received: 2005-08-30 UDC 656.61:94(450.361)"194/195" original scientific article TRA MERCATO E PROPAGANDA. LA RICOSTRUZIONE DEL SETTORE MARITTIMO NELLA TRIESTE DEL SECONDO DOPOGUERRA Giulio MELLINATO Universitä degli Studi di Trieste, Dipartimento di Storia e di Storia dell'Arte, I-34123 Trieste, via Economo 4 Istituto regionale per la storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, I-34136 Trieste, Salita di Gretta 38 e-mail: giulio_mellinato@hotmail.com SINTESI L'articolo prende in esame alcuni aspetti della ricostruzione marittima che ebbe luogo a Trieste dopo la seconda guerra mondiale, all'interno di una comparazione con la situazione nazionale italiana ed internazionale. La flotta ed il porto di Trieste furono pesantemente danneggiati durante la guerra, e la ricostruzione materiale delle navi e delle infrastrutture a terra fu uno dei primi obiettivi dell'autorita che provvisoriamente amministrd la citta, il Governo militare alleato. Dopo il 1948, l'inizio dell'European Recovery Program (noto anche come Piano Marshall) rese disponible un importante surplus di risorse, che furono utilizzate in primo luogo per finanziare un nuovo progetto per lo sviluppo marittimo. Il nuovo piano aveva lo sco-po di ristabilire la capacita produttiva prebellica, ma senza prendere in considera-zione la vasta evoluzione che il mercato marittimo mondiale aveva vissuto in quegli anni. Parole chiave: mercato marittimo, storia marittima, ricostruzione, Trieste, secondo dopoguerra BETWEEN THE MARKET AND PROPAGANDA. RECONSTRUCTION OF THE MARITIME SECTOR OF TRIESTE AFTER WORLD WAR II ABSTRACT The present article examines some aspects of the maritime reconstruction developed in Trieste after World War II, in a national (Italian) and international perspective. Trieste's shipping and port facilities were heavily damaged during the war, and 447 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 the material reconstruction of the fleet and land infrastructure was one of the first objectives for the provisional authority of the Allied Military Government. After 1948, the beginning of European Recovery Program (also known as the Marshall Plan) enabled a great surplus of resources that were used primarily for the financing of a new maritime development scheme. This new plan had the aim to regain the prewar productive capacity, not taking into consideration the great development the world maritime market had experienced in those years. Key words: maritime market, maritime history, reconstruction, Trieste, post-war period Nell'iconografia legata al Piano Marshall, ancor oggi l'immagine della nave, dei porti, del carico e scarico delle merci assume una rilevanza di primo piano. Ad esem-pio, sulla copertina di una rassegna di film legati al Piano compresa nel festival di Berlino del 2004 ci sono due immagini d'epoca, una delle quali è una nave. Risulta senz'altro comprensibile il richiamo emotivo al valore simbolico dell'im-magine di una nave: quelle merci stavano da anni ormai portando in Europa insosti-tuibili rifornimenti di cibo, medicinali e materie prime, mentre quelle passeggeri ri-portavano a casa, oltreoceano, i soldati oppure nuove generazioni di emigranti che cercavano di concretizzare in altri continenti le speranze di una vita migliore per sé e per la propria famiglia, che magari era rimasta in Europa. Ma quale era effettivamente il valore economico legato al riavvio del mercato mondiale dei trasporti navali, e quali erano le condizioni reali per una ripresa della marina adriatica, cosí pesantemente colpita dalla guerra nella flotta, nelle infrastruttu-re portuali e sulle linee di trasporto terrestre? Tentando di rispondere a questa do-manda chi scrive proverà, nelle pagine che seguono, ad offrire un'immagine forse meno convenzionale del solito di quella che è stata definita "la rinascita" della marineria adriatica, assieme ad alcune valutazioni che ne spieghino da una parte il rapi-dissimo rifiorire postbellico, dall'altra le crescenti difficoltà avvertibili già nel corso dei primi anni Sessanta, a meno di vent'anni dalla fine della guerra. Una guerra da dimenticare Com'era già successo dopo il primo conflitto mondiale, anche nel secondo dopo-guerra tra gli operatori economici era diffusa la convinzione che, dopo qualche anno di assestamento, si sarebbe potuti tornare alle condizioni antecedenti il conflitto e da lí riprendere i propri affari come se la guerra non ci fosse stata. Nel caso dell'Italia 448 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 forse la questione era un po' più complicata, per il fatto che l'ultimo fascismo, quello dell'autarchia, aveva in pratica isolato l'economia italiana rispetto alle principali di-namiche internazionali, e quindi il punto di ripresa del contatto con il mercato mondiale andava trovato più indietro nel tempo rispetto alle altre Nazioni europee. Ma non vi erano molti dubbi sul fatto che l'Italia ce l'avrebbe fatta ed avrebbe ripreso il proprio cammino. Il punto che qui più c'interessa è costituito dalla scelta d'inserire la ripresa dei tra-sporti marittimi lungo due importanti filoni: da una parte il trasporto di emigranti, che avrebbero alleviato la pressione demografica tradizionalmente caratteristica so-prattutto delle aree agricole, ed in secondo luogo avrebbero arricchito con le rimesse dall'estero la bilancia valutaria nazionale. La seconda direttrice era costituita dalle importazioni alimentari e di materie prime (soprattutto carbone) indispensabili per sfamare una popolazione stremata dalla guerra per rifornire un'industria non seriamente danneggiata dai combattimenti e dai bombardamenti aerei, ma paralizzata dalla mancanza di energia e di materie prime. Si fece poi strada un terzo segmento, che anche in questo caso riprendeva tradizioni d'anteguerra: la costruzione di grandi e lussuosi transatlantici, che avrebbero portato all'estero il buon nome dell'arte, del gusto e della tecnica italiani e, si sperava, avrebbero portato in Italia turisti stranieri de-siderosi di ammirare le bellezze della penisola e di spendervi la loro valuta forte. Il problema era rappresentato dalla capacità di calcolare con la maggior esattezza possibile quali sarebbero state le necessità nel giro di qualche anno, per poi programmare la costruzione di una nuova flotta di navi alle quali sarebbe stato affidato il compito di portare a termine i nuovi servizi, con il massimo di efficienza ed economia. Non era un compito facile, prima di tutto perché la stessa flotta mondiale aveva subito radicali trasformazioni nel corso della guerra. In primo luogo dal punto di vista quantitativo: la flotta mondiale era passata da 68 milioni di tonnellate di stazza complessiva ad oltre 80 milioni, in presenza di una riduzione del numero totale delle navi: va quindi registrato un significativo aumento della stazza media delle navi di-sponibili. Inoltre, la quota media delle navi statunitensi sul totale mondiale era pas-sato dal 17% del 1939 al 36% del 1948, quando era già iniziata la cessione delle navi costruite nei cantieri nordamericani durante la guerra.1 Anche la quota di navi sopravvissute ai siluramenti subi non piccole trasforma-zioni. La sopravvivenza selettiva di numerose navi non di primissimo piano trasfor-mate durante la guerra, (magari silurate, recuperate e ristrutturate per trasporti di truppe, come il transatlantico Scythia) mentre molti transatlantici tra i più grandi e 1 Tra il 1939 ed il 1948 la flotta mondiale passé da 29.763 a 29.340 navi, per 68.509.000 tonnellate nel 1939 e 80.292.000 nel 1948. I dati sull'evoluzione della flotta mondiale sono ora facilmente reperibili su Internet, all'indirizzo http://www.coltoncompany.com/shipping/statistics/wldft.htm (verificato il 25/08/2005). 449 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 lussuosi vennero danneggiati troppo gravemente o non furono ritenuti adatti alla tra-sformazione e furono abbandonati. Questo creo nel dopoguerra una minore scarsita di naviglio per le fasce piu basse del mercato (che pero erano le piu richieste), mentre le fasce piu alte rimasero scoperte per qualche tempo, e questo forse ingenero l'idea di una carenza di navi piu grave di quanto non fosse in realta. Esistevano pero anche importanti elementi innovativi, ai quali forse non venne ri-volta sufficiente attenzione nella pianificazione della ricostruzione marittima. Il primo elemento, che poté venir colto soltanto a distanza di qualche anno, fu il vero e proprio balzo tecnologico ed organizzativo che l'industria navale subí nel corso della guerra, e che segno un'importante interruzione di continuita (Lavery, 2004, 334 e passim). Sem-plificando un po' la questione, si potrebbe dire che la maggioranza delle navi varate fino alla fine degli anni Trenta non differivano molto, nelle loro strutture e nelle pratiche costruttive, da quelle costruite all'inizio del secolo, se si esclude la massiccia adozione della propulsione interna. Durante la guerra, invece, ebbe luogo una vera e propria ri-voluzione concettuale, introdotta nel mercato con le navi cosiddette d'emergenza, co-struite in grande serie negli Stati Uniti durante il conflitto. Si trattava innanzitutto di navi interamente saldate, nel progetto delle quali molte delle caratteristiche tipiche per una nave da carico (velocita, portata, distribuzione dei pesi, facilita di carico/scarico, ecc.) erano state sacrifícate a favore di un'estrema semplificazione delle operazioni di costruzione delle parti prefabbricate e dell'assemblaggio finale, assieme ad una spic-cata attenzione per l'economicita del prodotto finito. Fu cosí che il tempo richiesto per la costruzione di una nave scese da piu di duecento giorni per le prime del tipo Liberty ad una media di circa dieci giorni per le navi costruite quando i cantieri raggiunsero il massimo regime, con punte inferiori ai cinque giorni dall'arrivo sullo scalo dei primi pezzi prefabbricati al varo finale. Nel settembre 1942 venne raggiunto l'obiettivo di varare tre navi al giorno, distribuite tra i 18 cantieri e i 210 scali in gran parte costruiti ex novo, essendo i vecchi cantieri navali completamente assorbiti dalla costruzione di navi da guerra (Baffo, 2004, 67 e segg.). Erano navi costruite per un solo viaggio, nel-l'emergenza della guerra ed in mari nei quali era sempre presente la minaccia dei sottomarini, ma alcune sopravvissero anche trent'anni, vendute o cedute dagli Stati Uniti nel dopoguerra un po' a tutte le marine del mondo. Tra il 1941 ed il 1945 vennero costruite 2710 navi del tipo Liberty (piu altre di tipo diverso negli Stati Uniti ed in altri Paesi del Commonwealth), delle quali oltre il 90% sopravvisse alla guerra e continuo a navigare nel dopoguerra, determinando in buona parte la forma e le dinamiche dei mercati marittimi negli anni successivi (Ca-gnoli, 1993).2 In sostanza una cosí abbondante e relativamente economica presenza 2 "Le navi del tipo Liberty non solo sono navi di grande portata [relativamente alla stazza], ma anche navi di grande capacita in quanto dispongono di un volume unitario di stiva, cioè per tonnellata di portata netta, superiore a quello normale" (Cagnoli, 1993, 109). Va anche detto che, nel dopoguerra, soltanto una piccola parte delle innovazioni introdotte negli Stati Uniti con il piano Liberty vennero 450 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 di navi di quel tipo sposto verso il basso anche il mercato del trasporto merci, privilegiando prodotti trasportabili in grande massa con navi relativamente lente, che pero potevano svolgere il loro servizio ad un costo relativamente basso, proprio al livello al quale poteva collocarsi in quegli anni la capacità di spesa della maggior parte dei paesi europei. All'Italia furono assegnate complessivamente 125 Liberty, distribuite tra i diversi armatori nei principali porti della penisola. A Trieste arrivo proporzionalmente un numero minore di Liberty, rispetto agli altri grandi compartimenti marittimi naziona-li,3 ma va anche detto che la relativamente alta presenza di armatori "liberi" a Genova ed altrove puo spiegare in parte la massiccia scelta da parte loro di navi poco costose, magari trasformate con l'adozione di un apparato motore più potente e di qual-che aggiustamento nella disposizione del carico e delle attrezzature a bordo. A Trieste l'elemento determinante era costituito dalla ripresa dell'attività da parte del Lloyd Triestino. Si trattava in realtà di un Lloyd triestino molto diverso da quello che l'immagine corrente ancora ricordava, e non solo a causa delle ingentissime per-dite subite durante la guerra. La riforma del settore marittimo del 1936 aveva appa-rentemente rafforzato la posizione della società triestina: era diventata una delle quattro società di navigazione d'interesse nazionale, aveva assorbito alcune piccole società e, dopo la dissoluzione della Navigazione Libera Triestina e l'assorbimento della Cosulich nella società Italia di Genova, era rimasta la sola grande compagnia di navigazione con sede a Trieste (Mellinato, 2001, cap. 4).4 Ma all'interno dell'impo-nente flotta Lloydiana soltanto poco più di un terzo delle navi era iscritto al compartimento marittimo di Trieste (28 su 74, per 185.600 tonnellate di stazza su 606.890 complessive), ed anche molti dei nuovi servizi gestiti dal Lloyd alla vigilia della guerra riguardavano porti diversi da Trieste o erano legati ai servizi "coloniali" con l'Africa orientale italiana che certo non erano riproponibili nel dopoguerra. I numeri, comunque, dicevano che alla vigilia del conflitto il rapporto dell'economia di Trieste con il mare era fiorente; anzi, che proprio il settore marittimo risultava trainante per tutta l'economia regionale (Luzzatto-Fegiz, 1946). I resti del Lloyd triestino sopravvissuti alla guerra erano pero poca cosa: soltanto quattro piroscafi, il più recente dei quali era stato costruito nel 1923, erano in grado di navigare, e complessivamente l'intera marineria triestina perse nel conflitto il 90% delle proprie navi. Il Lloyd triestino fino all'inizio del 1946 conservo ancora il vec-chio nome "coloniale" di Oriens - Linee triestine per l'Oriente, mentre le prime atti-vità transcontinentali ripresero l'anno successivo, con una linea per l'Africa ed una introdotte in Europa, ed in Italia in particolare. 3 Delle 125 Liberty assegnate all'Italia, 70 vennero registrate nel compartimento marittimo di Genova, 15 a Trieste, 13 a Napoli, 7 a Venezia e 6 a Palermo. Le rimanenti 14 vennero distribuite in compar-timenti minori. Le schede sulle "Liberty italiane" sono in Cagnoli, 1993, 123-158. 4 Mi permetto di rimandare a Mellinato, 2001, in particolare al capitolo 4. 451 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 per l'India, che pero inizialmente partiva da Genova. Dal settembre 1947 arrivarono anche al Lloyd le navi Liberty, nove in tutto, e con queste vennero riaperti i tradizio-nali collegamenti merci con il cosiddetto "oltre Suez". Nel 1948 iniziarono anche i collegamenti passeggeri, inizialmente con l'Africa e poi per l'India e l'Australia, per il trasporto di emigranti, e nel 1949 il Lloyd ave va ripristinato l'intero ventaglio dei collegamenti prebellici, compresi i collegamenti con i porti dell'Africa orientale. Anche per il trasporto passeggeri non poche linee avevano a Genova il porto di partenza o d'arrivo, mentre molte linee per l'Adriatico o il Mediterraneo orientale vennero ge-stite dalla societa veneziana Adriatica; quelle linee prevedevano pero numerose 'toc-cate' a Trieste.5 Nel frattempo, nel 1947, a Genova erano ripresi i collegamenti con il Nordameri-ca grazie alle due vecchie navi della Cosulich navigazione, sopravvissute al conflitto perché requisite negli Stati Uniti, il Saturnia ed il Vulcania, che prima della guerra partivano da Trieste. Nello stesso 1947 il governo americano derequisi altri due im-portanti piroscafi, il Conte Grande ed il Conte Biancamano (quest'ultimo formalmente proprieta del Lloyd Triestino, ma noleggiato alla societa Italia), che ritornaro-no in patria, furono sottoposti a lavori di revisione ed a partire dal 1949 iniziarono un servizio regolare per il collegamento di Genova con il Sudamerica. In sostanza, alla fine di questa prima tornata di ricostruzioni navali, tutta la parte piu significativa del trasporto passeggeri venne concentrata a Genova, mentre a Trieste rimanevano linee merci e qualche linea passeggeri di secondaria importanza. Non per niente suscito grande impressione nella citta giuliana una fotografía del 1953 che ritraeva il suo porto completamente privo di navi: dopo la fine del Piano Marshall e dei trasporti d'emergenza verso l'Austria e l'Europa centrale, ben poco rimaneva a trascinare la ri-presa del traffico marittimo triestino. Com'era accaduto nei primi anni Trenta, anche nella crisi del dopoguerra fu l'in-tervento dello Stato a sbloccare una situazione che sembrava senza uscita. Anche in questo caso, come nel precedente, l'intervento statale segui linee specifiche, e molto particolari, che disegnarono un nuovo aspetto per il settore marittimo. Il versante che in questa sede c'interessa maggiormente e costituito dal trasporto passeggeri, in quanto coinvolse tanto le compagnie di navigazione triestine quanto la navalmecca-nica. Il calcolo effettuato all'epoca dal potere politico per la riorganizzazione dei ser-vizi Finmare era molto semplice. La decisione, che a posteriori si rivelo assai criticabile, di procedere innanzitutto alla ricostruzione di navi passeggeri, fu dettata da motivi di ordine pratico e politico: se i servizi di linea per l'Oriente e il Levante risentivano della grande crisi che investiva tutto il continente asiatico, richiestissimi erano invece i passaggi, specie 5 Forse non e inutile ricordare che la rete delle rotte marittime sovvenzionate dallo Stato prevista in Italia con la riforma del 1936 (r.d.l. 7 dicembre 1936 n. 2082) rimase in vigore, attra verso continui rinnovi e rinvii, fino al 30 giugno 1962. 452 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 nelle classi economiche, per i paesi di tradizionale sbocco emigratorio come le Ame-riche, l'Australia e il Sud Africa. [...] la costruzione di navi passeggeri comportava anche un maggior carico di lavoro, non solo per le maestranze dei cantieri, ma anche per le numerose ditte collaterali alle quali era affidata la fornitura di particolari impianti di bordo (Ogliari et al., 1985, 1923). Numerosi fattori concorrevano a definire la scelta governativa: anzitutto la scelta di riprendere la tradizione prefascista dell'emigrazione di massa come valvola di sfo-go per il surplus demografico italiano. C'era poi la convinzione che la ripresa dei rapporti internazionali avrebbe fatto affluire in Italia una consistente corrente di turisti, soprattutto dal Nordamerica. Infine, bisognava trovare una qualche soluzione per il settore navalmeccanico, che era uscito dalla guerra sovradimensionato rispetto alle esigenze della produzione mercantile, e privo (anche per effetto degli accordi inter-nazionali) della possibilità di riattivare alcuni importanti settori collaterali, come quello aereonautico (si pensi alla produzione d'idrovolanti soprattutto a Monfalcone ed in Toscana). Ma, come si è già detto, il settore dei trasporti marittimi passeggeri era fortemente distorto da almeno due fattori: la sopravvivenza di navi considerate perdute durante il conflitto, ed invece recuperate e riattivate dopo qualche anno, e la riconversione per il trasporto passeggeri a basso prezzo di alcune navi utilizzate durante il conflitto come trasporto truppe. Nel primo caso significativa fu la cosiddetta legge Truman, che nel 1947 restituí ai paesi ex nemici alcune navi che gli Stati Uniti avevano seque-strato durante la guerra ed inserito nella propria flotta. Per il secondo tipo basti ricor-dare il transatlantico svedese Gripsholm (la prima grande nave spinta da propulsori diesel) che durante la guerra venne utilizzato dalla Croce Rossa per il trasporto di fe-riti e scambi di prigionieri e nel dopoguerra fu venduto ad una società tedesca che la ribattezzö con il nome di una nave dichiarata preda bellica dai sovietici e ne fece uno dei primi transatlantici della Germania postbellica (Eliseo, Miller, 2004). A Trieste, tanto il Lloyd triestino rinnovö la propria flotta passeggeri (iniziando con le tre famose Australia, Oceania e Neptunia, consegnate tra il 1950 ed il 1951), quanto i cantieri, anche quelli più piccoli, esaurirono la propria capacità produttiva con le nuove costruzioni, in una stagione che perö fu del tutto eccezionale, legata com'era alla particolare situazione politica di Trieste ed all'eccezionale disponibilità di risorse collegata al Piano Marshall (Mellinato, 2004; Martinuzzi, 2004). La forza del mondo libero In un documentario italiano del 1951 dedicato alla costruzione della nuova flotta, girato e diffuso per celebrare i benefici effetti che il Piano Marshall stava portando all'Italia, il commento alle immagini inserisce la costruzione della nave protagonista del filmato all'interno di un piano più ampio, che avrebbe aiutato a "costruire una 453 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 flotta potente per il Mondo occidentale". La nave diveniva quindi la materializzazione della propaganda, un simbolo del cammino già percorso, nel senso che rendeva visibile a tutti la superiorità del modello di libero mercato, delle sue realizzazioni tecniche ed anche dello stile di vita che consentiva ai suoi cittadini. Magari non a tutti nella realtà, ma lo rendeva almeno accessibile attraverso le immagini e quindi personalizzabile nei sogni e nelle aspirazioni. "Dietro ogni nave c'è la storia di un paese, un paese lasciato in rovina dalla guerra, ricostruito di nuovo, saldo e capace di fare la propria parte, e di contribuire alla forza del mondo libero" (Selling Democracy, 2005, 33). A Trieste, la presenza del Governo Militare Alleato rendeva ancora più presenti simili tematiche, tanto da farne quasi delle concrete linee di governo, e non solo lon-tani richiami propagandistici. In particolare, il programma triestino per l'utilizzo dei fondi del piano Marshall prevedeva come punto principale proprio l'espansione della flotta mercantile e passeggeri, attraverso la costruzione di una trentina di navi, per un totale superiore alle 200.000 tonnellate di stazza (Trieste Country, 1949, 14).6 Fuor di dubbio che a Trieste in quegli anni una vigorosa ripresa dell'attività economica avrebbe di per sé potuto rappresentare un importante strumento per la propaganda della superiorità del modello occidentale (come infatti avvenne, in numerose pubblicazioni edite dalla stessa missione Marshall presso il Territorio libero di Trieste). Rimaneva aperta la questione del come un simile risultato potesse essere rag-giunto, e quali dovessero essere i ruoli del Governo militare alleato, del Governo italiano e dell'imprenditoria privata. Una prima puntualizzazione si ebbe nel corso di una delle prime riunioni bilate-rali tra il GMA e la Missione triestina dell'Amministrazione della Cooperazione Economica, l'ente incaricato dal Governo statunitense di coordinare gli aiuti ai diversi Paesi europei, e di sorvegliarne la gestione negli anni di esecuzione del Piano. Il Di-rettore del dipartimento economico del GMA difese la scelta di privilegiare le costru-zioni navali in considerazione dell'importanza della navigazione per l'economia trie-stina, per le possibilità di riassorbimento della manodopera disoccupata ed anche per la possibilità di rifornire le locali raffinerie di petrolio grezzo senza esportare al di fuori del Tlt la valuta necessaria al nolo delle navi. La risposta del capo-missione era tanto sibillina quanto rigidamente dettata da una precisa mentalità economicistica. Mr Galloway stated his objection to the allocation of 80% of the funds to shipbuilding and subsidiary activities and predicated on the fact that this prorata was being allocated for 10.000 employees against 20% for 45.000 registered employees. 6 In un altro documento si legge "The shipbuilding program was in turn the basis upon which the whole economic recovery program rested" (Nara-Rg, 59a). Questa ed altre copie di documenti provenienti dagli archivi di Washington sono state originariamente raccolte da Giampaolo Valdevit nel corso dei suoi studi, e poi depositate nell'Archivio dell'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazi-one di Trieste. 454 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 The committee felt that while this might be a justification stand in some cases a true perspective could not be obtained unless a study was made based on comparison with similar city in US, UK, France, or elsewhere, where a basic industry, such as steel, etc, motivated the city (Nara-Rg, 469a). Quindi non solo la concentrazione delle risorse sulla costruzione di una nuova flotta risultava pericolosa perché restringeva troppo le possibilita economiche del Territorio, e privilegiava una minoranza d'impiegati rispetto al totale, ma le forme che stava assumendo l'assistenza al settore marittimo risultavano anche "fuori linea" rispetto a quanto era stato fatto in circostanze simili. Negli anni successivi le frizioni tra GMA e Missione Eca non sarebbero mancate, anche se l'afflusso dei finanziamenti non s'interruppe mai ed anzi proietto il Territorio libero di Trieste ai vertici europei per la quantita di aiuti pro capite ricevuti dalla popolazione. Il sollievo fu pero soltanto momentaneo, come gli stessi documenti alleati riconoscevano. For industrial production in particular there appears to be little doubt that a considerable number of firms have had difficulty in maintaining output at a high level, largely because of uncertainties in the adequate supply of raw materials (Nara-Rg, 469b). L'azione del GMA, nel corso del tempo, si sarebbe rivelata eccessivamente su-bordinata a considerazioni di corto periodo, come il controllo del malcontento attra-verso lavori pubblici e l'aumento dell'occupazione nelle strutture amministrative lo-cali, mentre gli investimenti nel settore marittimo vennero fatti considerando prioritario il ripristino della situazione prebellica, invece di tentare strade nuove in un mondo cosi trasformato dal conflitto. Quando si stava approssimando la fine degli aiuti Marshall a Trieste, il rappresentante degli Stati Uniti presso il GMA esponeva in poche parole al Dipartimento di Stato il senso profondo di quanto era stato fatto a Trieste negli anni precedenti, e che sarebbe stato necessario fare finché fosse durata l'esperienza dell'amministrazione alleata. No one here really think of Trieste recovery in the same sense as the recovery of other OEEC countries; as long as the present international situation continues [...] Trieste cannot hope to achieve full recovery and self-sufficiency at any reasonable standard of living. [...] Such a policy also has had the political objective of keeping the Trieste population on the side of the West through demonstrating continual improvement in the material situation (Nara-Rg, 59b). La sovraesposizione del ruolo politico della citta era risultata la miglior merce di scambio per attirarvi risorse straordinarie non solo per la ricostruzione, ma anche per ottenere una certa trasformazione positiva nelle condizioni di vita, almeno relativamente rispetto a quanto era stato fatto in Italia.7 7 Non senza effetti sul medio e lungo periodo, come ricorda Giampaolo Valdevit: "a Trieste di diverso e di eccezionale c'è la quantità (e la qualità) delle costrizioni della politica sull'economia: esse nascono 455 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 Nel 1954, la conclusione dell'esperienza del Governo militare alleato fu accom-pagnata da una rilevante mobilitazione dell'opinione pubblica, che ancora una volta mise in primo piano l'aspetto tutto politico che poteva assumere un intervento del-l'Italia in "soccorso" all'economia locale, che prestigiosi testi usciti in quegli anni di-chiaravano essere stata guastata dall'esperienza dell'amministrazione alleata.8 Dopo il ritorno di Trieste all'Italia s'intrecciarono numerosi dibattiti sul presente e sul futuro dell'economia triestina che, oltre a far emergere la pluralità di posizioni che fino a quel momento non erano state cosí evidenti, finirono con il convergere su un punto preciso: la richiesta di sovvenzioni ed assistenza economica dallo Stato. Era il retroterra per la cosiddetta "legge dei 45 miliardi" che nel 1958 sembró momentaneamente appianare i non sempre facili rapporti tra l'opinione pubblica locale e Roma (Balestra, 2001).9 Ma a tredici anni dalla fine della guerra e a dieci anni di distanza dall'avvio del Piano Marshall le prospettive di un ripristino delle tradizionali attività marittime (e dei livelli di prosperità che un tempo queste ultime avevano garantito alla città ed alla sua popolazione) dovevano di nuovo fare i conti con un mondo che si stava trasfor-mando troppo rapidamente. Tra il novembre 1956 e l'aprile 1957 la prima chiusura del Canale di Suez aveva sconvolto, seppur per breve tempo, il mercato marittimo internazionale, anticipando pero prospettive che si sarebbero ripresentate nel corso del tempo. Meno improvvisamente, ma con ben maggiore profondità, il mercato dei trasporti marittimi stava subendo una progressiva erosione da parte del trasporto aereo, proprio nelle fasce di mercato (quelle dei trasporti di livello medio ed alto) dove si erano collocate le scelte effettuate per il rinnovo della flotta italiana nei primi anni Cinquanta. Con la comparsa dei francesi Caravelle e degli americani Boeing 707 e Douglas DC-8 tra il 1955 ed il 1959 sarebbe completamente, e definitivamente, cam-biata la concezione stessa del viaggio per mare. Una lenta decadenza Alla fine delle ristrutturazioni postbelliche, la marina triestina risultava reinte-grata in gran parte delle sue potenzialità operative, ma debole nella competizione per conquistarsi le migliori quote di mercato, ed ormai marginalizzata rispetto alle più cospicue correnti di traffico del dopoguerra. La scelta di ripristinare nel dopoguerra i dalla teoria del domino e dalle reazioni a catena che essa prevede (crisi economica, destabilizzazione politica, annessione surrettizia del Tlt alla Jugoslavia, oltre a tutti i contraccolpi in termini di credi-bilità complessiva della politica estera americana)" (Valdevit 2004, 259). Per una contestualizzazione all'interno della evoluzione economica triestina v. Sapelli, 1990 e Andreozzi, Panariti, 2002, assieme alla bibliografia citata. Per un recente approfondimento sul secondo dopoguerra v. i saggi contenuti in Verrocchio, 2004. 8 Cfr. la voce Trieste della "Enciclopedia Italiana", terza appendice, 1961, ad indicem. 9 Su tutta la vicenda v. Balestra, 2001. 456 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 livelli e le correnti di traffico degli anni Trenta non teneva conto delle profonde tra-sformazioni avvenute sul mercato internazionale, in anni nei quali era l'intero sistema nazionale dei trasporti a subire radicali trasformazioni. Ad esempio, l'Italia fu l'unico paese sviluppato dove il traffico ferroviario merci diminuí (e di molto, quasi si di-mezzö) tra il 1940 ed il 1950 (Toninelli, 1997).10 Inoltre, per quanto riguardava la flotta, negli stessi anni va considerato un aumento nel numero delle navi a vela iscritte (del 22%, anche in questo caso si tratta di un unicum tra i paesi industrializ-zati), assieme ad una diminuzione della stazza media, passata da 60 tonnellate a 36 e mezzo.11 Ciö sta a significare che, nonostante la forte iniezione derivata dalle navi Liberty e dalle nuove, prestigiose, costruzioni, una quota consistente della marina italiana negli anni dell'immediato secondo dopoguerra era regredita, assieme all'inte-ro sistema nazionale dei trasporti, facendo un balzo all'indietro mentre tutte le altre nazioni (con l'evidente eccezione della Germania) erano notevolmente avanzate. L'azione combinata del Governo italiano e del Governo militare alleato di Trieste aveva determinato l'intrecciarsi contemporaneo di due linee d'intervento convergenti, che generarono le condizioni per una ricostruzione dell'economia marittima triestina che teneva soltanto in parte conto delle mutate condizioni di mercato. Il risultato, già messo in luce da Giampaolo Valdevit,12 fu un aumento della dipendenza del sistema economico locale dall'intervento dello stato, un intervento che all'epoca seguiva crite-ri operativi in parte diversi rispetto alla ricerca della redditività delle aziende. L'intero argomento meriterebbe uno studio a sé, ma va comunque sottolineato come, nel corso degli anni, si sarebbe osservato un indebolimento delle possibilità d'intervento autonomo dell'economia marittima triestina sui mercati internazionali, che a sua volta avrebbe portato ad un indebolimento delle sue potenzialità, proprio negli anni in cui, anche nel settore marittimo, stava significativamente espandendosi la presenza economica della nuova Jugoslavia. 10 I dati originali in Toninelli, 1997, tab. A XXIX. 11 Rielaborazione da Toninelli, 1997, tab. A XXXI. 12 "In definitiva, contrariamente alla visione di fondo che permea[va] il Piano Marshall, negli anni della ricostruzione sarà quella dell'attore pubblico la presenza dominante nello scenario economico tries-tino. È un'eredità che continuera a lasciare corpose tracce nei decenni successivi: nella mentalità, nella pratica, nei risultati" (Valdevit, 1999, 133). 457 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 MED TRGOM IN PROPAGANDO. OBNOVA POMORSKEGA SEKTORJA V TRSTU PO DRUGI SVETOVNI VOJNI Giulio MELLINATO Univerza v Trstu, Oddelek za zgodovino in umetnostno zgodovino, I-34123 Trst, via Economo 4 Deželni inštitut za zgodovino osvobodilnega gibanja Furlanije-Julijske krajine, I-34136 Trst, Salita di Gretta 38 e-mail: giulio_mellinato@hotmail.com POVZETEK Avtor predstavlja analizo pomorske obnove v Trstu v obdobju po drugi svetovni vojni. Lokalne razmere postavlja v odnos do kvantitativnega in kvalitativnega razvoja, ki ga je doživelo svetovno trgovsko ladjevje med drugo svetovno vojno in takoj po njej. Svetovni trg pomorskega transporta se je takrat korenito spremenil zaradi tehnoloških izboljšav in lahkega dostopa do cenenih ladij. Vse to se je dogajalo v času, ko je Evropa doživljala bombardiranja in boje, ki so močno poškodovali kontinentalni trasportni sistem, ko je njeno prebivalstvo trpelo zaradi velikega pomanjkanja hrane, industrijski sistem pa nujno potreboval surovine za ponovni zagon proizvodnje. Potrebo po ponovnem aktiviranju tovarniških dejavnosti so v Trstu močno zaznamovala pomembna politična pogojevanja. Ta so v mesto in celotno Svobodno tržaško ozemlje privabila razmeroma večji delež pomoči in zajetnejša financiranja, ki pa so bila usmerjena v uresničevanje kratkoročnih programov, ne upoštevaje svetovni gospodarski razvoj. K takemu razvoju dogodkov je prispevala tako zavezniška vojaška uprava, ki je uporabljala sredstva Marshallovega plana v Trstu po smernicah, ki niso vedno ustrezale direktivam Marshallove misije v Trstu, kot tudi italijanska vlada, ki je pri oblikovanju samostojne pomorske politike v tistih letih dajala prednost tirenskim pristaniščem. Ključne besede: pomorski trg, zgodovina pomorstva, obnova, Trst, obdobje po drugi svetovni vojni FONTIE BIBLIOGRAFIA Nara-Rg, 59a - National Archives and Record Administration, Record Group (Nara-Rg) 59, State Department Central File, 850G.00 R/2-650. Annual Economic Review, may 24, 1950, p. 4 (=Archivio dell'Istituto regionale per la storia del mo-vimento di liberazione di Trieste (A-Irsml), b. 76). 458 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 Nara-Rg, 59b - Nara-Rg, State Department Central File, 850G.00 / 5-24 50. Rap-porto da US polad datato Trieste, July 29, 1950 (=A-Irsml, b. 76). Nara-Rg, 469a - Nara-Rg, Mission to Italy, Office of the Director, Subject Files. Commander and Military Governor's ERP Coordination and Progress Meeting. Minutes of Meeting No. 5, 8 Jul 1949 (=A-Irsml, b. 76). Nara-Rg, 469b - Nara-Rg, Eca, Deputy Director for Operations, Office of European Operations, Italy Division, Trieste decimal Files, folder: Tr Ec. Action 1.0 1.2 1.24. Third Report Memorandum of Free Territory of Trieste, febbraio 1951 (=A-Irsml, b. 76, p. 7). Andreozzi, D., Panariti, L. (2002): L'economia in una regione nata dalla politica. In: Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità ad oggi. Il Friuli - Venezia Giulia. Torino, Einaudi, II, 807-889. Baffo, A. (2004): Dal Clipper alla Liberty. Genova, Fratelli Frilli. Balestra, S. (2001): La questione della zona franca nel dibattito politico a Trieste fra il 1954 e il 1958. Quaderni del centro studi economico-sociali Ezio Vanoni. Trieste. Cagnoli, C. (1993): Le navi del tipo Liberty. In: Gli strumenti dei velieri di Camogli. Genova, Nuova editrice genovese, 103-113. Eliseo, M., Miller. H. (2004): Transatlantici tra le due guerre. L'epoca d'oro delle navi di linea. Milano, Hoepli. Lavery, B. (2004): Ship. London-New York-Munich-Melbourne-Delhi, Dorling Kindersley. Luzzatto-Fegiz, P. P. (ed.) (1946): L'economia della Venezia Giulia. Trieste, Uni-versità di Trieste, Istituto di Statistica. Mellinato, G. (2001): Crescita senza sviluppo. L'economia marittima della Venezia Giulia tra Impero asburgico ed autarchia (1914-1936). Begliano, Consorzio culturale del monfalconese. Mellinato, G. (2004): Il porto e la navigazione nel secondo dopoguerra. In: Toninel-li, P., Dugulin, A., Cuderi, B., Vinci, A, & G. Mellinato (eds.): La città reale: economia, società e vita quotidiana a Trieste 1945-1954. Trieste, Comune di Trieste, 60-69. Martinuzzi, M. (2004): I cantieri navali. In: Toninelli, P., Dugulin, A., Cuderi, B., Vinci, A, & G. Mellinato (eds.): La città reale: economia, società e vita quotidia-na a Trieste 1945-1954. Trieste, Comune di Trieste, 70-83. Ogliari, F., Rastelli, A., Spazzapan, G. & A. Zenoni (1985): Gli anni della Fenice. Il gruppo Finmare e le Compagnie sovvenzionate dal 1945 al 1985. Milano, Ca-vallotti. Sapelli, G. (1990): Trieste italiana. Mito e destino economico. Milano, Franco Angeli. 459 Giulio MELLINATO: TRA MERCATO E PROPAGANDA, 447-460 Selling Democracy (2005): Selling Democracy - Winning the Peace. Berlin, Berlin Film Festival. Toninelli, P. (ed.) (1997): Lo sviluppo economico moderno. Venezia, Marsilio. Trieste Country (1949): European Recovery Program: Trieste Country Study. Washington. Valdevit, G. (1999): Il dilemma Trieste. Guerra e dopoguerra in uno scenario europeo. Gorizia, Leg-Irsml. Valdevit, G. (2004): Il dopoguerra 1945-54. In: Apollonio, A., Panjek, G. (eds.): La Cassa di risparmio di Trieste 1842-2002. Roma-Bari, Laterza, 247-286. Verrocchio, A. (ed.) (2004): Trieste tra ricostruzione e ritorno all'Italia (1945-1954). Trieste, Irsml-Comune di Trieste. 460