ANNO XVI. Capodistria, 1 Novcnbre 1882. v LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il Iti d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo. *) 1234. — Papa Gregorio IX approva 1' esenzione di decima o di quartese, accordata (1216) da Uretmaro vescovo di Capodistria ai Cistercensi di San Tomaso di Torcello, fù beni che occupavano in quella diocesi. Com. Not. St. delle chiese e Mon. di Venezia. — Pag. 570. La stazione enopomologica provincial ed il Pio Istituto Grisoni in Capodistria Nella relazione sali' organizzazione interna, della Stazione enopomologica provinciale, presentata alla Dieta, la Giunta provinciale così in fine si esprime: rln istretta combinazione coli'ampliata sfera di attività della stazione enopomologica sarebbe per ciò, secondo il conVincimento della Giunta desunto dalla attenta osservazione dei fatti, ed ai conformi postulati che già più volte si fecero udire, la convenienza di esporre, in opportuni centri della provincia, un personale tecnico direttamente dipendente dalla stazione stessa, il quale si prestasse a tutti : suddetti servizii, assumesse la sorveglianza degli esistenti orti poinolo-gici, ne compulsasse la creazione di nuovi: fosse in una parola una specie di pioniere avanzato , che apra la via al progressivo incremento delle nostre forze produttive, che è quanto a dire, al miglioramento delle condizioni economiche della grande maggioranza della nostra popolazione agricola." ,Questi centri sarebbero di preferenza: Pisino, Volosca, Capodistria ed una delle isole d«; Quarnero". E qui accenna all' orto istituito a Pisino, alle pratiche già aperte a Volosca per l'acquisto di un fondo, agli orti pomologici di Ciana e di Castelnovo ; e riguardo a Capodistria, per l'importanza della sua produzione, e così pure di quella dei territori limitrofi di Isola e Pirano, e dei circostanti lunghi, sarebbe egualmente opportuno centro ad uua espcsitura. E ri- ; dfi%* «wiqan*b« ifci-tw».«o»ruqti: prendendo le fila delle trattative iniziate iu altri tempi tra la Dieta provinciale e l'Istituto Grisoni, e poscia abortite, potrebbesi altresì offrire a quest' ultim o la tenuta di un corso regolare d' istruzione sulla viticoltura. enotecnica. pomologia ed orticoltura agli allievi ricoverati nel medesimo, verso un modico contributo sulla spesa pello stipendio dell'istruttore. Su questo punto della relazione crediamo utile fissare la nostra attenzione per rannodarvi alcune idee che da molto tempo abbiamo chiuse nell' animo e che oggi ci sembra giunto il momento di manifestare. Il progetto della Giunta provinciale, accolto con plauso dalla Dieta, accenna in poche parole, a proposito dell' istituto Grisoni, ad uu intiero programma di organizzatone ed il migliore possibile ; perchè corrispondente alle ..generose intenzioni del nobile testatore, alle imperiose necessità del tempi, alle condizioni della città nostra, e della intiera provincia. Non sarà fuor di luogo a migliore conoscenza delle cose, ricordare che il conte Francesco Grisoni, morto nel 1841 senza speranza che il suo nome continuasse in uu figlio, lasciava metà del suo ricco censo ai frati benedettini di Praglia, e metà alla patria; a questa, acciocché si avesse un asilo a ricoverare fanciulli mendichi o senza parenti per apprendervi un mestiere, che fosse mezzo a sussistenza onorata. Fino dal suo primo impianto non mancarono i migliori nostri concittadini, intenti a ricavare il massimo vantaggio dal generoso lascito, a suggerire l'indirizzo che sembrava più richiesto dai tempi, dalle condizioni nostre in armonia con la volontà del testatore. E fra tutti ricorderemo l'egregio avv. Antonio Madonizza, che in uno scritto, ispirato a larghe vedute, avea tracciato il piano di organizzazione del pio istituto (Vedute intorno al Pio istituto Grisoni che dee sorgere in Capodistria — Porta orientale Anno III. 1859). Ed eccone alcuni brani di maggiore importanza : „Se per obbedire a frasi infelicemente accozzate (i brevi vaghi ed incompiuti cenni del testatore non fanno che languidamente travedere ciò eh' egli per avventura vagheggiava) si darà ricetto a miseri fanciulli per saziarne il ventre, per insegnar loro l'abecò o fare un po' di conto, e por loro in mano il martello o l'accetta o la lesina, o la forbice, o la cazzuola, non si avrà che un' invasione di artieri, i quali o dovranno esulare lontano dalla patria per comperarsi la vita, o sospirare a frusto a frusto il pane sotto il cielo natio, lottando contro una spaventosa concorrenza." „A spingere per tanto il pensiero più in là, che nel limitato presente, non si avrà certo di che racconsolarsi il paese del pio istituto, ove non lo si volga a scopi più alti e di un'utilità più prossima e più vitale." „Quauto più si cercherà di raggiungerneli, tanto più si avrà reso omaggio a' liberali e santi intendimenti del conte Grisoni, sebbene per avventura confusamente accennati, e s' avrà ben meritato della patria. .....Per determinare poi l'utilità più prossima e vitale, non resta che di seriamente avvisare alle nostre coudizioni ecouomiche ed ai mezzi per renderle migliori. È cosa di fatto, che il nostro paese è paese agricolo, e che i suoi abitatori vivono di quanto dà la terra irrugiadata da' loro sudori e tormentata dalla pertinacia dell' operosità, senz' altra scienza che la tradizionale degli avi, pur troppo smilza e cenciosa, e senz'altro impulso che il pauroso bisogno . . . Manca a mio credere l'istruzione elementare; un'educazione più solida ed ampia e severa in ciò che al popolo può essere veramente vantaggioso." „Ed ecco come alla grande necessità sovverebbe insignemente l'Istituto Grisoni." „Io vedrei con auimo lieto, che un tale istituto fosse in essenza un istituto di agricoltura, e che i mestieri non ci entrassero che accessoriamente come mezzi ausiliari all'agricoltura stessa." E qui l'egregio comprovinciale, accenna a varii istituti celebri da lui visitati : quello di Hofwyl, di Muray, di Ostwald, e di Petit-Bourg, e quest' ultimo sarebbe stato il suo tipo prediletto; „anche per corta bontà di discipline, che tutte convergono al nobilissimo fine di formare il cuore, di sviluppare le operazioni della mente, e di dare al corpo forza e snellezza." „L'agricoltura è in esso cosa principale, ed i mestieri non altro che accessorio secondo che a questi si vedono più inchinevoli gli alunni. E così potrebbe essere dell'istuto Grisoni, semprecchè non si voglia seguire ansiosamente la parola dichiarata dal fondatore, ma incontrare piuttosto la intenzione sottointesa, che indubitatamente fu quella di migliorare i destini del povero. È uua necessità voluta dalle speciali nostre circostanze, che si abbia come supremo lo studio dell' agricoltura , dappoiché la massa degli alunni non è sperabile esca altrimenti che dal volgo agricolo. Dirò quasi che lo studio dell' agricoltura è una condizioue di essere dell'Istituto; perchè il popolano presso di noi dispetta in generale, che i tìgli suoi si dieuo a' mestieri ; mentre vuole invece che fino dalla prima età s'addestrino ed induriscauo nei lavori del campo. Deviando da questa massima, e non intendendo di crear meglio che artieri, io presagisco male della istituzione "............ Queste erano le idee del sapiente concittadino, che aveva pensato con amore, col solo scopo di avvantaggiarne il paese, ad eseguire le intenzioni del testatore, quasi se questi fosse ritornato vivo dopo tanti anni a disporre ancora della sua pingue sostanza; idee accolte da tutti che avessero un po' di cervello, e che qui riportammo, perchè sono ancora quelle che devono servire di guida alla necessaria riforma del pio luogo, il quale dopo ventitré anni di esistenza non ha corrisposto per nulla, ciocché nessuno può mettere in dubbio, al suo alto scopo. E se non ha corrisposto fu solo, perchè, bisogna dirlo, le varie direzioni che si susseguirono, vollero, più che per ansiosa interpretazione della volontà del testatore per meschina ristrettezza di vedute e per noncuranza, dar ricetto a miseri fanciulli unicamente per saziarne il ventre, insegnare loro V abece, e por loro in mano il martello o la lesina ecc. Abbiamo, oltreché la prova di fatto dello sbagliato indirizzo seguito fin'oggi, che deve persuadere a mutare, un prezioso consiglio sul modo con cui mutare se non bastasse la autorità dell' illustre Madonizza. e la opinione di tanti, nella accennata recentissima deliberazione della Dieta, por cui si riconosce necessario l'insegnamento delle industrie agrarie, stimate ora le più profique, nella nostra città; e, ciò che non è sfuggito alla vigile cura della Giunta provinciale, si ritiene che il mezzo migliore perchè 1' insegnamento riesca più profittevole sia quello di insediamelo e divulgarlo, giovandosi della nostra istituzione Grisoni come altra volta si era tentato. E fu nel 1861, che operosi cittadini, zelanti del pubblico ben-, seppero approfittare di una savia proposta deliberata dalla dieta di allora, proposta che, con pretesti meschini e più meschini propositi, la stessa Dieta faceva dopo abortire. D' accordo col comune e coi rappresentanti della Dieta, la direzione del Pio Istituto, aveva allora, trascinata dalle più evidenti ragioni, accondisceso a convertire 1' istituto in una scuola agraria provinciale. Malgrado che il progetto, come abbiamo detto andasse fallito, la direzione pur ebbe campo, nella discussione che in que' giorni la si era fatta viva intorno, di arrivare con l'occhio fino a vedere il promettente orizzonte di una simile trasformazione; ma fu un barlume, e null'altro. Fu fatto il tentativo per alcun tempo di indirizzare alle pratiche agricole i giovinetti, ma senza comprendere l'importanza e la grave difficoltà del compito, per cui ben presto la stessa direzione, visti i scarsi risultati, pentita come se avesse seguita una strada falsa, ritornò alla più comoda interpretazione del testamento dietro la quale si trincerò; gli allievi ripresero li ordigni del mestiere per le officine della città, dove ancor oggi continuano a praticare. Ritornando ora al progetto della Giunta proviu-ciale, ci rallegriamo della piena accoglienza fattagli dalla dieta provinciale, e facciamo voti che non si ritardi a metterlo iu pratica. Fortuuataineute ora la direzione del Pio Istituto è quasi tutta mutata, e la compongono uomini che devono ispirare la più grande fiducia. Primo fra tutti il preside, l'Illustrissimo Monsignor Vescovo. La città, la provincia s'attendono molto dalla sua opora intelligente ed energica ; vi è tutto da fare all'Istituto Grisoni, ed è ora che si incominci a fare. Sappiamo benissimo, che da uu giorno all' altro uon si può rr.utar faccia alle cose; ma attendiamo con ansia di vedere almeno disegnato il quadro delle riforme più importanti. Era tempi, che ci stava nell'animo il vivo desiderio di occuparci di questo grave argomento ; ed ora ci parve giunti l'occasione propizia di manifestarci e ci proponiamo di seguitare col maggiore interesse ad occuparsene, certidi adempiere ad un obbligo, avvegnacchè da parte del pubblico, cbe in fin dei conti è il beneficato, si abbia diritto di vedere eseguite le disposizioni 1 del generoso testatore. Dieta provinciale Per comodo dei signori abbonati abbiamo riassunto, facendone gli spogli dai resoconti ufficiali pubblicati nell' Osservatore Triestino, le principali deliberazioni prese nell' ultima sessione della Dieta provinciale : I. Seduta 2 agosto — Apertura della sessione. — Discorso del capitano provinciale comm. Fr. Dr. Vidulich; presentazione del comm. governativo Carlo cav. de Gumer; solenne promessa dal neo-eletto deputato Don Luigi Spiucich; comemorazioue degli onor. deputati Mons. Dobrilla ; Gio. P. dei marchesi Polesini ; Alberto Marchesi. — II. seduta 21 agosto. — Presenti 18 deputati. — Comunicazioni. — Approvazione dell'elezione del sig. Luigi Spincich a deputato provinciale per il j collegio elettorale dei comuni foresi di Capodistria, Pirano e Pinguente. Nomina dei segretari e revisori per la sessione. — Deliberazione di passare al comitato politico legale il progetto governativo di legge concernente le istituzioni di consorzi agrari distrettuali e d' un Consiglio Provinciale. Presentato il progetto di legge della Giunta Prov. concernente l'imposiziona di addizionali forzose sul pagamento di debiti comunali derivanti da titoli pubblici, viene rimesso per la seconda lettura ad altra seduta. — Elezione del comitato finanziario — Elezione della Commissione scolastica. — III. seduta 24 agosto, pre-penti 21 deputati. Comunicazioni, tra queste la rinunzia al mandato dell' onor. Zamarin in termini tali che vengono vivamente condannati e respinti. Tengono accolte le seguenti proposte del comitato finanziario : a) I. Resta approvato il conto di previsione dal fondo di esonero del suolo istriano per l'anno 1883 con fior. 109.076 tanto nell' esigenza quanto nel coprimento. II. Resta approvata 1' esazione per 1' anno 1883 di un addiziouale del 12 p. ",„ su tutte le dirette comprese re addizionali straordinarie dello Stato che vengono pagate nella provincia per far fronte alla deficeuza dal fondo, b) 1. Resta approvato il couto consuntivo di esonero del suolo per l'anno 1881 coli' introito di f. 146,890.37 '/■» e coli'esito di.....; . „ 134,554.83 e quindi cou un civanzo di . . . r 12,335.54 1 , da riportarsi sul conto futuro, c) Resta approvato il resoconto sulla questione del fondo restanze urbanali di esonero dell' anno 1848 dal 1 genn. al 31 die. 1881. 1. Con un introito: a) in denaro contante di f. 629.70 b) in' obbligazioni dello Stato cou lotteria del valore nominale di r 2400 2. Con un esito : a) in denaro contante f. 182.73 A) in denaro contante: 1. a favore dei percipienti . . . . f. 331. 49 2. a titolo di soprapagamenti a favore del fondo.......... 115.48 i/2 Assieme f. 446.97 % B) in obbligazioni di Stato N. 24 con lotteria dell' anno 1860 a favore del valore nominale di f. 2400. d) È approvato il suo conto del fondo depositi e danari altrui per l'anno 1881 coli' introito complessivo di f. 278295.98 Coli' esito....., . . , „ 27396.59 e con un civanzo di . , . . f. 250898.39 da riportarsi nel fondo dell'anno 1882 e) È approvato il conto consuntivo del fondo delle confraternite localizzate in Istria ex-veneta coli'introito di f. 32538.87 1/2 e con un' esito di...... 29270.63 % e con un civanzo di.....f. 3268.24 f) Restò approvato il conto consuntivo del fondo pen- sioni degli impiegati provinciali per 1' anno 1881 con un risultato finale di f. 5679.70 e quello di previsione per 1' anno 1883 nella somma di f. 2443. Viene approvato il progetto di logge presentato dalla Giunta provinciale, concernente 1' imposizione di addizionali forzose pel pagamento dei debiti comunali derivanti da titoli non pubblici. IV. Seduta, 26 agosto. Preseuti 21 deputati. Comunicazioni — Presentazioni di progetti di legge, che vengono passati ai rispettivi comitati. Mozione dell' onor. Fr. Sbisà e soci: „ Resta incaricata l'inclita Giunta prov. di rimostrare alle competenti autorità come le introdotte limitazioni sull'uso dei boschi per essere interpretati troppo letteralmente, portano di frequente daini considerevoli ai possessori degli stessi, impedendole 1' uso utile, e portando indirettamente inciampo a rilevanti rami d'industria, che si alimentano del prodotto dei boschi. Di conseguenza la s'interessa a voler insistere perchè in appresso la legge sia applicata con maggiore discernimento, e non sia tolta ai proprietari degli stessi la facoltà di usufruirli a seconda della natura delle piante da cui sono popolati :" La discussione è rimessa ad altra seduta. — Interpellanza dell' onor. Dr. Costantini e comp. I. Consta all' imp. Governo che un i. r. gendarme si sia intromesso presso gli abitanti di Novacco di Pisino nel mentre che i medesimi volevano produrre una petizione alla Dieta prov. pella reintroduzioue iu quella scuola popolare della lingua italiana quale lingua d' insegnamento ? II. È l'imperiale Governo disposto d'impedire simili indebite intromissioni della gendarmeria, ed iu genere degli organi dipendenti, per tutelare il diritto dei cittadini dì rivolgersi nei loro bisogni liberamente alla propria Dieta provinciale? Il commissario governativo si riserva di rispondere.-- Vengono accolte le proposte del comitato finanziario I. sul prospetto di gestione e conto consunto provinciale per il 1881 ; sanatoria di sorpasso nel complessivo importo gi f. 21129. 75 % di approvazione del conto consuntivo ; II. sul prospetto di gestione e conto consuntivo del foudo scolastico provinciale per il 1881: sanatoria di sorpasso di f. 2864.71; di approvazione del conto consuntivo. III. Sulla proposta della Giunta prov. : Resta autorizzata la Giunta prov. di acquistare per conto della provincia dell' Istria dal Comune di Parenzo i due caseggiati denomiuati di S. Francesco, in base alle trattative corse tra essa ed il Comune per 1' importo di fior. 11,000 verso liquidazione del debito del Comune stesso col fondo provinciale e col foudo delle Confraterne ex venete, assumen- done il pagamento di quello dovuto al fondo Confraterne nel termine di IO anni, ed adattando per intanto i locali del secondo caseggiato e della sottopostavi cantina, secondo il bisogno e calcolo presentato. È approvata la proposta della stessa commissione finanziaria : Viene autorizzata la Giunta provinciale istriana di conchiudere colla Giunta provinciale di Gorizia il contratto di scioglimento della comproprietà spettante alle due proviucie di Gorizia-Gradisca e dell' Istria nell'Istituto dei sordo-muti di Gorizia, prendendo a norma le prenotazioni contenute nel protocollo della Giunta prov. di Gorizia 7 giugno 1882 N. 24&0 e sulla Nota della Giunta prov. dell' Istria 14 giugno 1882 N. 2814: nonché la deliberazione presa in proposito dalla Dieta provinciale di Gorizia sulla seduta 13 luglio 1882. È approvata anche la proposta della Giunta prov. riguardo al pensionamento del cursore provinciale De-vorato con fior. 250 annui in via di grazia. Vengono accolte varie proposte dei comitato scolastico relative al trattamento di maestri e maestre. (Coni). ^Discorso storico sull'isola di Veglia Pervenuto a questo punto, carissimi concittadini, 10 non voglio passare sotto silenzio uu'obbiezione che ci viene fatta dai moderni panslavisti, essere dipesa cioè la nostra isola dai re croati al tempo della loro indipendenza. A dimostrare la falsità di questa asserzione io mi limiterò a dirvi che il primo re croato si fu Dircislavo (Derzislav) il quale ottenne la dignità reale dall' imperatore greco Basilio II nel 990 — nella quale epoca, come avete inteso, noi dipendevamo dai Bizantini : 1' ultimo re poi si fu Zvonimiro, il quale morì nel 1087 o 1088, senza prole, e della Croazia s'impadronì nel 1091 suo cognato Ladislao il santo, i diritti dei re croati passando così a quelli d'Ungheria. Da ciò traggono origine le posteriori pretese di dominio di quest'ultimi anche sulla Dalmazia, perchè i re croati dopo il 1000 s'intitolavano anche re della Dalmazia. Quanto a noi, osserverò che se i re croati avessero dominato qui nel tempo della loro in-dipenza (990-1088) non avrebbero permesso che i Vegliani prestassero omaggio di fedeltà al Doge Or-seolo II nel 997, e dessero un tributo a Venezia nel 1018. Eppoi, uoi abbiamo veduto testé che an?.he nel 1018 c' era ancora presente in Veglia il Priore, magistrato spedito a reggere l'isola dai Bizantini. Ma c'è di più. Se la nostra isola avesse allora dipeso dalla Croazia, i diritti di questa sarebbero passati ai re d' Ungheria. Ora noi abbiamo veduto poco fa, che non l'Ungheria, ina la Repubblica di Venezia diede infeudo la nostra isola ai conti di Veglia—chiamati posteriormente Frangipani '), ciò che non poteva avve- Continuazione ; vedi N. 18 19 e 20 a. c. ') Avendo osservato che i conti di Veglia ne' pubblici atti non si firmavano de Frangepanibtcs, e prima del 1400 prestando fede per nn momento all' asserzione del Vinciguerra, restai perplesso su questa questione del predicato; ora però dal documento clje allego apparisce che si chiamassero così prima di quell'epoca e con molta probabilità, anche prima di venire a Veglia. Nel diploma di Bela IV (1260) col quale egli dona 11 Vinodol ai conti di Veglia Federico e Bartolomeo, pegli ajuti da questi prestatigli nel 1242, quando fuggì in seguito dai Tartari, è detto che Dio mandò a lui in soccorso : Tllustres, Ma-gnificos et eximios viros Fridericum et Bartolumeum Fragepan... V. Kukuljevii. „Jura regni Croati® " p. 71. nire, se prima i re croati, indi i re ungheresi avessero avuto dei diritti di dominio sopra di noi. Ecco come stanno le cose. Ed ora riprendiamo di nuovo il filo della nostra storia. Era re d'Ungheria Bela IV (1235-1270), allorquando nel 1214 il suo regno fu invaso dai Tartari che vi portarono la desolazione. Bela odiato dai Baroni del regno perchè tolse loro diversi privilegi, abbandonato dai Cumani che gli si erano ribellati, tentò di respingere i Tartari, ma il suo esercito venne da essi sbar-ragliato. Bela, venuto dalla Croazia al mare coi suoi fedeli superstiti, capitò anche sulla nostra isola, e quivi non soltanto fu ricevuto amichevolmente dal conte Bartolomeo, ma fu da questi aiutato con denaro e soldati onde potesse ritornare in Ungheria. Per comprendere questo modo di procedere del conte di Veglia verso nn re d'Ungheria — (Venezia non avea buon sangue coi re d'Ungheria pei loro pretesi diritti sulla Dalmazia) conviene sapere che la Republica aveva concesso il feudo della nostra isola ai Conti a coudizioni piuttosto dure. Nel caso di divergenze fra gli isolani ed i Conti, potevano i primi portare le loro lagnanze direttamente al Senato veneto, ciò che anche avvenne più volte: vi ricorderete almeno del 1198, nella quale contingenza Venezia diede ragione ai Vegliesani. Aggiungete d' altro canto che i re ungheresi, onde amicarsi le città dalmate, al cui possesso anelavano, accordavano loro larghi privilegi, imponendo ai vassalli miti aggra-vii : talvolta il conte uon avea altro obbligo che d'un piccolo contingente militare in caso di guerra, del resto erano padroni assoluti di fare alto e basso nel godimento del feudo. Se voi considerate questa circostanza, comprenderete di leggeri il motivo che spinse il conte Bartolomeo ad agire così ; l'interesse di famiglia. Nè il suo operare rimase senza un guiderdone per parte òi Bela; chè ritornato nel regno in segno di gratitudine, donò al conte Bartolomeo il feudo di Segna in Croazia, e con ciò egli divenne vassallo dell' Ungheria per Segna, rimanendo vassallo della Republica per il feudo della nostra isola. Ma 1' accorta Republica, compreso il motivo del procedere infedele del Conte, non li lasciò impuniti ; anzi ne li privò del feudo di Veglia dichiarandoli banditi da' suoi stati nel 1243. I Conti intanto divenuti feudatarj dell' l'ngheria per i possessi di terraferma, quando domandarono l'investitura di questi ai posteriori re ungheresi, nel proprio interesse, vi fecero inscrivere anche Veglia quale feudo dell' Ungheria, ciò lo dice anche il Vinciguerra; così molti storici, specie ungheresi, fanno apparire Veglia feudo dell'Ungheria, perchè non distinguono questo momento importantissimo nella nostra storia, che cioè, i Conti di Veglia fin qui erano esclusivamente feudatarj della Repubblica, e dopo questo fatto divengono auche vassalli, dell' Ungheria, ma soltanto pei feudi della Croazia. Ch'io nou mi dica vuote parole, ma vi esponga fatti incontrastabili lo vedrete tosto. Dopo banditi i Conti, Venezia spedisce a reggere la nostra isola Marco Coutarini ,,de mandato domini Ducismentre nel 1252 apparisce qnal conte, Lorenzo Tiepolo, figlio del doge allora regnante, Giacomo Tiepolo. Ma gli espulsi Conti, col solito loro agire doppio, ed a seconda del bisogno, seppero tanto fare presso Venezia, che questa nel 1260 li riammise nel godimento del feudo di Veglia, e uell' aprile del 1261 il doge Raniero Zeno concesse la metà dell'isola agli Schineìla parenti dei primi conti, e metà ai tre figli del fu conte Guidone. Ora. concittadini amatissimi, ponete mente al fatto che durante il bando (1243-1260) i Conti di Veglia avevano ricevuto dei feudi dai re d'Ungheria nel litorale croato, e che riammessi nel fejdo di Veglia per parte di Venezia, appariscono vassalli di due Signori, manifestando questa doppia dipendenza persino nel titolo; chè mentre prima i Conti si firmavano semplicemente „Conti di Veglia" dopo il 1261 aggiungevano a Veglia vdi Modrussa e Vinodol Se, come vorrebbe far credere il Kereselich nell'opera citata, i conti di Veglia avessero ricevuto i feudi di terraferma dagli antecessori di Bela IV, è naturale che essi si sarebbero firmati „Conti di Madrussa e Vinodol" anche prima, ma i ,,Monumenta" pubblicati dal prof. Ljubich stanno li a sbugiardare la sue gratuite asserzioui ! Ber darvi un'idea della fede che puossi prestare ai documenti citati dal Kereselich, vi basti notare che il Diploma di Bela IV, col quale egli concede ai Conti di Veglia i feudi di terraferma viene fatto del 1240; esso è detto espressamente che queste donazioni vengono fatte per gratitudine dei servigi prestatigli „ tempore persecutionis Tartarorum". Ora, Voi ben sapete che la fuga di Bella sulla nostra isola inseguito dai Tartari, avvenne nel 1242; e come si possa essere grati d'un fatto succeduto due anni più tardi, saprà dircelo lui—il Kereselich — chè noi di certo non lo sappiamo!? Dopo di ciò la nostra istoria non offre nulla di particolare da sottoporre alla nostra attenzione fino al 1358 : valga per riempire questa lacuna 1' esplicita dichiarazione del Ljubich, di certo non nostro amico, — il quale in una nota al cap. IX della Relazione del Vinciguerra confessa che fino a questa epoca Venezia era padrona della nostra isola. (Continua). ^Totizie 11 19 novembre avranno luogo in Roma due tombole a beneficio degl' inondati del Veneto, e questo giuoco sarà fatto per telegrafo. Cento sessantuna città italiane hanno aderito alla proposta del Comitato. La tombola verrà estratta dal palazzo senatorio in Campidoglio; saranno tirati 30 numeri sui 90, e verranuo telegrafati a Ile varie città, le quali prendono parte alla tombola, e comunicati al pubblico. Le cartelle sono di dieci numeri e costano una lira. Se ne emetteranno seicento mila. La prima tombola è di 20000 lire in oro; la seconda di 5000 lire, pure iu oro. ----- Il municipio di San Domingo (Isola d'Haiti) iniziò una pubblica soscrizione per erigere nella città un monumento a Cristoforo Colombo. La soscrizione raggiunse in pochi dì parecchie migliaja di dollari (fr. 5.43). Nel mese di settembre morì a Trieste l'istriano Antonio Parisini da Pisino, degno di ricordo per i molti e cospicui legati che lasciò alla sua terra nàtale. Alla pia casa di ricovero 4000 fior, in obbligazioni e r80/„ di un capitale nominale di fior. 75,998 in altre obbligazioni, parecchie con lotteria che fanno altri fior. 6O0O; I fior. 12,000 nominali in obbligazioni di fondazione per ! uno stipendio per istudi superiori ; il 10u/u sul capitale ; di fior. 75,998 che dà fior. 7,600 per la fondazione ! d' uuo stipendio per gli studi di legge, medicina o di ! perfezionamento nel commercio, nell'agricoltura, nelle arti e mestieri. Tutti questi importi, meno quello dei | fior. 4000 suaccennati, saranno da devolversi dopo la i morte del fratello del pio benefattore. Il quale lasciò | ancora altri legati a diversi sodalizi della sua patria, j e alla città di Trieste per iscopi di beneficenza. L'importo dei danni recati dalle inondazioni nel Trentino (15 distretti) ammonta a fiorini 15 milioni e 593000. Le somme pervenute finora ascendono a soli fiorini 250000. Pubblichiamo, ben volentieri, la seguente rettifica dell'egregio nostro comprovinciale Carlo De Franceschi, dichiarando però, che abbiamo riportato lo stesso cognome, (non il nome) quale ci fu dato di leggere in una relazione della seduta com. di Trieste, recata per esteso dal Cittadino : Pisino, 26 Ottobre 1882 Spettabile Redazione! Trovo nell' ultimo N°. della„ Provincia dell'Istria" il cenno: avere io presentato al concorso pel premio municipale fondato dal def. Dr. Domenico Rossetti un opuscolo „ Sulle relazioni tra Trieste e Venezia Locchè non essendo conforme alla verità, e potendo per avventura essere stato scambiato il mio nome con quello del Dr. Cesca, il quale pure si occupa di cose storiche patrie, prego codesta spettabile Redazione di volere nel prossimo N°. del giornale inserire una rettifica in questo senso. Con tutta stima Devotissimo Carlo De Franceschi Il imovo tempio «li Valle*) Un monumento che fa onore alla provincia, e specie a chi lo ideò, lo fece costrurre dietro suo disegno, e lo diresse, è la nuova chiesa di Valle, dedicata a Santa Elisabetta, al Beato Giuliano e a Sant'Andrea apostolo. L'architetto è un bravissimo sacerdote, il parroco di Valle, — Don Paolo De-ptris, rovignese. — Ecco quanto parla in proposito L'Istria del 21 d. : „La Basilica di Valle, tutta opera dell'eminente sacerdote Paolo Deperis, dal primo disegno fino all'ultima tegola del soffitto, è mila sua navata di mezzo 25 centimetri più lunga ddl'Eufrasiana di Parenzo; la stessa navata è sostenuta da dodici colonne magnifiche, tutte di un pizzo, di bellissimo marmo istriano. A costruire *) Valle, grossa borgata istriana tra Rovigno e Dignano. H; ufficio postale, scuole elementari, casa di ricovero, medico, un'associazione contro il furto dei buoi da lavoro, albergo ecc. ecc. questo edifizio il M. R. parroco viaggiò più volte l'Italia tutta, osservando e studiando più di 100 basiliche e fra queste più di 60 classiche. Egli ebbe molto a lottare cogl'ingegneri luogotenenziali, che volevano introdurre, non saprei ora quali modificazioni, nella costruzione degli archi, che si slanciano dai capitelli delle colonne leggeri, svelti, sansovineschi ; ma alla fine la vinse e il suo disegno trionfò in tutta la sua interezza. Il nuovo architetto in tonsura e talare ebbe a superare delle imponenti difficoltà di livello e trigonometriche, così da far proprio strabiliare, come al-Ferudizione architettonica e al finissimo gusto artistico, egli sia ancora versatissimo nelle matematiche discipline. V' ha di più ancora ; mentre un simile monumento sarebbe, senza dubbio, costato in una città capitale più di qualche centinaio di migliaja di fiorini, il M. R. Deperis. assistito dall'amore e dalla carità dell'ili, podestà di Valle sig. Tomaso Bembo e dei suoi parrocchiani, se la cavò press' a poco con un quinto di quella spesa . . . L'insigne basilica sta lì superba a perpetuare, più che noi possano gli scritti e le parole, il nome di quell'egregio sacerdote, e ad attestare, che, grazie a Dio, la sacra favilla dell' arte, la scintilla del genio, le tradizioni più longève della nostra italiana civiltà sono fra noi tutt'altro che spente, sia che queste si manifestino in un libro di storia, in una tela dipinta, o nelle linee architettoniche d'una chiesa, poco importa se da un ingegnere, o da un prete fabbricata. " Appunti bibliografici Di alcune canzoni di Pasquale Besenghi degli Ughi.v) A togliere il Besenghi dai facili amori e dai pettegolezzi triestini e friulani, venne il grido di guerra e la fama della greca virtù nelle battaglie dell'indipendenza. E allora, a mostrare che i suoi entusiasmi non erano di sole parole accorre in Grecia, approda a Sira nel novembre del 1828, va a Paros, a Salamiua, ad Epidauro : nomi che mettono la febbre anche oggi. Visita l'Argolide, la Laconia, la Beozia, corre pericolo di essere preso ed ammazzato dai Turchi; mena disperatamente le mani, e distratamele s'innamora d'una bella fanciulla greca, e scrive queste strofe: 0 pupilla dell'Eliade! felice Un dì stanza di Numi, E di belle e gagliarde alme nutrice. 0 già verde e ferace Argo ove sei? 10 per le tue rovine Cerco maravigliando, E te invano e di te cerco e dimando : Ove è il Ginnasio e il Foro ? Dove, del sasso solitario in cima, La rocca Larissea Le pelasgiche mura? Erra ed urla la volpe ivi secura, E là 've 1' alta reggia Del re dei re sorgea L'oblioso papavero rosseggia : Mentre a dirute intorno atre pareti Distende al sole il pescator le reti. 11 pensiero corre subito alla canzone giovanile — All'Italia — del Leopardi. Ma qui non movimento rettorico, non auree bende, non manti e brandi, non simulacri ed erme torri ; sono vere rovine che hai dinanzi agli occhi : tutto è intuito, reale ; la volpe erra veramente ed urla, il papavero rosseggia (e il poeta aggiunge un epiteto felicissimo), il pescatore distende al sole le sue reti. Dalla chiusa stanza, dagli scaffali, dai libri vengono al solitario di Recanati le idee riflesse : il Besenghi è lì, in mezzo a quelle rovine; la sua mente afferra l'immagine e la scolpisce netta senza passare per la trafila dei simboli e delle figure. Segue altra strofa dove si descrivono i funesti danni di guerra: le viti e gli olivi non lussureggiano più, i campi sono cruenti, e che importa? Ma alle care non più figlie e alle spose Solleverà gli osceni occhi il tiranno. Il pallido e scapigliato esso tiranno è Draraa Ali vinto in eroica battaglia dai Greci. Nella strofa seguente, ed è la terza, si riprende il movimento della prima, e perciò il poeta batte alquanto la campagna. Forse taluno potrebbe anche trovarvi qualche reminiscenza leopardiana, per esempio : Come potria mortai lingua ridire Tutto che al cuore mi ragioni? E nell' ode a Silvia del Leopardi : Lingua mortai non dice Quel che io sentiva in seno. E subito dopo il Besenghi : .........Muto Sovente e solo o in riva al mar. . . , E 1' altro, nella stessa ode : Mirava il ciel sereno . E quindi il mar. . . Potrebbero però anche essere casuali riscontri di parole ; poi l'ode a Silvia fu scritta probabilmente nel 1S28, e il Besenghi vide la bella Greca nel 1829; e non pare probabile che i versi del Recanatese passassero così presto il mare per arrivare in Eliade fra i rumori di guerra. E tutto questo dico con le debite riserve, perchè quando uno crede di aver tanto in mano da poter arrischiare una supposizione; ecco che i seguaci della scuola storica, frugando nelle carte, trovano fuori il loro documento, e te lo schiaffano in faccia ; ed hanno ragioni da vendere. Torniamo adunque al Besenghi, che apostrofa il suo angelo così : E tu allora, leggiadro angelo mio, Ne' tuoi tetti m' accogli, e 1' odorosa Bruna bevanda e la fumante canna, Perchè io nei sensi adduca ozio ed oblio, Amabilmente m' appresenti. Assiso A te da presso e sol con te..... E qui punti punti e punti sullo scartafaccio. La canzone è perduta! esclamano gli ammiratori del Besenghi, perduta come la sua storia della Grecia, ed altri scritti. Ma il Besenghi stesso, in un bizzarro articolo inserito nella Favilla, ride di queste voci di trafugamenti, di manoscritti smarriti, e di drammi perduti in un naufragio. L' autore declamò intera la canzone ad un amico di Cordovado, come si ha da lettera ; ma, incontentabile sempre, ne dettò solo un brano. Forse capì di aver preso troppo alta l'intonazione, e lo spaventò il grandia professus d' Orazio. (la-scare dalla rupe Larissea nelle braccia candidae -puellae ! si può dare di peggio ? Che cosa avrebbero detto i classici capitanati da Sior Momolo Mamolo di Portogruaro? Che cosa gli ultra-romantici, usi a vedere il mondo oltre gli azzurri fìnestroni del duomo ? Il poeta tagliò corto ; e si trattenne invece a libare Vodorosa bruna bevanda vulgo caffè, a fumare con l'angelo del buon tabacco turco di contrabbando. Dalla Grecia, il Besenghi tornò a Trieste stanco, febbricitante, più disingannato e arrabbiato che mai. L' asse paterno se n' era ito in gran parte, di fare 1' avvocato non si sentiva : eccolo quindi in giro pel Friuli in casa di parenti ed amici. Il conte Gherardo Freschi suo cugino gli aprì generosamente la sua casa a Ramuscello per tre anni ; ma il Besenghi diveniva ogni giorno più bizzoso, più strano, più cupo. In questo stato d'animo scrisse la canzone — A don Domenico Brovedani parroco eletto di Bagnarola, — canzone che a que' tempi levò nel Veneto molto rumore. Che è mai la vita? domandava il poeta? Un giorno nubilo e freddo, una notte senza stelle, una riva deserta, una selva selvaggia: Beato è chi non nasce, 0 nato appena muor entro le fasce. Introduzione solenne, verso sonante, reminiscenze classiche : troppa roba ; dove andrà a finire? Una svolta, e siamo in piena bibbia: 1 miei giorni come ombra Passarono, e coni' erba Che al mattino fiorisce E in su la sera si dissecca, io sparvi. Ramingo, oscuro, e sconsolato io vissi. Giobbe ha finito, sottentra lui, impedito dal duro fato e dai tempi d'infuturarsi. Poi viene la volta del romanticismo, dell'angelo sognato, della bella donna a cui tutto tremante protendea le aperte braccia. La visione sparisce, ed ode una voce : Non sperar di vedermi in terra mai. Due volte gli parve di stringerle la cara mano ; due volte lo tradivano due grandi occhi nerissimi. Dunque addio amore, tutto è vanità, illusione, dolore. La strofa finisce con un bel verso: „E a me muojon nell'anima i sospiri," felice imitazione del noto verso di Dante „ Che va dicendo all'anima : sospira. " (Sonetto XVII nel Canzoniere). Ma ecco dopo aver tastato qua e là terreno, il poeta trova la sua via, e scrive questa strofa stupenda : Quando da un' alta cima Contemplo il sol che fugge, E scolorata e muta Natura, che di sè forse paventa, A la sorgente tenebra abbandona; Io fissandolo esclamo: 0 lieti sogni ! o imagini beate ! 0 speranze dolcissime ! non sempre Lusingherete i cuori: Tu mi consoli, o grande astro che muori: Tra il penultimo e l'ultimo verso c' è un volo lirico ; e insieme una sintesi stupenda. Quanta poesia dopo il punto doppio ; anzi quanta poesia nel punto doppio, quante cose riassume! E che dignitosa, e di») così virile malinconia del poeta! Perchè il Besenghi predilige anche per la manifestazione del dolore la forma della canzone classica, e la tratta maestrevolmente ; la sui malinconia contiene nei debiti limiti la gravità, e tempera il lusso della frase ; ma d' altra parte il verso sostenuto e la forma eletta modi- fìcaiio la malinconia, perchè non si muti in nenia monotona. Il Besenghi possiede il sentimento della natura; le voci infinite delle cose però non hanno per lui un valore in sè ; sono come un eco del suo lamento ; non le analizza, le assimila, e ne esce un misto di canzone e di elegia ; d'idealismo romantico e di reminiscenze classiche, di vecchio e di nuovo che è suo, e lo rende rappresentante delle idee, dei sentimenti di un dato tempo, e di una data gente, incerta sempre tra la scuola vecchia e la nuova. Nella canzone senti l'elegia, che non è però nota melanconica, misteriosa ; non voce lontana di errante pastore : un'elegia insomma pomposa, una marcia funebre. I sonatori sentono il comune dolore, partecipano al pubblico lutto ; pure si guardano in viso ogni tanto, e tengono con molta gravità il passo di marcia. Largo al commissario delle pompe funebri che passa: Preme il tempo e la vita Al suo termine vola. ecc. ecc. Dopo la marcia il trio : 0 Brovedani ; un dono Tristo è la vita . . . Segue l'enumerazione dei vari offici parrocchiali ; e la canzone si chiude così : E allor quando la squilla Chiamerà alcun de' tuoi All'ultima quiete; Io ti vedrò benigno angiol di pace , * D'infra gli sparsi cumuli e le croci ; E le congiunte a Dio Palme innalzando t'udrò dir : Tu all'uomo Desti compagna la sventura : oh , fine Abbian qui le sue pene: Tu il desta a più felici ore serene. La tonalità della marcia funebre si è risolta in tono maggiore. E una soave melodia che desta nell'animo la dolcezza amara del passato, un desiderio di quiete e di perdono, la gentilezza del morire, la speranza di vita migliore. Sono pensieri semplici, affetti comuni ; pure sublimi nella loro popolarità. È poesia vera senza tanti filosofemi, senza tante dispute di obiettività e sub-biettività, d'ideale e di reale, di scetticismo e di fede, da tutti, credenti o no, in qualche solenne momento sentita nel profondo del cuore. P. T. ufi Bollettino bibliografico Anticaglie. Santo Apollinare di Gasello presso Capodistria, cernii di Giaufilippo Squillatalii. — Capodistria, tipografia di Carlo Priora, 1882. Il nostro Luciani, iu uu articolo critico sulle Note Storiche del De Franceschi, pubblicato, se ben mi ii-cordo, nella „Provincia," rivolgeva caldo appello ai giovani dell'Istria, affinchè studiassero, meditassero, commentassero ed arricchissero di postille marginali, di note, diaggiunte, ciascuno per quello che riguarda la propria terra e in relazione al proprio genio ed ai propri studi, il lavoro del benemerito segretario della Dieta provinciale. E raccomandava di rendere popolari i fatti della storia istriana, perchè soltanto allora, quando il popolo se n'è impossessato, quando gli è passato iu sangue, allora soltanto influisce beneficamente sui costume, sul carattere suo. E la gioveutù istriana ha corrisposto al patriotico appello; molti ed assai pregiati studi furono pubblicati; ed eccoue uno di freschissima data del sig. Giaufilippo Squinziaui. Ma siamo qui al desiato scoglio, che offre 1' occasione di scherzosi indovinelli, però ìli facile interpretazione. Chi è il signor Giaufilippo Squiuziani? Io dirò, tenendomi nella discrezione, che 1 * autore dedica il suo lavoro alla cara memoria del marchese Gio. Andrea Gravisi-, al quale è strettissimamente legato da vincoli di parentela. Lo scopo dell' egregio autore fu quello di illustrare uno squarcio della nostra storia cou notizie locali, anche inedite, e di mettere in mano il libretto a molti della città: egli è riuscito a meraviglia nel suo intento, e possiamo dirlo cou cognizione di causa; perchè noi che giriamo di convegno iu convegno, da una farmacia all' altra, abbiamo raccolto dalla viva voce dei lettori 1' espressione di viva soddisfazione con cui fu accolto il suo lavoro. Se questo è compenso sufficiente alle fatiche dell'egregio autore, gli sarà caro anche sapere, che tra le persone più colte venne apprezzata la sua pubblicazione, dove s'incontrano e copia di erudizione e graziosa dicitura, rallegrate di tratto in tratto da argute e briose facezie. E dopo tutto ciò, — non sembrerà vero, — ma dobbiamo fare un rimprovero all'egregio autore. Come mai, signor mio, con tanta copia di notizie, eh' ella ha raccolte e ne'suoi archivi e nei suoi studi, ella si tiene alla macchia, con tanta bravura, che soltanto pochissimi sono arrivati fino a lei? Ce molto lavoro da fare, e questo è il momento propizio : lasciamo pure da parte i libri stampati; e ricordiamoci che abbiamo in provincia due periodici, dove ogni notizia è accolta, con piacere; e ricordiamoci ancora, che c' è un altro mezzo efficacissimo, e, pur troppo, quasi sconosciuto tra noi, per istruire il popolo: quello delle pubbliche letture. La storia di Capodistria raccontata ai popolani, non sarebbe forse uu lavoro degno del signor Giaufilippo Squiuziani ? Merita poi una parola di elogio il tipografo sig. Priora per l'accuratezza elegante della stampa. PUBBLICAZIONI Stanze iteli' Orlando Furioso — scelta ed annotate aiT uso delle scuole, da G. Pkciola e V, Zamboni (istriani), eoUegate dal racconto dell'intero poema. — Bologna. Nicola Zanichelli. 1883. l'el VII centenario di S Francesco d'Assisi. Sonetti. Capodistria, tip. ('. Priora, 1882. Epigrafe pel ristnuro della chiesa parocchiale di Pirano. Capodistria tip. C. Priora. Nella' stessa ricorrenza verniero pubblicati sonetti, odi ed un opuscolo contenente delle notizie Sulle chiese dell' estuario. QVVi'i If , Nicolò de Madonizza edit. » redat. responsabile '' :r* ti! >