sono ristretti quel tanto che occorre alla vita, non è che il colpo di spada che tronca il cordone, che con raffinata ferocia era già stato spiritualmente e materialmente steso fin da mezzo secolo fa intorno all'arcipelago giapponese. Difatti, fin dal tempo della prima guerra cino-giappone-se, il Giappone fu con studiata diplomazia privato di quasi tutto il frutto della vittoria, anzi dovè subire l'installazione della Russia a Port-Arthur e dell'Inghilterra a Wei-Hai-wei; nel conflitto del 1904-1905 contro la Russia, che fu una marcia trionfale dei piccoli uomini gialli fin nel cuore della Manciu-ria, il Giappone, sempre per l'intervento degli Stati Uniti e dell'Inghilterra, quest'ultima, vera causa del conflitto, fu minorato di quasi tutti i benefici conseguiti, anzi oltre a vedere esonerata la Russia dal pagamento di qualsiasi indennità, fu costretto a condividere con questa l'isola di Sakalin, il che fu in seguito causa mai sopita di rancori e di conflitti; durante la guerra mondiale il conflitto del Giappone fu limitato all'investimento della colonia tedesca di Kiau-Tcheu e alla polizia dei mari orientali, ma negli anni che si susseguirono alla pace di Versaglia, le ostilità delle Potenze Anglo-Sassoni si accentuarono sempre più, fino a costringere il Giappone ad abbandonare il sinedrio ginevrino che di Versaglia, come è a tutti noto, era stato la naturale filiazione con accentuata paternità Anglo-Sassone. E finalmente, allorché la questione d'oriente si acutizzò a proposito della regolazione delle cose cinesi il popolo giapponese fu costretto ad intervenire per non vedersi con l'instaurazione in Cina d'una oligarchia finanziaria anglo-americana, costretto a rintanarsi nelle sue isole e morirci di inedia. E' stata appunto la campagna di Cina che ha fatto nascere nei circoli plutocratici l'idea diabolica di sopprimere questo nobile popolo, il quale però pur avendo la percezione esatta dell'immeritato assedio economico fino all'ultimo conscio della gravità della catastrofe che si sarebbe scatenata sul Pacifico, ha cercato con tutti i mezzi di regolare in modo pacifico le divergenze coi mastini che lo serravano alla gola. Le notizie del giorno ci dicono quello che sta accadendo, ma ciò che non tutti sanno è che il grande popolo del Giappone è deciso a ricacciare gli aggressori nei loro ignobili covili di Londra e di Wal Street e certamente li ricaccerà con eroismo che sarà il più grande titolo di gloria che un popolo avrà mai acquistato. Questo è anche il nostro augurio. Lu. So. „PRINCE OF WALES" Ho ritagliato da un giornale la fotografia della «Prince of Wales» e — messala in cornice — l'ho appesa sopra la mia branda esattamente tra l'imagine di un santo e quella della madrina di guerra. Alla sveglia d'ogni mattino, saltando giù dal letto, ci do' un'occhiatina e mi frego le mani, osservando le strutture poderose, la massiccia imponenza delle sue torri blindate, la sagoma snella del corpo d'acciaio, tutta roba saltata allegramente in aria e sprofondata poi con ammirevole e lodevole rapidità in fondo al mar di Malacca. Più guardo la foto e più mi sento scoppiar dalla gioia; altro che ricevere un vaglia telegrafico quando sei in bolletta nera o una letterina d'amore da chi non isperavi più! La «Prince of Wales» era qualche cosa di più della solita super-corazzata, 35.000 tonnellate, 10 cannoni da 356, 1500 uomini d'equipaggio, eccetera, eccetera, andati a farsi benedire nella flora e fauna sottomarina del Pacifico. La «Prince of Wales» era un simbolo. Essa rappresentava per l'Imperiai Marina Britanica e per gli gli inglesi, il mito, materializzato, della loro potenza navale allo stesso modo che per gl americani lo «Spirito di S. Luigi», il minuscolo monomotore della traversata atlantica di Lindberg, era l'emblema della loro audacia che adesso però fà i conti, alquanto disastrosi, con quella giapponese. La «Prince of Wales» aveva probabilmente sparato su Genova (impresa per loro, sporchi maiali, «ammirevole»), la «Prince of Wales» aveva in Atlantico buttato a picco la gloriosa «Bismarck» (col sistema di Maramaldo naturalmente, che a parità di forze ben altra musica avrebbe suonato in quel lontano mattino sul mare del Nord), infine sulla «Prince of Wales» Churchill e Roosvelt — impareggiabili babbei — tra salmodiar litanici e trincate di gin — avevano varato quei famosi otto punti che rimarranno nella Storia come il tentativo più serio e ben riuscito di battere in una sola volta tutte le opere umoristiche di questo e dell'altro mondo. Ed è probabile che alla fine dei colloqui, Churchill, allegrotto e paonazzo dal troppo bere e cantare, avrà con ampio gesto della mano, additato al suo compare la fortezza galleggiante. Ecco quella era l'Inghilterra! Salda e possente come la «Prince of Wales», inaffondabile come la «Prince of Wales», scatola d'estratto di potenza concentrato nel vuoto L'Eccellenza BERTI a Capodistria Sabato, proveniente da Trieste, è giunto a Capodistria il nuovo Prefetto della nostra Provincia, Eccellenza Berti, che al suo arrivo è stato ricevuto dal Commissario prefettizio. Recatosi subito alla sede comunale, il Prefetto è stato salutato dalle autorità cittadine. Il Commissario prefettizio presentò all'Eccellenza Berti il segretario politico, ispettore federale della prima zona dell'Istria, il Presidente del Tribunale, il tenente comandante la Compagnia Carabinieri Reali, il commissario di Pubblica Sicurezza ed un ufficiale che recò al Prefetto il saluto del Presidio militare, i capi Istituto delle scuole locali. L'Eccellenza Berti fece una breve visita ai locali del Comune, recandosi subito dopo alla casa di Naza-rio Sauro per deporre una grande corona d'alloro nel Sacrario del Martire adriatico. Nella casa di Sauro venne ricevuto dalla fi 5*1 dell'Eroe: Anita. Portatosi nel Sacrario che raccoglie i cimeli dell'Eroe capodistriano, l'Eccellenza Berti sostò in religioso raccoglimento. Indi, aderendo all'invito del se- deila loro immensa cretina superbia. Forse in quei precisi momenti Nagano e Sawamodo, ammiraglio e contr'ammiraglio della flotta giapponese, istudiavano con la loro finta sornionità, quella medesima del gatto che aspetta il topo (sia esso pur grande e grosso) al varco, le caratteristiche di quella nave e di altre ancora, con quelle dei loro esplosivi. Così, tanto per far qualcosa .... «Prince of Wales» cittadella dell'orgoglio e della sicurezza britannica tu sei scoppiata in aria con i tuoi cannoni, con i tuoi uomini, con il tuo ammiraglio, con le tue quaranta mitragliere antiaeree, così come scoppia ima zucca matura sotto il calcio di qualcuno. Era il tuo destino ad onta dei 40fi millimetri di corazza, del tuo alone di invulnerabilità, dei tuoi trentadue nodi all'ora. Non ci sei sfuggita neanche to. Come la «Hood», l'«Ark Rojal», la «Rojal Oak», la «Repulse», gli incrociatori, i caccia, i sommergibili, le petroliere, le infinite navi insomma che ti terranno compagnia laggiù, nelle profondità glauche degli Oceani. E' il destino non di una nave o di cento navi ma di una bandiera ma di un popolo intero, il tuo. Quello precisamente di saltar in aria e di scomparire nel nulla, così, come sei scomparsa tu in un tramonto sanguigno, nel lontano mar di Malacca, ad opera di un minuscolo eroico pilota giapponese. gl. bo. gr età rio politico, si recò al Sacrario dei Caduti e da qui alla Casa Littoria. Visitò la sede del Fascio capodistriano, promettendo poi ai gerarchi di tornare tra breve nella città di Sauro in visita ufficiale. Il segretario politico ha porto al nuovo Prefetto della nostra provincia il saluto delle Camicie Nere capodistriane, saluto che il Prefetto ha particolarmente gradito. Ultimata la visita alla nostra città, l'Eccellenza Berti è partito per Pola. La visita del Generale NAVARRA VIGGIANI Dopo un breve giro di ispezione in Istria, il Generale di Brigata di cavalleria Franco Navarra Vig-giani, comandante della Zona militare di Trieste ha onorato di una sua visita la nostra città. Il Generale, squadrista, fascista della prima ora, gerarca del Partito, valoroso soldato di tutte le guerre è slato salutato a! suo arrivo dal Segretario Politico che gli ha porto il saluto del fascismo capodistriano, dal Commissario Prefettizio e dalle altre gerarchie locali. Il Generale tyavarra Viggiani ha sostato qual- che tempo ne! Sacrario di Nazario Sauro ove venne accompagnato dalle autorità locali e poi si recò al Sacrario dei Caduti ove si trattenne in devoto raccoglimento per qualche minuto. Infine visitò la Casa de! Fascio, aderendo all'invito del Segretario Politico, ed espresse il suo compiacimento per la fervida attività che viene svolta dalle Camicie Nere della città di Sauro. II Legionario Antonio Sirotich fu Giovanni, nato a Salvore nel 1906, caduto il 50 settembre u. s. nell'adempimento del suo dovere di combattente in terra di occupazione. La salma del valoroso legionario è stata a cura dell' Autorità militari trasportata a Salvore dove ha avuto degna sepoltura, alla presenza di tutte le Autorità. Apparteneva alla 60a Legione M. V. S. N. e cadde militando nei ranghi del 61 .o Battaglione CC. NN. (Car-naro). I Alla Sua memoria il nostro Alalà! Antonio Sirotich è presente ancora e sempre alla testa dei Legionari Istriani. Sciatori della C I L Una squadra di sciatori del Comando della GIL del Fascio di Capodistria è partita per i campi di neve di San Candido per un severo allenamento nel tanto sano sport invernale, come preparazione a delle importami competizioni sciatorie delia GIL nelle quali sarà degnamente rappresentata la nostra città. Ai giovani del Littorio che si cimenteranno nelle gare con i migliori campioni della GIL d'Italia, un fervido augurio. TACI! Il nemico ti ascolta - Direitorc responsabile il Segretario Politieo Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio