A is ito I. Kamera 1J8, Capodistria, venerdì 6 dicembre 1918. Un nnniero ecnf. SO. ì nserzioni : per ogni riga o frazione di riga larga 67 ram. : Avvisi commerciali Lire 1.50. Avvisi mortuari, comunicati di-banche, partecipazioni matrimonio o di fidanzamento Lire 2. Notizie nel corpo del giornale Lire i. Avvisi economici-(collettivi) : domande d'impiego e lavoro cent. 10 la parola, minimo 1 L. Corrispondenza privata: cent. 20 la parola, minimo 2 L. In carattere marcato il doppio, jn marcatissimo il triplo. Pagamenti antecipati. Istria redenta esce, per ora, ogni secondo giorno. Abbonamento mensile per Capodistria Lire (ì; per gli altri luoghi del Regno e per 1' Estero Lire 7 anticipate. i filili g 30 ottobre e 4 novembre. Giornate indimenticabili, sacre ai martiri della unificazione nazionale, a tutti gli eroi che pugnarono nelle trincee, sulle pietraie del Carso, fra i ghiacci e la neve o in mezzo al fango delle paludi e dei terreni allagati; e a quegli altri eroi, uomini, doniie e fanciulle, che, come ben disse ièri il generale Monesi ai capodistriaiii, fornirono all'esercito il pane materiale e spirituale. Giornate di esultanza segnanti la fine di uno dei periodi più tremendi che la storia ricordi ; il crollo del prussianesimo, dell' austriacantismo, della prepotenza militare e poliziesca ; il sorgere d'una età nuova rischiarata dalla luce di Roma, di Parigi, di Londra, di Nuova York ; il compimento de' sogni più belli dei più veggenti e più nobili rappresentanti dell'umanità; il trionfo di ciò che è bello, santo e giusto sulle potenze infernali congiurate contro la Patria, la Libertà, la Fratellanza e- la Giustizia, La fine della fame, della guerra e delle pestilenze: il pane, la carne e il latte assicurati a milioni di bambini, di donne, di vecchi; le famiglie riunite, i figlioli restituiti ai genitori, gli sposi alle innamorate; tanti giovani e tante fanciulle ben avvicinate dalle maravigliose attrattive dell'Amore; gli operai, ben presto, nelle officine, gli studenti a scuola, tutti nel proprio nido dove son nati, tutti accanto alle tombe dei propri morti, tutti esultanti nel nome della Patria e dell'Umanità redenta dal giogo di Attila, dalla cappa di piombo asfissiante posta sulle nostre povere teste da secoli di despotismo, di ignoranza e di superstizione. Oh giornate indimenticabili, quando al 30 ottobre si vide agonizzare l'aquila grifagna, e quando al 4 novembre sbarcò a Capodistria quel meraviglioso drappello di bersaglieri che le fanciulle nostre baiarono come si bacia la mamma, la buona mamma da molto, da troppo tempo lontana. »Santi baci di giovinette, che per oltre tre anni, soffersero dolori inauditi, staccate violentemente dai fratelli, dai padri o internati o in Italia, e in pericolo, giorno per giorno, ora per ora, di esser ghermite e offese pur esse dalla temuta tremenda sbirraglia. Anche a Capodistria il trigesimo della redenzione fu un tripudio del cielo e della terra congiunte in un amplesso olimpice dal tripudio del popolo nostro esaltato dalla solennità della giornata, dalla visione di tanti amici, da tutto quel sorriso di tutte le cose e di tutti gli elementi. Che plebiscito amoroso e unanime di fremente italianità! Tutti i partiti, tutte le classi sociali andarono a gara per render più bella la festa della liberazione. Ne venne un corteo multicolore che, preceduto dalla ottima insuperabile banda dei granatieri della 12.a divisione, percorse tutte le vie della città, sostando davanti alle case dei martiri Sauro, Grammaticopulo e Paro-vel, arringato sulla Piazza del Duomo dal generale Monesi, gagliardo celebra-tore degli eroismi della sua divisione e di quelli della povera gente che nel silenzio delle case e delle officine cooperava validamente al trionfo della Patria. Che cos'àno recato i soldati d'Italia al popolo istriano? ai credenti} ai cattolici? J)on Giovanni Lona, direttore dell' Istituto Grisoni di Capodistria, diede, nel discorso tenuto in Piazza del Brolo il 10 nov. 1918, mentre celebrava la Messa da campo, la seguente risposta : «Che ci hanno dato, ripeto, questi prodi e l'Italia? ' Questi prodi e l'Italia ci hanno dato l'Italia. E che cosa è l'Italia per noi ? Dopo Dio e il Paradiso, per noi l'Italia è tutto. E' dessa infatti la madre nostra, perchè madre dei nostri antenati, della nostra lingua, della nostra religione, della nostra civiltà. I Un ispettore tedesco, visitando una »cuoia dell' Alsazia, interrogava gli allievi: quale fosse io stato più grande d'Europa. «La Francia», risposero essi ad una voce, e per quante argomentazioni si adducessero in contrario: «Signor Ispettore, riprendevano quegli scolari, il paese più grande dell' Europa è la Franci*». Ebbene, ciò che è la Francia per i Francesi è l'Italia per noi. Cht dico? Non ò forse l'Italia il giardino dell* Europa? Non è d«ssa la culla dei grandi geni e degli eroi? Non è dessa madre e maestra di civiltà e di religione a tutto il mondo? Donde è venuta la legge civile e religiosa per il mondo intero ae non da Roma? Dove à Dio piantato la sede del suo Vicario, il Papa, se non a Roma? E il Papa, vedete, è il primo Italiano è »i vanta di esserlo. Per noi dunque l'Italia è ben qu*lche cosa di più che non sia la Francia peri France«. Lasciate che io conchiuda con uno augurio per la prosperità dell' Italia nostra: lasciate che, senza essere profeta, i» scorga regolata nelle prossime trattative di pace la posizione internazionale del Pontefice, ed allora nessuna nazione potrà essere sì grande e felice come l'Italia. 0 venga, venga presto quel giorno radioso in cui il Pontefice della pace uscirà per le vie di Roma accanto al magnanimo nostro Re, e prenderà la via Trieste-Capodistria per recarsi a benedire queste nostre terre religiosamente e politicamente redente». Treves, in un coraggioso discorso tenuto alla Camera, rivendica al suo partito il vanto di aver, durante la guerra, perorato la fratellanza dei popoli a fine di risparmiare vittime e danni incalcolabili al mondo intero. Fa voti che i rappresentanti dell' Italia non si rechino alla conferenza per la pace con 10 spirito di coloro che fanno parte del Faccio parlamentare. I 14 punti indicati da Wilson non debbono subire mutilazioni o riduzioni di sorta a vantaggio di alcune nazioni contro l'interesse generale. Confida che l'Intesa non dimenticherà che la Russia, prima di gettare le armi, ha contribuito col suo sangue al trionfo di essa. Si augura che durante le assise della pace sarà lecito al proletariato internazionale tenere le assise socialiste. Esorta il Governo a far della Europa una confederazione di popoli quale la auspicava Giuseppe Mazzini e quale la invocano oggi i socialisti, si augura che l'Italia, madre di diritto abbia il vanto di dare la formula giuridica alla nuova Società delle Nazioni. E' necessario essere più grandi nella pace che nella guerra. Si avanza 1' ordine nuovo, conclude' 1' oratore, che si chiama pace, giustizia, lavoro, socialismo! Il Sindaco di Milano, comp. Caldara, esponendo al Consiglio il programma dell' Amministrazione socialista per le opere del dopo guerra, dopo aver salutati i caduti, i mutilati e i reduci, aggiunse : L'internazionale fu davvero impotente a scongiurare e a contenere l'immane tragedia mondiale. «Ma quando 11 presidente Wilson chiese ai popoli della Germania di limitare i poteri arbitrari dello Stato, e a quelli dell' Austria di riconoscere i diritti delle nazionalità, gli uomini dell' Internazionale — anche quelli che avevano peccato — furono pronti a sopprimere senz' altro poteri eletti e confini arbitrari e, come ai primi inizi della guerra, noi avevamo salutato nel borgomastro di Bruxelles, T eroe della civiltà, cosi oggi salutammo con orgoglio, nello storico comune italiano a Trieste e Fiume, il primo assertore dei diritti nazionali ed umani del popolo. Or fa un anno una grande sciagura ed una minaccia più grande della stessa sciagura, incombeva sul nostro paese. Ma dietro le spalle dei condottieri militari inetti, era tutto un popolo nel vigore della sua resistenza fisica e morale e questo popolo, di cui taluno ha potuto Gli Uffici di Redazione, Amministrazione e Pubblicità si trovano nello Stabilimento Tipografico Nazionale CARLO PRIORA ■ Capodistria. ■ ■ ' — Telefono No. fo dubitare, non piegò sua costa: e rese possibile la riorganizzazione dell' esercito fatto di suoi figli e per essi lavorò e soffri, compenetrando i suoi affetti e i suoi ideali, finché 1' esercito ebbe la vittoria e i popoli oppressi insorsero per corrergli incontro. Ma non v' era bisogno di imboscati per il cosiddetto fronte interno. Bastarono le sane energie del nostro popolo, bastò 1' opera dei responsabili della cosa pubblica, che hanno realmente tenuto il loro posto di lavoro e di battaglia». Il sindaco di Milano illustrò poi l'opera già compiuta del Comune a vantaggio della sua riorganizzazione economica e morale, annunziando in pari tempo la creazione di un ispettorato comunale per l'Industria, di un ispettorato sanitario con il concentramento dei servizi relativi alla Casa di maternità e ai diversi ed ulteriori istituti di previdenza e di tutela, coli' ampliamento e il funzionamento dell' ufficio di statistica, e le misure adottate o da adottarsi per risolvere il grave problema del collocamento. E concluse così: «Queste complesse opere nostre inquadreranno oggi e sempre nel programma generale del Partito socialista e fiancheggieremo 1' azione politica cogli stessi propositi e gli stessi criteri che si riaffermeranno nella lotta con tiuua fra la conquista integrale dei diritti del proletariato con tutti i mezzi della civiltà ripudiando violenze e dittature. Cercheremo se durante la guerra, colla preoccupazione di non compromettere in alcun modo, nemmeno nelle apparenze, la resistenza del paese, noi abbiamo spinto allo scrupolo e al sacrificio gli incoercibili sentimenti, e daremo all' opera nostra quella intonazione di dignità e di serenità che sentiamo di avere mantenuto sempre». Iti seno al Consiglio comunale di Bologna, Rentiui fece la seguente difesa del partito socialista: All' azione senza indugio e senza riserve. Anche dal presidente del Consiglio è stato detto che questa è stata una guerra rivoluzionaria. E così è, e così deve essere. Non si può mentire al popolo, alla grandezza deh suo sacrificio. D'ora innanzi la politica tutta del nostro paese deve essere intenta ad indennizzare, a premiare il popolo per quello che ha sofferto. Questo corrispettivo — prosegue — si riassume cosi: libertà all'interno e maggiore internazionalizzazione della vita europea. Politicamente, economi-czmente, moralmente, il popolo deve avere ii maggior posto: per questo i socialisti devono ancora e sempre essere all' opposizione, per il mantenimento delle promesse, per - la realizzazione delle loro aspirazioni. La pace che sta per essere conclusa deve significare la fine di tutti gli imperialismi, da una parte e dall' altra. L imperialismo che rimane dà luogo alla guerra del futuro. E poi non vogliamo più guerre! C'è ora chi parla di fallimento del socialismo. Perchè il socialismo sarebbe fallito? Se si intendesse con ciò insinuare che i socialisti si ripromettevano la sconfitta anziché la vittoria, si direbbe cosa indegna ! All' indomani di Caporetto pesò sul nostro paese una minCccia sommamente grave: se i socialisti fossero stati gli uomini della disfatta .avrebbero in quel momento sconvolto il paese. Caporetto invece ha fatto rifulgere ciò che vi è di nobile nella morale socialista. Capo-retto era la minaccia della patria: noi non ne approfittammo! Anche i socialisti possono avere commessi degli errori, tutti ne hanno commessi: ma dagli errori dei socialisti non gronda sangue: i lo errori non sono rimorsi. Dunque niente fallimento della dottrina socialista: in qualche pa'ese è avvenuto che il socialismo ha ucciso la guerra, in nessun paese la guerra ha ucciso il socialismo. Il socialismo è ora la mira cui si appunta la visione di tutti i popoli. Mentre in Germania il marxismo sta per diventare una realtà storica, in Inghilterra si va verso il laburismo. In Italia è vero, c' è una corrente che dice al Partito socialista : «Va giù, dimettiti»: eppure se il socialismo volesse andare al potere, mille porte si spalancherebbero per aprirgli la via. Ad ogni modo — esclama — noi accettiamo tutte le nostre responsabilità. Vinta la guerra delle armi, rimane ora da vincere la guerra contro noi stessi e in questa guerra dà la mano a tutti : essa è la guerra contro l'intolleranza, nemica del nostro paese, contro l'intolleranza dall' alto e contro l'intolleranza dal basso. Noi questa guerra — esclama — già la combattiamo fra i nostri compagni: facciano ora altrettanto i nostri avversari ! Di Vladimiro Iorol«;iko. — Mikheitch! Mikheitch! gridò una voce dal ba.-so. Ti sei dunque addormentato? oh! che vergogna! E' l'ora di suonare per la seconda Mikheitch si alza precipitosamente e tira la corda Gli sciami scappano ancora dalla bocca beante della campana e si spandono pel la vallata. Attorno alla chiesa girano lentamente gli stendardi -scintillanti alla luce fiammeggiante delle torcie. Il coro dei ragazzi e quello degli uomini si alternano. Un profumo d'incenso sale fino al campanaro. La folla formicolante canta in coro: — Cristo è risorto ! Cristo è risorto ! E quelle grida fanno fremere il cuore del vecchio Mikheitch. E' forse di paura che freme e piange anche il suo povero cuore straziato? Ed egli suona, suona sempre... Sembra che la voce del bronzo si gonfi di tutto ciò che trabocca dalla anima di Mikheitch, il quale si ricorda e perdona... Le note volano nello spazio, vagano pel cielo come per andarsi a congiungere alle costellazioni scintillanti. Ma non basta : a Pasqua devono cantare tutte le campane. E mentre con una mano egli regola il moto della campana giornaliera, colla altra egli ne fa suonare una dalla voce più acuta. Poi col piede muove il battocchio di una terza campana dal suono più cupo, sospesa sul suo capo, nell' interno del campanile, come un secchio in un pozzo. E dal campanile si sprigiona come un inno d' ebrezza, che urla al cielo ed alla terra la grande novella: — Cristo è risorto: L' antica torre è scossa e pare stia per crollare, e le corde delle campane bruciano le mani di Mikheitch. E Mikheitch, trafelato e sudante, canta in mezzo a quella formidabile sinfonia, con una specie d' estasi e colle lagrime agli occhi: — Cristo è risorto! Tutto è dimenticato in quel momento: pene è rancori, rimorsi e delusioni. Egli beve avidamente lo strano e sublime canto, ruggiti di furore o gridi di trionfo... lamentazioni, pianti o speranze. Per lui significa il pianto della terra che saluta il cielo ed è per questo che egli ride e piange ad un tempo. Del resto non sono soltanto le campane che alzano la voce in quel momento; egli è circondato da coloro che ha amato e tutti li ode mormorare che è giunta finalmente 1' ora della speranza realizzata, della fede coronata, l'ora della felicità: come è risuscitato Cristo, così lui, il povero Mikheitch sta per rivivere... o piuttosto per vivere la vera vita... Ed egli suona... suona sempre... e laggiù, attorno alla chiesa, i buoni fedeli meravigliati si ripetono che il vecchio Mikheitch non ha mai suonato a Pasqua in una maniera così meravigliosa;.. 2 L'ISKJHA REDENTA All' improvviso il suono cessa bruscamente... e gli ultimi rintocchi si perdono nella vallata... La campana dal suono più acuto lancia ancora una nota vibrante che si spegne nell' aria come il grido di un uccello ferito. Mikheitch cade pesantemente sulla tavola che gli serve da sedile, cogli occhi fissi e la bocca immobile... le stelle lo fissano alla loro volta e pare lo chiamino verso di esse... le belle stelle chiare nel cielo impassibile... Poi una piccola stella si stacca dal firmamento, s' infiamma e fila nello infinito... — Ohè! buona gente... trovatevi un altro campanaro... Il vecchio Mikheitch ha suonato i suoi rintocchi funebri. Fine. Il Capitano Biagio Cobol ai suoi «mici e conoscenti. 11 23 novembre a. c., dopo tre anni e' mezzo d' esilio, eccomi col cuore gonfio d' entusiasmo sulla via del ritorno. Alle 11.28 ant., salutati dagli amici di Mayr-hofen, si parte per Jenbach, e di qui, col treno da Vienna, per Innsbruck, la città più avversa agli italiani. Il glorioso esercito italiano vi prendeva dimora già il 20, per mantenervi 1' ordine. Al vedere i primi soldati italiani il mio entusiasmo diventa un vero delirio, tanto che, visto un bersagliere sulla sua bicicletta, gli salto al collo e gli do un bacio, dimenticando e famiglia e bagagli. Il soldato mi dice: «che fate signore?» Io gli rispondo: «ricordando i fatti dell' università, bacio l'Italia nella città di Innsbruck» E il soldato: «faccia pure». In quel giorno entrava nella città uno squadrone di cavalleria con delle auto blindate. Si figuri il lettore, il naso di quei mangia italiani. Il giorno 27 alle 12.24 si parte per Trento; un viaggio disastroso, lungo come una quaresima. Alla prima galleria le due macchine non hanno la forza di andar avanti, quindi, in quelle tenebre un panico giustificato. Ma a forza di urti e spintoni si esce all' aria aperta, e si arriva al Brennero, dove si deve aspettare il treno da Bressanone. Fa fresco, ma 1' umore dei soldati che si trovano in marcia verso la capitale dell' impero in sfacelo, ci fa dimenticare le noie del viaggio. Il Generale Catàneo comanda 60.000 uomini in marcia verso Vienna!! Il colonnello, comandante la stazione, un militare perfetto, ma gentile oltre ogni dire, chiama un soldato e ci fa servire delle gaiette bianche come la neve. Il colonnello chiama: «ehi ragazzo». E il bersagliere: «comanda, signor colonnello?» Servi i signori con delle gaiette di pane bianco. Al che il soldato argutamente: Signor. Colonnello noi non abbiamo che pane bianco! A mezzanotte siamo a Trento dove, se non fosse stata l'ospitalità veramente eccezionale della famiglia Conci, piazza da Vinci N. 13, noi, poveri profughi, saremmo stati obbligati di dormire all' aperto, perchè alloggi n#n se ne trovava nemmeno col lanternino di Diogene. Il 24 si parte da Trento alle 4.30 pom., dopo ammirato e salutato il grandioso monumento al nostro Divino Maestro, senza però aver potuto leggere le iscrizioni, fatte raschiare dal barbaro governo. Dopo un viaggio lungo e sospirato s'arriva a Porta Nuova di Verona alle .11 pom. Fa freddo, e la neve è caduta abbondante; ma è giuocoforza sbarcare coi bambini. Presentatomi allo ufficio profughi sento che devo imbarcarmi nuovamente per raggiungere Porta Vescovo, perchè colà non era l'autorità competente a lasciarmi entrare a Verona. Pazienza; abbiamo fatto la prigionia, abbiamo subito l'esilio per tre anni e mezzo; poca cosa fare ancora quattro chilometri per passare da una stazione all' altra ! Curioso, ma vero, appena alla mezzanotte siamo a Porta Vescovo, dove si trova uno squallore desolante. Pazienza Biagio, per la patria questo e peggio. Sbarcata la famiglia e il bagaglio, vado in cerca di un servo, ma non lo trovo. Visto un Capitano-medico mi rivolgo a lui. Egli, gentilissimo, si mette a mia disposizione e mi procura quanto desidero. Al presentarmi all' autorità mi sento dire: «Signore, Ella non può entrare in Verona; ma deve sostare alla stazione fino domattina alle 8.55, finché parte il treno per Venezia». Queste parole mi sono come folgore a ciel sereno. Procuro di persuadere con bei modi quel soldato a voler cedere alla o nsegna, ma con bei modi quel soldato ichiara di non poterlo fare e nemmeno 10 commuove la vista di una donna e di tre teneri bambini. Il Capitano-medico che assisteva al dialogo, vista la critica nostra posizione, disse al carabiniere: «Io mi rendo mallevadore per questo signore; io alloggierò nella mia casa questa famiglia e domattina la farò giungere alla stazione per la partenza del treno stabilito». Allora il carabiniere domanda al Capitano: Conosce Lei questo signore? Il Capitano: Non lo conosco, ma siccome è delle terre redente e rimpatria dopo tre anni e mezzo, ed ha la parola franca e sincera, io ripeto, mi faccio mallevadore. Il funzionario allora prende un foglio di carta e fa fare al Capitano due righe di garanzia. Eccoci finalmente nella carrozza del Capitano-medico, eccoci sulla via di Veronetta verso la casa del Dottor Elia Casu, proprietario della Casa di salute per malattie reumatiche,'un palazzo Lungadige Re Teodorico N. 6, venuto alla stazione per aspettare sua cognata da Trento. Invece porta a casa a sua moglie una famiglia di sconosciuti. La signora scende nell' atrio e quasi fosse abituata a simili improvvisate, non si scompone nel non vedere la sorella, e sorridente ci accoglie e ci dà la buona notte. Il Dottore ci accompagna al II piano, sveglia la direttrice dello stabilimento, e la sua ordinanza, ci fa preparare una sontuosa tavola, ci fa bere del fino Veronese e assaggiare formaggio della sua patria, la Sardegna. Io non so come ringraziare quelle anime generose! Le mie lagrime attestino loro la nostra riconoscenza. Il dottore ascolta la nostra dolorosa storia, e condivide la nostra gioia del ritorno in patria, al nostro bel mare non più amarissimo. Egli, senza apparire stanco, ci ascolta fino alle 2 ant. quando si va a dormire in letti ben riscaldati. Alla mattina, fatta colazione, si parte colla stessa carrozza della sera prima verso la stazione, dove alle 8.55 si dovrà partire per Venezia. Io lasciai un biglietto di sentito grazie a quelle anime buone che tanto generosamente ci ospitarono, ma voglio che la npstra «Istria Redenta» fa cendo pub-blicna queste mie note di viaggio, porti al generoso animo del Dottor Casu un grazie, un grazie di cuore alla sua gentile signora e alla direttrice della Casa di salute signora Margherita Lova-telli-Furlani, infine a tutta quella buona gente che cooperò affinchè noi fossimo bene serviti! Alle 8.55 ant. si parte da Verona pa alla mestza s' arriva nella patria dei Manin, dei Tiepolo, e di tanti ancora che onorarono la famosa Repubblica di S. Marco. Al vedere il mio mare, al vedermi in gondola, dopo tre anni e mezzo di terra, di monti, di ghiacci, di neve, di terra straniera inospitale, d'idioma non nostro di gente avversa, mi pareva di sognare. A Venezia si riposa una giornata e mezzo, ospiti dell' amico Professore Ettore Perini e della sua Maria, altre anime generose, altri fratelli, veramente fratelli. Alla sera del 27 al Caffè Quadri, una schiera d' amici in borghese e in montura d'ufficiali mi fanno fèsta e mi danno il benvenuto. Al 28 finalmente allo 8 ant. ci si imbarca sul piroscafo S. Marco dell' Istria-Trieste, oggi della Regia Marina. Siamo circa un 800 persone, tutti coli' entusiasmo nel cuore nell' aspettativa di rivedere le nostre terre redente, la nostra Trieste, le nostre truppe d'occupazione, il nostro sospirato tricolore, 11 focolare domestico. Dopo una navigazione guardinga, dopo «n giro vizioso alquanto, per schivare il campo minato e non ancora perfettamente depurato, s'arriva al molo della Sanità (detto molo disgrazie), alle 2 pom. Il vaporetto per Capodistria è già partito; il treno non va; che pesce pigliare? Una carrozza, per il tenue prezzo di 130 corone (cartaccia) ci porta assieme al signor Della Santa, reduce da Roma, nella nostra Capodistria, a casa nostra fra i nostri cari che non sanno nulla del nostro arrivo. Neil' attraversare la piazza della nostra Trieste, nel vedere sulla torre del nostro Municipio il tricolore, il tricolore sul palazzo dell' ex luogotenenza, perdemmo la parola. Non ci pareva vero. Alle 2.30 pom. si parte ed alle 5.15 s' arriva alle case nostre sempre sotto l'impressione di un sogno. A casa mia all' accoglienza festosa e di meraviglia subivo ancora l'impressione del sogno, quel sogno che è realtà! Amici miei, giovani di Òuona volontà, nel nostro giustificato giubilo non dimentichiamo che la patria ha bisogno ancora di noi, abbiamo da risolvere tanti problemi e vedere non solo il dritto della medaglia, ma anche il rovescio, essere giusti ma severi. Compito primo 1' educazione dei piccoli e dei grandi, ma più di tutto stampare nell'animo di quelli che non sanno di patria, la patria. Vada un riverente saluto ai nostri martiri, al mio collega Nazario Sauro, al nostro Fio Garabini, e a tanti altri ancora che per la patria sacrificarono la loro vita co] coraggio di veri leoni, Vi domando venia se mi sono dilungato, ma sono certo mi compatirete e che intonerete ancora una volta assieme al vecchio lupo di mare, le fatidiche parole: «Evviva l'Italia, Evviva il nostro glorioso Esercito, Evviva Savoia». Ringraziamenti tordiali da parte dell' h tria redenta al comandante della difesa di Trieste, conte Alfredo Dentice, che ebbe la cortesia di trasmetterci notizie riguardanti il rimpatrio del capitanò. {N. d. R.) Quando si riapriranno le scuole a CapodisMa? Son tutte chiuse; le scuole popolari, le magistrali e il ginnasio. Fino a quando? e perchè?, ci si domanda con insistenza da varie parti. Una signora ci scrive: «Le scuole sono chiuse. Professori e maestri condannati all' inazione ; i ragazzi abbandonati a se stessi. Come rimediare? Prendiamo p. e. il Ginnasio. Otto ore di scuola al giorno, otto professori, otto corsi ginnasiali. Un' ora al giorno per ciascun corso; un'ora al giorno per ciascun professore fanno sei ore d'istruzione per settimana per ciascun professore; sei ore di studio per settimana per ciascun ragazzo (dalle otto alle nove) ottavo corso, (dalle nove alle dieci) settimo corso e così avanti senza interruzióne trattandosi che ogni professore non ha che un' ora sola al giorno, di lavoro. In quanto al riscaldamento ogni scolaro dovrebbe contribuire con 20 centesimi al giorno; ammesso che vi sieno complessivamente 100 scolari ciò mi darebbe 20 lire al giorno con le quali si potrebbe acquistare combustibile sufficiente a riscaldare per otto ore un'aula, Istruzione libera, indipendente da qualunque programma; ma adottabile però a qualunque programma venturo.» Buone idee, egregia signora, che, con pochi mutamenti di pochissimo conto, potrebbero essere, senz'altro attuate, sè non ci fossero ostacoli d'altro genere mom entaneamente insormontabili : 1) discordie fra gl'insegnanti, e di tal natura, che ben difficilmente si potrà farli ritornare nello stesso istituto, senza prima aver dato ragione a chi dimostra di averla; 2) l'eccessivo costo dei quaderni e di tutti i requisiti scolastici enormemente rincariti in seguito alla svalutazione delle corone ; 3) le malattie e le assenze di molti scolari di Isola, Muggia, Pirano, Buie ecc. ecc., che non si possono far venire a Capodistria per 6 ore di scuola alla settimana. 0 un orario di almeno 3 ore al giorno, o niente. Ma per tale orario ocCorre avere a propria disposizione un gran numero di stanze riscaldate. E il carbone non c'è. Quindi vacanza. E invece di un'ora di scuola al giorno per ogni classe, conferenze, gite e rappresentazioni cinematografiche scelte con criteri educativi. Cronaca Cittadina. Per la famiglia del soldato Vincenzo Gilimberto, pervennero all' «Istria Redenta» 30 cor. dal signor Bortolo de Ba-seggio. (La sottoscrizione rimane aperta). Domenica prossima, alle 15 precise, grande ballo a S.ta Chiara per cura del «Comitato monumento a, Nazario Sauro». Il Partito si riordina. Nella riunione di Partito eh' ebbe luogo questi giorni, con intervento di un centinaio di compagni, si venne alla nomina del Comitato politico locale che riesci composto dei compagni: dott. Carlo Nobile, presidente, Mario Kossich, segretario e vice-presidente, N. Apollonio, G. Budica, prof. I. Zuccali, A. Norbedo, A. Deponte. Nella stessa riunione venne ricomposta la direzione del Circolo agricolo operaio, formata di quattordici compagni, tre dei quali rappresentano la sezione giovanile. Presidente è ancora il comp. Nobile, vice-presidente Edoardo Polo, segretario-cassiere Mario Gregorich, e vice-segretario il comp. Lui Poli. Tutti i presenti s'iscrissero e al Partito e al Circolo, per i quali venne stabilita la quota annuale, rispettivamente mensile per /il Circolo, di versamento. Con grande soddisfazione si constata che la guerra se ha interrotto le relazioni fra i compagni, non li ha divisi, o il dopo guerra li ritrova più numerosi e più forti che mai. Il Partito socialista di Capodistria, elio fu dei primi ad affermare 1' unità nazionale, oggi sente il grande lavoro che occorre per proteggere gli interessi del proletariato e per arrivare al socialismo. Del riordinamento della biblioteca sociale è incaricato il prof. Vattovaz, coadiuvato oai compagni Carco Zucca e Antonio Cerni vani. Q.uali rappresentanti del Partito socialista in Comune sono i compagni dott. C. Nobile, che fa parte della Deputazione, prof. I. Zuccali e M. Gregorich. Riportiamo questa corrispondenza dal «Lavoratore» dei 5 die., lieti di constatare che le critiche dell' «Istria redenta» non furono del tutto inutili. Dunque il Partito à riconosciuto la necessità di riordinarsi? Meglio tardi che mai. E giunga presto il giorno in cui i diffamatori riconoscano pubblicamente i loro torti! CORRISPONDENZE. ISOIi A. Anche qui si comincia a respirare dopo tanti affanni e tante sofferenze, e se non fosse la malattia spagnuola che miete nuovamente delle vittime, si potrebbe chiamarsi contenti. I nostri liberatori non ci hanno abbandonati nella più cruda miseria, ma portarono qui già la scorsa settimana riso, lardo americano e vasi di carne. La croce rossa americana spedi a uso dei meno abbienti 24 casse di latte condensato, 10 vasi di grasso, alcuni quintali di lardo e due barili di carne. Il primo dicembre giunsero qui per la via di Capodistria 30 quintali di carne congelata (argentina), che fu divisa fra la popolazione in ragione di mezzo chilo a testa. Il 27 novembre fu sciolto il Comitato nazionale ed eletto primo sindaco di Isola il dottor Zamarin, conosciuto da tutti come un ardente patriota e probo cittadino. Il maestro Vigilio Gottardi formò una banda cittadina, che diede 11 suo primo concerto domenica scorsa in Piazza Garibaldi. Ieri l'altro fu distaccata a Isola una compagnia di 150 bombardieri con un po' d'artiglieria. 11 piccolo distaccamento che sbarcò a Isola il 7 nov. scarso deve partire, e cosi perderemo con nostro rammarico anche il tenente Santarelli, una (carissima persona che si è fatto già amare dalla popolazione. Con la viva fede di star sempre meglio, massime riguardo all' approvvigionamento, facciamo voti affinchè tutta la popolazione si senta alfine soddisfata e felice. (r%.) PlBASiO. Assemblea di Partito. L'assemblea di Partito della seziono di Pirano accogliendo le proposte del Comitato ristretto deliberava : 1. La ricostituzione del Comitato politico locale con la nomina di Carlo Fragiacoino a presidente, Domenico Contento a segretario, Giovanni Pre-donzani, Antonio Fonda e Nicolò Fonda a membri. 2. Deliberava a voti unanimi di espellere per ragioni di moralità politica il compagno A. Sema dal ' seno della sezione locale. 3. Con vivo plauso dichiarava unanime la propria adesione al Partito socialista italiano. Sabato 7 corr. alle 19.30 adunanza di Partito. Ogni sera dalle 17 alle 20 adesioni di soci: * Oggi, 5 dicembre, il comp. Sema è venuto in redazione a protestare la sua innocenza e a dichiarare che de-nunzierà i suoi calunniatori. Chi capisce qualcòsa fra tanto rumore di denunziati e di accusatori? I fattori competenti facciano subito il loro dovere. Ascoltino l' una e l'altra parte, e poi giudichino,assolvano e condannino con la massima celerità e indulgenza possibile, i Altrimenti il nostro popolo sarà ben presto diviso da odi irreconciliabili proprio nell' ora che dovrebbe eseere unito come mai da vincoli di amore.