ANNALES ■ Ser. hist, socio!. • 10 • 2000 1 (20) saßgio scientific«? originale UDC 262.3 Tneste-Capodistria:262.14(450-8)"1932/1936" ricevuto: 1998-09-08 LA "NORMALIZZAZiONE" DELLE DIOCESI ISTRIANE (1932-1936), CON PARTICOLARE RIFERIMENTO A QUELLE Di TRIESTE E FiUME Sebastiano 8FRALDO IT-30174 Mestre-Venezia, Via Monte ßenco 5 SINTESI Nelle pagine qui pubblicate si é cércalo di riassumerc ta conctusione del disegno strategico dello St3(o italiano tra le due guerre, che intese demolire la resistenza alia propria política nazionalista nelía penisola istriana colpendo i rappresentati culfurali della tradizione slava piu radicati nel territorio, quegli intellettuali delle común i tá che erano i sacerdoti, imponendo al loro controllo vescovi italianamente fidati. II contributo é stato realizzato grazie alia collazione di una serie di interventi storiografici nonché all'utilizzo di materiale d'archivio aguardante la diócesi di Trieste-Capodislria. Lacunosa é risultata l'indagine sulla diócesi parentino-polense per la difficoltá incontrate nel reperire materiale bibliográfico e archivistíco. Emerge tuttavia un quadro nítido dei rapporti intercorsi fra gli attori di questa vlcenda: Ordinari vescovill, sacerdoti di tradizione slava e italiana, amministrazione statale e regionale, S. Sede. Ne risultó che dalla seconda meta degli anni trenta in tutta l'lstria sacerdoti sloveni e croad patirono l'isolamento dalle proprie gerarchie, nell'appartenenza ad una Cbiesa che si era voluta integralmente italiana. Parole chiavc: diócesi istriane, fascismo, nazionalismo, italianizzazione "NORMALISATION" OF ISTRAN DIOCESES (1932-1936) (WITH SPECIAL EMPHASIS ON THE TRIESTE AND RIJEKA DIOCESES) ABSTRACT The article summarises the concluding part of the strategic plan, with which the Italian state attempted to destroy, between the two wars, the resistance of the opponents of its nationalistic politics on the Is tra n peninsula. The state hit out at the cultural representatives of the Slav heritage, which were most deeply rooted in this territory, at those particular intellectuals who were in these communities embodied, so to speak, by priests, and this simply by subjecting them to the control of the bishops most ardently loyal to Italy. The present study ivas made on the basis of collation of a number of historical contributions and on the basis of the archive material dealing with the Trieste-Koper diocese. The PoreC-Puta diocese is dealt with much less systematically, due particularly to the difficulties in collecting bibliographical and archive materials. In spite of it all, a clear picture is acquired of the relations made between the active participants in those events: between ordinaries, priests of Slav and Italian origin, state and provincial administration, and the Holy Seal. And as the church hierarchy was a part of the Church that had made, a decision to be nothing but Italian, (he Is/ran Slovene and Croatian priests suddenly found themselves, in the sccond part of the JO's, in total seclusion. Key words: Istrian dioceses, fascism, nationalism, Italianization 111 ANNALES • Ser. hisl. socio!. • 10 2000 1 (20) Sebastiano BcRALDO: LA "NORMALtZZAZIOMÉ" DtiLLf OlOCESM5TRlANE<1932'1936)..., 1T1-Î38 INTRODUZIONE 1! saggio vuole ricostruire uno dei tasseilí della ví-cenda storica di quel clero slavofono che ¡n Istria dal-l'ottocento rese tratto marcante della propria azione pastorale la difesa e (o sviluppo deile "proprie" comunità parrocchiali in opposizione alla dominanza politicoeconómica della borghesia italiana. Si tralla della bonifica dai vertici della chiesa regionale di tutti gli elementi disorganici al progetto di italianizzazione forzosa voluto dallo Stato fascista. L'ambiente antropo-geografico in cui si erano mossi gli agenti di questa vicenda era caratterizzato, come noto, dall'opposizione fra una borghesia cittadina di lingua italiana e un elemento contadíno piccolo propietario, lingüísticamente ¡brido, perlopiù slavofono nei distretti interni e nella parte sud orientale della penisola; a questo si aggiungeva una rada e giovane piccola borghesia croata e slovena in ascesa. II sacerdote fu la figura di intellettuale che porto in quest'ambiente, tardamente lambito dall'accelerazi-one capilaiistica, una coscienza nazionale elabórala dai maggiori intellettuali croati e sloveni; si trattava di una coscienza sovente caratterizzata da uno slancio pro-tonazionalista, o "j'ugoslavista", aperto adcJirittura ad una coesistenza della tradízione romano-latina e di quella serba e orlodossa, alia ricerca di una propria orgogliosa autonomía storico-culturale. Queste elaborazíoni ideologiche erano irasmesse e ridiffuse dai seminari alie scuole, per le quali si combatte in Istria un'aspra lotta fra amministratori regional) italiani e clero slavo. Nell'Impero tale diffusíone ideó-lógica fu peraltro favorita dall'atteggiamento di Vienna, alie prese con l'inquiéta borghesia italiana giuliana e triestina, nella scelta di Vescovi croati e sloveni per le diócesi della regione. La base contadina e piccolo propietaria in opposizione all'elemento italiano fu recettiva agli stimoli degli intellettuali nazionali sJavi; da questa classe sociale peraltro sorti buona parte del clero croate e sioveno operante in Istria. Sotto lo Stato italiano gli amministratori ebbero modo di reagire alia pressione fatta loro dal clero neí decenni precedentí e taie reazione fu perseguita durante i! Fascismo. II regime cerco di razionaitzzare l'oppressione dell'autonomia d'azione del clero "antiitaliano" mirando gli attacchí, oltre che ai suoi singoli esponenti, ai seminari e diret-tamente alie cattedre vescovili (in questo proseguendo í'opera dei nuovi dominant! che avevano sollevato il vescovo Mahnic' di Veglia nel '18 e Karün, vescovo di Trieste-Capodiostria nel '19), appoggiandosi anche a eíementi italiani deila Chiesa regionale, spesso ¡mportati dal dopoguerra. il Vaticano passó da una posizione attendista nella ridefinizione degli equilibri europei, ad un "consonanza" con lo Stato italiano, ovvero da una vigorosa difesa del clero colpito dalla violenza squa-drista (si pensi alia lettera di Benedetto XV ai vescovo Bartoiomasi neil'agosto del '21) ad una "política del silenzio" nella necessitá di mantenere l'alleanza con lo Stato concordatario, coerentemente alia strategia di Rio XI. Né contra una política síatale che ledeva i diritti dei fedeli di iingua slava si soflevo una compatta e decisa campagna deile organizzazioni cattoíiche, come era ac-caduto nel primo dopoguerra contro le decisioni del Commíssariato Cenerale della Venezia Giulia Augusto Cíuffelli che aveva sanetto ia non obbligatorietá deli insegnamento della religíone cattoiica nelíe scuole, introducendo nei territori annessi la normativa italiana: il Commissario era stato sollevato e la legislazione scolastica regionale riportata a quella austríaca. Jl fronte cattolico era cioé diviso e ia difesa degli "allogloltilf da parte di alcuni settori della Chiesa risuitava debole, ca-pace di solo di raflentare una tendenza di lungo periodo. Negii anní trenta si concludeva ia "normaiiz-zazione" deí vertici diocesani, risultandone ia fine delia conflittualitá rispetto alia política "ítalianizzatrice" del Regime in quella regione nazionaímente mista. LA RESISTENZA DEL VESCOVO FOGAR II vescovo di Trieste e Capodistria Luigi Fogar era stato in udienza dal capo del Governo neíl'apriie del 1931 (Belci, 1985, 62) in uno dei tentativi di frenare ia pressione poliziesca e la campagna dei PNF contro ia resistenza nazionale dei sacerdoti sloveni e croati. Neí Marzo del 1932 il vescovo era costretto a scrivere a Roma, presso il Duce, imputando alie gerarchte regional! del PNF la volontá di continuare nell'attacco contro quei sacerdoti slavi che si opponevano alia itaiianiz-zazione forzata delle popolaztoni di lingua slava. Si trattava di "Fatti sintomatici e perico/osi che contrastarlo evidentemente con le Vostre direttive", scriveva i i scriveva ii Fogar a Mussoimi. In particolare erano stati nuovamente accusati dalle prefetture sacerdoti giá difest dal vescovo Panno prima, quando neí giá pessimo ciima creatosi fra Roma e Vaticano la pastorale deíl'arcivescovo di Zagabria Bauer era stata pretesto per inscenare una nuova reazione ídeoiogica e poliziesca1 ed era ancora In atto una campagna stampa contra lo stesso Fogar, aliméntala 1 Nel pieno della prova di forza del '31 fra Gnverno e S. Sede, conciusasi poi col compromesso di setiembre, montre continuava fa virulenta campagna anticiericale e antisiava nella Venezia Giulia, da Zagabria l'arcivescovo Bauer a marzo, in occasione della festività di S. Giuseppe, aveva fatto dare iett.ura di una pastorale in tutte le chiese deila propria diócesi, dove si invitava a pregare per i croati e gli sloveni "oppressi in Italia". L'tniziativa seguíva ad un migíioramento deí rapporti fra l'episcopato cattolico ed autorità jugoslave e questo attacco alia politice interna italiana poteva rísultare gradito a Belgrado dove il Re, dopo il colpo di stato del '29 cercava di armonizzare i rapporti con í croati ali'interno di un centralismo statale rinnovato. L'iniziativa del Bauer aveva messo in 112 ANNALES • Ser. hisl. socio!. • 10 2000 1 (20) Sebastiano RFR.ALDO. LA "NORMAUZZAZlOW DíUt IJIOCISIISTKIANE (í932-t Wf.¡..., 111-1 38 dall'atteggíamento dei maggiorenti íascisti beaii, proba-bílmente tentati dal mantenere un efima emergenzíale neila provincia per riaffermare il proprío ruolo ai-I interno della gerarchia di partito. ¡I Fogar, quindi, reputava necessario ínvíare a Mus-soiini un Mernoriale, spedito il 9 marzo 1932, nel quale ricordava "innanzitulto che ¡a Diócesi abbraccia terrítorí di (re Province dell'lstria, di Trieste e di Fiume e che convivono nei detti territori fedeii parlanti {'italiano e fedeli parlanti lo slavo" e che quindi necessitava prov-vedere affinché "la religione cornune ad ambedue le stirpi, sia in armonía con le sue piú alte fínalita portatrici di tranquilina, di unione, di pace, specie in una regione ai confini della Patria, particolarmente cara ad ogni italiano per le memoria rec.enti ed antiche" (Klen, 1955, 83-87). II vescovo proponeva, quíndi, la religione come cof-lante sociale vantaggioso anche all'Italia, offrendosi pronto a collaborare col regí me, se ii regime avesse rispettato le esigenze "naturalí" dei fedeli di lingua siava, a integrare anche in quelíe regioni le relazioni createsi fra stato e S. Sede dopo i Patti del Laterano, per quanto scosse dopo gii avvenímenti deí '31. Al governo, il vescovo offriva nel mernoriale i risultati últimamente conseguítí; "l'italianizzazione delie Chiese della Diócesi trovantisi in territorio a popolazione mista", "la sop-pressione da me ordinata di predi che si a ve, l'intro duzione di prediche italiane o esdusiva,mente o accanto alia preclicazione slava in numeróse Chiese della Diócesi", "l'allontanamento dalla parrocchia di Gatti-nara, presso Trieste, del párroco, reo di espressione asti-ose contro il Governo". Il Fogar rammentava, inaltre, la "pacificazione" avvenuta da un anno in la del clero síavo, la cui debole capacita di azione e reazione era riconosciuta dal Procuratore Generale del Re.2 Sí trattava di una "pacificazione" rícordata anche dal sacerdote Leopold jurca nelle sue memoríe per ii quale dal '32 al '38 ie forze di P.S avrebbero mantenuto una pressione continua ma moderata, senza eccedere in vio-lenze (Jurca, 1978, 72), accontentandosi di controlare un movimento di materiale librarío ¡n língua slava che non ¡ncuteva piü tímore: Erano passati ormai píu di dodíci anní dall'annessíone italiana e gíá tre da! concordato, lontani gl¡ anní delie velleitá "jugoslaviste" di moltí sacerdoti "allogloftí". Di contro, ¡I vescovo chíe-deva la cessazíone delie ostilítá da parte deile autoritá comunaíí particolarmente contro i parroci slavi di Monte di Capodistría e Maresíge e deíle polemíche a mezzo stampa contro la sua persona: si accusava non essere Stata gradíta a Fogar la nomina di mons. Sirottí ad Amrninistratore Apostolico deH'arcidiocesi gorízíana dopo le "dirníssíoní" dell'arcivescovo Borgía Sedej. Infíne, sí chíedeva di rísolvere l'annosa questíone della parrocchia capodistríana di Carease (Krkavce), la cui chíesa era orrnai chíusa, non essendosí conclusa la questíone sull'uso dello sloveno che aveva visto contrapporsí ottusamente gii amministratorí fascístí alie necessitá deí fedeli slavi. Il mernoriale sí chiudeva con l'esortazione a "rimettere le cose anche in Istria neila loro vera luce in modo che in quella Provincia le relazioni ira Vescovo e Autoritá Poliliche Civili e Gerarchie del Partito si ispi-rino nuevamente a reciproca stima, in un aura di per-fetta concordia, diretta al supremo bene della Patria e della Chiesa". A contestare questa posízione conciliatoria, partiva il mese successivo, il 3 aprile, una letíera dalla Prefetlura dell'lstria (Pola) al Mínístero dell'lnterno e a quello della Giustizía, a Roma, e al Procuratore Generale, a Trieste. Erano rípresí quei toni allarmati riguardo ¡I clero slavo che avevano caratterízzato gli ann! precedenti: quel clero "quasi esclusivamente della diócesi predetta" (Tri-este-Capodístría) era accusato di "ostacolare ¡'azione di pacifica penetrazione e di assorbimento delie popo-lazioni allogene, che viene esplicata dalle Autoritá, dalle organizz.azioni del P.N.P, dall'Opera Nazio'nale Baiil-la e dagli insegnanti elementan", oltre a "mantenere desto un assurdo irredentismo slavo", proponendo di rilancíare la baltaglía contro gli intellettuaÜ clericalí slavi (Klen, 1955, 87-97). Dopo il 1928-1929, a presidiare e a compattare le coscienze della popolazione slava, era rimasto in istria solo il clero, se si escludono disorganíche ínizíative ever-síve (formazione della TIGR, presenza di gruppuscolí comunisti), dato che gli esponentí Itberali erano statí arrestati, aitrí espatríati e le loro organizzazioni disperse. Scriveva il prefetto defla provincia di Pola: "Tre Diócesi hanno giurisdizione in Istria: Parenzo, Trieste e Zara} 11 vescovo di Parenzo Mons. Trifone Pederzolli, dal mata,, giá austríacante ha dimostrato in questi ultimi anní sentimenti italiani. II Vescovo di Zara, Pietro Doi-mo Monzani é un autentico patriota, esercita il suo potere spirituale in una piccola parte dell'lstria: le isole imbarazzo la S. Sede in quarto il governo fascista aveva chiesto al Vaticano una pubblica condama di quella pastorale, minando cosí i risultati diplomatic! ottenuti fra Jugoslavia e S, Sede, La "Civiltà Cattolica" prese peraltro subito le distanze dall'íntziatlva del vescovo Bauer: le funzioni di preghiera per i cattoíici slavi soggettí all'ltalia erano definite come "inespliCíkiU"e l'íntera operazione come "íorz.ata e iittizia mossa pseudoreligiosj" (Anonimo, 0931), Civiltà Cattolica, 2, 92-93). Sulla questions si veda, di parte fascista, Di Drusco M, (19311, La liberta religiosa neila Ciulia, La Porta Oriéntale, 4, 400-41 I. 2 Scriveva il vescovo "I! Procuratore Generate, due giomi or sono, mi informa va che ormai il clero slavo (■■■) da un anno non aveva dato adito a lagnanze". (Klen, 1955, 85). 3 II prefetto si riferiva qui, naturalmente, alia Provincia d'lstria, esdudendo cosí dali'lstrsa geográfica il territorio coperto dalla diócesi di Fiume, praticamente sovrapposio ai confini amministrativi della Provincia di Fiume. 113 ANNALES Ser. hist, sociol. • 10 • 2000 • 1 (20) Sebastiano BERALDO: LA "NORMAL IZZAZlONP D£LL£ DIOCESI ISTRtANE (1932-1936)..., UMJfl del Carnaro. II Vescovo di Trieste, Mons. Luigi Fogar, invece dífende e protegge sistemáticamente i sacerdoti slavi, quelli stessi che /'Austria aveva invisto in Istria per il processo di Snazionalizzazione italiana (.,.). É molto sintomático il fatto che, mentre nelle Diócesi di Parenzo e Zara i! Clero slavo, salvo qualche rara eccezione non dá luogo a rímarchi (...) neíla Diócesi di Trieste sono numerosi i sacerdoti che si distinguono nell'opera di avversione a tutto ció che é italiano. Dei dieci sacerdoti colpiti da provvedimenti di Polizia (5 ammoniti e 5 diffidati) 8 appartengono alia Diócesi di Trieste". II 1932 si caratterizzó per manifestazioni contadine, provocate dall'impoverimento che glí agricoltori istrísni continuavano a subiré; alia protesta economico- civiie si agganciava la rivendicazione culiural-religiosa: a Canfa-naro i contadiní protestarono per tre giorni contra il po-destá e il párroco, don Zelco, che si rifiutava di predicare in lingua croata.4 Cos't il prefetto dell'lstria, in occasione di dimostrazioni di donne "che reclamavano la riduzione delle tasse comunali" in vari comuni della regione, aveva dato ordine ai questore di convocare a Pola numerosi parroci per esortarii affinché dotrtan-dassero dal pulpito a!la popolazione di cessare le manifestazioni di protesta "essendo fondato il sospetto che le dimostrazioni fossero foméntate dall'azione subdola di qualche sacerdote slavo". Dopo pochi giorni su! gior-nafe "Istria" di Lubiana "organo dei fuoriusciti istriani", denunciava il prefetto, erano state riportate le esatte parole dette al Questore ai convocati, sa dimostrazione del legame fra alcuni sacerdoti e gli ambienti politici d'oltre confine (Klen, 1955, 88). Risultava il rnaggiore responsabile, naturalmente, ii vescovo Fogar, che veniva indicato ormai come l'uftimo responsabile dell'autorita religiosa ad ostacoiare l'azi-or>e fascista, obiettivo implícito, quindi, di un'azione volta a contrástame l'operato o la permanenza. Note-vole é l'affermazione del prefetto per cui alcuni sacerdoti si sarebbero rivolti all'autoritá prefettizia "per chiedere protezioni, dichiarando che non potevano rendersi conto delle ragioni per le quali il Vescovo li perseguitava"; in particolare, un párroco di una frazione del pisinese, don Renzi, aveva denunciato ai carabinieri una lettera del Fogar" con la quale gli viene fatto oi> hligo di celebrare in slavo": il párroco lamentava anche la mancata nomina a vicario foráneo, cosí come altri parroci italiani in terrítori a prevalenza croata non ave-vano ottenuto le "promozioni" desiderate, a causa del-l'incapacitá a parlare e comprendere Ja lingua dei fedeli. Si trattava defl'evidenziarsi di queüa frattura fra clero itafiano e clero slavo che segnava le diócesi istri-ane e che comincíava a daré segnaii preoctupanti nella sflducia degJi italiani verso il proprio vescovo Fogar.1' Si iscriveva ín queila dinamica la íettera scrítta da mons. Luciani, esponente di punta del clero triestino, al sottosegretario agli affari esteri Fuivio 5uvich, citata dai Beíci, scritta nel setiembre del '32 (Belci, 1985, 81-82): Le nomine dei Sirotti a capo dell'arcidiocesí e di Cario Mecchía a queila di Fíume, "ambedue in vis i a S.E mons. Fogar", erano interpre'ate come "due potenti e pubblici schiaffi morali" assestatiglí dalla S. Sede. Fogar, definito "slavofilo", in particolare, si era opposto al Sirotti per la questione del seminario di Capodistria, dove l'uso delle lingue slave era stato da luí duramente contrastato, e con successo, nonoslante Sa "política" del vescovo Fogar, del quale veniva raccomandato ¡i sollevamento: "mons. Fogar deve essere rlmosso perché insincero, perché intrigante, perché slavofilo, perché impar i al suo uñido". E d'altro canto nelíe memorie dei due parroci, tí MíianoviC e lo Jurca (MilanoviC, 1976; Jurca, 1978), sacerdoti segnaiatí anche nel documento prefettízio dell'aprüe del '32, attivisti della causa nazionale slava, il vescovo Fogar appare sempre come ioro pronto di» fensore, e questo ruoío é sottolineato soprattutto dallo jurca che colloca nelfa sua autobiografía íj Fogar tra i "difensorí del popolo" (Jurca, 1978, 43; 72) contrap-ponendolo a coloro che nelle fila del clero accettavano supinamente !e ricadute della política nazionalista fascista nelle ¡oro amminístrazioni, o che, ptü diretta-mente, favorivano queila política il prefetto incolpava, quindi, i! vescovo di permettere la "nefasta attivitá" di questo clero slavo, in particolare di queílo croato: rifiuta di accostare ai Sacramenti bam-biní che non conoscono la preghiera in slavo "Si distri-buiscono riviste, calendan, opuscoli, catechismí, imma-gini, canzoni, medaglie in lingua croata. Si riuniscono i bambini in sacrestia in ore inopportune per insegnare loro la dottrina ín lingua croata e, in gen era íe, a leggere il croato. Si impedisce ai ragazzi di salutare romanamente. Si vieta ai cori italiani di cantare in chiesa, sia puré in via eccezionale, in lingua italiana. Si é giunti 4 Still'episodio di don Zelco si veda: t ubi ana, 1939, 94. Sulla conclízione sociale istriana, e in particolare della popolazione agrícola si veda specialmente: AA.VV, 1985. 5 )l regime, innestando la propria opera in un contesto giá storicamente segnato da un antagonismo nazionale, cerco di sconnettere i! tessuto gerarchico delle diócesi con un opera di corruttela de! clero italiano operata "ad singulos"; giá nel 1924 era giunta, direttarnente dal Min isleto degli Interni al Prefetto di Pola per l'lstria la disposizione che si corrispondessero assegni temporanei da attribuire ogni mese |>er un anno ai sacerdoti che sí fossero distinti per la propria opera patriottica, mentre il ministro Rocco istitui un fondo per borse di studio da assegnare ai seminaristi delíe vecchie province che studiassero nei seminan della Venezia üiulia e rimanessero in quet terrítori "ad esercitarvi un'azione patriottica e pastorale asíleme". Agli inizi degli anni Trenta, poi, fu predisposto un sistema di onorificenze e sussidi per tutti quei sacerdoti o vescovi che si fossero mostrati Ügi alie direttive fasciste. Su questo argomento: Mtccoli, 1975, 37-39; Belci, 1985, 68-69; Klen, 1955, tav. XV-XVlli. 114 ANNALES • Ser. hist. socio!. -10 • 2000 - 1 (20) Sebastiano 8ERAIOO. IA "NORMAtlZZAtfONF OEt IE DIOCESI tSTRIANE (1932 1936),.., 111-138 períino a rifíutare come padrini in un battesimo persone che non conoscevano i! croato, come si rifiuta di ac-costare ai sacramenti bambini che non conoscono la preghiera in slavo". Ali'attitudine del Fogar veniva op-posta quella del Pederzolli, nella cu¡ diócesi (di Pola) "numerosi sacerdoti siavi (...) hanno dato prove indubbie di adesione al Regime e all'ltalia". Fra i sacerdoti plü ¡nfidi che ostacolavano nella provincia d'lstria ia "c.onversione degli aüogeni verso ¡'Italia" erano segnalati il párroco di Monte di Capodistria, Costabona e Carease don ¿erar, giá intérnate in Sar-degna nel '19, ammonito nel '31, e di cui era stata richí-esta la revoca delfa cittadinanza italiana; ií párroco di Novacco di Pisino don CureliC, in continui rapporti con don jurca e don GuliC; il párroco di Corte d'lstria don Essid, giá confinato nel 1930 per un anno e graziato per intercessione del vescovo Fogar; ií párroco di Castei-verde di Pisino don Simeone Fruí¡¿, giá denunciato per la diffusione di pubblicazioni contrarié ail'ordine nazio-nale; il párroco di Dolegna di Bogliuno don CuiíC, giá diffidato; il párroco di Villa Treviso don Leopoíd jurca" che é l'esponente dello siavismo nel Pisinese" e che girava in motoleggera con il GuüC a diffondere la starnpa che ritirava da Zagabria, Lubiaria e Gorizia; if párroco di Maresego don Pozar, giá ammonito perché si rifiutava di impartiré l'insegnamento del catechismo in italiano; i! párroco di Moncalvo di Pisino CuraviC, cittadino jugo-slavo che, come tale, era ritenuto ai termini dell'articolo 22 del Concordato "incompatibile a coprire qualsiasi beneficio parrocchiale, retribuito dallo Stato italiano"; i! párroco di Villa Padova di Pisino don Giuseppe Goitan; ¡i párroco di S. Antonio di Villa Oecani don Agoslino Siobeci, gia ¡ntemato in Sardegna; ít párroco di Lindaro di Pisino don Giusto FilpliC "cacciato a furia di popolo da Gimino", giá ammonito. Erano in tutto 11 sacerdoti ritenuti piü pericolosl dal prefetto, e questa pericolosita constava nel proibire ai ragazzi il saluto romano, dall'esortarli a ripetere i) nome di battesimo in lingua siava, dal servirsi di opuscoii per ia catechesi in sloveno o croato, dal mantener?, le scritte della via crucis in croato, ecc. É a questo punto lecito chiedersi per quale ragione tanto accanímento venisse praticato contra queste deboli manifestazioni "pre-politiche" soprattutto da parte dei gerarchi provincial!: la spiegazione potrebbe darsi in una intenzionalitá mista di ambizione e di servilismo alie direttive general) della política fascista, intenzionalitá d'altro canto coerente alia tendenza della borghesia italiana regional*? a mantenere il primato (pol ¡(ico-economico) sugli "alio-geni" slavi. Emerge comunque ií fatto che le autoritá conoscevano perfettamente le attivitá, i movimentí, i legami reciproci dei sacerdoti piü decisamente avversi al regime e che volendo avrebbero poluto neutralizzarÜ "chirurgicamente", ad esempio comminando ed appli-cando estesamente i! confino. Evidentemente perd un'azione di questo tipo avrebbe rischiato di tendere ingovernabili le diócesi e di ripercuotersi gravemente nelle relazioni con la Santa Sede: era bastevole al contenimento della resistenza cukurale di que i sacerdoti applícare modestamente le leggi di polizia del '26 (o minacciarne l'applicaztone), far attuare estensivamente gli articoli del concordato, premere sul Vescovo per ¡a soluzione di alcuni casi particoiari; era quest'ultima modalitá che sfuggiva al prefetto ed ai gerarchi istriani operanti su! territorio della diócesi triestina causa la riluttanza di Fogar ad accondiscendere alia "snazio-nalizzazione di stato". Per quanto questo Vescovo si sforzasse di apparire di fronte al regime (e a Mussolini stesso) un ligio patriota, ¡Ilustrando il proprio operato come improntato a severitá contra i sacerdoti "irre-dentisti" e leale con le autoritá, restava il fatto che "la tesi fascista sulla política verso gfi allogcni í> in netto contrasto con quella sostenuta dal Vescovo di Trieste" come sosteneva il Prefetto di Istria Foschi (Klen, 195597). ¡I Vescovo era di fatto idealmente e personalmente vicino ad uomini come Ukmar.6 ! documenti lo con-fermano: era i! Fogar a tenere le reiazioni con gli av-vocati chiamati a difendere i sacerdoti accusati, ed era pronto ad i n vi are alie prefelture dettagliati resoconti ten-dentí a scagionarli, oltre a richiamare í'attenzione della S. Sede. Questa, a quanto é dato sapersí, continuo una "política del silenzio" limitandosi a blandí richíami al Governo e cedendo su tutta la linea ai momento di decisioni operative realmente incisive (ad esempio la sostituzione di vescovi, come avverra di li a pochi anni col Fogar, ultimo Ordinario regioriale disorganico alie strategíe fasciste). La S. Congregazione del Concilio, puré, sosteneva la necessitá di un'istruzione catechetica neila lingua compresa dai bambini, nella tradizione deile disposizioni canoniche in mérito. A queste anche l'Arcivescovo Sedej aveva fatto riferimento stílando le "ístruzíoni" del sea. 1931.7 Eppure, anche in questo 6 Jakob Ukmat (Trieste, 1878-1971), prelato della curia tergestma, una delle menti piü aeute delta Chiesa Giuliana, sí batté per il ri-spetlo dei díritti nazionali di íedeli sloveni, in particolare, e deí croati soggetti alio stato italiano. Mise la sua preparazione al servízio dello Zbor svečenikov sv. Pavla, un'organizzazione di diíesa nazionale del clero slavo in Italia, stilando fra t'altro memorial! sul problema delte nazionalità oppresse, inviati ai piü alti dignitarí della Chiesa a nome dei sacerdoti slavi della región«. Suít'Ukmar: Rebula, 1992. 7 Prima di lasciare l'Arcidíocesi, dopo anni di logorante confronto con í govemanti ítalíani il 4 setiembre 1931 Borgia Sedej aveva convocato i sacerdoti della diócesi goriziana per daré loro le "istruzioni" in fatto di ¡nsegnaroento della religíone, ríbadendo che la lingua da utílizzarsi dovesse essere quella materna, o v ver o quella parlata ín famíglia, rov esc i ando i principi che avevano regolato le riforme fasciste in campo lingüístico: la reazione era stata dura intuito íl goríziatio. Sí veda Čermelj, 1974, 194-195. 115 ANNALES • Ser. hist. socio!. -10 • 2000 - 1 (20) ■Carmoñi .ongatio Jitfussu Mataone }/i¡¡a dfíewm im; d^riortseži oMareskgo V[ Monteó,CJ^lfix iSaksms. ■POlmetc Momkri vm{¡en§ M/ma.' Jjporie!^' >ucao \uroHla /y ;j~'OA—, >: h vV J^tf/F^MaStifW-e t \ „ feS» MfereY \ I N h 't /fc^-T^-- — Í^í^ani^^^/W^w/ > .......... je/Ve /^fcv: Jl/Y 0v - limiao «áT ■ II • ^wÄST^Tär© —4, írzTL • «/SÍv^ A, V-l 1 J ^Ve \ JlsfrÄ^ff ^ ......... "A ^¿P&is/gnam d'istría •'tUanovodiP, i ßarenzo: Síoremo d.Pasenatico0 [gnano Cherso ■C.fVomonturc Spbar.li.ino 8ÍRAIDO: LA "NORMAUZZAZIONE" OH LE DIOCESI ISTRIANE !1932-195&).., 1 i 1 -138 (propr. Ene. Gatt.) 14 E.Gr. Carfa deffo penisola Istriana con i confíni delle tre diócesi nel 1934 (Enciclopedia Cattolica, Roma 1947). karta istrskega polotoka z mejami treh škofij leta 1934. 116 ANNALES ■ Ser. hist, socio!. • 10 • 2000 1 (20) Sebastiano BERALDO: LA "NORMAUZZAZtONE" DEI.LE DIOCESI ISTRIANE (1932-1936) 111-1 Jfi caso, manco una presa di pasizione definitiva e rigorosa, richiesla da Fogar cosi come da! memoriaíe stiiato dail' Ukmar ne! '31s lasciando un'incertezza normativa a fronte delía determinazione del potere civiíe nel distruggere in ogni ámbito ¡I patrimonio lingüístico degíi slavi. Cosi facendo la S. Congregazione ovvero la S. Sede faceva passivamente pendere la bilancia a sfavore dei propri íedeli allogeni, nella prova di forza con lo stato totalitario. Negli archivi della diócesi di Trieste-Capodistria sono consérvate le corrispondenze del Fogar con le autorita civili e religiose cosi come quelie con ciascun sacerdote della diócesi nei faldoni divisi per annata il cui contenuto é catalógate diacronicamente, per soggetto, in apposite rubríche, anch'esse divise secondo le corrispondenti annate: per concessione dell'archivista mi e stato possibile operare una limitata ricerca che per quanto lacunosa ha permesso di fomire indizi utili a definire lo stato dei rapporti con le autoritá civili e l'attitudine del Fogar riguardo la problemática lingui-stico-nazionale con i vertici della Chiesa e il proprio clero "alloglotto", indizi che sono coerenti con quanto emerge ad esempio dalle autobiografie dello Jurca e del Milanovic. f primi tre documenti riguardano esemplar-mente il caso di Don Antonio Cerar, párroco di Monte di Capodistria, nei cui confronti la prefettura di Pola aveva un contenzioso aperto, e cercava di impedime l'attivitá in ogní modo: il primo é del gennaio del '27 e la Curia triestina interviene in favore del sacerdote presso il prefetto; il secondo é una lettera inviata al párroco nel maggio dello stesso anno dal Podestá del co-mune e, evidentemente, rinviata dal Cerar alia Curia per conoscenza (in questa breve lettera si rinviene ancora il "motivo" fascista delí'opposizione con ogni pretesto al-í'educazione giovanile linguistico religiosa pratícata dal clero slavo); il terzo, evidenzia un attacco al sacerdote continúate con un affondo giudiziario per il quale era occorsa la difesa di un avvocato. É questi il Dott. Paolo Sardos, che svolse la difesa, a mandare ia lettera del maggio '31 in cui esentava la Curia dal pagamento delle spese. II Vescovo di suo pugno in calce alia lettera vergava "ho ringraziato personalmente; si avverta il Rev. Don Cerar di voler ringraziare luí puré in iscritto personalmente", testimoniando un impegno personase di salvaguardia dei propri sacerdoti slavi. Si riporta il testo dei succitati documenti. "ALL1 ONOREVOLE R. PREFETTURA9 POLA Gabínetto Corrispondendo parzialmente alia preghiera nota di Codesta R. Autoritá dd. 14 gennaio 1927 n. 89 Gab ad 1) Don Cerar Antonio-Párroco di Monte, mi é grato di comunicare i risultati dell'inchiesta istituita per i fatti at-tribuiti a queI sacerdote, che inducono codesta R. Prefettura a concludere che l'attuale Amministratore di Monte di Paugnano sia elemento pericoloso per il Regime. Delle quatlro colpe atíribuíteglí la prima riguarda l'espulsione del maestro Tul dal coro della chiesa. Risulta che il predetto maestro non é stato espulso per motivi di parte o politici ma che si licenzíó da solo, perché da molto lempo egli trascurava la sua mansione di organista, omettendo di intervenir^ per le istruzioni dei corístii, e non os tan te le osservazioni del párroco, dei fabbricieri e degíi stessi coristi, e nonostante le osservazioni de! párroco, dei fabbricieri e degíi stessi coristi, e nonostante te osservazioni del párroco, dei fabbricerí e degli stessi coristi cessó da alcuni mesi di suonare l'organo per le funzioni. Siccome poi ed i coristi e i fabbricerí di quelta chiesa incolpavano don Cerar per la mancanza del canto sacro, allora il Rev. col voto dell'amministrazione della chiesa decise di liceiuiarto, anche perché era prossima la solennita della bene-dizione della nttova chiesa di Monte La procedura usata dall'amministrazione della chiesa di Monte é legale anche dal lato canonico, perché prima di daré definitivamente il ficenzíamento al sig. maestro Tul é stato interpellato il sottoscritto, il quale sentite tutte le ragioni le approvó. É esclusa quindi ogni rappresaglia per qualsiasi ti-tolo. La seconda accusa riguarda la trascrizione delle matricole. E dovere di ogni Párroco di trascrivere fedel-mente le matricole come esistono. Non é colpa sua se ¡a grafía dei nomi é slava mentre tutta la registrazione é fatta su libri compilati in stile latino. Quando il Municipio di Paugnano pretese dal Párroco la grafía italiana, allora Don Cerar si rivolse per questo mutamento delle matricole alia Curia Vescovile, la quale gli comunicó che non esisteva alcuna díspo-sízione di legge in proposito. Ogg't stesso ho falto interpelare la Procura del Re di Trieste, a cui é doman da ta la correzione degíi atti malricotari, ed essa conferma che non esíste alcuna dísposizione tassatíva per ¡I mutamento della grafía straniera dei nomi per gli attí di stato civíle. Se al contrario ¡I Párroco é obbligato per legge a copiare fedelmente te matricole, mi sembra fuor di legge questa pretesa, insussistente l'accusa di propaganda slava, dan-nosa al regime e di ostinazione caparbia per il Don 8 Mandato da Trieste alla S. Sede era il terzo che daí momento dell'occupazione italiana fosse mandato ad un pontefice; ií testo in latino, riassumeva la situazíone della Chiesa regí orale e vi trovavano posto sette "desiderata". Si veda Rebula, 1992, 38-40. 9 La missiva, del 31 gennaio 1927, n* 4/pr/1927 s!a nell'Archivio Diocesano Triestino (ADT) catalógala in rubrica sotto il soggetto: Cerar don Antonio, gennaio 1927. 117 ANNALES • Ser. hist. socio!. -10 • 2000 - 1 (20) Sebastiano BtRAlDO: LA "KORMALIZZAZIONE* DEU.E DIOCESI I3TRIANE 11932-593« ... H 1-138 Cerar, mentre esistono, si ripetono e si scrivono attu¿tímenle nomi di illustri personaggi italiani scritti in grafía straniera come per esempio: La Fontaine, Del Crois, Graf, Topolítz, Wolllemborg, Leicht ecc. E completamente ¡resistente l'accusa che egli scriva su giomali sloveni e soprattutto contro i fascisti locali. Questa accusa potrebbe essere oggetto di esame ad altri Uffici, ma tuttavia ¡o crederó alie parole onorate di un sacerdote, che per i¡ suo ministero e per la soda for-mazione de! suo carattere non puó mentire. Alia quarta accusa corrisponde invece la circostanza che egli ha detto ai ragazzi: "al saluto romano potete aggiungere 'Sia ¡odato Gesú Crisato'". Ha fatto questa osservazione dinanzi alia porta delta chiesa a ragazzi che venivano per la dottrina christiana. Non riscontro in questo fatto alcun elemento di malvolere nazionaíe, di antifascismo, ma vero e tra-dizionale zelo christiano, legitthno e doveroso ad ogni sacerdote. Raccogliendo tutti questi elementi non ritengo lógica né conseguente la dedizione genera/e di sia-vismo e contraríela al regime del Don Cerar. Egli adempie ai suoi doverí religiosi, osserva le tra-dizioni locali, assiste le Congregazioni religiose, che esistono puré in tutte le parrocchie dell'Orbe, e vessato dal lavoro superiore alie sue forze, incontra difficolta nel ministero per ¡I malvolere di qualche intrigante tuttavia non (a e non puó fare alcun cambiamento di cura pastorale senza ¡I previo parere del suo Ordinario. Per questi motivi invece viene perseguitato e calun-niato. Se queste giustifícazioni non valgono a proscio-glierlo dalle accuse e a salvarlo dalle ostilitá cercheró di cambiarlo. DALLA CURIA VESCOVILE DI TRIESTE E CAPODISTRIA TRIESTEt¡ 31 gennaio 1927 Segue ora il testo del secondo documento:10 "Monte di Capodistria, ii 22 maggio 1927 Armo V N. 1384 Al molto Rev. Don Antonio Cerar Párroco Monte di Capodistria Mi pervengono lagnanze da parte dei maestri che non pochi alunni delte pubbliche scuole disertano nel pomeriggio le lezioni perché chiamati in Chiesa dalla S. V Rev. da all'insegnamento del ¡a dottrina. Mi permetto farLe presente l'obbligo che le incombe di agevolare, se mai, ¡a frequentazione della scvola ed in nessun caso ostacolarla. La prego perianto do volere dispone a che le leztoni di dottrina impartí te dalla S.V Rev. da s ¡ano tenute in ora tale da non turbare in alcun modo la frequentazione scolastica. II Podeslá: (cap. Giovanni Relli) Segue ii testo del terzo documento:11 Capodistria, Ii 16/5/1931/1X Oggetto: ditesa Dopn Cerar Risposta a! foglio in data 9/5/1931 Nro 512 Reverendísima Curia Vescovule Di Triewste e Capodistria TRIESTE Ricevo lo stim. foglio sopradistinto e ringrazio per le cortesi espressioni a mío riguardo. Ringrazio pure per ¡'invito a rímettere la mia nota di spese, al quale pero non posso corrispondere, perché considero la modesta, ma cordiale assistenza al Molto Reverendo Párroco di Monte, come un atto doveroso da parte mia. Coi piü ríspettosi ossequi A Proposito di queste difese, nótate con stizza dal prefetto Foschi ("A S E il Procuratore Generale (...) che a veva presenta te beri 11 proposte di trasferimento di parroci contrarí alia causa nazionaíe, Mons. Fogar ebbe a rispondere cumulativamente e negativamente e i sa-cerdoti segnalati per la nefasta opera antiitaliana rima-sero indisturbati nella loro sede" (Klert, 1955, 93), sap-piamo della premurosa attenzione e difesa del vescovo a favore dedo Jurca: il Fogar il 25 marzo del '31 lo chiamó a Trieste consegnandogli un dattiloscrítto in cui i! prefetto di Pola ne chiedeva iI trasferimento fuorí della provincia d'lstria; il vescovo lo consiglió di scrivere un memoriale in cui sp/egasse e giustíficasse iI suo opéralo, lo rassicuró sulle recenti minacce di federici (segretario poli tico dei fascisti istriani che giá si era distinto per azioni intimidatorie a Villa Treviso nel '29) usando af-fettuose parole. Riguardo i falti del '29, lo )urca afferma, (ra I'altro, che il Federici si era rivolto al Vaticano, ma dalla S. Sede si provvide a soffocare la questione, senza tuttavia risolverla (Jurca, 1978r, 29-32). E nemmeno Božo Milanovič, farse il maggiore espo-nente del clero nazionaíe croata, ebbe mai da! vescovo noie o impedimeriti, ché anzí ricevette un coadiutore su richiesta fatta a Trieste, impegnato com'era a reggere la 10 ADT, catalógala irs rubrica sotto ti soggetto: Cerar don Antonio, maggio 1927. 11 ADT, catalogata in rubrica sotto ti soggetto: Cerar don Antonio, giugno 1931. 118 ANNALES • Ser. hisl. socio!. • 10 2000 1 (20) Sebastiano BERAIDO: LA "NORMALIZZAZIONÍE" DELLE DIOCESI 1STRIANE (1932-1936) ..., 11 t-tJ8 "Sv. Mohora",12 occuparsi dei seminaristi slavi, tenere i contatti (ra sacerdoti croa ti e sloveni e con gli amici croad jugoslavi, oltre, naturalmente, a svolgere ¡ doveri pastorali. Anche ¡I MilanoviC subí gli attacchi per vía legale della preíeüura: testimonia Leopold Jurca d'aver incon-trato nel marzo del '3I il MilanoviC per consigliargli un avvocato difensore per un processo che gli era stato per la diffusione di materia/e della "Sv. Mohora". Il processo fu vinto dal Milanovid in quanto il tribunale sentenzió la legalíta di una distribuzione dei libri ai soli soci del-l'associazione. Era il segno di una certa difficoltá per le prefetture. di schiacciare l'attiviía di que! clero "resistente", se non con eccezionali provvedimenti. Riusct al prefetto di Pola Foschi di internare a Ponza ¡i sacrestano dello 1urca, Mariinc. Questi rimase nel i'¡sola 21 mes i nell'isola, da dove tornó nel '33 graziato degli altri tre anni di confino comminatigli (Jurca, 1978, 19-29). Altri tre documenti sono significativi dell'impegno del Fogar per ofíenere dalla S. Sede un a i uto concreto, metiendo la al corrente della gravita delle pressioni esercitate nelia diócesi, chiedendo un documento per la difesa della lingua slava nell'esercizio delle pratiche sacre e neila formazione cattolica dei bambini. Il primo documento, in minuta, ríchiamava l'attcn-zione della Sacra Congregazione del Concilio sul problema dell'istruzione religiosa nella propria e nelle vi-cine diócesi, chiedendo di (ar cessare quell"'indegno" stato di cose; La Sacra Congregazione, vista la gravita della denuncia richiedeva a propria volta informazioni maggiormente dettagliate, per condurre eventualmente una possibile azione presso il Governo (cosa che co-munque avrebbe imbarazzato la Segreteria di Stato) con circostanziate motivazionr Si tratta, appunto, del se-condo documento, del luglio del '35. La Curia triestina elaborava, aibra, un questionario da distribuiré ai decani e, a loro volta, ai sacerdoti slavi13 in cui era chiesto quando e cía van ti a quale autoritá civile era stato imposto di rispondere delf'insegnamento della dottrina nella Ungua materna, quali pene o vessazioni era no state praticate da quell'autoritá, se per caso i testi impressi nella lingua slava fossero stati sottratti ai fanciulli o questi obbligati a consegnarli. I risultati dell'inchiesta erano, quindi, riassunti nei terzo documento e mandad ai Vaticano nell'ottobre dello stesso anno. Quest'ultimo fascicolo é molto utile, oltre che a dimostrare la conoscenza precisa dei fatti presso la S. Sede, a tratteggiare i! clima in cui il clero slavo operava nell'lstria Italiana, e comprendere come 3ttra verso quel comportamento politico per le gene-razioni successive di sloveni e croati gli italíani avreb-bero fácilmente potuto apparíre come nemici de! po-poio-nazione e della religione. Si riporta il testo del primo documento14 "Alia sacra Congregazione deI Concilio Roma II devoto sottoscritto Vescovo é molto dispiacente vedendovi nell'impossibilitá di eseguire in pieno i tanto important i decreti di cod. S. Congregazione sul-l'istruzione catechetica. Qui nella sua diócesi (e vale in gran parte anche per le diócesi limítrofe) detta istruzione é molto ostacolata. Nella maggior parte delle parrocchie di campagna prevalgono di numero i fedeli di lingua slovena o croata. Sarebbe cosa inutile, per non dire assurda. il voler insegnare le grandi veritá della nostra s. fede i fanciulli delle prime classi elementan in lingua italiana, lingua da loro non paríala e non ancora compresa. Perció i sacerdoti delle parrocchie Slovene e croate non impartiscono l'istruzione religiosa in ¡scuola, dove do-vrebbero impartirla in italiano, ma tengono l'istruzione fuori dalla scuola, in chiesa, e lo fanno nella madre lingua dei ragazzi, che cost apprendono con facilité la dottnna cristiana e si prepara no ai ss. Sacramenti. Senonché questa stessa istruzione religiosa impartita nella madre lingua fuori di scuola venne e viene molte volte ostacolata. I sacerdoti che vi prestano sono non di rado esposti a noie e persecuzioni, passano per av-versari della patria e de! regime, vengono citad a rispondere dinanzi al R. Questore e perfino ammoniti e confinad al comune della rispettiva parrocchia: risen 12 La "Si. Mohora za Istru", ovvero ¡¡ "Sodalizio di S. Ermagora per 1'lstria" fu uno degli strumenti pií¡ important! della resistenza cultúrale delle comunitä croate e slovene sotto la dominazíone italiana: costituita tra il 1922 e il '23 questa associazione aveva lo scopo di promuovere e diffondere la stampa nelle due iirigue slave. Questo tipo di associazionismo culturáis e militante fu proprio di tutto il movimento cattolico-nazionale delle due etnie fin dalla seconda metü dell'otlocento: nel 1867 sacerdoti croati fondarono a Zagabria la "Societä letteraría di S. Gimlamo" per la diffusione di libri presso le parrocchie anche istriane; nel 1908 il futuro vescovo di Veglia Mahnif fondo appositamqnte per i croati la "Pius-Verein"; gli sloveni istituirorio il sodalizio "S. Ermagora" ("Sv. Ermagora") con il beneplácito deil'arcivescovo Sedej. 13 Precisamente il testo del "questionario* distribuito era if seguente "Rev. Domino ... Sacra congregatio concilii desiderat, uf ipsi referantur omnes casus, in quibus sacerdotes propter doctrinam christianam in lingua materna traditam molestias passi sínt ab auclo-rirate cifili. Velis ¡laque quam primum, conscientiose et secundum rei veritatem, hue reíerre: 1) quando et coram qua auctoritate civili responderé debueris; 2) quas subieris poenas Mit molestias; 3) an pueris catechism i vel libelli precum. lingua slovena impressi, sínt a person« in publica auctoritate consthutis ablati, ve! discipuli coacti tales libros Ir adere". Jl questionario é tra J'altro ricordaio dallo Jurca, up. cit. p. 72. 14 ADT, catalógala in rubrica sotto il soggetto S.Congregazione del Concilio, luglio 1935. fl testo qui ríprodotto deriva da una minuta con ateune correzioni, recante ií numero distintivo 412-1935. 119 ANNALES • Ser. hisl. socio!. • 10 2000 1 (20) Sebastiano 8ERAIDO: LA "NORMALIZZAZIONtl" OCHE DIOCESI ISTRIANE {1332-19.16} . ,111-138 tono tale persecuzione anche ¡ ragazzi stessi, ai quati vengono talvolta tolti dalle autoritá i catechismi e i libri di preghiera stampati in sloveno o croato. Ne consegue un'altra difficoitá: la mancanza di testi adatti nella madre lingua dei ragazzi. I testi fínora adibiti sono pressoché esauriti; la ristampa si rende necessaria, rna nessuna tipografía vuole e puó assumérsi l'ardita impresa. Di fronte a tali difficoltá che ostacolano l'csecuzione dei decreti della S. Sede e rendono possibile una proficua istruzione religiosa dei piccoli che piú ne abbi-sognano, vista l'assoluta necessitá dell'istruzione religiosa in chiesa nella madre lingua, necessitá conosciuta di propria esperienza e constatata anche nell'ultima adunata dei vescovt delle provincie annesse al Regno, tenutesi a Fietta (Venezía), il sottoscrilto si rivolge a cod. S. Congregazione con viva preghiera di voler esternarsi sull'istruzione religiosa nella madre lingua e di inter-porre eventualmente i suoi buoni uffici presso la Segreteria di Stato di S. S., affinchó questo stato indegno delle cose, tanto pernicioso alia fede ed alia patria, abbia a cessare. Con profondi ossequi devoto Trieste, 18 luglio 1935. Luigi Fogar Vescovo di Triste" Segue il testo del secondo documento:13 "Roma, 31 luglio 1935 SACRA CONGREGAZIONE DEL CONCILIO N. 644/35 UFFICIO CATECHI5TICO Eccelienza Rev. ma, Ho preso conoscenza di quanto l'E.V.Rev.ma, con lettera del 18 scorso mese, n. 412, riferisce circa l'in-segnamento della dottrina cristiana impartito, fuori di scuota, in lingua materna, dai parroci di cotesta diócesi e dei gravi ostacoli che si oppongono a tale >'/>-segnamento da parte della autoritá civile. A tale proposito, peró, sará necessarío che l'E.V. specifichi meglio i fatti dai quali rísulti che i sacerdoti, per questo che insegnano la religione ai fanciulli in lingua materna, sono stati citati a rispondere dinanzi alia R. Ouestura e perfino ammoniti e confinad al co-munc della rispettiva parrocchia e che agli stessi ragazzi vensono tolti daiI'autoritá i catechismi e libri di prefiera stampati in sloveno o croato. In tale a/tesa, mi confermo con paiticolare ossequio DeU'E.V.Rev.ma" Segue il terzo documento "N.ro 412/1935 Oggetto: Istruzione religiosa in lingua materna, ostacolata dall'autoritá civile. Alia S. Congregazione del Concilio ROMA Corrispondendo al pregiato invito di cod. sacra Congregazione dd. 31 luglio a. con. N. 644/35 (Ufticio cate-chislíco) posso, in base ad una esatta inchiesla presso i rispettivi parroci, riferire a Cod. 5. Dicastero i seguenti fatti, dai quali risulta come ¡'istruzione religiosa in lingua materna fu ostacolata da II'autoritá civile c- dai pubblici funzionari. 1. Nel 1928, mentre il párroco di Villa üecani (Istria) D. Lamí (antea Slamic) Antonio, faceva istruzione religiosa in chiesa, vi entró il podestá del luogo, maestro Mastracchio. e gli rinfacció che per política insegnava la dottrina cristiana in lingua slovena. All'osservazione del párroco che, se egli faceva istruzione religiosa in chiesa nella madre lingua degli scolari, non ostente quella italiana nelle scuole, lo era per ubbidire alie dispo sizioni dei superiori ecclesiastíci, ¡I podestá rispóse che per luí l'unico superiore era il Duce, e se ne ando. Questo fatto fu giá quella volta comunicato a Sua Em. Card. Gasparri. 2. A Antignano presso Capodistria (Istria) parrocchia amministrativa excurrendo dai párroco di Villa Decani, la maestra - direttrice della scuola elementare, nell'anno scolastico 1934-1935, ha proibito ai fanciulli di frequen-tare la scuola parrocchiale in chiesa, perché ten uta in lingua slovena. 3. II giorno 30 setiembre 1929, O. Giorgi (antea Jurca) Leopoldo amministratore di Villa Treviso ad excurrendo amministratore della parrocchia di Vermo (Istria) ebbe la visita del segretario político di ñsino, il quale tentava di indurlo ad impartiré la dottrina cristiana in lingua italiana anzíché in croato, lingua materna dei ragazzi. Avendoglí I'amministratore risposto che non riconosceva altro superiore competente che del suo Vescovo, il segretario, irritato, lo dichiarava responsabile per tutti i futuri disordini in Villa Treviso. Cosi inco-minció la campagna contro t'amministratore per l'in-segnamentó religioso nella lingua materna, campagna continuata ancora. II 25 febbraio 1930 la maestra di Vermo, avendo ricevuto dai presidente dell'O.N.B. un avviso che ai ragazzi di scuola era proibito di parlare; 15 ADT, catafogata in rubrica soto il soggetto S. Congregazione del Concilio, luglio 1935. Partita dall'Ufficío Catechismo di Roma col numero 64A di protocollo. 16 ADT, catalógala ir> rubrica sotto il soggettto $■ Congregazione del Concilio, ottobre 1935. II testo origínale, battuto a macchina, presenta ancora il numero distintivo 412-1935. 120 ANNALES • Ser. hist. socioi. • ti) • 2000 • 1 (20) $eb*rtam> MRAIIXV LA "NORMAL )¿2A2f0Nf' Dfllí DIOCESI ISTKIANE (1932-1936) ..., 111-J3B cantare e pregare in chiesa in croalo, voleva dall'am-ministralore parrocchiale ¡a tacolta di sorvegliare in chiesa i fanciulli, perché non a vessero a pregare in cro-ato. II 28 febbraio 1932 (una Domenica) ¡'amministratore di dette due parrocchie, dovette dalle 11 alie 12 rispondere dinanzi il commissario nella R. Queslura di Pola (Istriai per aver predícalo e insegnato la dottrina cristiana in croato. II commissario voleva anzílutto indurlo a l'insegnamento bilingüe nelle due parrocchie completamente croate, poi lo minacciava di confino per tinque anni, e finalmente di ammonizione e confino fócale di modo che non potrebbe usare di notte nep-pure se chiamato da un ammaiato. Aggiungeva ancora che la chiesa doveva cooperare all'itaüanizzazione di queste terre. Nel protocollo che in fine dovette firmare, ¡'amministratore dichiaró esplicítamente la sua obbe-dienza verso le disposizioni dell'autorilá ecclesiastica. 4. Dall'amministratore parrocchiale di Felicia (Istria) e di altre due parrocchie, D. Barbis Rodolfo, il maestro di scuola es i ge va, nell'oltobre 1934, che insegnasse ia dottrina cristiana ed udire le confessioni dei ragazzi solíanlo in italiano, Il giorno 13 ottobre 1934 l'amministratore dovette rispondere dinanzi la commissione provinciale di Pola, ove, per aver predícalo e insegnato i! catechismo nella madre lingua, ricevelte ¡'ammonizione con il confino lócale per 2 anni. 5. Nello stesso giorno e dinanzi la medesima commissione ricevette I'ammonizione col confino lócale per due anni D. Crismani (antea Krizmanicic) Francesco, amministratore del le parrocchie di Briani e Valdarsa, per aver ímpartito l'istruzione religiosa nella madrelingua. Essendo don Crismani Púnico sacerdote nel comune del confino (Valdarsa), egli deve ogní volta quando desidera confessarsi presso un confratello, domandare i! pet-messo dell'autorilá política ed insinuarvisi presso il municipio dell'altro comune, il che gli riesce molto grave. Ebbe inoltre il 23 luglio a. corr., mentre inseg-nava il catechismo nella chiesa parrocchiale di Valdarsa, la visita del capitano dei carabinieri di Pisino, il quale lo minacciava di altra grave pena, quatora qsasse proferire una sola parola d'insegnamento nella madre lingua dei fanciulli. 6. Nella parrocchia di Bogliuno (Istria) la maestra Perrotta Lavigna cercava di accertarsi mediante i bi-glietti della c.onfessione, se i ragazzi si confessassero in croato o italiano. Questa stessa maestra obbligó i ragazzi a consegnarie i líbrí di preghiera stampati in croato confiscandoli. 7. D. Vidali (antea Vidau) Giuseppe, amministratore parrocchiale di Corridico (Istria) ed excurrendo amministratore di Antignana, per l'istruzione religiosa nella madre lingua, il giomo 6 dicembre 1934 dovette rispondere dinanzi la R. Questura di Pola ove ricevette la diffida. II 21 gennaio 1935 fu poi dalla commissione provinciale di Pola conf¡nato per due anni al comune della propria residenza e ció per il medesimo motivo. 8. Lo stesso giorno, 21 gennaio 1935, dinanzi la medesima commissione e per la stessa causa dovette rispondere Nicoluzzí (antea Miklaccic) Leopoldo, amministratore delie parrocchie di Zamasco e Villa Padova (Istria) e ricevelte anche egli il confino per due anni. Fu inoltre nell'agoslo a. corr, Gtato dinanzi il commissario di pubblica sicurezza a Pisino, ¡I quale cercó di indurlo a smettere l'istruzione religiosa nella madre lingua, minacciandolo con altre conseguenze. 9. II giorno 9 ottobre 1934 i carabinieri fecero una perquísizione nell'abitazione del sacerdote MilanoviC Simone, cappella no a Cere (Istria) ed amministratore parrocchiale di S. Giovanni d'Arsa, in cerca del libro di preghiera croato "Oče naš". Compiuta tale perquisizione si sono recatr nella scuoia elementare, ove per ordine delle maestre, i fanciulli dovettero portare detti libri. I carabinieri presero agli scolari i libri di preghiera che poi dalle maestre fu roño stracciati e gettati nel forno. Da notarsi che detlo libro ha il nulla osla dell'autorità provinciale. 10. II 12 luglio a. corr. Detto cappellano ed amministratore parrocchiale dovette rispondere dinanzi il commissario della R. Questura di Pola per aver predicato e catechizzato nella madrelingua e per aver consegnato ai fanciulli dei libri di preghiera stampati in croato. Il 26 dello stesso mese fu citato dal podestà di Gimíno, il quale ¡o sgridó dicendo che egli stesso sarebbe venuto a Cere e che il cappellano avrebhe dovuto allora,. in sua presenza, predicare al popolo ¡n italiano. Finalmente, il 3 agosto a. corr. Da due carabinieri fu condolto a Gimíno, ove il brigadiers gli consegnô I'invito di compadre il giorno 9 agosto dinanzi alia commissione provinciale per ¡'ammonizione e confino. Detto giorno D. Mitanovič si ebbe realmente I'ammonizione g il confino locale per due anni per aver predicato ed insegnato la dottrina in croato e per aver consegnato ai fanciulli il libro di preghiera "Oče naš". In fine gli disse il prefetto di Pola che, se egli avesse continúalo a impartiré l'istruzione religiosa in chiesa nella lingua croata, sarebbe stato condannato al confino in altra provincia del Regno. 71. Per aver insegnato ¡I catechismo in lingua slovena, D. Piščanec Gabriele, parroco-decano di S. Pietro di Madrasso (Istria) dovette il giorno 8 gennaio a. corr. Rispondere dinanzi il commissario Dott. Gallo della R. Questura di Pola e si ebbe la diffida; il giorno 30 maggio poi dinanzi la commissione provinciale a Pola e si ebbe I'ammonizione col confino locale per due anni. I carabinieri fecero delle perquisizioni nelle case di S. Pietro di Madrasso (frazíone Clanzo) seque-strando ai fanciulli il libro di preghiera "Oče naš". 12. Per aver spiegato ¡I catechismo in lingua croata, e ció impreparazione ai ss. Sacramenti della confes-sione, comunione e cresima, istruzione fatta nella chiesa parrocchiale di Vetta (Istria) D. Sibeni (antea Šibenik) Francesco, amministratore delle parrocchie 121 ANNALES • Ser. hisl. socio!. • 10 2000 1 (20) Sebastiano BfRAIDO 1 A "NORMA LlZZAZiONE* DEUE DIOCESI ISTRIAN'é 11932-1936)._, 111 -138 Vetta e CasteI Racizze, dovette ¡i giorno 7 agosto a. corr. Rispondere dinanzi il brigadiere di Sovignacco il quale lo invitó a smettere tale insegnamento sog-gíungendo che, in caso contrarío I'invito si sarebbe cambiato in un accusa di azione antiitaliana, da inol-trarsi alla Questura e Prefettura di Pola. Difatti i! giomo 18 agosto l'amministratore fu diffidato daI capo-gabi-netto della Questura di Pola. 13. A Pregara (Istria) recentemente si portó un messo comuna/e con un ordine del potestà di Pinguenteper la cancellazione di alcune scritte slovene nella chesa. D. Stefani (antea Stifanic) Felice, cappellano del luogo, si rifiuto di consegnare dei libri slovenl di preghiera che il messo comunaie voleva stracciare. 14. Anche nella parrocchía di S. Croce ci fu qualche caso sporadico, in cui i bambini delle elementan venívano molestati a causa di libri sloveni di preghiera. 15. II maestro Giovanni Cosmina a Tomadio (Trieste), già nel 1931, sequestró ai fanciulli cinque cate-chismi sloveni e li mandó come corpus delicti ai diret-tore didattico di Sesana. Gli attri scolari sa Iva ron o i loro catechismi nascondendoli sotto il vestito. Anche nell'an-no corrente i carabinieri andavano per le frazioni della parrocchía di Tomadio in cerca di catechismi e qua-derni con annotazioní fatte all'istruzione religiosa. 16. D. Albino Kjuder, párroco di Tomadio (Trieste) il giomo 17 giugno a. c. fu citato alla R. Questura di Trieste, ove il questore stesso lo minaccíó di confino a Ponza, qualora egli osasse ancora insegnare il cate-chismo ai bambini della sua parrocchía in lingua slovena, dicendo che i bambini erano ormai italiani e do-vevano essere istruiti esclusívamente ín lingua italiana. All'osservazione del párroco, che egli doveva in proposito seguire le norme dell'autorità ecclesíastica, ¡I questore gridó: "Non obbedisca al Vesc.ovo ... il Vaticano capisce assai poco". Lo dimise intimandogli l'ultimatum: "o insegnare in italiano o il confino". 17. A. Aiber (Trieste). Nell'anno 1930 l'ammini-strazione parrocchiale introduceva con la benedizione della statua del S. Cuore, la divozione verso il S. Cuore e distribuiva il libretto: "Divozione verso il S. Cuore di Gesù" CeèCenje presv. Srca", approvato dall'autorità ec-clesiastica di Gorizía, bene inteso anche fra i ragazzi, Pochi giorni dopo, veniva chiamato dai Carabinieri. Gli si mostró come capo d'accusa una copia del libretto. i 'interrogatorio finiva con la proibizione della diffusione tra i ragazzi. II tenente dei Carabinierialia protesta del sacerdote che egli non avesse ¡1 dirifío di imporre un tanto, rispondeva: "Perjegge no, ma lei sa bene, come vadano le cose...". Si dovette sospendere anche l'adorazione in comune coi bambini. Più tard i riceveva dall'ispettore scolastico la proibizione di tenere la "scuola" di catechismo. Nel 1931 l'autorità di poiizia ¡nterrogava i bambini come insegnasse il párroco, bene inteso nella scuola di catechismo ed avutane la risposta "in sloveno" veniva citato dinanzi alia Commissione di Poiizia e ammonito. Nel 1934/35, avendogli il medico proibito d'inseg-nare, perché ammalato, prega va le Suore scolastiche di Tomadio (parrocchía confinante e vicina) affinché una suora assumesse l'ístruzione religiosa (sempre in chiesa) dall'aprile a! giugno. Ció che le suore lodevolmente fe-cero. Ma alia fin d'anno si ebbero dall'ispettorato scolastico di Trieste la proibizione di insegnare per l'avvenire la religione ad Aber. 18. La R. Questura di Gorizía ha sequestrato i libretti di preghiera "angelček" (Angíoletto) e "Oče naš" (Padre nostro) edíti dalla Librería cattolíca a Gorizía in lingua slovena. Dei libretto "Angelček" sono state sequestrate il 12 setiembre 1934 N. 2929 copie nella librería stessa a Gorizia, e 12.000 copie presso la legatoria Canginr-Filippi a Vicenza, ancora in fogli stessi. Del libretto "Oče naš" sono statc sequestrate, il '15 febbraio a. corr. 13.769 copie a Vicenza e 2.400 copie a Gorizía nel magazzíno della librería cattolica. Da rilevarsi che tanto delle "Angelček" quanto delle "Oče naš" sono uscite gia 6 edízioní, appena la settima fu sequestrata. Da notarsi pure che i libretti avevano il prescrítto "imprimatur" della curia arcivescovile di Gorizia. Tale prowedimento della Questura di Gorizia ha colpíto gravemente l'ístruzione religiosa nella diócesi di Gorizia e nella nostra, perché, essendo esaurite le precedenti edizioni, i parroci e gli scolari sono sprovvisti di testi per insegnare e ríspettivamente per ímparare anche le piú necessarie preghíere. II moltíplícare poi i testi delle preghiere con mezzí privati meccanografici, di cui dispongono alcuni parroci, o anche il solo dettato delle preghiere da scri-versi in quaderní, data l'attuale mentalitá di certi fun~ zionarí pubbüci, fácilmente costituisce reato. (Cfr. Sopra n. 15. ~ Osserviamo che ¡I libretto sloveno "Oče naš" non é idéntico coll'omonimo libretto croato, il quale ultimo non fu sequestrato. Le parrocchie, di cui n. 14, 15 e 16 sono nella provincia di Trieste tutte le altre nella provincia di Pola (¡siria). Dobbiamo ancora rilevare, che le parrocchie, nelle quali l'ístruzione religiosa nella lingua slovena o croata venne tanto ostacolata, non possono neppure dirsi parrocchie bilingui o miste; trattasi nella quasi total i ta dei casi di parrocchie, nelle quali la popolazione slovena o croata vive da secolo compatta, con poche, o pochissime o anche senza famiglie italiane. II sottoscrítto Vescovo crede. di a ver eos) eseguito quanto richiesto da Cod. S. Congregazione e rínnova percíó ¡a preghiera: la S. Sede favorisca esternarsi circa /'uso della lingua materna riell'istruzíone religiosa parrocchiale impartita fuorí della scuola e imporre la sua Autoritá presso ¡IR. Govemo, affinché tale stato di cose, cosi pernicioso alia chiesa e alio Stato e cosi poco conveniente alia dignítá dei funzionari statali, abbia finalmente a cessare. Osservo infine che nella parrocchía di Strídone (Istria) i protestanti hanno potuto / 122 ANNALES • Ser. hisl. socio!. • 10 2000 1 (20) Srtwttijino BERALOO: LA "MORMAUZZAZIOW DEUX DIOCESI (STRIANï (1932-1036) ... 11W38 impunemente dispensare i loro libri di propaganda stampati in croato c sloveno e che in 3 parrocchie per i mol' vi sopra esposti il comunismo ta strage dove molti fedeli di ¡ingua siava hanno disertato la chiesa. Trieste>, 11 ottobre 1935 Di cod. 5. Congrega?tone Devotíssimo" Se l'attívitá del vescovo della diócesi triestina era, dunque, volta alia difesa sostanziale dei diritti linguislici deglí slavi, neli'approccio fórmale cori le autoritá era costretlo ad "arretrare" sulle posizioni del "nemico", peraltro capace di maggior íorza política, avendo insinúate ía propria presa anche all'interno del clero diocesano italofono, con una sottíle opera di corruttela, oltre che con l'utilizzo in quel senso dell'effc-ttiva "al-leanza" politica fra Regime e Vaticano, soprattutto dopo i primi anni Trenta. Nel dicembre 1931, a ridosso di un anno che a ve va visto divampare ancora ¡o scontro Ira fascismo e clero slavo e, a livello nazionale, tra fascismo e S. Sede, scriveva un sacerdote della costa istri-ana nella lettera di accompagnamento alie richieste di denaro per il restauro della chiesa: "E noto come in quella frazione i preti slavi abbiano induriti i poveri contadini all'amor itálico, mentre essi (...) aiutati con buone parole, simili consigli e carifatevole assistenza, hanno dato prova solídale di apprendere (...) gli in-.segnamenti di amore patrio che l'umiíe sottoscritto non ha esitato ad inculcare loro in tutte le occasioni, e gli esempi sono eloquenti: tutti i parrocchiani rispondono si a qualsiasi ordine del Regime etc." (in: Miccoli, 1975, 39) ed un altro sacerdote scriveva al prefetto di Pola nell'aprile del '35 ringraziandoío per il sussidio stra-ordinario di 500 lire concessogli dal Ministero del-l'lnterno su proposta de! prefetto: "Nel ri.ngraziarla Le assicuro eziandio che saró perseverante nella mobili-tazione di alta comprensione fascista per la propaganda nazionale presso la popolazione allogena della rnia parrocchia" (in: Miccoli, 1975, 38). II 16 aprife del '32 i! Fogar stipuló a Pola un nuovo "accordo" con le autoritá fasciste che ricalcava queflo del '27, sancendo per le parrocchie ormai ingiustamente italianizzate la "perdita" senza recupero e, in pro-spettiva, la continuazione di quei processo di riduzione, ghettizzazione, e annullamento lingüístico e culturale slavo presso le altre (Belci, 1985, 80). Senza la coper-tura del Vaticano con una diócesi che dava segni di cedimento non era, in realta, possíbile altro "accordo". Fu su questa contraddizione interna delía diócesi, fra una tradizione italiana ed una tradizione slava, con uomini del calibro dell'Ukmar e del Fogar a far da ponte, ma ormai isolati, senza referenti "estemi" su cui far poggiare la propria azione, che si giocarono le sorti del vescovo di Trieste, con una drammatica accele-razione nel 1934, che ebbe come teatro il Seminario teologico di Corizia, laddove sí formava da decenni il personaje della Chiesa regionale, riproducendo una "tradizione slava", e per questo oggetto di un lungo "assedio" da parte italiana. Con l'arrivo di mons. Sirotti ía "citadella goriziana" era stata in parte espugnata; l'azione di questo Amministratore Apostolico miro presto alio scompagina-mento dell'lstituto, introdLicendovi una componente antislava dísarmonica a quell'ambiente, tolíerante verso sloveni e croati, cosí come aveva fatto durante la direzione del Seminario interdiocesano di Capodistria (Malta, 1983, 54}. 5ul territorio istriano continuava inesorabíle la presstone snazionalizzatríce cui sí oppo-neva un clero che a maJapena riusciva a comporre momenti di socialità nazionale nelle confraternité: Don Cerar, il párroco di Monte di Capodistria già più volte difeso dal Fogar, nel '33, istituito il distaccamento locale delle "Figlie di Maria", fu ancora immediatamente accusato di "propagandare f'idea slava" (Lubiana, 1989, 54). A Corizia si giocarono le sorti dell'ultimo referente di vertice per que) clero slavo resistente: nel Seminario 'si riflesse saturandosi lo scontro fra una tendenza italianizzatrice voluta e sostenuta dallo Stato totalitario, ed una conservatrice delle specificità nazionalí della tradizione slava, totalmente priva di un'efficace coper-tura "politica"; lo scontro vedeva le due tendenze interpretate dall'Amministratore Apostolico Sirotti (vessil-lifero di una linea che è lecito definiré clerico-fascista) da una parte, e dal vescovo Fogar dail'aílra, i rapport! di forza erano tutti a svantaggio del Vescovo di Trieste, spedalmente dopo che nel '33 sí era ¡nsediato il nuovo prefetto di Trieste, Tíengo, elemento fieramente fascista, dal tratto deciso, poco incline alia mediazione: più squadrista che burocrate. In occasione del suo arrivo il "Piccolo" fece pubblícare due articoli che rtproponevano con toní accesi ía necessítá di una lotta al clero slavo, quasi un avvertimento al vescovo e un invito a Tiengo a indtrízzare subito il suo operato contro í settori "slavofili" della Chiesa. L'opera del Sirotti nel Seminario goriziano intanto aveva creato gravissíme tensioni, soprattutto tra il corpo docente, notoriamente "fogaríano" e tradizionaímente attento alie esigenze linguistíco-culturali dei chierici slavi, e un gruppo di studenti italíani già "covati" nel Seminario interdiocesano di Capodistria, vicini alie posizioni dei Sirotti, col quaíe mantenevano stretta relazione. La polémica alla fine del '33 raggíunse tale livello da ¡n-durre il Fogar a recarsi II 3 gennaio 1934 a Corizia per tenere un discorso ai seminaristi mentre il "Picculo" riaccendeva contemporáneamente la poiemica contro il Seminario Teologico, "fucina di slavofili". In quel discorso il Fogar aveva ribadito le proprie posizioni, riaf-lermando íl diritto degli slavi di utilizzare la propria lingua, richiamando il pericolo Ínsito nelía frattura nazionale interna al corpo ecclesiastico della diócesi, invitando a tenersi politicamente alia larga dal Sirotti e, infine, di tacere quelle parole con altri che non fossero stati presentí. Accadde, tnvece, che uno dei chierici 123 ANNALES • Ser. hist. socio!. -10 • 2000 - 1 (20) Sebastiano DïRAIDO; LA "NORMAUZZAZiOiC DEILF. DIOCESI ISTRIANE ÍI932-Í936) .... 111-138 italiani cari ai Sirotti compisse una delazJone, inviando un sunto del discorso ai "Piccolo" di Trieste. Vçnne allora compiuta un'inchiesta interna per scoprire il col-pevole, il quale venne identificato ed espulso. Le auîo-rità politiche decisero, quindi, un'offensiva di rappre-saglia contro gli esponenti "fogariani" del corpo docente: il 30 maggio don Rutar e don Musizza comparvero davanti alia commissione per il confino, cui furono condannati a cinque anni ciascuno, mentre in giugno la stessa commissione comminô ad altri quattro sacerdoti insegnanti i'ammonizione, in quanto "pericoiosi agli ordinamenti nazionali e sociali costitutivi dello Stato, avendo esercitato una attività manifestamente contraria alio spirito nazionale ne! Seminario Teologico di Corizia unitamente ai confinati don Rutar e Musizza" (Matta, 1983, 63). Don Musizza, tacendo ricorso alla commissione d'appello, peraltro inútilmente, ebbe ad accusare espli-citarnente mons. Sirotti d'aver sobillato e istruito i chi-erici nazionalisti italiani a intraíciare ie funzioni del Seminario, infrangendo la disciplina e alla collégialité, separandosi da tutti gli altri chierici. Dell'impegno del Sirotti a far croliare i pilastri portanti di quella parte di Chiesa giuliana ancora vicina alla minoranza slava ne è prova la lettera che l'Amministratore Apostolico inviô al prefetto Tiengo l'8 maggio del '34 nella quale si esor-tava a far spedire i numeri de "Il Popolo" e "Il Piccolo", nei quali il Fogar era stato attaccato in modo vergo-gnoso dopo i fatti di Gorizia, ad ùltre personalità e ai più importanti uffici délia S. Sede per scredilarlo (Belci, 1985, 89). In effetti, dopo il maggio del '34 il vescovo non ebbe più pace: attaccato dai giornali, dal prefetto, dai gerarchi locali def PNF, vedeva cedere la resistenza di alcuni sacerdoti, di cui alcuni già facevano parte délia rete di informatori al servizio délia polizia, tanto da voler impegnarsi a compattare le file del clero diocesano con numéros! incontri e visite parrocchiali per contrastare personalmente la rinnovata foga anticléricale e antislava délia macchina statale provinciale, sia di Poia che di Trieste. In questo contesto via via insostenibile si iscrive ía ragione del "memoriale" che il Fogar inviô nef setiembre del '3S al Prefetto di Pola, di ntiovo cercando di rimarcare la réciprocité degli inte-ressi 'della Patria" a quelli della Chiesa, quando ormai quella réciprocité era stata riconosciuta dal '29 solo ad una Chiesa italiana, owero ad una Chiesa che aveva accettato di divenire la Chiesa di Stato, scontando ri-nunce alla propria liberta, rinunce che colpivano ap-punto in primis i fedeli cultural mente non italiani. Come si è già fatto notare, l'indebolimento del ruolo della Chiesa in quanto vettore di isíanze sociaî-nazionali presso gli slavi rischiava di far dirottare il desiderio di riscatto su altre organizzazioni più propriamente poíi- tiche, come i gruppi armati nazionalistici o le forma-zioni comuniste; erano queste ultime a impensierire nella loro capacita di presa sulla gioventü il Fogar, il quale faceva partecipe il Prefetto di quella preoc-cupazione, c.orrelandola al nuovo recente impegno contro i sacerdoti slavi, primario referente della gioventü "allogena" ferma rimaneva anche la difesa ad oitranza del proprio clero, coerentemente ad una decennale condotta pastoraje. Questo il testo de! documento:'7 "A sua eccellenza il Signor Prefetto di Pola Trieste, 15 setiembre 1935 Eccellenza, La situazione ormai sravissima per la Religione e per la Patria creatasi in molti villaggi della provincia del-l'lstria causa le frequenti diffide e ammonizioni con mi-riacce inflitte dall'autoritá política a numerosi sacerdoti per il fatto che essi impartiscono l'istruzione religiosa ai fanciulli in chiesa nella lingua par lata in casa dei fanciulli stessi e che predicano o pregano in islavo mi obbliga in coscietiza a rívolgermi per amor di Chiesa e di Patria all'Ecc. Voslra per renderVi attento delíe con-seguenze disastrose di un modo di agiré che é in per-fe.Ua contraddizione con il Concordato e con gli inte-ressi dello Stato. Secondo la lettera, il senso e lo spirito del Concordato che ha valore di legge tanto per gli eccíesiastici, quanto per gli impiegati dello Stato, non solamente si puó ma anzi si "deve" ísre per gli allogeni la predica, l'istruzione e la cura d'anime in genere nella loro lingua e ció per due motivi: í) perché se non comprendono ¡'italiano o lo comprendono male, é evidentemente e assolutamente necessaría la lingua degli allogeni per farsi comprendere e 2) perché la Chiesa anche dato che lo comprendessero non puó imporre alie coscienze di ascoltare la predica o di pregare in italiano se gli allogeni in molti casi non lo volessero. Ora non es/sfe una dlsposizione di legge che annulli que/ passo del Concordato, né esiste una disposizione contraria al senso del Concordato, contraría alia piü elementare liberté della Chiesa, che sia nota alie auto-ritá ecclesiastiche. Se pero esiste ed é nota alie autorítá politiche, come si spiega che, nella Venezia Giulia e partícolarmente nell'lstría, l'applicazione di questa disposizione che vu-ole assolutamente snaziortalizzare radicalmente gli slavi é tanto arbitraria da ledere la dÍgnita dell'autorilá dello stato, e da renderla estremamente odiosa agli allogeni? La prova della verita di questo asserto é costituita dal fatto che molti villaggi dell'lstria che presentano iden-tiche condizioni nei riguardi di popolazione quasi totalmente allogena o mista, con sacerdoti slavi o italiani che parlano ¡o slavo, negli uni si ta strage completa in 17 ADT, catalógala in rubrica sotto il soggetto Prefettura di Poia, settembre 1935. Reca il numero di protocoüo 614 del 1935. 124 ANNALES Ser. hist, sociol. • 10 • 2000 • 1 (20) Sebastiano BERAI.LXk LA "NORMAUZZAZIONE" DELIE DIOCESI ISTRIANE (IW2-iS.%) -, 1 f 1-133 chiesa e negli altri tuito si lase ¡a passare e predica c cantici e istruzione religiosa ai fanciulii. Si deve constatare ancora che degli impiegati subalterni delle Pre-feltura, Questura e Carabinieri, gli uni sí attengono al Concordato, glí altri dicono di avere 1'inca rico di proibire una cosa o l'allra in chiesa. Altri hanno proibito al sacerdote addíríttura di parlare col suo Vescovo o di far visita al proprio fratello, di frequentare i sacerdoti coníratelli per confessarsi. Cli uni tentano di indovinare cosa ai desideri, ín al tro loco in riguardo poi accusano i sacerdoti alia Questura in questo senso e suggeriscono, centro convinzione, le misure da prendersi; questa ese-guise e poi in questo senso. Gli allri non sanno quanto avviene nel loro distretto o non osano notificare alia superiore autoritá le conseguenze delle eseguite dispo-sízioni superiori. Le conseguenze pero sono di una gravité tale da rovínare seriamente i sentimenti religiosi e patriottici e da far temere seriamente per l'ordine pub-blico. Menlre a suo tempo S. E. il Prefetto Foschi si era r/'servato personalmente le disposizioni nei ri guare! i del clero, oggi, anche i maestri, segretari pol., podestá, carabinieri e persone prívate si immischiano nelle que-stioni di chiesa. V. E. sí convincerá delta verítá di quanio espongo se Le elenco so/o a leu ni fatti. Il sacerdote italiano O. Carche mi comunica di 600 anime appena 50 frequentano le chiese mentre prima quasi tu tí i erano ottimi cristíani; a Paugnano con sacerdote italiano la meta delta popolazione ha disertato la chiesa; a Stridone con sacerdote italiano circa 800 slavi non vogliono piú saperne di chiesa. In tutti e tre i casi non era ció avviene perché é slalo abolito forza-tamente quatcosa di slavo. In diversi luoghi del capo-distriano si fa con successo una propaganda comunista approfittando di questo stato di cose (informi don Knafelc di Paugnano). I fanciulii di molte altre stazioni non comprendono ¡'italiano ed in slavo non si potrebbe impartiré l'ístru-zione in chiesa, perché c'é ia diffida o l'ammonizione contra í sacerdoti per il motivo che essi la impartivano come per esempio a Villa Padova e Zamasco, a Cor-ridico, a Antignana, Decani e in molti altri luoghi, poco coscienziose per calunniare sacerdoti ottimi e senza pecca alcuna, come awenne recentemente contro don Sibeni di Vetta (Pinguente) poco fa per la seconda volta. Egli fu diffidato perché 'fa uso esclusivo delta lingua slava in chiesa e ín iscuola di svoígere propaganda sla-vofila, per il suo contegno, al bailo!, di suscitare il malcontento di tuttas la popolazione'. Posso garantiré con parola d'onore che Míe queste denunzie sono inveníale di sana pianta e il párroco, /'ex podestá e l'attuale podestá di Pinguente con tutta la popolazione di Pinguente con tutta la polazione di Vetta sanno che é vero proprio il contrario. E tanto facile a tutti constatare questo che Don Sibeni predica sempre in italiano, che insegna in iscuola in italiano. Lo ha con- státalo pure il Commissario di P.S dopo la prima denuncia. Sembra poi trovarsi in Russia quando si esige che un sacerdote cattolico sia a favore del bailo. Si leg-ge la sua difesa consegnata alia Questutra di Pola (e in copia a me) per convincersi che è un'infamia inaudita da parte di un geómetra ateo e di un ex carabiníere che parla in islavo a casa colla propria famiglia, e di quattro lor compagni di permettersi di calunniare in questo modo inaudito un sacerdote e di ingannare se/ente-mente l'autorité política. Un falto gravissimo si è che Don Sibeni fu minac-ciato dall'autorità. per il caso che egli continuasse ad impartiré I'istruzione religiosa ai fanciulii anche in islavo. Ora i fanciulii (compreso il figlio detl'ex carabiníere) non comprendono che pochissimo ¡'italiano. È consta-tato che la preparazione per la prima conl'essione e s. Comunione e Cresima è impossibile t'a da in italiano a Vetta. Cosí i bambini rimangono senza i ss. Sacramenti. E questo giudizio delta nécessité della lingua slava non parte únicamente da Don Sibeni, ma è pure quello detl'ex decano di Pinguente Don Vascotto, oggi párroco a Trieste, de!l'attuale párroco di Pinguente, di tutto quel clero italiano che conosce Vetta, è il giudizio anche dello scrívente. O si permette a D. Sibeni l'ístruzione in chiesa deí bambini in islavo o i sacramenti non si po tranno impartiré. Se questo perrnesso non verrá dato, io sarà costretto a sospendere a malincuore la visita canónica e la cresima per Vetta e Racizze già indetta per il 28 corr. E il 2 ott. Data la impossibilité di fare cura d'animé solíanlo in italiano in quei due luoghi, il sacerdote vi sarà ben che superfluo, anzi esposto a continue ingiuste vessazioni. Se certamente non posso in coscienza impartiré la cresima a fanciulii che mai si sono confessati e nul la sanno della Cresima ne potro lasciare il sacerdote e la salvezza delle anime in batia di persone afee e senza coscienza. Queste condizioni in-sostenibili equivalgono in effetto ad una vera e autentica persecuzione religiosa perché impediscono di tornire ai fanciulii financo i primi etementi della fede e della morale cattolica, di impartiré i primi s.sacramenti e se si ottemperasse a quanto quei 6 signori vogliono ott en ere, si dovrebbe fare tutto in italiano e trutta la popolazione diserterebbe e odierebbe la Chiesa e il Governo. Per ilminor male della Religione sarà costretto, se le condizioni non si cambieranno, di chiudere le due chiese di Vetta e di Racizze e di lasciarle senza sacerdote. Prego vivamente l'Ecc. Vostra di voter rivedere la posizione di Don Sibeni e di impartiré ordini con cortese soliecitudine alie autoritá di Vetta aeché Don Sibeni non sia impedito a preparare i fanciulii per i sacramenti e la Cresima onde la gente non si ímpressioni con la sospenstone della visita canónica e della cresima a Vetta e Racizze. Voglia poi l'Ecc. V. considerare dove arriveremo con questi metodi. Gente del popolo perché inasprila dalla pressione troppo forte nei ríguardi delta sua lingua natía, 125 ANNALES • Ser. hist. socioi. • ti) • 2000 • 1 (20) Sebastiano BERA! DO. LA 'NORMALIZ2AZKJNP DRI.E DIOCESI rJTRlANf (1932-] 9161 -, 111 -138 se la prende con lo Stato e con ía Chiesa e non dará mai dei buoni cUtadini alia patria e non amera I'Italia. Come stanno le cose oggi, posso asssicurare V. Ecc. che il comunismo fa strage in mezzo a quella parte delta popo-lazione tstriana che ha disertato la Chiesa o la va disertando per le cause suesposte. Non si dica alia Questura che esagero come avvenne un a lira voita sotlo S. Ecc. Foschi, il quale dovette poi convincersi e scoprire quan-to avveniva nel comune di Decani nei nguardi della propaganda comunista. Per l'amor di Patria che la distingue scongiuro I'Ecc. Vostra a volcre far rívedere tutte le cause di tante ammonizioni e diffíele imposte ai sacerdoti con grande scandalo dei íedeli forse únicamente per il fatto che si sonó atienuti semplicemente al Concordato o perché sono stati calunniati. Se V. Ecc lo crede opportuno, invii copia di questa mi a a S. Ecc. Bufforini-Cuidi, o al Capo del Governo; io ne sarei perfettamente d'accordo perché sono convinto che le LÍ.EE non potranno (are a meno di sostenere V. Ecc. nel correggere una situazione insostenibile e dan-nosissima alia Patria e al Regime, créala da alcune menta lita che o credono di salvare tutto col ¡'aboliré ogni parola slava, o'infetti da odio per la retigione, sotto l'etichetta del Fascismo e delia snazionaüzzazione fanno guerra alia Chiesa. Cosí invece di ottenere quanto ci si era proposto: l'assimilazione degli slavi e l'amore di questi per ¡'Italia, si o (tiene al contrario e si spinge la gente fuori di chiesa verso il comunismo. Colgó l'occasione per presentare all'Ecc. Vostra i miei piú distinti ossequi. Devotissimo" Nonostante questo approccio con íe a u tonta la sítu-azione non miglioró, anzi proprio a Trieste nella primavera del 1936 provocatori fascisti interruppero lo svolgimento di una funzione sacra durante ¡J canto slo-veno di un brano litúrgico, merrtre altri íncidenti scop-piarono nei quartieri di Barcoía e Riano di modo che il prefetto Tiengo ne approfittó per proibire Tuso del lo slo-veno neile chiese cittadine. Era palese come il tentativo di risolvere la situazione da una posizione lócale, per quanto eminente, come la curia di una grande diócesi, non avrebbe dato esiti duraturi per Tintero territorio istriano; sarebbe occorsa, almeno in ámbito provinciale, l'azione coerente di tutte ie diócesi ¡nteressate. Questo tipo di intervento manco; ció perché, evidentemente, mancava ira gli ord'mari omogeneitá di valutazione su un'oppressione (¡nguistico-cultufaie "ora ben tolierata, ora promossa" do uno stato cattolico e concordatario. Nel '36, dato ii clima di insicurezza e di crescente pressione poltziesca, il vescovo cerco di arginare í cedí- menti cli molti sacerdoti di fronte ala política fascista di distruzione lingüistica inviando una circolare ai parroci, in cui si invitava ferinamente a "rispettare ie con-suetudini diocesane per quel che riguarda i) culto" (Belci, 1985. 91), segno di uno sbandamento nella strut-tura deíla diócesi, a! quale Era uno sbandamento cui era necessario porre rimedio, tacendo cessare queil'ac-ceíerazione anticlerical e antislava, oppure rinnovando il vertice diocesano, per far mancare l'obiettivo primario di quella campagna intimidatoria, cioé il vescovo Fogar. II potere cívile e religioso, a Roma, erano giá in trattíva per risolvere quella insostenibile situazione. Due anni prima, nel '34, a seguito del fattí del Seminario, la "pailita" a Gorízia era stata chiusa con i! raggiungimento deü'obiettivo fascista (epurazione dei "fogariani" dal corpa docente) e concedendo alia parte perdeníe (il clero di tradÍ2ione slava) l'aliontanamento di mons. Sirotti, figura che si era caricata del risenti-menío e dell'odio dei personale sloveno, in un'ope-raziorse che aveva visto fa complementártela dell'intervento vaticano e di quello govemativo. Božo Milanovič ha sostenuto, tra S'aStro, che a caídeg-giare 1'allontanamento del Sirotti presso ti Vaticano fosse stato il nunzio apostólico a Belgrado PeüegrineUi, che piü da vicino, in una fase delicata per i cattolici jugoslavi com'era ía dtscussione del concordato, aveva percepito l'ostilitá dei parlamentad verso 1'operato deil'ammí-nistratore defla diócesi goriziana (Matta, 1983,66). Di fatto lo scontro fra "iíatiani" e "sloveni" aveva rag-giunto livelli insostenibili: il rettore del Seminario del-f'arcidiocesi, mons. Brumal, neí maggio '34 aveva scritto al Segretarío di Stato Pacelli in questi termini: "mi permetto di osservare che, come rtsulta da indagira fatte, dietro l'indegna gazzarra calunniatrice sta né piü né meno che l'Amministratore Apostólico di Gorizía, mons. Sirotti, fine organizzatore di intrighi e principáis se non único sobillatore dei nostri chiertei" (Matta, 1983,64). Al Sirotti era succeduto mons. Margottí, che non avrebbe mutato i rondamentali del corso delf'arcidiocesi imboccato dopo 1'allontanamento di Sede). Era un "corso" che prevedeva un aílineamento alie esigenze del Regime, nell'ottica di una dL/ratura pacificazione con io Stato, cosa che rendeva age vole ¡I proseguía del "Kulturkampf' antislavo. Quelfa política di acquíescenza fu condotta dal Margottí con maggior circospezione e piü attenta gradazione, fontana dalla foga "romanizzaince" che aveva caratterizzato f'amministrazione Sirotti. LA "ROMANÍZZAZIONE" A FIUME, DIOCESI OIRETTAMENTE SOGGETA ALLA S, SEDE.18 Che le difficiiiss/me condizioni in cui operava nella gerarchta ecciesiastica un clero atiento alie esigenze 18 La Mesura efi questo paragrafo si deve in gran parte alio studio ciel testo di Lavo Cermeíj (1953): l! vescovo Amonio Santin e gli Sloveni e i Croati defía diócesi di Fiume e Tríeste-Capodistria, Lubiaoa. 126 ANNALES Ser. hist, sociol. • 10 • 2000 • 1 (20) ScbdSíiano BÍRALÍJO: ÍA "NORWA»ZZAZ)ONf"0£LlE DIOCESI JSTRIANÍ OMMMfi»..., 111-138 linguistiche dei fedeli "alloglotti" non dipendessero tanto dalia presenza a Gorizia di un arcivescovo integralmente italiano, quanto la conseguenza di una consa-pevole scelta vaticana, lo dimostrano le vicende delta diócesi di Fiume, direttamente sottomessa alia S. Sede, dove due vescovi, mon. Isidoro Sain (1925-1933) e mons Antonio Sarrtin (1933-38) si impegnarono in una forzosa italianizzazione che investí la scelta del personal« canonico, la vita ail'interno del piccolo seminario fiumano, l'uso della Üngua scritta degli atti, e di quella órale, nella liturgia e neíi'insegnamento cateche-tico per una popolazione a maggioranza croata. Dopo l'ammínistrazione di morís. Mecchia, gii canonico a Trieste, nell'autunno deí '33 giunse ad inse-diarsi it nuovo vescovo, mons. Santin, dalla diócesi parentina; un gruppo di sacerdoti slavi, facendosi inter-preti di un disagio generale dei connazioriali, inviarono al monsignore una lettera-mernoriale in latino che riassumeva i rnotivi di quel disagio e indicava i prov-vedimenti atti a rimuoverlo (Cermelj, 1953, 3-12). L'os-servazione iniziale del memoriale era quella típica di altri "cahiers de doleance" rivolti ai vertici del-l'organizzazione ecclesiasttca da parte del clero di base síavo dall'annessione della Venezia Giuiia in poi: ie tristi condizíoni cui la popolazione era costretta nel-l'alíenazione del patrimonio cultúrale nazionale, operata con la complicitá del personale italiano della Chiesa, minavano í'autorita delle gerarchie c.attoliche e sospingeva i cattolici ad allontanarsi dalle parrocchie, a vantaggío di altre confessioni o gruppi politici. 1 sacerdoti si dicevano anzi impossibilitati a difendere l'operato delta curia fiumana, tali e tante erano le ingiustizie fatte applicare nella diócesi, evidenti e ingiustificabili: "Conditio clerí populique sloveni et croati in hac noslra diócesi qua minus laeta, qua tristis et miusta conspicitur Praecipue vero dolemus, quod ob talem rerum conditionem auctoritas eccfesiae catholicae et in primis summi Pontificis haud parum passa esl de-trimenti": era il pontefice stesso ad essere direttamenle intaccato nella propria autoritá, nella grave denuncia/ accusa di quei sacerdoti, i quali elencavano le principal} vessazioni: sin dalla creazione della diócesi, nel '25, al clero sloveno e croato era stato pretérito quello italiano nell'assegnare i posti di canonico; neíla dita di Fiume i cíttadini slavi era no statí privati delle funzioni nella loro lingua, cosa che risultava grave, per esempio, per le giovani síovene che lavoravano in gran numero come inservienti in citta; nell'ospedale cittadino poi, si faceva notare, il cappeliano era un italiano completamente ignorante della lingua croata o slovena cosí da non poter assistere ammaíati o moribondi; nelle parrocchie di Abbazia e di Laurana i nuovi parrocí erano ítalíaní, incapaci di comprendere cosi come dal farsi comprendere dai fedeli di lingua slava, mentre a Volosca il párroco che sino ad allora aveva predicato anche in croato era stato costretto dai locali amministratori fa- scisti, "irisistentibus loci auctorítatibus", a utilizzare solo ('italiano, nonostante un viaggio a fiume presso il vescovo "ut concio croata sustineaturaffinché favorisse l'uso della lingua croata, cosa che, evidentemente, dimostrava la passivité della Curia rispetto alia de-terminazione repressiva fascista. Si aggiungeva che le ¡ettere pastorali delia Quaresima erano pubblicate dal vescovo solo in italiano, ad eccezíone di quelía più recente scritta dail'Amministratore Mecchia, che aveva la versione anche in sioveno e croato: la lingua slava era stata disprezzata per anrii dal vescovo, con gaudio de!'a "setta" clegli avventisti che invece rispettavano le lingue nazionali. Riguardo il seminario fiumano, eretto dopo ¡a creazione della sede vescovile nel '25 e gestito dai gesuiti, al settimo punto della rimostranza si faceva notare come l'ístítulo fosse stato oggetto sin da principio delle pretese dei nazionalisti. Negli ultimi mesi, dopo la morte del vescovo Sain, i! nazionalismo era arrrivato a far si che agli alunni del seminario fosse vietato parlare fra loro ia lingua materna, scrivere o leggere lo slavo, "alumni sloveni et croati inter se lingua vemacula col-loqui, libros vernáculos etsi honestissimos legere (...) et suis parcchis lingua vemacula ser ¡be re prohiberentur" secondo delle modalità in effetti già riscontrate al seminario capodistriano; "Quid rnirum"- cosa da mera-vigfiatsi, si domandavano quei sacerdoti- "si (...) fides populi sloveni et croati languescit eiusque aestimatio et fiducia erga ecclesiam, episcopos et summum Ponti-fieem valde est concussal". Venivano esposte nove ro-gatorie affinché quelle ingiustizie sopra descritte venis-sero elimínate. Particoiare attenzione era rivoita a! campo educativo, da una parte nel seminario, dali'aftra nella catechesi scolastica. Affinché nel seminario pot.es-se regnare "spiritus catholicus, non nationalis" sí chie-deva di concedere la liberta di dialogo, lettura e scrit-tura nella lingua slovena e croata degli alunni e, poiché questi per divenire sacerdoti dovevano continuare g!i studi a Venezia, si domandava che fossero mandati invece a¡ seminario teologico di Gorizia, nel '33 ancora ambiente tollerante e accogliente per i giovani di cultura slava. Là poi avrebbero trovato connazionali provenienti dalle altre diócesi giuliane, mentre Venezia, la città degli antiebi dominatori italiani, mercantile ed opulenta, spaveníava i íatori de! memoriale: li "con-ditiones diocesanae a nostris plurimum di(feoint nec ipsa loci natura valetudini iuvenum nostrorum con-ducit". Riguardo poi il catechismo si affermava duramente che impartiré ai bambini sloveni e croati l'in segnamento dei principi teologico-morali cattolici con una lingua a loro straniera era contrario alta "vene-randae traditionis S. Sedis", come ad ogni principio pedagógico e morale. Si domandava, quindi, che fossero appiicate in diócesi le direttive emanate nel 1931 da mons. Borgía Sedj in mérito all'educazione dei fanciulli, le cosíddette "istruzioni" lasciate dall'arcive-scovo prima del suo sollevamento- infine, si chiedeva di 127 ANNALES • Ser. hist. socio!. -10 • 2000 - 1 (20) Sebastiano TRAIDO: LA "NGRMAUZZAZIQNE" OELI.E DIOCESI (SÍRIANfi <1312-1 »H ..., 111 -1 J.t» far ottenere per molti sacerdoti quella cittadinanza italiana che era stata loro rifiutata, in modo da non far perdere il beneficio «eclesiástico che curavano. Tidu-ciosi, quindi, i sacerdoti saíutavano ¡I nuovo vescovo, assicurando di aver sottoposto quelle preghiere non con intenzione nazionalista, "non nationale studium", ma per il bene della Chiesa. Le dísposizioni suggerite in que! memoriale, furono sostanziaímente ignorante, a parte la nomina di tre canoriici slavi a Fiume. il nuovo vescovo Santin proseguí nelía linea ¡tal ianizza trice a buon pro dei rapporti con l'ammínistrazione fascista, in un percorso pastorale opposto a quello suggerito dai sacerdoti latori del memoriale. Un approccio di reciproco appoggio fra stato italiano e Chiesa cattolica fu ritenuto nelle diócesi del confine orientale, nella loro totalité dopo il '36, la míglior condizione per l'azione pastorale, anche a costo di sacrificare le spécificité nazionali della minoranza slavofona, fra l'altro comprendenti la memoria e i riverberi di una pericolosa attitudine política-religiosa in cu! la romanità e la latinità erano state percepite come eccentriche alie aspettative di settori del clero jugoslavo, specialmente di quello croato.19 In quest'ottica va ietlo i'impegno del vescovo Santiri a far partecipe delle istítuzioni fasciste il clero slavo, obbligandoli all'uso della lingua italiana nelle lezioni di catechismo; il decisionismo del vescovo lo portó a minacciare sospensioni 'a divinis1, e ad appoggiarsi al Vaticano per imporre le proprie decisioni. II 3 marzo del '34 il vescovo Santin si recô in udienza dal pontefice proponendogli il problema dei sacerdoti che disob-bedivano all'ordine di insegnare nelle scuole dello stato, riassumendo i rísultati dell'incontro in una lettera inviata agfi ordinari delle diócesi giuliane e riprodotta dal Cermelj (GermeIj, 1953, 16-17). Il vescovo giudicava l'assenza dalle scuole come "un alto palese di ostilità al governo (...) a tutto danno di un maggior sviíuppo del ministero pastorale di quci sacerdoti" i quali, invece, proseguiva il vescovo, "pospongono il divino all'umano, il soprannaturale al naturale, Cristo alia nazionc" (in: Cermelj, 1953, 16-17). II pontefice avrebbe quindi ap-poggiato Santin a proseguiré nell'impegno assunto, esor-tando: "Cuardino quei sacerdoti l'esempio di Cristo, che sotto il dominio romano non ehbe mai una parola o un gesto contro i dominalori stranieri". Della lettera di Santin ai vescovi il Cermelj ha riprodotto la risposta dei Vescovo di Parenzo-Pola Pederzolli, contenente la dis-50ciazione da una qualsiasí iniziativa di concerto fra gli ordinari delle diócesi giuliane voila ad obblígare ¡ sacerdoti slavi únicamente all'insegnamento catechetico in italiano. Scriveva il vescovo di Parenzo-Pola: "la mia opinione è che noi vescovi dobbiamo (are di tutto perché la liberta della Chiesa sia ovunque assicurata ed in ispeeie che almeno nelle due prime classi delle scuole elementan l'istruzione religiosa sia impartita nella lingua materna dei fanciulli" (in: Cermelj1953, 18-19). L'opera dei sacerdote su dei fanciulli che non avessero compreso la lingua di insegnamento, sosteneva ¡I vescovo. sarebbe stata oltre che frustrante, deleteria, in quanto avrebbe segnato il distacco dalle abítudini ap-prese nell'ambiente familiare e quelle imposte da! sacerdote, creando "un certo dualismo, che cerîo è de-plorevole, ed influisce di moho perché la preghlera comuna nella casa poco a poco, anzi presto, del tutto scomparisca". Nella lettera si ipotizzava piuttosto l'opportunité di un incontro dei vescovi di Parenzo, Trieste, Fiume e Zara, necessario per stabílire una linea comune per contrastare la tendenza imposta dallo Stato fascista. Quel congresso, come sappiamo, non si sarebbe mai tenuto, dato che troppo distant! erano fe posízioni dei vescovi, anche per una possibile mediazione del Pederzolli: se il Fogar era già impegnato in uno scontro che avrebbe condono sino alla propria destituzione ne! '36, i vescovi di Zara e Fiume avevano già optato per una di sinergia fra Chiesa e Régime, cosa che li portava ad un opportunistico appiattimento sulla legislazione fascista. Contro gli ultimi lacerti del vessillo vetero-siavo, símbolo di una orgogliosa autonomía cultúrale della cattolicità sud-slava, rivendicata nei decenní ormai trascorsi per lutta l'Istria dal!'epicentro quamerino, il vescovo Santin sí volse a colpire le uitime sacche di resistenza alia latinizzazione deile forme liturgiche. Si appelle» quindi nel febbraio del '34 alia Sacra Congregazione dei riti per ottenere un nulla osta al-l'attacco contro le sei parrocchie dove ancora le parti 19 L'ideologia cattolico-nazionale nella variarle "jugosiavista", che aveva trovato durante íl sí coi o precedente rseJ vescovo Strossmayer il piíi ¡Ilustre maestro, era stata imhrigliata e frenata dalla strategia vaticana che diffidava di uno stato a centralismo serbo-ortodosso mentre con gli accordi del La te ra no gii intellettuali cattolici sud-slavi avevano visto delegittimata la loro battaglia per gli interessi nazionali sloveni e croa ti contro queiii itaäianj. Su questa tensions, fra una Chiesa Universale e una Chiesa per il Popolo-Nazione, nell'epoca del nazionalismo imperialista, potevano svilupparsi gruppi clerical! di teoría e di azione in frizione con le scelle strategiche della S. Sede, tanto piü evidenti nei territori di confine. Durante lo sbandamento seguito alia prima guerra mondiale, prima del trattato di Rapallo, molti sacerdoti sloveni e croati parteggiarono apertamente per l'annessione dell'fstria a! neonato Regno S.H.S, alcuni vescovi nel nuovo stato ipotszzarono Luso di una liturgia nazionale per le ¡oro diócesi, diversa dalla latina, mernori deíla tradizione glagolitica, ¡a iingua veteroslava che era stata usât a nella liturgia di alcune parrocchie croate e istriane sino ai XVIIIo secolo, ovvero sino al XIX' secondo í nazionalísti slavi. Vi fu addirittura il piccolo scisma della Chiesa Nazionale Cristiana croata, e faceva proseliti il movimento del Clero dallo, che auspicava una riforma della Chiesa in direzione hussiía. Quella di Fiume era la piü croata delle diócesi che coprivano la penisola istriana, e risentiva in mísura rnaggíore di un'insofferenza per l'italianizzazione íorzata pralicata dagli ordinari vescovili che temevano la disohbedienza del clero croato. Su queste tendenze centrifughe del clero croato si veda in particolare: Scottà 1994, 400-401 ; Salvatorelli, 1937, 65 sgg.; Blasina, 1994. 128 ANNALES • Ser. hist. socioi. • ti) • 2000 • 1 (20) Sebastiano HERALDO: LA "NORMAIIZZAZiONE" OÎLLf DIOCfSI ISTRIAN6 (1932 19361 111-138 cantate délia liturgia erano eseguite in "schiavetto", quel "volgare ecclesiastico" simile al glagoliîico ma in carat-teri latini ("uno slavo un po' antiquato che perd non è glagolitico"), utilizzato nelle parti cantate del le preci esequiali, durante l'ufficio dei morti e nelle preghiere liturgiche per l'amministrazione dei sacramenti. Le sei parrocchie avevano fatto parte del decanato di Castua, che era andato alla Jugoslavia, ed erano state oggetto di particoiare decretazione per interesse dei vescovi Do-brila e Nagl fra otto e novecento, affinchè la liturgia avesse da continuare ad essere ceiebrata irt "schiavetto". L'ultimo comuriicazione in questo senso del Nagl nei 1909 alla S. Sede era rimasta senza senza risposta. Da aliara si era continuato l'uso antico di quel che il nuovo vescovo decise di sradicare, provocando una risposta da parte del clero slavo di pertinace resistenza, fondata sulla conoscenza e ía memoria del la vicerida che daí 1860 circa tormentava i giuristi vaticani. La disquisiztone era meno dottinaria di quanto sí possa immagtnare; come è noto, in Istría, dal secolo precedente, il "nazionalísmo localistico" cií parte siava aveva utilizzato lo strumento deíl'antica iingua litúrgica per rivendicare a questa o a quella parrocchia la pri-mazia storica sui latini, ovvero sugíí ítaííaní. Tuttavia, negli annt trenta dei ventesimo secolo i modi di una battaglia culturafe e nazionale condotta sulla question« del veteroslavo erano deí turto anacronistici: Nelío sfato italiano non avevano più margine di manovra política né peso quei "motívi" che sotto l'impero avevano visto affaticarsi gli attori della iotta nazionale: preti, avvocati, storici, giornalisti, maestri e rappresentantí politici nelle diete iocali. Eppure, per ía rigidítá di un vescovo "ita-lianissimo" e l'orgogíio di un clero croato, al)1 interno della diócesi di Fiume si tornó a combatiere ira italïaoità e slavonicità della liturgia, appel landosi a documenti e eminenze eccíesíastiche dell'ottocento, come mons. Dobrila, il vescovo croato di Parenzo-Pola. L'uitimo decreto della Sacra Congregazione dei Riti sull'argomento risaliva al 1906, sotto il pontificato di Pió X, e aveva deluso le aspettative dei nazionalisti clericalt. ponendo molte condizioni per l'uso del glagoiitíco, so-prattutto laddove era stato proibito in tutte ie parrocchie in cui non fosse in uso continuato almeno dal 1868. Le cose si erano píú recentemente complícate nel 1927, quando la Congregazione aveva aveva approvato f'edízi-one del "Messale Romano Slavoníco", ovvero íl messale della liturgia latina tradotto in sloveno e croato, utilizzato nelle diócesi jugosiave, che lasciava più margini per l'utiíizzo di quelle lingue nella liturgia. Alcuni sacerdoti della diócesi di Fiume erano propensi a utilizzare quel messale, in disaccordo totale con il vescovon Santin. La prima risposta della S. C. deí Riti era stata sfavorevole ai sacerdoti sfavofoni: stante la decretazione in vigore, ogni consuetudíne per quanto inveterata era da aboiire. Ció significava che, non essendo quella Iingua íl glagolito bensl un'altra forma modernizzata di slavo ecciesiastico, doveva essere eiiminata dagli inni liturgia processionali, daí canto del Te deum, dalle altre "precí liturgiche" e dalle funzioni eucaristiche. Nel bat-tesimo fuñica concessione era fatta alia recita deí credo e del pater da parte dei padrini. La curia di Fiume ema-nava, quindi un decreto ordinando che fossero "tolti tutti gli abusi che finora si sono introdotti (...). Ai popolo -specíficava il decreto - ove ne fosse bisogno, i curatorí d'anime spiegheranno (...) che si tratta di abusi e che i! latino é la Iingua universale della C.hiesa" (in: Cermelj, 1953, 22). Oltre alie singóle resistenze aH'esecuzíone del decreto, alcuni sacerdoti organlzzarono un ricorso alia S. C dei Riti, presentando un memoriale che sí opponeva alie decisioni sollecitate daí proprio vescovo presso la S. Sede con una lunga argomentazíone. in sin-tesi, quei sacerdoti ripercorrendo ía storia recente della questíone glagoíitica, afíermavano che, stante la "naturale" evoluzione di questa forma lingüistica nello "schiavetto" anche con il concorso delfe decisioni delíe atito-ritá ecclesiaíi (cessazíone deil'insegnamento del glago-lítico nel Seminario teoiogico goriziano nel 1861, c.a-renza di pubblicazioni di Messali ¡n veteroslavo), la Iegittimit3 delle concessioni falte al glagolitico nel 1906 doveva essere estesa al succedaneo schiavetto, affer-mando anche di essere pronti "nelle parrocchie in cui per i'uno o l'altro dei suddetti motivi é stata introdotta la Iingua croata (schiavetto) invece della Iingua veteroslava (...), per conformarse perleramente alie disposizioni del suddelto art IV del decreto dellla S. R. Congregazione Rituum DD 18 dicembre 190620 di ripristinare l'uso della Iingua veteroslava" (In: Cermelj, 1953, 30-41). Si tentava cosi una controífensiva ail'attacco di Santin, pur nella consapevolezza della propria posízione sfavorevole davanti alia normativa canónica, che non rico-nosceva la succedaneitá dello schiavetto a! glagolitico, A comprovare che la consuetudíne dovuta all'evo-íuzione della Iingua eccíeslastica slava "non é un abuso ma un diritto", veniva argomentato che questa consuetudíne era stata accettata anche dai vecchí vescovi della regione e dallo stesso Pío X per rendere iegale un uso piü ampio dello slavo ecciesiastico. In effettí nel decreto dei 1906 era concesso alie parrocchie privilegíate ii canto dell'epístola e del vangelo in croato moderno, dopo la recita degli stessi passi in latino, cosa che ii vescovo Santin aveva dímenticato, e che la S. C dei Riti fu poi costretta a concedere. 20 Secortdo l'articolo IV era permesso ai fedeli di rispondere al sacerdote celebrante e/o eseguíre le partí cantaie in iingua paleoslava nelle chiese privilegíate, cosi come era permesso in quesíe l'uso di messali in caratteri latini ai fedeli, in mancanza di testi glagolitid, anello di congiunzione, secondo quei sacerdoti, fra glagolitico e schiavetto. 129 ANNALES • Ser. hist. socioi. • ti) • 2000 • 1 (20) sebastiano bírai.do: la "nokmalezazionï* peu? dsocesi istrianelï 932-1936).... ! 11-138 inoltre si ricordava come con un decreto del 1874 mons. Dobrila, vescovo di Parenzo-Pola, nella sua opera di "nazionalizzazione" slava délia diócesi, aveva promosso f'acquisto dei rituali romani in lingua slava, ristampati aflora dal vescovo di Spalato. Quel lontano decreto veniva ricollegato all'attualità délia situazione nelle diócesi dello stato jugoslavo, dove le edizioni slo-vena e croata del rituale romano erano state "introdotte col permesso délia S. Sede in tutte le parrocchie del Regno (...) sen ¿a riguardo al tatto se prima fosse stato in uso il rituale in lingua slava o mentí", chiedendo i'estensione dell'uso per i fedeli di quelle traduzioni anche alie diócesi dello stato italiano mísülingui, íímí-tandone Puso pure, si concedeva, al momento dell'am-ministrazione dei sacramenti, che, comunque, dal sacerdote doveva essere eseguita secondo la lingua ec-clesiastica più appropriata, tentando di salvare per i fedeli il maggior spazío possibile alio slavo. Queste richieste vennero respinte dal Vaticano, cosí come quella di concedere ai fedeli il canto in vernacolo nelle processioni eucaristiche e nelle domande fatte ai padrini durante il battesimo. ¡nfine, avendo ricordato nel ricorso alia Congregazione dei Riti che nel decreto del 1906 la lingua "slavica vulgaris" era stata concessa in tutte le cerimonie e i momenti non strettamente liturgici. "ad fidelium commodum et utilitatem", nella sentenza quest'aspetto venne preso in considerazione, cosicché si invitava il vescovo ad un'oculata e attenta concessione dell'uso della lingua slava. Tuttavia proprio perché genérico e discrezionale tale invito non poteva sortire effetti sensibili, data la pressione fascista in mérito e la volontà uniformatrice della curia fiumana. L'appello dei sacerdoti slavofoni alla S. C dei Riti, inoltrato il 15 novembre 1934, si chiudeva rammentando alla S. Sede il rischio Implícito nella italianizzazione forzosa dei fedeli di lingua slava operato dalla Chiesa di concerto con lo Stato: l'attrazione verso altre organiz-zazioni religiose, ovvero della Chiesa Ortodossa e di quella Avventista, aderenti alla realtà lingüistica in cui opera va no. "Bisogna rile vare che la popolazione è nella nostra régions sempre è stata moflo attaccata ai propri dirítti linguistici nelle cbiese e che essa è stata sempre assai suscettibile per ogni mínima parte del suo diritto che le si volesse togliere. Questo vivo sentimento de! popolo per i propri dirítti linguistici nelle chíese è tanto più forte e vigile adesso, quando ¡a lingua materna degli slavi viene soppressa violentemente dalle autorité civili in tutti i campi della vita pubblica." IJ corso della procedura d'appello fu molto lungo, sintomo di una difficoltà ad affrontare una questione cosí delicata: l'esito fu inviato il 22 febbraio 1936 al vescovo Santiri, il quale in quei due anni aveva cercato in ogni modo di ottenere l'obbedienza dei parroci slavi, anche imponendo dichiarazioni fírmate per rendere operativi i provvedimenti da luidecretati nell'agostodel '34. E certo che ¡I sino all'uscita del Santin dalla diócesi fiumana, nel '38, continuo il braccio di ferro con i sacerdoti slavi, i quali non si attenevano completamente alie direttive vaticane recepite dal loro vescovo: l'in-sistenza con cui si invitavano i parroci slavi ad usare il latino durante le preghiere del riti funebrt, neU'am-minístrazione dei sacramenti, nei cori lo dimostra. Non si verifico cioé la pacificazione della diócesi come aveva sperato la S. Sede dopo i provvedimenti decisi dalla S. C. dei Riti nel '36. Cli atteggiamenti dei vescovo non pote va no saldare in solidarietá ordinario e clero, riproducevano e aíiar-gavano anzi quella frattura in seno alia Chiesa regionale che correva lungo ia "faglia nazionale", come del resto accadeva nel resto del territorio istriano. Esemplare e típico i! caso del párroco di lliriska Bistrika {Villa di Nevoso) il quale nel 1934 venuto in contrasto con la maestra che vietava agli scofari di assistere alia messa in sloveno, in quanto cittadino tedesco, fu espulso; la risposta dei fedeli fu ti boicottaggio della messa tenuta dall'itafiano sacerdote ausiliario rimasto solo alia guida della parrocchia. II vescovo fu quindi costretto ad in-viare a Villa Nevoso un sacerdote di lingua slava (Cer-melj, 1953, 69). II tentativo del vescovo di risolvere il problema nazionale per via autoritaria, attraverso una italianizzazione romano-fascista era fallito. Nel maggio '36, in una ¡ettera inviata al prefetto del capoluogo in mérito all'ennesimo scontro fra párroco e autoritá, que-sta volta a Klana, aveva modo di scrivere: "mi permetto questa confidenza: ín provincia vi é moka esaspe-razione, molta diffidenza, molta apatía. Ci temono, ma non ci vogliono bene (...). f necessario invece che lentamente si desti della simpatía per l'ltalia" (in: Cer-melj, 1953, 72). Rímaneva, anzi, radicata ravversione di un clero fiero e memore della propria tradizione nazionale contro I'ordinario, cosi come restava ferma la fiducia del Santin nell'opportunita di un accordo con il regime, opportuno in quanto rientrante nella. linea vaticana e utile ín quanto sinergico al debeílamento dell'awersione al "centralismo" romano che impediva un "regolare" governo della diócesi stessa. Ma il 1936 segnava anche ía perdita dell'esponente piu coraggioso della Chiesa regionale, quel vescovo Fo-gar che puré negli ultimi anni aveva cercato un irnpos-sibile accordo con gli ammínistratori fascisti a tutela deí propri sacerdoti slavi. Era forse il segno piü evidente della impraticabilita per la Chiesa di un approccio colaboracionista col regime e di una contemporánea pacificazione nazionale interna alie diócesi. Era tuttavia l'approccio auspicato e perseguito dal vescovo Santin, futuro successore del combattivo goríziano alia cattedra triestina. IL DOPO-FOGAR. UNA CRÍTICA RADICALE DEJ SACERDOTI SLAVOFONI ALLA CHIESA ROMANA Ail'interno della diócesi triestina si facevano evidenti 130 ANNALES Ser. hist. socio!. • 10 • 2000 1 (20) Sebastiana HERALDO: LA"NORMAÜ2ZAZIÚNE" DELIE DIOCESI ISTRIANE «932-1936) ..,,111-138 i segnali del cedimento délia solidarietà fra i sacerdoti di diversa provenienza étnica ovvero di diversa for-mazione politica-culturale: le linee di frattura appa-rivano sempre più evídenti sotto ¡a pressions fascista. L'ultima gravissima azione era stata quella del prefetto di Trieste Tiengo che aveva proibito la predicazione in sloveno nelle chiese triestine. i diplomatie! dello stato italiano e del Vaticano índividuarono la soiuztone dello scontro fra il luglio e il setiembre 1936: Rimozione di Tiengo e dimíssioni di Fogar. A luglio il prefetto partí alia volta di Bologna. Secondo Belci a questo punto, per la corrispettiva rimozione del vescovo da parte gover-nativa "vennero con ogni probabilité utilizzati (...) gli interventi di non pochi sacerdoti triestini ed istriani contro il proprio vescovo" raccolti in quegli anni dalle autorité avili (Belci, 1985, 92). La convergente pres-sione del clero diocesano e del Regime convinsero la S. Sede del l'opportun ità dell'aliontanamento dello seo-modo vescovo. Fu inviato a Trieste un Visítatore Apostolico con l'incarico di spingere il Fogar alie dimissioni e di sondare ¡ tempí entro i quali era possibile condurre in porto l'operaziorie; la S. Sede per questo compito si avvalse dell'arcivescovo di Gorizia Margotti. Dalle let-tere pubblicate nello studio di Belci emerge un malcontento pontificio neü'operare quella scelta, sostenuta invece da¡ Segretario di Stato card. Pacelli e alia quale comunque Pió X! accondiscese. Sofferta fu anche l'ub-bidienza del vescovo, if oppose resistenza, recandosl anche a Roma presso il Vaticano. Camillo Medeot ha riportato la rievocazione di un episodio del setiembre 1936, fatta da un anziano prelato vicino a Fogar, mons. Giuseppe Luigi Velci, secondo cui: "¡I vescovo di Trieste fu invitato a recarsi a Bassano del Crappa da! cardinale Carlo Rossi, capo délia Congregazione dût Concistorio, che colà trascorreva le ferie. L'autorevole porporato gli suggerí di dimettersi. Mons. Fogar gli chiese: 'Èquesta la volonté del Papa?'. Alta risposta affermativa firmó la lettera di rinuncia alia sede tergestina senza alcuna esitazione" (Medeot, 1972, 245). Nel mese di ottobre mons Fogar ven ne promosso arcivescovo titolare di Patrasso e venne trasferito a Roma, dove restó sino alla morte, avvenuta il 26 agosto 1971 a ottantanove anni. Gli successe come Ammini-slratore apostolico l'arcivescovo Margotti che si era già distinto a Gorizia per il proseguo di una linea di oppor-tunismo filofascista, a discapito deí diritti nazionali e [inguistici degli slovení21 mentre a meta del 1938 venne nominato nuovo vescovo di Trieste e Capodístria mons. Santin, in una scelta non casuate da parte della S. Sede, che volie per Trieste e per la maggiore diócesi istriana confermato un uomo gradito al Regime. Sicuramente il Fogar dovette sentlre pesantemente la propria solitudine rispetto aila linea vaticana, capace di esprimere anche con gesti memorabili l'appoggio al Regime e al fascismo della reglone, anche dove la Chiesa aveva rivendicato da sempre ¡I primato della propria presenza e del proprio ¡nsegnamento, nella scuola, dove i diritti lingui-stico-nazlonali dei fedeli slavofoni erano stati duramente attaccati; ¡I 18 dlcembre 1935 i! vescovo Peder-zolli a norne de! pontefice fece omaggio all'organiz-zazione "Italia Redenta", che operava per sostener« neile nuove province la penetrazione della seoíariz-zazione nazionale italiana, di una croce d'avorio, a riconoscimento deli'opera svolta. D'altro canto, già la diócesi di Parenzo-Pola aveva subito, anche per la debolezza dell'ordinario, una forte italianizzazione delle parrocchie, tanto che secondo i dati del ¿ermelj (Cermelj, 1974, 223) per circa 80.000 fedeli slavi, perlopiCi croati, erano rimasti solo otto sacerdoti slavofoni. Riconoscimentl ufficiali come quello del 18 di-cembre non significavano che 1'ininfSuenza della que-stione della tutela della popolazione slavofona per la S. Sede, a confronto dei vantagg! che essa ritenne di poter ottenere "alleandos!" col Regime, Secondo ¡1 Barbad dal 1918 al 1931 "dans la Marche Julienne 226 pretres croates ou slovenes ont été expulsés, déportés ou emprisonnés. 185 ont été expulsés, 35 internés en Italie, 23 emprisonné, 8 internés puis expulsés. De 1931 a 1943 les memes persécutions se sont exercées sur une cinquantine de pretres" (Barbalid, 1945, 18). Sicuramente di fronte ad una serie di dati che comprovavano l'oppressione nazionale dei fedeli e dei sacerdoti slavi la S. Sede usó col Regime sussurr! di imbarazzo e decisioni di effettivo fiancheggiamento; la sostanza di questo atteggiamento non poteva sfuggire al clero slavo della regione; nel 1938 il comportamento dell'amministrazíone Margotti, caratterizzato da "ana-cronistica ansia di romanizzare" {Rebula, 1992, 46), fece reagire parle de! clero slavo della diócesi, che gli ¡nvio una lettera-memoriale di rimostranza in latino, secondo Rebula redatta da Jacob Ukmar.22 L'ínizio era cîa subito molto aspro, e non poteva essere altrimenti: "Come se si fosse tornad indietro nei secoli ('Sicuti enim elapsis retro saecutis...'), cosí anche nel nostro tempo gli uomini della Chiesa sono tormentad oggi da avversità e nel 21 Sosteneva Margotti: "L' Arcidiocesí é una ¡ola, una, catiolica, apostólica, romana, fortemente romana e italiana", in: Santeusiano, I (1997): La diócesi di Gorizia nell'episcopato Margotti. In Dolinar-Tavano (1997), 105-117. Sí veda anche: Cermelj, 1974, 221; Matta, 1983, 66. Circa l'tndinazione vigorosa e marziale del vescovo sí ricordi í! favore incondizionato con cui appoggiü dopo il '45 il Movimento dell'Avanguardia Caítolica Italiana, forrrsazione parmilitare anticomunlsta, in: Fiorani, A; Lega, A (1998): Cattolici s Comunisti alto Scontro, Milano, 141-142. 22 La copia del rnemoriale sta nella Raccolta Privata di Mons. Ukmar, Centro Dom lacoba Ukmar ja di Servóla-Trieste, Incartamento Memoriali. La copia da me tradotta mi é stata gentilmente fornita in fotocopia dal biógrafo di mons. Ukmar, dott. A. Rebula. 131 ANNALES • Ser. hist. socioi. • ti) • 2000 • 1 (20) SílMMiane BERMOO: t.A "WRMAUZZAZÍONF." DEUt DIOCESI ISTRIANÍ (1932-19361.... I U-BÍ governo della Chiesa appaiono tal i debolezze che se non venissero presto tolte andranno molto a nuocere all'annuncio e alia custodia fra ¡I popolo del Regno di Cristo. Da reclamare innanzitutto é la liberta della Chiesa nspeífo al potere c/ví/e in futre que/le cose che concernono la fede, i costumi, il culto e la disciplina, e poi far si che fuñica Chiesa di Cristo, infettata dal nazionalismo, non si divida in chiese in qualche modo nazionali, con una scissione che accrescerebbe perí-colosamente la disdicevole discordia che gia ora esiste net popolo della (amiglia cristiana". If memoriaie pro-seguiva ¡mpietoso denunciando ii caratíere non piü universale della Chiesa, fattasi troppo "italiana": "Cubernium céntrale Ecclesiam non exibet speciem vere catholicam, i.e universalem, sed índolem habet prae-ponderanter italiacam". Veniva critícala la struttura della diplomazia vaticana, nelle mani di prelatí italiani, ec-cetto rari casi, come se i cattolici delle altre nazioni non fossero stati in grado di svolgere ii ruolo di diíendere i diritti nei vari paesi della Chiesa e deíla Sede Apostólica, e si aggiungeva: "Cardinales Curiae Ro-manae, (...) uno excepto, omnes sunt itali". Cosi anche -si faceva notare- il numero dei cardinali italiani nel Sacro Collegío dei Cardinali eguaglía o supera il numero di tutti gli altri provenienti dalle altre nazioni: "Hodie totum Collegium constat 69 Cardinalibus, e quibus 39 itali et 30 non itali". Questa sproporzione danneggiava l'operato diplomático di salvaguardia delle minoranze nazionali oppresse. o v ver o "varíe vexatas et crudeliter oppressas", e ne conseguiva in particolare che í'ultima condanna forte dell'oppressione fascista sulla Chiesa delle nuove province da parte pontificia risalisse a! 1921, Uenedetto XV pontefice. Infatti: "dopo la morte di quel pontefíce le persecuzione, pur essendosí fatte le persecuzíoni, se possibilí, piü f POVZETEK Cilj študije je rekonstrukcija zaključnega obdobja "normalizacije" škofij na območju Istre, ki jo je fašistična država skušala izpeljati v sozvočju z zgodovinskimi interesi italijanskega meščanstva v pokrajini. "Normalizacija", katere cilj je bila odstranitev s škofijskih vodilnih mest vseh elementov, ki niso bili v sozvočju s programom nasilnega poitaljančevanja pokrajine, je bila dosežena med leti 1934 in 1936. Za študijo je bilo ključnega pomena razbrati usmeritev Vatikana, nasprotna oziroma pritrdilna stališča škofijskih ordinarijev in posledično vedenje slovanskih duhovnikov v teh škofijah. Na bojnem polju so bile v premoči sile, ki so delovale proti zagovornikom slovanskega izročila znotraj istrske pokrajinske Cerkve (od 1925 so bile v Istri tri škofije, na čelu katerih so bili Trifone Pederzolli v Fulju od 1913 do 1941, Isidoro Sam na Reki od 1925 do 1933, Luigi Fogar v Trstu od 1922 do 1936); na eni strani se je znašel aktivizem nekaj deset duhovnikov (v okoli 230 istrskih župnijah) pod budnim nadzorom prefekture, vendar pod zaščito škofa velike Tržaške škofije Fogarja., zagovornika cerkvene avtonomije v odnosu do civilnih oblasti (Tržaško škofijo so sestavljala obsežna območja slovanske jezikovne večine, od Hrvatov na območju Pazina do Slovencev na območju od Doline do Materije in Pivke); nasprotna stran pa je lahko računata na del nižjega italijanskega klera, na pasivnost poreško-puljske kurije, na filofašistično podporo goriških nadškofov po letu 1931, ko je bil Borgia Sedej umaknjen z goriške katedre, na podporo reških škofov, na organizirane pokrajinske upravitelje in navsezadnje na stališča Vatikana, ki se je v resnici že odločit za žrtvovanje "naravnih pravic" Slovencev in Hrvatov v prid dobrim odnosom s fašistično državo. Neenaka razporeditev moči na bojnem polju je leta 1936 prisilila škofa Fogarja h kapitulaciji; slovanovilska duhovščina je s lem izgubila edinega človeka, ki jo je bil znotraj cerkvene hierarhije sposoben dejavno braniti, in bila pahnjena v temo. Ključne besede: istrske škofije, fašizem, nacionalizem, italijanizacija 135 ANNALES • Ser. bist, socio!. 10 • 2000 1 (20) Sebastiano BCRAIOO: LA "NORMAUZZAZIONF DEUí DÍOCESI ISTRlANE il332l93C) ... 1TIÎ38 BIBLIOGRAFIA Archivio Diocesano Triestino. Raccolta privata di morts. Ukmar, presso i! centro Dopm Jakoba Ukmarja di Servóla-Trieste. Anonimo (1927): The déposition oí tbe jugosíav minority tn Itaíy. Lubiana. Anonimo (Institut jougoslave d eludes internationales). (1945): Documents sur la dénationalisation des jougo-slaves de la Marche Julienne. Belgrado. Anonimo (1945): La Marche julienne. Zagabria. Anonimo (T973): Note sull'episcopato di nions, luigi Fogar. Chiesa e società, 1, 7. AA.VV. (1918): Italia e jugoslavia. Firenze. AA.VV. (1939): Chiesa e stato: Studi storici e giuridici per il decennale délia Conciliazione tra S. Sede e I'Italia. Milano. AA.VV. (1982): Maresige - Storia délia lotta antifascista in Istria 1921-1981. Capodistria. AA.VV. (1985): VIstria tra le due guerre, contributi per una storia sociale. Roma. AA.VV. (1994): Le minoranze tra le due guerre, Annali dell'lstituto Storico Italo-Germanico. Boîogna. Agostinetti, N. (1977): L'onorevole Adamo Zanetti, prete contadino (1856-1946). Udine. Alatri, P. (1959): Nitti, D'annunzio e la questione adri-atica. Milano. Alberti, M. (1936): L'irredentismo senza romanticismi. Como. Antoni, C. (1993): L'amministrazione italiana nella Ve-nezia Giulia dall'armistizio alla mareta su Roma, 1-2, 185-196. Apih, E. (1966): Italia, Fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943) Bari. Barbalid, F., Mihovilovid, I. (1945): Proscription du Slovène et du croate des ecoles et des Eglises sous la domination italienne (1918-1943). Zagabria. Bari, L. (1984): L'ístria ieri e oggi. Trieste. Bartoli, M., Vidossi, C. (1945): Aile porte orientali d'Italia, dialetti e lingue délia Venezia Giulia. Torino. Bartolic, M. (1991): Don Miro, un martire deil'lstria. Pisino. Battara, P. (SATOR) (1954): La popolazione délia Venezia Giulia. Roma. Belci, F. (1985): Chiesa cattolica e fascismo a Trieste: Storia di un vescovo solo. Quale storia, 3, 43-97. Benussi, B. (1893): La liturgia Slava nell'istria. Parenzo. Benussi, B. (1924): L'Istria nei suoi due milfenni di storia. Trieste. Blasma, P. (1993): S. Sede, cfero e nazionalità al confine orientale. 1918-1920, note e document). Quale Storia, 1, 29-50. Blasina, P. (1994): S. Sede e regno dei Serbi, Croati e Sloveni: Daila missione di don Pierre Bastien at rico-noscimento fórmale (1918-1919), Studi Storici, 3, 773809. Botteri, G. (1960): I cattofici tries!ini nella Resistenza. Udine. Car Emin, V. (1953): Moje uspomene na druibu sv. Cirila i Metoda za Istru. Zagabria. Celia, S. (1956): I rapporti tra gli irredentisti Giuliani e il clero cattolico. Rivista Storica del Risorgimento, 43, 262-269. CeJla, S. (1968): Scuola, cultura e arte in Istria dopo la redenzione. Pagine Istriane, 22. Chiurco, G. A. (1929): Storia délia Rivofuzione Fascista. Firenze. Cobol, G. (1927): Il Fascismo e gli allogeni. Gerarchi3, 9, 803-806. Costantini, C. (1948): Foglie secche. Esperienze e me- morie di un vecchio prete. Roma. Cottone, C. (1938): Storia délia scuola in Istria da augusto a Mussolini. Capodistria. ¿ermelj, L. (1974): Sloveni e Croati in Italia tra le due guerre. Trieste. Èermelj, l. (1953): Il vescovo Antonio Santin e gli sloveni e Croati delle diócesi di Fïume e Triesie-Capo-distria. Lubiana. Dal Mas, F. (1995): Croazia, anche le chiese tn guerra-Gente Veneta, 31, 4. Dassovich, M. (1976): Fiume, Italia e Regno S.H.S nei 5 anni del Patto di Roma. Roma. Dassovich, M. (1989): I molti problemi deli'ltalia a! confine orientale. Dall'armistizio di Cormons alla deca-denza del patto Mussolini-Pasic (1866-1929). Udine. De Franceschi, C. (1937): 15 rinnovamento italiano deil'lstria. Pavenzo. Del Bello, N. (1890): Studi economici. Capodistria. Dememio, G. (1980): I cattofici, îa grande guerra e il dopoguerra. i! Territorio, 1, 55-64. Di Drosco, M. (1931): La liberta religiosa e i diritti délia nu ova Italia. La Porta Orientale, 4, 400-411. Digovk, P. - Goranich, F. (1943): Le haute adriatique et les problèmes politiques actuels. Losanna. Dolinar, F. M - Tavano, L (a c.) (1997): Chiesa e società nel goriziano frñ guerra e movimenti di fiberazione.). Gorizia. Fauro - Timeus, R. (1929): Scritti politici. 1911-1915- Trieste. Ferrari, L. (1981): Il clero sloveno nel Litorale (19201928): Linee di intervento pastorale. Quafe Storia, 1. Ferencic, L. (1973): Porecko-Pula Biskupija Trifuna-Pederzollija, 1913-1941. Pola. Galimberti, S. (1990): Cfero estrutture ecciesiastiche in Istria tra Otto e Novecento (diócesi di Parenzo-Pola): Atti e Memorie délia Società Isiriana di Storia Patria (AMSI) 38, 149-240. Gaiimberti, S, (1992): Clero e strutture ecclesiastiche in Istria tra Otto e Novecento (costituenda diócesi di Fiume). AMSI, 39, 168-249. Gayda, V, (1914): L'Italia d'oltre confine. Torino. 136 ANNALES • Ser. hist, sociot. -10 2000 1 (20) SebastianoBCRAr.DO; LA"NORMALIZZA*IONE': DFI.LF DIOCESI I57RIANE ¡IMMWi.-., 111-138 Gayda, V. (1915): Gii Slavi delfa Venezia Giulia. Milano. Gellner, G. (1982): Nazioni e nazionalismo. Roma. Gigante, S. (1928): Storia de! Comune di Fiume. Firenze. Guaseo, M. (1997): Storia del clero in Italia dail'ot-tocento a oggi. Sari. Hobsbawm, E. }. (1982); Nazioni e nazionalismo, Roma. Janigro, N. (1993): L'espíosione deile nazioni. !l caso jugosíavo. Milano. jaquin, P. (1929): La question des mínorités entre l'italie et ¡a jugoslavia. Parigi. Jurca, L. (1978): Moja leta u Istri pod fasizmom. Ljubíjana. Kacin-Wohinz, M. (1988): Orientamento nazionale, político e cultúrale degli sloveni e dei croati nella Venezia Giulia tra le due guerre. Quale Storia, 1, 51-68. Klen, O. (1955): Neki dokumenti o sveCenstvu v istri. Zagreb. Lubiana, L. (1982): La vita política istriana nel i0 dopoguerra (1918-1923). Quademi del Centro Ric.erche Storiche di Rovigno, 6, 105-174. Lubiana, L. (1989): ll clero e i cattoliri dell'lstria 19201930. Irs: Zovatto, P. (a c.): (siria religiosa. Trieste. Lepore, G. (1957): Scuole e gruppi etníci a Trieste e nell'lstría. Trieste. Luksich Jamini, A. (1964): II problema dell'uso del glagolitico a Fiume: Fiume, 1-2. Matta, T. (1983): Come si sostítuisce un vescovo. Aspefti deil'italianizzaziorie nell' arcidiocesi di Gorizia (1929-1934). Quale Storia, 45-66. Matta, T. 0981): La Cbíesa cattoJica e la política di snazionalizzazione degli sloveni e dei croati durante il fascismo. In: L'imperialísmo italiano e la jugoslavia. Atti del convegno di Ancona: 14-16 ottobre 1977. Urbino. 394-402. Matta, T. (1977): Clero sloveno e regime fascista, Quale Storia, 2-3, 3-13. Medeot, C (1972): ! cattolici del Friuli Oriéntale nel primo dopoguerra. Gorizia. Medeot, C (1969): Storie di preti isontini internati nel 1915. Gorizia. Miccoli, G. (1976): A proposito di mons. Antonio Santin. Boilettino delí'lstítuto Regíonale per ¡a Storia del Movi-mento di Liberazione del Friuli Venezia Giufia, 2-3, 29. Miccoli, G. (1975): Onorificenze, sussidi e patriotismo. Un aspetto margínale dei rapporto-alleanza tra Chiesa e Fascismo nella Venezia Giulia. Boilettino delí'lstítuto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia, í-2, 37-39. MilanoviC, B. (1976): Moje Uspomene. Pisino. Morozio delia Rocca, R. (1992): Le nazioni non muoíono. Russia rivoluzionaria, Polonia indipendente e S. Sede. Bologna. Mosconi, A. (1924): i primi anni di Governo italiano nella Venezia Giulia - Trieste 1919-1922. Bologna. Novak, M. (1927): Notizie storiche sui seminan di Capodistria, Trieste e Parenzo. Trieste. Novak, V. (1953): Vatican service of denationalisation of Jugoslavs. Review of international Affairs, 14-15,19-22. Novak, V. (1953): The Vatican support of italian imperialism. RIA, 21, 19-23. Novak, V. (1954): Historical survey of vatican-south slavs relations. RIA, 101,15-16. Pacor, M. (1964): Confine orientale. Milano. Parentin, I. (1987): Incontri con i'lstria, la sua storia, la sua gente. Trieste. Perselli, G. (1993): I censimenti della popolazione dell'lstria con Fiume e Trieste fra ii 1850 e il 1936. Trieste-Rovigno. Pesante, G. (1893): La liturgia slava con particolare riflesso all'lstria. Parenzo. Pirjevec, J. (1993): Il giorno di S. Vito, jugoslavia 19181922. Torino. Pirjevec, J. (1995): Serbi, Croati e Sloveni. Bologna. Pisenti, P. (1925): Problemi di confine. II clero slavo. Udine. Quarantotti, G. (1938): Storia della Dieta "del nessuno". Parenzo. Rebuta, A. (1992): Jacob Ukmar. Pordenone. Salata, F. (1897): L'Antica diócesi di Ossero e la liturgia slava. Pola. Salvatorelli, L. (1937): La política della S. Sede dopo la guerra. Milano. Salvemím, G. (1963): Opere 111, vol. ir. Milano. Salvemini, G. (1952): Mussolini diplomático (19221932). Barí. Salvemini, G., Maranelli C. (1918): La questione adri-atica. Firenze. Saiveminí, G. (1943): Pío X! e gli aílogeni. Quaderni di Giustízia e Liberta, 7. Salvi, B. (1972): il movimento nazionale e politico degli sloveni e dei croati. Trieste. Santin, A. (1978): Al tramonto. PJcordi autobiografía di un vescovo. Trieste. Sator (Battara Pietro) (1954): La popolazione della Venezia Giulia. Roma. Schiffrer, C. (1978): Sguardo storico sui rapport! tra italiani e slavi nella Venezia Giulia, Trieste. Schiffrer, C. (1946): La Venezia Giulia. Saggio di una carta dei limiti nazionali ítafo-jugoslavi. Roma. Scoppola, P. (1971): La Chiesa e ii Fascismo, documenti e interpretazioni. Bari. Scottà, A. (1994): I territori del confine orientale italiano nelíe lettere dei vescovi alla S. Sede, 1918-1922. Trieste. Sema, P. (1971): La fotta in istria 1890-1945 II movimento socialista e il partito comunista italiano. Trieste. Scstan, E. (1965): Lineamenti di una storia étnica e cultúrale. Bari. ANNALES • Ser. bist, socio!. 10 • 2000 1 (20) Sebastiano BtKAlOO: IA "NORMAlIZZAZtONf" DELIE DIOCESI ISÏRIANÉ ¡1932-1936).. . 111-1J8 Silvestri, C. (1977): Structure e forze sociali e politiche nella società istriana degli anni venti. Quale Storia, 1, 28-33. Tamaro, A. (1919): La Venetie Julienne et la Dalmatie: Histoire de la nation italienne sur ses frontières orientales. Roma. Tamaro, A. (1918): Il trattato di Londra e le riven-dicazioni nazionali. Milano. Tamaro, A. (1957): Da Vittorio Venelo a Rapallo. Roma. Tamborra, A. (1992): Chiesa cattolica e ortodossia russa. Torino. Tamborra, A. (1966). Imbro I. Tkalak e l'ltalia. Roma. Tamborra, A. (1966): Benedetîo XV e i problemi nazionali e religiosi dell'Europa Orientale. In: AA.VV: I cat-tolici e la prima guerra mondiale. Atti del convegno di Spoleto, 7-9 setiembre '62. Roma. Tomizza, F. (1992): Destino di Fronliera. Genova. Valdevit, G. (1979): Chiesa e lotte nazionali. II Caso di Trieste (1850-1919). Udine. Valdevit, G. (1980-81): La crisi della Chiesa Triestina nel passaggio dall'Austria Ungheria all'ltalia. Quaderni del Centro Richerche Storiche di Rovigno, 6, 347-357. Valdevit, G. (1974): Liturgia slava e questione nazionale fra otto e vovecento. Quale Storia, 2, 30-34. Vaiiani, L. (1966): La dissoluzione dell'Austria - Ungheria. Milano. Valussi, G. (1972): ll confine nord orientale d'ltalia. Trieste. Vanello, L. (1981): L'agricoitura istriana. Ambiente, rap-porti di propietá e di favoro (1923-31). Quale Storia. 2, 77-97. Vivante, A. (1912): Irredentismo adriatico. Firenze. Webster, R. A. (1964): La croce e fasci. Milano. Zovatto, P. (1987): La stampa cattolica italiana e sio-vena a Trieste. Udine. Zovatto, P. (1991): Trieste e l'lstria fra reíigíosilá popo- lare e folclore. Trieste. Zovatto, P. (1989): Istria religiosa. Trieste. Zovatto, P. (1983): Cultura del clero a Trieste tra '800 e '900. Trieste. Živojinovic1, D. R. (1980): Vatikan, Srbija i stvaranje jugoslavenske države 1914-1920. Beograd. 138