ANNO XII Capodistria, 16 Giugno 1878 N. 12 LA 0VINCI A DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre iu proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Effemeridi della città di Trieste e del suo Territorio Giugno 16. 1354. — (Udine). Il vescovo Antonio Negri minaccia di sospensione il capitolo triestino, se entro 9 giorni non gli fà arrivare il cattedratico dei due anni decorsi. - 1, - II, 101. 16. 1469. — Il comune scrive a Venezia, che 16000 Turchi, abbandonata laBossina, muovono verso il Carso distruggendo, massacrando e facendo prigioni. - 40, VII, 48. 16. 1644. — In seguito a cocenti calori cala sulle cam- pagae «no stragrande sciame fll cavallette che divorano persino le foglie del fico. - 1, III, 255. 17. 1414. — Il patrio consiglio affitta a ser Cristoforo de Iacogna il dazio delle beccarie verso la corrisponsione annua di 1000 lire. - 13, 6.b 17. 1427. •— Il comune impegna Castelnovo in Carso a ser Nicolò de' Baiardi per 6000 ducati. - 8. 18. 1509. — Il maggior consiglio elegge ser Domenico Burlo e ser Francesco Mirissa quali oratori da mandarsi l'uno all'imperatore, l'altro al duca di Brunswik. - 5. 18. 18. 19. 20. 20. 20. 20. 20. 21. 1551. 1731. 1511. — Si propone l'ingrandimento del castello della città. - 16. — Apostolo Zeno parte da Trieste per Vienna ove era poeta di corte. - 8. Il comune di Muggia rinfaccia al capitano di Trieste, Nicolò Rauber, il barbaro modo di far la guerra, e gli propone un abboccamento - 5. 1139. — Il vescovo Dietmaro compone le differenze, insorte tra la città e Rietalmo signore di Duino, per motivi di confini. - 21, 8. 1384. — Si dà compimento alla rifabbrica della loggia in capo della piazza. - 4. 1543. — Si sviluppano in città e nel castello di Moccò i primi casi di peste. - 16. — Proibizione emanata per Trieste e suo territorio di accendere fuochi d'artificio. - 7, n. 50. — Giugne a Trieste da Lubiana la prima locomotiva di prova della strada ferrata. — Il vescovo Ulvino presente alla sentenza con la quale Federico II viene dichiarato decaduto e privato dell'impero. - 14, 60. 1809. 1857. 1245. 21. 1809. — Ordine rilasciato alla città a non esporre, nè vendere, nè mandar fuori sia in dettaglio che all'ingrosso le merci di fabbrica inglese. - 7 n. 5. 22. 1258. — Papa Alessandro IV delega il priore di S. Giorgio in Alga, perchè obblighi taluni di Trieste a restituire quanto occupavano della mensa patriarcale di Aquileia sotto pena di scomunica. - 25, XXI, 400. 22. 1704. — La città trovandosi in somme strettezze ricorre col mezzo di ser Stefano Conti ai Padri Gesuiti per un imprestito di soli 200 ducati, ma fu rimandato con un: Non ne abbiamo. - 8. 22. 1771. — ConsnKaisione della civica magistratura oiil- la proposta di Venezia fatta all'Austria di equiparare intieramente i sudditi dei due stati. - 20. 23. 1420. — Il maggior consiglio delibera di prendere le debite misure per la difesa della città, prevedendo qualche movimento d'armi. - 13, 28.a 23. 1420. — L'ambasciatore del conte e del capitano di Gorizia domanda al maggior consiglio la riconferma dei patti con i quali alcuni sudditi del goriziano occupavano delle vigne poste nel territorio di Trieste. - 13, 28.a 23. 1563. — I commissari imperiali ai confini del Friuli dirigono al capitano ed ai giudici-rettori della città un loro dispaccio, risguardante le pretese dei Muggisani in materia di pesca ai confini triestini. - 16. 24.1425. —Il maggior consiglio delibera di eleggere un avvocato per i poveri, da salariarsi col soldo del comune. - 13, 43.a 24. 1427. — Il consiglio maggiore delega il consiglio dei pregadi a prendere le debite misure contro l'ardire del capitano di Suercenico, Angelino Kapmaul, il quale aveva invaso co' suoi servi armata mano il territorio triestino ferendo mortalmente alcuni distrettuali, asportandone i bovi al castello. - 13, 50b e 51.a 24. 1782. — Ordine sovrano d'incantare le soppresse chiese in città. - 8. 25. 1428. —Il minor consiglio delibera, che venga can- cellato ser Nicolò de' Marcossa dal numero dei consiglieri per essersi reso spergiuro due volte e di aggregare in suo luogo altra persona al consiglio maggiore, - 13, 53.b 25. 1531. — Il vescovo Pietro de' Bonomo obbliga Gian -Ilaria Foscarini a ritornare alla mensa vescovile i diritti che le si aspettano nella pieve di S. Canciano all'Isonzo. -1,1, 2G8. 25. 1G30. — Il vescovo Rinaldo Scarlicchio ed il capi- tano Benvenuto barone de' Petazzi ordinano, in qualità di delegati imperiali, al pubblico precettore a non dover insegnare che leggere, scrivere e conteggiare per non destare nuovi dissidj con i padri Gesuiti in Trieste.- 23,1, !'3. 2(3. 1379. — Trieste, liberata die fu dal veneto dominio, si dà nelle mani di Marquardo patriarca d'A-quileia. - 2G, 101». 20. 1380. — Il comandante dell'armata genovese, Gasparo Spinola, prende Trieste alla repubblica Veneta, e la consegna al suo alleato, il patriarca aquileiese. - 39, XVII, 393. 26. 1418. — 11 consiglio delibera di usare la forza conti o tutti coloro che invadono armata mano il territorio triestino con sinistre intenzioni.- 13,17.b 2G. 1418. — Il patrio consiglio comanda ai giudici-rettori di quietare le inimicizie e sopprimere gli odj che vigono tra' cittadini. - lo, 17.b 27. 1375. — Il veneto senato approva le proposte fatte dai provveditori circa l'erezione d'un castello in Trieste presso il mare. - 10, II, 272. 27. 1377. — 11 veneto senato ordina di costruire nel forte di Moncolauo una cisterna tra la torre ed il barbacano. - 10, II, 274. 28. 1491. — Si accorda a que' di Trieste l'uso dei pa- scoli, dei boschi e delle acque nella signoria di Duino e di portarsi col ferro e con i vini in questo porto. - 5. _2ii, IMtL— Papa-Clemente Yi delega-Francesco Amer.no vescovo di Trieste ed il patriarca Bertrando quali suoi nuncii a Lodovico re d'Ungheria per conoscere se volesse accettare il regno della Sicilia qual feudo della chiesa di Roma. - 41, I, 715. 2S>. 143G. — Come di consueto i due giudici - rettori della città si portano a San Pietro di Madras ( C lan ez) ed a Cenuth (Cemotich) a tener ragione. - 8. (*) 30. 1508. — Il veneto senato scrive a ser Francesco Cappello, provveditore in Trieste a voler rendere libere le strade al commercio. - 42, 11. (*) La giornata a ciò fissa era il di di San Pietro: la giudicatura in discorso durò fino l'anno 1439; nel 143tì ciascuno dei due giudici ebbe 4 soldi di approvigiuiiameuto. LETTERE su argomenti di bachicoltura del marchese GIANNANDREA de GRAVISI DA CAPODISTRIA (Continuazione, vedi N.ri 10 e 11) AL DOTTORE ZACCARIA LIOX La venuta del signor protomedico Illuminato Zadro, annunciatami da Lei, non ebbe effetto ; ed io, che era molto dubbioso della mia scienza bacologica, attendeva la persona che mi potesse illuminare sì da mettermi senza trampoli sulla via che ho divisato ad ogni modo di battere. Sicché finora, caro dottore, sono in ansiosa aspettativa, sebbene intanto occupi il "tempo nella lettura di uno scritto favoritomi dalla Carnuta di commercio istriana ed accompagnato da espressioni assai lusinghiere per me e che pur troppo mi umiliano. M' ebbi anche dal P . . . . graziosjs.-imo invito di recarli li in Trieste per [spargere hi meiin proposito; ma Ella sa bene che qualità e quantità d'olio io m'abbia a ciò. Nonostante, egregio dottore, accettai di buon grado, ed anzi le dirò che quella giterella fuiiimi assai proficua, perchè, essendomi accorto che v' è ad operare del bene con que'signori, proposi loro di fare, a tempo! opportuno, in mia compagnia una scorsa a Gorizia, così da porci tutti d'accordo per apprendere ciò che ci manca. ALLA SOCIETÀ AGRARIA I>1 TRIESTE Se le Signorie Loro trovano arduo il compito e geloso, a me volgare indagatore di corpuscoli riesca insopportabile; ma, riflettendo che qualunque giudizio io mi fossi per emettere, 11011 potrà esso recare alterazione nella bilancia bacologica, perchè molti ben più esperti di me vi porrau mano, timidamente, quanto si conviene ad incolto, arrischierò alcun che, per disingannare que' benevoli, i quali hanno iu me riposta così illimitata fiducia. Dirò adunque che sulla inoppugnabile ragionevolezza del sistema cellulare sembrami ozioso a far parola. Appoggiato sull' opinione di tanti egregi e felici ingegni, e, mi si permetta, confermato da qualche mia sperienza, io pure sono indotto a ritenere quel sistema come il rigeneratore della serica coltura, finche scienza o caso trovi uno specifico di più sicura e facile applicazione. In quanto poi a chi s' abbia il merito dalla felicissima scoperta, la coscienza in' impone di attribuirlo, non ad uno solo, ma a due italiani distintissimi, che non ponuo disgiungersi. Il professore Corualia è quello che indica i sintomi infallibili della malattia latente anche in corpo di sano aspetto. La quale importantissima scoperta viene utilizzata dal professore Cantoni collo insegnarci di accoppiare farfalle sane a farfalle sane, per ottenere semente sana. Il professore Pasteur, francese, ne convalida bensì con assidui studii ed esperienze la formula proposta dal professore Cautoni, e la propaga anzi col suo credito, acquistato pei lodatissimi suoi lavori: ma il merito della scoperta resterà sempre ai due illustri ed operosi nostri italiani, veri fondatori della paesana sericoltura. Questo è, spettabilissimi signori, il debole mio parere. Se non ho dato nel seguo, mi s'incolpi d'inscienza o pochezza di mente, non mai di coscienza corriva. Capodistria, 2 marzo 1871. CARO AMICO Attento scolaruccio all'imbeccata, che ora il signor maestro ti minuzzerà il pane della sapienza ! Io ho spedito al signor professore Cautoni un cen-tinajo di bozzoli, levati da quattro punti, e che la mia famiglia ha comperati a Rodich, pregandolo di esaminare le farfalle che trovasse esenti da corpuscoli Cor- talia. Infatti egli ha avuto la cortesia di aderire alle aie brame, e ini spedì alcuni grammi di semente scevra da corpuscoli, ma zeppa di microzimi, accusanti l'apoplessia secondo il criterio di Bechamp e di Pasteur. Mi ha raccomandato poi di ragguagliarlo sull'esito, il quale a mia meraviglia fu felicissimo,. perchè i bachi andarono esenti da pebrina e da apoplessia, sebbene coabitassero nel locale medesimo di altri infetti di pebrina e più ancora di apoplessia. Non era dunque ragionevole che io dubitassi della scienza di Bechamp in proposito? ,................ AL SIGXOR GUSTO L10.\ FARMACISTA Mille e mille perdoni se tardai a rispondere: ma il dover attendere ad una partitella di prova, servita da una ragazzina di quattordici anni, la quale ha fatto il suo tirocinio appena l' anno scorso, scopando la bigattiera di famiglia, mi obbligò ad essere inurbano. K poi il distinto bacologo di Giustinopoli (così gentilmente il giornale La Provincia), che potrebbe essere aominato appeua uu volgarissimo bacotìlo, chiesto di un parere sopra argomento agitato da sommi, è assai naturale se si trovi fuori di strada. Basta, lasciando more solito a parte la scienza, che nella tenera età di circa anni 70 potrebbemi essere indigesta, risponderò ciò che io penso intorno al giudicio emesso dal distinto professore Haberlandt. Premetto, anzi tutto, che io non nego la potenza delle coroncine Pasteur, come non faccio alcun calcolo dei microzimi Bechamp. L' anno scorso semente immune da corpuscoli, ma prodotta da farfalle microzi-mate, diede bachi senza morti flosci ; ed è a notarsi che furono allevati nello stesso locale dove si governarono ottanta e più graticci, e dove la letargia fu piuttosto allarmante. Premesso ciò, sembrami che sarebbe sano consiglio quello di gettar via, colla scorta, degli esami, le corpuscolose fino a che la scienza ci ìndichi la vera via di salvezza. Circa poi 1' invasione de'cristalli o nèi nella semente scevra da corpuscoli, ciò potrà essere avvenuto perchè nell' anno scorso non sene faceva calcolo............ Io non so se siano causa od effetto quei natanti quadrilunghi, quasi uniformi, che si vedono nei bachi e non nel seme ; certo è eh' io propendo per l'opinione del professore Haberlandt che li ha per segni indubii di letargia. I microzimi e le coroncine mi sono quasi ignoti; ma gli haberlaudesi li trovo più o meno copiosi nei bachi vivi, affollatissimi nei flosci. Da che ciò provenga io lo ignoro, ma che siano precursori di malattia è cosa indubitata.......... (Continua) Appena principiata la fioritura delle viti si è sentito un lagno generale nei nostri agricoltori, i quali osservarono lo sviluppo sempre crescente di certe macchie nerastre sui grappo-lini e l'appassimento della parte offesa ; formatosi il granello dell'uva anche questo viene come punto ed internamente distrutto in parte; si osser- varono molti granelli uniti assieme da una rete sottilissima di fili bianchicci e setacei; e non si è tardato a scoprire su per i grappoli, un verme, senza dubbio l'autore di tanto malanno! Da quanto pare, si tratta dell' Albinia Wolchiana Briosi, l'insetto che ha fatti e fa tanti danni specialmente in Sicilia e che anche qui non è ignoto, pur troppo, ma che non ha mai sviluppato tanto come quest'anno. L' ottima rivista di viticoltura ed enologia dei professori Cerletti e Carpenè, descrive minutamente l'insetto in un articolo inserito nel n.8 del 30 Aprile p. p., del quale crediamo opportuno riportare i seguenti brani : IL MARCIUME OD IL BRUCO DELL'UVA Albinia Wolchiana Briosi. Per rispetto ai costumi dell' insetto, tanto interessanti sì per la scienza che per la pratica agraria, molte lacune rimangono a riempire, attesoché le mie osservazioni, per la lontananza dei vigneti attaccati, e per non essere stato ogni volta avvertito in tempo, non poterono seguire per un intero anno 1' animale in tutte le sue evoluzioni. Dalle osservazioni mie, e da quelle del signor Grassi risulta, che questo insetto preferisce i vigneti dei luoghi bassi, e sfugge quelli delle colline elevate : almeno nei primi il danno è molto maggiore che nei secondi. A Casteldaccia, nei possedimenti del duca di j Salaparuta, io osservai per es. un vigneto, posto in una j specie di isolotto nel fondo del torrente, orribilmente I maltrattato, mentre i vigneti delle circostanti colline I erano quasi immuni. Questa farfalletta, come altre congeneri, per es. la CocJiylis Ambiguella Hb., i di cui costumi hanno non pochi punti di rassomiglianza 1) con quelli dell' Albinia pare poco amica del sole, dai cui raggi durante il giorno tiensi al riparo sotto le foglie; ed il Grassi dice essere stato rimarcato che essa sviluppasi maggiormente nei terreni fertili dove le vigne sono phì rigogliose, o si mantengono folte di lunghi tralci e coperte di spessi pampini, come se amassero dei luoghi reconditi ove posarsi. I danni arrecati, per quanto forti, non sono fortunatamente generali, poiché accanto ad un vigneto che perderà la metà od i due terzi della vendemmia, o che sarà costretto addirittura a vendemmiare un mese prima dell'epoca solita, e fare aceto invece di vino, altri ve ne sono in cui appena si avverte ; l'invasione però in una contrada è sempre generale, ed anco nei vigneti che non sembrano tocchi, sempre rinviensi qualche grappolo attaccato. L' animale non sembra avere predilezioni, attacca tutte le uve indistintamente, bianche o nere: io l'ho 1) Nórdlinger II. DieMeinen Feinde der Landwirthschafi I Stuttgart 1869, pan. 428. trcvi-.v/ ianto sul Perricone (uva nera) che sul Catturato (bianca e nera), sull' Insolia (bianca e nera) ecc. che sono le uve vinifere maggiormente coltivate nelle vicinanze di Palermo. Perciò che riguarda il numero delle'generazioni compiute nell'anno dall' insetto, ho troppo poche osservazioni dirette per poterlo determinare con sicurezza. Certo, è fuori di dubbio che la comparsa di questi bru-chicini deve avere, ed ha realmente luogo, più di una volta nell' anno, e che, se in alcuni siti non fu avvertita che nell' autunno, si è solo per mancanza di diligente osservazione. Il signor Grassi-Patauè che mostra d'essere non solo intelligente, ma anche accurato ed attento viticoltore, assicura che questi bruchi appaiono tre volte nell' anno. La prima sarebbe in primavera, la seconda quando gli acini dell' uva hanno già raggiunto i 3?4 del loro volume, e la terza quando l'uva si approssima alla maturazione. Secondo il Grassi le prime farfallette compaiono al tempo che 1' uva si dispone alla fioritura, e col mezzo di impercettibili pungiglioni aprono dei piccoli fori negli acini per deporvi le uova, dalle quali nascono vermicciuoli che per 40 giorni circa si nutrono dei piccoli granelli d'uva che distruggono interamente; è il primo danno. Di poi passati a crisalidi ed a farfalle, queste depongono di nuovo le uova dentro i granelli, e si hanno i secondi bruchi, ed un secondo danno nell' uva acerba e già grossa: e la terza generazione, la più dannosa e la più nota, si avrebbe poco prima della maturazione. Al sig. Grassi però (che non è entomologo, e non ne accampa nemmeno pretesa) dobbiamo osservare prima a tutto che, dallo studio particolareggiato che noi abbiamo fatto della farfalla, emerge chiaramente che questo perforamento degli acini per deporvi le uova, 1 non è punto probabile, poiché la farfalla non ha pungiglioni, nè altri organi con cui potere praticare i fori. Si potrebbe solo per quanto riguarda la prima generazione sospettare, benché poco vi creda, che le farfalle le quali compaiono all' epoca della fioritura, deponessero le uova sui fiori stessi dell' uva, e propriamente entro i pistilli, e che le uova rimaste coli'allegamento nel frutto, si sviluppassero di poi entro di esso, dando origine ai bruchi che si trovano dentro la polpa degli acini. Un fatto analogo, con molta apparenza di vero, fu enunciato da Baldassare Komauo (1), distinto giovane siciliano morto troppo presto, per la farfalletta che in Sicilia attacca 1' ulivo e che compare due o più volte all' anno, in primavera ed in autunno. Di questo microlepidottero se ne erano fatte due specie diverse, 1' Oeeopliora olivello, (Tinea Olivetta Briganti) e 1' E-laehista oleaélla (Tinea oleellu Fab.) sino a che il Romano dimostrò l'identicità delle due specie, consta- (1) Degli insetti che danneggiano gli ulivi in Sicilia, Palermo 1845, pag. 30 a 36. (2) Station H. T. The Tineina of southern Europe, pag. 292, ove è riprodotta la Memoria di Vittore Chiliani, Materiali per servire alla compilazione delila fauna entomologica italiana, ossia Elenco dei lepidotteri degli Stati Sardi. (3) Oggidì inoltre, secondo le osservazioni dell'egregio prof. Achille Costa, pare elio non solo le due Tinee sopra mentovate, ma anco la Tinea Servilrìla O.Costa, non siacheun'altra generazione della stessa specie orp Pryas, óleelus la quale per tal modo assumerebbe tre forme distinte ed in tre diverse stagioni dell'anno si ciberebbe delle foglie, dei fiori e delle mandorle dei frutti dell' olivo. Staudinger 0, e Wocke M. Catalog der Lapidopteren des europaeischen Faunengebiets. Dresden 1871 pag. 278. tando che quella dell' autunno non era che il frutto delle uova deposte nel pistillo dei fiori dalla generazione primaverile, identicità enunciata già dal Bernard, e negata dapprima dal Boyer de Fonscolombe (2), che la ammise di poi e chiamò l* insetto coli' unico nome di Oocophora oleaella Fab. (3). Nelle prime pagine di questa Memoria noi abbiamo accennato (ciò vale specialmente per gli acini dell' uva i quali invece di marcire direttameute divengono passoli, per l'inoltrata formazione di glucosio all' epoca dell' attacco) che le cavità sottostanti al foro praticato nei granelli dalla larva, sono circoscritte da una specie di borsetta, formata da buccia che sul lato esterno, cioè su quello in contatto colla polpa, è bianchiccia, liscia, compatta, unita e globosa, da far credere d'essere quella d'un vinacciuolo, la cui mandorla sia stata rosa dalla larva in modo affatto analogo a quanto il Romano afferma avvenire col Prays oleelus nell'olivo. Ora l'esame microscopico addimostra che il tessuto di questa falsa buccia non è della natura di quello del guscio dei vinacciuoli, ma risulta invece delle stesse cellule larghe ed a pareti sottilissime di cui consta la polpa degli acini, compresse per così dire ed indurite. Questo falso tessuto che a tutta prima non poco imbarazza 1' osservatore, è forse dovuto dall' un lato alla compressione prodotta dal corpo della larva, dall' altro alla evaporazione della parte della polpa che la larva mette a diretto contatto coli' atmosfera, per cui diminuiscono nelle cellule le sostanze liquido, non che ai molti e grossi miceli dell'.Aepergiì-lus glaueus che come fu detto entro vi vive, e forse anco alle sostanze escrementate dal bruco stesso. Il Grassi-Patanè inoltre non fa cenno dell' ultima comparsa delle farfalle, che ha luogo alla fine dell'autunno e che può durare ben tardi, dal momento che da uva ammalata e matura raccolta sul principio di sottembre io ottenni farfalle non solo per tutto il detto mese, ma anco sino alla fine del susseguente ottobre, in luogo sempre aperto, alla temperatura dell' aria libera. Si avrebbe così, ammesso le tre prime, anco una quarta generazione, invero però non completa poiché ritengo che le uova di queste ultime farfalle non arrivino a schiudersi nell'anno. Per tal modo, resterebbe anco a determinarsi sotto quale stato l'insetto passa l'inverno, se sotto quello di crisalide solamente, o se, come sembra probabile, pure allo stato di uova. D'altra parte rimarrebbe a cercare ove queste uova ibernanti vengono deposte, quando si schiudono, e di che si cibano nei primordi della loro vita, poiché secondo ogni probabilità dovrebbero essere le prime a nascere, dando luogo ad una generazione di larve anteriore a quella proveniente dalle crisalidi ibernanti, la quale ultima attaccherebbe l'uva, quando il granello è già formato, e perciò molto tardi. Sarebbe pure interessante cercare ove queste crisalidi ibernanti vengono formate dalle larve autunnali; se nelle fessure della corteccia dei tralci, e dellb canne di sostegno solamente, overo, se pure nel terreno, od altrove come si è sospettato. Questi piccoli problemi, ed altri ancora, che rimangono a risolvere sono di molta importanza perchè da essi potrebbonsi avere molti lumi per la scelta de le pratiche e dei mezzi da tentarsi per trovar modo di combattere tanto nemico. In quanto ai rimedi bisogna confesj-are che questo insetto, per la sua piccolezza, e per l'annidarsi e nascondersi entro gli acini stessi dell'uva, è uno di quelli, la cui distruzione deve rìescìre all'agricoltore molto difficile, beucliè per quanto diremo più sotto, secondo me, non impossibile. Buona parte di questi bruchi intanto, va certo distrutta all'epoca e pel fatto della vendemmia, e ricordo che iu certi luoghi, agli uomini che pigiano l'uva si coprivano letteralmente le gambe e le coscie di questi bruchi; quindi il primo consiglio a darsi è di accelerare la vendemmia per non lasciar tempo alle larve di autunno di formare le crisalidi da cui usciranno le future generazioni. Questa pratica ove l'attacco deWAlbinia è forte, viene senza altro seguita indipendentemente dall'idea di sbarazzarsi de' bruchi, e ciò per salvare dalla totale distruzione porzione del prodotto ; ma nei vigneti leggermente ammorbati, la vendemmia si protrae, secondo l'uso del paese, tardissima, ed è per questi che vale particolarmente la raccomandazione ed il consiglio della precoce raccolta. Per rispetto ai rimedj di diretta applicazione osserviamo dapprima, che a Riposto ed a Giarre si fecero dai viticoltori molti esperimenti, ma tutti infruttuosi. Si tentò di acchiappare le farfalle entro fanaletti accesi ed aperti di notte qua e là nel vigneto, ma la quantità con essi distrutta è stata sì poca che lascia ogni speranza di lieto successo. Si applicò il solfo ed il tabacco, che riuscirono del tutto innocui. Si tentò persino di far raccogliere il verme da donne al tempo che la fioritura è compiuta (1), ma questo mezzo pure fu abbandonato perchè incerto e troppo costoso. Se p. e. si constatasse che buona parte delle larve autunnali formano le loro crisalidi nel terreno, le lavorazioni di questo, tanto nell'inverno, che nella primavera, specialmente prima e dopo la fioritura dell'uva, dovrebbero essere molto utili; come dovrebbe riuscire fruttuoso lo scorticamento nell'inverno dei tralci, e l'ab-bruciamento del legno morto delle canne di sostegno (se vi si sono), e della tolta corteccia, nell'ipotesi molto probabile che buona porzione di crisalidi trovasi nascosta nelle fessure. L'applicazione del vapore d'acqua bollente già da diversi consigliata in casi analoghi, fatto sprigionare da una marmitta chiusa e munita di un tubo piegato nel coperchio per dirigerlo sui tràlci delle viti (Targioni), onde colpire i bruchi nei loro ripari invernali, potrebbe pure tentarsi con qualche speranza di buon risultato. Il signor Vico di Acireale, scrivendomi, mi chiedeva che gli avessi indicato una polvere insetticida; ma a dir il vero, in questo genere, pel caso nostro non saprei cosa consigliare. Il catrame, la calce, le decozioni di tabacco, di lupini, il solfo carbonato di potassa applicato per la filossera ecc., non mi sembrano sostanze atte ad essere impiegate contro il nostro baco su larga scala, sopra milioni di viti; perchè o di non facile applicazione, o insufficienti e troppo costose. Secondo me, il principale se non l'unico rimedio che si potrebbe e dovrebbe tentare con molta speranza di buon successo sarebbe l'applicazione, già in qualche (1) Si sono adibite delle donne di lavoro per raccogliere quel verme. Al tempo cbe già la fioritura è compiuta, le femmine, tenendo nella mano sinistra un mezzo foglio di carta, o la stessa mano sotto i pendenti grappoletti, e colla destra armata di canna o di legno bene accuminato vanno indagando coll'occhio là dove trovasela piccola fuliggine, e trovatala si fanno minuziosamente a scandagliarla colla punta di quel legno che tengono in mano. Ne avviene che si vedono a quando a quando cadere stilla carta sottostante dei piccolissimi insetti i quali si raccolgono e si bruciano, ecc. (Grassi — Lettera ai Ministro ecc.) modo sospettata dal Grassi stesso, del petrolio. Ai proprietari, ed agli agricoltori di Catania, di Acireale e, delle contrade vicine, questo potente insetticida è già noto per gli splendidi resultati da loro ottenuti contro il tanto temuto Mytilaspide degli agrumi, ed io ritengo che dalla sua applicazione molto vi sia a sperare anco pel bruco dell'uva. Se il petrolio riesce ad uccidere il pidocchio degli agrumi, che trovasi coperto e difeso da uno scudo quasi impenetrabile agli agenti esterni, a maggior ragione si può sperare che egli agisca su questi bruchi, i quali, per quanto entro gli acini, può dirsi che al confronto trovansi indifesi ed esposti senza, altro alla sua azione. Come per gli agrumi, anche per l'uva, si dovrebbe mescolare una parte di petrolio con quindici o venti parti di acqua (l'esperienza indicherà la proporzione migliore), e con questa miscela tenuta sempre agitata, si dovrebbe all'epoca della prima generazione delle larve, ed in generale ogni qualvolta queste appaiono nel vigneto, spruzzare con uno scopino od un grosso pennello i grappoli dell'uva. L'operazione non difficile e tale da poter essere eseguita da donne e da ragazzi, dovrebbe convenire anco pel lato del tornaconto, perchè in Sicilia le viti sono basse, alla portata della mano, e con un litro di petrolio, o venti litri di miscela, si può aspergere, al certo, un buon numero di grappoletti. X. Ancora sui merletti Ji Bum (Venezia) e sii pili Ma (Istria) Parrebbe temerità questa nostra di porre accanto ai già celebri merletti della graziosa Burano, gli oscuri merletti della nostra vicina cittadella istriana, se una certa i-assomiglianza di lavoro, 1' analogìa di disegno, e più ancora il desiderio che cotesta simpatica e vantaggiosa industria possa attecchire anche qui, non ci spronasse di dire qualche parola d'incoraggiamento, aggiungendo un' appendice a quanto ormai fu detto da questo periodico nel N. 5 del 1875. Se si ponesse mente all' epoca in cui fiorì l'industria dei merletti a Burano, la nostra vicina Isola avrebbe di che rallegrarsi davvero; avvegnacchè, tren-t' anni or fa, dell' antica arte non esistessero che pochi esemplari imbastiti sopra carta, i quali furono gelosamente custoditi da una vecchia popolana, addiman-data la Cencia Scarparola. Appena nell' anno 1872, grazie all' incoraggiamento di due benemerite patrizie venete, la principessa Giovanelli e la contessa Marcello, fu aperta in Burano una Scuola di merletti, che fu data a dirigere alla Cencia Scarparola, e che presto crebbe in modo da raggiungere ormai il numero di 170 tra lavoratrici ed apprendiste. Alcune di esse guadagnano fino a 4 franchi al dì, e il meno che lucrano è 1 franco, ma per un lavoro fatto quasi senza fatica, in mezzo alle faccende domestiche. Cosa invero sorprendente, quando ,si pensi che Burano, anni addietro, era un'isola poverissima, ed in oggi è rinata a vita novella ! Un' altra protettrice ha ancora Burano, più valida di tutte : quest' è 1' augusta regina, Margherita di Savoja, che ne assunse il patronato e s'interessa assai e di continuo dell' istituzione. All' Esposizione di Pa- ligi è in mostra un pizzo di Burano, copia di una maravigliosa stola di papa Rezzouico (Clemente XIII) di Venezia, appartenente alla Casa di Savoja, e cbe la simpatica e buona regina fece prestare alle buranesi. Oltre la stola, alla quale 16 operaje lavorarono .per ben due anni, e cbe dicono stupenda, v'hanno merletti minori, di una finezza e di una eleganza oltre ogni dire ; il prezzo incomincia a 9 centesimi il metro e arriva a 15 e 20 franchi con gradazione continuata. Prezzo piuttosto alto se si dimentica che i merletti di Burano vengono lavorati col filo di Londra e col solo ago, per cui sono ricercati ed usati solamente dalle grandi signore, le quali nelle loro comparse hanno in sè un oggetto che rappresenta un considerevole capitale. Non altrettanto potremo dire dei merletti d'Isola, cbe nessuno vorrà confondere con quelli d'Idria, oggidì tanto in voga, e che si vendono a prezzi abbastanza modici nella città di Trieste. I merletti d'Isola (non temiamo di asseverarlo) sono più leggiadri, più fini, più consistenti di quelli d'Idria, e relativamente all' impiego di tempo assai superiore, sono di prezzo meno elevato. Qualche notizia su questa nobile ed importante industria isolana, ancora per dir vero in istato di embrione, ce la dà un nostro cortese amico da quella terra nella lettera, che qui ci piace riportare in alcuni suoi brani: . . . . „Se si potesse prestar fede a quanto mi raccontò il più vecchio degl'Isolani, uomo di oltre 90 anni, gli è certo che l'industria dei merletti daterebbe in questa città da un'epoca ben più remota di quella riportata dall'articolista della "Provincia« nel n. 5, dell' anno IX. — Il nonagenario mi assicurò che al tempo della prima sua giovinezza le lavoratrici dei merletti erano assai numerose, e che nella sola sua famiglia ve n'eran tre, le quali ancor da giovanetto avevano appreso il punto da altre loro compaesane. Io non dubito che vi sia stata qualche brava veneziana ad apprenderlo a queste donne, come asserì l'articolista della "Provincia, nel numero ed anno succitato, ma dubito piuttosto dell'epoca assegnata da lui. Ad ogni modo vi è dell'oscuro, ed ho paura che dovremo attendere qualche tempo prima che venga il fortunato a mettere un po' di lume .su questo proposito. "Di presente, quelle cbe conoscono il così detto punto, sono forse una dozzina, ma che lavorano attorno i merletti ve ne saranno da quattro a cinque appena, e da questa industria elle ritraggono il loro sostentamento. — Son certo ch'Ella saprà come venga eseguito il lavoro; con filo cioè, con aghi e mazzette, sopra tamburelli imbottiti e composti di tela, e come le lavoratrici procurino di aver disegni antichi, per quanto sia loro possibile.,, "Da quanto ho rilevato le qualità dei merletti sarebbero due: a mazzette e a nervatura ; ma di quest' ultimi, cbe avrebbero anche maggior pregio, non si conosce più l'esecuzione. I merletti a mazzette sono più o .meno alti, a seconda dello scopo cui debbono servire e qui ne abbiamo di oltre 30 centimetri. Si è procurata e tuttora si procura d'imitarli in modo più spiccio e semplice, ma indarno! I merletti a mazzette, ed Ella ben lo sa, portano varii nomi, secondo le forme che si vogliono dar loro; per esempio: a volto semplice, a volto doppio, a raspo d'uva, ad osso di morto, a foglie d'olivo, a cagnóla, a scarpa, a garofano ecc., e possono anche unire più forme in una. A Trieste si smerciano quanti ne possono fare le poche nostre la voi strici ; ma ne vennero spediti a Udine, a Milano, in Ancona, a Vienna e perfino in Ispagna. Ecco quanto da parte mia ho potuto raccórre ; se in avvenire mi sarà dato sapere di più, non mancheiò di parteciparglielo., E noi ringraziando il cortese amico per le notizie che già ci regalò e per quelle che ci promise di offrire in seguito concludiamo con uu voto diletto alle gentili ed amabili e generose signore istriane. Il voto è, che nessun corbeille de noces (perdonino il francesismo!) sia senza una pezza di merletti isolani ; così facevano le nostre buone nonne; così facciano le brave loro nipoti! G. Società crittogamologica ITALIANA La prima società di questa specie fu fondata in Italia nel 1858 dall'illustre botanico milanese Giuseppe de Notaris, allo scopo di diffondere presso gl'italiani lo studio di un ramo di scienza, la cui importanza si appalesa sempre maggiore. In breve volgere di tempo la nasceute società potò farsi conoscere con le pubblicazioui dell' Erbario crittogamico italiano e del Commentario, assai lodate nel Regno e dagli stranieri, nouchè premiate all' Esposizione mondiale di Londra. Cotesta società crittogamo-logica diretta dal de Notaris e dal Biasoletto ebbe vita rigogliosa fino al 1872, finche per trasloco del primo alla cattedra di botanica nella regia Università di Roma, andò languendo e se ne temeva quasi la cessazione. Ma fortunatamente non fu così. Un allievo del de Nodaris, il professore ArdLsone non lasciò che l'opera del maestro cadesse, e lo diede anzi nuovo vigore chiedendo l'appoggio dei più riputati crittogamisti italiani e stranieri. La società crittogamologica offre ora alla pratica campestre grandissimi servigi, facendo conoscere specialmente la storia di tutte le crittogame, che nocevoli o innocue, prendono stanza sugli organi delle piante coltive, suggerendone all'inesperto contadino gli opportuni rimedii. Il Governo e i Corpi morali daranno, senza dubbio, appoggio ad una istituzione scientifica tauto decorosa, e che rende importanti servigi acl una industria, fonte principale di ricchezza, qual è l'agricoltura. D. P. NOTIZIE Il 2 del corrente fu solennizzato dagl' italiani il XXX anniversario dello Statuto, festa eminentemente nazionale, eh' è la sintesi commemorativa di tutti i patriottici e gloriosi anniversari dell'italico risorgimento. Il commendatore Muzio de Tommasini regalò il Comune di Trieste del suo prezioso Erbario, che contiene in massima parte la ricca flora triestina ed istriana. Il d< 7 del corrente ebbe luogo nel Civico Nosocomio di Trieste lo scoprimento del busto del compianto Dottor Cappelletti, medico, chirurgo, oculista, per lunghi anni primario di quel civico ospitale, e ch'ebbe cosi estesa clientela da divenire il medico più ricercato e più popolare di Trieste e della provincia. A Trieste, la Società del Progresso solennizzò il I.° secolare anniversario della morte di Voltaire con uB^dunanza al Filodrammatico. Vi furono letti due discorsi; l'uno sulla vita del celebre francese, e l'altro sulle sue opere e sulle sue dottrine. La città di Ravenna inaugurò un monumento a Fai ini, e l'inaugurazione fu degna dell'illustre uomo di stato e della città che ha ospitato Dante. Farini è iu atteggiamento di lacerare quel trattato di Villafrauca, col quale volevasi frenare il corso dell'unità d'Italia. In quest' occasione S. M. Umberto inviò al tiglio Domenico Farini, presidente della Camera, un telegramma. al quale il Farini rispose cosi : " Il nuovo onore tributato da Vostra Maestà alla memoria di mio Padre, è un insigne ricompensa pei servigi che egli ebbe la ventura di potor rendere alla patria. Ne ringrazio commosso V. M. con orgoglio di figlio, con entusiasmo di patriotta, con lealtà di suddito devotissimo.» Il Ministero italiano dietro parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione ha sancito, che le Università di Vienna e di Graz debbano essere annoverate fra le Università estere di maggior fama, e che perciò i giovani laureati in questi due istituti possano esercitare la loro professione nel Regno d'Italia, senza 1' obbligo di fare gli esami prescritti per i corsi universitari!, ed ammessi senz' altro all' esame generale del grado. In onore di Voltaire ebbe luogo all'Apollo di Roma la rappresentazione della sua tragedia Znira. Vi recitarono nelle prime parti Virginia Marini e Tommaso Sài vini, che furono applauditi entusiasticamente. Fu poi declamata un' Ode, scritta da Cossa, l'autore del Nerone. Nel mezzo del palcoscenico, fregiato di fiori e di corone, sorgeva il busto di Voltaire. Il teatro fu affollatissimo: la commerazione solenne, grandiosa, splendidissima. L'introito fu devoluto a benefìcio della Lega per l'istruzione pubblica. A Padova si è costituita una società di trentini e istriani, la quale si prefigge tra gli altri lodevolissimi scopi, la coltura e l'educazione scientifico-letteraria, ed il mutuo soccorso. Nei giorni 19, 22, 25, 29 del corrente, e 2 del mese successivo, la celebre orchestra della Scala di Milano darà a Parigi nel palazzo dell'Esposizione, cinque grandi concerti, ai quali prenderanno parte 128 professori, eseguendo eletti pezzi dei più grandi maestri italiani e stranieri, tra cui specialmente : Rossini, Verdi, Doniz-zetti, Mercadaute, Cimarosa, Bazzoni, Beethoven, Gounod, Meyerbeer, Mendelsshon. È morto a Londra, Ioiin Russell, l'illustre uomo di Stato, che durante la sua lunga e laboriosa carriera propugnò costantemente la causa dell'unità e della libertà d' Italia. Egli aveva 86 anni, essendo nato nel 1792. Nelle Puglie, non lungi, dal monte Gargano fu trovata casualmente un'altra Pompei, seppellita, in seguito a terremoto. Ella si chiama Sipontum, di cui parlano Polibio, Strabone e Livio. Si rinvennero un tempio antico di Diana, un porticato magnifico, una necropoli sotterranea di una superfìcie di 15000 metri quadrati, e un grande numero d'iscrizioni. Ancora un nuovo nemico della vite, e questo più terribile delila filossera e dell'eumolpe: il cecus vitis, che comparì nell'Alsazia. Esso ha la forma di una piccola calotta, misura cirea 4 utili, di diametro, e trovasi nella scorza dei vecchi pampini. In seguito ad invito della spettabile presidenza della Società agraria istriana, 25 maggio 1878, N. 332, si porta a comune notizia, che, in causa della tenue sovvenzione accordata dall' eccelso i. r. Ministero di agricoltura, la suddetta Società dovette sospendere quest'anno le pubbliche mostre ed i concorsi a'premii di animali bovini. RETTIFICA. Meglio informati, possiamo assicurare che il professore Carlo Combi non pubblicherà le lettere di Pietro Paolo Vergerio il giovane, ma l'epistolario, quasi interamente inedito, di Pietro Paolo Vergerio il seniore, accompagnate da commenti e preceduto da uno studio sulla vita e sugli scritti di lui in relazione alla storia dell'umauismo del suo tempo. La pubblicazione, la quale richiede molte previe ricerche, si farà nei volumi della Regia Deputazione Veneta sopra gli studii di storia patria. La Redazioni:. A PROPOSITO DI UNA NUOVA BIOGRAFIA di Pasquale Besenghi degù Ughi I grandi uomini non si debbono vedere in camicia! sentenziano taluni. È una sentenza questa, dice l'egregio Amati, la quale avrebbe la intenzione di trarre in lungo le pubblicazioni della storia biografica oltre il giorno dell'universale giudizio, ma sarebbe stata respinta come illiberale fino da tre o quatto mila anni fa da quei sacerdoti egiziani, che i loro morti, grandi e piccoli, senza riguardo alcuno sottoponevano ad un pubblico esame. Coloro, prosegue il sullodato Amati, i quali opinano che non tutte le azioni degli uomini sia decente di indagare e di conoscere, costituiscono quella scuola di dottrinari, la quale, mettendo in luce dei suoi personaggi ora il fianco destro ora il sinistro, come torna meglio, e, salve altre e più comode suddivisioni, la onestà dividendo in pubblica e privata, conserva il dubbio, l'equivoco, il falso nella storia, e introduce le basse cupidigie, la corruttela, la malversazione nell'amministrazione della cosa pubblica. Noi siamo del parere che si debba la massima tolleranza e il più severo esame a tutti; privilegio, immunità, dispensa, esenzione per nessuno, neppure di un punto. Ogni uomo è un prisma, di cui si vogliono ricercare, osservare e criticare tutti i lati, e tanto più minutamente quanto maggiore è il nome che occupa nella storia, quanto più alto è il posto cui aspira nell'ordine politico. L' Amati parla così nel suo bellissimo libro Cesare Beccaria e Vabolizione della pena di morte e a proposito di un uomo, quale 1' autore Dei Delitti e delle Pene, celebre in vita e più celebre dopo la morte, successa quasi ottant'anni prima che l'Amati scrivesse le parole che noi abbiamo qui recate come preambolo, per vedere in via di raffronto, fin a che punto si possano giustificare alcuni periodi del Libro Besenghi degli Ughi dell'i, r. professore Oscarre de Hassek, stampato or'ora a Trieste, coi tipi di L. Herrmanstorfer. Ma se vogliamo essere coscenziosi e veritieri, quei tali periodi che si leggono nel succitato libro dell' i. r. prof, di Hassek e che furono notati e censurati dall' Unione, N. 17 a. c. non trovano per nessun modo giustificazione. Le parole dell'Amati da noi sopra riferite, alludono più specialmente ai critici dell'opera Dei Delitti e delle Pene, critici ch'egli appella col nomignolo di bestiole, le quali, aggiunge prolificano eccellentemente nei bassi fondi delle città. Quando non fu più possibile dir male del libro Dei Delitti ecc., si cominciò a screditarne l'autore e si disse: il concetto non è suo, è degli Enciclopedisti ùi Francia; la forma letteraria non è sua è di Pietro Verri; lui un prestanome. È trascurato nella scrittura, nella ortografia; pensa con lentezza e colla testa altrui; non sa farsi intendere; gli manca assolutamente l'arte della parola. Nè può essere altrimenti in un uomo accidioso, goloso, tutto sensi, negligente della sua persona fin nel vestire ecc. ecc. Al che l'egregio Amati prorrompe in queste esclamazioni di nobile sdegno : Non ci consta che la voluttà dei contrasti, accoppiata alla libidine della maldicenza, abbia trovato altre e più mostruose imputazioni ! Quello che ci consola è il fatto, che ogni qualvolta comparvero prove dirette sul Beccaria e come pubblicista e come magistrato e come cittadino, le negre nubi, intorno a lui addensate dalla malinconica invidia com'ei direbbe, dovettero lasciar il posto allo splendido raggio di un'aureola immortale! Il professor di Hassek parla invece di un uomo, benché di fama inferiore e non paragonabile al Besenghi, illustre ei pure, almeno nella sua provincia, e da lei diletto, nonché celebrato anche da uomini competentissimi, quali, per tacere d'altri, un Tommaseo ed uno Zanella; di un uomo morto appena trent'anni fa, e quindi che attende ancora il severo ed imparziale giudizio della storia. E poi il professore di Hassek, prefiggendosi nelle 122 pagine del suo libro di trattare in specie sugli scritti del Besenghi pel quale ha V anima calda d'amore, come ce lo dichiara ei stesso nella prefazione (pag. 4), e che dice pieno dé più nobili affetti fin da giovinetto (pag. 18) non doveva, a nostro parere, estendersi tanto in quelle pagine che parlano ad esempio della bella giovane triestina che poi divenne moglie di un greco, della relazione colla mima Ballerini, degli amori colle prime donne e colle ballerine, de' suoi nuovi amori con due gentildonne. "Il professore di Hassek ha voluto insomma nel suo Besenghi degli TJghi dare piuttosto che una biografia, di un poeta non ancora ben noto degl'italiani, ma degno di essere conosciuto, studiato ed apprezzato, ha voluto, diciamo, dare una raccolta di aneddoti curiosi di motti e di invenzioni più o meno spiritosi, che sono stati e saranno sempre l'ali mento prelibato di quei conversari, nei quali, dice il grande Beccaria, consiste tutta la scienza e la filosofia de gl'inoperosi. A. G. Ricevuto il prezzo d'associazione dai signori: Giuseppo Basilisco avv. — Rovigno — a. c. — Biaggio Guizza — Pola — saldo an. e I qle corr.; — Biblioteca Algarotti — Veglia — a. c.; — Pietro Vio — Pola — a. [e.; — Ernesto Palisca — Tolmino — a tutto Giugno 1876; — Gabinetto di Minerva — Trieste — saldo arr.. e I qud. corr.; —