! ANNO XXVII. Capodistria, 16 Gennajo 1893. N. 2 LA PROVINC DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3 ; semestre e qua-Irimestre ili proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. CARLO DE FRANCESCHI Carlo (le Franceschi è morto nella sua modesta casetta di Moncalvo nella campagna di Pisino, la sera della domenica otto gennaio, nella tarda età di 83 anni, tra le braccia dei suoi figli ; e la notizia della sua morte commosse tutta l'Istria, la bandiera della patria fu abbrunata. — Ci mancano al momento i dati per accennare con la dovuta esattezza a tutti gli atti della lunga e proficua sua operosità, lo faremo in seguito ; ma intanto ripeteremo ciò che tutti sanno: ch'egli fu uno degli istriani che più abbiano amato la sua terra e col maggior profitto. Della scuola del Kandier, inclinato per indole del suo ingegno agli studi storici, si diè a rovistare archivi, e percorrere da ogni parte i labirinti delle colline e delle vallicole dell' Istria, e più del Kandier stesso, più di nessuno, si può dire, eh' egli ne conoscesse ogni sito riposto ogni persona ; e questa sua inclinazione per gli studi storici divenne passione ardente quando apparve il crepuscolo di quelle lotte di nazionalità che ora divampano, e talvolta perfino sorpassò la misura quando non vedeva altro bene da ricercarsi per la provincia nostra che la compilazione della sua storia. E le sue non erano parole soltanto, ma alle parole seguivano i fatti, cioè una preoccupazione continua paziente, un lavoro indefesso eon sacrifizio di sè. Se non che nello stesso tempo, egli segretario della giunta provinciale lavorava con grande competenza, capacità e zelo a gettare le basi di quella organizzazione provinciale che dura ancora, baliurdo fortissimo contro ogni assalto dei nemici slavi, e impedimento a riuscire per quanti speculano nella vita pubblica a loro personale vantaggio. Oltre il cultore degli studi storici, l'Istria oggi deve onorare in Carlo de Frsnce-schil' uomo di carattere, che ognLcosa sottoponeva al dovere, che non accettava neppure come possibile qualsiasi transazione anche di forma con la propria coscienza; che lavorò costantemente col nobile e colto pensiero it ogni atto della vita, e spesso con sacrifizio crudele, per il bene della patria ; e morì povero. Di questi uomini la nostra provincia ne ebbe parecchi, e ne ha ancora e perciò non dispera del suo avvenire. Ora col pianto deponiamo la corona di fiori sulH tomba di Carlo de Franceschi e onoriamo la sua memoria. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Dall' Istria di sabato arrivataci or ora togliamo i seguenti cenni: Carlo De Franceschi, nacque a Gollogorizza piccolo Comune della campagna di Pisino, addì 17 ottobre 1809, da-modesti possidenti. Intraprese i primi suoi studi a Fiume ed a Gorizia, poscia frenquentò l'i. r. Universià di Graz, dalla quale sortì assolto nelle leggi. Nel 1835 fu nominato ascoltante di Consiglio nell' i. r. Tribunale, allora provinciale, di Rovigno, e come tale se ne stette fino al 1846, nel qual anno fu nominato Attuario criminale nello stesso dicastero. L'anno seguente avanzò al grado di protocollista di Consiglio ; e, finalmente, nel 1850 divenne Assessore presso l'i. r. Corte di Giustizia nel Tribunale medesimo Neil' organizzazione giudiziaria avvenuta nell' anno 1854, il nostro De Franceschi non fu contemplato ; ma con decreto ministeriale 18 maggio 1855 venne collocato in istato di temporaria quiescenza con un terzo di stipendio. (fior. 333 M. C.) Se non che, colla Risoluzione sovrana 12 febbraio 1557 egli ottenne di poter venire reimpiegato presso le ii. rr. Magistrature giudiziali, ad eccezione della provincia del Litorale. In questo incontro, benché parecchi altri impiegati, che avevano ottenuto il medesimo trattamento, avessero accettato, egli rimase fermo nel diniego, contento di guadagnarsi piuttosto a frusto a frusto la vita. — Chè egli era povero, e povero morì. In tali frangenti cercò nuova occupazione e, fortunatamente per lui, trovò d'impiegarsi in qualità di concepista presso l'avv. Thiery di Fiume. Era scoppiato il '48, e 1' Austria fu alla sua volta costretta di accordare ai suoi popoli la costituzione. Al Parlamento di Vienna fu decretato che l'Istria mandasse quattro deputati, e questi furono, com' è noto: l'avv. Antonio Madonizza da Capodistria, Michele Fachinetti da Visinada, Carlo De Franceschi da Gollogorizza e dott. Francesso Vidulich da Lussino. Quale attività dispiegasse il nostro deputato, cogli egregi suoi colleghi, prima a Vienna, poi a Kremsier, è presto detto. Egli si studiò a tutt' uomo perchè l'Istria nostra ottenesse la propria autonomia, indipendentemente da Gorizia e da Trieste, fondandosi in questo sulle ragioni storiche del tutto nostre particolari. Egli inten- deva, cioè, che tanto Trieste quanto Gorizia e l'Istria avessero ciascuna una propria Dieta, in modo da dividere il dominio del Litorale, com' è oggi, nelle dette tre pvovincie. Veramente allora non si ottenne — sia pure in via teorica, soltanto ■— che per Trieste una propria Dieta, mentre Gorizia e 1' Istria erano state unite insieme. Ma, sciolto allora il Parlamento, e sor-venuti tempi più maturi, colla patente del 26 febbraio 1861 venne attivata per noi quella costituzione, che era stata propugnata nel' 49 dai nostri deputati, non ultimo dei quali era il De Franceschi. Creata la Dieta di Parenzo fu proposto ed accettato alla quasi unanimità Carlo de Franceschi a segretario della Giunta provinciale dell' Istria — carica che gli venne confermata con deliberato 27 marzo dell'anno 1863. Allora le sessioni dietali duravano più mesi, e le sedute d'ogni sessione si contavano a più diecine. Era naturale : trattavasi di impiantare a nuovo tutta un'amministrazione, e di promulgare un intero corpo di leggi provinciali sulla base delle leggi fondamentali dello Stato. Come abbia disimpegnato la nostra Dieta al suo munere non è qui il luogo di rilevare ; basta dire che la nostra amministrazione venne poi citata a modello dalle stesso imperiale Governo. Nè si può disconoscere che in co-dest' opera di ricostituzione e di impianto ebbe molta parte, sia come fattore, sia come cooperatore, il nostro De Franceschi. 11 quale è durato nella carica di segretario, si può dire, finché gli durarono vegete le forze. Quando si sentì declinare per gli anni, chiese ed ottenne il ben meritato stato di riposo: il che avvenne con decreto giuntale 4 aprile 1876, in seguito al deliberato della Dieta provinciale 31 marzo dell'anno medesimo. * * Egli collaborò col Kandier, sia accompagnandolo nelle sue peregrinazioni, sia additandogli tutto quello che la propria esperienza e conoscenza gli suggeriva, sia scrivendo per il periodico L'Istria, dal primo diretto dal 1846 al 1852. Chi esamina poi il Conservatore del Kandier, vi trova anche qui scritti, lettere, preziose indicazioni e informazioni del nostro De Francesci. Il quale, se per troppa modestia era parco nel darsi fuori con scritti e articoli occasionali, non ristava mai di leggere, di esaminare, di raccogliere tutto ciò che colle vicende della nostra provincia avesse un qualche riflesso. Così egli ammasò molta e preziosa copia di atti, di documenti, di annotazioni, di regesti di materiale, iusom-ma, ottimo per la nostra storia. Anche in questo' periodo di sua vita, egli non si limitò soltanto a raccogliere, ma pubblicò molti articoli di genere storico geografico ed etnografico sull'Istria nei giornali: L' Osservatore Triestino (Anno 1843 -1847) quando ne era direttore Pacifico Valussi, L'Istria del Kandier (1846-1852). L'Eco di Fiume, 11 Popolano dell'Istria del Fachinetti. L'Istriano di Kovigno, La Provincia dell'Istria di Capodistria. E nell'Annuario della Società agraria istriana (A. II, 1871) pubblicò una lodatis-sima Descrizione del Margraviato d'Istria in riguardo alle sue condizioni naturali, agricole ed industriali. Si era molto disputato fra i dotti dove sorgessero le antichissime città di Nesazio, Mutila e Faveria, ram mentate da Livio, e prese a viva forza dai Romani, quando s'impossessarono della nostra provincia, e da loro distrutte in pena della risoluta resistenza da loro opposta. Sopra tutto si cercava di stabilire il sito di Nesazio ritenuta sede del re Epulo. II Manzioli pretendeva che quest'ultima città sorgesse sul monte Ser-mino, al Risano, il Tommasini al Quieto poco distante da Cittanova, il Coppo voleva aver trovate le tracce alla punta Bnrbariga presso Valle, il Cluverio presso Castelnuovo d'Arsa, lo Stancovich poco distante da qui. Il De Franceschi, studia a fondo la questione, ed esaminati diligentemente i luoghi, stabiliva sulle traccio del Kandier — e d'accordo coi dotti amici T. Luciani e A. Covaz — che Nesazio, verosimilmente, sorgeva presso Altura, al di sopra del canale o porto di Badò località oggi chiamata Visaze, e nel medio evo campi Isatii, coperti da copiose macerie. E in questo senso dettò l'articolo: Dove sorgessero le città di Nesazio, Mutila e Faveria, inserito nel libro «Notizie storiche di Pola» (pag. 141). Come si è detto, il De Franceschi era in possesso di molte note storiche che, con graude diligenza, aveva raccolto; oltre di che l'Archivio della Giunta provinciale n' era già arricchito di carte, di libri e di documenti importanti. Interessava di non lasciar più oltre languire tanto materiale e di dare alla nostra provincia, per lo meno, un quadro storico delle sue vicende, quadro che le mancava. Gli amici di Parenzo circuirono allora il De Franceschi, e tanto instarono finché egli si decise — nel 1879 di dare alla luce la maggiore sua opera : L Istria — Note storiche. * * * Con questo non vuol dire che il De Franceschi non abbia, fra le sue carte, degli altri lavori .SlatifiLi, anzi ci lusinga la speranza di vedere stampate le sue Memorie, e lo studio, per quanto incompleto, Sulle nazionalità dell'Istria, e forse qualche altra cosa ancora. * * * I FUNERALI Ad onta della strada poco praticabile, in causa delia neve, numerosi i cittadini si recarono martedì mattina a Moncalvo per assistere ai funerali e tributare l'ultimo omaggio alla salma dell'illustre storico istriano, dell'uomo onesto, dell' aft'ettuosissimo padre di famiglia Alla tomba, con toccanti parole, il signor dott. Cle\a, rappresentante la Giunta provinciale e la Società archeologica istriana, ricordato il "non omnis moriar„ di Orazio, rilevò i meriti grandissimi del defunto quale uomo, cittadino e storiografo, ed a nome della Provincia, della Società e del Municipio di Parenzo gli diè 1' e-strenio saluto* E tale fu 1' effetto delle sue parole, che tutti i preseiti piangevano. Erano rappresentate al funerale le seguenti istituzioni patrie, società e giornali : La Giunta provinciale — la Società istriana di archeologia e storia patria — gli impiegati provinciali — la Società politica istriana —i municipi di Parenzo, di Buje di Capodistria, di Montona, di Pola, di Pirano, di Visiguano — il comune di S. Lorenzo del Pasena-tico —• il Circolo popolare di Rovigno — i dilettanti filarmonici di Pisiuo —■ la Società dei canottieri di Parenzo — il casino di società di Pisino — la Società di lettura di Pisino — il gruppo della "Lega nazionale, di Pisino — il gruppo della "Lega nazionale, di Pirano. I giornali: La Provincia—L'Istria — Il Giovine Pensiero — Le Alpi Giulie — L'Indipendente — Il Cittadino — Il Piccolo — Il Corriere di Gorizia. Pervennero alla famiglia moltissimi telegrammi di condoglianza. Da parte del Municipio di Capodistria pervenne la seguente lettera alla direzione del gruppo della "Lega Nazionale di Capodistria, Onorevole Direzione Per onorare degnamente da parte di questa città la memoria del compianto patriotta ed illustre storiografo Carlo de Franceschi, testé defunto, la Deputazione comunale deliberò di destinare in sostituzione di una corona, a favore della "Lega Nazionale, P oblazione di fior 25 (venticinque), avvisandosi così di secondare nel modo migliore il cordoglio sentito dalla cittadinanza e di rendere il tributo più caro alla rara modestia ed al patriottismo purissimo del venerando Estinto. Con questo pietoso intendimento mi pregio rimettere a cotesta onorevole direzione la somma di fior. 25, perchè Le piaccia devolverla a vantaggio del nostro gruppo locale. Gradirò dalla sua cortesia un cenno di ricevimento e frattanto mi dichiaro di cotesta Onorevole Direzione con particolare stima e considerazione. Il Podestà S--—m------— Sulla resistenza delle viti americane alla fillossera e loro graduazione compilata da Millardet e Yiala. Fu spesso asserito, chiì la maggiore o minore resistenza delle viti americane alla fillossera, prescindendo della questione del loro adattamento al terreno e al clima, può dipendere da un complesso di circostanze affatto peculiari e sopratutto da alcune particolarità chimiche e fisiche, proprie alle radici di queste viti. Ed invero le radici dei vitigni americani, clip sono riconosciuti fra i più resistenti alla fillossera, hanno una struttura fibrosa molto compatta, la quale è di gran lunga molto più tenace del tessuto rado e cavernoso delle radici delle viti europee. In conseguenza di questa particolarità fisica avviene, che le ferite fatte dal pidocchio alle radici capillari delle viti americane rimarginano prontamente. Il cicatrizzarsi delle ferite in uno spazio di tempo relativamente molto breve, pone un ostacolo al rapido svolgimento di tutta quella serqua di muffe, le quali, favorite dall' umidità del terreno, si accumulano strabocchevolmente nelle cavernosità del tessuto radicale e finiscono coli'infracidire le radici fillosserate delle viti nostrane. Giusta le osservazioni istituite in Francia per una lunga serie di anni dai celebri professori Millardet e Viala, si ebbe inoltre a constatare, che le radici di alcuni vitigni americani vanno in realtà dotate di certe proprietà chimiche, a cagione delle quali i loro umori diversificano essenzialmente dagli umori, che sono propri alle radici delle viti europee. Queste proprietà ssercitano colla loro azione specifica un influsso sulla facoltà gustativa della fillossera, in modo che essa rifugge dall' in- taccare quella specie di radici americane e corre invece in cerca delle radici delle viti europee, che al certo le riescono più gradite e più appetitose. Le viti, che vanno dotate della provida facoltà di poter resistere in sommo grado, agli attacchi della fillossera sono molto rare e fra esse primeggia la Vitis rotundifolia. Sulle radici di questa vite non fu mai trovata traccia di fillossera. Disgraziatamente però non fu ancora possibile trarre in qualche modo profitto per la viticoltura da questo prezioso vitigno, perchè esso non consente ad essere propagato nè per talea nè per mezzo de' suoi ibridi; dappoiché questi non si adattano alle condizioni del suolo e meno che meno alla variabilità del nostro clima. In seguito all'osservazione, che le radici di tutte le altre varietà americane vengono dalla fillossera offese in grado più o meno sensibile, i sunnominati professori Millardet e Yiala, partendo sempre dalla supposizione, che tutte le altre condizioni, di clima e di suolo convengano alla prospera vegetazione di detti vitigni, disposero in scala graduatoria le viti americane, che sono oggidì a disposizione della viticoltura e formularono la cosidetta tabella di resistenza alla fillossera. Allo scopo però di farsi una chiara idea dei dati esposti in detta tabella conviene premettere, che i sunnominati autori segnarono col numero 20 il grado massimo di resistenza di una vite alla fillossera e con zero il grado infimo. Pur troppo a quest'ultima categoria appartengono tutte le varietà europee, provenienti dalla Vitis vinifera, le quali, come si sa, qualora vengano intaccate dal pidocchio, sono irremissibilmente perdute. Ciò premesso, la Vitis rotundifolia va segnata col N°. 20 di graduazione, perchè vanta una resistenza assoluta; col N°. 19'/21 ovvero colla massima facoltà di resistenza alla fillossera, si comprendono le varietà: Ru-pestris Martin, Rup. Mission, Rup. du Lot, Rup. Ganzin, Rup. Metallica, Rup. Fortworth e Rup. Lèzignan; al N°. 19 di resistenza si annoverano le specie : Riparia Portalis, Rip. Grand glabre, Rip. Baron Perier, Rip. Ramond, Rip. Martineau, Rupetris Arkansas, Rupetris du Texas, Cordifolia- Rupestris de Grasset, Rupestris incrociato con Riparia-, al N°. 18 di resistenza si a-scrivono la maggior parte delle varietà Vitis Berlandier i e la Cinerea-Rupestris; al N°. 17 di resistenza appartengono: Candicans-Monticola, gli Ibridi Azemar e la varietà Berlandieri-Rupestris ; al N°. 10 di resistenza sono aggregate: la Berlandieri Bouisset, Hutchison, Taylor e Marion; al N". 15 di resistenza fanno parte: Solonis, Berlandieri-Candicans, Riparia-Candicans e Berlandieri- Monticola; al N°. 14 di resistenza troviamo: Cynthia-na, Champin glabres ed Herbemont Touzan; al N°. 13 di resistenza sono indicati gli ibridi Iacquez e Noah: al N°. 12 di resistenza sono registrate: Vialla, Herbemont, e Cunningham; al N°. 11 di resistenza vengono ascritte: Blah-July e Iorlc-Madeira-, al N°. 10 di resistenza: Huntingdon, Harwood e Hermann. Le viti Clinton ed ' Elvira portano il N°. 8 ed il famoso ibrido Othello, cotanto magnificato dagli speculatori francesi tocca, in fatto di resistenza alla fillossera, appena il 6° grado della scala. Questa graduatoria, col mezzo della quale Millardet e Viala cercarono di esprimere il grado di resistenza di una vite alla fillossera, è subordinata alle condizioni della coltivazione e alle altre non meno importanti dell' adattamento, perchè è chiaro, che se il clima, 1' ambiente e la qualità del terreno non convengono alla prosperità di lina vite, questa intristisce e soccombe per clorosi ^giallume) o per altre malattie affatto indipendenti dalla fillossera. 11 clima difatti, prescindendo dalla circostanza che possa più o meno contribuire allo sviluppo organico della pianta, esercita anche senza di ciò, in via del tutto indiretta, un influsso di grande entità sulla durata e sulla graduazione di resistenza delle viti americane, che si trovano alle prese colla fillossera. E per vero, le viti lork Madeira, Iacquez, Huntingdon e Solonis, sebbene sieno vitigni di mediocre resistenza, prosperano egregiamente nella zona vinicola della cerchia alpina e anche nella regione media della Francia, perchè in queste regioni, in causa della rigidezza del clima, la fillossera prolifica soltanto dal giugno al settembre, costretta a passare l'inverno inoperosa ed in letargia. A-vendo queste quattro varietà meno esigenze in fatto di adattamento al terreno, perchè il Iacquez e l'Huntingdon si comportano abbastanza bene nelle terre d'alluvione, mentre il lork Madeira si contenta anche delle argille più o meno computte, grigie, brune e nerastre, purché non eccessivamente umide, ed il Solonis regge benissimo persiuo nei terreui umidi, a sottosuolo cretoso e compatto, ove non alligna la Riparia; ne viene, che i viticultari della Francia centrale le addottano con ottimo successo nella rinnovazione dei loro vigneti e specialmente in quei terreni, che, causa la loro composizione, si addimostrarono del tutto refrettarì allo sviluppo delle Riparie e delle Rupestris. Fatta eccezione per i terreni calcarei provenienti dalla disgregazione di roccie di carbonato di calce e per quelle terre, che sono composte di sterili marne calcareo-argillose, le quali colla pioggia si riducono in uua specie di poltiglia molto attaccaticcia, tutti gli altri terreni, differenti da queste per composizioni chimiche e fisiche, sono adatti dal più a'r meno in generale alla coltivazione della maggior parte dei vitigni americani. Forse fra breve sarà dato di trovare anche la vite adattata per i terreni prettamente calcarei e marnosi (tassellosi). Per intanto giova sperare, che la salvezza di questi terreni, i quali si addimostrarono fin ad ora in sommo grado refrattari alla coltivazione delle viti americane, sia riposta nella Vitis Berlandieri, malgrado la difficoltà, che essa mostra di attecchire per talea. Dopo gli insuccessi avuti con vitigni resistentissimi, i quali deperirono per l'insufficienza del terreno, mentre molti ibridi d1 un valore scadentissimo vi trovarono il mezzo di lottare e di riuscire vittoriosi contro gli attacchi del pidocchio, anche in parecchie regioni tillos-serate della Sicilia e dell' Algeria le viti Iacquez, lork e Solonis si addimostrano oggidì ottime specialmente come eccellenti porta innesti. Il chiarissimo prof. La Fauci nella conferenza tenuta ultimamente a Messina „sulla resistenza e sull' a-dattamento delle viti americane in relazione colla natura dei terreni, esprime l'idea, che le viti Iacquez, lork e Solonis, se piantate in terre a loro confacenti, saranno destinate a rendere reali servigi all'avvenire della viticol- tura siciliana, malgrado che la fillossera dilanii le radici di quelle povere piante persino durante i mesi invernali, nei quali essa continua senza tregua a produrre nuove generazioni, perchè protetta dalla mitezza del clima, proprio di quel paese. A ciò si aggiunga, che quand'anche l'operazione dell'innesto scemi alquanto la resistenza assegnata ad uua data vite, pure in buone condizioni di adattamento e con una coltivazione nazionale, col combattere sopra tutto a tempo le malattie crittogamiche (Peronospora, Oidio, Vajolo ed altri parassiti), si riesce a conseguire ottimi risultati e raccolti rimunerativi, malgrado la''presenza della fillossera. Quando una vite americana trova nel terreno gli elementi necessarii al suo sviluppo e viene in pari tempo aiutata da una buona coltivazione, allora reagisce convenevolmente in modo da riparare molto bene i danni, che le cagiona il parassita. E tali risultati si ottengono colle sunnominate viti americane di media resistenza°alla fillossera, se esse sono favorite dalle condizioni di uu buon adattamento. Di fronte all'adattamento del vitigno, tutto diventa secondario, persino la resistenza, che sino a poco tempo addietro era ritenuta come la principale delle condizioni in fatto di viti americane. E difatti, cosa giova al viti-cultore 1' avere a sua disposizione le resistentissime Riparia e Rupestris, se queste in breve deperiranno per la sovrabbondanza della calce nel terreno? In tal caso al viticultare gioverà più il fare assegnamento sul Solonis, sul Iacquez e sul lork, perchè almeno questi vitigni, malgrado l'infezione, reggono in quei terreni meglio delle Riparie. ' " .■ mm --- Soltanto coli'attenersi alle norme delineate nella suesposta tabella di resistenza, la quale ha il pregio di basarsi sulle accurate osservazioni di oltre un ventennio, e coli' uniformarsi ai criteri sviluppati in relazione all' adattamento e soprattutto dopo aver esperimentate le esigenze e la propensioni del terreno rispetto alla scelta dei vitigni, il viticultare potrà d'ora inuanzi regolarsi nei nuovi impianti ed accudire con tranquillità alla coltivazione de'suoi vigueti rinnovati sull'area medesima delle viti europee distrutte dalla fillossera. O. G. ---«j»------- G o se locali Indetta per il giorno 7 corr. alle 11 aut., la seduta costitutiva della neoeletta rappresentanza comunale, comparvero tutti i rappresentanti ad eccezione di due che giustificarono l'assenza." Il presidente della giunta amministrativa signor Giorgio Cobol fece l'appello dei presenti e, constatatone i; numero legale, dichiarò aperta la seduta invitando l'anziano onorevole ingegnere signor Francesco De Rin ad assumerne la presidenza. Questi nomina quali suoi assistenti i signori de Almerigotti Francesco e dott. Stefano Derin. La elozione delle cariche comunali viene fatta per ischede, passandosi dapprima alla nomina del podestà. Fatto lo spoglio delle schede, viene proclamato eletto a pieni voti podestà il siguor Giorgio Cobol. Vengono poscia proclamati eletti a consiglieri in -quest'ordine i seguenti signori: Onorevoli Nicolò dott. de Belli consigliere anziano, avv. dott. Pietro Longo, Giovanni Martissa Carbonaio, avv. dott. Felice Bennati, notaio dott. Antonio Zetto. Il Commissario governativo siar. Adolfo de Scliaf-fenhauer raccoglie la consueta promessa dagli eletti e pronuncia brevi parole di verace simpatia per la città nostra e di augurio per l'avvenire. Dopodiché il neoeletto podestà sig. Giorgio Cobol preso possesso del seggio presidenziale, tiene un discorso -d'occasione vivamente applaudito. La seduta viene quindi levata. Il podestà è accompagnato al suo domicilio da tutta la rappresentanza. L1 egregio nostro concittadino Cesare Combi, ebbe il gentile pensiero d'inviare da Trieste in dono al nostro Municipio un somigliantissimo ritratto del venerando patriota Antonio Vidacovich racchiuso in una cornice finemente lavorata. Venne collocato nel gabinetto del Podestà accanto ai ritratti di altri capodistriani illustri. La Società filarmonica ha chiuso la serie delle lezioni di "ballo impartite dal bravo maestro di Trieste •Giulio Morterra, con un festino, la sera del 11 corr. Graziosi bambini, belle signorine e signore e sopra tutto allegria, tanto che il semplice saggio si convertì in ballo che ha durato fino a tarda ora. L' orchestra della società ha suonato sceti pezzi, e il giovane sig. Luigi Gallo diede saggio della sua valentìa nell'esecuzione ■della fantasia per violino Scène de Ballet di Beriot. Le radunanze nella sala sociale speriamo si ripeteranno quando sarà cessato il teatro, in quaresima. Nel Teatro sociale recita la drammatica compagnia diretta dal distinto artista Adolfo Drago; e piace, e piacerà più se ci farà sentire le buone produzioni nazionali, senza voler escludere i capi lavori dell' arte forestiera ; e non pensiamo alle pseudo operette, o lasciamole agli sgoccioli del carnevale quando ,il Cristian diventa matto" come si dice abbiano sentenziato i Turchi. Elenco dei P. T. Signori che in ricorrenza del Capo d'anno elargirono in surrogazione alle visite (P augurio le offerte sottospecificate a beneficio del civico Spedale di Capodistria per V anno 1893. de Almerigotti famiglia f. 2 — Apollonio Möns. Giacomo f. 1 — Baicich Dr. Nicolò f. 1 — Bartoli Antonio, Trieste f. 5 — Belli Laura f. 2 — Belli Dr. Nicolò f 4 — Biscontini Angelo f. I — Bonne Alessandro f. 1 — Bratti Alessandro f. 2 — Bratti Giovanni f. 2 — Brussich Giulio f. 1 — Cadamuro Morgante Francesco f. 2 — Calogiorgio Giorgio e famiglia f. 2 — Ciborra C. f. 1 — Cobol Giorgio f. 2 - Costantini Luigi f. 3 — Czermach de A. f. 1 — Da Matto Teresa f. 2 — Dandruzzi Nicolò f. 1 — Debellich famiglia f. 2 — Decarli Giuseppe s. 50 — Del Bello Dr. N. f. 3 — Del Tacco Teresa e fratello f. 2 — De Mori N. f. 1 De Rin Francesco f. 2 — Dapangher Antonio f. 2 — Fabrizi Dr. E. f. 2 — Favento de Giorgio f. 1 — Festi famiglia f. o — Franza Möns. Francesco f. 2 — Gallo Av. Dr. Augusto e famiglia f. 5 — Genzo Cav. Giovanni e consorte f. 2 — Gergolet Valentino fi— Gomiscig Ernesto f. 1 — Gravisi Antonio f. 2 — Gravisi famiglia fu G. And. f. 2 — Gravisi Giuseppe fu G. Andrea f. 2 — Gregoretti Antonio f. 1 — Iovanovich Amedeo f. 1 — Kalcher Adolfo f. 2 — Longo Elio f. 1 — Longo Dr. Luigi f. 5 — Longo Avv. Dr. Pietro f. 2 — Lonzar Benedetto fu Giuseppe f. 1 — Madonizza de Nicolò e famiglia f. 8 — Mahoritsch Cav. Rodolfo f. 2 — Majer Prof. Frane, f. 2 — Maiti de Ricardo f. 20 — Ma-molo Pietro s. 50 — Markelj Giov. f. 2 — Martissa-Carbonjo G. f. 2 — Mecchia Möns. Carlo f. 2 — Merkel -Francesco e famiglia f. 10. Paccanoni Ved. Vittoria f. 1 — Paulin f. 1 — Paulovich Dr. Antonio f. 2 — Pechiar Möns, Giovanni f. 2 — Pecchiari Pietro f. 1 — Pellegrini Antonietta f. 5 — Pennello Guido, i. a. Segr di Luog. f. 2 — Petronio Möns. Dr. Francesco f. 2 — Plazzer Rosa f. 1 — Radoicovich Dr Cesare f. 1 — Rebek A. f. 2. Revelante Cav. Don. Giovanni f. 2. — Riosa Antonio f. 1 — Rodatti Matteo f. 1 — Rusconi famiglia f. 2 — Sandrin Giuseppe e famiglia f. 2 — Schaffenhauer Neys Adolfo i. r. Cap. distrett. f. 10 — Schaffenhauer Odilo f. 3 — Schiavi Möns. Lorenzo f. 2 — Sparovitz Giuseppe f. 1 — Tipografia Cobol & Priora f. 1 — Tommasini Ant. f. 1 — Totto famiglia fu Conti Gregorio f. 5 — Totto Contessa Maria nata Vicco, Trieste f. 2 — Tremul Andrea fu Stefano f. 1 — Utel Pietro f. 1 — Vatova Prof. Giuseppe f. 1 — Venuti Leonardo f. 1 — Vissich famiglia f. 5 — Vogel Ferdinando f. 2 — Witwar Giuseppe f. 1 — Zarli Frane, f, 1 — Zemitz Prof. Antonio f. 1 11 locale Consorzio agrario distrettuale comunica: I. I signori possidenti e gli agricoltori della Città e territorio di Capodistria, che desiderassero far acquisto per la futura primavera di alberi da frutto, di piantoni e di viti americane, sono pregati di rivolgere le loro domande entro il giorno 25 del corr. mese alla rispettiva Presidenza. II. Quei signori soci, che desiderano utilizzare nella futura primavera l'erpice pel dissodamento dei prati, sono pregati di voler indicare alla sottofirmata il numero dei giorni e 1' epoca, nella quale intendono di usare detto istrumento. Dal Consorzio Agrario Distrettuale Capodistria li 12 Gennaio 1893 La Presidenza Bollettino statistico municipale di novembre 1892 Anagrafe. Nati battezzati 22, maschi 13, femmine 9, morti 23, uomini 6, (dei quali 1 carcerato), donne 5, fanciulli 2, fanciulle 7, sotto i sette anni, nonché 1 maschio e 2 femmine nati morti — Trapassati : 7 Martissa Giuseppe di Antonio d'anni 34 — 11 Fumis Giovanni d'anni 55 — 15 L. N (carcerato) da Scar-dona, Dalmazia, d'anni 20 — Delconte Pietro fu Nazari o d'anni 82 — 16 Poli Anna di Francesco d'anni 21 — 17 Depangher Giacomina di Giovanni d'anni 15 — 24 Potepan Andrea fu Giovanni d'anni 50 — 26 Ceconi Caterina nata Tomasich d'anni 54 — Steffè Maria ved. Giovanni nata Riccobon d'anni 84 — 27 de Baseggio Maria di Nicolò d'anni 30 — 28 Pozzacai Antonio fu Nicolò 56. — Più fanciulli 2, fanciulle 7 al di sotto di sette anni, nonché 1 maschio e 2 femmine nati morti. — Matrimoni: 5 _ Coslan Giuseppe con Klena Galianich — Grio Domenico con Filomena Vattovaz — Riccobon Antonio con Margherita Vattovaz — Majer Nicolò con Caterina Debernardi — 12 Pobega Giovanni con Maria Lenardon — Speranza Antonio con Ma-ria-Luigia Prelaz — 13 Dezorzi Nazario con Antonia Babich — 16 Magasig Giovanni con Antonia Parovel — 20 Benvenuti Giovanni con Maria-Antonia Utel — Delconte Antonio con Maria Marsich -- Polizia: Usciti dall'i, r. Casa di pena 11, dei quali 4 istriani — 3 triestini — 1 dalmato — 1 goriziano — 1 tirolese — 1 suddito italiano — sfrattati 3 — rilascio di nulla osta per l'estradazione di permesso di viaggio marittimo 3 — rilascio di libretti di servizio 1. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 5, per ettolttri 35 di vino nero a soldi 32 il litro — certificati per spedizioni di vino 6, per ettolitri 32 — di sardelle salate 4, per barili 139 del peso complessivo di chilogrammi 4932, con 4 barili di salamoia del peso di chilogr. 139 — di sardoni salati 4, per mastelle 158 del peso complessivo di chilogr. 2647 con tre barili di salomoja del peso di chilogr. 95. — Licenze industriali 4, di cui 2 per manifatture, 1 per vendita legname, e 1 per commestibili. — Animali macellati : buoi 37 del peso di chilogr 7387 con 335 chilogr. di sego — armente 26 del peso di chilo?rammi 4249 con 248 chilog;-. di sego — vitelli 17 - castrati 75. Bollettino delle malattie zimotiche. Capodistria: Angina difterica casi 2, guariti — Tifo addominale casi 3, dei quali 2 guariti, e 1 in cura. Lazzaretto : 0 — --—sa:---— Appunti bibliografici Giuseppe Caprin. Pianure friulane seguito ai libri Marine Istriane - Lagune di Grado. Trieste, Stabilimento artistico di G. Caprin editore 1892. Un volume di pagine 456 con incisioni centoquarantuna. Yale fior. 3 V. A. Ecco un' altra battaglia vinta contro 1' i-gnoranza: così mi piace compendiare le dolci impressioni destate in me dalla lettura delle Pianure Friulane. E perchè un tal nome ? domanderà subito taluno. Non è forse una la pianura che si stende dall'Alpi alle lagune, dal Timavo alla Livenza, ed è designata da un unico nome, il Friuli? Verissimo; così l'ha fatta la natura; ma gli uomini ? Finché furono potenti i Romani, lasciarono, o meglio rimisero le cose a posto ; ma poi ? Ecco subito una Italia longobardica, poi franca; e il Ducato friulano che cerca appoggiarsi sui monti, mentre nelle lagune già è sorta Grado, e mira come a suo speglio alla seconda Roma, a Venezia. Peggio più tardi, quando Ottone, per aver sempre aperta una via in Italia, non si fidando troppo dell' amico Berengario, incastrò una bietta nel Bel Paese, creando la Marca del Friuli infeudata al Patriarca d'Aquileja, divenuto principe grande e vassallo dell' Impero germanico. Sorgono quindi i vassalli minori, ed i Conti di Gradisca e di Gorizia, avvocato della chiesa aquilejese quest'ultimo e che diede tanto filo a torcere al padrone. Abbiamo perciò una pianura gradiscana, goriziana, e immediatamente patriarcale. Ma intanto Venezia ha gettato lo sguardo sui possessi dei Patriarchi decaduti, e che si sono accostati a Roma, a sostegno dell' autorità spirituale, sentendosi mancare sotto i piedi il regno della terra. Venezia conquista una gran parte della pianura; ma ecco lo spettro di Catnbrai ; Gorizia e Gradisca unite passano all'Austria; Gradisca è pendente per la Repubblica ; Venezia conserva Udine, Cividale, tutto il Friuli occidentale, ! perde l'orientale; ma rimane sentinella avanzata a Monfalcone, al Timavo : pianura veneta di qua, austriaca di là; confini incerti, ville di mista giurisdizione, fossatelli, torrenti, pali : termini che le piene e i nuovi greti alterano o la mano violenta dell' uomo abbatte a capriccio; cause di guerre, di liti, di questioni interminabili : ecco il Friuli. E non aveva a-dunque ragione il Caprin d'intitolare, con un motto che riassume la storia, il suo libro — Pianure Friulane ì E questa, dirò così la fi-sonomia del libro. Dopo le marine istriane e le lagune di Grado, 1' opera attuale s'imponeva naturalmente, e il Caprin ha raggiunto la sua nobile meta, e risposto a tutti gli spropositi del Yriarte, del Borton, agli errori ragionati e più pericolosi dello Czoernig e di altri storici di scuola germanica. Detto così in generale del libro, passiamo ad indicare al lettore la materia trattata nei vari capitoli, rilevandone le bellezze, e prendendo qua e là qualche appunto. Chi ben comincia è alla metà dell'opera, dice il proverbio, ed il Caprin s'imposta^ bene; padrone, come si dice, della situazione, forni+o-di seri studi, entra con viso allegro, e con una lieta canzone sulle labbra, e pare dica : di pergamene e di libri sono stucco e ristucco; lasciatemi prendere una boccata d' aria nel libero Friuli: è Messidoro, "la campagna affatto solitaria, sotto un fulgore di luce e in una pace profonda, pare riposarsi dall'opera della mietitura finita. „ E il suo stile canta, la penna ha fiori, l'intonazione è lirica. Si capisce che T autore sente nell' animo 1' entusiasmo di una opera buona, la coscienza di un compiuto dovere ; e cerca di comunicare la sua fede, il suo patriottismo al lettore. E questo, convien ricordarlo, spiega il perchè dello stile, e ce lo rende simpatico, anclìfe quando, secondo il giudizio dei severi lettori, qualche volta accenna a trasmodare un pochino. Si aggiunga (circostanza da non dimenticare) che tale è il vero modo di conquistare i facili lettori, pei quali è composto il libro, e di rendere popolare e sentita una causa. Di libri gravi ne abbiamo moltissimi, ma letti da pochi, e all'Italia, se stiamo al giudizio autorevole del Bonghi, occorre rendere popolare la letteratura. Il Caprin ha risposto ai perchè del Bonghi; dimostrando di saper benissimo sfuggire tutti quei difetti che -diedero occasione all' arguto pensatore di scrivere un libro indagatore di quei perchè. Ma popolarità non vuol dire sciatteria, ed ecco «ubito nei due seguenti capitoli condensata la storia di Aquileja 1' antica capitale del paese, e senza ombra di pedanteria, studiata nei monumenti che mano mano si illustrano e vengono presentati al lettore : è 1' estetica della scienza, innalzata al più alto grado per via delle splendide incisioni. Nel capitolo quarto da Aquileja siamo trasportati a Òividale. Non è un fuor d'opera : a Cividale, nuova sede dei Patriarchi continua la storia di Aquileja ; ma il Caprin che ha sempre netto in mente il disegno dell' opera sua, si trattiene a tempo, non [ fa sfoggio di erudizione inconsulta, e del Friuli orientale ci dice quel tanto che è necessario i ad intendere la storia del Friuli orientale. Ed eccoci quindi da capo nel capitolo quinto in medias res ad Apuileja nell' epoca I carolingia : così, se anche torna al medesimo luogo, non si ripete quasi mai, e ad Aquileja ci tornerà ancora, per vederla sotto altro a-spetto e in altri tempi; ed anche questo, per la giusta distribuzione della materia, non è l'ultimo pregio del libro. E non ci manca qualche spruzzolo di opportuna erudizione, così ' sulla vasta selva litoranea che dal Timavo a Ravenna invadeva una gran parte del Friuli. Le carte del tempo poteano avvalorare 1' asserto. Così la donazione dell'imperatore Ottone al Patriarca Popone della selva sitarti in pago Forojulii.... incipientem a flumine Jsontio u-sque ad mare.... et usque flumen Medana secus liuius decursum, usque ad flumen Liquentia dictum, et usque ad Liquentia introitimi in mare (Atti e Memorie della Società istriana di Archeologia e Storia patria. Volume Vili, Fascicolo 1 e 2 pag. 8). Non sono poi d' accordo con l'autore su quanto dice a proposito della denominazione — la patria del Friuli (99). La più accreditata spiegazione di detto motto ci è data dagli scrittori di storia veneta. Così chiamavano con gentile pensiero il Friuli, i Veneziani in memoria delle antiche sedi di Aquileja e Concordia onde erano fuggiti. A proposito di Venezia le parole gridate dal banditore dietro il Patriarca prigioniero : — Ecco il sacerdote triste, che nella vita sua dispiacque a Dio, e fu colto in delitto — non .sono della sacra scrittura, ma parodia dell'an- tifona — Ecce sacerdos magnus qui in diebus suis placuit Deo et factus est justus. Ma non cerchiamo i fichi in vetta. Nel capitolo sesto — Le acque bianche dell' Isonzo — abbiamo una vivace descrizione della cittadella di Gradisca, dei suoi monumenti e dei dintorni; e nel seguente — Guerre Gradiscane — alcune pagine di molto valore storico, e che formano anche da sole un' ottima monografia sulle cause, vicende e conseguenze di detta guerra, della quale molti storici appena appena ne fanno un cenno, come di un fatto di vita interna della Repubblica Veneta, mentre ebbe conseguenze funeste per tutta Italia. Gorizia e Gradisca sono perdute; ma rimane almeno alla Repubblica Monfalcone oltre Isonzo : San Marco è sempre in sentinella al Timavo. Di tutto ciò si discorre con la consueta efficacia nei capitoli VIII e IX. — La Sentinella al Timavo — Monfalcone. Il terreno è storico, e ha dato luogo a molte leggende e a molti errori. L'autore ne esce pel rotto della cuffia, come era imposto dalla natura del libro; pure una speciale menzione meritava l'erudito studio dell'archeologo Gregorutti — L'antico Timavo e le vie Gemina e Postumia — studio pubblicato negli ultimi fascicoli dell'Archeografo triestino. dove si dimostra che il Timavo è 1' I-sonzo, e le bocche virgiliane non sono che le molte foci dell' Isonzo nel mare. I Capodistriani poi, a proposito di Monfalcone rammentano come le colonne di marmo della cella di quel campanile siano state tolte dall' antica loro basilica di Santa Maria. Nel capitolo X — Castelli e Ville di San Marco — torniamo in piena campagna, non senza qualche opportuna disquisizione storica, e siamo quindi ricondotti (capitolo XI) fra le rovine di Aquileja descritte dall' autore col fiorito suo stile. Il panorama campestre (capitolo XII) tocca delle vicende, delle industrie, delle leggende nei villaggi intorno ad Aquileja; e tanto per contentare tutti i gusti, v' inserisce qualche po' di erudizione, e scende alla descrizione delle chiese, delle case, ma non mai con quella minuta analisi che annoja: accetta anche i dettagli, ma li vede con occhio d'artista; qua è il frageiracolo che slancia nell'aria dal cam-panile la perenne frasca festaiola; là 1' edera abbarbicata sulla torre a XUampolongo : osservazioni argute, impressioni poetiche che danno la fisonomia del paese, e nè riassumono la storia. Anche le pietre hanno una storia, e che storia! 1 campanili dalla piramide slanciata, sul tipo di quel di San Marco, ci avvertono che tutti questi paesi non fecero parte mai per diritto naturale della quondam Confederazione germanica. I due ultimi capitoli Cormons e Gorizia contengono due ottime monografie, allegrate dalle vivaci descrizioni, e dalle artistiche incisioni. Guardate il popolano di Cormons (pag. 322); è un tipo e vi dice tutto. E più oltre — i Segatori, e la simpatica figura di Pietro Zo-rutti; e avrete la conferma della confutazione del Caprili alle appassionate disquisizioni dello Czoernig. Toccato dei rapidi progressi della moderna Gorizia, l'autore chiude e riassume così la sua opera: „Agli avamposti della lotta, essa, (Gorizia) vuol rispettata la sicurtà di quel nazionale diritto che la legge le consente, e con la poesia che divinizza l'amore e l'orgoglio della patria si prepara a difendere il sacro patrimonio. Non vi ha vittoria o felicità senza sacrifizio. Anche Demofoonte, piangendo sul suo mandorlo che nascondeva il suo amore lo vide tutto rivestirsi di fiori. " Concludiamo. Se è vera la sentenza oraziana : *O itine tulit punctum, qui miscuit utile dulci,, il Caprin ha imbroccato giusto nel segno, e ci ha dato un libro erudito e bello. Ed ha fatto per di più un' opera di saggio e prudente pa-triotta. Non qui inutili declamazioni; nè quarantottatee frasi rettoriche! Il libro, del Caprin non abbisogna di altri commenti; e l'autore può ripetere al lettore con Dante: „Messo t'ho innanzi: ornai per te ti ciba". (Par. Xì P. T. Per sovrabbondanza di materia dobbiamo rimandare al prossimo numero l1 appunto del libro Una Vita di Italo Svevo. -t--—----- Nel numero 2 anno corrente del Corriere della Sera. uno dei più diffusi giornali di Milano leggesi l'articolo seguente sulle poesie del Pitteri. e sul libro del Tamaro — Le città e le castella dell' Istria. — Le nostre congratulazioni agli autori. TRIESTE E L'ISTRIA u Vive tra le muraglie di Pirano, Tra le colonne dell'antica Pola Integra ancora la virtù latina.,, Così chiude Riccardo Pitteri un sonetto ora pubblicato nella ultima sua raccolta di poesie descrittive,, intitolata Nel Golfo di Trieste (Trieste, G. Caprin, editore, 1892), e questa terzina mi ha invogliato a terminare la lettura d'un bel libro, Le Città e le Castella dell' Istria di M. Tamaro (Pareuzo, tipografia Coana, 1892). Dell'opera che merita incoraggiamento, e non solo pel suo spirito patriottico che l'anima tutta, questo non è che il primo volume e non tratta che di Pola ^ non è meraviglia se le vicende e la descrizione dell'antica e gloriosa città, possano dar materia a un intero e non breve volume, poiché per interesse storico, archeologico ed artistico, Pola supera tutte le città dell' Istria, e può tener fronte anche a molte città d'altre regioni italiane. Il libro, frutto d'indagini pazienti, giudiziose e dotte, si legge con diletto e con profitto, e confido che il Tamaro vorrà continuare nell'opera utilissima che ha intrapreso. Questi istriani parlano del loro paese con entusiasmo. eou venerazione, con religione ; la patria è sempre per 1' alma mater, mentre da noi questo sentimento che creò un' intera letteratura, sonnecchia alquanto. L'arte, e questo è un gran sintomo, sene occupa ben poco, e da molti si rimprovera al Carducci senza ambagi, il patriottismo. Leggete questo sonetto del Pitteri, poeta triestino. Tu sai, di te dicea per ogni cosa Soavemente un dì la poesia Quando d'amor con la nascente rosa La primavera del pensier s' apria. Urge l'autunno, o mia gentil pensosa, E l'accordo dell' ultima armonia Non giunge al punto, che la triste prosa" Ferma la moribonda eco per via. Pur, se tu volga la pupilla nera Su questi versi che per te cantai Ma con la patria a l'intelletto in cima, Dell' antico amor mio forse più altera O pensosa gentil, ti sentirai, Chè amor di patria ogn altro amor sublima. Niente d'accademico : questo è sentito, evidentemente. Non tutte le poesie della raccolta hanno ugual calore ed ugual valore ; qualche volta, e non di rado, la descrizione è solo descrizione, quindi cosa alquanto fredda e alquanto voluta, e qualche volta anche non di rado, v' è un po' di stanchezza. ') Erta s' addensa eon le calli strette La città vecchia di San Pantaliseo. 5) Ma il porto dalle vie candide e rette Chiama il quartiere dei commerci a sè. Questi due ultimi versi difficilmente si possono perdonare al Pitteri, il quale ha nel suo attivo poesie gentili "ed armoniosissime, da cui ha raccolta buona fama; v'è d'augurarsi ch'egli se la sappia conservare, anzi sappia accres erla. 1) Lo stesso giudizio su per giù ha dato P. T. nel Nu- mero 1 della Provincia. 3) Dove diavolo ha pescato il Corriere questo San Pan- taliseo? Il testo dice :nvece «La città vecchia di San Giusto al pie»