A.vno V. Capodistria, Febbraio-Marzo 1907. N. 2-3 Vaglia, manoecritti e cose attinenti tarilo aH'amministrazione quanto alla redazione del giornale vanno indirizzati al Dottor NAZARIO DE MORI Capodistria. giosue cjmn ucci La quereia maestosa fu colpita dal fulmine della luorte; (liosiic Cnrdacci, di cui ci nutrimmo per tanti anni, giace sotto il fato supremo. Dopo il Leopardi, poeta stranamente ateo e disperata-mente dolorante: dopo il Berehet, che, nuovo Tirtco, intiammo c sprono ii'li Italiani a impugnare le armi per la liberta della patria; dopo il Manzoni, che con l'autorita del noine e con 1' esenipiu Ireno entro limiti di classica determinatezza il vaporoso e divagante romanticismo, la letteratura italiana vancggiava in un gran vuoto, specialmente tra il '00 e il '70, quando appunto primeggiavano il virtuoso Prati, architetto di poeiui niacchinosi, e lo snervato e smorfioso Aleardi, 1' uno e 1' altro poeti al tranionto. Ormai in dec-adenza erano tanto i romantici scrittori di inni sacri, seguaci del Manzoni, quanto i romantici sognatori d'angeli e di nuvole; il pubblico nauseato i' stanco tli tante delicatezze e di tanto isterismo. Men tre tale nullaggine faccendiera gravava su 11' Italia e siffatta spolpata tiollaggine guastava I' a rte e il pensiero, a poco a poco s' crge e rameggia, come quercia druidica, e k'impone ali'aniniirazione e ali' estiinazione di tutti l" opera poderosa e mauiitica di (liosue Carrftrcci, il piu cospicuo rap-presentante della moderna letteratura; che, fatto sentirc «un po' del crudo vero e del villano reale» agli Italiani, giulebbati tla tanto dolciuine dclla «seellerata, astemia romantica famiglia*, iniposto silen/jo ai veristi e agli idealisti contendenti, suli'alato satiro destriero dellc sne canzoni cor.se sovra le teste e i peti i dei suoi avversari, laneio, sempre indomito e fiei'o, dardi in-focati, aenti, avvelenati contro i nemici della liherla laica; meno, instancabile e violento, la sferza su ogni bnittura e vilta, d*ovunque si mostrava; schiaffeggio audace tutto qtianto il niondo falso adora, segno irato d'infamia eterna il greggie indegno di Fucci e di Bonturi; maledisse, inorridito e sdegnoso, ali'011 ta e alla vilta della patria; c.anto, superbo e sereno, le glorie e le memorie dei nostri paclri e di nostra gente, il passato e l'av-venire; benedisse riverente ai caduti per la patria, per l'idea fulgente di giustizia e di liberta; sincero bene ai'guro agli amici; puro ebbe gliirlande di flori per 1'ingegno, per la virtii per la vita sacrificata alla liberta, e al bene; lieto e dolce diede serti alla gloria e diademi alla bellezza. La rivoluzione, la liberta, la patria, le nuove e grandi idec umanitarie, il pensiero umano, che ribelle a ogni freno spazia libero per i campi in-finiti della scienza, la Natura ebbero nel Oarducci il loro cantore. «Avanti, avanti, o sauro destrier de la canzonc «L' aspra tu,a chioma porghni, ch' io salti anche in arcionc, Indomito destrier. "A noi la polve e 1' ansia del oorso, e i rotti ven ti, «E il lampo delle selici percosse, e de i torrenti L' urlo soling'o e fier. Quanti idoli infranti, quante schegge, quanti frantumi in quella eorsa ruinosa e pur tanto feconcla! Gia quando era ancora 1111 giovane oscuro, sognava di uscirc italico vate alla nuova cta «le cui strofe al ciel vibrano coine rug-ghianti spade «e il canto, ala d* incendio, divora i bosehi e va. vagheggiava nei suoi primi sogni di gloria di sbrigliare quelle strofe «conie fuga d' indomite eavalle «con la spada e la troniba : e ben si avvero quel sogno oltre ogni sna speranza, al di la di ogni suo desiderio, giacche, nella sua austera modestia, pur conscio di se e deli'opera sua, non ambiva certo di salirrf ai cieli dove vigilanti ctcriiameiite vivonu i nitmi tutelari della patria e dove oinai tatta la nazioue con plauso unaiiiiue e conami' consenso ama di mirarlo trastigurato nei tulgori della gloria. Poiche il Cardncci non ha solo dato dignit/i agli studi, instaurato uu nuovo metodo neIIa eritica letteraria e nell' in-segnamenlo universitario, non ha solo infuso vigoria e robu-stezza alla metrica, aiTicchito e rinsanguato la nostra lingua. irrobustita la prosa, non ha solo rivolto 1' opera sua a esaltare I' Italia dolorante e luttante e 1' alta stirpe di Roma. ma plasm6 ])er 1' Italia ntiova il eittadinu nuovo, ne fetnpro il carattere, ne formo la coscienza, ne educo I' animo, seppe trasfondere quanto di piu generoso e piu ardente ferveva nei palpiti del suo oitore, di piu sano e di piu vero gli brillava nella luce della sua mente, di piu integro e di piu diritto gli prorompeva dali'entusiasino della sua anima si in quelli che ebbero 1'in-vidiata e suhlime fortuna di abbeverarsi alla fonte viva della sua parola come in quegli al tri molti, moltissimi che attinsero alle pagine eloquenti del suo pensiero. I len si capisce come nel di della morte di questo grande Italiano insieine col pianto di dolore doveva scoppiare dal cuore di tutta la uazione. di cui tu ranima iufiuita, 1'inno glorifica-tore al Maestro per eccellenza, ali' Educatore, aH'Artelice, plasma toro di anime virili e di torti coscienze, al vate fremente e vibrante di acceso patriottismo. la cui voce possente dalla catteclra, nei giornali, nei discorsi mai si e stancata di gridare: «1' Italia innanzi tutto e soprattutto». Italia e Roma le due note dominanti in tutta i'armoniosa melodia della sua opera: le due st(>llo fulgide che hrillarono setnpre in cima al pensiero del poeta, che lo guidarono per 1'aspro cammino della lotta politica, della battaglia letteraria, che gli diedero torza a lavo-rare, a pensare. a sentire, a volere, ad animonire; Italia e Roma a cui diede tutta la vita del suo pensiero, tutto il suo affetto d' italiano. il suo ardore di patriotta, le sne ansie di cittadino, a cui intono il suo canto piu superbo uelle Odi barbare dove splende un sole sfo Igo ran te di nuova, splendida e veramente classica poesia niti rita di pensiero gagliardo, intenso e asso-lutamente moderno. Egli e ben degno che alla sua profetica testa noi rivol-giamo quei versi immortali che 1' anima sua cantava a Victor H ugo: «Chi novera a te gli auni? che cosa e a te la vita V Tu di Rovui e d'Iialiu sei Paninia infinita, Che al tuo gran cuor s' accolse por i sccoli a vol. Passan le glorie conie tiamme (li cimiteri Coine seenari vecchi crollan regni ed i in peri: Sereno e fic.ro arcangelo inove il tuo verso e va.» Ed ora il sacerdote delFaugusto vero, il poeta delPItalia rinnovellata e muto nei secoli. Piangiamo la sciagura della nazione. Capodistria li 19 febbraio 1901. C. Osti. GRAZIADIO ASCOLI «Mi ci sou messo con 1' abnegazione di coloro che, avendo la sicura intelli-genza deH'utilita complessiva di un ar-duo lavoro a cui si accingono, sono rassegnati, pur di coinpirlo, a ritrovarsi piu volte, o a farsi cogliere, in fallo>. G. I. Ascoli. Q,uando, nell'agosto scorso, a Gleno presso Bolzano, liel-1' estrema terra cisalpina di vetusta lati ni ta, Ettore Tolomei piantava il propugnacolo del suo Archirio per V Allo Adige, fdii gli avrebbe detto, nel suo legittinio orgoglio di auspicare 1 impresa con la parola di Graziadio Ascoli, che tpiella parola sarebbe stata 1' ultinia del Maestro ! Insieme con Ascoli, die-dero mano a quella impresa Alessandro D'Ancona, Pasquale Villari e tutta un'eletta di forti che onorano la nostra scienza. Cosi, mi ricordo, sorgeva nel 1881 a Roma VArchicio s/orico per Trieste, l'Istri a e i! Treutiuo, diretto da Salomone Mor-purgo e da Albino Zenatti. E, come allora non venne meno \. della Koda/ione. II fascicolo delle Patjine. lutrianc del gennaio era gia impaginato, qnando la niattina del 22 ricevemnio dal prof. Pasdera la notizia telegrafica della inorte del Senatore Ascoli. Pero non fu possi-bile darne annunzio ai nostri lettori. ln saiizione di compiacimento che piii s'attendeva — quella, dico, di (4iosue Carducei, solo interprete verace deli' universa psi che italica attraverso i tempi e attraverso i luoghi, lino alle »Itime obliate spiagge dello Stalo nazionale —; che anche ora non mancasse quel nome, penso lo stesso Zenatti. Ed e stato pensiero accorto, e, provvido per 1'opera, gen ti le pel Poeta; il quale, chiuso nell' «ormai abituale e per noi sacro silenzio», non ne avrebbe potuto salutare il nascimento che con un «grazie e vale*.*) In quel tempo Ascoli era gia malato mortalmente. Ma, come dicono, la sua anima, sempre forte e grande, meditava piii che mai la patria lontana '). E sorrise al destarsi della nuova provincia alpina, e tutto si compiacque nel bel nome, nella consciente storica affermazione - non altrimenti che, quando 1' idea sua felice che ebbe raffermato lo storico nome di «Giuiia», dal suo Friuli (Forum Iulium), a 1' intiera regione veneta orientale spalleggiata da VAlpis Iulia, ottenne il plauso che tutti sanno. E scrisse al Tolomei: «Io molto mi rallegro deli' impresa a cui Eli a si mettc e molto ne spero. Ottuagenario, come sono, o giu di li, non mi sara probabilmente dato di collaborare al suo Archirio, tutte le mie povere forze essendo impegnate nel proposito di portare a compimento alcune vecchie mie cose di genere diverso. Ma forse mi puo esser dato di sognare un vanfco, quello cioe che dillicilmente il suo Archirio trove-rebbe un lettore piu atfezionato di quello che io sarei. Se a Lei tonia onorato, mio signore, di menzionarmi tra gli anticipati animiratori deli'opera sua, La prego di credere che anch'io me ne terro vivamente onorato. E čreda insieme che faro il possibile per offrirle qualcosa di mio, il men tardi che mi sani. dato*. Ma, perche il -men tardi» non tornasse tardo, ricompose senz' indugio, di su quelle sue Variefa dialettali tridcntine, >'. (1. Redazioue. — Questo 1' autore scrivova, quaado non ancora a la storica Časa della Cerehia antica la Dim nevera discese, o da lungi il rombo della volante n' taliva, ch' or ne fa tatti tristi. ' Raffaello Barbiera, nel suo elog-io fi-anco e cordiale (ved. Illustraz. ital. 34, 4, pag'. 81 seg.), assicura che nelle «ultime settimane leggeva attento i giornali politici, specialinente quelli di Trieste e della" sua amata Gorizia». investirate e illustrate in gioventu l), una nuova «pagina», / dialetti deli' Alto Adige e deli' Altu Piare.; la prima deli'au-gurato volume, che li a capo, nella quadra sna candidezza, pare dire: —Eccomi, Zapis red tri ms, la pietra angolare sulla quale poserete il vostro edificio —. Da qui aveva incominciato fanciullo con questa fini quasi ottuagenario, gia malato mortalmente 1' esile corpo, ma 1' anima forte e grande come sempre. «1 morti vanno vi a presto; e anche i v i vi -. Ma la perie-gesi di Grraziadio Ascoli attraverso le parlate delTItalia, dal Friuli alla Oorsica:t), da 1' Istria veneta a 1' Alto Adige, do-vunque iscavando di sotto agli strati deli'invasa harbarie i ruderi nativi del Lazio, dovunque piantando i segni della in-columita deli'idioma di Dante nei secoli: questo lavoro citiralo sessant'anni. svoltosi nella quiete solitaria deli'inclagine im-parziale del vero. lungi dalle oligarchie di patroni e di elienti della sapienza, da cotesto 1'rastuono di caeeia alla gloria che ci delude ogni giorno, e ci opprime; questo monumento che egli inalzo a se, alla Scienza e alla Nazione: questo rimarra perenne nei suoi Saggi Ladini. nella sna Ilalia d in le t tale. * Tutto il mondo oggi commemora Graziadio Ascoli. Acca-demiche laudazioni di letterati solenni e umili articoli di gior-nali messi insieme alla meglio sulle tracce del De (inhcrnatis e del Laroitsse. tutt.i ricordano con pari riverenza il principe dei glottologi, I'inizialore del nuovo indoeuropeismo, scopritore di icliomi romanzi. illustratore di codici irlandesi, oppugnatore l) Vedasi il c. I, § 3 dei Saggt Ladini! Archivio glottolog. ilal. vol. 1" pagg. 316-383) e si cf. Itn lin dialettale (Archir. glotl.it. vol. 8" pag. 102. La «pagina» riproduce quanto e detto dei dialetti della valle della Gardena e della Gadera, nelle quali e il piti schietto ladino che la sezione centrale ancora serbi». Cf. Italia dial. 1. «•. 3 A diciassette anni, come si vede dalla data della sna priina pub-blicazione : Sit /' idioma friulano e sulla sna afpnitd con ta lingua ralacca. Udine 1846. 3) Sul dialetto corso torno recentemeute con uno scritto : Intorno ai continuatori corsi del latino ipsu-; Perugia 1905 (estratto dagli Studi ro-manzi di E. Monaci, 11.0 3). dol semitismo nell' ct.ru.sco, insuperato, indiscusso '). Perche Ascoli non appartiene piu ai dotti che ai non dotti, ma e uno di quelli antesignani della loro geienza clio, avendo dato l'im-pulso al giusto movimento della medesima, ne divengono come il simbolo, e sono 1'eleraento necessario alla sua esistenza e alla continuita della sua, elaborazione. Di maniera che anche coloro che non vi sono iniziati e c.lie non ne possono concepire 1'importanza, sanno che un' importanza c/e, e che de ve essere straordinaria, se non trova oppositori ''). 1 tedeschi piu clie tutti, i quali, con la spassionatezza verso gli stranieri che essi tisano con i grandi soltanto, avevan dato aH'Ascoli, fin dal '70, 1111 pošto, di antesignano appunto, nella campagna delle loro conquiste linguistiche, e che da quasi inezzo secolo sono abituati a. consultarlo, a legger citat,o il suo nome nei loro libri, nelle loro riviste, dappertutto3); parlano oggi senza disagio, anche al grande pubblico, deli' importanza deli'apparizione di questo italiano nel loro Ring scientifico. La nuova autorita di lui nella teoria comparata dei suoni e cosa nota; e deli'ausilio che ha recato alla fisiologia fone-tica 11'e testimonia I'applicazione pratica, che divenne, per dir cosi, il centro diraggiante su tutta la loro Bibliotecci delte lingue indogermaiiie/ie. Oltre di cio, cosa 11011 dire di quella guerra di principii pel veccliio e pel nuovo metodo, che si chiaina la guerra dei neogramniatici? Allorche Ascoli, nel mezzo fra le potenze belligeranti, sereno come nunzio di pac.e, levava la voce profetica: «S' tratta, in realta, di valorosi compagni di studio, che si vengono industriaudo, con particolare insi-stenza, intorno ali' azione di alcuni principi, la virtii dei quali, sempre ammessa, ora diventa, per loro merito, sempre piu lar- 1' Veramente iutrono 1111 tempo anche lui «la vil eanizza gazzettante» faniosa •— c' era da proteggere un Mare'Antonio Canini, che s' era preso del 1'asi 11 o —; e ululo «al fonologo ! , come oggi si griderebbe «al glot-t-ogouo !»• Ma ardua era la šalita e, «in picciol corso>, resto senza ti a to ; e. tacijue, e, tacque poi sempre; miracolo unico nei fasti della critica italiana. 3 Al feiionie.no di ijuesta remissivita critica peusa probabilmente G. E. 1'nrodi nell' esordio della sua commemorazione ved. IL Marzocco, 12, -1). Comuuque, e grato rieordare ehe furono Parodi e Guido Mazzoni, 1'Ateneo tiorentino insomma, primi a commemorare 1' estinto, la mattinata stessa deli' annunzio tristo. 3) C. Bursian, Gescli. der claas. Philol. in Deutschland, Miinchen 1883, 2, pag. 995 seg. gamente manifesta® '). Nullaclimeno bisogno giocar di terme/za, e, iusieme, di generosita, quand' ebbe di fronte un Brugmann, e quell' Osthoff, che lo accusava delle note accuse («ueUe quali en trava non solo la linguistica, rna anche la moraiita lettera-ria» j, e veniva da lui nobilmente giusiiticato. E, dali' altra parte Georg Curtius, che, stretto tra I' uscio e il muro dal Delbriick, faceva tuttavia arma e insegua la Lellera gto/fido gica deli' 81, e non si peritava di proclamar di lassu che al-1'italiano Ascoli «jedenf<o'o't'rsi. non sen za utile ancor og-g-i, di Graziadio Ascoli le Parole delti- d. uavzi alla Commissione d' inchiesta sitII' istruzione secon-darki, nella Perscreranza di q*ell' anno e nella liirista di Filologia e .tlruz. classica vol. 2', IS71, pag\ 300 seg'g\ * / che Theodor Mommsen, sur un giornale italiano, scriveva parole come questo: «Cortesia troviamo dappertutto in Italia; ma alleati pochi... che capiscario e sentano quant,'e gr»ve IVa le piaghe d'Italia quel quotidiano deperiinento degli studi elassici e archoologici che pur per voi sono anehe p«trii, e quanto questo deperiinento iinpoverisco 1' intelligenza della vostra nazione, creata larga e grande, come ehi toglies.se. al-1'uomo maturo i ricordi della časa paterna e della bella sua gioventu. Ed io che conosco 1'Italia da trenta anni e che 1' amo come era e come e con tutti i suoi difetti, non posso nascondermi che, se sotto quasi tutti gli altri rapporti vi vedo un bel progresso, gli studi classici fanno un'eceezione assai tristo e che nell' Italia del 1873, nell' Italia 1'elieement.e risorta, noi altri poveri pedanti pur cerehianio invano, non gia 1'Italia del 1843, ma bensl 1'Italia deli'Avellino, del Furlanetto, del Cavedoni, del Borghesi*. E, dire, era il tempo che gli studi classici in Italia contavano. con 1'Ascoli, un Flechia, un Ta-magni, un d' Ovidio, Domenico Comparetti, Ariodante Fabretti, Cesare Paoli, un Bonghi, Vitelli, Piceoloniini Pezzi. I nama, Rodolfo Lanc-iani, G. B. de Rossi! Abbiamo la storia della nostra letteratura, della nostra lingua letteraria. Faro io qui il torto ad alcuno dei nostri študenti di liceo di dirgli, quale pošto vi occupa Graziadio Ascoli?1), quale sia di lui 1' opera scientitic.a e civile che v al se tinalmente a'stringere tutti gli italiani sotto 1'insegna, del! idioma comune di Dante, e libero per sempre 1' Italia dalla tabe cronica della quest,ione della lingua, che ne insidiava inconscia alla unita na-zionale? Ne io gli spiegliero, con abbozzata e inetficace parola,, le cose che il Maest.ro «l'ec,e evidenti per tutti-«: come, cioe, «questa lingua di Dante sia 1' italiano che aneor v i ve e si s.crive», e in quale modo la patj'ia del linguaggio letterario deli'Italia non solo si circoscrive in quella. piu ristretta della Tosc-ana, ma e essa appunto la citta di Firenze® *), In cui rivive la semen psi santa I>i quei Roman, ') A ijue.ito provvide da parocehio I'io Kajna [v. in Albbri della vita ital. Milano 1" ediz. 181)1 pag. 311 svgg., e nel Manuale di, letterat. Hal. di A. d'Ancona e O. Uaeei, 2a ediz., Firenze 11)03, 1, 15 segg.], e (rinilo Mazzoni, /.' O! točen to. .Milano, Vallardi, pag. 337 e s egg. -) Ascoli, Italia dialettale pag. 124-5; Proenrio, pag'. XVI seg. che. come dice il povero Fazio degli Uberti, Per farla imperadrice Gonit- sna niadre fu dol seeol tutto. insienie eol caraltere e eon le forme politiclie, le himno saputo perpetuare la parola romana eon fedelta prodigiosa. Konte, a mio credere, di limpide deduzioni anche per la que-stione del natale della eitta stessa. uegletto totalmente da cjuei poehi che vi lian pošto studio. Ben pote Alessandro Manzoni esclamare: «L' Ascoli ci pno insegnar a tutti. conie le lingue si formano, ma vorrei che considerasse. che cosa una lingua e». 11 D'Ovidio gli ha risposto che il cercare quello che una cosa e equivale a indagare prin-cipalmente. come s'e formata1'). A ogni modo la teoria man-zoniana cadde e si scompagino, e trionfo in vece la critica storica di Ascoli, fatta con 1' esattezza e con le cifre, come si fa la confabilita. Cosi egli solo. di sopra ai secolari vaniloqui, di sopra a quella che allora si gabellava tilologia, ed era gioco e scarru-colio dialettico, ha saputo levare la parola d' uoino pensoso e dolorosamente sollecito clie 1' Italia continuasse a spropositare a quel modo '). Questo Ascoli fece nel Proanio del suo Archirio tjlutfo-lof/ico ilnliana, degna e appropriata fronte di tanto colosso, che, in quaranta pagine d' una prosa demostenica fitta. dove niente e ozioso. tutto saturo di pensiero. tutto. lucido e preciso, 1 Ved. (i. Mazzoni. u. c. 338. 'l K. dove questo 11011 era cd entrava il buon senso e il sano desi-derio ili togliere, come diccva il Vieusseux, «quel nialaugurato lomite di di letterarie fazioui. teudente a dividere sempre piu tra loro le italiche contra.de se para te gia per altre circostanze . oran sogui inal termi, vagel-lauti nel vuoto, come ci prova assai liene Paolo Prunas, voleudo provare il eoutrario. Ved. P. Prunas, L' Antolagia di d. /'. \'mmwx, sioria di ttihi rieiatu ittdiaiiu. Roma 190(5 [vol. 4. 11 della Hiblioteca del riaorgim. i.tal. diretta da T. Casini e V. Fiorini]. pag. 189 e segg. Altrime.nti intende la cosa i!. Croce, i[iiando ghulica un ultimo IVnomeno del «problema» il libro di E. De Aniicis, c (lice che «il secolare e.rrore fu un bene, perche contribui alla detinitiva liberazione deli' errore*. Quale colpa poi abbia decadeiite Toscana-. se La favella toscana.... e si sciocca Nel lnanzonismo degli steiiterelli, e inutile domandare. . Ved. ha Critica, 1907, 1, 75 segg.'). basta a maravigliarci con la sapienza e con 1' arte, e ci ta pensare alla prosa delle seritture j>iu torti di Galileo. Non e qui il luogo, ne io sono in caso, di perseguire l'at-tivit& senza stanchezza di Graziadio Ascoli irradiante nei suoi diversi dominii scientifici, o anco soltanto di additarli'). Ma e fuor di dubbio che chi un gioruo fara una sintesi degna del-1' opera di lui, do vri uscire piu d' una volta dal confine, per quanto vasto, della pura filologia e della ricerca glottologica. Una cosa io voglio ancora accennare, della quale vedo non te-nersi conto, quanto naturalinente e piu notevole; corne, cioe, a acbrrere le pagine infinite del suo. complesso sapere, in ogni parte, da quelle pagine, di sotto al rigore dell'esplorazione lin-guistica si elevi corae un alito caldo di mire storic.he etniche psicologiche, che chetamente, ma senza posa, perseguitano or l'uno or l'altro dei grandi problemi della genesi e dello sviluppo dei popoli e della unificazione delle stirpi italiche. L'indagine della storia dei popoli, che lo condusse a scoprire per primo le cause delle vicende del linguaggio, viene approfondita e acuita dagli stessi risultamenti della sua scoperta Ascoli non intraprese tnai, ch' io sappia, alcuna escursione diretta nel campo della storiogratia, corae. la parola comune-mente s'intende; salvo a giudicare lavoro di storico e di st.a-tistico quel mirabile saggio monografico su gli Stali nuzionali che stampo circa un decennio fa nei tascicoli della Nuora Antologia 2). Pure, nel concetto determinato, vivo e ampio che ha della storia, rivela tanta novitii. di intenti e penetrazione di cose, che sembra presentire quella che dovra essere un giorno la scienza storica. Si pensi soltanto a quel suo Dizionario storico eliraologico dei no m i /orali de/1' 1 talin che iuizio nel-\'Archirio; e si ponga attenzione capace di rilevare, non solo la vast.ita del disegno e la mole deli' impresa che gli stranieri ci avrebbero invidiata, ma soprattutto 1' idea inspiratrice e alimentatrice 3). ') Conto t o vri are con ag-io e, prepa razi one su I' argomento a cui accenno doj)o : Ascoli e la critiea storica. 2) Ved. Nuovm Antol. 1895, 30, 13: Gli irredmiti, pag. 34-75. 3) Tutti sanno che (juesto Dizionario e 1'unica impresa deli'Ascoli che e rimasta per via, per che appunto 1' unica tra le sne, al]a ijuale non 01 tre di cio, ehi potrebbe', con corapetenza deli' assunto, studiare negli soritti dell'Ascoli le relazioni intellettuali di lui con Carlo Cattaneo, e non entrare in sospetto, che, per questo glottologo, 1' esame della parola e della voce non fosse 1111 mezzo, per avventura tutto suo, tutto intuito nel genio del grande lombardo, che, come dice, «sin dai suoi esercizi gio-vanili lo a veva invasato per sempre«, un tramite, quasi direi, occulto per arrivare a conoscere 1' anima della vita? In quella lettera sul Cattaneo che seriveva il settembre del '98 a Francesco Lorenzo Puliš da Monte Generoso, e che e tutta un grido d'entusiasmo evoc-ante il pensiero deli'illustre uomo che cosi al suo 1' aveva avvinto, dice a un punto: «Ma ehi vorrebbe oggi sentenziare in qual disciplina rifulga piii splendida o meritoria la sua mente ricomponitrice e inventiva? A me di certo sarebbe men lecito che a ogni altro studioso" 1' avventurarmi a una decisione cli tal maniera. Questo pero posso dire con la eoscienza di dir cosa meditata e non punto irriverente verso chicchessia: che il concetto largo e moderno della storia non ha per me in Italia alcun campione, che si possa misurare, piii o men da vicino, con Carlo Cattaneo. Pochi son forse che pensino a Michele Amari, con le ginocehiu della mente inehine, cosi di continuo come io fo; ma, per quant' e della contemplazione piii o meno generale della storia, mi pare pur sempre di veder correre non poca differenza tra 1' uno e P altro di questi antesignani, grandi entrambi nell' o-nesta deli'intelletto, che la fortuna ha poi voluto tutt'e due tra i consiglieri di Giuseppe Garibaldi« '). I ligi di Ernst Bernheim, che prendono alla lettera le sue teoriche e si affaticano di inquadrare i fatti nel sistema, e gli avversari del metodo storico germanico; gli areobati nelle presunte sintesi, disprezzatori d' ogni basso avvallamento ana-litico, che di lassii trinciano al grosso pubblico i rutilanti vohuni delle loro conquiste; gli umili «coolies intellettuali che potevano bastare i soli niezzi d' un uoino. Ma, se e vano ripetere queriinonie contro la ineute piceola dei grandi chianiati al Governo per proteggere e sostenere le iniziative atte a elevare la dignita degli studi e del pensiero; e utile rieordare ai volonterosi, ehe lo speciale lavoro, g'ia da alcuni av-viato per mezzo delle riviste locali, non deve perdere di mira 1' idea del primo autore. ') Ved. Aseoli, C. Cattaneo negli studi storici, nella Nitova Antologia, 1900, 35, 684, pag. 639. arrancano col dorso curvo sotto i! peso del trn pere, raccoglitori pazienti del materiale st,orico»; i soli, irroratori la l>sychi 1 Li dotti del suo tempo, il Carli conobbe certamente il Goldoni, durante il .suo soggiorno a Venezia, prima ancora di occupare la eat tedra di nautiea e d' astronomia presso lo Studio di Padova, da lui rinunziata sullo scorcio del 1749, quando, dopo due soli anni di affettuosa con vi voh za, gli mori la prima moglic Paolina Rubbi. Ridottosi a Venezia per cercare sollievo ali' indicibile angoscia, il Carli intrapre.se nel 1751 con Vitaliano Donati il suo viaggio di studio c tli ricerche nell' Istria, spiiigendosi sino a Pola. Nel 1752 lo troviamo di ritorno a Venezia, dove rag-girato dalla leggiadria e piu dalle arti maliarde di Aima .Marin Lanfranchi vedova Sanmartini di Pisa, passo secolei, per sua disgrazia, a seconde nozze. Piu tardi nel 1753 viaggio a Torino e di la a Milano, ove fisso quindi sua stabile d i mora per prov-vedere ali' educazione del figlio di primo let.to, A gosti no, ml nobile collegio dei P. P. Barnabiti e per compiacere insieme al capriccio della moglie. In quell' epoca appunto 1' astro di Carlo Goldoni ascendeva a rdi to e sicnro sul firmamento del-l'arte; e tanto piu ad offuscarlo accanivano alloia le ire rivali dell'ab. Chiari e di Carlo Gozzi, mentre a' danni del suo poeta congiurava a sua volta il capoeomico Medebac, quando a ven-dicarsi della di lui separazione indusse il libraio Antonio Bet-tinelli a rifiutare per la stampa delle commedie gli originali del Goldoni e a proseguire 1' edizione per conto proprio, cosi da contendergli e carpirgli persino i magri frutti deli'opera sua. A questo breve giro d' anni risalgono le quattro lettere del Goldoni, consegnate nella corrispondenza scientifica e let-teraria del Carli, e ritlettono amaramente i cruci e le lotte del grande veneziano. Da Firenze, dopo combinata facilmeiite con lo stampatore Paperini, «accreditatissimo e onoratissimo*, 1'edizione del suo teatro, il Goldoni scriveva al nostro Carli il 28 aprile 1752 a Venezia: . . . «11 Pasquali. degnissimo sa mol to bene, e presso che tutti sanno, gl' imbarazzi ne' quali mi son trovato in quest' anno, e le molestie de' miei nemici mi harino fatto girare a segno di ommettere le piu necessarie mie conve-nienze. Sporo dunque oh' Ella vorra compatirmi, e leggondo 1'occluso mio manifesto a vera compassione a un povero autore, qualunque siasi, veggendolo strapazzato a un tal segno. Io non ho avut.o paura certamente del Medebaeh, ma! non saprei... Sa il Pasquali il giro delle cose; e molti sanno, ch'io non poteva, e non doveva parlar di piu. I Padroni, e gl' amici si pregano quando il bisogno lo esigge. — Ricorro a Lei non per-tanto perche animando gli amici suoi in mio lavore mi faccia poscia degli associati. La inia edizione mi costera un tesoro ; non basteranno due mila scudi. Tuttavolta souo in necessita di offerir buon mercato, perche il confronto del prezzo non pre-valga al confronto deli' Opera.« Estenuato da invincibile malinconia, con turbamenti lisici e morali, il Goldoni e colto per giunta a Modena da una ma-lattia di petto, donde rimessosi, per ristorare la sua salute si recr a Milano e cola ritrova il Carli e la moglie, che egli avea conosciuta negli anni di sua dimora a Pisa. Hi oneste e liete furono le accoglienze prodigategli dal Carli, che poi tanto teneramenfe ne parla*): «Non mi scordero mai lin ch'io viva con quanta corlesia, e gentilezza mi ha ella trattato in Milano, e quanfo nella pericolosa malattia di spirito, che cola mi af-fliggeva, i suoi consigli, e i briosi concetti suoi mi giovavano.» Partito di la per la sua Venezia, rende conto al Carli in data 14 settembre 1754 della commissione avuta scrivendo: *Colle mie proprie mani jeri ho consegnato in Časa Carli a un ve-nerando dcunestico, che scriveva, i due involti da V. H. lll.ma affidatimi colla lettera, che li accompagnava per il S.r Abbate Tamagno, il quale detto mi tu, attendersi questa mane di villa. Adempito alla prima mia obbligazione, vengo ad adempiere la seconda, inchinandomi a Lei e alla Sig.ra Contessa mia Padrona, ringraziando 1' uno, e 1' altra nuovamente di cuore per le finezze usatemi, e daudo loro umilmente avviso essere io alla Patria, con miglior salute di quella avevo per avanti, ma non ancora perfetta. La loro protezione mi sara sempre di gloria* . . . Nel frattempo il Goldoni attendeva alla stampa del suo Nuovo Teatro presso il libraio Pitteri di Venezia, e memore del conforto e deli' appoggio trovati sempre nel Carli cosi gli scriveva a Milano il 15 maržo 1755: «La folla un po' troppo pesante de' miei affari non mi permette di frequentare gli atti del mio *') Dediča al Carli della sua commedia : II Poeta Fanatico. rispetto co'miei Padroni. Li serbo pero vivamente nella memoria, e nel cuore dove V. S. 111.ma occupa il primo luogo; questo e niente per Lei ma e molto per me che intendo di essere in tal modo onorato dali'a,mor suo, e dalla mia gratitudine. Spero non tardera molto a giungere costi il Tomo ottavo, onorato dal di lei pregiatissimo nome. So certo che i! Pasquali per Lei non ha serbato corpo veruno delle mie coinmedie, onde nella carestia, in cui siamo, ella per via de' librai non l'avera cer-tamente, e le mie povere commedie sarauno per tal ragione mortificate. Ma fortunatamente ne ho due corpi salvati dal numero di 1750, e di questi si contentera, che uno lo serbi per Lei e glielo spedisca costi, accio ella lo abbia presso di se, desideranclolo io, anche, che ella 11011 lo desideri.* «Per quest' anno privo saro del contento di riverirla per-sonalmente. Verranno costi i miei nemici; auguro lor buona foruma, e prego il Sig.re che a me conservi i miei Padroni, ed i miei amici, che non si scordino atfatto di me> .... L' ultima lettera, che ci piace riportare qui per intero, e scritta da Venezia il 26 aprile 1755 al Carli a Milano e sug-gella la provata e geniale amicizia dei due nobili cuori: «E uscito finalmente 1'ottavo Tomo delle mie commedie. Tardera qualche tempo a giungere colle ordinarie condotte da Venezia, a Milano. e da pertutto. Desideroso pero io che V. S. 111.ma lo abbia piu sollecitamente me l'ho fatto spedire, appena uscito dal torchio. e nnito a gli al tri sette, mi do 1'onore d'in-viarglielo questa sera col mezzo di un' amico mio, che costi glielo lar& tenere. Spero (per qnel, che riguarda gli estremi del troppo, e clel pocoi ch'ella sara della lettera mia statnpata non discontento: poiche troppo son certo di non aver delto, e se avero detto poco avro soddisfato la di lei modestia. lo so d' avere soddisfato in parte 1' animo mio, e ho desiderato sol-tanto di saper meglio scrivere per lare una c-osa degna di Lei. Basta, non istarb a fare la mia apologia, ma soltanto la pre-ghero degnarsi di compatire, aggradire ecl inchinandomi alla S.a Contessa Padrona umil.te mi rassegno». Alludeva il Goldoni, con animo si affettuoso e modesto, alla dediča da lui preposta in onore del Carli alla sua com-media: [I Poeta Fanofico, una delle sedici, originariamente intitolata: I Poeti, che, come ne scrive nelle Memorie «puo as-solutamente dirsi una delle mie piu deboli commedie*, benche abbia avuto qualehe incontro a Venezia. La dediča elogia i meriti insigni del Carii, ma pur nella sua ridondanza cerimo-niosa palesa la riconoscenza e la devozione del Goldoni a chi ebbe mente e cuore per intuire ed apprezzare la riforma del teatro italiano. E quanta confidenza egli dimostrasse verso -gli uomini dei quali a veva maggiore stima e concetto* lo dissc sapientemente al nostro Carli con tali eloquenti parole della dediča: «Uno, di questi fu Ella, gentilissimo Signor Conte, che mi animo ali' impresa, compiacendosi non solo delle Opere mie, ma illuminandomi a migliorarle, e il poter vantare la di lei approvazione, era fer me una quiete d' animo, che non mi faeeva sentire le voci de' maldicenti.* «Per giiidicar delle opere altrui non basta aver un' idea confusa, uno studio limitato, una cognizione superficiale di qnella scienza, o di quell' arte, di cui si tratta. Le facolta del-1' umano intelletto formano una catena fra di loro, e una da mano aH' altra per 1' intelligenza comune. Vi vuole per formar giudizio d'altrui, una mente come la sua; una mente felice, atta per ogni studio, feconda in ogni genere di buona lettera-tura; ajutata poi, ed illustrata colla tatica, e con quell'uso di studiar ]>er piacere, ch' e stato di lei il piu familiare tratte-niment,o.» E. Lougo. La Galleria flepli Uffizii«Francesco Trevisani pittore AH' amico Giuseppe Martissa, I. Nella terza sala di Cjuella parte della Galleria degli Uffizii ch' e esclusivamente dedicata alla preziosissima raccolta degli autoritratti, e contrassegnato col numero 393 un quadro di non vaste dimensioni, raffigurante un' arguta, prosperosa e rubiconda facciozza tra di buontempone e di parroco campa-gnolo, che si cattiva subito la simpatia di chi prende a guar-darla e che e limitata a sommo da un voluminoso berretto di FKANCKSCO 1'UKVISANI (da una stampa asistenti' nel Mnnicipin fll Ca]tmlistria. favoritaci i. Sarebbe il nostro che or presentiamo un piccolo esempio in contrario ma non certo d' un momento tale, e per il tempo Su per le banche de rialto o in loža i vedi star con sne veste de setta elie molto ben sasetta che par che sia nati tlelo lmperio regno. Oguim de ben vestir se stima degno el povem non cognossi di niazori tnti me jiar signori stadi de terra o žita le o chastelli. Con ati adorni assai politi e belli le done vedi andare con tal nianiera e con la frescha ziera che le par che le vegna dal paradixo. Le vano liete e.on el solito vixo con richi fonnaieti in snla spalla le veste che non challa Doro e de Seda e Rechaini de Perle. (pp. 51 e, s g-g-, delle «(juartine» eec. tratte fedelmente dalla rarissima stam-pa di Treviso MCCCCLXXIII — Venezia Al visopoli. MDCCCXXXIX. Cfr. in prop. YT, Rossi loc, cit, pp. 412). quando fu presumibilmente se.ritto e per il luogo d' origine, da farne punto di sostegno ad una nuova interpretazione,della fortuna del eurioso motivo '). 4) Altro notevole esempio e tra le Lettere del Belando (Lettere facete e cliiribizzose ece. Parigi MDCXXXVIII che qni riportiamo ; Al detto Sit/nor *) coiitrci i cortesanuzzi lindi, c meccaniclii Certi gloriosetti profumai Tiolti visibilmente d'un tinello Co i rizzi fin ti, et el secco cervello, E un per de guanti, de monton muschiai, Con i so drappi tanti scovolai Che han perso el pelo, e un lezzerin mantello I van per la citae fagarido el bel I o Che le par iusto stronzi inconfettai, Portan la barba rasa a la fratesca, Con una coa de sorzo sn '1 inenton, E le ealze allusanza facchinesca, Cenzen la spada in fozza d' un baston Con certi passi da Niovizza fresca Fagando moto al son del violon, Con una ambition, Un fausto, e un lacchft drio che umor de farne Tiolte de fresco fuora del leame **) Sospiran drio le. Dame Boffonizando, k dandoghe solazzo Ide.it con de quelle da sie al mazzo, E tal un fenze el pazzo E con 1' aiuto de qualche signor Se farft cortesan in quarant' lior E coni' entra in favor Dira che 1' e d' orizine, zentil E sara vegnuo fuora d' un porcii 1] fagando el civil Sposera qualche grama camariera K la fara servir per pollastriera E con alliegra ciera Per non parer un Zorno, un deseazno Ghe fa levar sciapperon de vellufi E donua pan in bruo La dira che 1' e vera damiseila, E che la nobiltae t) soa sorella Ecco un di un fallilella Ghe vien a dosso. e muore tal canaia L'una al bordello, k 1'altro su la paia. *) Cioe il <'degno d' ogni servitue, e vero essempio d' honestae, el Signor Alvise de Catain Arzentiero per merito de Mons. R. de B.» al quale e indirizzata la lettera che precede i versi. **'j Con n i an i fes to errore 6 nella stampa <'lemae». Parmi piuttosto non dovano sluggire certi accenni che qua e la, infiorano i due teman": il frequente ricordo delTAre-tiii') non aiicora spento nell'oblio. il rimpianto dei tempi antichi quando la boria del vestire non aveva ancora stretta ranima dei primi Veneti "'), 1'accenno agli študenti deli'IJniversita Pa-tavina, alle togge straniere"), alla sodomia, ad Enrico III. 5 II motivo e fretpiente anehe nelle lettere ilcl Calino che cosi, ad es.. seri veva al Burchiella: «Vu ve '1 dove pur arecordar, caro citronato imbalsainao, a co muodo andava le lacende del 400. Homeni sehieti, ado-trinai. piacenti, liberali, devoti. anemosi e earitevoli, con i so fongheti, le calsce a la marting'ala, le so scarpe e zocoli de cuoro e la bereta asseta, radai che i pareva tante niaioliche Iusente e no ste foze a la fbrestiera strataiae e recamae e ineordonae, che. tlie 'I malanno al prinio, che le ha portae in luse, mina e desfation de una f'ameia.» (pp. 3;!-4 ediz. Rossi. Torino 1SS8). ' 11 In proposito 1'acciam conftscere intera la canzonetta seguente, ine-dita, il ritornello della quale. diflicile a spiegarsi, ricorre anehe. in un altro componiinento del genere da me gia publicato pur esso, come (juesto, privo ili qualsiasi importanza letteraria nia non istorica v. in aNiceolo Tommaseo« 1905, N. 5, pp. 57 . La sorgonirlihiii, la surgongii. \'oi la sia sentia da tutti la lascivia de sti putti eol valor del so roverso, beoehe. degni de altro verso in sta toza i vien chiama. La sorgongliina, la sorgonga. E coinmenzando dai cavei mi ve digo, che quei i se. i conza alla francese E le ninfe alla scocese E '1 barbin i tien rada La sorgonghina, la sorgonga. Per parer anehe vosetti i se zola i eolar stretti ben intorno della gola, la baretta alla spagnola, co '1 circetto recaina. La sorgonghina, la sorgonga. Le braghesse savogine, E le calce beretine, E1 capotto un po cnrtetto, che se veda i I stiletto e 1 colletto caimiffa. La sorgonghina, la sorgonga. De odori no ve ne parlo, no se puol imaginarlo quanto mnschio, che i cousuma Ambra zibetto e in suma ve so dir, che i e profnma. La sorgonghina, la sorgonga. Tutto cio mi a persuaso a non lasciarli nell'onibra: inoltre il dialetto e eerte particolari maniere di dire popolari possono riuscirc non del tutto inutili a ohi, anehe da pieeole testinio-nianze, sa trarre inaspettate deduzioni 7). D.r Antonio Pilot. I ha po tutti t'l so barbier, che ghe tien netto el taoiier, che ghe tien t.osa le c res te E mua spesso le. scarpete, La cainisa co se sa. La sorgonghina. la sorgonga. Notne vederli a caniiuar certo i ve fa iuainorar, 110 ghe cosa, che i no sapia farla allhor con bona gratia, in tutto i se ammaestra La sorgonghina, la, sorgonga. Cignar d' occhio, far de lenguin, scorlar la gamba col peniu, far in bocca la spnazzetta dir de si co la baretta tutte ste cose i le sa. La sorgonghina. la sorgonga. Far zelosi dar martello hor a questo et hor a qu(dlo, i cognosse quei deli' arte co' i li vede in qualche parte immediate i se attacca La sorgonghina, la sorgonga. Quel che i fa i inortali al niondo si e il valor del so bel tondo, che per gran pezzo, chel sia con destrezza il leva via senza spuazza ne Poma. La sorgonghina, la sorgonga. Qttel, che i fa co' i se po in časa certo, che e megio, che tasa che dir po de quel inenar, de quel spenzer. de quel basar che ogniun resta stupefa. La sorgonghina, la sorgonga. Fioli inie degni di gloria dignissimi de historia perche me e manca la vena son sforzao fermar la pena, che 110 posso passar qua. (it. el. IX c od. 173 pp. «3 t.) r) Nelle lettere attribuite dal Novati allo Stabili (Giorn. stor. le.tt. it. vol. I pp. 62) sono anche alctini accenni contro la boria dei villani rifatti, ricordati dal Merlini che altri ne aggiunge stili' argomento stesso ]>]). 180 e 181 li.a l.a). Ne sara male ricordare anche da ultimo, il passo seguente del Garzoni: «... le vilissime meretrici, et i sfrontati Ganimedi,... increspano le chioine a guisa di temine, famio i ricci politi, et spargono Capitolo dei Rialtini Musa mia cara fabrica a uiio dosso tieme. el pegaseo, che vogio montar, e c ussi uu pezzo trottar a redosso. Perche ine son ressolto de imitar una turi a e corrando ali' aretina ') quasi tutto Rialto strapazzar. Abbia sto puoeo ben la m a u tel lina 2) usurpeino sto tempo al so soggetto, che lal merita ben sta poverina. Ogni ininimo arlasso3), ogni despetto ghe avemo fatto su la so canzon, o al manco manco mal el so sonetto. Vogio pur adempir la promission 4), che fessi 5), quando tolsi cl giubileo al padre che me de I'assolution. Me inento e me. stramento e con sto deo despenno quanto ho scritto coutra d' ella, confesso meritar el tiu de Orteo. Ma perche c|uesto lil no e della tella, che ordiino, o musa, retorna al teller°i, o jier dir megio al caval senza sella. E '1 superbo vestir, el coniparer prosuntuoso e sfaza de sti bettini7) ine incrudelisse assae piu del dove.r. La lascivia aftetta de sti lacchini t'a che te chiamo e me ta ladigar <■1 procteder villan dei Rialtini. le niorbide guancie di mille protumi, per far correre i galavroni al inele, che pur troppo presto s' ingolfano eutro al Samo, con perpetua infamia et dishonore di questo secoln \-ituperoso. Anzi che oggidi s' e introdotto un abuso, che corrono tanto ali' officiue de' Giesuati, et de' Profuniieri certi huoniini di legno, et ccrte donne da stafillo, quanto quelli che la natura ha illustrati di bellezza di volto, et d' aspetto leggiadrissimo, vo-lendo ogni carogna dar del naso nel Zibetto, quasi che sia una fregola d' incenso, convenendosi a questi tali odorar piu presto un mazzo d'agli, o di scalogne, che accostare il naso a profumi si delicati, et tignorili...« (pp. 622 della «Piazza Universale ecc. Venezia — Somasco 1592). — 1 coin-ponimenti che seguono leggonsi nel cod. mare. it. cl. IX, 173 di mano di Giovanni Querini quondarn Viticenzo, a pp. 377 e sgg. Ne parlai piu volte e avro occasione di rieordarlo spesso ancora. Nella trascrizione mi permetto solo certe leggere varianti graliche e foniche per agevolare la lettura. Orsuso, suso via mettite a andar che pi chel sa precipitosame.nte, e mi fareino pi bel re.sfdlar *}. Miseria de sti di, che. a male stente9) se eognosee el zentil dal arbesan, ne '1 cittadin da sta plebe da nicnte. Che dir 1' e caro el vin, 1" 6 caro el pau 1' e che vnol el velu« lina i triperi, che za se andava in consegio in gaban l0). Cussi fossel ,squartA, co ho \ isto gieri un tutto raso, che co no xe 1'esta, el vende scoe de palma ai naranzeri. Tralasso certi qua, che ha niesso vesta de vari u) e de ormesini12), che sto umor un altro di, me cavero de testa. Chi vede i di sollenni el mio sartor, e noi cog-nosce, el zura sagramento, che P e nevodo del'iinperador. Taggi'•*), strataggi, centnrin d1 arzento cappa tutta fodrA, co una baretta che par una mesura da lormento. K po che e, che no e. con la torfetta el se vede a dar garbo a qitel bragheto e a ridiillar e a incavar sta s tatic tla u). Chi porta adosso muschio e chi zibettolr,)V cestarioli16 e drappieri, rpiesti e quelli che tie.n fornio de vecchi drappi el ghetto. I Vidini fatti a stainpa e i brocadelli xe quasi el mauco, che strapazza e fVua l?) i sijuarta manzi, i scortega vedelli. Un, che fa pesi, scartesin 18j in stua, me ha zura sagraniento, che cento ori ghe costa. i drappi, che e notne una mua "i. A quanti poi da ste teste dei signori zo per la testa, che. in sti zorni santi me ha vendu salata erbette e pori2":. Chi zuogava al ballon za per avanti V Signori e Duchi, adesso sti tacchini21) s'usurpa i campi e i luoghi tutti quanti,2). I antighi palluelli e i stefaninili!) giera intelletti valorosi e rari. e adesso el balla fina el scoacainiui. In Padoa i cinque sesti dei scolari xe fioii de merceri e strazarioli21). Parechieve ormesini, dossi25), e vari. No ghe davanzo ignoranti e marioli per el pallazzo, sia ringratia l)io. cancaro, che 110 vegna i barcarioli. Chi va einque o sie volte inanzi e indrio per draparia senza altro precettor, puol pur formar un laseivo eompio. I cura i panui, i descrive el eolor, e i brazzi delle. pezze in su le telle con garbo da infrisar26) 1'istesso Alnor. Coi so bragoni fatti a campanelle, co i zippoui27) tirai zo alla spagnola, co i rizzi che i par tante p......... E po sti grami appiccai per la gola, quando i va a easa i trova missier Pare, cliel conza el felce-'8 i o chel batte la muola 2I>). Quanti dettetti, Dio, mo quante tare30), 1110 che desgratia e spuzza maledetta xe in sti sanseri31) de fritole ainare ! Quando i ha fatto un mercao d' una gazzetta, i va meiiando el cul, co ta un frustao, cazza dal bog-ia in verso la crosetta38), I fa i nobeli, i ricehi e in men de cao, ghe vien petta pasteehe in sul mustazzo, che 110 le. voria aver per el Dogao. Che andar a Lio ! o a Muran per sollazzo ! no e megio andar liotando per le calle i detti e i fatti de sto populazzo V I porta quelle vite e quelle spalle che suol portar formagio, ogio e saoni, che i par tanti Rinaldi in Roticisvalle31). LA se erede bei sesti de bragoni35) 1. la se trova bei garbi de panzette3") drappi, che par de conti e. de baroni. Le qua nasse, che i gode37) le pi elette, perche le grame i tien per gran signori, per quei che spende i cinque pezzi e i sette. Ma le fa penitentia dei so errori, quando i ghe manifesta el so mestier a forza de desgratie e de fettori. Quando i parla par proprio, che un triper svoda in vostra presentia un ventresin, o che 1111 villan despazza uti leamer38). Per questo e vegnu in luse........., perche pi tosto che sentirghe el fiao, le se contenta de mostrarghe.....M). Co se fa nozze, festa o parentao, essi xe quei che sta sempre davanti, prosontion che no ha fondi ne cao 40). E po co i se marida sti furfanti, cria nome serva 1A qnel instrumenta cose da far prevaricar i santi. Chi vnol cercar pi bel trattenimento de imbatterse co i brava alcun de lori : ghe ne ho spezzft, ghe ne ho mazza tresento Le xe cose da Re, da impevadori, sentirli far P amor con parolette da strazzinar de stalla i manzi e i tori. T ghe cazza un «ben mio» el «mi volete per vostro schiavolin ! son ancor io buon da donarvi cinque o sei gazzette !» Sia maledette le scoazze, e '1 nio, che produsse sta razza traditora nemiga de virtii pezo e de Dio. Essi ha inspgnft in so malla mali' ora ai zani41), ai francatrippe 4S), e ai buratini el passizzar per scena e '1 vegnir fuora. Con quei so primi essordij ballarini, che. va inanzi un tantin dei cinque passi, e con quei zurli43) da saltaniartini. Par che i abbi in dosso corazzine 411 e cassi 1 tanta stoppa e bombaso ha quei zipponi, che pesa manco una carga de fassi. Questi xe quei marchesi e quei baroni che va intorno la festa duniando 4(i) per queste giesie che ha. s a gre e perdoni "). Questi xe quei, che fa tanto el grando che. al proprio Dose, co el so tozzo 18) in cao, i e, boni da dir : me areeommando. Parlo de festa, che in di da mercao co la baretta in man i sbragia e i cria -vegni qua aldi, voleu, dolce, o salao. O ghe ne ho de calcante49), tolle fia, quante ghe ne voleu? de che color? ho el megio, che sia in tutta drapparia. Le voleu garbe'? tjueste ha bon saor, sto citron e del lago, o che scoetta r'°), xeNa da amigo? dove e '1 servidor? Quanti brazza ? tio qua la romanetta r''), sporzi quel passaman, tio quei bottoni, signor per Dio, i' 6 tutta robba eletta. Voi ehe. l.isse le trutte e, i sturioni, eo seommenze a giistar »1« .sto sc.henal ■"'-'), ve daro musehio 110 ehe incliio r,:> o sardoni. .Mi 110 voi dar ve e.ollo o modegalr,i). ma sto tagio citrA, ehe |ier Dio saiito el mandava ma a ven per se eotal. Disseine noine ghe ne vogio tanto, e lasse far a mi ehe Imralisse5B ghe ne ho un boceon ehe 1' are tutto quanto. Che voleu? serpa, sangallo, o terlisse50) ti6 qua la bianchizza, vedeti sta tella qnasi 1' ho tiolta mi da far eamise. Ve faro un calzonzin a canipanella tondo e raeeolto con el so zippon ehe ve faro una vita pi che bella.» Nella qnesta virtu, piVrela bon ? se ghe convien vellui. rasi, o tabini"'7) tanta snperbia e tanta prosontion. Die poder tanto quei quatro quatrini de cavedalr,s,, che i diebba superar i piu nobeli e i riechi cittadini l*'orsi, che l'e un lati n che possa, star V la festa esser patroui, puol far Dio, e servi e sehiavi el di da lavorar? Per questo, no e. oiiura ne. reverio elii merita perche tntti ha paura de farlo a. un fachin che e stravestio, Forse la vesta longa me assegura de nobiltaeV no inlina i variteri la porta, cosa cont.ro la naturn. I hi gramo, un liirfanton che e vegnu gieri de voltolinauo), avera i primi onori un che ha pare e barbaniul) piegoreri'! Oh Dio, ino se se fesse i tansadori 02 che tansasse el vestir, no profession, mo i pareria pnr bon sti traditori. Perche cnsi co i niette in condition, no ho niente son fallio, cnsi el vestir faria la consequentia de rason, .Mo che V credemio forsi de conipir"? sore.lla, 1' e, un ainlar in infinito, iassemoi star che posse.li sbassir6S). Nei forse degni d'esser messi 111 seri t to V tio, no ! quanto che ho fatto e. sta aponto per contentarme un simplice appetito, Tien, tien el fren, adesso, che desmonto. N O T E. Notisi 1' importanza letteraria e storica ilella frase. t, v з) Kravata. 4 Per «proinessa» com' e qui, non la registra il Boerio. r> Peci. Telaio. 7) Vocabolo spregiativo assai frequente nelle poesie popolaresche del tempo: ne men esso ricordato dai B. 81 Rastre,llare : metaf. 9 A mala pena. i") Mantello con maniche. 11 Da varo: pelle d'animale simile allo scoiattolo. «11 sott'abito della Veste Palrizia era fornito di pelle di vaio a mezza stagione; 1'in-verno dai Dossi» (Boerio). Pelle d' ermellino la quale listava la vesta patrizia nella mezza stagione. i:i) Frastagli »elle vesti donnesche. и) Voce antiquata delle calze senza peduli. lr') Sostanza di grato odore, dal noine deli'animale. ia) Portatori di ceste. II Garzoni cosi ne parla : «....se vai in pescaria, overo in beccaria, overo per verze, s ubito con cortesi sembianti ti s' ap-presentano innanzi quattro, o sei cestaroli, i quali sono al tno comando, et andaranno lin in calicutte se tu vuoi senza a pena accennar la. eon-trada, o la časa dove dimori, et sporgendo essi il cesto, gli carichi di carne, di pešce, di cascio, di verze, di latuche, di pari, di cerase, di pe-poni, di (ichi, et di mili' altre cose, et loro corceseniente con due. o tre soldi caminano innanzi, et arrivfino prima di te. alla porta, servendoti da gentilhnomo, come desideri et hrami. A benche cestaruolo e sinco quello che fa cesti, športe, pauieri, casselette, corbette, gabbie da (juaglie, et nI tri uccelli, mestiero bassissimo, et di nessuna nobilta giudicato da tutti....» ("La Piazza universale» ečc. Venezia, 1592 pp. 800. 17; Consmnano. 18 Scardassiere. 18. Muta : čine abiti diversi da cambiarsi. ■ Piauta del genere delle cipolle. 211 Per quanto qiii 1' accenno sia generale rieordo qwinto della satira contro i »facchini scrisse il Merlini (op. cit. pp. 120 e sgg.). Vedi anche la nota, in proposito, nel Giorn. stor. della lett. it. XXIV, 435 e V. Rossi «11 caiizoniere dello ,Strazzola» nel medesimo Giorn. XXVI, 58-59. 221 Notizie riassnntive deli' argomento vedi nel mio «Un ca]>itolo ver-nacolo inedito contro il giuoco« ( »Pagine Istriane II, 10-12 pp. 326 e sgg-.) che per necessita qui si registra. 231 Paluello e V antico ,nome di Canaregio ; accenna qtii forse agli abitanti delle due note parti della CittaV 211 Stracciveudoli. Anch'essi ci son bellamente presentati dal Gar-zoni : «Seinpre per i' ordiuario stanno su '1 trapolare, cosi nel vendere, come. nel comprare, perche nel vendere ti tiran volentieri allo scuro. accio tu non veda se la robba loro e tarmata, disconcia et gnasta ; et nel com-prare ti dipingon la robba per tanto sgratiata, e misera, ebe par che 1' habbi t nit t a dal neeessario, per darla a lor, Lascia che essi magnifiehiuo a lor modo la robba che vendono, che un par di calzotii di tela da villano lina grama gonnella da contadina, un saio di gri.so da furfante schietto, una bereta di veluto senza pelo da zaratano fallito, una casacca tutta' onta di brodo, e di grasso da vero trippar.o, una cappa da pidoechioso un par di scoftoni da poveraccio, un farsetto da impiccato, 1111 cappelio da boia, par che siano le robbe della merciaria di Venetia, tanto s' estendono a lodarle et magnificarle con parole.....sono specie di Cingari che sempre stanno su 1' ueeellarti i soldi fuor di borsa con mille mostre di robba ognora piu furfanti, e vergognose....» vop. cit. pp. 917-8). Ne meglio, altrove, son trattati i merciai ub. pp. 00O-D. Vedi nota 11. Mj Propr. ostinarsi, qui far innamorare. -7 i Giubbone o giuppone : abito stretto, corto e senza bavero. 2:!) T. dei barcaiuoli : copertino delle gondole. 5!l -- Mola, nello stesso signiticato italiano. "') Propriamente il diffalco nelle mercanzie, qui: vizi, macchie, colpe. :il) Sensali. 3S) Allude al supplizio capitale: in cpiesta accezione non v'a nota nel Boerio. :):t) Celeberriini i diporti e gli orti di Murano rieordati con tanta frt-qtlonza tla tanti scrittori del 500. Cfr. Molmenti. Storia di Venezia pp. l(i(i-7. Nota 1'importanza storica deli'espressione. ::r,i — Braghesse = Calzoni. M: Malica nel Boerio nel senso di indumento, a cui qui si allude chiaramente. L' anouimo adopera un' e>pressione piii . . . vivace che sopprimo. :!S) Sbratti 1111 letamaio. i H qui una vela ta allusione al tristo peccato, diffusissimo anche a Venezia, contro il quale il Priuli nei suoi Diarii) si scaglia acerbissi-mamente e del qnale toccai gia altrove (v. «Anehe Celio Magno- in «A-teneo Veneto, Marzo-Aprile 1905 pp. 103 e sg<--.). L' accusa intame ricorre spessissimo in talilni coniponinienti inediti vernacoli contro certe cortigiane i quali o raecolto e faro eonoscere ; qni giovi, a illustrare ancora una volta (piesto lercio motivo clie insieme con altri e pur d' uopo per le nostre lettere, affrontare il passo seguente, d' anonimo, contro una delle tante male femmine : ....vegnimo a qnei grandi, a quei terribili Peccai, perchfe la terra, e '1 ciel sta in dubio de averzerse una e 1' altra con gran strepito travassar quanto el mondo ha de habitabile Ti xe la mestra della vera Sodoma ti insegni a (piesto e a quel, che non ha pratica dei sacrificij, che se feva in Gomora, la strada che, ne mena a cha del Diavolo, PAGlNli ISTklANt 65 Ti nuamlo i altri ronehiza, e da requie ai membri straechi dal long'o essercitio tutta in eontemplation restretta, e in spirito li trovi le inventioii, le quinte essentie dei......liiostruosi e illeciti, Ugando i corpi eon gropi fantastichi, e per dretto e por stnrto e por contrario, con noini, che culu. che le el Nizolio, anzi (|iiel. che trovete la Graniniatica no i poria dechiarar senza un oraculo, tutta la notte e '1 di -fazzando prediche, che 'I.......si e cosa ordiuaria K che no se ta dauno, torto, o inzuria alla natura, se ben non se iiizcuera icod. Marc. it. cl. IX-173 e. 157 r.°). 40) Capo. ") Da queste parole, osservabili se non autorevolissiiiio. piglia nuovo aspetto di verita la teoria del Merlini sull' origine dello Zanni v. pp. 126 e sg-g, deli' op. cit. . ''-'i Per Gabriello da Bologna, detto il Francatrippa D' Aneona Origini del teatro it. II, 469, 511 nota e il riinaudo. Vanneggiameuti, scontorciuienti, pazzie. u) Propr. diuiinutivo di corazza ; qui 1' allusione e metaforica jier un genere speciale di induinento a dilesa del pelin. 45) Corrisponde al busto« odierno. Donneare ; 11011 registra to dal Boerio, ricorre spesso nelle poesie del tempo e tra le lettere del Calmo. n) Anche questo vocabolo, l'requeutissimo, malica nel B. U B. registra «tozzo» ag-gettivo nel signitieato italiano c sostan-tivo, in aecezione contadinesca per «1101110 piccolo e grasso». Ne 1'un ne 1'altro eonvieu qui: e da intendersi la berretta a tozzo per cui vedi Gallicciolli I, 104. ifl), v su, Piccola granata? 51! Dirninutivo di »Romana Guarnacca. 5-' Termine d. beecai : Spinamidolla del bue macellato. 53j Acciughe salate. 51) Manca nel Boerio : oggi i trippai designano cosi la parte genitale del bue in una loro speciale guisa preparata e i maeellai la cervice del vitello. 55) v **) Varie specie tli tele f terlisse - tralieeio) le due ultime delle tpiali ricorda, in una lunga stilata anche il Garzoni (a pp. 489 op. cit,. i. 57) Stoffe di seta. 58j Capitale. 59) = Variteri, vaiai, pelliceiai. w) II Merlini (pp. 129; ricorda i «Due bellissimi sonnetti in lingua 66 PAGlNfc ISTPJANfc bergainasca uel prirao dei quali si diehiara la bellezza di Venezia et nel seeondo la duttrina del Zanni» puhlicati dal Tosi in appendice alle . Mac-cheronee di einque Poeti italiani del secolo XV». Milano, Daeili 1864 nel seeondo dei qnali e la seguente terzina : < »1 p rim trat ch' em parte de voltoliua Kri piu tondo che non e una rava La brigada de mi semper sgrignava. 81) Arcaico per zii. Malica nel B. quantunque siavi tansa = tassa e tansar -- tansare. Basire, morire. RIME E BITMI DEL P0P0L0ISTEIANO. (Continuazione. - Vedi a. d. pg-. 284). E gia che ho nominato s. Martino, notero che e questo un santo assai popolare. Specialmente durante la cosidetta «istadela de san Martin», quando in moli i luoghi si travasa il vino nuovo, i ragazzi vociando per le strade canterellano pa-recehie eantilene, dove, invece di dire sior Martin, disinvol-tamente (i vengono fuori eol povero san Martin. 154. Sior Martin xe anda in carozza con su' nezza e con su' fiozza. (ad Albona). 155. Sior Martin xe anda sni copi a trovar i veri roti, veri roti no ghe gera, Sior Martin xe anda par tera, el s' a roto una culata, el s'a messo un boletin, viva, viva sior Martin, (a Parenzo). 156. Sior Martin xe anda in solita a trovar la su' novizza, la novizza no la gera, sior Martin xe anda par tera; el s' a roto un culatin, el s' k messo un boletin, povareto sior Martin, (a Capodistria). A Isola, Muggia, Capodistria e Pirano sentii questa strofe epicurea: 157 Din, din, din, donian xc san Martin, deine 1111 Imcal de vin, con una piadena de bacala, che ve cantaro san Martin, demo mi Imcal de vin. Prima di tare un salto, si diee dai ragazzi in tutta l'Istria: 158. Salto biralto, che no me rompo el calto, che no me roinpo el viso, salto in paradiso. Un giuoco rozzo 6 questo. Un monello salta a bisdosso d'un altro, il quale stando curvo col compagno in groppa, si appoggia al muro o si tien termo sni ramponi che sostengono le reti da pešca. Quello, ch'e montato, diee: 159. Bobolo boboin, tira fora i corni, se no te butaro sni copi. e '1 bobu te magnara iovc. te ciapara . ' a Por to le, Buie, Montona). Poi stende quante dita vuole delle due mani e domanda: quanti corni <)<< el bobbf L'altro deve indovinare; ne da so-maro divien cavaliere, se non quando indovina. Altrove i monelli dicono sboccatamente cosi : 160. Tre, mistro Tita, forniaio fa la frita ; frita frita fonnaio fa de ca...: viro viro ijuanti corni g'a el boboV i a. Orsera e Fasana). (Continua)' Francesco Balmdri. L' ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Cont. ; vedi A. I, N. 6-12; A. II, N. 1-12; A. III, N. 1-12; A. IV, N. 1-12) N. 1119. Libro notificazioni e licenze per Formenti e farina. 1765-1789. Libro legato in cartoncino, di carte 130 con parecchie altre sciolte. N. 1120. Libro notificazioni Vino ovvero licenze d'introdurre vino. 1781-1805. Libro lega to in pergainena, di earte scritte 6«. N. 1121. Notificazioni frumento ovvero licenze d'introdurre frumento. 1789-1794. Libro se n za cartoni, di carte scritte 165 piu 2 sciolte. N. 1122. Notificazioni e licenze per frumento e farine. 1794-1805. Libro legato in cartoncino, di carte scritte 107. N. 1123. Capitoli del dazio Vino della citta e territorio. 1799. Fascicolo di carte scritte 7. N. 1124. Libro Vini 1799-1806. II libro e legato con cartoni ri vesti ti di perganieiia ed ha 7ti carte scritte. VII. Ospitale e 8. Moute. N. 1125. Consigli del Capitolo generale della scuola di H. An-tonio Abbate riguardanti 1'interesse deli'Ospitale. Libro di carte 50, involto in pergainena. Dal 10 maržo 1554 al 18 settembre 1552. N. 1121). Istrumenti riguardanti 1'interesse deli" Ospi tale di S. Nazario di Capodistria. Libro senza cartoni in fascicoli sciolti, di carte 118. 1599-1750. N. 1127. Fascio di atti che riguardano 1' Ospitale di S. Nazario dal 1605 al 1808. 1) Fascicoietto di carte scritte 4 (1605-1722 iutitolato Vida et Ospitale M. M. di S. Hiasio. 2) Fascicolo di carte scritte 62 (1619-1727) intiiolato Istrumenti deli' Hospitale. In cjuesto fascicolo si trova la copia d'uu testaniento del 1453. 3 Processo Vida Lu-gnani JI. M. di S. Biagio et Ospitale (1646-1673). Fascicolo di carte scritte 43 numerate; vi inanca la 2.a. Vi e aggiunta una carta del lioO. 41 Pro Hospitale S. Nazarji contra herede* Francisci Pava-nello. Fascicolo di carte scritte 17 (1650-1736). 5) Pro Hospitale S. Nazarji contra M. Dresina. Fascicolo di carte scritte 64 (1655-1737). 6) Pro Hospitale contra Mouasteriuin S. Blasi. Fascicolo di carte scritte 22 (1656-1729). Vi e aggiunta una carta del 1801 < ' Ilospital contra Cattarina Tavari e Sig.r Petroni. Fascicolo di carte scritte 16 (1683-1727). 8) Hospital contro Pisoni della villa de Gani. Fascicolo di earte scritte 4 (1691-1735). 9) Francesca ved. Irez et Augustin Vida. Fascicolo di carte scritte 10 <1694-1716i. 10) Ricevute per pagameuti fatti per il Sig.r Augustino Vida. Fascicolo di carte scritte 15 (1703 e 1704 ,. Aunessi vi souo: carte o, eontenenti un istrumento del 1699 ed una stinia del 1727 piu uu indice riguardante gli atti di Vida e deli' Ospitale. 11) Pro Hospitali S. Nazarji contra D. Octavium Vida. Fascicolo di carte seri t te 14 (1708 e 1709). 12) Strumenti rti livellari che snno veimti a pagare al Sig'.r Znane Micheli in nella eitta di Capodistria. Fascieoli di earte seritte 30 (1711-1718). 13) Livello che pagano li eredi di Iseppo e Francescn Chines d.o Cingheno 1715-1740). La busta che contiene il livello racchiude altri istrumenti delPOspitale. Carte seritte eomplessive 12. 14) Carte Gravisi q. M. Anteo ed altre rignardanti 1' Ospitale (1721-1749). Carte seritte. 25. 15; Livelli a beneficio del Pio lnogo. Livelli della Scuola di S. Sebastiano, carte seritte 5. Livelli Nieolo Moratto, carte seritte 4. Anno 1727. 10. Carte di Hellena Gonich 1727-1734). Carte seritte 10. Altre 5 carte rignardanti crediti del Pio Ospedale (1734-1747 . 17) Livelli della Scuola di S. Nazario e della Scuola di S. Croce (1751-1700). Carte seritte 9. 18) Eredi Buran di Muggia al Pio Ospitale di Capodistria. Fascicolo di carte seritte 4. 1701. 19) Livelli a beneficio deli'Ospitale. Fascicolo di pagine 74. 1701. 20) Carte rignardanti crediti deli'Ospitale (1759-1807 . N. 1128. Istrumenti riguardžinti 1'interesse del Pio Ospitale. Libro senza cartoni, con fascieoli sciolti, di carte. numerate 1-109. Dal 1000-1824. Gli istrumenti non sono ordinati. O. 1129. Raccolta istrumenti n. 2. Dal 1600-1800. Libro legato in enoio, di carte 101. Carte seritte 120. N. 1130. Pro Hospitali »S. Nazarii contra D. Petnim Antonium Torre. Fascicolo di carte seritte 32, fra queste parecchie carte sciolte. 1097-1779. N. 1131. Ospitale e Capitolo della Cattedrale. Fascicolo di carte seritte 29. 1760. N. 1132. Conti e polizze deli'Ospitale. Dal 1768 al 1794. Busta con carte seritte 05, piii altre 37 carte sciolte (1769-1800). N. 1133. Spese nella fabrica del Pio Ospitale di S. Nazario. Nel maggio 1769. Carte seritte 16. N. 1134. Spese tatte nel Pio Ospitale in ordine a parte 11 luglio decretata dali' Ece.ma Carica li 20 luglio 1769. Carte seritte 4. N. 1135. Sali del Pio Ospitale di S. Nazario. Busta con carte seritte 24 11770-1778;, piu 2 carte del 1787 e 1789 ed una earta contenente una lista dei pagamenti fatti dal 1779 al 1800. N. 1136. Parti della V.da Scuola di S. Antonio relative al Pio Ospitale di S. Nazario. Dal 1772 al 1786. Carte seritte 26. N. 1137. Fascicolo di carte riguardanti il Pio Ospitale. 1) Erezione del magazino nuovo, contiguo alla Chiesa del Pio Ospitale, di S. Nazario (1773-1793). Carte seritte 17. 2) Conti sali-nari (1778-1786 . Carte seritte 15. 3) Cassa del Pio Ospitale 11779-1782,. Fascicolo di carte seritte 58, piu carte sciolte 41, che arri- vano al 1800. 4) Cas.sa coni« sopra . 1782-17841. Carte scritte 41. 5) Cassa come sopra (1785-1788). Carte. scritte 4!l. N. 1DS8. Libro Cassa, di fonnato grande, legato in pelle, segnato H, di carte ?,22. Dal 24 iebbraio 1645 al 1675. {Omi i una) Prof. P. Major. BIB LIO(tRAFJ A Pirouset sonetU di &nie mia imperial simlone saera L'ombra della Pineta e della Morte. Nel q 11 a 1 sonetfco, rivelante a. tutta prima 1' esperieuza e sapienza metrica d' un eonsumato fucinator di versi, e da ammirare particolarmente la ter-zina di ehiusa, ch' io non esiterei punto a dichiarare vero miracolo di perfezione: tanto musicale, solenne e concettosa ella balza su dal vivo cnor del poeta e canta e vola. Conehiudendo : un ampio, luccicante e, melodiosissinio corsb d'acque gin per una tiorita china maestoso e gioioso affrettantesi, questo novissinio libro di versi di Cesare Rossi ; checche possa o voglia opporre la i. r. Censura che pur credette ravvisare il torbido e il minaccioso la dove non altro era che natural fremito di spume e ilare inorniorio di cascatelle. <1. (J. 11 nostro earissimo Francesco liuhudri diede alle stampe. coi tipi di D. Del Bianeo (Udine, 1906) una composizione poetica «Santa Cecilia», musicata da Aiignsto Negliizzi. « II chiar. Doli. Alessnndro Lustig, triestino, prolessore di pato-logia ali' Universita di Torino, pubblico recentemente un importante. vohune : higiene della scuola, ad uso degli insegnanti e dei medici® (Milano, F. Vallardl, 1907, in 8" lig. pp. XII, 317, Lire 7). ^ Nei giorni 21, 23 e 25 gennaio p. d. il chiar. Prof. Greste (ierosu tenne nella sala di S. Chiara tre lezioni sul tema «11 corpo umano». Addi 27 gennaio p. d. 1'egregio maestro Filippo Man ara tenne ali' Universita del popolo a Trieste una forbita prelezione sul tema «Musica e musicisti triestini», nella quale ebbe occasione di occuparsi anehe dello-sviluppo della musica in Istria, ricordando che questa nei seeoli del ri-sveglio musicale in Italia - dal 300 a tutto il 600 — e piu ricca di Trieste, quindi tt. 1'nibei-to Ihisalti ha pubblicato ai primi di feb-br.iio corr. pre.sso la tipografia Boccasini e C. di Pola il Catalogo di qnel Mtiseo Civico con notizie storichc su Pola o Xesazio. II chiar. Prof. Antonio Uiiirs. eseguendo nel febbraio corr. degli scavi sull' isola Brioni, rintraceio didle abitazioni rnstiche o una piccola necropnli romana. 11 Palr.exe di Trieste e sempre piu ricco di iniportanti articoli di letteratura e d' a rte, per modo che si e guadagnato gia un pošto distinto nel giornalismo. Ecco i titoli di alcuni studi pubblicat.i dal detto periodico e che rignardano la nostra provincin : nel N. 3 Maldicenza popolare - del Dofior ftains; nel X. 4 -Graziadio I Ascoli di Uinseppe Vidossicli; nel N. 5 Tasso in Istri a di Biiceio Ziliotto; nel X. (i "Carnevali isfriani d' nI tri tempi, del ftoetor (iains e nel X. 7 Mia non na (Eloisa De Rin-Zajotti i di Nicolo Vidacovieli. •:K- Addi 22 febbraio p. d. il chiar Avv. Oinseppe I! •> m ti it 1 «1 i tenne nella salti di 'i. Chiara una brillante comineniorazione di Giosue Curdueci. Addi 25 tebbraio p. d. il chiar. Prof. felso Osli tenne nella sala di S. Chiara una forbita l,jzioue su Carlo Goldoni. # Ci pervenne 1'opuscolo Snlla raccolta di materiali per la etno-grafia italiana» pubblicato dal Museo di Etnografia italiana fondato ti Eirenze sotto la direzione dei chiarissinii dottori Lamlicrto Lorin e Al-dohnuidino Morili. — L' opuscolo e desfinato a far conoscere la mili ta e il progfamma del nuovo Museo, le categorie di oggetti e di documenti che esso raccoglie. i* E uscito un opuscolo di ({. Perini «Nozze Grandi Paptileoni XXIX ottolu-e MCMVI«. II Proclama (Generale delle gmrisdizioni di Ca-stellano e Castelnovo« stampato nella tipografia Ugo Grandi e C'., liove-reto, 1906. Dello stesso autore e stampato nella tipografia Grandi e I'. e uscito 1' opuscolo (estratto dal Nuinero 1'nico Tsera a Clementiuo Van-iwtti») «Contributo alla sfragistica trentina. II. Castelcoriio e il Sigillo dei Principi Vescovi di Trento . # Per la storia di lino zibaldone Le «Memorie deli'i. r. Acca-demia degli Agiati». Opuscolo pubblicato da Eftore Zneehelli, estratto dalla Rivista Tridentina N. 4. Trento, Tipogr. del Comitato Diocesano Ed. 1906. Emila eorriffe. Tra le recenti pubblieazioni di Ferdiiiaiiiln Pasini, nel primo fascicolo, A. V, pg. 23, si corregga : 11 pemtimismo, in /,' Alfo Acliffp, Trento, 20 dicembre 1906 < a proposito di studi recenti). — ['// can-tovc di Firenze, in L'Unione, Trento, 24 dicembre 1901) (sull' ultinin libro del nostro poeta Cesare Rossi, Fircnze). — Dintici (versi), in L'Arah1o, Riva sni Garda, 24 dicembre 1906. Nazv :n> Ddttor !)u M i in i'