st ud ia universitatis he re d it at i st ud ia universitatis he re d it at i Nell’articolo, partendo dall’origine e dalla diffusione del dramma pastorale in Italia, viene presentata la diffusione di questo componimento poetico in Istria. Nell’articolo vengono pertanto presentati alcuni degli autori istriani che si sono cimentati nella stesura di questo tipo di componimento poetico e viene fatta pure l’analisi di alcune delle loro opere più significative. Tra gli autori che vengono presi in esame troviamo: Girolamo Vida, Ottonello de’ Belli e Giovan Battista Brati. Parole chiave: dramma pastorale, fiaba pastorale, poesia idilliaca, egloga, idillio. V članku najprej predstavimo izvor in širjenje pastoralne igre v Italiji, v nadaljevanju pa predstavimo šir- jenje te zvrsti v Istri. V članku predstavljamo tri najpomembnejše istrske pisce pastoralnih iger in nekaj njihovih najvidnejših del, ki smo jih analizirali. Predstavljeni avtorji so: Girolamo Vida, Ottonello de‘ Belli in Giovan Battista Brati. Ključne besede: pastoralna igra, idilična poezija, ekloga, idila. Diffusione del dramma pastorale in Istria Nives Zudič Antonič 37 Dall’idea di ampliare l’egloga dialogata, assai cara ai poeti del secondo Quattro-cento, in egloga drammatica, con per- sonaggi in veste di pastori, nacque, e presto en- trò in voga negli ambienti colti del Cinquecento, un nuovo genere letterario: il dramma pastorale. Pur avendo origine dai testi degli autori classici come Teocrito e Virgilio, questa composizione si distanzia dalla norma aristotelica e occupa uno spazio intermedio fra la tragedia e la commedia, spesso intrecciando alla comicità della comme- dia la serietà della tragedia e dando a vicende tri- sti conclusione lieta. In Italia il dramma (o fa- vola) pastorale fece la sua prima prova ufficiale con il Sacrificio (1554) di Agostino Beccari a Ferra- ra, ma al livello della vera poesia si elevò soltanto con l’Aminta di Tasso e con il Pastor Fido di Battista Guarini. E proprio sull’esempio di questi due au- tori e dei loro componimenti poetici che si ispi- rano pure gli autori di drammi pastorali in Istria. La nascita della favola pastorale drammatica Nell’ambito del rinnovato classicismo rinasci- mentale e del gusto raffinato e mondano delle corti, accanto al ritorno alle vecchie forme del te- atro classico, l’idillio pastorale1 trova una sua ap- propriata collocazione, colorandosi di elementi nuovi, rispetto al passato più autobiografici e pa- tetici e richiamandosi all’egloga dialogata e quin- di avviandosi a diventare favola pastorale dram- matica o dramma pastorale. L’idillio pastorale in volgare si diffuse largamente nel Rinascimento, specialmente dopo l’Arcadia di Sannazzaro. Esso è l’espressione dell’eterno bisogno umano di fuga dalla realtà storica (che è necessariamente lotta, conflitto, e quindi sofferenza) per evade- re, almeno idealmente, in un mondo pacifico, sereno, remoto dagli affanni della città. Il so- 1 L’idillio ha una lunga tradizione dal greco-siculo Teocrito alle Bu- coliche di Virgilio. doi: ht t ps://doi .org/10. 26493/2350-54 43. 4(2)37–47 st ud ia universitatis he re d it at i st u d ia u n iv er si ta t is h er ed it a t i, le t n ik 4 (2 01 6) , š t ev il k a 2 38 gno, cioè, di una vita felice dei campi e dei pasto- ri, paradiso terrestre al di là della storia, che gli uomini avrebbero perduto per l’invenzione del- la cosiddetta civiltà. In tal senso la poesia idilli- ca divenne sempre più sinonimo di poesia agre- ste e pastorale.2 Il dramma pastorale rispetta le unità del te- atro classico e la sua caratteristica è quella di rap- presentare vicende tristi che però si concludono con un lieto fine, soddisfando le esigenze dell’ar- tista rinascimentale, perché la massima aspira- zione del poeta di corte cinquecentesco è il sogno di sublimazione e rispecchiamento del proprio travaglio esistenziale, proiettato in un mondo consapevolmente ormai ritenuto fittizio e artifi- ciale, e insieme espressione idealizzata del dram- ma della passione . Da ciò l’esigenza del travesti- mento teatrale dei personaggi della corte, in cui gli stessi cortigiani si rappresentano e si contem- plano come su un palcoscenico.3 Di uno sviluppo drammatico dell’egloga, che diventa sempre più complessa, assumendo motivi della commedia, della tragedia e della far- sa, si possono seguire le tracce sin dai primi de- cenni del Cinquecento; ma di un vero e proprio dramma pastorale non si può parlare prima del 1554, quando fu recitato a Ferrara il Sacrificio di Agostino Beccari, ferrarese (1510 c. – 1590), in cui le semplici scene pastorali si sviluppano in rego- lare assetto drammatico e in cinque atti. In Italia i più importanti drammi pastora- li del Cinquecento sono l’Aminta del Tasso e il Pastor fido, del ferrarese Battista Guarini (1538- 1612). L’Aminta è una favola pastorale rappresen- tata nel luglio del 1573 nell’isola di Belvedere sul Po, davanti alla corte estense. Gli studiosi hanno segnalato tutte le fonti di questa favola: Teocrito, Mosco, Virgilio, Ovi- dio, Petrarca, Poliziano, Sannazzaro, ecc. Si trat- ta quindi di un’opera molto letteraria per il con- tenuto, ma quello che è più importante è il tono tutto personale con cui la materia è raccontata e liricamente espressa. Inoltre, è rilevante il fatto 2 Mario Sansone, Disegno storico della letteratura italiana (Milano: Principato, 1963). 3 Alberto Asor Rosa, Storia della letteratura italiana (Firenze: La Nuo- va Italia, 1985). che i personaggi sono un travestimento pastora- le di certe figure della corte estense: Licori è Lu- crezia Bendidio, Elpino il vecchio innamorato di Licori, è il Pigna, sotto l’aspetto di Batto si na- sconde il Guarini, ecc.4 L’Aminta è, per così dire, la corte che con- templa se stessa staccandosi momentaneamente dalla realtà e rifugiandosi in un sogno di bellez- za e di armonia naturale. È ancora un prodotto del Rinascimento maturo, che però rivela i segni dell’imminente decadenza. La sensualità, l’ero- tismo sono al centro della fragile vicenda. Si veda il coro dell’Atto I che celebra l’eden primitivo: “O bella età dell’oro...”, in cui il piacere era il massimo fine della vita, e la regola “se piace, ei li- ce”;5 ma già un velo di malinconia attenua la gio- ia di vivere e godere, e il dramma manca di azio- ne e si stempera in effusione lirica.6 Il Pastor Fido (1590), dramma pastorale o, meglio, tragicommedia come l’autore stesso pre- feriva chiamarlo, perché si proponeva di fonde- re gli elementi della tragedia e della commedia classica. Infatti, egli deriva dalla tragedia la sta- tura eroica di certi personaggi e la drammatici- tà, spesso solo fittizia, dell’intrecciarsi di eventi sorprendenti, e dalla commedia il programmato smorzarsi e il sorridente e garbato sciogliersi del- le passioni nella grazia dell’idillio.7 Il suo scopo, come afferma Guarini, non è ammaestrare moraleggiando, ma solo dilettare i suoi lettori; e siccome non c’è diletto senza soffe- renza, come non c’è corpo senza ombra, mescola il tragico e l’elegiaco col comico, per creare ten- sioni e attesa cui deve seguire appagamento e ri- lassatezza.8 È evidente l’intenzione del Guarini di supe- rare l’Aminta del Tasso, ma l’Aminta è un’opera di maggior respiro sentimentale e unità espressi- va e stilistica rispetto a quella del Guarini, dove, tuttavia, per il gusto della magnificenza orna- 4 Asor Rosa, Storia della letteratura italiana. 5 “Tutto ciò che piace, è lecito”. 6 Asor Rosa, Storia della letteratura italiana. 7 Alberto Asor Rosa, Sintesi di storia della letteratura italiana (Firenze: La Nuova Italia, 1978). 8 Battista Guarini, Compendio della poesia tragicomica (Venezia: Gio- vanni Battista Ciotti, 1601). st ud ia universitatis he re d it at i d if fu si o n e d el d r a m m a p a st o r a le in is t r ia 39 mentale e per il risalto che hanno i momenti liri- ci su quelli descrittivi, già prelude alla grande po- esia e alla musica barocca. Anche l’erotismo e la celebrazione della pura sensualità sono elemen- ti dominanti in questo dramma pastorale che in- dulge al piacere senza problemi e scrupoli mora- listici.9 Va comunque ricordato che sia il Guarini che il Tasso sono uomini del loro tempo: ambe- due uomini di corte, e partecipi di quel sogno di fuga dalla rumorosità mondana, nella pace idil- liaco-campestre che era un connotato tipico del- la cultura cortigiana. L’ispirazione idillica e pastorale dell’Arcadia Nell’ottobre del 1690 a Roma, un gruppo di po- eti e intellettuali si costituirono in una nuova ac- cademia cui dettero il nome di Arcadia. I mag- giori ispiratori e iniziatori di tale movimento, che si richiamava all’antica poesia idillica, buco- lica e pastorale, furono Giovan Mario Crescim- beni e Gian Vincenzo Gravina. I poeti aderenti all’Arcadia predilessero, in opposizione al gusto barocco ancora dominante, un linguaggio d’ispirazione classicistica voluta- mente semplice e lineare, adatto al genere della poesia bucolica, in cui cortigiani e dame (come nell’Aminta tassiana) travestiti in pastori, pasto- relle e ninfe si muovevano su uno sfondo campe- stre sereno, tipico della tradizione idillica, sim- boleggiante l’antico sogno di fuga dalla triste realtà della vita.10 Acutamente il Gravina definì l’Arcadia: “un sogno in vista della ragione”, riassumendo abilmente in una sigla la matrice razionalistica (ma di stampo moderato) di questa poetica. Immagini campestri molto convenzionali costituiscono il palcoscenico su cui si atteggia- no in pose languide e sospirose amanti e ama- te fra parrucche e trine che, nei momenti poeti- ci più fortunati, sospendono in una nube soffusa di ciprie e profumi i poetici segni di una società 9 Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana (Fi- renze: La Nuova Italia, 1951). 10 Asor Rosa, Storia della letteratura italiana. elegante e colta, sensibile alle galanterie e svene- volezze studiate dell’ambiente cortigiano e cu- riale.11 Il gusto cui abbiamo accennato del travesti- mento, induce i poeti a darsi degli pseudonimi idillico-pastorali. Le donne amate, coerentemen- te, si chiamano Filli, Nice, Nerina, nome che in- contriamo, p. es., in queste strofe di Paolo Rol- li (da L’Inverno, quinto libro delle sue Rime):12 “La neve è alla montagna l’inverno s’avvicina: bellissima Nerina che mai sarà di me? I giorni brevi e rigidi, le notti aspre e lunghissime come potrò mai vivere cara, lontan da te?” 13 La semplicità proposta dagli Arcadi è certa- mente raggiunta in questi versi. La successione di settenari intreccia abilmente quella musica insie- me saltellante e sospirosa che si ritroverà nel Me- tastasio, e che è connotato saliente caratteristi- co dei poeti arcadici, fra i quali Carlo Innocenzo Frugoni, Giovan Battista Zappi, Aurelio Berto- la. Dello Zappi c’è da dire che l’eccesso di dol- cezza delle sue liriche gli meritò l’attributo dato- gli dal Baretti di inzuccheratissimo.14 Ed è questo, infatti, il limite della poetica e del linguaggio ar- cadici, anche se in essi è tuttavia riconoscibile spesso uno schietto amore per la Natura e l’aspi- razione a uno stile di vita sereno e remoto dalle convenzioni tormentose della civiltà urbana. Il dramma pastorale in Istria In Istria il dramma pastorale è legato per lo più alle Accademie, che furono un segno distintivo dell’età rinascimentale. Esse comparvero dappri- ma come semplici associazioni erudite, per tra- sformarsi successivamente in un sodalizio dota- to di norme e leggi particolari. La caratteristica 11 Asor Rosa, Storia della letteratura italiana.. 12 Quello delle stagioni fu un genere diffuso nel Settecento. 13 Paolo Rolli, De’ poetici componimenti del Signor Paolo Rolli: divisi in tre li- bri (Venezia: Bartolommeo Occhi, 1761), 229. 14 Asor Rosa, Storia della letteratura italiana. st ud ia universitatis he re d it at i st u d ia u n iv er si ta t is h er ed it a t i, le t n ik 4 (2 01 6) , š t ev il k a 2 40 che accomunava questi circoli di dotti era lo stu- dio delle discipline scientifiche e letterarie. La loro diffusione fu una conseguenza del risveglio culturale e della rinnovata vita intellettuale e so- ciale. A Capodistria, principale centro urba- no dell’Istria, che annoverava le più importan- ti istituzioni culturali, le accademie comparvero nell’ultimo quarto del XV secolo, proprio come nel resto d’Italia. Dal 1478 al 1567 era attiva la Compagnia della Calza (all’inizio prevalsero gli esercizi cavallereschi ma si trasformò poi in so- dalizio letterario). Importante anche l’Accade- mia dei Desiosi, sorta nel 1553 per iniziativa di un gruppo di intellettuali, si sciolse l’anno successi- vo perché sospettata di eresia da Girolamo Mu- zio. Nel 1554 essa si tramutò in Accademia Pal- ladiana o dei Palladi (fu chiusa nel 1637) e ebbe tra i suoi aderenti: Santorio Santorio, che ne fu per qualche tempo “principe”; Girolamo Vida, Ottonello de Belli, Guido de Belli, Giacomo Za- rotti, Annibale Grisonio, Mario Vida, Nicolò Manzuoli.15 I membri che ne facevano parte, se- guendo il genere allora in voga, proponevano perlopiù drammi pastorali. Pietro Pola presentò l’Ardor di Amore e la commedia I giusti inganni, Girolamo Vida la Filliria e il dialogo Il Sileno, Ottonello de’ Belli Le selve incoronate e il poe- metto satirico Lo scolare, Giovan Battista Brati scrisse il dramma pastorale La ninfa del Formio- ne.16 Nel 1646 fu fondata l’Accademia dei Risor- ti che con alterne vicende rimase in vita sino al 1806. Vi facevano parte: Giuseppe e Cristoforo Gravisi, Domenico Manzioli, Antonio Grisoni, Giacomo de Belli, Gavardo Gavardo, Cristoforo Tarsia, Giuseppe Bonzio, Moretti e Alvise Man- zioli. Questo sodalizio accolse anche il medico Girolamo Vergerio, poi professore nelle univer- sità di Pisa e Padova e Cesare Zarotti, medico, poeta, epigrammista. Nel 1739 al suo interno vi fu una scissione promossa da Girolamo Gravisi e dal cugino Gian Rinaldo Carli e fu fondata l’Ac- 15 Baccio Ziliotto, Accademie e accademici di Capodistria (1478-1807) (Trieste: Arti grafiche L. Smolars & nipote, 1944). 16 Nives Zudič Antonič, Storia e antologia di Capodistria, Isola e Pirano (Capodistria: Unione Italiana, 2014). cademia degli Operosi (1739-1742). Essa desidera- va dare un contributo nuovo e concentrò l’atten- zione soprattutto sugli studi di storia antica, ma ebbe vita breve poiché i suoi giovani membri la- sciarono la città per frequentare l’università a Pa- dova, compresi i due promotori (Carli nel 1740 fu accolto nell’Accademia dei Ricovrati della città veneta). Fu rifondata nel 1763 come una sorta di cenacolo privato di giovani poeti; ne fu promo- tore Dionisio Gravisi e si estinse con la sua pre- matura morte (1767).17 Gli autori istriani di drammi pastorali e poesie di ambientazione agreste Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, un aspetto particolare della letteratura istriana del Cinquecento e del Seicento è costituita dal- le Accademie, che si collegano per più riguardi al movimento umanistico, ma che hanno una loro specifica autonomia e uniscono a una com- ponente culturale una componente salottiera e mondana, apparendo espressione caratteristica della società nobiliare e, comunque, di una cul- tura elitaria e aristocratica. Proprio in questi luo- ghi pertanto gli intellettuali amavano discutere di letteratura e presentare le proprie opere. Nel Cinquecento uno dei primi autori di un’egloga pastorale fu il capodistriano Pietro Pola, autore di diverse commedie e di un’eglo- ga pastorale. Girolamo Vida nel 1585 scrive la fa- vola pastorale o boschereccia Filliria che raccon- ta la storia di Nelirio innamorato di Filliria, una ninfa che gli sfugge. L’opera venne rappresenta- ta per la prima volta dall’autore a Capodistria il 27 gennaio del 1585; il cav. march. Giovanni Nic- colò Gravisi di Capodistria creò le scene per lo spettacolo.18 Nello stesso anno l’opera fu rappre- sentata a Padova, di seguito a Venezia nel 1587 e nuovamente a Padova nel 1621. Per quest’opera, Girolamo Vida fu eletto membro dell’Accade- mia Olimpica di Vicenza. Il dramma pastorale è un componimento poetico spesso usato dagli autori italiani. Da un 17 Baccio Ziliotti, Storia letteraria di Trieste e dell’Istria (Trieste: La Edi- toriale Libraria, 1924). 18 Nives Zudič Antonič, Storia e antologia di Capodistria, Isola e Pirano. st ud ia universitatis he re d it at i d if fu si o n e d el d r a m m a p a st o r a le in is t r ia 41 punto di vista retorico, ciò che accomuna questi drammi è la strutturazione in cinque atti e l’os- servazione delle unità di tempo, luogo e azione; lo scenario prescelto è quello dell’Arcadia o della Grecia antica o dell’Italia (nel nostro caso anche quello dell’Istria), quasi tutti sono in versi ende- casillabi. Un altro elemento distintivo è la strut- tura dell’intrigo, uno schema complesso, con un notevole numero di personaggi solitamente pre- sentati in coppie, in cui casi amorosi si intreccia- no l’un l’altro. Gli autori istriani per scrivere le loro opere si rifanno ai lavori dei grandi scritto- ri italiani, di cui sono grandi ammiratori. A tal proposito lo scrittore inglese Richard Hughues che nel 1927 soggiornò a Capodistria a proposi- to dei drammi pastorali istriani del Cinquecento disse: “Nulla di originale; in tutta l’Europa nel Cinquecento si cantavano satiri e ninfe, ma se tutta la poesia istriana di quel secolo è così, parle- rei d’imitazione di opere classiche […].”19 Altro autore capodistriano di drammi pa- storali è Ottonello de’ Belli che compose il dramma pastorale Le selve incoronate (pubblica- te dagli eredi dopo la sua morte, nel 1673 a Ve- nezia). Le selve incoronate è una “tragicomme- dia”, cioè un misto di tragedia e commedia che si rifà al dramma pastorale Pastor Fido del Guari- ni. L’opera mantiene l’unità di tempo e di luogo ed è composta di cinque atti. L’autore, come il Guarini, fonde nella sua tragicommedia elementi della tragedia e del- la commedia classica. Egli deriva dalla tragedia la statura “eroica” di certi personaggi e la dram- maticità, spesso solo fittizia, dell’intrecciarsi di eventi sorprendenti, e dalla commedia il pro- grammato smorzarsi e il sorridente e garbato sciogliersi delle passioni nella grazia dell’idillio. Giovan Battista Brati è autore del dramma pastorale La ninfa del Formione (1617),20 che ven- ne considerata la sua opera migliore, anche se i critici esprimono giudizi poco favorevoli. La fia- ba narra la storia di Mirzio pastore innamorato 19 Francesco Semi. Istria e Dalmazia: uomini e tempi. Istria e Fiume, 215. 20 Formione: antico nome del fiume Risano di Lidia, una fanciulla che rifiuta il suo amore,21 per farle cambiare idea Mirzio decide di raccon- tarle la tragica storia della ninfa Dori. La bellis- sima ninfa Dori abitava sulle sponde del fiume Formione. Di questo ameno, e grato, lusinghiero soggiorno, fortunato girdin, stanza amorosa. Stanza ben certo degna De’ Semidei gentili, V’era Vergine bella, Nobil posseditrice: DORI gentil nomata, Che qual dal’oro hà il nome: Cosi d’oro hà le chiome Era la giovinetta De la bella età sua su quel confine, Che più s’appressa all’acerbetto Aprile; Bella sì ne’ anni, Ch’Angioletta sembrava in forma humana Scesa dal Ciel qua in terra, Per far del Cielo amato Di sue bellezze, innamorar la Terra.22 Nel suo giardino, che si trovava lungo le rive del fiume, la ninfa Dori coltivava dei bellissimi fiori, inoltre pescava nel fiume, nelle vicinanze di quelle sponde andava a caccia e non si cura- va dell’amore. E tal hora col veltro Seguir di fera fuggitiva l’ormè, Ò spiando il covile De le timide lepri, e de conigli, Ò con la canna, e l’ hamo Turbar nel’acqua a’ pesci riposo. Ò co’l visco, ò co’l laccio, Tender a’ vaghi augelli insidie ascose.23 Il pastore Eurindo era innamorato di Dori e un mattino, mentre lei pescava, le si avvicinò e le dichiarò il suo amore. Ma Dori, che aveva dedi- 21 Il tema della resistenza all’amore è un tòpos della letteratura idillica. Nell’Aminta del Tasso, p. e. è la ninfa Silvia che si vorrebbe sottrare all’amore, che è non solo legge di Natura, ma anche forza d’'ingen- tilimento'. 22 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione (Venezia: 1619), 5-6. 23 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione, 7-8. st ud ia universitatis he re d it at i st u d ia u n iv er si ta t is h er ed it a t i, le t n ik 4 (2 01 6) , š t ev il k a 2 42 cato a Diana la propria verginità, pregò la dea di difenderla dal giovane. Diana la trasformò in ac- qua, mentre Zeffiro col suo dolce vento, e Apol- lo con la sua potenza, agitarono le onde del For- mione: e le piccole stille “mirabilmente fersi/ picciol globi di sale”. Ma strano caso, à gli occhi suoi s’offerse: Che la sua sospirata, À poco, à poco liquefarsi mira In cristallino humore: Dove Zeffiro, e’l Dio, che in Delo nacque La liquefatta Ninfa hor fatta linfa: Tanto insieme agitato L’un co’l soave vento De’ suoi dolci sospiri, E l’altro co’l fervor de’ caldi raggi, Che quelle picciol stille D’acqua, in virtù di Zeffiro, e di Febo, Mirabilmente fersi Picciol globi di sale.24 Eurindo allora, aiutato da Nereidi, raccolse quei granelli che da quel giorno divennero con- dimento del cibo. Alla fine del racconto di Mir- zio scende la sera e così si conclude pure la fiaba del Brati. Se stupefatto, e fuore Di sentimento, il giovine restasse À quel nuovo accidente, Dicalo, chi per prova intende Amore Mà poiche’ l fin veduto De la sua cara Dori, Il giovinetto assai doglioso habbe; Con le belle Nereide, Quei sparsi grani in bella guisa accolse: Che poi ne’ condimenti De cibi universal cotanto piacque. Sovra la manca riva Del vago Formione, Così mesto, e dolente, Favoleggiando ragionava Mirtio. Poscia rivolto a la sua bella Lidia, Tal’ei le prese à dire. Mira, Ninfa crudele, Et hor del caso acerbo 24 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione, 13. Di Dori, impara a le sue spese, o bella, À non insuperbire, Con tra Amor; tu che troppo Di tua beltà sai de la schiva, tale De le donne superbe è la mercede: Tu gradisci il mio affetto, e mentre il giorno Fè con la notte tregua, Silentio imporse al ragionar’, e tacque.25 Nel dramma pastorale il poeta oltre a rac- contare la storia dei due innamorati presenta una descrizione molto accurata del paesaggio prima- verile lungo il corso del fiume Formione (odier- no Risano) e rifacendosi all’esempio della ballata di Angelo Poliziano I’ mi trovai, fanciulle presen- ta tutti i fiori che ci sono nei prati che si trovano lungo il corso del fiume. Anche qui però come nella ballata di Poliziano la rosa viene presentata come la regina di tutti i fiori. Schierate in dolce, e vaga Ordinanza amorosa, Armeggian le gentili margarite, Minuta plebe del fiorito suolo. Trinzereggia, e circonda, Tutto l’ameno giro in forma ovata, (Quasi siepe ben densa) (Ove di più composti un misto appare) Il Gelsomin, che sovra il verde stelo Di bel candor stelleggia. Il vermiglio Amaranto, E la gentil Mortella, Nobilitar il vello Quinci, e quindi si vede: Quegli in più rara schiera: Del proprio sangue imporporar l’arnese: Questa di quello in numero maggiore, In più spessa caterva, Con bel ordine accorto, Parche con dolci, e care Amorose imboscate, A’ garruli Augelletti insidie porga; E parche il Croco innamorato, e vago, À lo spuntar della diurna luce, Vibri in difesa de’ fioretti imbelli; Incontra il caldo Sol vampo di foco. 25 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione, 13-14. st ud ia universitatis he re d it at i d if fu si o n e d el d r a m m a p a st o r a le in is t r ia 43 Quivi il Nardo odoroso, Vagamente guernito Di bel drappo azzurrino, Esser sembra di fiori, e dell’herbette, Quasi nobil picchiero. Che in grata foggia pare, Che l’azzurro del Ciel voglia emulare. Il candido ligustro, Il nobil giglio, il leggiadretto, e bello Amoroso Narciso, Di candide divise; adorni, fanno Biancheggiando vezzosa, e bella vita, L’odorato Giacinto, D’azzurro amanto ornato: Non men de gl’altri stassi Con ordine pomposo, À far di se meraviglia chi’l mira, E spiegar lascivetto, Il Garofano amato, Quasi de’ fiori Alfiero: Di più colori variata insegna. E tra lor spaziando La biondissima Calta, Quasi nobil pittrice, Sembra di color d’oro Pennellegiar la terra. Ma più di tutti gli altri, Quasi gente servil, popoli humili; Bella nel seggio suo sorge la Rosa; De’ fior nobil Reina: Porporeggiando insuperbir se stessa.26 Il motivo dei fiori e in particolar misura del- la rosa ha numerosi riscontri nella produzione degli autori dei drammi pastorali in Istria. Spon- taneo è il rimando alla ballata del Poliziano: co- mune ai due testi è il tema della poesia d’amo- re che si confonde con la natura fiorita, il rilievo dato alle notazioni cromatiche (i versi presenta- ti sopra rappresentano un autentico catalogo dei colori del prato), l’importanza di trovarsi in un paesaggio primaverile fiorito. Mentre però il Poliziano nella sua ballata parla della raccolta dei fiori da parte della donna per farne una ghirlanda che l’avrebbe poi ador- nata, Brati si rifà alla descrizione dei fiori fino ad 26 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione, 3-5. arrivare alla rosa come regina tra tutti per pre- sentare l’ambiente in cui vive la protagonista del suo dramma. Per queste opere gli autori si rifan- no a due modelli classici: un testo greco del re- tore Libanio, in cui Venere, in riva al fiume Sca- mandro, sceglie fra tutti i fiori le rose, con cui si adorna prima del giudizio di Pride; e un anoni- mo carme latino De rosis. Va inoltre ricordato che il Poliziano dedica il capitolo XI della prima centuria dei suoi Miscellanea al motivo di Vene- re e della rosa, ripercorrendo diverse attestazio- ni classiche, latine e greche (compreso lo stesso Libanio) inerenti alla tradizione che lega questo fiore all’amore.27 Al di là delle fonti e dell’ispirazione, l’origi- nalità dell’opera di Brati sta proprio nella descri- zione così minuziosa del paesaggio lungo le rive del Risano e della descrizione leggendaria dell’o- rigine del sale, elemento tanto prezioso per la sua regione. Nel Settecento in Istria la tradizione dei drammi pastorali viene ripresa da alcuni autori attraverso la composizione di egloghe pastorali o composizioni poetiche che si rifanno all’idillio. Vanno qui ricordati Girolamo Gravisi e suo fi- glio Dionisio e Giuseppe Bonzio. Giuseppe Bon- zio poeta capodistriano, fece parte dell’Accade- mia dei Risorti tra il 1754 e il 1755 (il suo nome accademico fu Tirsi). Il poeta scrive un libro di poesie assieme a Dionisio Gravisi Poesie liri- che che verrà pubblicato dopo la sua morte nel 1771 dalla contessa Santa Borisi Gavardo. Nel- la prefazione al libro, la donna, parlando dei ver- si del Bonzio dice che “questi si sollevano dalla bassa nojosa turba dei vuoti verseggiatori…”28 e si nota inoltre nei suoi versi una somiglianza ai versi del Chiabrera che fu promotore dell’indi- rizzo dell’Arcadia classicheggiante e imitò la va- cua grandiosità dell’ode pindarica.29 La contes- 27 Riccardo Bruscagli, Gino Tellini, Vittorio Corsano, Lucia Denaro- si e Silvia Fiaschi, Itinerari dell‘invenzione 2. Umanesimo e Rinascimen- to. Autori, temi, crocevia della letteratura italiana ed europea (Firenze: Sansoni per la scuola, 2002). 28 Santa Borisi Gavardo, “Prefazione,” in Poesie liriche dei signori Giu- seppe Bonzio e marchese Dionisio Gravisi nobili giustinopolitani. Giusep- pe Bonzio e Dionisio Gravisi, (Venezia, 1771), 3. 29 Nives Zudič Antonič, Storia e antologia di Capodistria, Isola e Pirano. st ud ia universitatis he re d it at i st u d ia u n iv er si ta t is h er ed it a t i, le t n ik 4 (2 01 6) , š t ev il k a 2 44 sa inoltre spiega che il Bonzio fu imitatore pure di Benedetto Menzini che fu, come specifica lei “uno dei primi, che alle itale muse abbia resti- tuito l’antico decoro oscurato ed offeso dai fal- si vezzi dello scorso secolo, in cui egli visse”.30 La donna dice inoltre che le poesie del Bonzio sono talmente ben scritte e “animate da fuoco poeti- co” che favoriscono la lettura. Gli intellettuali che frequentavano l’Ac- cademia dei Risorti solitamente amavano pro- porre dei problemi su cui discutere e ragionare. Nell’Egloga pastorale tratta dall’opera Poesie li- riche Giuseppe Bonzio presenta un’opera scritta assieme a Girolamo Gravisi su imitazione di Vir- gilio. Il testo presenta un dialogo in cui Alindo (Girolamo Gravisi) e Tirsi (Giuseppe Bonzio) si pongono il problema se sia più vantaggioso avere un animo guerriero o pacifico. Dionisio Gravisi dal 1763, quando era stu- dente nel collegio dei nobili di Capodistria, fu uno dei rinnovatori dell’Accademia degli Ope- rosi, fondata da suo padre trent’anni prima. Già all’età di sedici anni scriveva poesie e collabora- va alle Accademie locali. Le sue poesie in linea di massima rispecchiavano la malinconia del- la sua sofferente giovinezza e il presentimento della morte prematura.31 Le sue poesie, come già menzionato sopra, vennero pubblicate assieme a quelle del poeta capodistriano Giuseppe Bonzio dalla contessa Santa Borisi Gavardo. La contessa, nella prefazione al libro di poesie, parlando del poeta, dirà che Dionisio Gravisi è “fortunato se- guace della lirica scuola aperta in Grecia, e fatta rinascere in Roma da Orazio nell’aureo secolo di Augusto”,32 pure lui come il Bonzio sono seguaci del Chiabrera e dell’indirizzo dell’Arcadia clas- sicheggiante. La contessa Borisi Gavardo inoltre lo considera seguace pure del poeta Frugoni e lo Stancovich, nella sua Bibliografia degli uomini il- lustri dell’Istria, dirà che “le poesie del marchese Dioniso piacciono, allettano, e ricolmano l’ani- mo di un pieno, a cui nulla più resta da deside- rare” (1829). 30 Gavardo, “Prefazione.” 31 Baccio Ziliotti, Storia letteraria di Trieste e dell’Istria . 32 Gavardo, “Prefazione,” 3. Nella poesia L’Armonia il poeta si rifà al componimento pastorale che è l’indirizzo tipico della poesia arcadica. Questo mondo arcadico, spesso così ricco di grazia e di delicatezza fine e superficiale, trovò il suo modo proprio di espres- sione nella canzonetta in cui si continua l’ana- creontica chiabresca, che è propria gloria e, nella sua particolare intonazione, vera creazione d’Ar- cadia.33 La canzone L’Armonia di Dionisio Gra- visi, composta da strofe con ritmo facile, e di- sposta ad accogliere il rivestimento musica- le, è un componimento poetico di grazia, di psicologia amorosa facile e squisita insieme. In questo testo si possono intravedere le caratteristiche classicheggianti del Chiabre- ra. […] In mezzo a cui verdeggerà sublime L’alma fronde di Pallade Risorta34 Che rediviva di nascenti germi Tanta ora in Pindo di sè parte ingombra. Mobil dai rami penderan le cetre Che faran dolce ai venticelli invito, E desteranno, se movendo, un suono Di concorde armonia; là presso cinto Di musco, e canne, il Formion divise Verserà in rami dalla facil’urna L’acque cui lungo a fabbricar lor nido Verran candidi Cigni, aerea Torma, E un nuovo canto tempreranno, un nuovo Meonio Fonte risonar faranno.35 Nell’altra canzonetta Alla barchetta, che conduce Egle alla campagna Dionisio Gravisi de- scrive il viaggio in barca che porta Egle36 da Ca- podistria alla contrada campestre di Arzioli dove la famiglia del poeta aveva una villa. 33 Bruno Maier, Letteratura italiana dell’Istria dalle origini al Novecento (Trieste: Edizioni Italo Svevo, 1996). 34 Pianta di Olivo rinascente, esposta al Sole, col motto di far rivive- re (rediviva) l’impresa dell’antica Accademia dei Risorti a Capodi- stria. 35 Giuseppe Bonzio e Dionisio Gravisi, Poesie liriche dei signori Giusep- pe Bonzio e marchese Dionisio Gravisi nobili giustinopolitani (Venezia, 1771) , 236-237. 36 Egle è il nome accademico di Dionisio Gravisi. st ud ia universitatis he re d it at i d if fu si o n e d el d r a m m a p a st o r a le in is t r ia 45 […] O tu Risan, che moderi All’acque immense il corso Cui l’onde, e il mar contrastano Su l’increspato dorso. La fronte algosa, ed umida Ergi o buon Dio Canuto, Porgi alla Dea di limpide Acque gentil tributo. Nuovo non è, che avvampino Per bella Ninfa i fiumi Forse ad Alfeo non piacquero Già d’Aretusa i lumi? Ahi che all’amata Vergine Troppo fu Amor funesto; Ma che raggiono? Arzioli37 Il suol beato è questo […].38 In questa canzone il poeta si rifà al gu- sto della finzione pastorale e alla trasfigura- zione fiabesca del paesaggio. I versi del Gra- visi riportano a un senso di misura che si oppone agli eccessi dello stile barocco, pun- tando piuttosto alla raffinatezza e alla leggia- dria della forma.39 Nei suoi versi, pertanto, possiamo intravedere il gusto barocco classi- cheggiante della poesia chiabresca. Come il Chiabrera anche il Gravisi fece uso di soggetti tratti dai classici greco-ellenisti- ci usando un sistema metrico-linguistico che gli consentì una musicalità chiara e leggera del ver- so, portando la sua canzonetta a quella caratteri- stica votata al grazioso. Conclusione Nonostante i critici esprimessero opinioni poco lusinghiere nei confronti degli istriani autori di drammi pastorali, sottolineando che, in genere, detti autori proponevano opere dalla scarsa ori- ginalità e di imitazione, va tuttavia considerato che la loro presenza è un’importante testimo- nianza per la letteratura della regione istriana. 37 Arzioli, contrada campestre, disgiunta per breve tratto di mare da Capodistria, dove c’era una villa dell’Autore. 38 Giuseppe Bonzio e Dionisio Gravisi, Poesie liriche dei signori Giuseppe Bonzio e marchese Dionisio Gravisi nobili giustinopolitani , 236-237. 39 Bruno Maier, Letteratura italiana dell’Istria dalle origini al Novecento. Ne sono dimostrazione opere  quali Filli- ria, di Girolamo Visa, Le selve incoronate, di Ot- tonello de’ Belli, La ninfa del Formione, di Gio- van Battista Brati, che, pur essendo imitazioni delle opere di importanti letterati italiani au- tori di drammi pastorali, quali Guarini e Tas- so, presentano un importante elemento origina- le riscontrabile nella descrizione dell’ambiente. Quest’ultimo, infatti, è un ambiente locale che, pur rifacendosi alle descrizioni dei grandi auto- ri del Rinascimento italiano, mantiene le carat- teristiche e le peculiarità della regione istriana. Povzetek Nova literarna zvrst pastoralne lirike se je razvila iz ide- je, da bi razširili eklogo v obliki dialoga, ki je bila poseb- no pri srcu pesnikom petnajstega stoletja, v dramatič- no eklogo s pevci v vlogi pastirjev: nova literarna zvrst je kmalu postala zelo popularna in se razširila v kulturnih krogih šestnajstega stoletja. Čeprav je njej nastanek ve- zan na klasične avtorje, predvsem na Teokrita in Vergi- lija, pesniki pastoralne lirike ne spoštujejo aristotelskih norm, ker združujejo bodisi nekatere značilnosti trage- dije kot komedije, saj večkrat začinijo resnobo tragičnih dogodkov s komičnim humorjem ali pa pripišejo srečen konec žalostnim dogodkom. V Italiji je bila pastoralna lirika prvič predstavljena v Fer- rari z delom Sacrificio (1554) Agostina Beccarija, svoj vi- šek žlahtne poezije pa je dosegla s Tassejevo Aminto in z delom Battista Guarinija Pastor Fido. In ravno oba ome- njena pesnika in njuni pesnitvi sta navdihnila pesnike pastoralne lirike v Istri. V Istri je bila pastoralna lirika še najbolj prisotna v Akademijah, ki so imela pomembno vlogo v času renesanse. Ta središča, ki so bila sicer bolj povezana s humanističnim gibanjem, so pa imela spe- cifično avtonomijo, so prepletala neresne in posvetne tematike s kulturnimi kot karakteristična značilnost aristokratske družbe in, elitne, aristokratske kulture. Ravno v teh krogih so istrski intelektualci radi razprav- ljali o literaturi in predstavljali svoja dela. Med avtorji, ki so opisani v članku gre omeniti: Kopr- čana Pietra Polo, ki je bil prvi avtor pastirske ekloge v šestnajstem stoletju; Girolamo Vida je leta 1586 napisal Fillirio, pastoralno zgodbo ali boschereccio; leta 1673 je bila objavljena pastoralna drama Le selve incoronate Koprča- na Ottonella de’ Bellija; leta 1617 je Giovan Battista Bra- st ud ia universitatis he re d it at i st u d ia u n iv er si ta t is h er ed it a t i, le t n ik 4 (2 01 6) , š t ev il k a 2 46 ti napisal pastoralno dramo La ninfa del Formione. Čla- nek omenja še druge pisce, kot so bili Girolamo Gravisi, njegov sin Dionisio, in Giuseppe Bonzio, ki je nadaljeval tradicijo pastoralne drame v osemnajstem stoletju v Istri s pastoralnimi eklogami ali pesniškimi kompozicijami, povezanimi z idilami. Ključne besede: pastoralna igra, idilična poezija, ekloga, idila Summary From the idea of expanding an eclogue in dialogues, very dear to the poets of the second half of the fifteenth century, into a dramatic eclogue, with characters in the roles of shepherds, a new literary genre was born which soon became popular among the educated circles of the sixteenth century: pastoral drama. Although originat- ing from the texts of Classical authors such as Theocri- tus and Virgil, this form does not conform to the Ar- istotelian norm, and occupies an intermediate space between tragedy and comedy, often interweaving the seriousness of tragedy with the humour of comedy, and giving unhappy events a happy ending. In Italy, pasto- ral drama (or fable) made its first appearance in Ferrar- ra with Sacrificio (1554) by Agostino Beccari; however, it rose to the level of genuine poetry only with the Aminta by Tasso, and with the Pastor Fido by Battista Guarini. In fact, it is the example of these two authors and their po- etic compositions that also inspired the authors of pas- toral drama in Istria. In Istria, pastoral drama is mostly related to the Academies, which were a distinctive fea- ture of the Renaissance period. These centres, which were connected more to the humanistic movement, but have a specific autonomy, combine a frivolous and worldly component with a cultural one, appearing as a characteristic expression of aristocratic society and, of an elite and aristocratic culture. It is precisely in these places, therefore, that Istrian intellectuals enjoyed dis- cussing literature and presenting their works. Among the authors presented in the article are: the Ca- podistrian, Pietro Pola, who was the first author of a pas- toral eclogue in the sixteenth century; in 1585 Girola- mo Vida, wrote Filliria, a pastoral fable or boschereccia; in 1673 the pastoral drama Le selve incoronate by the Cap- odistrian Ottonello de’Belli was published; in 1617 Gio- van Battista Brati wrote the pastoral drama La ninfa del Formione. The article also cites some authors, such as Gi- rolamo Gravisi, his son Dionisio, and Giuseppe Bonz- io, who continued the tradition of pastoral drama in the eighteenth century in Istria by writing pastoral eclogues or poetic compositions that relate to idyll. Keywords: pastoral drama, pastoral fable, idyllic poetry, eclogue, idyll. Bibliografia Asor Rosa, Alberto. Sintesi di storia della letteratura italiana. Firenze: La Nuova Italia, 1978. Asor Rosa, Alberto. Storia della letteratura italiana. Firenze: La Nuova Italia, 1985. 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