ANNALES #/'% strokovno delo UDK 323.15:94(100)"!939/1945"(450.361 Trst) 323.15:321.64(450.361 Trst) TEMPI DI GUERRA: TRIESTE, UNA CITTÀ ALLO SPECCHIO* Anna M ari a VINCi prof. dr.. Univerza v Trstu, Istituto regionaie per la storia de! movimerrto di iiberazion* ne! FrtoJi-Venezia Ciulia, IT-34100 Trst, Via Cretta 38 prof. dr.. Univerza v Trstu, Regionalni inititut za zgodovino osvobodilnega gibanja v FuHaniji-Julijskt krajini, IT-34100 Trst, Via Cretta 38. SINTESI Con lo scoppio délia seconda guerra mondiale, Trieste vive in modo drammatico fuite ie contraddizioni e le tensioni di una città di confine. Né si tratta di un confine qualsiasi: è il confine orientale d'Italia, un segno di d i vis ione come tutti i confini ma che, più degli altri, rappresenta una lacerazione tenuta aperta ed aliméntala nel tempo dalla brutalité del nazionalismo fascista, La popolazione civile (italiani, sloveni e croati) di Trieste e dell'intera régions e quella che, nel breve intervallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, ha sopportato le conseguenze più dure di taie scelta: il ruolo di persecutori e quelle di perseguitati ha diviso le nazionalità, ma e pas sato come una lama anche all'intemo delie stesse; ha distrutto convivenze di fatto e convivenze possibili. Con la seconda guerra mondiale, l'ordine violento del regime non e morto con lo sfacelo delle sue istituzioni, incapaci di govemare l'emergenza dettata dal conflitto: si e riprodotto nel disordine dell'odio, preannunciando nuove tragedle. La storia deüa seconda guerra mondiale, parteado dalle condizioni di vita delle popolazioni e da uno studio più accurato su/ funzionamento delle istituzioni pubbliche e prívate, ha svelato nuovi otizzonti alla ricerca storiografica italiana: il "case- study" di Trieste puô rappresentare anche per la storiografia locale uno stimolo per nuovi percorsi. Parole chiave: seconda guerra mondiale, fascismo, minoranze, Trieste, confine orientale Ključne besede; druga svetovna vojna, fašizem, manjšine, Trst, vzhodna meja Iniziava nel 1990 la ricerca su Trieste ín guerra: era, ancora una volta, un'occasione celebrativa a mettere in moto la macchína. tMa c'era dell'altro: c'era i! tentativo, anzi la scom-messa di fare una cosa seria. L'lsíitiito Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia lanciava proprio allora l'iniziativa per lo 5tudío della realtá della guerra in Italia, lungo iutto Parco della sua durata, fin da! periodo della non beíligeranza. Molto studialo fino a quel momento era stato ¡nfatti solo il biennio 1943-45, molto mena, invece, e solo come premessa a quest'ultima fase, il periodo 1939-43. Si delineava tuttavia anche l'esigenza di studiare la guerra in modo diverso, sotto i! profilo della "storia di tutti": la "guerra degli italiani", la guerra nelle città, la guerra nei rapporto tra città e campagna, cosí come fu vissuta, cosí come è ricordata. Pariendo da queste premesse, l'indagine avrebbe poluto fácilmente scivolare fungo la china di una "gaitería degli orrori" oppure scadere nella facile esaltazione deüa categoría "della gente". Non è andata cosi, anche perché nel progetto di ricerca era presente l'ímpegno di intrecciare puníi di vista diversi, diverse metodologie: la storia delle mille fatiche e delle mille sofferenze dei giorni di guerra, ma * Questo saggio riproduce ín parte un articolo già pubblicato dalla rivista "Qua¡estona", (1992), 1, pp, 67-94, 111 ANNALES 8/ 96 Anna Maria VINCI TEMFI 01 GUERRA: TRIESTE, UNA CITTÀ ALLO SPECCHIO, 11 M 24 anche la sloria delie istituzioni, da quelle che tenevano ¡n mano le fita del governo dette città in guerra (¡i Partito fascista e le sue multiformi organizzazioni, ie autorité comunali c statali) a quelle che durante la guerra erano destínate a svolgere un ruolo di punta, come ad esem-pio la Chiesa. Divenivano centrali i problemi dell'economia di guerra, quelli dell'approvvigionamento deile città, quelli dei trasferimenti di ricchezze da un ceto sociale all'al-tro. ïutto ciô comportava - è del tutto evidente - il ricorso ad una vasta rnolteplicità di fonti: dalle relazioni cl i poíizia alla memoria dei protagonisti, dalle carte délia Curia vescovile a quelle degli Archivi comunali, fino alla documentazione del Commissariato generale per le fabbricazioni di guerra. Si trattava quindi di uno sforzo notevole, per tentare di daré alcune risposte ai molti problemi di una società in guerra, pariendo dalla prospettiva delle città - le piñ sensibili testirnoni del drammatico evento - per arrivare a quella più generale dell'ltalia: l'italia falta di cento, di mille città, l'italia del Nord e quella del Sud. Ma quell'líalia delie cento città che andava in guerra, che aveva anzi - insieme alla Gemianía nazista -provocato la guerra europea, era appunto t'Italia fascista. Uno dei punti cardine della ricerca che si avviava nel 1990 era dunque anche quello di capire come, quando, e se, la società italiana, ingabbiata in vent'anni di dittatura, decidesse il suo distacco cía! regime fascista, s2iicito poi in prima battuta dall'evento del 25 luglio 1943, Rispetto al progetto del 1990, i risultati si possono definire soddisfacenti: per un verso, infatti, gli esempi studiati non sono molti (Torino, Bologna, Napoli e Trieste) e manca a tutt'oggi un'ipotesi comparativa più solida tra i diversi frammenti del mosaico;1 per i'aítro, invece. si puô ben dire che si siano liberate nuove energie. Ricordo le raffinatiss¡me arialisi condotte sulla base delle fonti orali e della diaristica minore e, per quanto atliene ai contenuti, ricordo anche tutti quei pezzi della "sloria degli itaüani" riportati alia luce per la prima volta: le condizioni delle città sottoposte ai bombardamenti aerei; il fenomeno degli sfollamenti; il problema dei giovarti che, nati e cresciuti sotto il fascismo, si trovano improvvisarnente a dover fare i conti, di fronte alia guerra, con vent'anni d'educazione senza liberta, a dover compiere delle scelte senza più alcuna rete di protezione, in attesa ed alta ricerca di nuovi modelli di riferimento. Per venire al caso di Trieste che su quel progetto è stato modellafo, faro brevemente alcune precisazioni, innanzitutto i ¡guardo alie fonti. E' stata la prima volta che - anche grazie al sostegno dell'amministrazione provinciale - un gruppo di ricet-catori ha poluto accedere ad alcune raccolte docu-mentarie fino a quel momento troppo gelosamenle custodite dalle istltuzioni a ció preposte. Parlo in primo luogo delí'Archivio di Stato di Trieste (A.S.T.). Gli esempi sono tuttavia ancora numerosi: l'Archivio dell'Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.), l'Archivio dell'Anagrafe Comunale e, non da ultimo, quello della Curia Vescovile. II "salvacondotto" provinciale ed una più insistente curiosità da parte dei ricercatori ha permesso di trovare in città materiale documentario alla cui carenza si è tentato per anni di sopperire con le serie - pur sempre indispensabili - delí'Archivio Centrale dello Stato (A.C.S.) e degli archivi della vicina jugoslavta (Lubiana, Belgrado). Le opere di grande levatura che caratterizzano ¡I panorama storiografico locale - i nom i di El i o Apih, Enzo Collotti, Teodoro Sala sono ben noli - sono restate comunque un punto di riferimento fondamentale; per molti aspetti anche l'esempio di uno sforzo di sintesi e della capacita di sostenere un criterio interpretativo generale, sebbene non monocorde. La ricchezza del materiale raccolto, si pulSulare di nuovi interrogativi alia luce dei quaíi vecchie e nuove fonti sono state studiate, l'uso di criterí metodologiti non tradizionali (le testimonianze orali, la scrittura popolare, la computerizzazíone dei dati) hanno fatto affiorare dal passato affreschi mossi e vivaci di una società locale ravvivata da molti soggetti. Per entrare nel mérito della ricerca, che fino ad ora si è mossa lungo l'arco cronológico 1938-1939/inizí 1943, si possono somrnariamente raggruppare le piste prescelte nei seguenti grandi fiioni: 1) Quadro demográfico, vita quotidiana e condizioni material deíla città in guerra (carte di polizia e fonti PNF rintracclate presso A.C.S.; dati SSTAT e dati ricavati dai Bollettini statistici editi dal Comune; verbali e corrispondenze delí'Archivio dell'E.C.A.; fondi reperi-bili presso l'A.S.T.; è manéala totalmente per questo settore delta ricerca una raccolta di testimonianze orali. 2) Autorifà e guerra (govemo della città): PNF, Chiesa, Pubblica amministrazione (fondi amministrativi del PNF, carte di polizia, fondo podestà rintracciati presso I'A.C.S.; materiale ricavato dall'Archivio Vescovile; fondi dell'Ufficio storico dello stato maggiore delt'esercito; rassegna dei decreti podestarili). 3) Culture diffuse, propaganda (Archivio del Prov-veditorato agí i Studi di Trieste; Archivio dell'Università 1 Per un aggiornamento bibliográfico, cfr. (cur. B. Dalla Casa e A. Preli!, Bologtid in guerra 1940-1945, F. Angelí, Milano, 1995 e cír. "Italia Contemporánea". 112 ANNALES 8/ 96 Anna Marta VINO-TEMPI 01 GUERRA: TRIESTE, UNA CITTÀ ALLO SPECCHIO, I U -124 di Trieste; riviste di cultura; stampa). 4) Economía di guerra; il settore è rímasto per ora circoscritto all'indagine delle vicende societarie della più importante industria bellica giuliana: i Cantieri Ríuníti del I" Adriático (CROA): (fondo IRI presso l'A.C.S.; document! rintracciati presso l'A.S.T.). 5) I divers!: comunità ebraica e comunità slovena (fondi dell'Archivio dell'Anagrafe, dell'Archivio della Camera di Commercto e dell'Archivio della Comunità ebraica; fondi dell'Archivio Vescovile e dell'A.C.S.; testimonianze orali e diari). 6} Memoria della guerra: diari e testimonianze di soldati sul fronte russo. 7} Un quartier« operaio a Trieste: fonti quantitative, schede anagrafiche, eíaborazione computerizzata. E' necessario sottolineare ¡i fatto che la ricerca è stata occasione di una proficua collaborazione con gii studiosi sloveni: oserei dire che si è trattato di una delle poche volte in cui si è tentato di costruire insieme un progetto di studio e di lavoro.^ A Trieste, infatti, non c:'è stata solo ¡a guerra degli italiani; c'è anche la guerra degli sloveni, per molli aspetti diversa dalla prima, benché falta di paure simili e di simili sofferenze. Gli steccati costruiti negli anni tra l una e l'altra comunità nazionale, ben cementati dalla dittatura fascista, sesistono all'urto della nuova tragedia e rappresentano simbólicamente il tratto distintivo anche della Trieste in guerra. Su quelle lacerazioni il regime ha costruito il suo potere e, mentre la guerra mette a nudo le sue de-bolezze, sono proprio quelle stesse lacerazioni a con-sentirgli una morte lenta, un distacco lentissimo dalla società locale. Più lento certamente rispetto ad altre realtà ilaliane. £' cosi che per Trieste in guerra, diversamente che in altri casi segnalati dalla storiografia, è difficile parlare di "esistenza collettiva"; la paura che unisce tutti, la fame che attanaglía fasce sempre più ampie di popolazione, gli sfollamenti che mettono gli uni accanto aglí altri nella fuga, rappresentano solo tenui ed occasionali legami in un corpo cittadino già frantumato e diviso. Ma, procedendo con ordíne ad enumerare i risultati più apprezzabiSi e significativi, va detto innanzitutto che già il 1938 rappresenta per Trieste - caso forse único in Italia - un anno cruciale, un momento di svolta, il primo minaccioso annuncio del pericolo. L'Anschluss pone infatti la città - proprio per la sua vocazione di centro sensibilísimo alie vicende inter-nazionali e danubiano/balcaniche in particolare - nel-l'occhio del ciclone, Le informazioni fiduciarie segnalano per tutto il 1938 ed anche nel corso del 1939 la significativa pre-senza di una corrente di "antigermanesimo" nell'opi-nione pubblica giuliana, che si sarebbe manifestata nella diffusa contraríete alia partecipazione dell'ltalia ad un eventual© conflitto a fianco della Germania "nazione aborrita dai tríestini".3 La particolare natura della fonte in discussione ta emergere solo alcuni brani di una realtá ben piú arti-colata e sfuggente, schematizzando prese di posizioni, atteggiamenti e stati d'animo spesso intimamente contrastante Che l'inquietudine cresca in modo sensibile in alcuni ambienti cittadini di fronte ai rivolgimenti innescati dalle scelte imperial i naziste, resta un dato di fatto incontrovertibile: un indicatore interessante é rap-presentato dalle analisi e dalle riflessioni espresse al ri-guardo dal Comitato Triestino dei Traffici, un organismo fondato nel 1935 con il compito di promuovere e stimoiare iniziative tese a rilanciare l'economia portuale triestina. Vi fanno bella mostea i nomi piú noíi delle societá armatoriaii, delle compagnie di navigazione, delle compagnie assicuratrici e degli organismi sindacali e corporativi del regime: ad essi si affiancano influenti "mediatori politici", quali Alberto Moscheni e - a partiré dal 1913 - Fulvio Suvich. Se ormai da lungo tempo, per muoversi nei com-plicati meandri d'Europa, l'astuzia del mercante non era piii sufficiente ed il precario equilibrio tra il porto di Trieste ed il suo reíroterra veniva garantito proprio dall'intervento politico-diplomatico del govemo fascista, l'annessione al Reich nazista dell'Austria e poi della Cecoslovacchia - favorita dail'assenso italiano - é con-siderata dal Comitato una vera capitolazione. Non c'é infatti mediazione poiitica che tenga di fronte alio straripare deíl'iniziativa tedesca in tutta I1 Europa céntrale e balcanica: il Comitato lamenta continué viola-zioni degli accordi ufficiali sanciti dai due governl per 1a. spamzíone delle aree d'Influenza afferenti ai porti dei Nord (Amburgo soprattutto) ed al porto di Trieste. Compiicati marchingegni commerciali e valutari, minacce e sotterfugi vanificano ogni trattato. Una sorta di "tradimento alia tedesca" in anticipo su i tempi, da cui gli ímprenditori triestini non traggono - né possono trarre - profetiche deduzíoni, ma di cui av-vertono tutta la mínacciosa incombenza. Connotazioni ideologiche (filonazismo/antinazismo) sono estranee al-l'argomentare degli Ímprenditori. Alie pressanti richieste d'aiuto avalízate dal Comitato in nome dei risvoltí di ¡nteresse "nazionale" di tutta 2 A conforma di ció, c(r. il volume di M. Verginelia, A. Volk, K. Colis, Ljudje V Volni, Knjižnica Annales, Koper, 1995. 3 Salvo diversa indlcazione, nelle note mi riferrsco al votume (cm. A. Vinci), Trieste in guerra, i Quaderni di Qualestoria, Trieste, 19Í52. Per questo caso cír. R. Pupo, "Lo spirito pubblico permane ciepresso". Un'immagine della citú negii anni di guerra, in op. cit., pp. 187-208. 113 ANNALES 8/'96 ann.1 maria vinci: tempi di guerra; trieste, unaotta allo specchio, 111-124 ¡a vicenda, il governo fascista risponde con una fuga in avanti: fare di Trieste una cittá franca, in modo da creare un grande emporio affacciato sui Mediterráneo, punto d'incontro dei traffici tedeschi e nazionaii.4 Nell'ottobre 1940 compaiono su! "So!e" di Miiano una serie di articoíi firmati dal Segretario delía Pede-razione Nazionale dei Commercianli che quella proposta sostiene arricchendola di aüettartti prospettive.5 Non tutte le preoccupazioni vengono fúgate: gli im-prenditori triestini chiedono accordi certi, progetti studiati con attenzione, valutazioni basate su dati pre-c:isi. Non é dubbio comunque che l'entrata in guerra dell'ltalia accanto ad un partner tanto potente sembri dischiudere, al di la dei timori e delie differenze, op-portunitá da non perdere; una guerra breve (tale é il convincimento che traspare dai dücumenti), una nuova ridistribuzione dello spazio europeo e mediterráneo potrebbero infatti significare la rlnascita economica di Trieste. La stessa espansione nazista é vista ora sotto aítra luce. "Quai é il rischio per l'italianita di Trieste Ínsito in progetti che prevedono un massiccio intervento tedesco (uomini e mezzi finanziari) in un'area tanto deltcata?" Si domanda tuttavia per primo in una lettera al prefetto dell'ottobre 1940 il presidente del Comitato Antonio Cosuhch, che forse é puré tentato di usare spregi-udicatamente la paura della Germania per ottenere maggiorí e piü sollecite provvidenze govemaiive a fa-vore del porto.6 L'interrogativo rieccheggia in diversi ambienti, evocando fantasmi del passato. La divaricazione tra la "vocazione economica1' e la "vocazione nazionale" di Trieste aveva infatti lacerato non pocho coscienze alia vigilia della prima guerra mondiale. Leí situazíone sembra ora terribilmente piü complícala ed ambigua. Lo stesso aileato si presenta nelle vestí cangianti del-l'amico/nemico: lo stesso aileato puó essere garante del lilancio econornico di Trieste e nel contempo minac-ciare la sua identita nazionale Pericotosi giochi d'az-zardo sembrano attrarre piü d'uno í vari progetti intesi a ríservare a Trieste una parte dei traffici germanicí - denuncia lucidamente in una lettera ai prefetto del novembre 1940, Angelo Scocchi, uno dei maggiorí esponenti del vecchio irredentismo democrático, passato ormai da anni nelle fila fasciste - ... o sono destínatí a falliré ... o índucono il Governo germánico a fare di Trieste un grande porto di traffici tedeschi, ed in tal caso esso io fará ... neJI'ínteresse del popolo tedesco, totalitariamente secondo il principio intbrmatore de! regirrie .../ Eppure per Angelo Scocchi, inquieto osservatore degfi eventi, la causa prima di tale minaccia (l'alleanza nazi-fascista) resta celata: la fede nelle virtü tau-maturgiche del duce e ¡a convínzione che i destini imperialí d'ltaiia - suprema iricarnazione dell'interesse paíriottico e nazionale - non abbiano altra via per re-alizzarsi, condizionano la sua perceziorie della realta, II suo é un caso emblemático: le sue contraddizioní sono queile di un'intera generazione di irredentisti che ha aderito al fascismo convinta di trovarvi la piü alta realizzazione delle proprie aspirazioni, e che ora - ad un appuntamento decisivo - e costretta a rinnegare e/o a reinventarsi parte del proprio passato. Come concilíare infatti l'epos irredentista e piü ancora il mito della grande guerra con tutte le implicazioni della nuova alleanza? Monumenti, cimiferi (il Sacrarío di Redípuglia viene ínaugurato proprio ne! 1938), opere letterarie e saggí storici, perfíno gtiide turistiche che ricordano ¡'evento cruciale, innervano la vita culturáis di Trieste, della Venezia Giulia e dei Friuli durante tutto il ventennio: da essí scaturiscono modeíli di vita, ispi-razioni, rimpiantí ed un'ídentificazione de! riemico che, nonostante tutto, rimane focalizzata suil'austriaco e su! tedesco. Che fare allora? Solo chi, tra gli irredentisti, non ha accettato di filtrare la propria tradizione democrática e mazziniana attraverso la "divinizzazione delía Nazione", nella sug-gestione dei "miti di potenza e di dominio" puo ancora compiere scelte nette. Ma - dice uno di questi, Gabriele Foschiatti, - dis-persi nella solitudine e nel silenzio di una desoíala Tebaide siamo ... noi, noi ultimi e pochi e squallidi avanzi di una ciurma naufragata che andiamo scom-parendo ne! buio ... Neü'ombra dei tempi sta sola Ja nostra speranza a guardare ....8 Con queste parole proprio nell'autunno de! 1938 ¡'antifascista Foschiatti sancisce il suo "irreparabiíe" dissidio, il suo diverso destino rispetto a! folto numero di irredentisti che hanno scelto l'aítra strada; prende congedo cosí, con una lettera lucida ed accorata in-sieme - da cui tutte le frasí cítate sono traite - da que!I'Angelo Scocchi che egli continua a chiamare "educatore della mia prima fanciullezza mazziniana". Quelli che hanno scelto l'altra strada, ¡ntanto, rin-negano il loro antico antigermanesimo in nome di una irresistibile attrazione verso il mondo tedesco retiodatata 4 Per tale interpretaron® cfr. R. Pupo, Un parto per la grande Germania. Trieste 1940, in "Quaiestoria" (19921,1. Considerazioni in parte diverse in E. Apih, Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia, Laterza, Bari, 1966, pp. 3765-377. 5 Cli articolí sono pubbücati ¡ie "!l Sole" daí 23 al 30 ottobre 1940. 6 Cfr. R. Pupo, Un porto .... cit. ? Ibidem. 3 Lo scambio di íeltere tra A. Scocchi e C. Foschiaiti é ripoitato da C. Fogar, Oall'irredentismo alia resislenza nelle province adriatiche: Gabriele Foschiatti, Del Biarico, IJdine, t%6. pp. 105-107. 1 14 ANNALES 8/'% An m Mario VINCI: TEMPI DI C.UEftRAr TRIESTE, UNA OTTÁ ALIO SPECCHIO, ti 1-1 ZI ncgíi anni ed appena offuscata dalla parentesi délia prima guerra mondiale. E' la "Porta Orientale", prestigiosa rivista di cultura fondata a Trieste nel 1931 sotto gli auspici délia Com-pagnia giuliana volontari e dalniati, a registrare - al di là clei toni accesi délia propaganda - tension! e dubbi, abiure e misen'e di questi circoli intellettuali ancora tanto influent» in città perché capaci di parlare un linguaggio largamente noto e profondamente radicato. Disposta a ritrovare nell'arniamentario del pensiero rredentista tutto quanto si addice al nuovo corso délia política fascista, la "Porta Orientale" vuole restare in scena accanto ai sostenitori più oltranzisti del "secolo di Hitler e Mussolini" e contro ogni tentativo di relegare nell'ombra "ira i vecchi rottami di casa" uomini ed idee délia tradizione. E" iri gioco la sopravvivenza di un ideale ma anche - e soprattutto - l'identità di un intero ceto político ed intellettuale, Noi non ci siamo attardati nelle vecchie posizloni dell'irredentismo - sostiene, nella polémica divampata con il "Popolo d'ltalia", uno dei più noti intelfettuali giuliani, Ferdinando Pasini - ... la nostra è proprio una "nuova concezione" ... analoga a quella del "compie-mentarismo" che Bottai proclama per la coscienza nazionale degli italiani rispetto alla política dell'Asse. Se si vuole una política utile e lungimirante ... bisogna avere coscienza delle differenze, magari antitetiche, délia sostanza étnica che caratterízza e distingue italiani e tedeschi . ..9 D'altra paite, prestando attenzione ai terni délia propaganda ed all'attivismo delle gerarchie focali e nazionali del PNF nel biennio 1938-1940, non si fa fatica a riconoscere finalità ben precise: è necessario rassicurare Trieste che ¡n un passato non troppo lontano era stata esalîata come "lo spalto" da cuí la nazíone doveva protendersi alla conquista dell'Europa orientale. Nel contempo essa diventa il luogo mítico in cuí í'immagine e l'essenza delf'imperialismo italiano deve ritrovare una nuova e più certa legittímazione di fronte alia concorrenza del temibíle alleato. ín un brevissimo arco di tempo, a partiré dalla primavera del 1938, la città è meta privjlegíata delle visite delíe piu alte gerarchie del regime: da Mussolini, nel setiembre 1938, a Bottai che vi ritorna per ben due volte.t0 Nel 1938 Trieste è scelta come sede nazionale per i Littoriali dell'Arte e della Cultura. Promesse mai prima mantenute improvvisamente si fan no realtà: è del maggio 1938 l'annuncío del potenzíamento e del-l'ingrandimento dell'Ateneo triestino; nel giugno è già varato il progetto per un "edificio dai caratteri monumental i". Nello stesso periodo ríprendono ritmo gli scavi per portare alia luce i resti del tantico teatro romano; ds-molite le case che si erano "accomodate" sopra, ogni giorno la stampa annuncia nuovi ritrovamentí, decantando tale scoperta come la piü importante dell'anno in Europa. Intorno alia nnnovata frenesia "delle distruzíoní e delíe costruzioni imperial i", in occasione di ogni pub-blica manifestazione e nel corso dei dibaítiti promossi dai Littoriali, si ta ossessívo il richiamo alia "Trieste ... testa di ponte deH'italia verso Oriente" ed alia "Trieste ... centro d'irradiazione spirituale della romanitá nelle vicine terre d'oltre confine"; é forse un omaggio rítuale che tuttavía proíetta su uno scenario político profonda-mente turbato desideri di rivincita e di affermazíone tentando di oscurare incertezze e paure. A tale riguardo val la pena di ricordare una parti-colare iníziativa culturale - per tanti aspetti emblemática - che prende avvio proprio nel gennaio 1939, con il pieno sostegno di Botlai. Si tratta della nascita della rivista "Geopolítica" presso l'lstituto di geografía del-l'ateneo giuliano, un ambiente in cui erano malurati negli anni riflessioni e studi di geografía politica, spesso concepiti a giustificazione delle pulsíoni espansio-nistiche del regime ed a sostegno della propaganda imperíale da condursí dentro e fuori le mura uni-versitarie. La rivista mette in moto la partecipazione di buona parte del mondo accademico giuliano in collaborazlone con docenti ed uomini di cultura dell'Universitá cattolica di Milano, della Facoltá di scienze politiche e dell'ISP! di Pavía. Apertamente essa mira ad un modello di geopolítica nazionale che si distingua dalle güt note teorizzazioni tedesche, traendo alimento dalla tradizione del pensiero geográfico italiano e soprattutto dall'esempio cli "go-verno imperiale" realizzato dalla Roma dei Cesarí. Con altrettanta chiarezza "Geopolítica" prospetta per l'ltalia uscita da! confíitto uno "spazio vita/e" di alto profiío: se Tarea mediterránea ed africana é indícala come la sfera privilegiata del futuro predominio fascista, hipótesi di conquista dell'Europa danubiano/balcanica viene co-munque mantenuta in gioco a disperto della pre-ponderanza nazista. Affabuíazioni e proclami cancellano vía vía ogni capacita d'analisi nei confronti di una realtá sempre píu contraddittoria: con glí strumenti dell'inganno (e del-l'autoinganno) si tenta di distogliere lo sguardo dai presente. II ¡eit-motiv deü'antfco ed ineluttabile dissidio tra mondo germánico e mondo latino cui la rivista (una voce distinta in un coro di scontenti) fácilmente si ab-bandona, si infrange contro la scelta di campo, indt- 9 F. Pasirsi, le rícanferme della storia, irt "La Porta Orientait.'", marzo-aprile 1941 10 A. Vinci, Sellicismo e culture diffuse, in op. cit., pp. 36-SS. 115 ANNALES 8/'9G Ann» Mafia VINO:TEMP) Dl GUERRA: TRIESTE, UNA CITT* AUO SPFCCHIÛ, U1-124 scussa ed indiscutibile, a favore detla política dell'Asse. Cosí sentimenti di orgogÜo e di riv3¡sa e segnali di contaminazione, ammírazione e subordinazione rispetto all'esempio nazista $i intrecciano e sí confondono ripetutamente lungo il breve tragítto editoriale di "Geopolítica" che chiude i batíenti alia fine del 1942,}1 Tutta l'arnbiguitä detl'alleanza italo-tedesca e I'estrema fragilita di ogni pretesa di autonomía e di "prí-mato" si rífíettono dunque ingigantite nei molti specchi della reaitá lócale: essa registra anzitempo un percorso che la fine di ogni ¡Ilusione di "guerra parailela" avrä fuñico mérito di (¡velare senza infingimenti In alcuni ambienti cittadini, intanto, non sembrano essere questi gii eventi capaci di sconvolgere i! ritmo di vita consuetudinario. Per un mondo part.ic.oiaimente importante qual é quello della scuola, sappiamo, ad esempio, che l'incal-zare aggressive della propaganda, con l'esaltazione dell'Asse e dei diritti imperial! dell'ltalia fascista, era riuscito a penetrare solo fino ad un certo punto. Fra i temi d'íta/iano assegnati in aleone scuole superton cittadine nel biennio 1938-40, i titoli chíaramente connessi con la propaganda del regime sono ínfatti i! 20% per le classi di alunni piügiovani e calano al 10% perlealfre.12 Le acquisizioni delle biblioteche scolastiche lasciano ancora larghissimo spazio alie opere classidie ed a testí di svago ed evasione che segnano un'evoluzione del gusto contro cui gli intenti educativi (e repressiv!) del regime poco possono: libri di Agatha Christie, di Virginia Wo olí, di Erich Kästner. In questo particolare ámbito - sia detto tra parentesi -i gusti giovanili sembrano corrispondere a quelli dei cetí coltí della citó: un Jibraio intervistato dal quotidiano lócale "ll Piccolo" nel 1941, dichiara apertamente la nett a prevalenza di opere letterarie straníere vendute (tra gli auíori: Steimbeck, Cronin, Mitchell, 8 tonte, London) rispetto ai titoli nazionali, soprattutto se ríferiti alie vicende "d'attualitä".13 Nella scuola quíndi (nía il discorso é per buona parte valido anche per l'universitä e per i piü antichí sodalizi culturali) né l'emergenza dei tempi, né gli sforzi organizzativi del regime (i radiomessaggi, i cicli di con-ferenze propagandistiche) sembrano in grado di lacerare l'involucro che tutela i ritmi proprio dell'istituzione, i percorsi di studio e te sceite didattiche tradizionali. Certo si tratta di capíre quanto la stessa tradizíone venga "manipolata". Tuttí i programmi di storia romana -segnala appunto la relazione su "Scuola, guerra e fascismo a Trieste" - appaiono ínfatti riletti secondo le esigenze imperial! del reglme. D'aitra parte se è indubbio che l'obiettivo massimo di forgiare "una coscienza impériale e totalitaria" nella po-polazione - sono troppe le interferenze ammesse dal sistema di potare fascista - non viene raggiunto, i mes-saggi propagandistici che si trasmettono anche attraverso interventi archítettonici, urbanistici e toponomastici nel cuore della città, delineano il profilo di consuetudini ed il ritmo di una quotidianità cui - soprattutto per le giovaní generazíoni - è difficile sottrarsi. Ma nel clima di vigilia a Trieste, un iatto, con una potentissíma onda d'urto, colpisce tutti gli ambienti, tutti gli stratí socialí, tutte le enclaves tradizionali della cultura e delI'economía, tuttí gli anfratti deíia vita cirtadina. Si tratta della promulgazione delle leggí razzialí, Per la prima volta, il materlale documentario, le testi-monianze orali raccoíte e il lavoro coordínate di ricerca ci svelano tutta la profonda verità dell'espressione che Elio Apih ha usato per desenvere l'accaduto: "inquinamento del vívete civile". Secondo alcuni calcoli dimoravano nel 1938 a Trieste circa 5400 ebrei (su una popolazione di 250.243 un/tà); secondo a lui. redatti dagli uffici dell'Anagrare sulla base di críteri più estensivi e sulla scorta delle informazioní provenienti dalla Questura, circa 7000".14 La forte consisteras della componente ebraica tri-estina è già di per sé un indice significativo della gravita delle conseguenze. Nuovi dati ora si aggiungono ad altri già resi notí dalla storiografia locale15: settore per settore delía vita cittadina, il linguaggio dei numerí sí mostra eloquente. Alcuni esempi: dalle scuole statali della provincia ven-gono allontanati 500 alunni (su un totale di 44.000) ed una cinquantina d'msegnanti; dall'Università, 4 inseg-nanti di ruolo (su un totale di 13); 39 impiegati dalle Assicurazioni Generali; 28 dalla Riunione Adriatica di Sicurtà; 196 ebrei titolari di azíende comm&rciafi sono costretli a presentare denuncia; 289 di nazionalità non italiana internati a Ferramonti in provincia di Cosenza. Duramente cofpiti sono gli ordini professionali e gil organisms dirigent! della stragrande maggioranza delle imprese e delle più importanti società finanziarie ed assicuratrici: nel corpo della città l'integrazione della componente ebraica triestina - soprattutto a livello di élites - sembrava un fatto compiuto ormai da tempo, seguendo una tendenza che si era profilaía già dalla fine dell'Ottocento e rispetto alia quale nessun acc.adimento ! 1 A. Vinci, "Geopolítica" o Sakani: l'esperienza di un gruppo di intellettuali in un Atenea dt confine, in "Società e Stori.V {1990), 47. 12 A. Andri, Scuola, guerra e fascismo a Trieste (1935-1943), in op. cil., pp. 31-72. 13 A colloquto con un libra ia, in "tt Piccolo", 15/4/1941 ■ 14 Ellen Ginzburg, Note sull'applicaaione delle leggi razziali a Trieste, in op. cit., pp. 297-338. 15 S em pre valido ií testo di S. Bon Gherardi, La persecution!? antiebraica a Trieste, Del Bianco, L'dine, Í972; della ¿fessa zutrice, cir. Antisemitismo e teggi razziait a Trieste, in op. cit., pp. 469-484, ed i numerosi saggi suli'argomento pubblicati negli ultimi anrit su "Qualestoria". 116 ANNALES 8/'96 Anna Maria VINCI: TEMPI 01 GUERRA: TRIESTE, UNA CITTÀ ALIO SPECCHIO. 111 -114 político (nemmeno ¡i fascismo) pare va aver lappre-sentato una cesura.16 Alcuni dati sulle reazioní delta comunitá ebraica. Se attraverso il porto di Trieste si intensifica in quegii anní il flusso migratorio di ebreí che, fuggendo dail'Europa continentaíe cercavano di imbarcarsi per le Americhe e per la Palestina, non ci sona ancora notízie certe suli'emígrazione di ebrei triestini. Sembra quasi che la ricerca di scampo venga falta ¡n aitre direzioni: con allontanamentí lemporanei da una zona "calda" come quella triestina e, soprattutto, con il tentativo di ottenere la díscnminazione - prevista dalla legge - per bene-merenze patrfottiche o fasciste, previo l'atto di abiura della religione ebraica e la cancellazione dalla comunitá. Nel 1938 ci furono 795 conversioni alia religione caitolica e, nel 1939, 339; alcune decine di ebrei si convertirono puré presso la Chiesa Evangélica Riformata di confessíone elvetica e presso la Chiesa Vaklese. Dietro queste sceíte, non solo ¡a paura e la necessitá di difendere comunque un patrimonio, una posizione sociale, un'occupazíone, ma anche - ¡n prima battuta -l'incredulitá e la speranza che si tratti di una breve tempesta. Le testimoníanze orali sono ricche di conferirle al riguardo. C'é S'incredulitá dei poverí, degli ebrei del ghetto, piü índifesí, piíi sprovveduti che stentano a capire tale accanimento: tra loro un senso di fatalitá senza vie di scampo. C'fc l'incredulitá di chi appartiene alia borghesia medio-alta che puó progettare (e ottenere) fittízi (e pe-nosi) accomodamenti ma non pensa ancora ad un taglio netto con il proprio passato, a sradicarsi da un ambiente sentito come proprio. Solo alcuni e solo coloro che hanno sviiuppato una cosctenza antifascista riescono a leggere senza illusioni la realta, riescono ad anticipare le dimensioni dei dramma. Pochí, del resto, gli atteg-giamenti anti-conformisti, poche le orgogliose rispaste di ribellione alia violazione delta propria dignitá, secondo uno schema comportamentale che sembra ripropoj re senza varianti quanto giá era accaduto e stava accadendo tra le comunitá ebraiche in Germánia. Per quello che riguarda la maggioranza della popo-lazione urbana, se giá si conoscevano le pubbliche prese di posizione (le campagne di stampa de! qucti-diano lócale "lí Piccoto" e del togiio del PNF, "II Popolo di Trieste", le dichiarazioni defilate del settimanale cattoiica "Vita Nuova" e quelle molto preoccupate e tese del vescovo), ben poco si sapeva sulla solerzia dei funzionari, sulle strettissime magüe della sorveglianza e del controllo che rendono a Trieste particularmente rigorosa l'applicazione della legge e detle molte circolari, Scarsissimo il dissenso. L'imbarazzo ed il fastidio che rnolti esprimono o lasciano trapelare (come si fa, ad esempío, a ricacciare nel buio una figura-simbolo della ietteratura giuliana, quale Italo Svevo? Come si fa a rinnegare l'apporto di un nomc quale Felice Venezian alia causa irredentista? Come si fa, nel liceo piu prestigioso della cittá, a mettere alia porta i figli delíe piu influenti famiglie?) corrisponde la muta obbedienza dei piu. Un'obbedienza ottusa che si aífanna tra codici e codicilli; specchio di un'abitudine antica del fun-zionario lócale alta quale sí aggiunge ora una scrupolositá partJColare, una delega totale delle proprie responsabilitá individuali ai livelli piu alti della ge-rarchia. Su altri versanti, nel mondo deíl'alta cultura, ad esempio., risuonano altisonanti dichiarazioni di disprez-zo verso gli ebrei, accompagnate da improwise ed inusitate manifestazioní di servilismo nei cont'ronti del regrme: viene da osservare come in queseo periodo nessun rappel á l'ordre del governo funzioní con altrettante efficacia.1' In un momento difficile, la perse-cuzione antisemita diventa dunque uno strumento essenziale del controllo sociale, un nuovo modo per ammonire e minacc.iare, un nuovo modo per "educare" l'italiano e per penetrare nei rnondi piü appartati e sfuggenti della societá lócale. Le motivazioni del successo non possono che essere molteplici; l'abitudíne all'íntolleranza verso i "diversi" di volta in volía additati daf regíme; la permanenza di sentimenti e pregíudízi antisemiti nella cultura laica e cattoiica lócale, nonostante le scelte di integrazione/ assimilazione; la paura, í'assuefazione all'ossequio ed al compromesso cui la dittatura aveva indotto i piü.18 Si riesce ad intuiré, piu che a documentare con pre-cisione, una corsa all'accaparramento di posti e di beni giá appartenenti agli ebrei: le arianizzazioni e gli accordi interni all'élíte al potere mettono verosímilmente al riparo - per il momento - patrimoni ed anttehe posizioní di prestigio (cosí al I'interno delle po-tenti societá assicurati ici, RAS e Assicurazioni Generali). Per i piccoli esercizi commerciali, per le piccole aziende tale rete di protezione non esiste: sarebbe utile al nguardo ricostruire nel dettaglio i passaggi di proprieta, nonché ruolo e caníere deí liquidatori di talí bení. Nello stesso torno di tempo, le lotte interne a! PNF sono una spia significativa della ricerca di nuovi equilibrí del potere all'interno della borghesia tríestína, dopo che erano stati messi al bando notabili influenti ed 16 O'r. A. Millo, L'élite de!potere a Trieste, F. Angelí, Milano, 1989. 17 Clr. C Turi, intelielluali, fascismo e política razziale, in "Passato e Presente", 1989, n, 19. 18 Essenziale, per un confronto, il riterimento aíle rirtessionr di H. Arendt; in pafticoiare sul írasierimento delle responsabilitá iru'fivitíuali degli esecutori al meccani&mo burocrático delío sterminío cfr. Id., Ebmismo e modernitá, UnicopH, Milano, 1986/ p. 72 G passinv ANNALES 8/'% Arai M.via VINO: TfMPI DI GUERRA. TRIESTE, UNA CtlTA AtlO SPECCHIO. 111 124 esponcnti di spicco soprattutto legati alie vec.chie classi dirigenti di matrice liberal-nazionaie. Uno dei gruppi piü attivi del PNF, dopo il 1938, é rappresentato da uornini del potente sindacato fascista degli avvocati e dei procuratori, recentemente messo a soqquadro; sono questi a legarsi alie frange piü oltranziste del GUF, a coloro cloé che conducono la campagna antisemita con maggior aggressivitá; sono questi a dar voce agí i appetíti ed all'irresistibile ascesa di una parte della borghesia triestina, in un settore cbiave per i'intero sistema di potere fascista,19 inquieta e profondamente ¡acerata al suo Interno, la cittá vive dunque il trapasso dalla "non beliigeranza" alia dichiarazione di guerra. Le relazioni trimestral i sullo spirito pubblico registrano dapprima il soüievo ed il desíderio di pace della popolazione nella fase della "non beliigeranza", poi, a guerra inizlata, la speranza che sí tratti dt un conflitto breve, adatto ad assicurare all'ítalia "... il massimo vantaggio con il mínimo ne-cessario sacrificio".20 Né "('¡arrímate intervertiste", né atti di ribellíorte (alio scoppio della Prima guerra mondiale la cittá li aveva conosciuti entrambi) sembrano percorrere Trieste: le esíbizioni di potenza e le promesse di conquista, tutte le guerre guerreggiate del ventennio ¡nsieme aII'esalta-zione dell'opera di pace e cfi civiltá condotta clal fascismo, ímpedíscono probabilmente di percepire con chiarezza quanto sta avvenendo. Un raffronto con la grande guerra scatta - stando almeno alie re.lazioni del questore - quando sí delineano I primi prowedímenti di razionamenio e quando lo spettro della penuria alimentare vissuta aiiora rrtmaccia di riapparire. Significativamente le autoritá e gil infor-matori di polizia rilevano poco lusinghíeri confronti, mormorati tra la popolazione, Ira l'amrníriistrazione fascista e l'ex amministrazíone austríaca, giudicata rnoi-to piü sollecita e capace. La precisa consapevolezza di queiio che una guerra pud significare, del baratro che puó apnre, sembra per ora (ma molto di piü sí dovrebbe indagare) patrimonio di pochi: dei mondo cattolico, per alcuni aspetti; degli oppositori e di alcune figure solitarie di inteilettualí. Glani Stuparich pubblica proprio nel 1941 il suo romanzo, Ritorneranno, in cui l'ardore irredentista é sopraffatto da un sentimento ben piü acuto dello strazio morale e físico che la guerra ha provocato tra i combattenti e tra la popolazione civile. Per ricacciare neíl'ombra questo dolente ricordo, i propagandísti del regime, usano i'arma dell'odío razziale: la "Porta Oriéntale" se ne fa caríco. Lo sforzo dell'analisl e dell'introspezlone rivela -scrive la rivista stroncando il romanzo - le caratteristiche spirituali e psicologlche di una razza senza pace che non é la razza italiana. Per la propaganda del regime in queste terre il mito eroico della Grande Guerra é troppo importante: mentre si esalta l'obiettivo del compimento "integrale" deil'unitá nazionale, que! punto essenziale di riferimento non puó essere offuscato.2' "Lo spirito pubblico permane depresso" continua a ripetere il questore durante ¡'estáte del 1940, lasciando trapeiare la sensazíone di estraneitá al conflitto da parte della popolazione. Con I'Intensifícala promozíone di iniziative di svago e di divertímento per esorcizzare i'inquietudíne e con i continuí richiami all'ordine e alia disciplina trasmessi in ogni sfera del vivere civile, il regime sembra tentare - ai di !a delle altisonantí "grida" della propaganda - un approccío piü pragmático aiie dift'ícoltá deil'ora. Su questa vía puo ¡ncontrare il favo re della cit-tadinanza (le spese per gli spettacoli restaño a Trieste fino a tutto II 1941 tra le piü alte delle cittá italiane) e puó aggiungere la sua voce a quelia di altre ístituzíom e della Chiesa cattolica, in particolare, che delTob-bedienza verso l'autoritá costituita fanno il punto car-díne dei loro messaggio. Per una cittá che conosce solo alia fine del 1943 il dramma del bombardamenti, la guerra In casa ó pórtala innanzitutto dalle preoccupazioni e dai dísagio per le peggiorale condizioni di vita, dai rapporti con i soldatl al fronte e - nella primavera dei 1941 - dall'apertura di una línea di combattimento molto prossima al centro urbano. Le rícerche che si sono occupate dei probíemi alimentan e di approwigionamento, sono gíá riuscite a segnalare alcuni elementi di rilíevo: il disordíne organizativo; la scelta del mercato di riformmento della cittá indirlzzata alie province contermini (piü ricche di prodotti) piuttosto che alie vicine zone agricole del Carso e deH'lstria; ía crescita pletorlca di un apparato burocrático alia guída del sistema di approv-vigionamento; la stretta contiguitá tra "mercato ñero, mercato annesso e mercato razionato". La situazione lócale é in tutto sirnile a quella nazione. Quando, neli'inverno dei 1942 l'attivitá delta polizia annonaria si intensifica alia caccía dei trafficantí di fariña e zucchero sottratti al mercato razionato, el si rende conto che "... le basi dei mercato ñero di maggiori dimensioni si trovano nei molini industrialí, in qualche ufficio dell'Unlone fascista dei commercianti di Trieste, nelíe stesse Cooperative operaie ..".22 15 P. Matliussi, 1! partiio naz/onale fascista a Trieste ¡1938-1942), in op. cit., pp, 11-31. 20 R. Pupo, "Lo spir/to pubblico ...", cit. 21 A. Vinci, Belhdsmo ..., cit. 22 O. Bosari, II rapporto cittá-cempagna neü'ecnnomia ci!guerra: il caso di Trieste, ir¡ op. cit., pp. 421 -454. 118 ANNALES 8/'96 A/iru Miri, J VINCI : 7ÉMP] 0¡ CUEKRA TRIfSTt, UNA CiTTÀ ALIO SltCCHIO, 111-124 Molto opportunarnente uno dei ricercatori fa rifen mentó ad alcune notazioni traite dai volume di Pier Paolo Luzzatto Fegitz, Alimeníazione e prezzi in tempo di guerra. 1942-1943. L'opera pubblicata nell'immedi-ato secondo dopoguerra, è frutto di un'indagine già svolta dallo studioso - docente presse I'ateneo triestino e consulente técnico della Direzione generale per i tes-seramenti ed i prezzi - nel corso del confíitto.25 A proposito della legge sul blocco dei prezzi, Luzzatto Fegitz osserva, riportando un'intervista: Si diffonde sempre più la persuasione che si puo violare qualunque disposizione purché si sia d'accordo con il Preíetto ... Come sorgono i fondi a disposizione dei Prefetti? Essi partecipano agli affari dei commercianti ... Il Preíetto di Trieste afferma di a veré una massa di manovra di 16 milioni ... II fatto che i Prefetti hanno un'ingerenza effetliva negli affari, li ha trasformati in commercianti ... Al di là di tal i praliche compromissoríe (per certi aspetti anche inevitabili) e della scarsa moralità di molti funzionari (un complicato gioco da "guardia e fadri") ben poco tuttavia sappiamo - al momento - $u¡ tras-ferimenti di ricchezze, sul ruolo e sul destino dei molti intermedian: resta, come punto di partenza per ulteriorí approfondimenti, l'individuazione del l'au menta to pote-re - anche contrattuale - dell'Unione dei commercianti di Trieste, che riuscirà a conservare una funzione di rilievo, come organismo istituzionale, anche durante l'occupazione nazista. Tutto ció - è ovvio - si ripercuote sulla cittadinanza. La carenza di beni di prima necessità diventa via via sempre più grave e tale da alimentare il ¡ancore della popolazione verso i pubblici poteri. Un'immagme giocata esclusivamente sulla montante contrapposízione tra sistema política e società civile -osserva nella sua ricerca Raoul Pupo - rischia tuttavia di non daré completamente conto degli articolati processi innescati dallo stato di guerra. Non mancano, ad esem-pio, ail'interno degli stessi maíeriali di polizia le spie dell'allargarsi delle divaricazioni tra ceti e gruppi ... Si traita magari di poche indicazioni che segnalano la contrapposízione tra chi fa la fila per un pezzo di pane immangiabile e chi si sazia nei ristoranti; oppure fra gli "ingenli sacrifici" dei ceti opérai ed impíegatizi e "l'affollamento provocalorio dei locali di divertimento e dei caffe". Di ceito sono osservazioni da cui innanzitutto tras-pare l'insidioso moralismo della propaganda: se - nel quadro della mobilitazione civile - le cose non fun-zionano, la colpa è del cittadino (la donna è spesso uno dei bersagli preferiti) che si ostina a non comprendere la gravita dei tempi. Che, d'altra parte, di fronte al pericolo, il divertimento diventi una forma di reazione quasi fisiológica sembra ovvio: gli stessi organismi del PNF (GUF, Dopolavoro, gruppi rionali fascisli, etc. ...) tentato di sollecitare (e forse anche di "addomesticare") questo bisogno di sfogo e di dístrazione. Nemmeno ¡a disoccupazione - l'altra grave piaga del momento - colpisce tutti i ceti produttivi alio stesso modo. Sono i CRDA - int.orno ai quali un noslro ricercatore sta preparando una più completa ed articúlala indagine per il periodo 1930-194S - ad occupare la quota più alta di manodopera sia per le costruzíoni militari sía per le costruzioní mercantili cui la dirigenza (i vecchi rappresentanti della Società Armaíoriale Cosulich ac-canto a funzionari e lecnici dell'IRI) continua a de-dicarsi con panicolare sollecitudine.24 Dal primo gennaio 1940 all'oitobre 1941 íl numero totale degli opérai occupati aumenta progressivamente (da 16.900 a 17.139; nel 1936 il totale era di 11.137 unità); si registra poi un lieve calo nel 1942, a causa della difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Fino alia primavera del 1943, tuttavia, la quota degli ocxupati (opérai, tecnici, impiegati) oscilla intorno alie 20.000 unità. La particolare urganizzazione del lavoro ai CRDA, articolata in più officine, distribuiré nel territorio da Monfalcone a Trieste, t'a sí che la demanda di lavoro non sia ad exclusivo beneficio della citó. Anzi: sono proprio alcuni ¡mportanti cantieri triestini, cui erano assegnati i lavori di demolizione e di riparazione delle navi, a risenlire più in fretta della crisi belltca. Intanlo peggiora la situazione nelle piccole industrie e nell'edilizia; il porto è fermo dall'estate del 1940, la "gente di mare" è costretta via via a sbarcare ed un fortissimo tasso di disoccupazione intéressa le donne, per buona parte occupate presso la Manifattura Tabac -chi (1700 operaie licenziate nel dicembre 1940) e presso gii esercizi pubblici della ciuà. Con t richiamati aile armi e con la partenza di opérai - soprattutto spécial izzati - per la Germania, il questore segnala un calo della disoccupazione dalle 20.115 unità del dicembre 1940 aile 8.000 unità del marzo 1942. Si è cercato di espire come t'unzionasse - sempre per i primí anní di guerra - l'assistenza ai bisognosi, fissando l'attenzíone sull'E.C.A. che a norma di legge concen-trava a partiré dal 1937 in un único ente la Con-gregazione di carità, alla c.ui guida era rimasta negli anni la vecchia élite liberal-nazionale, e l'Ente Opere 23 >,. Faltorini, Pane, burro e fa s r/smo: I'aiimentazione a Trieste nei primi arini di guerra, in op. cit.. pp. 455-468. 24 dati e le notizie qui di seguito riportate pro ven go no da: G. Meilinato, t Cantieri Riuniti dell'Adriatico e ¡'economia di guerra (19371942/, in op. cit., pp. 339-384; ACS, Minister« degli Interni, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, b. 50, Relazioni trimesirati dei questori 1937-1941. 119 ANNALES 8/'96 Anna Maria VINCI: TíMIH DI GUERRA:TRIESTE, UNA OTTÀ ALLO SHECCHlO. 111-124 Assistenzíali, creatura del PNF.25 Con l'istituzione dell'E.C.A., ma soprattutto a partiré dalla promufgazjonedelle leggi razziali che allontanano dalla gestione dell'assistenza pubblica personaggi infiuenti di origine ebraica delta vecchia élite, il ceto político deí PNF díventa l'indiscusso protagonista di questo settore-chiave deíla vita cittadína. D'altra parte sia in colíaborazione con l'E.C.A. sia autónomamente, i fasci rionali ed i fasci femminili, Í'ONMI (Opera Nazionale Maternité ed Infanzia), ¡I GlJF e la GIL (aîl'interno dell'università e della scuola) eroga-no assislenza: tutte le articolazioni del PNF sono impeg-nate ad allargare al massimo il raggio d'iniziativa. ¡I numero dei postulanti aumenta di giorno in giorno, per rag-giungere la punta massima durante l'inverno: dai disoc-cupati alie famiglie dei richiamati e deí caduti, dall'in-fanzia abbandonata ai connazionali rimpatriati ai molíi che per la prima volta si rivolgono alia pubblica carita. Le relazioni sullo spirito pubblico rivelano tra ti 1940 e il 1942, solo per l'E.C.A.. una media annuale di circa 40.000 assistiti. Spesso si tratta di distribuiré ben miseri aiuti: i bilanci dell'E.C.A., gíá provati dal forzato recesso degli oblatorí ebrei, scricchiolano soltó ta massa delle nuove richieste, mentre la crisi fin3nziaria della Federazione fascista locale ha riflessi pesantissimi sulf'Ente e su tutte le altre iniziative, proprio quando ha inizío la fase critica della guerra. Non va tuttavia sottovalutata í'importanza di questi interventi pur ridotti in una situazione di indigenza diffusa: in qualche modo si tratta di "strumenti di governo" della città, che il regíme usa con gran disinvoltura. Le famiglie impoverite degli impiegati pubblici e privati - è stato osservato nel corso della ricerca - rice-vono sussidi più che doppi rispetto agi i opérai, mentre quelli per i contadini sono poco più che simbolici.*^ Per i contadini di nazionatiià slovena del Carso, in-fatti, un regolamento interno dell'E.C.A. prevedeva l'e-sdusiva erogazionedi aiuti temporanei da effettuare solo dopo "un controllo ... capillare, corredato da notizie sulla condotta e sui sentiment! politici della famiglia". Alio stesso modo - per fare un altro eserripio - il CUF, alí'interno dell'Università puo contrallare fede política ed appartenenza razziale degli studenti, puô scrutare nell'intimitá delle famiglie proprio grazie al potere decisionale acquisito in materia di assegnazione di borse di studio e contributi. Nell'archivio dell'Università sono consérvate numeróse r¡chieste di sussídío redatte in questi anni: irri-levanti dal punto di vista propiamente statistico, sono tuttavia spie significative delle condizioní di vita del ceto impiegatízio, di que! ceto cioè che n«lla gerarchia dei bisogni e delle aspettative pone tra i punti fermi, anche l'istruzíone superiore dei figli. 11 mítico traguardo delle "mille tire al mese", se raggíunto, è comunque del tutto insufficíente a reggere íe sorti di famiglie allargate (la convivenza degli anziani è norma) su cu i grava, tra j'aftro, la disoccupazione di uno o più membri in età produttiva.27 lí crescente disagio della popolazione è indicato da alcuni rilevatori demografía, come ('andamento e le cause di mortalità, il tasso di natalità, i) numero dei natí Üiegittimi; lo studio di tali fenomeni riferito ai distretti urbaní in cui la città è divisa permette inoltre di capire la diversa incidenza degli st.essi in relaztone afla stratificazione sociale della popolazione.59 Nel periodo considérate (1941-1943} il tasso di mortalità aumenta sensibilmente sia rispetto al passato (i terminí di paragone prescelti sono g)i anni della grande crisi, 1931-1933 e quelli immédiats mente antecedenti al conflitto, 1937-1939) sia rispetto ad altri centrí urbani individuati per una possibile comparazione (le città industrial! del Nord-italía e Genova, soprattutto). Per quanío breve, l'arco temporale prescelto gíá indica alcune linee di tendenza significative su cui ií fenómeno/guerra si innesta con tutto il suo potenzíale negativo. Ira le cause di morte ¡a tubcrcolosi (antico flagello sia a Trieste sia nelia Venezia Giulia} colpisce duramente (il 28% in più nel 1937-42 rispetto a Milano, Torino, Genova, dove aumente del 21,8%). Alio stesso modo è, rnolto elevato il numero di nati ¡llegíttimi ed il tasso di mortalità infantile. Per quest'uftimo fenómeno: 101,6 morti su 1000 nati viví nel 1931-33 (altre città di comparazione: 87%4; 88,1%o nel 1937-39 (altre città: 78%4; tfiíU nel 1941-43 (aítre città: 76%ol. Grazie ai Bolíettiní mensili di statistica c-diti dal Comune è possibile indicare per Trieste anche quale malattía o gruppo di malattie abbiano maggiormente colplto le diverse catégorie socio-proressionali: tra i "padroni e dirigenti", tra "i redditieri ed i benestantí" c'è la più aita percentuale di morti per mal3ttie cardiache (ií 22,1% nel 1935 ed ¡I 29,4% nel 1943); "opérai" ed "addetti ai servizi domestici" muoiono invece principalmente di tubercolosi (il 24,5% nel 1935 ed il 24,75% nel 1943). II dato più «concertante riguarría "professionisti ed insegnanti" che registrarlo tra le principal! cause di morte le malattie cardiache e la tubercolosi (il 20% nel 103S e ben il 69,4% nel 1943). 25 T. Catalan, Regime fascista e política assistemiale nella Trieste in guerra, ¡n op. cit., pp. 385-420. 2b D. Maltiussi, // Partito..., cit. 27 AU7 (Archivio dell'Università di Trieste), 19-A/5, Opera dell'Università, 1933-1947. 26 C. Oaneo, Note ríemografiche, in op cit., pp. 209-226. 120 ANNALES 8/'9b Anna Maria VINO: TEMPI DI GUERRA-TRIESTE. UNACITTÀ ALIO SPECCHIO. UM24 De! part, ne¡ distretti "medio-a Ití", per ¡I periodo 1941-43, la mortalita per mide resta quasi invariata rispetto al triennio antecedente; nei distretti "bassi" cresce del 4%« l'incidenza della TBC é del 12,9%« nei primi e del 14,8%o nei secondi. Tra i distretti "bassi", in questa classificazione fondata su precisi indicatori statistici, é compreso puré S. Giacomo, i! quartiere operaio per antonomasia della citlá. II tipo d'indagine condotta su di esso ha permesso - grazie all'utilizzazione computerizzata del dati ed alluso di fonti inconsuete - di sve!are, in realtá, una forte e progressiva immissione di ceti impiegatizi avvenuta soprattutto nei corso degli anni Trenta. II quartiere resta operaio nell'immaginario collettivo, per i suoi caratteri prevalenti, non certo per la sua configurazione glo-bale-29 I dafPdemografici appena riportati segnano d'altra parte un disagio che ormai, di fronte «tí/a guerra, accomuna operai e ceti piccolo-borghesi. !j iinguaggio dei numeri, tuttavia non dice se e come una comune sofferenza comporti il lento stabilirsi di rapporti di soüdarietá. I ceti impiegatizi trasferitisi nei quartiere, grazie alia pianificazione urbanística ed agli interventi di edilizia pubblica del regime, hanno alie spalle una vicenda fortemente venata di atti di consenso al fascismo e vivono ora una condizione di depri-vazione accompagnata da una perdita di ruólo e di prestigio; ti mondo operaio - pur differenziato al suo interno - ha vissuto invece esperienze di lotta armala contra i! primo fascismo ("fortezza operaía" era deno-minata S. Giacomo) e di dissenso nei corso delia dittatura. Solo i deposíti della memoria potranno aprirci nuovi spiragfi su questo scenario cosí complesso: il caso di questo quartiere puó diventare, per molti aspetti, emblemático. Ce un solo momento, nei corso deí primi anni del conflitto ¡n cui, da una condizione di insofferenza, di rassegnazione e di disagio, si staglia nettamente un sentímento di adesione e di consenso. Anche ¡n questo caso, tuttavia, il termine "consenso" va definito: per le autoritá di polizia é sempre e solo la popolazione italiana del centro urbano a creare "pub-blica opinione", non di certo gli abitanti di nazionalitá slovena del Carso e dell'immediata periferia. ín questo frangente, essi sono minacciati ed im-pauriti dalla nuova svolta della vicenda bellica e, per di piü, costretti agli sfoilamenti dalle zone di operazione: ad essi si rivolge l'occhiuta vtgilanza dell'autorita di polizia, nei timoredi eventuali ribetlroni. Per buona parte delia popolazione italiana, invece, sembra realizzarsi ora i! sogno dell'italianita adriatica sorto nei lontani tempi della lotta irredentista e poi coltivato dal regime neî disprezzo e nell'avversiorie verso il nuovo regno degli Slavi del Sud. Intorno all'avanzata delle truppe italiane in iugo-slavia, la stampa locale, avvalendosi della corrispon-denza di guerra e chismando a raccolta noti intellettuali giuliani, celebra l'epopea del ritorno e della civile ri conquista. Restaño per ora veíate le minacce di vendetta. A recitare l'italianità e la romanità della Dalmazia si cimentano quotidianamente sulla ter2a pagina de "II Piccolo" archeologi, architetti e letterati. Lontani ricordt e lurninose immagini di una terra a lungo vagheggiata danno un tono particolare a questa cronaca: dalle bianche navi "dei liberaíort" che solcano l'Adriatico, al tricolore issato sui campaniü delle città dalmate, ai riti di riconoscimento delle vestigia latine e veneziane in ogni angolo della costa dalmata. II rumore della guerra è lontano. Ai primi di giugno, l'amara realtá degli accnrdi italo-croati per la spartizione della Dalmazia è per molti un triste risveglto. Dalla Slovenia occupata continuano intanto i reportages pubblicati sotto il titolo Vita a l ubiana, tutti tesi a celebrare le opere del regime nella nuova provincia. Alla fine del 1941 la finta realtá di una benevola occupazione italiana si sg reto la ed un'altra immagine della guerra comincia ad afilorare dalle pagine del quotidiano locale. Nei dicembre 1941, di fronte al Tribunale speciale per la difesa dello Stato si celebra a Trieste il processo Tomazic: ê questa una scadenza importante per Tintera città. II velo dell'apparente solidità e compaltezza del fronte interno è prepotentemente lacerato. Una rete di oppositori sloveni (comunisti e nazionalisti) estesa in tutta la Venezia Giulia ed al di là del vecchio confine, era riuscita a mettere radici nel-l'immediato circondario di Trieste, trovando solidarietà anche nei centro urbano. Ad indicare come ormai l'aggressione alia Jugoslavia avesse proiettalo i problemi e le sorti stesse della città su uno scenario molto piu ampio de terribilmente più insidioso, il processo si celebra - per deliberata scelta delle autoritá - proprio net momento ín cui nella provincia autónoma di Lubiana la ribellíone della popolazione slovena comincia a diventare préoccupante. Le udienze si trasformano ben presto in un evento senza precedenti: uno spettacolo dato in pasto al pubblico attraverso la radio e per mezzo di uii3 cronaca giomalistícñ castruita seconda i canoni classíci del romanzo d'appendice; una esibizicme - per i nemici interní ed esterni - della potenza del regime i cui mas-simí esponenti locali piesenziano alie sedute, contornad 29 M. Coslovtch - F. ßectnarz, Cuerra e irasformaiioni sociMi; metodologia e fonti quantitative per uno studio di un quartiere operaio di Trieste, in op. cit., pp. 227-29fi. ANNALES 3/'% Atina Marin VINCI: TEMPI 01 GUERRA: TRIESTE, UNA C1TTÁ ALLO SFÍC.CHI0, >1f-l24 da uno schieramento tumultuante di squadristi; le condanne a morte; il colpo di scena del la grazia concessa aíl'ultimo minuto a quattro intellettuaíi nazionalistí; íe note délia vioíenza e della clemenza intonate insieme in una macabra sinfonía. All'esterno del paíazzo di giustizia, lo stato d'as-sedio: le forze dell'ordíne e le camicie nere sono mobi-litate per una sorvegíianza a largo raggio, nei confronti di "tutti gli elementi antinazionali" e nei confronti degli stessi ebrei, capad - sostiene il questore "di agiré negativamente per vie oblique",30 Cía nell'autunno del 1941, lo squadrismo triestino è in forte ripresa: a leggere i rapporíi di polizia, se ne iic3va i'impressione di una cilla cupamente percorsa da una sort a di "squadroni della morte" che sopravanzano (e spesso sostituiscono) lo Stato nelle punizioni e nella vendetta indiscriminata. Contro gli sloveni, corrtro gli ebrei, contro gli antifascisti. La ferocia disariicolata degli squadristi, la ferocla organizzata dello Stato: per un lungo tratto di strada le due espressioni di vioíenza riescono a convivere senza turbamento.31 Ed è attiaverso la vioíenza che ¡I regime ed ¡I partito tentano l'ultima carta per il contrallo od il go ver no della città. Nasce in questo clima la rivista "Decima Regio", quindicinale del GUF: è su queste pagine che il passaggio dalla "guerra nazionale" alia "guerra fascista" si esplica plenamente. I vaioii del ventennio vissuti senza compromessi, l'antiborghesismo, l'identificazione tra Italia e fascismo portata alie estreme conseguenze, una nuova immagine ed una nuova proposta di "eclucazione" per 1'italiano (non più "bu o no", non piu "mandolinista") impregnarlo i fogli della rivista. In rióme di tale radicalismo e di una nuova ferocia "Decima Regio" conduce una violentissima campagna antisemita. Un fogli o per pochi farrieticanti estremistí, si po-trebbe pensare, se non rappresentasse l'immagine fedele di vent'anní di dittatura, se non anticipasse la maschera tragica del fascismo repubblicano e se non desse voce a quella agguerríta m moranza che tra l'inverno riel 1941 e I'estáte del 1942 partecipa ad incursion! vandaliche contro i negozi di ebrei e contro la sinagoga. Essa è inoltre la colonna portante di quel "Centro per lo studio del problema ebraico", istituito nei giugno del 1942, nuovo strumento di contrallo e di persecuzione e preziosa fonte di notizie per la "quinta colonna" nazista operante a Trieste a t'ianco del consolato germánico.32 Con la relazione trimestrale, da tata 31 dicembre 1942, il queslore sintetizza in cinque punti le ragioni del crollo dello spirito pubblico: 1) L'insufficienza dei generi di prima necessíta, che provoca ormai aporta indisciplina e semi-ribellione alie disposízíoni governative. 2) ll decorso della guerra, che nella quasi totalité della popo! az ion e genera la sensazione che il conflitto non potrà conciudersi con la vittoria dell'Asse. 3) La sfiducia verso gli uomini del governo, che vengono giudicati in ogni ambiente inconipetenti e corrotti. 4} La generale stanchezza di dover continuare una guerra voluta esclusivamente dalla Gemianía e che per l'ttalia non ha né finaliîà etiche né intéressé. 5) L'insofferenza verso sistemi repressivi extralegal! da parte di organi incompétent».33 Sono annotazioní che segnano come si sia ormai irrimediabilmente spezzato il meccanismo che per diverse vie Jegava al regime le varie componenti della società civile; un distacco lento, attraverso percorsi tortuosi. Apatía e insofferenza non equïvalgono a scelle nette di opposízíone; estraneità alla guerra non significa pacifismo; le stesse ¡nefficienze de! regime si mescolano ad una capacita di fenuta nei rapport! con alcuni strati sociaii che si è consolídala negii anni. A tutto c.iô si aggsunga il lugubre clima di mtnaccía, le víolenze e le stesse lacerazionî della società civile, grazie aile quali regime e partito possono mantenere a lungo orpelli di sostegno. Dalla citazione appena írascrítta trapelano intanto i "distinguo" deli'ultima ora dello stesso questore: si cercano nuove alleanze, nuovi rapport! di potere mentre si temono violente esplosioni di ribellîone da parte délia popolazione. Questo timoré a Trieste non prende corpo neile forme e nei modí noli per le aflre città del Nord-ltaha durante il I semestre del 1943: dilaga invece il fenomeno ríbellistico che nei partigiani del "Fronte sloveno di liberazione" (GF) riconosce la sua guida, il suo principale núcleo organizativo. Per le popolazioni slovene del Carso per anni cos-trette al silenzio, angariate ed offese, è forte la speranza: la guerra diventa, la "riostra guerra", una vera lotta di liberazione. Le lestímonianze raccolte - soprattutto diari - riescono tuttavia ad aprire un primo squarcio di iuce su questo mondo prevalentemente contadino, con tutti i caratteri delle antiche comunità di vilîaggio, eppure ricco dt arti-colazioni interne.34 Cosí anche per gli sloveni il movimento partigiano spesso suscita insieme sospetti e paure perché promette un rovesciamento dei valor i tradiziorialí e perché si 30 Cfr. A. Vinci, Bellirismo ..., cit., pp. 114-51S. 31 ¡d , Cli intellettuaíi e la guerra; l'esempio giuliano, in corso tli pubbltcaztone presso l'editore Marsiiio, Padova. 32 S. Bon Cherardi, ta persecuzione .,., cit., p. 167 c- segg. 33 Documento cita ¡o (la R. Pupo, Lo spirito pubblico ... cit. 34 M. Vergineiia, "ta nostra lotta". Fascismo e difesa nazionale nelle fonti aulobiografíche, in op cil-, pp 485-500. I 22 ANIMALES 8/'9f> Anni Marw VINO:TfMPI DI GUERRA: TRIESTE. UNACITTA ALLO SPECCI4IO, ÎU-124 ispira all'ideologia comunista. Per il centro urbano é forse ancora presto per quella psicosi da "cittadeila assediata" che si delineera con chi-arezza a partiré dalla fine de! 1943. Certo é che giá dall'estate def 1942 rimbalzano a tinte fort! nelle cronache le descrizioni della guerriglia in atto, nelle zone occupate, tra soldati italiani e partigiani sloveni e croati: tra cronaca ñera e romanzo popolare si dipana i! racconto degii orrori di una guerra sconosciuta, tanto piü insidiosa quanto piü é strana, imprevedibile. I) soldato italiano - scrive su "l! Piccolo" uno dei cor-rispondenti dalla Slovenia - agli inizi delia guerriglia fe rimasto esitante ... non poteva concepire ... azioni sub-dole di selvaggi rintanati tra i tronchi, affogati nella neb-bia, che uscivano come vampiri durante la notte ...3í; L'angoscia fácilmente si alimenta in queste ¡mmagini cosí vivide, di qtiesta iconografía del partigiano -bandito/brigante - uomo della montagna, che richia-mano in vita ancestrali sorgenti di paura. Sullo sfondo di una cittá sempre piü inquieta e disorientata, comincia a stagliarsi con sempre maggior decisione il ruolo della Chiesa cattolica, come punto essenziale di riferimento. Si tratta per Trieste - cittá laica e comunque abituata alia convivenza di numeróse fedi ¡eligióse - di un fatto nuovo. La Chiesa cattolica che nel passato aveva vissuto momenti difficili, aveva comunque saputo salvaguardare, di fronte al regime, alcuni chiari segni di distinzione e propri margini d'autonomia, nonostante tutte le contraddizioni innescate dall'aileanza concordataria. Un rtuovo fervore religioso evocato dalla guerra, a volte ai confini con la superstizione, la capacita di intervento dimostrata dal clero verso i bisognosi e le famiglie dei caduti e dei richiamati, le nuove devozioni, i pellegrinaggi e íe missioni chiamano a raccolta come non mai i fedeü e la gente: maestosa si erge tra tutte la figura del vescovo. Per un attimo, prima che una nuova bu fe ra investa la diócesi, quatche sacerdote pensa ad un ritorno a! passato e ad una societá non piü delurpata dagli error! della modernitá. Neí marzo deí 1943, ricordando la celebrazione religiosa appena avvenuta, un párroco scrive: Fu un plebiscito generale e trionfo di fede ... un giorno di paradiso, ... la sensazione di essere una grande famiglia, una vera famiglia, senza quei maledetti partiti.36 PROSPETTIVE PER IL FUTURO Come grá si e detto, resta ancora per larghi tratti da svoigere, per ti periodo 1940-43, un discorso comparativo tra le dtverse reaítá delf'ttaíia in guerra: riannodare, poi, i filí delle diverse ricerche dovrá essere un obiettivo da non perdere di vista. Nell'altra direzione - quelia che pone l'ltalia e Trieste, cittá di confine, di fronte (e cantío) i popoii dell'Europa balcanica - sonó ancora pochi gli esempi di studio sui modi e sulle forme dell'occupazione italiana in quell'area (si pensi anche alia Grecia ed all'Albania), durante lo svolgimento del conflitto: le ricerche promosse da Tone Ferenc su La provincia 'italiana' di Lubiana rappresentano di certo un modello da seguire e da imitare. E progetti di tal natura, capaci cioé d! aprire un'indagine a largo raggio in quella direzione (tenendo anche conto dei possibili raffronti comparativi per i diversi seltori dell'occupazione italiana) si stanno metiendo in cantiere ad opera di studiosi italiani della levatura di Teodoro Sala ed Enzo Collotti. Se anche la storiograt'ia che trova il suo radicamento nella storia lócale (e regionaie) si muovesse in tale prospettiva, si potrebbero cogliere meglio, ad esempio, alcuni aspetti peculiari del ruolo del fascismo di confine in questa fase, per capire se come e con che personale esso contribuí a quelle conquiste. Esiste Lina memori-alistica di soldati e funzionari giuliani che parteciparono a quelle imprese? Con quali miti e quali incrostazioni ideofogiche essi entra roño nel vórtice delle conquiste e delle successive sconfitte? La guerra nei Balcani lascia, forse, tracce impoitanti nella coscienza dei sopravvissuti e nella !oro percezione del conflitto: si tratta, forse, di percorsí di vita nient'affatto irrilevanti per gli sviluppi successivi dei rapporti tra i popoli al confine. Su questi temi sarebbe per tutti un'occasione di crescita progettare ricerche comuni tra la storiografia slovena e quella italiana. Progettare insieme e non giustapporre alia fine: la differenza tra le due prospettive é nioito grande. Alio stesso modo ritengo che nulla di veramente nuovo potra veníre alia luce se degli anni piü duri del conflitto, qtfeüi tra il 1943 ed i! 1945, non sapremo riprendere in mano insieme i fili dell'indagine. Per quanto scabrosa e difficile, essa offre un'opportunilá per cu i val la pena di rischíare. 35 C. Tigol i, Oelitli e bassezze dei "pardgiani" sloveni. Le helve delta foresta, in "ll Piccolo", 23/8/1942. 36 P. Blasina, Vescovo e clero nella diócesi di Trieste-Capndislria 195-3-1943, in op. citpp 119-150; dei ¡o stesso autore cfr. ora Vescovo e cloro nella diócesi di Trifste-Capodistria 1938-1945, i Quaderni fj¡ Qualesioria, Trieste, 1993. 12.3 ANNALES 8/'96 Ani» Marij VINO: TEMPS D1 GUERRA: TRSFfSTf, IJNA OTTA Al tO SPECCHIO, 111-12-4 POVZETEK Ob izbruhu druge svetovne vojne je Trst dramatično doživlja! vsa protislovja in napetosti obmejnega mesta. Ni namreč šlo za katerokoli mejo: italijanska vzhodna meja, kot vsaka meja sicer res simbol ločevanja, pomeni bolj kot katerakoli druga bolečino, ki jo je gojilo in vzdrževalo nasilje fašističnega nacionalizma. In prav civilno prebivalstvo (Italijani, Slovenci, Hrvati) Trsta in celotne regije je bilo tisto, ki je v kratkem premoru med prvo in drugo svetovno vojno najokrutneje občutilo posledice takega izbora: vlogi preganjalcev in preganjanih sta razdelili narodnosti, obenem pa kot ostro rezilo zarezali vanje; uničili sta dejanska in možna sožitja. Ob izbruhu druge svetovne vojne se nasilni red režima ni zrušil skupaj z razkrojem njegovih institucijj ki niso več. obvladovale obsednega stanja kot posledice vojne, temveč se je ponovno obnavljal v neredu sovraštva in napovedoval nove tragedije. Izhajajoč iz življenjskih možnosti prebivalcev in iz natančnejše študije delovanja javnih in zasebnih ustanov je zgodovina druge svetovne vojne italijanskemu zgodovinskemu raziskovanju razkrila nova obzorja. Zato je lahko prav primer Trsta tudi za lokalno zgodovinopisje vzpodbuda za ubiranje novih poti. 124