ANNO XVI. Capodistria, 1 Dicembre 1882. N. 23. LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. ' Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ANNALI ISTRIANI (lei Secolo decimoterzo. ') 1234. — Pietro Tiepolo, conte di Ossero, occupa la carica di podestà di Treviso; nel 1237 passò podestà in Milano ; comandando li 17 novembre 1' esercito, cadde a Cortenova prigioniero del imperatore che mandollo in Puglia ove lo fece barbaramente impiccare. Arch. Yen. Tom. III, pag. 10. Dieta provinciale i PÌT li Pirann a l'.an- ;uto ai credito Fu eletto l'on. Francesco sigftera ai wmua.itu&tva.sione ue fondiario. . . , , Lo stesso comitato finanziario propose e la Dieta ha deliberato: . . . 1 Viene approvato il conto di previsto del fondo provinciale dell'Istria per il 1883 con un'esigenza di fior 326,703 e un copnmonto di fior. ll<,uz 2 A coprire la deficenza di fior. 209)51 viene stabilita l'esazione: a) d'un'addizionale delÌ5 % su tutte le imposte dirette, compresevi le addiziiah straordinarie dello Stato; i) di un addizionale d 100% sul dazio consumo erariali delle carni e del no; c) di un'imposta provinciale di f. 1.70 per ogniSilitro di birra venduto al minuto; - di fior. 10.02er ogni ettolitro venduto al minuto di liquidi spiritosi acquavite indicati nell'art. 1. leti. B. II. punto I da legge dell'Impero 18 maggio 1875 Nr. 84 — di r. 6.68 per ogni ettolitro venduto al minuto di acquai, indicato al punto 2 dello stesso art. 1. della ?e ora citata. . ,, . Alla rubrica III specie per iscopi d istrine (del dato conto di previsione) viene accolta laguente proposta dell'on. Amoroso: La Giunta pi resta Lottizzata di assegnare dal fondo provi m una conveniente rimunerazione al Dr. Locati pe compilazione della carta geografica dell Istruì uso delle scuole popolari, assicurando di tale » alla Provincia la proprietà della detta carta, per f li usi eventuali, che in seguito si intenderà di della medesima. L' on Dr. Venier presenta la interpellanza : È l'inclita Giunta provinciale venuta ad un accordo coli' eccelso Governo per l'attivazione del piano di bonificazione della Valle del Quieto dell'ing. Fannio? Risponde l'on. Dr. Amoroso per la Giunta che da una Commissione si farà rivedere il piano ed allora si'ptrà decidere nel proposito. Dopo i discorsi di chiusa del capitano provinciale, dell onor. Sbisà, a nome dei deputati del comm. governavo e del Dr. Amoroso per la Giunta, la sessione viene chiusa. Conferenza Lovisato -- - àuiuauica iio OtìJiimta In gain dalia Società li Minerva in Trieste riboccava di gente ivi rtccolta per dimostrare ad un bravissimo nostro comprovinciale in quanta stima lo si aveva. Il Dottor Domenico Lovisato da Isola, tenne in quel giorm una conferenza intorno all'escursione fatta nella Terra del Fuoco assieme ad altri illustri scienàati, tra cui l'ormai celebre comandante diacono Bove. Il Dr. Lovisato, con parola elegante, facile e colorita dipinse i bizzarri costumi, gli usi, le abiiudini di que'popoli, e seppe alternare al difficib linguaggio della scienza il brillante aneddoto, la saporita facezia, il racconto dilettevole. Applaisi lunghissimi e calorosi rimeritarono l'illustre istriano alla fine della splendida sua conferenza. Intorno poi alla spedizione del Lovisato interesserà ai nostri associati la seguente lettera, eh' egli indirizzava al Barone Podestà da Punta Arenas nel luglio dell' anno corrente : Punta, Arenas, 8 luglio, 1882 Illustrissimo signor Presidente, Per incarico del signor Giacomo Bove, che presiede la nostra Commissione scientifica, ho l'onore d'inviare a Y. S. 111.ma, quale presidente di codesto Comitato per la spedizione antartica, un breve rapporto sui procedimenti della spedizione stessa. Nulla dirò alla Y. S. Ill.ma dei 48 giorni passati all'Isola degli Stati, la scoscesa massa rocciosa che si solleva ad oriente della Terra del Fuoco, al di là dello Stretto di Le Maire ; nulla dirò a V. S. Ill.ma della travagliosa e nojosa traversata dalla selvaggia isola a Punta Arenas, che dal 28 marzo durò fino al 21 aprile; nulla dirò a Y. S. Ill.ma neppure del nostro soggiorno in questa stazione, supponendo che il signor Bove avrà inviate le relative informazioni prima l'imprendere con me l'ultima escursione intorno alla Terra del Fuoco, della quale mi pregio conuni-care la mia succinta relazione. Il signor Bove noleggiò qui la goletta chi-lena „San José", allo scopo di fare il giro della Terra del Fuoco, di toccare il lembo occidentale dell' Isola degli Stati, da noi non ancora studiato, di fare un'escursione a Rio Gallegos, per raggiungere poi la „Capo Hornos" a Santa Cruz. Lasciammo questa rada il 1° di maggi*!, e, dopo avere ancorato a Porto Noces sulla tosta meridionale della Patagonia, a Porto Hope nd-l'Isola Clarence, indi in bella baja inesplorati ai piedi del maèSìdao B anniento, in artr* tf<o squallido e brullo Brecknock Pass, all'Isola Basket all'Isola Burnst, a Yundagia superbo e profond) fiord nella parte meridionale della Terra del Fuoco, nel Canale di Beagle, arrivammo alla Missione inglese di Ooshoovia il 13 dello stesso nese. Rimanemmo ancorati in quella baja per 8 giorni, durante i quali, ricevendo sempre mille cortesie da quei missionari, abbiamo avuto campo di esaminare la fauna, la flora, nonché la natura geologica di quei pittoreschi dintorni, essendo clemente il tempo ed abbastanza dolce la stagione, sebbene molto avanzata; l'antropologia, l'etnografia, ecc. non furono trascurate, essendosi fatti studi sugli Indiani abitatori di quelle spiagge ed appartenenti alla tribù dei Jaghan. Andammo altra volta a Yundagia per esaminare quella baja, che si apre alle falde orientali del colosso gelato del M. Darwin, proprio al confine recentemente segnato fra la Repubblica Argentina ed il Chili. Nel ritorno ad Ooshoovia toccammo la immensa terra di Hoste, a mezzogiorno del canale di Beagle ; attraversammo in battello il Muray Narow, ed approdando alla parte occidentale dell'Isola Navarino, eravamo di ritorno alla Missione il 24 maggio. Il 25 lasciavamo nuovamente quell' an- coraggio, diretti alla Baja Sloggett: veniva con noi il reverendo M.r Thomas Bridges, soprainten-dente di quella Missione, in compagnia di alcuni Indiani, per indicare a noi una supposta miniera di carbone in quella località. Il 26 ancorammo in un porto della costa meridionale della Terra del Fuoco ed il 27 nell'Isola Picton, posta alla fine del Canale di Beagle. Il 28 il nostro bastimento dirigeva la prua verso la meta, e con vento fresco e mare molto forte, nelle ore pomeridiane di quello stesso giorno, gettava l'àncora in quella baja, che presenta la sua larga bocca a S.-E. all'aperto oceano. Al mare, che continuava sempre furibondo, si aggiungeva il vento di S.-E., il quale seguitava a soffiare il 22, il 30 ed il 31, e la nostra goletta, in balia di quelle onde, che sembravano montagne, veniva a soffrire tali avarie, da far temere seriamente per la salvezza delle nostre vite. Il naviglio, già vecchio e sdru-scito, cominciò a far acqua ; la pompa, continuamente in movimento, si ruppe e, portata via la cubia (horsepipe), la catena cominciò a segare il bastimento. Dopo tre giorni di agonia, non ci restava altro partito che andare a terra colla goletta, tentando con un naufragio di salvare almeno la vita! Alle 3 pomeridiane del 31 maggio il nostro bastimento veniva felicemente varato su /, delle collezioni e molte delle provvisioni erano salve ai piedi di un conglomerato scendente a picco per una ventina di metri ! Dopo 10 giorno eravamo rilevati dall' rAllen Gardmer" il yawl della Missione, che ci conduceva ad 'oshoovia. Nei giorni passati alla Baja Sloggett Miamo avuto la visita di alcuni Indiani di terra ella tribù degli Ona: erano 34 fra uomini doie e bambini e trattarono con noi molto amichevoiente, cedendoci parecchie delle loro armi e c loro molto primitivi indumenti. lutai il signor Bove si fermava ad Ooshoovia ad atterro il ritorno dell' .Alien Gardiner" che tramava noi a questa stazione, ed incaricava me aleggiare qui altra goletta, di visitare con que, assieme al botanico, alcuni nuovi punti ninteresse della nostra spedizione di raggmnj la „Cabo de Hornos" a Santa Cruz di esame con essa un porto della Patagonia e qumd andare ad attenderlo a Montevìdeo dove egarebbe giunto dalle Mainine (Isole i alklamopo aver toccato coli',Alien Gardiner" alla Bajl Buon Successo, ed a qualche altro porto dTerra del Fuoco per soddisfare agli impegnati colla Repubblica Argentina Noleggiai qui la goletta „San Pedro", colla quale lascerò questa rada domattina. Nella fiducia di aver interpretato bene il desiderio del signor Bove, mi raffermo di Y. S. Illustrissima Devotissimo Dottor Domenico Lovisato Vice-Presidente della Commissione Scientifica I provvedimenti d'acpa per la città di Trieste Le deliberazioni prese dal Consiglio della città di Trieste nella seduta del 22 Novembre, fanno credere ad un prossimo definitivo scioglimento della lunga questione per il provvedimento d'acqua di quella città, la quale sarebbe fornita dalle eccellenti e copiose fonti del Bistnzza e del Recca; condutture sotto ogni riguardo preferibili a tutte quelle prese in esame, e che non solo assicurano oggi alla città di Trieste la necessaria quantità d'acqua, ma che sono suscettibili di un successivo grandioso sviluppo. Era desiderabile, e siamo lieti di questo scioglimento, che porta tanto vantaggio alla città di Trieste, senza pregiudizio ai nostri interessi, che senza dubbio avrebbero sofferto se si fosse effettuato il progetto di conduttura delle acque del Risano. _-_;__ . |1I.,-T- Le propoSté frerra^-cumrnisrrrminp'wr io studio dei provvedimenti d'acqua, presentate al Consiglio erano queste: 1. Come il migliore provvedimento d' acqua per la città di Trieste è riconosciuta la derivazione di m. c. 12000 dalla Bisrizza, e m. c, 28000 almeno dal Recca, per gl scopi alimentari. domestici, pubblici e industmli ; — 2. Come il migliore sistema per l'allontanaiento delle deiezioni urbane è riconosciuta per Trieste la fognatura di sciaquamento a circolazion continua, con cacciate e con esclusione dell'acquaneteorica; 3. Qualora per gravi ostacoli finanziariemergenti da soverchie spese per espropriazioni edtdennizzi, cessasse la convenienza dell'ideato pro-edimento ad 1. e delle alternative suggerite, vie accennato in seconda linea alla derivazione <; Risauo, in terza linea a quella del Timavo. Il Consiglio ha deliberato a grandima maggioranza di accogliere i punti 1 e 2 de accennate proposte, ed eliminato il puntoirzo, di: 1. Prescindere per ora dal trattamentel punto III delle proposte commissionali; 2dominare una commissione composta di 10 ccglieri e presieduta dal Podestà, la quale abbistudiare e presentare al Consiglio tutte quelproposte che ritenesse opportune per attuare bmbinata conduttura Recca-Bistrizza e la fognatura e sciaquamento, contemplate ai punti 1 e 2 delle proposte commissionali. Le Terme di Monfalcone** Malgrado le difficoltà dei tempi, un buon cittadino di Monfalcone, Francesco Ostrogovich, commissario distrettuale, aumentò la somma con fiorini 22000; e il presente stabilimento venne aperto (1838-40). La terza analisi del professor Chiozza fu pubblicata (Gorizia, tip. Paternolli, 1857) e fu seguita nel 1858 dalla quarta di Carlo Hauer di Vienna; tuttavia questa era mancante a paragone dell'altra. Finalmente quella di Cenedella, ora adottata, fu incominciata nel-l'inverno 1847-48, ma non apparì se non nel 1862; ed è la prima che stabilisce la presenza della jodina e le proporzioni dei gas. La compagnia cedette i suoi diritti nel 1868 all' or' defunto cavaliere Giuseppe Tonello ; un italiano, che coll'attività e colla costanza ammassò grandi ricchezze ; egli v' introdusse alcuni notevoli miglioramenti. Nel 1871 la direzione fu presa dal signor Giorgio Settomini, sotto il quale gli ammalati del 1871 aumentarono a 486 nel 1877; l'ex-proprietario vive ancora per bagnarsi nelle 7erme un tempo sue; alta raccomandazione per esse. IluiuiuiueiUe (187.9^ iiiagni vennero acquistati dal deputato e dottore Giuseppe Rabl ; egli le ha ancora la concessione. La tavola generale delle cure, dimostra che le acque sono specialmente usate per la scrofola, e l'atritide nelle loro proteiforme; per nevralgìe sciatche e ischie; per certa specie di oftalmia,' reumatismi, lombaggini e gotta; per ataxie e paraisi (emiplegia e periplegia) ecc. Le malattie della pelle sono trattate con successo, come per esempio l'eczema e la pelagra '), che degenera in canciena. Dei sei milioni di abitanti nell'Italia set-tentronale, 98000 vanno soggetti alla pelagra (187)). Le acque sono pure efficaci negli avvelenamenti cronici di piombo e di mercurio. Non pochi ammalati le prendono in via di precauzione. Il prospetto alla fine di questo lavoro dimostra il numero dei bagnanti dal 1877 al 1880; il loro totale fu di 448 nel 77, di 414 nel 78, di 420 nel 79, di 450 nel 80. I bagnanti sono ») Dall' opera di Burton : The Termae of Monlfaeone London,Hora^CoySB!. Continuazione, vedi i N.ri 6, 8, 9, La pelagra è una malattia che rassomiglia alla lebbra .Nel 1836 essa era quasi sconosciuta nel territorio di Monfalcone-ora ve n'ha anche fino a 300 casi. 1 soldati ne vanno esenti-locclie dev'essere attribuito al genere di cibo. Le classi lavoratrici fanno colezione con polenta maize - porridge) e con latte meschino ; desinano alle dodici con pane ed acqua, e cenano con polenta e qualche povero legume da cucina. principalmente di Trieste e del territorio del Litorale la più prossima è Gorizia, città tj territorio ; poi viene Monfalcone col territorio. Malgrado i bagni presso Padova, il Regno d'Italia vi manda un certo numero. Le più distanti località sono rappresentate dalla Carniola, Carinzia, Croazia, Dalmazia, Albania, Bosnia, Montenegro, Russia, Grecia, Costantinopoli ed Egitto. (Continua) ZDisccrso sstorico*) sull isola di Veglia Ciò che uon voglio passare sotto silenzio si è l'antichità del nostro Statuto, che il Vinciguerra designa col uome di vetustissimo. Difatti se voi considerata che una riforma di esso — riforma implica esistenza anteriore — venne fatta nel 1305 durante il dogado di Pietro Gradenigo, io nou esito uu istante a reputare il nostro Statuto il più antico delle isole daimatiue tributarie a Venezia. Esaminiamo ora un po' la così detta pace di Zara del 1358, alla quale il prof. Liubich ci tiene tanto ! In questa, è vero Venezia cedette a Lodovico il giaude d'Ungheria tutta la Dalmazia colle sue isole, comfresa Veglia; ma ove si prendano in considerazione le circostanze nelle quali avvenne questa cessione, essa apparisce molto meno importante di quello si credi da taluni. La Republica di Venezia tra gli anui 1350-63 ebbe delle guerre infelici con quella di Genova, occasionate da rivalità di traffico nel_ Levante, e che finirono colla paco del 1504' iu "danno Ci Venezia. In questa guerra anche Voglia diede alla Repubblica il suo contingente di navi e di uomini. Approfittando de' rovesci toccati a Venezia re Lodovico d'Ungheria, cercò di effettuare il suo desiderio costante di impossessarsi della Dalmazia, sulla qual« i re ungheresi vantavaio dei diritti di domicilio. Calò perciò con un esercito uel Friuli nel 1356, pose l'assedio a Treviso, mentre un litro-esercito ungherese poneva l'assedio a Zara, che nel 1357 fu auche presa a tradimento ed altre città dalmate si arresero spontaneamente. Venezia in questi frangenti accetta proposte di pace, e col trattato con-chiuso a Zara nel 1358, rinunzia all'Ungheria, al tintolo ed ai diritti che aveva sulla Dalmazia e sue isole, dalla metà del Quarnero fiuo a Durazzo; mentre Lodovico ritornava alla Repubblica i luoghi occupati in Italia. Ora, anche trascurando il fatto che Venezia non era padrona di cedere dei paesi che vennero in sue mani per atti di spontanea dedizione, io domando a Voi quale importanza possa attribuirsi, ad una cessione avvenuta per un esito sfortunato di guerra? Si cambiò signore momentaneamente, ma le nostre istituzioni rimasero quelle di prima, cioè, venete. Anche i Conti rimasero gli stessi, anzi, stando ai Monumentai, le relazioui tra Venezia ed i Conti continuarono amichevoli anche dopo il 1358. Era naturale del resto che i Conti si facessero rilasciare iu quest' occasione, da Lodovico l'investitura del feudo di Veglia, comedi spettanza dell'Ungheria; ciò stava nel loro interesse per i motivi di già accennativi, e per cancellare gli obblighi di vassallaggio verso Venezia ; uè d'altro cauto re Lodovico si sarà lasciata sfuggire quest' occasione favorevole per coonestare le pretese della corona ungarica auche su Veglia. Nè' le nostre consuetudini subirono qualche cangiamento ueila successiva guerra fra Genova e Venezia, conosciuta nella storia sotto il nome di Guerra di Chio-ggia (1378-1381) alla quale presero parte i Carrara signori di Padova, il patriarca di Aquileja e lo stesso Lodovico istigato dai Genovesi, guerra che finì colla pace di Torino nel 1381. Il dominio ungherese da uoi fu di così breve durata che di fronte al veneto non merita d'essere preso nemmeno in considerazione ; ed io credo debba attribuirsi al lungo e quasi non interrotto dominio di Venezia sulla nostra isola, se soltanto qui potè attecchire e conservarsi fino allo scorso secolo il dialetto ladino che parlavano i nostri antenati!? La mia narrazione ormai volge al suo fine, perchè ci avviciniamo a gran passi a quell'epoca in cui Veglia venue sotto il dominio della Republica di Venezia. lo uon mi fermerò a parlarvi delle discordie intestine avvenute nel Regno d'Ungheria, dopo la morte di Lodovico (1382) per la successione al trono ; uon vi dirò dall' antagonismo fra 1' imperatore Sigismondo e Carlo di Napoli prima, fra lo stesso Sigismondo e Ladislao di Napoli dopo, per avere il trono di Ungheria ; le son queste tutte cose che ci toccano assai da lontano. Vi accennerò soltanto che, dopo una lotta di più anni fra i due pretendenti, Ladislao vendette ai Veneziani nel 1409 Zara coi diritti che vantavano i re d'Ungheria sulla Dalmazia; cièche diede luogo ad una guerra fra Sigismondo » _la qmue gttmia. uni uua^Q armiotriio uel 1413 pe,. il quale le due parti contendenti restavano nel' possesso delle terre occupate. Esseudo poi Sigismondo impegnato nele guerre coi Turchi, Venezia approfittò dell'occasioue per estendere il suo dominio in Dalmazia finché dal I4i3 potè dirsene padrona assoluta. Se questa vendita della Dalmazia viene estesa a tutte le sue pertinenze, alora il dominio ungherese su Veglia corre dal 1358 al 409, poca cosa invero! — ma' sebbene la nostra isoi dipendesse allora dalla Dalmazia essa | nou venne ìmotere della Repubblica in quest'occasione | ma qualche mo più tardi, cioè nel 1480. Per uon abusare dellvostra pazienza, procurerò di essere breve restringendo* narrazione dti fatti. Al temjdella lotta fra Sigismondo e Ladislao era conte di Vegi (allora i Conti si dicevano „di Veglia Segna e Moussa) un Giovanni che tenne partito per Sigismondo da lui si fece rilasciare la riconferma dei privilegittenuti da' suoi predecessori, facendo apparire, com'a naturale, Veglia feudo dell'Ungheria Giovanni eb sette figli, i quali reggendo, a quanto pare, l'isola comune, nel 1405 fecero solenne promessa ai Veesi di volerli governare some i loro antenati. Io n vi avrei ricordato questo fatto, in apparenza di ;a importanza, se l'atto che'si trova registrato n Memorine Veglenses del 1405 non portasse la uà de Frangepanibus. Ora voi dovete sapere che lardo questo predicato di nobiltà, il Vinciguerra no d' accordo colla narrazione del nostro storico, il Oh. Nel mentre egli, sulla fede di molti autori che tuono della Casa Frangipanica fa derivare 1 nos^onti dalla patrizia famiglia Anicia di Roma, e riguarda capostipite della famiglia dei Couti di Veglia Dario Frangipani di Venezia, il Vinciguerra (cap. VII della sua Relazione) asserisce invece che nei privilegi dei re ungheresi, da Bela IV a Sigismoudo, i Conti vengono chiamati semplicemente egregi nobiles de Vegla e che il cognome Frangipani data dal tempo di papa Martino V. Continuando, il Vinciguerra vorrebbe farci credere che essendo andato a Roma per devozione Nicolò padre- dell'ultimo Conte Giovanni, ne fosse accolto benignamente dal papa . Questi , sentendo che il Conte era da Veglia, per adulazione gli avrebbe detto : aver letto in certe vecchie cronache, alcuni fratelli Frangipani di stirpe romana essere andati sali' isola di Veglia, dei quali fratelli il Conte ne sarebbe illustre rampollo; e che donasse a lui per stemma due leoni d'oro frangenti due pani, mentre 1' antica arma dei Conti sarebbe stata „bianca e rosa per mitade, cum stella d'oro in campo bianco." Chi dei due abbia ragione io nou voglio indagare, non essendo questo un argomento che cangi il carattere della storia; io come io, credo piuttosto al Cubich, perchè egli basa le sue asserzioni sopra autori accreditati; eppoi osservate una palmare contraddizione: Il documento testé menzionato colla firma de Irange-panibus è del 1405; papa Martino V sedette sul trono pontificio dal 1417 al 1431; riesce quindi spontanea la deduzione che mentitore ne sia il Vinciguerra e non il Cubich ! Dopo Giovanni si fu conte di Veglia suo figlio primogenito Nicolò, quello stesso di cui vi tenni parola poco fa; questi ebbe nove figli, i quali alla morte del padre regnarono sull' isola in comune, indi per convenzione tra fratelli nel 1450, lasciarono Veglia al primogenito Qiornnni. che fu l'ultimo nostro Conte. Questi dapprima 'Tra buono ed amato dai nostn, ma poi per il suo tirannico governo si rese odioso agi, isolani, e ai fratelli stessi, perchè voleva spogliarli dei possedimenti di terraferma. Esa perciò, venuti sull'isola ch'era sprovvista di fortezze, d'accordo cou alcuni isolani gli tramarono una congiura per togliergli la vita, congiura che però fu sventita a tempo. Allora Giovanni, per avere un protettori contro le insidie dei fratelli, fingendo devozione a Vuezia, ne la chiese del suo aiuto, e questa nel 1452 gli ermise ch'ei possa inalberare a Veglia vexillum S. larri. In odio ai fratelli e per coonestare questo so amore verso la Repubblica, fece egli pubblicare un titamento col quale istituiva Venezia erede delia nostrasola; ma d'altro canto teneva secreto pratiche con Mattia Corvino re d'Ungheria, onde questi toglile ai fratelli i possedimenti in Croazia. Ma l'astuzisi cangiò iu suo danno, perchè avendo Giovanni fattcìccupare da'suoi alcuni possessi in terraferma di proietà del fratello Martino, ancora vivente questi, adiracontro Giovanni lasciò morendo erede il re Mattia, e fece occupare da suoi soldati le terre ereditate. Giovanni per fargli fronte dovei incontrare delle spese, e non sapendo come far quatii, impose agli isolani enormi contribuzioni, spog' le chiese ed i conventi, e per giunta pesava sopra lui il sospetto di aver gittato dal balcone della sua rìenza in Castel-muschio la moglie. Indi l'odio degli imi contro di lui. Mattia, dopo aver fatto occupala' suoi le terre in Croazia, colse questa bella occas per impossessarsi anche di Veglia. Spedì un eseo sull'isola che espugnato Castelmuschio, si riversò sulla nostra città. Giovanni come al solito giuocò d'astuzia, ed implorò il soccorso di Venezia, la quale non avea mai rinunziato, se non per forza, ai suoi diritti su Veglia. La Repubblica ordinò al capitano del golfo, Antonio Lore-dano, di spedire tosto a Veglia quattro galere sotto il comando di Giacomo Venier, a bordo delle quali c'era anche il Vinciguerra. Gli Ungheresi attaccarono la città, i nostri aiutati da quelli delle galere, si difesero valorosamente e respinsero i nemici che se ne tornarono in Croazia. Intanto il Vinciguerra intavolò trattative col conte Giovanni, il quale nel 1480 cedette alla Republica i suoi diritti feudali sull'isola. Non occorre eh' io vi dica che questo solenne avvenimento venne festeggiato dai nostri con un entusiasmo indescrivile ; del resto Venezia che ci aveva tenuti sotto la sua protezione già da cinque secoli, non poteva non venire bene accolta dai nostri antenati, che erano veneti già allora nella lingua e nei costumi ! Il Ministero del Commercio ha emanato un'ordinanza per l'esecuzione della legge relativa all'introdu-ùone di casse postali di risparmio e le massime fou-lamentali per l'organizzazione delle medesime. È da conferirsi uno stipendio di fondazione Tomi-iich ad uno studente universitario della facoltà medico-(hirurgica, il quale intenda dedicarsi alla carriera di nedico operatore in Trieste. Al godimento di questo stipendio è chiamato in terzo rango uu giovane perimento ad un comune della provincia dell' Istria. Le istanze di concorso si dovranno presentare a tutto il !0 dicembre dell' anno corrente. 11 consiglio di amministrazione del credito fondiario striano ha preso in esame nella seduta del 15 d. sessantaquattro domande di mutuo. Di queste furono accolte cinquanta per il capitale di fior 59,600. Le lettere di pegno Suora in circolazione ascendono alla somma di fior, novecento settautamille e seicento. Il comitato esecutivo della tombola elettrica a leneficio degl'inondati del Veneto ha inviata l'estrazione al giorno 10 dicembre p. v. Fra gli argomenti di soggetto patrio compresi nelle letture che si terranno a Trieste dal Gabinetto di Minerva entro l'anno 1883 notiamo il seguente del professor Alberto Puschi : Intorno a Pier' Paolo Vergerlo il Juniore da Capodistria. Pervenuto a questo punto io non voglio più oltre abusare della vostra indulgenza ; la nostra storia d'altronde, da quest'epoca in poi è più chiara e più nota ; noi restammo sotto le ali del Leone di S. Marco fino al 1797. Il nostro carattere, schietto veneziano, nella lingua e ne' costumi, grazie al cielo non ci viene negato neppure dai nostri avversari; nè d'altro canto noi possiamo dissimulare la presenza di tribù slave sull'isola, colle quali dobbiamo vivere in buona armonia e rispettarci reciprocamente; fin qui ci stiamo. Ma quel giorno che gli slavi isolani volessero attentare alla rovina della nostra lingua e civiltà, noi dobbiamo loro opporci viribus unitis. I tempi corrono per noi pericolosi : cittadini di Veglia, vigilate ! g. V. ■To-fe:L!ZrLo Cose locali La sera del 16 d. veuue tenuta la prima adunanza generale della Società di abbellimento, che ha lo scopo di abbellire la nostra città ed i vicini dintorni con impianto di alberi, coli' erezione di pubblici giardinetti, e di opere ornamentali d'ogni specie. Nella prima adunanza venne eletta la Giunta sociale, composta di nove membri, i quali in base allo Statuto rimarranno iu carica per tre anni. Appunti bibliografici Giosuè Carducci. Confessioni e Battaglie. Roma. Sommaruga, 1882. Confessioni e battaglie del Carducci ! Abbasso il cappello. E sono poi veramente confessioni? Sì ; ma senza il mea culpa e senza 1' atto di contrizione. E battaglie ? Anche potrebbero essere: battaglie da letterati e da gondolieri veneziani. Avete mai sentito abbaruffarsi i gondolieri a Venezia? È mio strepito, un pandemonio, e ne va sossopra il quartiere. Misericordia ! già si contano i morti ed i feriti. Fatti in là, e non è niente ; i due contendenti vanno quieti quieti e bonini per la loro strada, pel loro canale voleva dire ; qualche giorno dopo li vedi 1' uno di riscontro all' altro ad una tavola con in mezzo il refosco, il Conegliano : famosi giudici conciliatori. Tali le baruffe chioggiotte tra il Carducci e il Rapi-sardi per esempio, professori iinivo««t»r» entrambi; sangue però non fu versato e non si verserà ; e 10 non vorrei morire il giorno che i due fratelli in Apolline suggelleranno la pace con un buon bicchiere. Ma lasciamo da parte questo paragone poco onorevole pei letterati; e, siamo giusti, auche pei gondolieri. Dopo tutto il titolo — Confessioni e Battaglie è, come si dice, una trovata per contentare 1' editore ; e mettere assieme un cen-tinajo di schizzi, critiche, polemiche, prefazioni, sfoghi, frottole, articoli buttati giù nelle riviste, nei fogli così detti letterari ; la moneta spicciola del professore, messa in giro poi con amabile disinvoltura, con le mani in tasca, il cappello sulle ventiquattro, e lo stuzzicadenti in bocca. E al loro posto stavano bene: finalmente anche i professori e i poeti hanno diritto di vivere; e benedicono a questa nuova moda di spapacciare la scienza, che, dopo tutto, arrotonda onestamente 11 magro stipendio officiale, e assicura i minuti piaceri. Il professorone, il letterato che stanno sempre sulle onorevoli finiscono con 1' annojare ; un po' di boemia a tempo e luogo non guasta, e dà all'uomo, rimesso poi in carreggiata, quella scioltezza, facilità, amabilità, che rendono accessibili le più alte e severe dottrine. E un altro benefizio ancora. Gli scarabocchiatori di monografie e di ipercritiche, i frugacassoni e scrivanie dei quondam uomini celebri, gli accattascandoli, i graffiatori che esercitano le unghie sui piedestalli dei grandi troveranno così guastato il mestiere. Hanno tanto gusto oggi a mostrarci il Foscolo, il Parini, il Leopardi in maniche di camicia ! Benedetti gl'illustri viventi, che dicono pane al pane, si confessano in piazza; e, non avendo mai avuto la pretesa di atteggiarsi da immortali, meno forse susciteranno negli scrittorelli l'invidia, la smania di graffiare piedestalli e di scoprire altarini. Ma s'intende acqua e non tempesta. E in questo libercolo vien giù troppo spesso „Grandine grossa, acquatinta e neve." E più che tutto acquatinta ! Ma in sul più bello della bufera, come avviene negli acquazzoni di montagna, il sereno rompe qua e là, e oltre alle nubi si vedono squarci di cielo azzurro, limpido, profondo. E che arte, sante muse ! Un* arte da far sudare freddo lo scrittore compassato, eguale, che scrive sulla falsa riga del Giordani. B Carducci scrive, scrive, scrive, e il suo pensiero si riflette lucido, spiccato, tagliente sulla carta, gli scorre liscia liscia la penna; ma ecco iu sul ìiù bello con una parola sola con un (Tutoli; tyliuioBimu i^jn un mono arguto t inchioda il contetto sulla carta, e ti obbliga a ridere e a pensare. L'avversarie che egli ha impreso a demolire avrà le più buom ragioni del mondo; ma il Carducci ha scopeto il lato debole del nemico; e allora, addio ngioni, l'avversario è bello e spacciato. Il mio imico G. M. per esempio, già professore di stora nel liceo di Lodi, autore di una buona mono-rafia sul Rabelais, gli scrive un sonetto, ma la la voce di baritono, e ne' suoi versi c' è al Filicaja: il signor G. M. è servito. Il profeor Rizzi alza il suo grido, e scrive certe ragiii che hanno scottato i realisti. E se gli ha scoati ! Tanto è vero che risposero più insolenze ci ragioni; e per un momento furono obbligati, mutar registro, e a mostrare in piazza le lorintime virtù. Ma il buon professore è un po^o untorello ; e ha mostrato il suo fianco debolcon un sonetto sugli uccellini. Caro Rizzi, tai saluti alla canerina. Senza negare il meritoitrinseco (a parte le prose togate: Studi letari ecc. ecc. che non hanno bisogno di nessi che li porti) questo forma la fortuna commerci dei libri del poeta ed artista. Perchè il Cardi è proprio il rappresentante | de' nuovi tempi, poeta dell'Italia uscita di pu- pilli. Ecco là il bravo giovinotto chè cerca la sua strada. Lui non sa, o non ricorda che cosa ha costato ai vecchi, che credevano in Dio e popolo, il fare l'Italia. E si ha pure a lasciarlo un po' correre la cavallina. Peste al Manzoni servito caldo in tutte le salse dei padri Scolopi; del Manzoni di cui avea piene le tasche, causa il babbo manzoniano (pag. 5 Puerilia) ; adesso almeno si sa donde provengano certi odi. Casa nuova, uomini nuovi. L'Italia è fatta ; adesso si hanno a fare gl'Italiani; e per fare gl'Italiani nuovi ci vuol la ribellione della carne. La riforma dell'Italia è il rinascimento pagano (pag. 101); e perciò ha scritto il Satana che è la più potente, la più lirica espressione di questi tempi, di questa reazione, della vita nuova. Il Carducci aduuque è la più stupenda ed artistica manifestazione degl'impeti gagliardi giovanili; la voce di tutti i collegiali scappati dalla ferula del Padre Sco-lopio ; solo che mentre gli altri strillano in piazza egli medita ; mentre gli altri sciupano le forze, egli le idealizza, mentre gli altri negano tutto, egli afferma, magari anche il diavolo per mancanza di altro; e quando tutti que' ragazzi ad esempio del maestro, e un po' intendendo a rovescio, inneggiano alla diva materia, gridano che l'Italia è civile e cantano le Ghite, le Bar- tegoria, schiaffa loro in viso una stupenda prò-' testa (pag. 183) e me li piglia tutti a calci nel sedere. È la reazione, è la gramiezza di Enotrio. Perchè il poeta vero, mentre è figlio del suo secolo, rappresenta i suoi tempi; per essere grande reagì sempre contro il tempo, se guasto, e apparecchiò giorni migliori. Ma finora è una grandeza negativa; e il Carducci può e deve salire più alto. Que'poveri figliuoli di fatto che inneggiamo alle generose di terza categoria, dopo tutto, jù che addolorati devono essere rimasti attoniti d quella tal tiratina d'orecchi. — „Oome! avrai» detto, messere, e non ci hai confortato tu c< tuo esempio e con le tue massime nella dispu tra Manzoniani e realisti?" Excelsior, adunque) maestro, se no quei brutti marmocchi sucidi, hifosi, rachitici, potranno sempre vantarsi, poimo pure anche a torto, di discendere da padri rusti e gagliardi, e di essere le conseguenze di ella tal reazione pagana necessaria per la rifaa d'Italia. Ma forse un giorno si vedrà anchd Carducci cessare da questa nuova rettorica ;a queste picci-cinerie, da questi che pajono smi da Capaneo, e sono dispetti contro Giove fiinatore. E già lo scrittore spigliato e un po' boemo delle Confessioni e Battaglie ci ha mostrato come sappia a tempo e luogo atteggiarsi anche in toga, e scrivere pagine stupende sull' idealismo di Dante e sull'influenze del Cristianesimo. E sua è pure questa sentenza: Distruggere è dei barbari, e l'elemento italiano troppo è di natura sua assi-milatore (Studi letterari pag. 44. Livorno. Vigo 1880). Quando il Carducci avrà applicato questa bella sentenza in tutti i suoi scritti, finirà di pigliarsela con Dio, di offendere intimi e nobili sentimenti, lascierà in pace il Manzoni ed i Manzoniani ; e allora, solo allora potrà con efficacia intuonare il Quos ego ai ragazzi insolenti e bir-baccioni. E per vero in due modi sogliono i ragazzi usciti di collegio affermare specialmente la loro indipendenza, col donneare e col bestemmiare; e pur troppo il Carducci con certe polemiche e prefazioni mi ha l'aria di sostenere i ragazzi con la sua buona tabella. La sua argomentazione contro gl'idealisti suona così. „I1 Tasso ha scritto un madrigale lascivo; il Giusti è autore della Molla magnetica e dell'Ave maria. Che più? Giuseppe Parini, l'istitutore della scuola civile, il restauratore della coscienza nella poesia italiana scrisse certi sonetti realistici; adunque non tante smacfid o ipocrisie,. _si__accfìttijtale e quale il realismo dello Stecchetti, e tacciano il Cavallotti, il Bersezio, il Rizzi e tutti i critici virtuosi. (Novissima Polemica pag. 265). Se mi permet-bno vorrei fare qui un paragone. Un messere camminando per la sua strada, con la testa alta, iiciampa e cade; ma si rialza subito, corre a casi, affida i calzoni alla serva perchè levi le pil-hcchere, e torna netto e ammodo tra la gente. In altro casca, ma invece di rialzarsi subito, si a/voltola ben bene nel fango, proprio come il cuco, quando si gratta la schiena ; e con quegli a'voltolamenti, fregagioni e solenni cantari con k pancia all'aria pare dica a tutta la contrada: 0 voi tutti, che passate per la via, guardate e vedete se vi ha piacere simile al mio. Tale e quale l'argomentazione della Novissima Polemica in questo volume. Pare impossibile come l'illustre autore non abbia capito che i versi di quei galantuomini furono occasionali, o rifiutati dagli autori stessi; e che altra cosa è fare per infreddatura qualche stuonata, altro dare in stecche false dalla prima all' ultima battuta. Sì, anche gli uomini illustri che si proposero altissimi ideali, ed educarono la nazione, avevano di quel d'Adamo, e fecero qualche scappuccio. Ma viva / Dio, si rialzarono subito, e non scrissero versi e versi e libri, libri, libri per dare ad intendere alla gente che quel tale scappuccio era una gran bella cosa. E quel che è peggio, questa tendenza nello scusare simili errori, il Carducci non la manifesta solo negli scritti leggeri e d'occasione, ma anche in gravi e pesati lavori, come nello Studio intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV. (Incoia. (Meati 1876) studio paziente e severe, che dimostra il suo ingegno vario e profondo. E in questo libro, dal fatto del trovarsi qualche ballata scollacciata si conchiude che il realismo era filtrato nel popolo e nell a poesia nostra fino dal tempo dei liberi comuni (pag. 95j. Ma senza tante alzate d'ingegno, la questione si riduce a questo. Tutta la storia dell'umanità ci mostra l'uomo in lotta tra il bene ed il male, tra la materia e lo spirito, tra la terra ed il cielo. Ora prevale un elemento, or l'altro ; quindi le violente reazioni e gli eccessi di qua e di là: Platonismo e sensualismo, Venere celeste e terrestre, mistici e realisti; Frate Angelico e il Caravaggio, i Fioretti e il Decamerone. Beato chi seppe tener l'arte sulla via di mezzo, e rappresentare armonicamente tutto l'uomo. Francesca da Rimini e Piccarda Donati ; fra Cristoforo e fra Graldino, la signora di Monza e Lucia, terra e cielo, virtù e vizi, voli sublimi •ff cadute, ^ le cadute scuola per rialzarsi e tendere ad un alto ideale: questa, senza tante questioni, è arte di tutti i tempi, di tutti i luoghi; questa forma i libri eterni e non d'occasione ; le critiche sicur) e non piacevoli solo a certa gente e in circostanze particolari. E ci vuol altro che pigliarsela col Manzoni, e trovar da ridire perfino su fra (3 al di no, e sugli scettici che vanno in visibilio ai suoi miracoli, (pag. 81), non avvertendo, o non volendo avvertire che quelle fiabe sono anzi realismo, ma di quel sopraffino, di quello vecchio e che non hanno inventato i signori realisti dell' oggi. Il Manzoni dall'alto della sua nicchia li vede insaccare le nuove e sporche viuzze dell'arte in questo bolli bolli che finirà domani con quattro impiccati; e fa loro paura col suo sorriso fine fine, e guarda e pare dica : Son qua io sbarbatelli ! „Ma il libro — Confessioni e Battaglie — è, come annunzia il suo stesso titolo, un libro di guerra e di tempeste. È un libro eccezionale, e va letto e giudicato come tale." Così scrive Enrico Nencioni nella Domenica Letteraria (19 Novembre) annunziando una seconda serie di Confessioni e Battaglie. Non le ho lette: ma intanto so dal Nencioni che il Carducci se la piglia anche coi merli, cioè no con gli usignuoli che chiama frinfini dei campi; e il signor Nencioni nella sopra lodata critica prende le difese dell'usignuolo. Chi sa quante brave persone avranno avuto bisogno di quattro parole di difesa: fortunate le bestie ! Anche dal signor Nencioni sappiamo che il Carducci confonde il cuculo col chiù o assiola. Libri eccezionali,' critiche eccezionali. L'umile sottoscritto tira innanzi coi vecchi metodi; solo prega di credere che le lodi e gli appunti qui si fanno senza secondi fini. Ammiro il Carducci, ma serbo fede ai grandi principi coi quali (e non ci sono eccezioni che tengano) si hanno a giudicare tutti i libri. E i giovani del mio povero paese, senza tanti carnevali e baruffe, hanno un grande bisogno di serbar fede ai principi! Nell'ultimo numero Appunti bibliografici, correggasi la parola veli in odi Varietà La carta straccia. Leggiamo nella Perseveranza : „Alcuni anni sono pochi amici pensarono attingere i mezzi all'esercizio di uua filantropia illuminata, raccogliendo la carta straccia che sopravanza agli usi domestici. Pareva un'idea sbagliata, piena di difficoltà, infeconda di resultati, ed invece nel corso di quattro anni, il Comitato direttivo della Filantropia senza sacrifici è riuscito a distribuire parecchie migliaia di lire alle opere di beneficenza più bisognose. » Ma i redditi della. iat.it.ii7.iniìfl n^u lianao per ìncSe raggiuntò rimportanza che potrebbero toccare, se alla istituzione stessa fosse dato maggiore impulsò e se il campo della raccolta si aumentasse iu proporzione del numero delle persone che in uu modo o nell'altro possono contribuire all'incremento della benefica propaganda. „A tale scopo, i Comitato ha deciso d' estendere la questua, oltre la ;arta ed i libri, ai cenci, ai ferri vecchi, ai vetri, ale ossa, a quanto infine, rifiuto della domestica ecoDmia, può nondimeno avere un minimo valore mateiale. Il servizio di questua e di raccolta, di depositee di vendita è stato organizzato in modo da assicurre largo provento alla istituzione, se il pubblico ristuderà numeroso al nuovo appello' che gli viene direti. „Si tratta di cicorrere, senza sacrifici, ad un'opera buona, si tratta dfare il bene con poca fatica, e di diffondere nelle faiglie il principio della carità, alla quale si può con