A.NNO XII Capodistria, 1 Settembre 1878 N. 17 LA PROflICIA DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso a Redazione. Effemeridi delia città di Trieste e del suo Territorio Settembre 1. 1564. — Con la riforma e conferma del civico statuto il numero dei consiglieri viene ridotto da 224 a soli ottanta. - 8. L 1673. — Il vescovo Giacomo Ferdinando Gorizzutti fa il suo solenne ingresso nella cattedrale e prende possesso della diocesi. - 12, III, 304. !. 1509. — 11 maggior consiglio propone di spedire armati contro il castello di Draga in Carso. - 5. t 1526. — La città di Fiume domanda al comune di Trieste di poter ispezionare lo statuto per valersene nella compilazione delle proprie leggi. - 11, II, 193. J. 1368. — La repubblica Veneta, venuta ad un accordo con Trieste, le impone che i cittadini e giudici Michele Ade, Domenico de Leo, ed il capo della rivolta, si portino entro un mese a Venezia per prestare omaggio al Doge, e ciò sotto pena di bando perpetuo. - 46, VI, 162. i. 1420. — Il consiglio delibera che il dazio del vino, venduto al minuto, e gli affitti delle civiche saline, poste fuori della porta di Eiborgo, servir debbano a saldare certi debiti del comune. - 13, 28.a l. 1509. — Il consiglio propone di accordare un presidio ai vendemmiatori per tutelarli dalle aggressioni nemiche. - 5. 1. 1771. — Il sovrano erario vende l'orto e gli annessi terreni dei quali usufruiva il civico capitano de tempore, ed incassa diecimila fiorini. - 8. i. 1444. — Il capitano Bernardo Taystainer condanna alla morte civile ed a perpetuo bando gli assenti Matteo Pellegrini e Pietro Belli, per aver fatto dei reclami all'imperatore Federico a carico del patrio comune, in caso poi osassero mettere piede in città o nel territorio (infrangendone il bando) li condanna alla pena di morte. — 5. i 1812 — La fregata francese Danae precipita in fondo della rada e con seco trascina tutto 1' equipaggio, meno un solo marinaio, disgrazia causata dall'esplosione della Santa Barbara. - 48, 324. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 6 1368. — Il Veneto senato elegge in ambasciatore Luigi Falier per portare lo stendardo di San Marco alla città di Trieste. - 39, XXII, 1051. 6. 1418. — Il civico consiglio accorda ad Abramo di Libermano ebreo, domiciliato in Capodistria, di recarsi con la famiglia a Trieste per tre anni a fine d'imprestare danari fino la somma di mille ducati d'oro con gli stessi patti concessi all'ebreo Salomone del fu Benedetto da Norimberga. - 13, 19.b 6. 1506. — Il nuovo giudice del malefizio, Girolamo Gritti dottore in ambe le leggi, giura di voler amministrare giustizia in base al civico statuto. - 16. 6. 1773. — Pasquale Barone de' Ricci vende ai Padri Armeni la possessione del fu monastero dei Santi Martiri, la quale viene convertita in convento. - 8. 6. 1813. — Rabiè, colonnello francese e comandante di piazza in Trieste, si ritira con tutta la guarnigione nel castello in città. - 8. 7. 1813. — Due corpi armati, uno francese, l'altro austriaco, s'incontrano presso Lippa sul Carso (non molto lungi da Trieste), ove si battono lasciando indecisa la sorte della giornata. -23, I, 173. 8. 1416. — Il patrio consiglio elegge in amministra- tori dei beni vescovili Roba (Zorobabele) de Leo, Antonio de Vedano e Nicolò de' Pellegrini, ma li esclude dal comparire quali consiglieri in consiglio e così pure ne esclude gli agenti e fattori de'beni spettanti alla mensa vescovile. - 33. 9. 1353. — Il veneto senato risponde al nuncio del patriarca d'Aquileia di aver già dati gli ordini alla città di Trieste di risarcire al comune di Muggia e ad ogni altro suddito pa-triarchino i danni cagionati loro sul mare. - 17 XVI 199i 1 '» XXVI> 9. 1423. — 11 comune di Trieste deputa due cittadini per accompagnare il seguito della corte di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, sino a Monfalcone. - 8. 10. 1177. Pietro de Bona (Bonomo) ed Ugone cardinali pongono fine nella città di Venezia ad una questione di confini e di benefizi, agitata da molto tempo tra i capitoli triestino e Giusti-nopolitano. Trattavasi della pieve e della decima di Sizziole, della restituzione dei beni posti in Albuzano e della decima della Terra d'Isola ; vertenza sciolta a favore del capitolo di Trieste. - 5. 10. 1303. — Brazzolo Luna da Venezia, fermato il triestino Merigolo de Veridelo, per il cui fermo era promessa la somma di lire 200, lo presenta al Doge. - 28, I, 38.a 10. 1536. — Il vescovo Pietro de' Bonomo affitta la decima di San Canciano all'Isonzo per annui ducati venti. - 1, III, 129. 10. 1677. —Si scatena un nubifragio sul territorio triestino che reca moltisimi danni. - 1,111,318. 10. 1813. — Il barone d'Aspern entra in città con un distaccamento di soldati, i quali, misuratisi con la milizia francese sulla pubblica piazza, si ritirano. - 23, I. 173. 11. 1521. — Il capitano Bartolomeo Tizionio (*), conte della Deciana, emana l'ordine che gli ebrei debbano produrre entro otto giorni i loro privilegi, a scanso di dover abbandonare eutro un mese e mezzo la città ed il territorio. - 16. 11. 1813. — Il colonnello Babiè mette la città in istato di assedio. - 8. 12. 1423. — Il maggior consiglio vuole, che tanto i soldati del comune quanto quelli del civico capitano tolgano ai cittadini le armi vietate e ne facciano denuncia al giudice del maleficio, „ ove non vogliano incorrere nella penale, minac- ciata ai detentori di tali armi. - 13, 39.b 12. 1527. — Si leggono in consiglio le lettere dei commissari di guerra in Friuli, con le quali invitavano in S. Daniele sul Carso i castellani ed i capitani dell'Istria per consultarli sul da farsi nei presenti momenti. - 16. 13. 1485. — L'ambasciatore del re d'Ungheria dice al senato veneto di voler lasciar libero campo al suo sovrano nell'impresa di Trieste e di Pordenone, coni' egli per nulla si oppose alla Repubblica nell1 impresa di Ferrara. - 40, VII, 299. 13. 1702. — Muore don Viucenzo Scussa canonico e storiografo di Trieste, sua patria. - 14, 8. 14. 1224. — Corrado Boiani della Pertica, vescovo di Trieste, assiste in Portogruaro all'investitura dei feudi, dati dal Patriarca Bertrando a Ve-cellio de Porta ed a Federico de Porcia, feudi posseduti già dai loro antenati. - 25, XXI, 200, 15. 1314. — Il vescovo Rodolfo Pedrazzani rigetta 1' appellazione diretta dai giustinopolitani Gregorio e Giovanni del fu Almerico Brati al parlamento del Friuli contro la sua sentenza che dichiarava gli anzidetti Brati decaduti da ogni diritto sul feudo di Sipar. - 5. 15. 1509. — Nicolò Rauber, civico capitano, proibisce ai cittadini di trattenersi fuori di città con o senza cavallo, ove non abbiano ottenuto uno speciale suo permesso. - 5. 15. 1518, — La città di Trieste viene svincolata da (*) Il chiarissimo dottor Pietro Kandler nelle sue Indica-aioni per riconoscere le cose storiche del Litorale a |pag. 148 lo dice Giovanni Bartolomeo Piccioni. qualsiasi imposta agli stati del Cragno. -16. 15. 1788. — Papa Pio VI traslata il vescovo Francesco Filippo de Inzaghi dalla soppressa diocesi triestina alla neo-eretta sede vescovile di Gradisca. - 7, 1721. BACHICOLTURA Quale appendice alle lettere già pubblicate nei N.ri antecedenti intorno argomenti di bachicoltura, aggiungiamo le seguenti responsive inedite, inviate da egregi bacologi allo stesso autore. Noi le pubblichiamo ben volentieri, perchè riferentisi ad un importante ramo d'industria, il quale se fosse più studiato ed esteso nella nostra provincia sarebbe fonte di guadagni considerevoli. Ecco le lettere: DEL CONTE GHERARDO FRESCHI. Dopo tanti anni che non ci vediamo come se fossimo agli antipodi, permetti, carissimo cugino, ch'io colga una circostanza che mi si offre per rannodare una corrispondenza che tra noi veramente non avrebbe dovuto cessare giammai, tanto più che oltre la parentela, una certa analogia di studii, e di occupazioni agrarie bacologiche, uno stesso intendimento al ben pubblico, forma tra noi uu legame più possente e più onorevole. Perocché, se io non m'inganno, tu sei ben quello stesso Andrea Gravisi con cui tante volte giocammo insieme fanciulli e a Ramoscello e a Capodistria, sotto il benevolo sguardo del marchese Pietro Or-seolo, tuo zio, ch'io ricordo cou tanta venerazione. Se tu non fossi quel desso, e l'omonimo m'illudesse, chiedo scusa delle maniere troppo confidenziali con cui ho cominciato questa lettera, e prego il Signor Mar-^ chese Andrea Gravisi, ch'io non avessi l'onore di co-conoscere di persona, ma che conosco certamente per la bella riputazioue che gode fra i cavalieri che più si distinguono oggidì nelle utili cose, di voler cioè essere compiacente a darmi un'istruzione che gli domando. Io sò da un Numero del nostro Bollettino dell' Associazione Agraria Fi'iulana, che questo bravo Marchese Andrea Gravisi ha un suo metodo, che mi fu detto eccellente, per separare il buon seme dei bachi, dal vano e cattivo. Bramerei quindi ch'egli avesse la bontà di darmene un' idea precisa, facendomene la descrizione, e all'uopo anche uu disegnetto. Ió gli sarei di ciò molto tenuto, e gli offrirei in compenso di rendergli qualche servizio nell'occasione in cui, com' egli certo non ignora, io mi recherò nell'Indie e nella China per gl'interessi della industria serica, di cui egli si occupa con tanto merito. Sia egli dunque o nò, il mio caro cugino Andrea quale io lo suppongo, mi favorisca una pronta risposta, e aggradendo i miei saluti rispettosi o amichevoli, com'egli più li desidera, mi creda sempre pieno di sincera stima e considerazione. Di Ramuscello presso S. Vito al Tagliamelo, 22 ottobre, 1838. _ DI GIAMPIETRO TADDEI Quantunque io non abbia l'onore di conoscerla personalmente, ma solo pei molti elogi che facevami d Lei mio fratello D.r Domenico, di cara memoria, ciò nor |et tanto mi prendo la libertà di scriverle per darle aotizia dell'eccellente esito avuto anche in quest'anno dai bachi di semente da Lei favoritaci; anzi Le dirò che diedero più prodotto i bachi di semente capodistriana, jche quelli di Adrianopoli, del Levante e della Toscana. Quest'anno appunto essendomi giunti a maturità i ibachi del seme da Lei ricevuto, ed essendosi preserrati immuni da malattia, ho deciso di fare io stesso la semente colla partita più scelta per l'anno venturo. Se poi vedrò che nella nascita delle farfalle non vi sarà Icerta perfezione, io mi rivolgerò subito a Lei, perchè mi spedisca del seme uguale a quello degli anni scorsi, attesa la stima ch'io Le porto per le sue cognizioni, onestà e coscienza. Anche la sua semente jeomperata da mio fratello pel signor Marchesini di pi, diede un abbondante raccolto. Se, come Le dissi, non avrò il desiderato esito dalle mie farfalle, Le scriverò fra pochi giorni, pregandola di oncie 165 di semente confezionata da Lei. Pur troppo, le Società bacologiche sono andate in discredito: elle non pensano che al loro interesse, senza calcolare il danno che procurano agli altri colle loro esagerate speculazioni. Mi perdoni, egregio signor marchese, se ho azzardato di sriverle, e offerendole la mia debole servitù ho l'onore di essere. Ala di Trento, 7 giugno 1858. DEL COMMENDATORE GAETANO CANTONI Il giorno dopo d'averle scritto mi arrivava la cassetta contenente delle farfalle già accoppiate e guaste dal rimanere a lungo rinchiuse. Levati subito i bozzoli, ed esposti all' aria, riacquistarono consistenza. Nei giorni 30 giugno, e 1 e 2 luglio uscirono tutte le farfalle. " Con queste potei fare ventuna copie esenti da corpuscoli, ma piene zeppe di certi altri corpi che il Béchamp chiama microeimi, e sarebbero gl'indizi della malattia dei morti passi, che ora assume granai proporzioni. Le femmine deposero le uova soltanto dopo dieciotto 0 venti ore, molte anche dopo due tre giorni, e non poche non ne deposero affatto. Vissero dodici giorni, e stanco di vederle inoperose, estrassi le uova da quelle che non le avevano deposte, ed ebbi che in media ogni farfalla avrebbe dovuto deporre poco più di '/a grammo ciascuna. Se le ventun copie avessero dato il. loro prodotto normale avrei potuto spedirle almeno un dodici grammi di seme, a vece di sei. Io non so se le anomalie osservate dipendano dall'essere stati i bozzoli a lungo rinchiusi in scatola alla quale l'Ufficio di Messaggeria chiuse tutti i fori, 1 o se dipendono da altre cause. In ogni modo quel poco di seme senza corpuscoli potrebbe servire a constatare se realmente dovesse un esito infelice alla presenza dei microeimi, morendo passo. Se farà l'esperienza, la pregherei ad informarmene. Frattanto mi tenga per umilissimo servo. Di Torino, 14 luglio 1868 DI EUGENIO PAVANI Nella recentissima mia escursione fatta a Pirano, trovandomi a Salvore presso l'amico Dottor Gabrielli, pesti fecemi osservare alcune piante di gelsi, le cui foglie avevano un aspetto ben curioso. Guardandole con attenzione ad occhio nudo, io era d'avviso che a ri-i durle in tale condizione dovesse essere un insetto pa-, rassita. Ne raccolsi alquante, e jeri mattina col collega Stossich, messa una foglia a macerazione, assoggettammo il liquido ad esame microscopico. La mia sorpresa fu iu vero straordinaria, quando io m'accorsi della presenza di uu corpuscolo fra le sporule fangose del parassita di cui era invasa la foglia. Esaminati altri campi trovammo una quantità di corpuscoli, identici a quelli che si rinvengono sul baco. Striturata la foglia come si fa del seme dei bachi, ne trovammo una quantità stragrande. Se i miei occhi non m'ingannano, se il microscopio non isbaglia, se Tossich ed io non siamo pazzi, il problema della malattia delle foglie del gelso sarebbe con ciò risolto. Ho scritto subito alPHaberlandt, inviandogli ad esame quattro foglie e pregandolo a volermi ragguagliare sopra l'esito delle sue osservazioni e ricerche. Qui occluse, trasmetto a V. S. due foglie: La progo a volernele esaminare microscopicamente, favorendomi poscia un cenno. Ella troverà i corpuscoli nel fungo, dalle cui sporule escono e rientrano. La avverto poi che ho macerato le foglie coll'ac-qua distillata, quindi perfettamente netta. Frattanto m'abbia per suo devotissimo. Di Trieste, 23 maggio 1869. DEL PROFESSORE C. STUDIATI Tante grazie, distinto signore, dei ragguagli eh' Ella si compiacque mandarmi, e che ho gradito moltissimo; •— delle parole per me troppo cortesi con cui ella li accompagna, non dico nulla, perchè non meritate per fermo, ed effetto soltanto della gentilezza di Lei. È abitudine che deriva da' miei studii consueti quella di invocare come unicamente buona l'autorità dei fatti, ma dei fatti completamente osservati e raccolti in circostanze tali da renderli veramente attendibili. E la via che porta a buon fine in ogni sorta di indagini, ed è credibile abbia a recare buoni frutti anche nelle oscure e complesse quistioni delle malattie de' filugelli, purché battuta con molta perseveranza. Quello che Ella ha notato circa il colore delle uova, potrebbe essere cosa di molta importanza. Certo, il fatto nuovo che Le occorse notare, non basta per decidere; ma vi è apparenza di ragionevolezza che i caratteri del blasto-derma possano avere qualche annessione coi caratteri dell'organismo che deriverà dall'uovo. Gioverà dunque proseguire l'indagine, com'Ella giustamente osserva, per verificare se il fatto si ripeta con sufficiente costanza. In quanto all' ammuffìmento de' farfallini a preferenza delle femmine, nulla oserei dire, perchè Ella ben sa che la comparsa della muffa è cosa derivante da circostanze numerose e diverse, e sarebbe difficile da un solo caso argomentare come procedettero le cose. Potrebbe influirvi, com'Ella dice, la composizione diversa del corpo mascolino per ciò che deriva dagli organi genitali. Nuovamente ringraziandola della sua gradita comunicazione, me Le dichiaro. (Continua) Di Pisa, 25 luglio 1873. Ls viti estenuate ed i soversci Fra i più importanti problemi che deve risolvere il viticultore sta certamente quello che ha tratto al miglioramento delle viti estenuate o per mala coltura 0 per negligenza nel concimare il terreno. Il loro prodotto scende in tal caso a pochi ettolitri di vino per ettare, ed è allora che si odono ridicole invettive contro la preziosa ampelidea che è pur sempre, checché se ne dica, una fra le coltivazioni le più rimuneratrici. Ma come migliorare le viti stanche e sfinite? I mezzi sono varii; il primo però che si affaccia alla mente d'ognuno è l'uso di abbondanti letamazioni. Con esse le parti legnose della vite riprendono novello ed ampio sviluppo, le radici si estendono viemmeglio, ed in conseguenza di tutto ciò si hanno molte gemme frut-tificose e molt'uva. Noi però non vorremmo che si eccedesse nell'uso del letame di stalla : per esempio ci pare soverchia la dose consigliata dal dott. Guyot, cioè 500 miriagrammi per anno e per ettare 1) nelle terre di prima qualità ; 1000 nelle buono, 1500 nelle mediocri e 2000 nelle sterili o cattive. La pratica paesana insegna che allorquando le viti sono coltivate a filari molto distanti e che negli interfilari sono pure coltivati cereali, civaie ecc., la concimazione che si dà a queste piante basta a mantenere in buono stato anche la vite, se pure il letame non si amministra a dosi soverchiamente scarse; certo in caso di vigneto specializzato, cioè di vite non associata ad altre colture, siccome usiamo noi, devesi ricorrere alla concimazione ; ma essa non deve però mai essere costituita dal solo letame di stalla e quosto, lo ripetiamo, non vuoisi spargere a dosi soverchie perchè ciò promuoverebbe un soverchio rigoglio nelle parti legnose della vite a scapito della quantità dei frutti, oltre di chè danneggerebbe sensibilmente la qualità di questi. Supponendo un vigneto specializzato e con terra mediocre si dovrebbe limitare la quantità del letame di stalla a mir. 1200 ogni tre anni ; si potrebbero toccare 1 2000 mir. se il terreno fosse sterile; che se invece fosse di buona natura non si dovrebbe andar oltre gli 800, sempre ogni tre anni. Come vedesi siamo molto al dissotto delle prescrizioni del Guyot. Se non chè l'impiegar lo stallatico non è sempre cosa agevole. Supponendo pure che il viticultore ne trovi sempre da acquistare, locchè non si può per certo dire facile, accade molto spesso che i trasporti del letame sono difficili e riescono soverchiamente costosi, per cui si rinuncia alla letam inazione e si lasciano deperire le proprie viti. Eppure in tali frangenti il viticultore può trarsi assai bene d'impiccio e supplire alla mancanza del letame. Glie ne porgono il mezzo i soversci, ed ecco come: Questa maniera d'ingrasso costa poco, ed in quanto ai trasporti non costa affatto nulla: le regioni calde in ispecie ne possono trarre non poco giovamento. Ivi si potrebbero seminare tra le file delle viti alla volata ed alle prime pioggie autunnali dei lupini (200 litri ad ettare) i quali, anche non sotterrandoli, vi nasceranno per bene ; al successivo aprile od ai primi di maggio le pianticelle avranno raggiunto ad un dipresso l'altezza di due o tre palmi. Allora si apre, dapprima col mezzo d'un aratro e nel bel mezzo dell'interfilarc un solco profondo da 25 a 30 cent., vi si cacciano dentro i fusti di quella leguminosa, beninteso dopo averli recisi, poscia si comprimono accuratamente pestandoli, in ultimo si ricoprono con terra. Questa concimazione è pregevole di molto e giova non poco a rinvigorire le viti estenuate. Buonissima pratica è altresì quella di vangare l'iuterfilare e sotterrare nel tempo istesso l'erba destinata a sovescio : così invece di vangare il suolo in febbraio od in marzo, non si ha che ad attendere l'aprile od al più il principiar del maggio, soversciando allora man mano che si opera la vangatura, coll'avvertenza di far scendere ben bene al basso le fronde del lupino, comprimendole colla vanga stessa. Il soverscio di lupino ripetuto ogni tre anni nelle terre di poco buona qualità basta a prevenire l'estenua-mento dei ceppi : nelle terre migliori si potrà aspettare anche cinque o sei anni prima di soversciar di nuovo la leguminosa. Invece del lupino si possono seminare, nella stessa stagione, del trifoglio incarnato, della veccia, delle fave, della segala, delle rape, o dei ravettoni : ciò che però vien più raccomandato si è un miscuglio di tutte queste piante o di alcune fra esse, a seconda della natura delle terre. Per esempio, nelle terre forti, fave, rape, e ravettoni ; — nelle granitiche, lupini invece di fave ; — nelle leggere, la segala ; — nelle calcari e nelle siliceo-argillose, la veccia, l'incarnato ecc. Così, volendo citare alcune dosi, si spargeranno 10 chilog. ad ettare di incarnato, due di rape 2) e tre o quattro di ravettoni: questo miscuglio è in generale uno dei più utili per l'intento di cui qui ci occupiamo. Dopo la vendemmia, quando vogliasi preparare erba da soverscio primaverile, si spargono i semi di dette piante senz'altro sul duro suolo, e poscia vi si fa passare sopra un estirpatore (od un scarificatore se il terreno è assai arido e secco) tirato da un cavallo o da una coppia di buoi, a seconda della larghezza dell'iuterfilare. Per tempo in primavera si vedranno crescere le rape ed i ravettoni; nelle regioni calde può dirsi che raggiungono la massima loro altezza nei primi giorni dell'aprile ; invece nelle regioni settentrionali della penisola non si arriva a questo punto che verso il finir dello stesso mese, prima o dopo a seconda delle annate, Per verità se l'inverno è mite, il ravettone, che vien presto assai, si mostra a discreta altezza nell'Italia boreale, già nel mese di marzo, e ciò talvolta anche a dispetto della natura argillosa del terreno. Più sopra abbiamo consigliato di spargere i semi delle rape, dei ravettoni e del trifoglio incarnato sul duro suolo, cioè senza veruna lavorazione (aratura) precedente: la ragione di questo nostro consiglio sta in ciò che non lavorando il suolo, questo si riscalda assai più prontamente ai primi tepori della primavera, locchè giova moltissimo all'incremento delle erbe confidatevi. I semi suddetti sono del resto assai tenui, l'estirpatura basta a sotterrarli quanto occorre ; uu sotterramento più profondo lor nuocerebbe, come è a tutti noto. Insistiamo sul soverscio composto di trifoglio incarnato, rape e ravettoni, perchè ci pare che si possa raccomandare senza tema per tutte le regioni italiane: le sono piante che resistono ai freddi invernali e che crescono con rapidità ai primi tepori primaverili, per cui si possono soversciare le fronde in aprile, all'incirca all'epoca dei lavori nelle vigne; l'incarnat: si coltiva sotto ogni clima del nostro paese, e lo stesso deve dirsi delle rape ; è pure estesa massime nell'alta Italia, la col' tura del ravettone. Valiamocene adunque. 1) In altri termini 1500 miriagrammi ogni tre anni. 2) Invece di rape ei possono usare i rafani. Nulla diremo della pratica del soversciare, perchè assai facile : solo noteremo che tutti consigliano di sotterrare le frondi a 20 centim. almeno di profondità, onde richiamare al basso le radici ed avere il suolo più fresco durante la stagione estiva, cosa questa essenzia-lissima. È la stessa profondità che consigliava Guyot per il sotterramento del letame, benché egli fosse un viti-cultore più del Nord cbe del Sud della vicina Francia. Ottavio Ottavi. (Dal Periodico mensile ''Atti e Memorie dell' I, R. Società Agraria di Gorizia,,) IL© S uOipìisì)© Nel volgere di questi ultimi anni s'è andato costituendo un numero considerevole di nuove società alpine. Ecco a questo proposito alcuni interessanti particolari : La società svizzera conta precisamente, 2300 soci, [ divisi in 22 sezioni, le quali hanno alla loro volta numerose suddivisioni. L'anno scorso la società svizzera diede prove di grande attività, e il programma del 1878-79 le darà molto a fare. Oltre i lavori letterari cartografici e la pubblicazione di una guida al Monte Rosa, la Società ha preso le sue misure per la costruzione di un gran numero di ricoveri e di capanne nelle montagne di sosta. Recentemente un club militare si affigliò alla Società svizzera alpina. La società inglese, probabilmente la più antica, sembra essere restata qualche poco indietro. Altre società più giovani e più attive hanno preso il suo posto. Nel 1877 il numero de' suoi soci non aumentò punto. La tradizione, che faceva ammettere nel suo seno chiunque avesse reso dei servigi letterari e artistici che aggiungessero qualcosa alle nozioni già aquisite intorno alle montagne, andò perduta. Fra le società alpine più giovani, meritano speciale menzione, quella di Francia e d'Italia. La prima conta attualmente 2700 membri e possiede una rendita di circa 30000 franchi. Nel 1876 consacrò 28000 franchi, e 26000 nel 1877, a pubblicazioni artistiche e letterarie, aventi lo scopo di diffondere informazioni sulle parti ancora inesplorate delle Alpi e dei Pirenei. Questa società ha parecchie sezioni in centri diversi a Parigi, nell'Isére, Brianfon ecc. A Grenoble s'è formata una nuova società, indipendente, quella dei toristi del Delfinato, che conta già ! 524 soci. La società alpina italiana, si accrebbe l'anno scorso di un gran numero di soci; essa ne conta attualmente 3511. No era presidente onorario il compianto Re Vittorio Emanuele. Fra le sue 34 sezioni, quella di Firenze ha fatto grandi _ lavori nel 1877 per la costruzione di strade e ricoveri e per la formazione di un corpo di guide. Come la società alpina francese, quella italiana organizza delle ' escursioni di istruzione. In Austria v'è la società dei toristi, la $uale alla fine del 1877 contava 2000 soci, divisi in parecchie sezioni, e con una rendita di 15743 fiorini. Sopra questa somma, la società consacrò 7000 fiorini a costruzioni 1 e a viaggi. In Austria v'è altresì un'altra società alpina, nu-merossima, sotto il nome Austro - Germanica, e la sua sede è a Munich. Essa conta 8816 membri divisi in 65 sezioni. L'anno scorso essa consacrò il 60°|o delle sue rendite a lavori letterarii, d'arte e di cartografia, il 25°|o alla costruzione di strade e di capanne nelle montagne, e si dedicò a formare delle guide esperte e coraggiose. Nella stessa monarchia vi è inoltre un numero considerevole di società meno importanti, fondate collo stesso scopo; come, ad esempio, la trentina, goriziana, triestina, istriana ecc. Negli Stati Uniti, la società degli Apalaclies, compie molti lavori di esploi azione, di cartografia, per rendere accessibili le montagne degli Apalaclies. Quest'è una delle società più importanti nel suo genere; essa pubblica una Rivista trimestrale Les Apalaclies, la quale contiene sempre delle memorie e degli studii di grande valore ed importanza scientifica. „ B. SCUOLA DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA in conegliano ——i63S©—- Avviso L'unica Scuola Regionale di Viticoltura ed Enologia esistente in Italia volge al terzo anno di vita Questa Istituzione il cui scopo deve interessare particolarmente gli agricoltori di tutte le regioni vinicole italiane, fondata sulle basi di quelle più rinomate dell'estero, è regolata in modo che possa rispondere ai bisogni della Viticoltura e dell'Industria vinicola nazionale, e confarsi all'indole della gioventù italiana. Ben provveduta di gabinetti scientifici, di mezzi didattici, di quelli altri non meno importanti per le esercitazioni pratiche; d'un personale insegnante sperimentato per capacità, e infine situata iu un ameno paese, dove la Viticoltura è estesa ed offre svariatissime condizioni, è oggi in grado di assicurare alla gioventù studiosa un istruzione teorico -pratica completa, non solo in ciò cbe riguarda la Viticoltura e l'arte di fare il vino, ma bene anche nelle altre discipline agrarie e nella tenuta d'una amministrazione. La scuola comprende due corsi distinti a seconda del grado d'istruzione avuta precedentemente e della posizione alla quale gli allievi intendono di prepararsi. All'insegnamento di primo grado o corso inferiore diviso in due anni, vengono ammessi i giovani che provino con un esame di saper leggere, scrivere e far di conto, che abbiano 15 anni compiuti e che intendano diventare degli esperti vignaiuoli, cantinieri e castaidi. Essi hanno tre ore di lezione giornaliere, il resto della giornata si impiega in lavoro obbligatorio nei vigneti e cantine. Questi allievi ricevono l'istruzione gratuita, percepiscono L. 50 annue come compenso pel lavoro prestato e possono avere come premi altre L. 3 mensili. Il corso superiore diviso in tre anni ha per iscopo di istituire figli di proprietari, di far dei dirigenti ed amministratori di aziende agrarie e dei Direttori di case e società pel commercio del vino. Si ammettono nel 1° anno i licenziati dalle scuole Tecniche e dai Ginnasi; nel 2° i licenziati dalla sezione agronomica degli Istituti Tecnici, nonché quelli del Liceo, purché superino il corrispondente esame di agronomia, chimica e disegno. L'istruzione sarà da 5 a 6 ore giornaliere, accompagnata da dimostrazioni, e esercitazioni nei laboratori chimico e microscopico, nei vigneti e cantine della Scuola Enologica Provinciale. La tassa scolastica è per questi allievi di L. 40 annue, per gli uditori L. 8 mensili, non compresa la tassa speciale per le'lingue straniere facoltative e il deposito per lo esercitazioni chimiche. L'iscrizione pel corso inferiore dovrà farsi entro il 30 settembre, pel corso superiore entro il 20 ottobre. Il regolamento e il programma della Scuola verranno spediti a chi ne farà richiesta alla rispettiva Direzione. Lo sviluppo che ha preso oggi l'industria vinicola in Italia ed il bisogno ognor crescente d'un personale tecnico capace, hanuo già assicurato alla E. Scuola un concorso numeroso di allievi. I proprietari di fondi vitati che vogliono fare della viticoltura una risorsa agricola di primaria importanza, devono comprendere il gran tesoro di questa istituzione aperta alla gioventù. Conegliano, agosto 1878 Il Presidente del Consiglio d'Amministrazione CAV. D « A. CAEPENÈ I membri del Consiglio Cav. Antonio Caccianiga Cav. D.r Marco Geassini Dr Paolo Molinelli Cav. D.r Giacomo Moro Cav. D.r Gio. Batta Bellati Il Direttore della scuola Prof. G. B. Cerletti NOTIZIE Domenica 18 decorso fu posto a piede libero quel signor Mezzer ch'era stato arrestato e tenuto prigione a Pisino come sospetto di aver preso parte attiva alle dimostrazioni dei primi dì dello scorso giugno. Neil' istesso giorno poi fu praticata una rigorosa perquisizione domiciliare nell'abitazione dell'egregio avv. Dr. G. Scampicchio di Albona. Per quanto consta non vi fu rinvenuto nulla di compromettente. (Indipendente) La sera del 15 agosto partirono alla volta di Lubiana col treno postale e sotto forte scorta, i due giovani istriani, studenti universitarii, Felice Benatti di Pirano e Luigi Quarantotto di Eovigno, accusati del crimine di alto tradimento. II giorno 7 del corrente si presenteranno essi dinanzi a quella Corte d'Assise destinata, dietro domanda della Procura di Stato di Trieste, a trattare il dibattimento in loro confronto. A favore delle famiglie degli annegati di Valle-Oltra, fu raccolto in Trieste l'importo di quasi fior. 4000, e a Capodistria di fior. 253.10. Il dì 16 settembre avrà luogo in Pisino il conferimento di premii per cavalli idonei per le razze. La Commissione premiatrice si radunerà alle ore 10 antimeridiane, ed i concorrenti che si presentassero più tardi non saranno presi in considerazione. Da questa partecipazione verranno però escluse le Isole del Quarnero. Leggiamo nell' Indipendente sul raccolto delle nostre frutta in quest'anno: "L'Istria, terra fertilissima, ma esposta più d'ogni altra ai danni della siccità, perchè mancante d'una regolare irrigazione, trovò quest'anno nelle pioggie abbondanti una fonte insperata di benessere, una fonte promet-titrice della più ubertosa raccolta. (Purtroppo, la perseve» rante incostanza atmosferica, e specialmente gli spessi ed abbondanti acquazzoni, vanno illudendo le nostre speranze di tanto ubertoso raccolto, cui accenna l'Indipendente. N. d. E.). — Anche in quelle località danneggiate dalla grandine, il contadino nutre lusinga che tutto non sarà perduto. — In quanto poi al raccolto delle frutta, basta dare un' occhiata al mercato triestino, per persuadersi della sua buona riuscita, e l'Istria, che fu in ogni tempo il vero frutteto della nostra città, quest' anno potè esportarne quantità rilevantissime nell' interno della monarchia austriaca, e segnatamente a Vienna., Allo scopo di vieppiù facilitare la partecipazione degli agricoltori della provincia di Gorizia alle lezioni dei Corsi di pomologia e vinificazione, iniziati già da ; quattro anni presso la Scuola Agraria Provinciale, la Società Agraria stabiliva quest' anno dei corsi ambulanti, ricercando i professori della Scuola Agraria per l'insegnamento. Le lezioni saranno pubbliche, ed alle stesse sono specialmente chiamati i pomicultori e vignajoti, nonché gli agricoltori in generale siano proprietari che coloni. In quelle lezioni si tratterà della vendemmia, della fattura del vino, della potatura della vite, e delle piante fruttifere. Con un sussidio generoso accordatole dal Ministero d'Agricoltura, la Società Agraria di Gorizia, stabilisce alcuni stipendii per quegli agricoltori mancanti di mezzi e desiderosi di frequentare le lezioni. In Grecia è scoppiata la peste bovina, motivo per cui venne inibita l'introduzione di bestiame da quelle parti in Italia. _ Cose locali La famiglia Vidacovich, in occasione di lutto domestico, elargì 25 fior, al Civico Ospedale, e altrettanti all'Asilo d'Infanzia. _ Per la seconda metà del prossimo carnovale, cioè dal 1 febbraio al 2 Marzo 1879, fu scritturata la dtammatica compagnia Lazzeri, diretta dalla signora Leontina Papà, prima attrice che occupa un distinto seggio nella drammatica italiana. Pubblico ringraziamento La sottoscritta adempie un dovere con l'esprimere vive grazie a tutti quei buoni che, nella sventura dalla quale fu colpita per la perdita dell'adorata consorte e madre, le manifestarono sinceri sentimenti di condoglianza ed onorarono la memoria della cara estinta accompagnandone la salma all' ultima dimora. Capodistria, 18 agosto 1878 Famiglia Vìdacovicli Appunti Bibliografici Grli Zingani in Italia I PRECURSORI È un lamento generale. La scuola realista invade il campo dell'arte; romanzieri, poeti, giornalisti, commediografi diventano ogni giorno più scapigliati, e passano con armi e bagaglio sotto le nere tende degli Zingani : la Boemia letteraria regna sovrana. E come c'entra la pacifica e industriale Boemia, la patria dei compassati e metodici maestri di cappella, e dei fabbricatori di vetri? > È una domanda che ho fatto ingenuamente a me stesso, dieci anni^or sono ai primi rumori di queste guerriglie dell'arte. È troppo noto che gli Zingani si chiamano in Francia Boemi, come Pagani in Olanda, Egizii in Inghilterra, Gitani in Ispagna e Zigainer in Germania. Che relazione ci passi tra Zingani e Boemi non ve lo saprei dire : fatto sta che gli Zingani si chiamano in Francia Boemi; onde Boemia letteraria da ultimo vuol dire letteratura scapigliata da scrittori vagabondi e poveri che non hanno certi riguardi sociali, e mettono in piazza le comuni miserie. Forse c'è qualche relazione tra gli Zingani e i fratelli Boemi seguaci di Ilus in Boemia, che vivevano nel secolo 15 lontani dal sociale consorzio e detti perciò cavernai; o come è più probabile il volgo, che conosce geografia così all'ingrosso, gli avrà confusi cogli Ungheresi e con l'Ungheria, dove realmente gli Zingani sono di casa. Ma non ingolfiamoci in disquisizioni storico-filologiche, dove è così facile pigliar pa-l peri per cigni: e ritorniamo alla Boemia letteraria. Il vero fondatore di questa fu ai nostri giorni Henry Mùrger ; e i primi saggi ne apparvero nella Bevue des deux mondes nei noti: Les Buveurs d'eau — scene della vita d'artista. E comprendono: Francis Bernier 15 Nov. 1853; Helene 15 Mar. e 1 Ap. 1854; Lazare 15 Ott. 1854, e il bellissimo bozzetto: Les Vacances de Camille. Scene della vita reale 15 Ap. 1 e 15 Mag. 1 Giù. 1857. Ma questi bevitori d'acqua sono ben lontani dalla scapigliata anzi ebbra licenza dei moderni bevitori di assenzio. Nei Bevitori d'acqua si descrive la povera e stentata vita di alcuni giovani artisti francesi, che a forza di stenti e di privazioni si studiano, lottando col mondo gaudente ed officiale di farsi largo e di procurarsi uno stato. Sono scene della vita reale in ' opposizione ai tipi classici, prestabiliti, e a certa letteratura serafica divenuta di moda, e portata ai sette cieli I dagl'improvvidi ammiratori. Ma nulla trovi in queste scene che possa reggere al confronto dei moderni Realisti ; i primi furono scapigliati sì, ma non scollati nè scamiciati come gli Zingani che ora tengono il campo. Le vacanze di Camilla per esempio è un caro bozzetto che ci resta per lungo < tempo dipinto alla fantasia corno un quadro di genere ' dell'Induno. Murger e i suoi seguaci aprirono un sentiero, se non nuovo del tutto agli Italiani, dopo gli esempi J del Cellini, di molti novellieri e del Gozzi, certo con molto aspetto di novità. È un prender l'arte, così come i dicesi, sotto gamba ; è un fare a rimbalzello, scagliando il sassolino come i birichini facendo cianchetta: un' amabile negligenza, uno stile spigliato, un periodare liscio liscio, senza svolte e ghirigori; è una lingua fresca, viva, popolana, chiassosa, con qualche sproposito di grammatica magari, buttato là come un vezzo: una reazione insomma contro lo stile sui trampoli, le descrizioni classiche e i periodoni modello, buoni per le Antologie, Crestomazie, Saggi finali e Fiori di memoria delle scuole. Quindi la letteratura di Schizzi, Scene, Bozzetti, tanto in voga oggidì, dai Bozzetti del nostro Eevere, fino ai recentissimi di Jack la Bolina. (1) Ma questi, si noti bene, nulla hanno a fare con gli errori e i traviamenti dei realisti; sono lavori d'italiani, che imitando un genere importato, hanno saputo mantenersi italiani. Un vero precursore del genere un po' scollato sa-rebbe in Italia Cletto Arrighi nel suo: La Scapigliati) Bozzetti di mare. Genova 1878. tura e^il 6 febbraio, romanzo contemporaneo. (Milano 1862). Ma anche qui in confronto delle moderne licenze, siamo sempre nell'anticamera dell'ideale. La sua Gigia non è la lorette, non è la grisette ; è semplicemente l'amorosa, come bene osserva il Camerini (2).„ vi si ravvisano le modificazioni del germe straniero nel suo trapiantamento in Italia, specialmente in quella cospirazione per la indipendenza e libertà che salvò la gioventù italiana dalla frivolezza e corruttela che ammorbano in gran parte la vita e la letteratura contemporanea." La quale può avere, ed ha realmente precursori in casa senza cercarne altrove col lumicino. Inutile perciò rammentare il Decameroue, i comici, e certi novellieri e poeti del cinquecento, e poi via via, incredibile dictu, fino all' Emiliani Giudici chè in un romanzo morto e seppellito — Beppe Arpia — comandò al proto lasciasse vuota una pagina intera, che troppo dice nella sua muta e sporca eloquenza, e che più di una sozza e scapigliata fante tuffata nella gora puzzolente di Malebolge, si vergognerebbe forse riempiere. Ma tra la corruttela antica e la moderna c'è questa differenza, che i vecchi qualche volta vi cascavano con quella loro amabile spigliatezza, senza darci alcuna importanza, mentre i moderni ne fanno'argomento di libri sopra libri, e pare ci trovino un gusto matto ad avvoltolarsi in quel brago; e ribattono sullo stesso chiodo, come se a questo mondo non ci fosse proprio altro a fare; e le glorie, l'a-zioue, la vita, il fine, il piacere, tutto tutto l'uomo fosse rimpicciolito e confinato nel solo uso delle forze riproduttive. Si aggiunga, che mentre i vecchi di lubrici argomenti trattavano per far ridere le brigate, e in questo pur troppo rappresentavano i loro tempi, e dicevano pane al pane, e cacio al cacio senza le moderne ipocrisie, adesso si vuol inorpellare quelle sozzure con nuovi paroliui di scopi e di riforme sociali. E guai a chi o-sasse riprenderli (così toccò teste al bravo Rizzi con lo Stecchetti) che sono buoni di mostrarsi offesi della : interpretazione, e di sfoderare in faccia all'Italia tutti gli atti loro magnanimi e le occulte virtù, che sono | proprio l'antitesi di quei vizi, di cui si sono fatti belli negli scritti, come se fosse la massima ingiustizia di giudicare il vino dall'odor del cocchiume, e l'uomo interiore dalle parole e dagli scritti. Ancora una domanda. Perchè mai questa recrudescenza della vecchia piaga; perchè questa invasione di Zingani sui campi dell'Italia libera ed una? A dire di tutte le cause sarebbe un andar a Roma per Mugello; e si a-vrebbe a risalire lontano lontano. Per dire delle più ovvie e vicine ne accennerò due sole: 1. Smania di farsi conoscere, e procurarsi per fas et nefas uno stato. 2. Scimmiotteria. La prima proviene da educazione sbagliata; ed è un triste frutto di libertà degenerata in licenza. Quando la vita pubblica era poco o nulla, e il campo di attività dell'individuo ristretto nella famiglia e nella cerchia degli amici, ognuno avea la coscienza di poter divenire utile anche in modesto ufficio al proprio paese ; perciò non così era sentita la brama di distinguersi, di far rumore, di procurarsi uno stato. Adesso che si fa tutto in piazza, che lo strepito è tanto, ed i concorrenti molti, bisogna sbracciarsi, bisogna attirara in qualche modo l'attenzione della turba che passa : fare effetto, ecco la grande parola ; come ? non importa. Nelle scuole poi si andava piano ma sano, secondo il noto proverbio; i classici si 1 (2) Nuovi profili letterari. Milano, Battezzati 1875. aveano a trattare con diurna e notturna mano ; e il, sudavit et alsit era il motto d'ordine per arrivare al tempio della fama. Andate a ripeterlo ai nostri giovani, ai quali si è quadrata la testa colla geometria già nell'asilo, esperti della vita, sfruttati, disingannati a sedici anni, sodi e positivi, ai quali dal babbo affaccendato, dal professore affannone, sgobbone, politicone,ma se non con la parola, certo con l'esempio, più efficace della parola, mille volte si è ripetuto, che scopo dello studio si è strappare un attestato per procurarsi uno stato, 0 come volgarmente si dice *per farsi una posizione„. Non dico già, si noti bene, con questo, che il metodo vecchio fosse migliore del nuovo nè che la libertà sia una brutta cosa: Dio me ne liberi. Noto solo un fatto; siamo nuovi alla vita pubblica, si vuol correre per risarcirci del tempo perduto; il senno verrà poi, verranno poi, passata la presente licenza, i frutti della libertà: di questo siamo persuasi. Ed anche vo' si sappia che il male non è poi tanto grave, che il grosso della nazione è sempre sano, e che in Italia si lasciano sbraitare gli schiamazzatori ; ma poi si ride, e prevale il buon senso, e certe teorie non si pigliano sul serio come altrove. Largo campo d'azione a queste speranze in erba della patria sono i giornalucci ed i tanti periodici, scioccamente umoristici dove chi più le sballa nuove e grosse è accolto a braccia aperte ; dove tanti si prestano a fare la stamburata (réclame), e a mettere sul piedestallo gli uomini nuovi. Siamo giusti però; a fuorviare giovani di buoni studi concorrono sovente anche i giornali gravi, che o innalzano alle stelle, o gittano nel fango, e nell'autore non guadano che a una cosa sola: alla bandiera. Anche i giornali togati (tale è lo stato miserabile della critica odierna) fanno una critica d'azzardo, giudicano a casaccio secondo la raccomandazione di qualche socio o collaboratore. Così avviene che giovani onesti ed anche vecchi sieno sconosciuti in Italia, e perciò s'arrabbiano, fanno gli eccentrici ; e presa una volta l'aire non si sa dove si vada a finire. Tutti non sono Giobbi, e non è quindi a maravigliarsi se tanti danno oggi in gallinacci e stecche false, purché si dica di loro con ipocrita pietà: Povero giovane, peccato che non abbia studio ; la voce è si bella ! Seconda causa : la scimmiotteria. I geni, si sa, non crescono come i funghi ; a un periodo di creazione ne succede uno d'imitazione. Come dopo il Manzoni avemmo gì'inspirati innajuoli, così dopo il Leopardi e il Carducci, i Luciferi e i Satanassi. E quanto al Leo'pardi, in tutta questa frega moderna di materialisti e nichilisti, non c'entra proprio per nulla, come dimostrerò in breve altrove con lunga e ordinata scrittura: così il proto partenopeo mi assista. Ma il peggio si è che nei ristretti confini del materialismo, e della moderna Boemia il campo non è arduo certo, e ogni scalzagatto può dire la sua. E qui cedo la penna ad un'egregia donna che così scrive nella Nuova Antologia a proposito di un nuovo romanzo dello Zola: "Non per simpatia per gl'idealisti, ma per sentimento di giustizia parali evidente che le conseguenze di un realismo spinto a questo eccesso saranno assai più nocive all'arte e alla morale che non lo sieno mai state le più sciocche e assurdo esagerazioni dell'idealismo. Almeno in quel vasto campo di tendenze astratte perdevansi facilmente gl'ingegni volgari, e meschini, mentre invece il realismo li può accogliere tutti entro 1 suoi confini ristretti e precisi ove non vi ha volgarità che si perda e mediocrità che non trovi il suo punto d'appoggio. E se col pensiero si va indagando quale può essere l'evoluzione avvenire di questa scuola, non si può fare a meno di riflettere dolorosamente che essa costituisce un pericolo serio e reale per il nostro avvenire letterario ; dico nostro perchè l'influenza del romanzo e del dramma francese è più che mai efficace sulla nostra letteratura.^, (3) Ciò premesso, diremo in altri articoli di alcuni Zin-gani in verso e in prosa, e dei loro strenui oppositori. __P. T. (3) Emma. Nuova Antologia. 1 Giugno 1878. Pubblicazioni Nel "Fanfulla da Lodi„ del 17 agosto, sotto 1* appendice intitolata : Macchiette dell' emigrazione veneta, si legge la seguente nota appostavi dalla redazione : "Un libro facile, ameno, che ricordi gli episodi della nostra epopea nazionale, e specialmente i fasti e nefasti dell' emigrazione veneta tra il 59 e il 66, è sempre un pio desiderio. Ora questo libro si sta compilando, e uscirà forse entro l'anno per cura del preside del nostro Liceo, signor Cavaliere Antonio Coiz, friulano, già uno dei membri più attivi del Comitato a Milano in quel tempo, e del professore Paolo Tedeschi, triestino, il quale mette in carta gli appunti e i dati storici dell' amico. Per ora si manda in aria un provino, stampando nel Fanfulla alcune di queste Macchiette, le più brevi e adatte all'indole del nostro giornale.„ (Unione) Varietà Spedizioni al Polo-Nord Negli Stati'Uniti le spedizioni al polo Nord attirano di nuovo l'attenzione pubblica. Il Direttore del New-York Herald, signor James Gordon Beanett, al quale la scienza è debitrice di importanti intraprese geografiche, ha risoluto l'invio di una doppia spedizione al polo Nord; una nave vi si dirigerà per lo stretto di Behring, l'altra per lo Spitzberg. Nello scorso mese lo steaner Jeannette, allestito ed equipaggiato dal sig. Bennett, lasciò Nuova York per S. Francisco : esso passerà lo stretto di Behring sul principio del prossimo anno. L'altro bastimento che il direttore del New-York Herald ha intenzione di spedire nelle regioni artiche è il suo magnifico yacht il Dauntless, nave solida e assai veloce. Ma chiede che il dipartimento della marina degli Stati Uniti fornisca l'equipaggio, gli ufficiali e le provvigioni, offerendo di prendere a suo carico tutto il rimanente. Il Dauntless sarà munito d'una macchina e d'un' elice ausiliari, e sarà allestito il tutto per un viaggio allo Spitzberg. OMISSIONE Fu ommessa nell' ultimo numero la seguente nota : "Nell'articolo Scuole Magistrali, che abbiamo recato dall' Unione, dov' esso accenna all' azione che dovrebbe prendere la spettabile Giunta Provinciale, si riporti il lettore al deliberato della Eccelsa Dieta, emesso in seguito a proposta Barsau, e che venne pubblicato nei protocolli relativi. „ Nota della Red.