X i i Soldi IO al numero. L'arretrato soldi 20 L'Associazione è anticipata: annua o semestrale — Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 76 — 25 settem. 77 importa fior. 3 e s. 20 ; La semestrale in proporzione. Fuori idem. Il provento va a beneficio dell'Asilo d'infanzia CRONACA CAPODISTRIAN A BIMENSILE, i i si pubblica ai 9 ed ai 25 Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore I 1 L'integrità di un giornale consiste nell' attenersi, con costanza ed energia, al vero, all' equità, alla moderatezza. ANNIVERSARIO — 15 Settembre 1873 — Muore Inaura Solerà Mantegazza — (V. Illustrazione.) SECONDA EDIZIONE, a causa cbe venne sequestrata la prima. LA PRIMA GITA ALPINA (23 e 24 agosto) (N. D. B.) Secondo l'invito diramato dalla direzione della Società Alpina Istriana si effettuò la raccolta a Pisino, donde la sera del 23 agosto, alle nove, favoriti da un magnifico chiaro di luna, movemmo allegramente alla volta di Monte Maggiore — m. 1394 sopra il livello del mare —; ma di poco goduta la stupenda prospettiva che s'offre alla vista in vari punti della strada provinciale, il "romito aereo tranquillo astro d'argento, cominciò a farsi scialbo e poi a rosseggiare, cioè ad ec-clissarsi completamente, togliendoci così l' incantevole vista — che si gode sull'altura di Passo — del Monte Maggiore in tutta la sua maestà, della vallata percorsa dal torrente Bo-gliuno che sbocca nel Lago d'Arsa, di questo lago, e del villaggio di Bogliuno, sito di rim-petto sopra un colle, ancora cinto da mura e da torri medioevali. Alla mezzanotte giungemmo alle falde del Monte; quivi ci attendevano le guide; e dopo breve sosta si cominciò la salita. A mano a mano che ci avvicinavamo alla Chiusa dei Pilati, dove la strada attraversando il monte va nella Liburnia, l'ecclissi andava cessando ; a quando giungemmo alla Ponte il chiarore del crepuscolo già smorzava il lunare. In vicinanza di alcune casipole, presso alle quali sta il cantoniere a cui è affidata la manutenzione di quella strada montana, fummo costretti di fare alto per vedere da che parte fosse intenzionato di piegare un temporale che da lungi romoreggiava. Trascorsa una buona ora e cessato il pericolo di essere colti dalla pioggia alla sprovveduta, ci rimmettemo in cammino; « fatti pochi passi eccoci iu un bosco composto in gran parte di faggi e di grossi cespu-gli di frassini, che paiono inerpicati sopra quelle rocce calcari. La parte del monte volta ad occidente, da noi percorsa nella salita, offre aspetto variato e pittoresco ; frassini rigogliosi si aggrappano colle salde radici intorno ai massi sporgenti sulle rupi diroccate, ed ora intrecciano i rami, ora s'innalzano in gruppi isolati sopra suolo franoso tra sassi e gineprai, spiccando colle cime acuminate sul fondo biancastro dei dirupi o sull'azzurro del cielo. Lì ogni accidente di terreno è un nuovo spettacolo: i tronchi degli alberi sradicati dagli u-ragani giacciono distesi al suolo, e lentamente vanno decomponendosi ed alimentano coi loro avanzi disciolti nuovi alberi che crescono sulle ceneri degli antenati; licheni e muschi, di vigore straordinario," involgono con gire capricciose i rami curvi pel peso dei parassiti ; miriadi d'insetti si aggirano per quella solitudine, ove vegetali e animali vivono in piena libertà e sicurezza; all'ombra dei faggi crescono la fragola ed il-lampone che vengono raccolti e commerciati dalle donne dei vicini paesi; ed una splendida flora adorna questa regione ; dalla pianta gigantesca che presenta gli annosi rami infranti dagli uragani, fino al musco che si nasconde nelle anfrattuosità delle rocce e nelle cortecce degli alberi, grande è il lusso che vi spiega la natura. Ad un certo punto termina il bosco e si prosegue pel fianco del monte sopra una specie di frana formata da sassi, che o il tempo o le intemperie fanno sgretolare dai dirupi soprastanti. E un passaggio per vero dire non pericoloso, ma che può causare il capogiro a chi non è abituato a vedere sotto di sè grandi profondità. Passata questa frana; e attraversata una breve boscaglia, si giunge ad una spianata dalla quale si vedono i due versanti. Finalmente dopo circa ottanta metri s i arriva alla somità. Stupendo panorama ! Da una parte si domina tutta l'Istria, compreso il gofo di APPENDICE. IL CABECILLA NOVELLA STORICA DI FILIPPO LAICUS pubblicata dall' Alte und Neue Welt tradotta da GIOVANNI de F, Non v' è che un modo solo di soluzione, disse il marchese senza badare alle parole di sua figlia . . . morte o disonore? . . . fino a tanto che il mio dito avrà forza bastante per far scattare il grilletto di una pistola, il sangue dei Castillo non sarà disonorato. — Ah, tu vuoi coronare la tua opera col mio assassinio !. . . forse la Spagna ti perdonerebbe ed il Re vittorioso ti farebbe grazia, ma la tua coscienza non ti perdonerebbe l'azione obbrobriosa . . . sappi che fu il mio amore che ti ha salvato dalle mani dei |Francesi e non il valore dei tuoi compagni... tu non saresti vissuto fino alla sera, se fra te ed il Francese non si fosse trovato il mio cuore. — Il marchese si mise di nuovo ad andare su e giù; sulla solitaria rupe per alcuni istanti fu silenzio ; e Maria si ricompose sul ceppo dell'albero, immersa in profondi pensieri. Dopo lunga pausa, uscì a dire Maria a mezza voce quasi parlasse seco stessa : — No, la donna non è stata creata per combattere: la sua destinazione non è di uccidere feriti, ma invece quella nobilissima di sanarli e di riconciliare i disgiunti. — Se una riconciliazione è possibile! l'interruppe il marchese.— E chi può dire che essa non sia possibile ? ripigliò Maria. Scorrano pure torrenti di sangue e di lagrime: non giungono fino all'amore ... l'amore è la vita della donna. — La vita della donna volgare! di nuovo interruppe il marchese. — Così Iddio ha creato il cuore della donna, e così è, ed è bene che così sia. Guai alla donna ch'esce dalla sua cerchia e vuol prendere ingerenza in cose dalle quali Dio l'ha esclusa ! ... Tu mi ponesti in mezzo agli uomini, tu mi chiamasti a giuocare col mio cuore, senza pensare che questo cuore è tutta la mia vita, che non è soggetto alla mia volontà, eh' Trieste, le spiagge maremmane del basso Friuli, quelle da Aquileja a Venezia; dall'altra il tempestoso Quarnero colle sue isole; e oltre a tutto ciò il mare apparentemente infinito; ad Oriente prospettaci le belle colline della Liburnia, il Litorale Ungarico, la città ed il porto di Fiume, e tutta la catena Giulia dal Nevoso al Tricorno. Tale è il vasto panorama che si gode dalla sommità del Monte Maggiore, sulla cui vetta l'osservatore si trova a cavalcioni del Quarnero e del golfo di Trieste. Dopo due ore, fu dato il segno della discesa; tranne poche modificazioni tenemmo la via di prima. Alla casa del cantoniere, refezione apprestata per cura dei direttori ; e lì ci lasciarono quattro compagni, i quali dovevano scendere dal lato opposto, attraversare la Liburnia e recarsi a Fiume. In quell'incontro un socio lesse un bel discorso, in cui si tratteggiava indirettamente il vero scopo della società ed il compito della direzione. A piedi del monte, il desinare ed un caldo atmosferico di 32 centigradi. Verso le dieci della sera eravamo di ritorno a Pisino. Così si compì la piccola gita' degli Alpinisti istriani, che a vero dire pel tempo in cui fu preparata e condotta dalla direzione lasciò molto a desiderare. E se mi è permesso di finire con un osservazione, noterò come tale gita sarebbe riuscita più numerosa e più istruttiva, se fatta più tardi, per esempio quale appendice del congresso, che, a quanto si dice, verrà tenuto nella seconda metà di settembre. Allora il caldo si fa più mite, le notti solo più lunghe e più fresce, e jper conseguenza la salita sarebbe stata anche più amena, chè il Monte Maggiore non sorge mica da un altipiano come le montagne del Tirolo, della Camia ecc., sul quale la temperatura è già tollerabile, e dopo il quale l'aria fina dei monti mette lena ed agevola il salire; ed è esso anzi mi sforza a volere ciò che prescrive ... Un uomo può forse ingannare il cuore di una fanciulla, ma una fanciulla che giuoca col proprio cuore, getta via il timone della navicella iu cui siede e deve seguire la corrente iu qualunque luogo la trascini. — Pazzo che fui ! borbottò il marchese, — Così volle Iddio. Egli ti permise d'intricare il nodo, che ora ti spaventa : lasciane a Lui lo scioglimento. Egli può scioglierlo, e lo scioglierà. Fino a tanto che tu combatti, il mio posto è al tuo fianco; ma quando questa sciagurata guerra sarà finita, allora spetterà al mio cuore il suo pieno diritto; ed io sono risoluta di farlo valere, accada ciò che vuole. — E sai tu che questa guerra può essere continua? ch'essa può torci ancora migliaia e migliaia di vittime ?.. e ch'io non ringuaiuerò la mia spada fino a che il nostro Re non sarà sul trono ? — Ciò riguarda te solo papà, mio. Fino a tanto che la Spagna e la Francia si guerreggiano, una Spagnuola non può divenire moglie di un Francese; lo comprendo. Ma libera la Spagna, libero pure deve essere il mio cuore : allora nessuna mou- per ciò che in quei tali paesi le gite s'intraprendono in luglio ed in agosto. Da noi, invece, è tutto l'opposto, e purché non infuni la bora o non imperversi la p;oggia, i nostri monti si possono superare senza disagio in primavera ed in autuuo, anzicchè nell'estate. m mm (P§IR miNis (Terna passeggiata — V. i due N.ri prec.) Il monello fiorentino — Le feste di San Frediano. — (L. M.) Bada c'è d'allestire il corriere per V Unione, stamane. — Ma che Unione, ma che corriere d'Egitto. — O senti! ma non ti ricordi più la tua chiaccherata di quindici giorni sono, la storia del fiaccherajo e quella po' po' di promessa di una salita alla palla del cupolone del Duomo? — Ah! ora mi raccapezzo. - Ehbeue? — Ebbene, sono stato uno sci-inunito ; ho fatto una promessa che doveva sapere di non poter mantenere. Figurati se con questa canicola posso azzardarmi di condurre dei galantuomini ad arrostirsi in un astuccio di metallo a 120 metri d'altezza. Ma che ti gira? Gli arrosti mi piacciono, dico la verità, ma preferisco quelli di tacchino e di vitello. — Avrai ragione, ma intanto fai la gran brutta figuraccia — Come sarebbe a dire? — Oh non riscaldarti che tanto non mi fai paura — Impertinente ! — Sciocco! — Non mettetevi in allarme che non ci saranno guai. Questo dialogo lo faceva tra me e me stamane all' uffizio pensando all'amico Direttore che aspettava il mio corriere. La cicalata vi sarà sembrata un po' lunghetta un po'strana, ma che volete? di questi dialoghi tra me e me ne faccio spesso e mi trovo bene. — Dopo il soliloquio che vi ho accennato, costretto a fare un po' di esame di coscienza, ini avvidi con raccapriccio che non aveva nulla in pronto per V Unione. — Meglio, direte voi. — D'accordo, risponderò io, e quindi, se non vi spiace lasciamola lì la storia, e tutti pari. — No, no, altre due righe, che vogliamo vedere dove si va ad approdare. — Ebbene, giacché lo volete, continuerò. Stava adunque come vi dissi impensierito, quando fortunatamente un mio collega, un capo ameno, che ha tutte le qualifiche del milionario, meno i quattrini, mi si avvicina e pigliandomi per un braccio : senti Gigi, mi disse, ci sono io, c'è il biondino, e Lapo lo scultore, che abbiamo combinato di andare a vedere le feste di S. Frediano; vuoi essere della partita? — Le feste di S. Frediano ! pensai tra me, ecco l'articolo bello e fatto. Accettai e uscimmo subito dall' uffiz io. Siccome però si doveva pranzare prima e in fretta onde giungere a tempo, arrivato al portone dell'ufficio chiamai Landuccio, un amore di birichino che vive sui marciapiedi della via del Proconsolo e senti, gli dissi.-va da Raffaello, dall'oste della Rosa, da quell'omaccione, sai, là sul canto di via Pandolfìni, e digli che mi prepari subito il desinare, che sarò all'osteria fra dieci minuti. — Il monello strillò un si signore e partì come uu dardo. Dopo venti passi si fermò su due piedi tutto confuso; fece il saluto militare ad un carabiniere che lo guardava con occhio severo, e poi non visto ! pian pianino, riprese la sua corsa in mezzo a carozze, a cavalli, ad ostacoli d'ogni natura, senza un timore al mondo. Sempre correndo fece le boccaccie ad una guardia municipale che tentava di fermare quel disperato, e sgattajolando fra gambe e gambe e descrivendo mille zig-zag, accederò il suo galoppo, finché raggiunto l'angolo dì via Pandolfìni e voltatolo, piombò come una granata in mezzo all'osteria. Lesto padrone! gridò c' è quel signore così e così (e qui fece il mio ritratto somigliantissimo, se volete, ma ohimè! assai poco lusinghiero) che vuole gli sia preparato subito il pranzo ; e m'ha detto che desidera prima di tutto un bel pezzo di torta, e delle pere, dell' arrosto, dello stufato ; e tagna sarebbe tanto alta, nessun fiume tanto profondo da impedirci la via per unirci, nè a me nè almio diletto. — Il marchese voleva replicare, ma venne impedito da un alto vociare che s'era alzato nel campo. I Querrilleros correvano in massa alla sua volta, gettando in aria i loro berretti, e dando segni di un'allegria inesplicabile e in contrasto colla serietà spagnuola, tanto più in quelle contingenze. Il Cabecilla si fece loro incontro di alcuni passi e vide nel mezzo degli accorrenti un uomo di alta statura, avvolto in un mantello oscuro, che avanzava sollecito, e che parlava ad alta voce con gestire vivace. Quando gli fu vicino, lo conobbe: era un padre francescano, il quale spesso predicava nel castello e visitava i Querrilleros nella montagna. È da notare che la maggior parte dei religiosi facevano causa comune col popolo per l'indipendenza; e benché, tranne poche eccezioni, non si mettessero sotto le armi, nondimeno gli prestavano aiuto in ogni altro modo possibile: i conventi celavano munizioni e cibarie, ricoveravano i fuggiaschi e curavano i feriti; e molte volte erano i laici che nelle vuole che quell'arrosto non sappia di bruciato come il solito, e che quelle pere non sieno bucate, e che di queste ne dia due a me e gliele metta in conto a lui. L'oste sorridendo a quella sfuriata, va al banco e dà le due pere al birichino ; questi ne attacca una, e poi fatto un bell'inchino ad una imagine della Madonna appesa sopra il banco, e dato uno scappellotto a mo' di saluto al garzoncello di bottega, si slancia in mezzo alla strada e va cadere proprio] nelle braccia di due sposi novelli, venuti dalla campagna, che col naso in aria e la bocca aperta, stai ano in quel momento ammirando la torre del Bargello. Io intanto andato a casa a mutarmi di panni, ripresi a piccole giornate la strada in verso l'osteria. Quivi giunto stetti ad aspettare i miei amici, ascoltando l'oste che ridendo mi narrava l'epopea di Landuccio. — Giunta la brigata se n'andammo difilati a S. Frediano. Tutta Firenze era in movimento: le famose feste la tenevano agitata. Frotte di popolani, vestiti negli abiti da festa, stretti a braccio, ed occupando l'intero spazio della strada, si dirigevano in lunghe file ai ponti di S. Trinità e della i Carraja, e traversato il fiume innondavano il fortunato 1 quartiere che in quel giorno feceva gli onori della città. | Più lungi gruppi di fanciulle, dalle forme svelte e vezzose, improvvisando graziosi stornelli e misurando il passo sul metro delle loro dolci nenie, si movevano alla stessa volta, traendosi dietro i loro dami, ai quali sembrava di toccare colle dita il-paradiso. se allo svolto di una strada, un rapido sorriso, un cenno, un'occhiata li facevano avvertiti che la loro presenza era apprezzata desiderata, cara. L' Arno stesso, pieno, zeppo di barchette recava alla festa dalle più remote parti della città largo tributo di gente. — Stava osservando quello spettacolo allorché un cupo rumore come l'eco di un tuono lontano, ini rese avvertito che la festa doveva essere già ne! suo pieno. Dissi a'miei amici d'affrettarsi e un pò spingendo e un pò spinti giungemmo felicemente alla meta. In quella giornata il buon popolino di S. Frediano aveva superato sè stesso; non c'era casa, per quanto meschina, che non avesse assunto pella circostanza un aspetto ridente. E vero che su queste case avreste ricercato invano le ricche stoffe orientali e i preziozi arazzi della gente patrizia, ma in compenso, da ogni finestra, da ogni poggiuolo, da ogni balcone, spiegate al vento, ed illuminate dal sole al tramonto avreste veduto far bella mostra di sè e vesti e teude e coperte e fascie di bambini attaccate a pennoncelli, oscillanti sotto la brezza come le fiamme sull'albero di mezzana dei legni da guerra. In tutte quelle case, sui terrazzi ed affacciate alla finestra bì vedevano giup-pi di donne che con assordanti chiaccherii intavolavano conversazioni colle loro amiche dell'altro capo della strada, e cosi per vezzo e a prova di destrezza si lanciavano da un punto all'altro e fiori e frutta e bucce di popone, che ricadendo poi sul capo dei poveri passanti, destavano le pazze risa di quelle spensierate. Sulla via, la scena era diversa ma non meno animata. Qui un gran baraccone tutto ombrato di tele a varii colori con dentro venditori di cocomeri, che vociando con tutta la forza dei loro polmoni offrivano la loro merce accompagnata da un buon fiasco di vino, vincendo colla loro insistenza la tenacità degli avari, la riservatezza degli astinenti e la virtù dei sobrii. Più in la un'osteria ambulante, dove un Paganini da strapazzo con note da tirarsi dietro i sassi come Orfeo, tentava di molcere le orecchie e le tasche degli avventori. Dappertutto panche e tavole all' aria aperta con cibi fumanti e vino a torrenti. Sui marciapiedi ed in mezzo alla via sdrajate in gruppi pittoreschi, liete brigate di giovanotti, che intuonavano a piena gola cori e canzoni. In ogni dove, un brullichio, un via vai, un affaccendarsi, un correre, una confusione d'inferno. Io mi trovava lì in mezzo a quel pandemonio come un automa, era sbalordito, e non sapeva da qual parte girare. Ad un tratto mi riscossi. Mi parve di sentire fra mezzo ai baccano, un lontano brontolio simile a quello che precede il temporale; stetti ascoltando : il rumore cresceva; feci due passi.....ed uno scroscio orribile di musica dell'avvenire giunsemi agli orecchi. Cos'è? cos'è stato? — Chi arriva? — 0 non sapete? hannojterminato la rappresentazione della mortedel Ferruccio a Gavinana, ed ora accompagnati dalla banda sfil* ranno i guerrieri fiorentini sulla piazza del Carmine. Fu un lampo. Un concerto musicale irruppe nella via: l'onda del popolo che lo seguiva urtò contro la gente immobile, che tentennò, e propagando un'altra onda, questa mi colse in pieno petto e mi gettò sopra una sedia, che la provvidenza mi aveva collocata proprio lì. Intanto sfilavano i guerrieri del Ferruccio. Eran giovanetti del popolo, catafratti di carta pesta, che all'aspetto fiero e risoluto, sembravano prendere sul serio la parte importante che in quel momento sostenevano. In coda a questi, un gruppo di vecchi con toghe alia curiale incedevano con passo lento e maestoso. Era la Signoria. Quei Mirmidoni non la rappresentavano mica male. Così di volo e nella penombra, potevano essere presi in falio per tanti ministri guardasigilli. Passò il corteggio ed il popoio tumultuando, come un torrente , scatenato si spinse nella piazza del Carmine, sgoni-■ brando in parte la via. Respirai e contento di avermela I cavata così a buon mercato, mi cacciai sotto una baracca, , ove mi regalai una stupenda fetta di cocomero e un bicchiere di vino, che in quel momento m'è sembrato un nettare di paradiso, e che aveva la coscienza di avermelo ben meritato. loro peregrinagioni portavano avvisi o notizie; quando poi la ventura li conduceva vicino ad un campo di battaglia, allora si prestavano nel portar via i feriti e nel confortare i moribondi; e nei giorni festivi uscivano appositamente tanto per predicare ai Querrilleros quanto per leggere loro la S. Messa: adempivano compiutamente l'officio del curato, e molti Querrilleros erano così bene assistiti come se si trovassero in piena pace. Il clero spagnuolo nei momenti di bisogno tenne sempre le difese della patria, e non rimase indietro a nessuna classe della popolazione: possa essere sempre imitato! Coli' avvicinarsi della turba, il Cabecilla intese le parole: Vellesley - Vittoria, parole che lo posero in grande commozione, imperocché sapeva che presso Vittoria stava l'esercito francese, e che là appunto si attendeva di giorno in giorno una battaglia. — Che cosa è avvenuto, camerati? gridò loro. — Abbiamo vinto, rispose Jouan che aveva . preceduto la comitiva di alcuni passi. Il conte i Wellington ha battuto completamente i Fran- Nuova serie di Effemeridi Giustinopolitane ("Dalla Provincia — V. il N. 7, e seg.ti dell' Unione) Settembre 1 1399 II canonico-decano don Palamidesio riceve dal convento di S. Salvadore in Venezia l'annuo censo della mezza libra di pepe, dovuta al nostro capitolo. - 29. 2 1442 Ducale Foscari che ordina al pod. e cap. Arsenio Duodo d'inscrivere tra i nobili del civico consiglio il montonese sei-Lorenzo Barbo e successori suoi. - 1, - 106. 3 1289 Elezione del nostro pod. e cap., Pietro vulgo Pierazzo Gradenigo, a doge. - 8, - XXII, - 413. *3 1667. Il doge Domenico Contarini accorda al Comune la ristampa dello statuto. 4 1421 II vescovo Geremia Pola investe Ruggero del fu Beltrame de Tarsia, Variento del fu Nass inguerra de Tarsia ed i nipoti loro, Bel trame, Domenico e Giovanni del fu Variento de Tarsia degli aviti feudi di Villa Dolo, di Cubilaglava e di Laura. -10. — 1734. Il corpo dei Patrizi riconosciuto patrono del Collegio dei nobili diretto dai P. P. Piaristi. 5 1618 Ducale Priuli che innalza Pietro de Pola a cavaliere in benemerenza di aver sussidiato le truppe venete che marciavano in Istria nella guerra contro gli Uscocchi. - 4, - 37. 6 1279 II patriarca Raimondo delega il prevosto Filippo, suo vicario, ed i canonici di Cividale Bernardo de Ragogna e Giacomo del fu Ottonello ad esaminare la questione dei due pretendenti al nostro vescovato, il decano Odorico ed il canonico Benvenuto Bono, pievano di Sacile, eletti dal nostro capitolo. - 25, - XV. - 296. cesi a Vittoria : tutto l'esercito fu disperso e fugato. Jose Buenaparte potè a mala pena scappare, e tutti si gettarono ai monti per passare il confine. Ciò che relazionava lo scudiero era tutto vero. Il Cabecilla inginocchiatosi alzò le braccia verso il cielo e gridò : — Dio ! ti ringrazio chè mi hai fatto vivere fino al giorno in cui hai conceduto alla mia povera patria oppressa la vittoria sul suo debellatore; — Molti dei Querrilleros s'inginocchiarono e s'unirono a pregare col loro condottiere. Era quello un istante molto solenne il vedere uomini tanto arditi postrarsi e rendere grazie a Dio nei selvaggi burroni della montagna, essi che avevano abbandonato le natie capanne per offrire sull' altare della patria, pella sua libertà ed indipendenza, tutto quello che avevano, la vita! 7 1470 Ducale Moro che officia il pod. e cap. Girolamo Diedo a tutelare que' di Pietra Pelosa contr' ognisopruso, e ad obbligare il giusdicente al risarcimento, ove li avesse danneggiati nel levare la decima. - 1, - 199. 8 1499 II capitolo della cattedrale affitta per un anno ai PP. Osservanti di San Francesco una casa con orto, posta presso la chiesa di S. Andrea in contrada Porta Botta verso la contribuzione d'un ducato d'oro. - 10. 9 1425 Ducale Foscari che ordina al pod. e cap. Giacomo Veuier di notare tra i nobil- del patrio consiglio Giorgio de Buzo e successori suoi. - 1, - 149. *9 1824. I lavoratori di saline sono da dì d'oggi soggetti come ogni altro comunista alla legge militare. 10 1536 Paolo III traslata Pier Paolo Vergerlo dalla sede vescovile di Modrusa in patria. - 24. - I, - 630. *10 1177. Il patriarca Uldabrico scelto arbitro per decidere intorno alle Decime di Siziole e beni su quel d'Isola nella questione insorta tra il nostro ed il Capitolo di Trieste. 11 1460 Ducale Malipiero che officia il pod. e cap. Vittore Duodo ad avvisare certi sacri oratori nel loro dire, per non destare discordie tra cattolici ed ebrei. - 1, - 172. 12 1303 Simeone da Osimo giudice, delegato per esaminare la questione »decime,, insorta tra il nostro comune ed il capitolo e comune d'Isola, arriva sopra luogo. -2. *12 La città minacciata dagli Austriaci per terra e per mare dagli Inglesi, Vienne ad una capitolazione. 13 1461 Ducale Malipiero che officia il pod. e cap. Vittore Duodo a comandare al nostro comune ed a quello di Pirano, ciascheduno P armamento di due barche, a quello di Muggia d'una barca e mezza, e d'una barca piccola a quello d'Isola. - 1, - 182.1? 14 1421 II vescovo Pola investe i fratell* Michele e Filippo del fu Gavardo quondam Michele de Gavardo della decima di Gemme, goduta dai loro antenati. - 10. 15 1276 II capitolo della cattedrale si obbliga di consegnare al rettore della città prò tempore annui denari quaranta nel giorno di Tutti i Santi. - 4, - 18. *15 1678 Muore in patria Girolamo Vergerio già professore di medicina a Pisa e a Pa dova. Delle antichità di Capodistria Ragionamento di Gian Rinaldo Carli (F. il N. 10 e seg.ti) Presso il Petronio altra iscrizione abbiamo indicante un simulacro d'Adone fatto da Marco Ulpio e Aurelia Salina, a deità non rilevata; la quale coli'altra d'Iside più sopra esposta dice che dall' Ingegneri fosse spedita ai signori Rannusi di Padova. Ella è questa : V D. — ADONI. SIG, -EX. VOTO. M. VLPIVS ET. AVR. SABINA P. L. J Dopo la I d' Adoni vi sarà stata una S, perchè il Signum a lui dovrebbesi referire: quando dir non volessimo Beo Adoni iuvece di Diis manibus, tirandolo da A'SovaToi; che vuol dire Infernale, nel qual caso l'Adoni sarebbe stato in linea col D. Beo L'ultime sigle possono leggersi Poni Libentes Jus-serunt. Vengbiamo ora ad una delle più curiose, da me veduta e trascritta, da antico e gran monumento che ora serve per tener olio, di ragione del signor Nicolò de1 Belli. P. AELIO. RASPARASANO REGI. ROXOLANORUM V. V. F E questo un monumento fatto a P. Elio Raspara-sano re de' Rossolani: ma è ignoto da chi. Quelle tre ultime sigle V. V, F. sono inesplicabili. In tre maniere m'ha fatto grazia il signor abate Lodovico Antonio Muratori di spiegarmele; ma si protesta, che son tutte immaginazioni (1) ; cioè Vrbs Universa Fecit o pure Vindici. Victori, Felici ; ovvero Vita Victoria, Felicitas. Anche il signor marchese Scipione Maffei s'è compiaciuto di farmi 1'onore del suo sentimento; dicendo che potrebbe leggersi Uxor (1) Sua lettera scrittami da Modena addì 23 brFebaiol742. — Vivcns Fecit (1), oppure, poiché questa formola non era solita Valeria, o altro simil nome, Uxor Fecit (2). In somma ognuno afferma, esser difficile per non dire impossibile, il ritrovare il loro vero significato. Elleno però sono abbastanza illustrate coi riflessi di soggetti di tanto merito, e di tanta dottrina ; nè io ardisco soggiugnere cosa alcuna Dirò bensi che in Roma ritrovasi un S ARASPA DANES Phraatis filius re de' Parti, veduta dal medesimo signor marchese Maffei, il qual nome s'accosta al nostro. I Rossolani erano gli ultimi fra gli Sciti noti, dice Strabone (3). Luitprando gli chiama Nortmani (4), e dice che a' tempi di Romano un tale Ingero loro re ebbe ardire d'assediare Costantinopoli con mille navi (5). Ermoldo Nigello gli dice Veni o Bani (61 Eglino insomma erano quei popoli che al presente diciamo noi Russi o Moscoviti. A'tempi di Tiberio calarono il Danubio allo scrivere di Stanislao Sarnicio (7), e d'allora in poi fnrono sempre inlesti a' Romani. Come poi P. Elio venne in Istria, nelle storie non abbiamo alcuna memoria. Devastarono i Nortman-ni la Puglia nell'anno 1016,avviso del P. Giovanni Bernardo (8) : ma il pensare che in questa spedizione sia egli quivi pervenuto, sarebbe un abbaglio troppo patente. Miglior conghiettura però petreblie formarsi su quanto scrive Jacopo Reuxenfelzio (9) ; cioè, che l'anno 280 Probo vinse nell'Illirico i Sarmati, i Bastami ed altri barbari e che poi permise che centomila di loro venissero ad abitare nelle provincie romane. Da quinci si potrebbe dedurrre, ch'essendo l'Istria la più vicina all'Illirico, fosse stata la prima ad abitarsi; e che tra loro essendovi questo re de' Rossolani, terminasse in Egida la sua vità. Anche Flavio Vopisco (10) accerta la venuta di tanti barbari nel paese di Roma. Se però furono questi Bastami, Gepidi, Gautunni, Vandali ed altri, come s'ha quivi, facile cosa è il conchiudere, che anche Rossolani vi potessero essere; tanto più che i Bastami zA i Rossolani vengono da Strabone (11) poco distinti. Se dunque è ammissibile la conghiettura; pare, che questo monumento eretto fosse a' tempi di Probo. Un' altra pure se ne potrebbe formare su quanto scrive P. Elio Sparziano (12). Die'egli chea' tempi d'Adriano s'ammutinarono li Rossolani per gli sti-pendj sminuiti, e ch'egli cum Rege Rotolanorum .... pacem composuit. Qui abbiamo un re di Rossolani a'tempi d' Elio Adriano che si riconcilia con lui. Frequente il costume era de' re barbari amici de' Romani, il sortire d'essere ammessi alle famiglie di Roma. Abbiamo al contrario della nostra iscrizione un re de'Rossolani, che chiamasi della gente Elia. Sarebbe mai egli quello che fece la pace con Adriano ? Io sono debitore di questo lume all'eruditissimo sig. Anton Francesco Gori (13): con cui si viene ad illustrare il passo sovrapposto di Sparziano. A Claudio Sabini mio però sembra che Sparziano vada corretto ivi così cum Rege mox Alanorum ; ma questa mi pare corruzione anzi che correzione. E di quel mox tirato a violenza frammezzo ove certamente non l'avrebbe posto Sparziano, la ragione eh'egli adduce si è, cli9 la sollevazione de'Rossolani viene accennata poco prima. Ma che monta per questo? L'autore ivi narra il tumulto; poi dice, che Adriano v'accorse; indi, che fece pace col re. E tutta una continuazione di storia. Infatti Isacco Casaubono s'attiene alla prima lezione dicendo per pruova che de' Rossolani frequante fiate ne fanno menzione le storie romane. Anzi egli po-ta frammento d'iscrizione in onore di T. Flavio Silvano perchè Regibus Bastarnarum, et Roxolanornm filios Dacnruui fratrum captos aut hostibus ereptos remisit. Di questi popoli ne parla anche Giulio Capitolino in M. Antonio. Ma pervenghiamo con Adriano e con Probo a' tempi ne' quali cominciò ad alterarsi la romana scrittura; e l'alterazione di tale scrittura appunto ritrovata nelle lapide di Capodistria, prova mirabilmente ch'essa era l'antico municipio de'cittadini romani, chiamato Egida. Facile è il trasporto di qualche lapida in uno o in altro luo^o, e facile è altresì l'attribuirla a quel paese in cui si ritrova; ma alle volte ci confessiamo colti in errore, e ingannati, colla scoperta appunto o del trasporto, o di qualch'altro certo fatto che all'asserzione s'opponga. Non però avviene così in quelle città, nelle quali invece degli scrittori, quantità di lapide parla; dimortrando in loro la successione degli abitatori romani nella propria lor corruzione. Il perchè a questa più che ad altro rivolger dobbiamo il pensiere. nell'illustrare le antichità di qalche paese; come ella unicamente ci ha indotti a scrivere di Capodistria quelle cose che altrimenti non avremmo noi forse scritte. L'iscrizione dunque chesiegue sta in monumento, che al presente serve dì contorno di pozzo nella piazza, che chiamasi d'Ogni Santi. (1) Sua lettera addi 22. Ferraio 1742. — (2) altra sua lettera addì 1. Marzo i742. — (3) Lib. 2. p. 175. — (4) Hist. Ber. Italie. Sript. voi 2. c. 3. p. 426. — (5) Cap. 6. p. 463. — (6) Carmen elegiacum. lib. 4. Ber. Ital. S. V II. P. II. — (7) Annal. Pollen. lib. 3. c. 2. in Histor Poi. Blugossi. T. 2. ed Lipsioe 1712. fog. pag. 912. — (8) Chro-nicon. Causor. Rer. Ital. V. III P. II. p. 833. — (9) De reb. moscov. Patav. 1680. 8. p. 30. — (10) in Probo, — (11) Lib. VII. p. 452. e pag. 468. — (12) Historiae August. Parisiis. 1620, fol. 4. — (13) Sua lettera da Firenze 10 Marzo 1742, IL CAMPO DI FAENZA*) Un giorno passato in mezzo di soldati è una festa; e niente allarga il cuore più che la vista di un campo colle sue belle file di tende bianche e quell' attività che vi regna tutt'allegria e spontaneità. Il sole non è ancora alzato, che qui tutti sono in piedi: in un momente il campo silenzioso si risveglia e sotto la luce occidua delle stelle scintillanti cbe sorridono all'alba, ogni tenda mette fuori i suoi abitanti. In un attimo tutto è moto, in un altro attimo tutto è ancora silenzio: le compagnie si sono formate, i battaglioni si sono allineati, tutto è pronto per le manovre. Le trombe suonano e le colonne si muovono; una prende una via, l'altra un sentiero; ad un punto si fermano, lasciano andar avanti gli straccorridoi e le avanguardia, poi la marcia continua. Si sente un colpo di fucile, due, dieci, cento; le colonne si spiegano, il cannone tuona, la finta battaglia incomincia a campo libero'; un partito non sa le mosse dell' altro, nè il numero, ne dove si è appostato, a meno che, non si sia procurato di propria iniziativa le necessarie informazioni; si può essere messi fuori di combattimento da un giudice di campo, cadere in un imboscata, far una mossa falsa; è un giuoco, ma ciascuno ci prende gusto ciascuno si monta la testa e, come ad un giuoco, ciascuno vorrebbe e cerca di vincere. Quando tutto è finito, il campo torna a popolarsi, ad animarsi; chi pulisce le vesti, chi forbisce le armi, chi attinge acqua, chi fa capanello attorno ad un burlone; intanto vien l'ora della zuppa, i gamellini fumano, ognuno prende il suo, i lazzi fioccano, lo scherzo, l'arguzia condiscono il pasto, seguito dai giuochi e dalle passeggiate, e finalmente dai valz e dalle polke, ballate alla ritirata intorno alle fanfare. Faenza in questi giorni non è più cheta e silenziosa come al solito. Le truppe vi sono acquartierate, con un reggimento attendato fuori di Porta Imolese nel bel Campo di Marte, chiuso da una doppia fila d'alberi frondosi che ombreggiano le tende coniche degli ufficiali. Ogni sera le musiche dei due reggimenti di linea, poste fra i due caffè della Piazza maggiore suonano rallegrando militari e popolazione ; la fine fleur delle nostre signore non manca all'allegro convegno e apporta il profumo della squisitezza muliebre in quel-1' abiente di animazione virile e soldatesca. Una festa tutta militare, in principio, aprì il periodo delle manovre; una festa da ballo egregiamente riuscita e data dagli ufficiali ai gentili faentini ed a molti signori delle città vicine lo chiuse, lasciando in tutti i militari un vivo desiderio che si rinnovi, ed in tutti i borghesi la miglior impressione del nostro soldato educato e tanto buono. Io chiudo per conto mio i miei periodi inviando all' Illustrazione uno schizzo della veduta del campo coi relativi particolari, e torno a casa ritemprato dallo spettacolo di quella vita virilmente impiegata e dalla convivenza con una sì bella, franca ed allegra gioventù. (Da Faenza) Ulisse Topi *) Proprietà Letteraria dell' Blustrazione Italiana (2 settembre 1S77). Illustrazione dell' anniversario Mauro Macchi - Almanacco istorico del 1874) Laura Solerà Mantegazza, morta in una sua villa sul lago Maggiore il 15 settembre 1873. Tutta 1' esistenza sua consacrò l'egregia donua al miglio-rameuto delle classi operaie; e fondò a tal uopo, nella sua Milano dapprima l'Istituto della maternità e dei bambini lattanti,poilascuola professionale femini-le. Fu amica dei più illustri capi della nostra democrazia. Mazzini e Garibaldi ebbero più volte occasione di volgersi a lei per ragioni di publico interesse. Nella sua villa ospitalmente accolse e maternamente curò i feriti di quelle eroiche scaramuccie con cui Garibaldi tentò prolungare la guerra di indipendenza nell' agosto 1848. Appena saputane la morte, Garibaldi scrisse al di lei figlio Emilio, il secondogenito, le seguenti parole ; — „Vi scrivo piangendo alla dolorosa notizia. Potete andare orgogliosi di essere figli di una tanta madre.- Con sommo rammarico adempiamo il compito di annunciare la morte immatura del nostro ottimo concittadino D.r Cristoforo de Belli, avvenuta il mattino del 3 coir., e che costernò non solo la città ma la provincia intera. A 59 anni, nella pienezza di una salute robusta e di una vita attivissima, colto da subitaneo morbo, egli venne rapito in pochi giorni all'affetto di molti, alla stima di tutti. Oh quanto è doloroso il veder diradarsi le file di coloro, nel cui petto costante e fervido alligna l'amor di patria! E tale era Cristoforo Belli. D'indole retta, di natura placida, franco e dignitoso nei modi, d'intelletto perspicacissimo, tutta la sua vita dedicò a disimpeguare nobili of-ficii e quale medico valente e caritatevole, e quale magistrato zelante e integerrimo. Prima Consigliere Municipale, indi Podestà, e primo Presidente della Società Operaia, fu pure deputato alla Dieta Provinciale fino dalla costituzione; e da ultimo coprì le cariche di vicepresidente del Consigli Scolastico distrettuale, di membro del Consiglio Provinciale Sanitario, e di presidente della Società Agraria Istriana. Quanto grande ed estesa fosse la riputazione di questo vigile patriotta, e quanto profondo e generale il dolore per la sua perdita, lo attestarono i funerali splendidissimi per concorso e per forme inusitate. Onoranze funerali. — Numerosissimo e solenne fu il corteggio della salma del nostro benemerito concittadino, che venne portata da giovani signori della città, e da altrettali fiancheggiata con torce. Tenevano i cordoni del feretro, il Podestà D.r de Madonizza, il vicecapitano prov. D.r Amoroso, ed altri gentiluomini. Il frontone del la Concattedrale, e, nel suo i nterno addobbato a gramaglia, i pilastri recavano parecchie epigrafi insieme allo stemma della famiglia, della città, e della provincia. Mandarono appositi delegati o si fecero rappresentare da cittadini di Capodistria: la Deputazione Comunale di Bovigno — La Deputazione Comunale, il Consorzio delle Saline, la Società Operaia, il Consiglio Scolastico locale, le Scuole Beali, le Scuole popolari, la Società Filarmonica, la Direzione della Pia Casa di ricovero di Pirano—La D. C.d'Isola, il Consiglio Scolastico locale — La D. C. di Muggia, il Cous. Scoi, loc., la Scuola popolare,"' lo Stabilimento Tecnico tiiestiuo — le D. C. di Albona, Buje, Orsera, Parenzo, Pisino — le Società Agraria; Ginnastica (di cui era socio), del Progresso, la Società Adriatica di Scienze Naturali, il Comitato d'imboscamento. — Le società Agraria ed Alpina dell' Istria — Il Consiglio provinciale Sanitario (del quale fu membro) — il Consiglio Scoi, distrettuale di Capodistria — la Società Operaia di Capodistria colla bandiera (di questa fu il primo presidente) — e tutti i locali Uffici e tutte le corporazioni. Mandarono innoltre ghirlande pel feretro : la città di Bovigno; il Cons. Scoi. Distrett. di Capodistria; le società Operaia, Ginnastica e del Progresso di Trieste; la Società Agraria Istriana; la Società Operaia di Capodistria; e la gioventù capodistriana. E telegrammi o scritti di condoglianza al Municipio: Le D. C. di Cherso, Dignano, Muggia e Pola — la Società del Progresso ed il Collegio medico di Trieste — La Soderà Alpina istriana — Carlo Combi e Tomaso Luciani da Venezia, a nome pure degli altri istriani ivi residenti. La casa di Gian Rinaldo Carli. — Sulla casa fu Carli, in cui nacque Gian Rinaldo, ora proprietà dell'egregio sig. Abate Angelo Marsich, situata ove la Callegheria termina nel quadrivio (al civ. N. 1099), non v'è ancora un'inscrizione che la possa denotare ai forestieri ed ai posteri. Dell'assoluta convenienza di una tale pietra non è questa la prima volta che si ragiona: nella Provincia ne era stata fatta la proposta ancora nel 1871, proposta seguita da lunga coda di pareri, concordi, tutti nella massima, divergenti solo riguardo alla forma. Ma gli articoli della Provincia lasciarono il tempo che trovarono: tempo d'apatia. Noi rinnoviamo oggi tale proposta colla speranza, giu-stificatiàsima, che il Municipio, edotto dall' esperienza, fatta durante il sessennio decorso, non essere sempre partito pratico l'attendere che l'iniziativa (come è peraltro sempre desiderabile) parta da qualche gruppo di cittadini, voglia ora farsene lui l'auspice. Dal periodico romauo La Vergine (anno XIV N. 22) riportiamo il seguente brano di un articolo critico riguardante la lodata cantica del nostro chiarissimo Prevosto Capitolare. .......Nel leggere la cantica del Petronio, così bene ordinata, così ricca di sempre splendide immagini, e così fiorita di petrarchesche morbidezze, in quella che dalla dantesca forza pur sente, abbiamo creduto di sognare, meravigliati che in Italia siano ancor giovani ingegni, che, ai limpidi e casti fonti della classica letteratura dissettansi; e meravigliati pure che, quasi a farci vergognare del^ nostro letterario detrimento, ci siano così fatte perle gittate qua dalle opposte onde dell'Adriatico, e da poco lungi del Quarnero. La Crusca ed il congresso ortografico (Dal Borghini del 1 settembre). Il prof. Corio nella Famiglia e la Scuola del 18 agosto, dopo un bellissimo scritto sopra il famoso processo Crusca - Cerquetti, fa uua proposta, che sarà cara a tutti coloro che amano'il decoro delle nostre lettere. Fra le lingue dell'Europa è per avventura la sola italiana quella che non ha regole certe di ortografia ; e le nostre scuole sono piene di trattati discordi tra sè, e nelle varie province chi la pensa in un modo chi in un altro. La Crusca, che doveva provvedere a sì gran bisogno: la Crusca, la quale è lavatamente pagata per fare quel vocabolario, cui essa chiama il Codice della Nazione, e che mai non sarà fatto : la Crusca, dico, in questa grave materia della ortografia, non solo non provvede a nulla, ma serve ad accrescere la confusione degli studiosi, insegnando diversamente nei casi medesimi, come dimostrai nel mio scritto La Prosodia italiana, nel Vocabolario novello ecc., e qui nel Borghini. Parlando di tal cosa con que' letterati Milanesi Ì in que' giorni veramente carnevaleschi del processo Crusca-Cerquetti, fummo d'accordo che a tutto si provederebbe, se i letterati delle varie provincie si trovassero insieme, discutessero maturamente la cosa, e se ne compilasse poi un Trattato, che dovesse andare per tutte le scuole; e di qui nacque il pensiero di un Congresso ortografico, da convocarsi in Milano patria del Gherardini. Di tal Congresso ortografico si è fatto adesso iniziatore il valoroso ed operoso prof. Corio : speriamo che la cosa abbia effetto; ed intanto si pregano tutti i periodici, che loro non dispiaccia di darne notizia a' loro lettori, di secondarla quanto è loro possibile. Altri scritti vivacissimi e gravissimi contro la Crusca si leggono nell' Unione di Milano, nella Perseveranza, nella Famiglia e Scuola; la Unione conchiude dicendo che dopo il processo fatto dalla Crusca al Cerquetti la Nazione dee farlo alla Crusca ; e propone che l'Accademia sia riformata e si sterpino da essa»le male piante che fiorir non sanno". La Famiglia e la Scuola ha un secondo scritto importantissimo del valente prof. Bernardino Quatrini. Fanfani Deputati al Parlamento. — Neil' elezione suppletoria del grande possesso fondiario istriano, avvenuta a Parenzo il 3 corr., riuscì eletto con voti unanimi l' Avv. Nazario Stradi; e nella contemporanea di Gorizia, pure suppletoria e dello stesso collegio, V Ingegnere D.r Raffaele Vicentini a. grande maggioranza. Nella Cronaca del Diritto n. 241 (di data Roma 28 agosto), si legge quanto appresso, intorno al nostro bravo concittadino Nicolò Borisi : ----Migliori speranze può avere la compagnia che recita ora al Quirino, composta dei migliori artisti delle due compagnie Borisi e Cartei. Il Borisi, è attore giovane, di molti mezzi, studiosissimo, e contrariamente alle tradizioni del Quirino cerca di attenersi a lavori che possano essere uditi anche dalla gente por bene. Ieri e l'altro ieri rappresentò, con plausi grandissimi, Otello ; il carattere violento e appassionato di Shakespeare fu reso benissimo da lui; egli è secondato egregiamente dalla prima donna, signorina Lechi, attrice grazioza ed intelligente, che figurerebbe benissimo in un teatro più grande; dalla simpatica signora Amalia Borisi, una figlia dell'arte che ha couservato le buone tradizioni; dal Cartei. che è un buon primo attore giovine ; ed in generale da tutti .... Pubblico ringraziamento Rende la sottoscritta vive grazie a tutte quell» gentili persone che il 1 corr. accompagnarono la salma del suo diletto consorte Giuseppe, e a tutte quelle che con grande affetto se ne interessarono durante la lunga malattia. Capodistria, settembre 1877 Adele V.a de Almerigotti nata contessa Bruti Bollettino statistico municipale di Agosto Anagrafe — Nati (Battezzati) 22 ; fanciulli 9, fanciulle 13; — morti 30 : maschi 9 (dei quali 5 carcerati), femminei 7, fanciulli 7, fanciulle 7. — Matrimo-niiO. — Polizia. Denunzie in linea di polizia sanitaria 11; in linea di polizia edilizia 2; in linea di polizia sugli incendj4; per per contravvenzione al regolamento sui mercati 3; per insulti 3; per maliziozi danneggiamenti 3; per ferimento 1, per furto 2; per maltrattamenti 4; per danni campestri 1. — Arrtsti per vagabondaggio 2 ; per eccessi 1 ; per accatonaggio 2. — Sfrattati 8. —Usciti dall'i, r. Carcere 12; dei quali 5 dalmati, 3 istriano. 4 triestini. — I.iceuze: di fabbrica 3; di industria 2; di ballo pubblico J ; di uccellazione 5 ; di porto d'armi 20. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 11, per Ettol 313 litri 79; prezzo al Litro soldi 26,36, - 40 - 44. — Certificati : pnr spedizione di vino 1156, Ettol: 189 lit. 74; — di pesce salato, 6; recip. 54, Chil. 2428 (peso lordo). — di olio 7 recip. 10, Cbil. 702 (peso lordo). — Animali macellati Bovi 47 del peso di Chil. 11247 con Chil. 816 di sego; —■ Vacche 6 del peso di Chil. 982 con Chil. 58 di sego; — Vitelli 25; — Castrati. 257. Corriere dell' Amministrazione (dal 22 p. p. a tutto il 6 corr.) Pirano. Inclito Municipio (II sem. del II anno ed il III anno); Conte Carlo Maria Furegoni (II e III auno); Avv. Nazario Stradi (III anno)— Pisino Cav. G. B. Wintschgau (III anno); Vittoria Viach (idem), — Trieste Vittorio de Rin. (idem) N. 3392 AVVISO DI CONCORSO Essendosi resi vacanti peli'anno scolastico p. v. quattro stipendi provinciali maggiori per studenti di Università o di Istituti politecnici, di fior. 200 per ciascuno, e sei stipendi provinciali minori per studenti di Ginnasi o Scuole reali, di fiorini 100 l'uno, ne viene aperto il concorso a termini del liberato dietale 30 settembre 1871. Coloro pertanto, che intendessero di aspirare ad uno dei suddetti stipendi, faranno pervenire a questa Giunta provinciale le loro istanze di sei settimane, decombile dalla prima inserzione del presente avviso *) corredando le istanze stesse degli attestati scolastici dell'anno precedendo e del certificato della seguita iscrizione presso un'i. r. Università o Istituto politecnico. Entro lo stesso termine produrranno le loro i-stanze anche coloro che credessero di avere un titolo al conseguimento di un sussidio straordinario per lo studio delle belle arti ossia della pittura, della scultura e della musica vocale ed istrumentale. Coloro che avessero di già presentate le loro istanze, restano dispensati da ogni ulteriore insinuazione. Dalla Giunta provinciale dell'Istria Parenzo 24 agosto 1877 __(Dall' Osserv. Triest.) ») 28 agosto.