ACTA tnslRIAE • 10 • 2002 • 1 ficevuw: 2002-0!-29 UDC 343.25(453. ! I)" 15" LA PEN A CAPITALE A VENEZiA NEL PRIMO XVISECOLO (1514-1525). PERCEZ10NE E INTRECCICULTURALI DAI DIARI DI MARIN SANUDO Stefano BOCCATO Ijntverîità degii Siudi di Venera Ca1 f-oscari, Dipartimcnto Siudi Sloi'ici. IT-30) 24 Vcnezia, San Marco 3417 S1NTESI I Diarí di Marín Sanado, calati neiía realtti di Piazza San Marco, rnostrano che il patriziato veneziano, agli inizi del secóla XVI trasmette i contenuti impliciti nella pena capitale utiiizzando i codici diffusi, condivisi e attraverso cui tutto viene interpretara, della religione e del lavoro■ Le esecuzioni, che Sañudo registra svolgersi in un ambiente fortemente connorato, non essendo numeróse e concludendo processi regolari di inassima pubblici, possono venir accettate e diventano forse modello técnico di omicidi che vendicano un arto grave. La ricezione delle pena di marte subisce l'influenza fórmale della "caccia" del Giovedi grasso, festa iifficiale della Rcpubblica e parodia di un'esecuzione, di cid viene interiorizzata solo la riduztone del reo ad anímale. Parole chiave: esecuzioni capitali, forme di comunicazione, percezione, Venezia, '500, Marin Sañudo DEATH ROW IN VENICE DURING EARLY XVI CENTURY (1514-1525). PERCEPTION AND CULTURAL INTERWEAVING IN MARIN SANUDO'S DIARIES ABSTRACT Marin Sanudo's Diaries, set in Piazza San Marco, show that at the beginning of the XVI century the Venetian Patriciate was conveying the implicit meaning of death row through religion and work, two common and shared codes used to measure and interpret life. The executions, described by Sanudo as taking place in a strongly characterised environment, were not many and came as a conclusion of regular highly 199 ACTA HfSTKIAE « )0 • 2002 • I St«í.ino BQOCATO: LA PENA CAPtfAtE A VENEZIA NUL PRIMO XVI SECOLO il 514-1521) I99-2Ï2 public trials. They could thus be accepted and eventually become a model for murders perpetrated to avenge a serious offence. Perception of death row is formally influenced by the "hunt" of "Giovedi Grasso", the official celebration of the Republic and parody of execution, where only the abatement of the culprit into an animal is perceived. Key words: death row\ communication means, perception, Venice, '500, Marin Sanu-do La spettacolarizzazione deile esecuzioni cap ¡tal i, la loro somiglianza con le "cacee" e. I'assimilazione del reo ad un animale sono state itidagate. per un ampio arco temporale e geográfico da Balesíracci (Balesíracci, 1993) e da Baronti (Baronti, 2000). Si puô tentare di calare que i concetti antropologici, per un periodo piü ristret-to. nella real ta del rituaíe pubbiico veneziano che Muir (Muir, 1984) ha delineato nei significan. Nel periodo Ira l'alleanza con la Francia e il Papato e i'elezione al dogado di Andrea Gritti, le strutture di potere della Serenissima Furono messe sotto sforzo nella ri-costruzione della potestas sulla Terraferma. Le repubblica patrizia veneziana era go-vernata da un gruppo chiuso cite non pote va radicarsi nel territorio n¿ cooptando le élites iocali, né delegando loro parte della propria sovranità e doveva gestire il deli-cato equilibrio Ira chi impone e chi subisce. Piü che gli atti in sé, contavano i mes-saggi trasmessi e la loro ricezione. e tutto veniva filtrato attraverso le possibíli rica-dute politiche: la vittoria o la sconfitta política stavano nel risolvere o meno un problema di comunicazíone. Per quesío mi soffermeró sulla "complessa modal i tà di ricezione ed elaborazione da parte della cultura popo!are della futa rete di simboü che insistono sul patibolo" (Baronti, 2000, 14), concentrando l'attenzione non tanto su "una visione del patibolo che persiste, dal basso, ad inquadrsrc l'evento ad una di-mensione che poco sembra avere a che fare con l'alto terminale ... di un provvedi-mento giudiziario" (Baronti, 2000, 199) quanto sulla percezione della pena capitale proprio in quanto atto giudiziario e político.1 1 Diari di Marin Sañudo, in cinquantotto volumi nell'edizíone a stampa che co-prono l'arco tra il 1498 e il 1536, costituiscono una fonte ideale in quanto trattano di 1 Puí» essere interessante confrontare la situazione veneziana con una realta paragonabile come l'tmpero Britanmto alia fine lieH'Ouocenio. Pin dai primi decenni del secolo l.ondra aveva créalo, peí recuperare prestigio atla monarchía, un complesso corpas di nti "tradizionali" (Cantiadine, 1994, 106-107), utilizzato pot dagli anuí Cintitianla per cementare a sé i singoli protettorati. ai sovrani deí quali l'ln-ghilterra era lega ta da paui, e modelándolo sulle realta locali a loro volta ridefinite in una terza fase del dominio britaonicy. Del primo si servivano !c clites della dccoloniz.zaziorie, inenire i gruppi socia-li, specialmente in Africa, sí approprrarono del le seconde per gestire le loro íensioui interne {Ranger, 199-1,227-235,242-251). 200 ACTA HIST1UAE • 10 • 2002 • 1 SidÉmoBOCCATO: LA PENA CAP/VALE A VKNKZSA NEI, PRIMO XVI SECOLO <1514-1.525!, 199-222 política e di istituzioni gettando un ampio sguardo, anche da un punto di vista cultúrale, sul mondo circostante. Sañudo, partecipe in quanto patrizio dell'azione di go-veino, di casata anlichissima ma di condizione economica medio bassa, apparteneva a quella parte del patriziato esclusa di fatto da! ristretto circoío di Case che piü spesso sedevano in Consiglio dei X: nella sua attivita di registrazione, che aveva ¡'intento di far comprendere "per il ben dil Stado" il percorso storico di Venezia a partiré dalla discesa di Cario VIII, si mostra ben consapevole dcH'importanza, nel generarsi dell'azione política, di una quantitá di notizie ed everiíi, riportati con precisione documentaría, apparentemente estranei alia política.2 In cerca delle associazioni di idee che potevano caratterizzare un veneziano del Sedicesimo Secolo, il testo é stato sotioposto alia lettura integrale per il periodo in esame, calando la rapptesentazione narrata delle esecuzioni nelia realtá física, confrontándola anche con le sue rappreseniazioni pittoriche. Chi arrivava a Venezia via mare, passate le bocche di porto, probabilmente pren-deva térra sul Molo amistante la Piazzetta. Un'incisione di Johannes Ammán Jost raf-figurante "11 Corteo Ducale per lo sposalizio del mare" (Morresi, 1999, 66), síampata interno al 1565, rafftgura una situazione rimasta immutala dai prími del XVI secolo e testimonia che, benché le operazioni di uccisione di animali vi fossero visibili, non vi erano remore a sbarcare proprio di fronte alie Beccherie. uno dei due macelli di Venezia insieme con quello di Rialto, con annessi banchi per la vendita: salí operazioni rí entra va no nellesperienza nórmale de lia maggior parte degli Europei delf'epoca ogni volta che un pollo, una pécora, un maiale o un bovino veniva trasformato in cibo. Pu6 sembrare incongruente ía presenza delle Beccherie nel centro político e religioso delia cíttá, tía i suoi piü ímportanti edifici pubblici,3 ma non é esclusiva di Venezia se neüo stesso periodo in cut esse avevano trovato posto in Piazzetta, il XIII secolo (Morresi, 1999, 77), a Bologna uno dei due macelli era appoggiato ad un lato del Palazzo Comunale Sungo la ringhiera degli Anzianí (Berengo, 1999, 497). In en-trambi i casi il motivo di questa posizione era legato alia necessitá di controllare la qualitá di un prodotto fondamentaie evitando possibili frodi o speculazioni sui prezzi e nefaste conseguenze sull'ordine pubblico. L'uccisione di animali anzí era una vera festa, quando l'anímale era di taglia abba-stanza grossa, dato che a Venezia tante erano le "cacce", teste che si svolgevano nei campi della citta dove uno o piü tori venívano stuzzieati, sfidati. inseguid dei cani, con contorno di saltimbanchi e acrobati, come il 24 gennaio 1517 in Campo San Polo (Diari, 25, 215). Le cacce attirano un grande pubblico - Sañudo riesce a descriverlo molto bene tramite una successione incalzante: "tuto fo pien, e done su le fanestre, e 2 Un'analisi ininuziosa dei Diari, del loro moto nella produzione Monográfica di Sañudo, muta ad un proíilo di luj sia inlellettuale che político si (rova in Cozzi, 1997- 3 Per ¡e vicende che ponerán no nelia setonda meta del Cinquecemo alia sparizione r~ ci, é del marzo 1520. dopo che il legato pontificio, visti i due consiglieri alsarst ne chiesc il motivo ê alla risposta "se la rise molto" (Diari, 28, 351-352). E' con ildogalodi Andrea Grilti che riel 1525 na-scono veri attacchi da parte dei Tre Capi dei X préoccupât! di evitare nuove risate iílustri e possibiii ricadule iniema/ionali: Venczia si é appena aüeata col Papa, deve froníeggiare la pressione impelíale c deve evitare che quel símbolo della sconfrtta di questi due attori sia troppo in evidenza (Diari, 37, 594). Tale provvedirnento non passa, il 23 febbraio la caccia si svolge "justa il solito" (Diari, 37, 639) ed il Grilti ne sanciscc la liceilà con la sua presenza, consapevolc che taie Testa rimaren ta potenza nublare e ta clemenza della Repubblica: qualhà evidenciare, dopo la cris: decennale inncscata ad Agnadello. anche sottotineando la maestà del Doge, con un nnovo conredo d abiti piü sfarzosi (Diari, 35, 238). Per un inquadramento di (ale ait ività: (Cozzi, 1999. 24-27). Gli spettatori più probabilmente colgono i! lato festivo della caccia stre lamente legato all'uccisiont degli animali, dato che essa préludé alia Joro utilizzazione alimentare sia da parte del popoki che dai patrízi, almeno lino al 1509 (Muir, 1984, 182). 5 II carattere di fcsta uffieiale della Repubblica dal signifícalo fortement« político (cfr. nota 4) separa la caccia del Giovedi Grasso da analoghe festività camevalcschc, ricollegabili ai riti della fertilita, che sono caratlerizzate in tulla Europa dalla condanna a morte di un animale, eseguiia da un boia giuliare-sco. secón do una parodia delFesecuzione (Buronti. 2Ü0Í), 205-206). 202 ACTA HISTRIAE • ¡(l • 2002 ■ 1 Susfsmo UOCCATO: LA PE^ACAPITALE A VENEZIA NU. PRIMO XVI SECOLO O514-1525). 199-222 Leggendo !a descrizione che John Scheid fa dei sacrifici romani la somiglianza é puntuaie e continua, forse motivo deU'approvazione alia caccia da parte del Doge Gritti. sostenitore della Renovado culturale improntata alia perfezione di Roma, i par-tecipanti, in toga, avanzano in processione verso l'altare dove le vittime maggiori, tori. c minori, maiali, sono uccise daglt addetti al sacrificio e poi squartate per esse.re ta-gliate a pezzi e, dopo il banchetto simbolíco degii Dei onorati dal sacrificio, date in parte ai partecipaníi e in parte al popolo che conclude il rituale con spettacoli quali le cacce (Scheid, 1992,1 i-12), Assieme alio schema del rituale, Venezia aveva ereditato dall'Antichitá laquasi sovtapposizionedelte figure del macellaio, dell'addetto ai sacri-fici e del carnefice riassunte nel termine "lanius" che, ad esempio in Plinio, é dotato di que-sti tre significad (Castiglioni, Mariotti, 1990): a Venezia troviamo infatti i macellai svolgere contemporáneamente, nella caccia del "Zioba", il molo di boia virtuale e di sacrificatore, senza che ció risulti per loro infamante: si irattava di un onore loro con-cesso per il ruolo avuto nella Guerra di Chíoggia, mentre il boia organizza le cacce di contorno come quella del gerinaio del 1518 in campo San Polo, della quale "Albane-setto bogia publico et alcuni altri socompagni" era "capo" (Diari 25,215). Per la vicinanza técnica tra macellaio e carnefice, i Romani chiamavano i) boia "carnifcx",6 ovvero colui che rende l'uomo carne (Devoto, 1987), non sorprende che il secondo utilizzi tecniche e strumcnti che appartengono ai "becheri" (Balestracci, 1993,196; Baronti, 2000,212). II carnefice, lungo il percorso che porta al patibolo e sul patibolo stesso, deve compiere le stesse operazioni che sono richieste quotidianamente ad ogni macellaio: sul luogo del dehtto o a Santa Croce talvolta eglí deve tagliare un arto al reo. generalmente la mano abile e utilizza assai probabilmente, come nei Paesi di lingua tede-sca, la piccola scure dal taglio fortemente convesso che si pud vedere impugnata in un'illustrazione xilográfica del primo XVI secolo che mette in mostra tutti i supplizi in uso in Germania all'epoca - probabilmente copiata da quella che illustrava il "Tangler Laydenspiegel" edito a Norimberga (1508)-: neli'incisione di Ammán Jost precedentemente citata si vede, a sinistra, lo stesso strumento in mano a un macellaio che, aH'interno della su a bottega nelle Beccherie, sta tagliando un grosso volatile. Nel "descopamento" che vediamo utilizzato contro Bartolomeo, un feroce sacerdote filoimperíale di Maraño, al condannato viene "per il boia datolo di la manara drio la copa" (Diari, 18, 48) ovvero colpito, probabilmente col rovescio di una scure usata come un martello, sulla nuca secondo un uso anch'esso legato alia pratica dei macellai: "copar" ha l'accezione di "uccidere col percuotere sulla copa, come ad esempio si fa con i buoi" (Boerio, 1998).7 Quando era di scena l'impiccagione prota- 6 Un ricordo di ció si puo trovare nella Treviso treeeotesca dove il boia era cliianiaío ufficialmeme "be-carius" (Marchesan. 197!, nota 3) 7 Questa acceziotie sembierebbe comraddire quanto riportato sempre dal Boerio che definisce la "manera" come "propriamente il colteilo a due mamchi usato dal Maestro di giustizia per tagliar la testa". 203 ACTA H t STRIAE • 10 • 2002 • I Serano BOTCATO. LA PESA CAPITALE A VENE2IA SCI PRIMO XVI SECOLO : l H4-I525I. 199-222 gonista era la força, costituita da due grossi paíi che ne sostenevano un terzo, legato ad essi o poggtante su due biforcazioni, uguali a queiii usati nei macelli; quando inoitre il cadavere del giustiziato ~ come nel caso dei traditori come quel prete di Maraño - doveva essere poi appeso per i píedi, allora diventava perfetta la somiglianza ira ii reo ed un animale da macelio, quale si puô vedere nei quadro delfa bottega dei Bassano, "il ritorno del figliol prodigo" oggi alia Gallería Doria Pamphilj di Roma, datato al 1575;8 aitrettanto, se succcssivamente alla decapitazione o alia irnpiccagio-ne era previsto che il boia dividesse la salma in quattro parti, da appendere poi ad al-tre forche, come si fa ogni vol ta che si ha tra le mani un animale e si vuol iniziare a trasformarlo ín cibo. 11 passo tra i due mestieri non è cosí breve poiché l utilizzo degli stessi strumenti e delle stesse tecniche deí macellai non fa necessariamente del boia un "becher" con-vertitosi a braccio della Legge: se cosí fosse, benché in Sañudo non se ne colgano tracce. avremmo di fronte un uomo che, sapendo ticcidere tori, troverebbe ben piít semplice spiccare una testa umana, mentre i boia che emergono dalle pagine dei Dia-ri mostrano qualche difficoltà a usare meno di tre colpi di maglio sulla lama della ghigliottina9 per decapitare i reí.10 I primi a voler evidenziare le difíerenze tra se stessi e i boia sono gli stessi macellai, che devono salvaguardare la loro posizione di Arte importante - che infatti eleggeva, per espresso "breve'1 di Eugenio IV Condulmer, il pievano della chiesa di San Matteo presso Rialto (Tassíni, 1970. 69) - orgogliosa del suo operare1 ! : il diver- Sanudo, perô, a proposito di Bartolomco, nota che "cazete sul soler" dopo i) colpo e "poi esso boia !i dete più di 4 a lire gran bote": il iraditore non sarcbbe poluto cadere se fosse stalo ben bioccato daí bracci della "ghigliottina" (vedi noui 9). ln un altro caso di descopamento (Diari, 31, 164-165) con¡-ptuto su un'iixoricida, la donna non mort subito e if boia, per finiría, ¡e diede "di cúrtelo net cuor s ne la gola": cosa inutile e ¡mpossibile se fosse stata decapita ta. [ movi menti che il cadavere compie ancora derivajfo infatti lia una lesione del cerveJietto, conseguenza naturale del colpo nella zona occipitale vibrato dal boia. 8 Le fonti iconogra fiche úsate sul lavoro dei macellai risalgono alla seconda me là del Cinqueccato, quando si diffonde la pittura di genere (Masón, 1999) 9 La "ghigliottina" veneziana c una struttura composta da un piccolo rialzo in leguo, che accoglie il eolio del condannato, al qualc sono collcgale lateralmente due guide lignes tra le quali la lama se orre verticalmente ad ogni colpo di maglio: con grande precisione si trovava dipinto come strumenio della decapitazione (Jacopo da Varagine, Legenda Aurea) di San Gtacomo nell' affresco del Mantegna nella Cappella Ovetari di Padova - ma Christianscn (1995, 54) la considera "un'originale interprelazione che ri se u oie l'ammirazione degli amanti del l'ant ico" - cosi come nel Martirio dei santj Primo c Feliciano dipinii da Vercmese per t'Abbaziadi Praglia (fonti scritte sulla ghigliottina in: Traverso, 2000, 83). il reo subiva, come si vede in taii raffigurazioni, la sua sorte disrtso al livello dei piedi del boia, benché la frase del Sañudo "Sier Tadio se inzenochiô al zoco, pregó tutti dicesse un'Ave Maria per lui e li fô tajà la testa al primo colpo" {Diari 28, 589) sembrerebbe mostrare un condannato che appoggia la testa su un ccppo: in realtà Tadtleo da Canal si inginocchiô pnesso la ghigliottina, pregô. quindi si distese e ven ne decapitólo. 10 Sull'impcrizia dcl boia comc topos diffuso Baronti, 2000, 231 -232. î 1 Per un panorama sulla categoría in Europa Berengo. 1999,493-501 204 ACTA HISTR1AE • 10 • 2002 • I Siet'aiio eue ATO- LA PENA CAPITALE A VENEZIA tía. PRIMO XVI SECOLO (!5H-I5Z5>, 199-222 so grado di prolessionalità poteva essere un buon argoniento in una città che rispeua-va molto le competenze e ie capacita specialistiche (Diari, 24, 434) dato che su di esse aveva costruiio parte deila sua fortuna commerciale. D'altra parte, pur senza richiedere la spécializzazione necessaria ad un macellaio, il lavoro del boia, a Venezia, non era appannaggio di chiunque: Albanesetlo, dopo essere stato arréstalo per un ornicidio in Pescheria, continua a svoigere le sue man-sioni per altri quattvo anni dopo la sentenza che lo condannava a morte (Diari, 29,191), coilegato alie Prigioni di Paíazzo con un curioso cordone ombelicale: una corda legata ad un piede, che gli permette di lavorare senza impacci, ma senza possi-bilità di fuga (Diari, 28, 589), Boia e beccai sono comunque uniti dall'operare, rispettivamente su uomini e ani-mali, "di grosso", differenziandosi di conseguenza da catégorie professionali quali il cerusico e lo scalco, che invece si identificano nel lavoro di precisione: colui che og-gi chiamiamo chirurgo e chi forniva i tagli migliori ai partecipanti ad un banchetto talvolta erano la stessa persona che meiteva a disposizione di feriti e commensali l'abilità nell'usare il corredo di piccoli strumenti da tagiio: I'erigo, "barbier" per l'ap-punto, faceva da scalco ad un banchetto, organizzato dalla Signoria alla Giudecca, in onore de! Duca di Mantova in visita a Venezia nel 1520 (Diari, 28. 533). Questa differenza nella scala in cui lavorano il boia e il cerusico e nelle conse-guenti qualità richieste. costituisce il primo motivo per non avvicinare nei primi de-certni del XVÎ secolo la figura del primo a quella del secondo: il rapporto tra i due nascerebbe dalla continua pratica del carnefice con il corpo umano, che farebbe del patibolo un tavolo dt disseziotte ove " le mani del carnefice si muovono delicate (...) come quelle di un chirurgo (...) si direbbe con estrema cura di non ledere gli organi vitáis" (Camporesi, 1988, 17-18).12 A Venezia la delicatezza perô non sembra certo caratteristica peculiare di coloro i quali svoigono l'officio di boia, ma é ovvio trovarla nelle botteghe dei maceliai che hanno un interesse pecuniario a non rovinare le interiora dell' animale che venderanno. Il boia poi non sembra cosi esperto del corpo umano, se proprio un cerusico deve indirtzzarlo affinché tagli la mano del reo nel punto migliore (Traverso, 2000): é semmai l'anatomista a poter essere avvicinato al boia, dato che enirambi, quando si trovano a dover aprire un cadavere, utilizzano un coltello - come quel lo in mano al "becher" nel quadro dei Bassano già citato - lungo almeno un piede. trenta centimetri circa, ad un tagiio e mezzo la cui punta in su permette, prima, di compiere una pic-cola ¡«cisione dove inserirla, per poi tirare verso l'alto. Questo strumento campeggia in due incisioni che iJIustrano, la prima un trattato di medicina di fine '400, il "Fascicolus medicinae" di Johannes de Ketham edito a Venezia nel 1493, la seconda il primo libro del famoso trattato di Andrea Vesalio "De hu- 12 Su! boia come nomo-medicina dalle virtù laumaturgidie Harón ti. 2000, 146-192 205 ACI A HISTRIAE • 10 - 2002 ■ I Slcfttnn BOCCATO'. LA CAPITALE A VENEXlA NEL PRIMO XVI SECOLO i I' I I 5J.Ü, 199-222 manís corporis fabrica tibrí septem" edito a Basilea nel 1543, c tesnmoníano i! suo ulili zzo per tutto il periodo coperto dai Diaridi Marin Sañudo (Ongaro. 1993,255,271). La figura piü idónea al confronto con quella del boia sarcbbe il veterinario, dato che luso di tecniche beccarie per far moriré ¡1 reo ed esporre il su<> cada v ere non deriva solo daU'appropriarsi di una diffusa modalita d'uccisione. quauto dalla volonta di trattare il suo corpo come quello di un anímale, come si ritiene meriti la sua natura bestiaie e sia conforme ad essa, dato che egli si é falto strumento del la Bestia per antonomasia, il Maligno. Quando si copre d'infamia il reo e gli sí crea il vuoto intorno, ai lora possono essere evítate le. sevizie piü efferate, che negli altri Stati italiani e in Gerrriania specialmente hanno lo scopo di rendere. cosí teniibile la morle da spaventare i possibili críminali. Lo stesso risultato si puó ottenere in modo da non rendere la giustizia veneziana solo un Saturno che divora i propri figti; l'animaHzzazione contrasterebbe con la volonta aperta da parte deH'autoritü veneziana di "vadagnarli l'anima" (Díari, 18, 47-48) al condannato, che per primo richiede l intercessjone dei presentí con le parole pronuncíate durante il tragitto "...pregé per nuí" (Díari. 17, 771. Anche l'aspetto fisico vuole spingere l'osservatore ad una buon disposizione di spirito: i rei vengono spesso vestíti come penitenti, il capo coperto da uno "scuffione", talvolta a piedí nudi, mal coperti solo da una camícia e da una tela ñera che appartengono alia Scuoia di San Fantm i cui membri. vcstiti come i condannati - ma con i píedi al caldo — erano ad-detti al loro conforto. Erano proprio i confratcllí, in particolare il cercante, a daré l'ultimo tocco destínalo a muovere gli animi a pieta: mentre il condannato raggiunge-va il patibolo, il cercante doveva gridare " Un Pater noster, un'Ave Maria per questo nostro fratello" (Traverso, 2000. 53). La processione che porta sul "soler" - palco delle esecuzioni - il reo, organízzata intorno a Iui accompagnato dai confratcllí della Scuoia, riporta alia mente le immagi-ni toccanti delle processioni del Venerdi Santo che, sul modello di quella in Piazza alia quale partecipa il Doge in persona, coinvolgono i fedeli di ogni parrocchia veneziana (Diari, 27. 194) a ricordo della morte del Cristo, anch'Egli ucciso in seguito ad una condanna a morte, archetipo quasi di ogni persona in mano alia Giustizia e modello di comporta mentó per aver accetlato il verdetto. Ognuno di questi inviti suona piü convincente ed efficace se inscrito nell'atmosfe-ra adatta: il momento della giornata, oltre al íuogo ovviamente, nei quale viene ese-guita la sentenza di morte ha un ruolo notevolc nel rendere piü ricettivi gli animi de-gli spettator?. Non é ceno un caso aílora che alcune condanne capitali - come quellc che si concludono con la combustione del cadavere - si svolgano "poi vesporo", al tramonto, quando cioé prima l'arrossarsi della luce, poi la penorobra e irtfine il buio trasfígurano le normali percezioni visive. La riduzione della luce naturale, piü che evidente se la morte non interviene súbito, come nel caso del sacerdote traditore la cui agonía sembra durare due ore (Diari, 206 ACTA H t STRIAE • 10 • 2002 • I Siclimo B0CC ATO: LA PENA CAPITALE A VENE7JA NHL PRIMO XVI SECOLO f 1514-1533». I9v-.'J2 14.47). rappresenta una perfetta metafora della vita che scompare, verendo a sottoli-neare, tramite il dato delJ'evento naturale, quanto sla accadendo sul soler per mano t,imana, cosa non priva di importanza in un'epoca che assegna tanto ruolo alie stelle e ai fcnomeni atmosferici ritenendoli costituire un giudizio suile aítiviíá umane o lali da poterie influenzare (Diarí, 24,389). II simbolismo eventual mente presente ne! rogo - sempre solo del cadavere - conclusione di molte esecuzioni serali, (Dinri, 24,389) é opposto a queilo appena visto, dato che la massima luce segna ti momento appena precedente alia carbonizzazione completa del cadavere, alla sua irriconoscibilità. Anche in questo caso l'anlitesi tra luce e tenebre, che nel contrasto si valorizzano reciprocamente, sembra essere voluta dalle magistrature veneziane le quali situano il rogo nei momento di maggior impatto cosicché si imprima profundamente nella memoria visiva di chi assiste: le fiamme che circondano il cadavere possono costituire, per chi é convinto che la dannazione eterna sia il destino del morto, un assaggio di quelle che awinceranno l'anima maivagia nell'Inferno, come rappresentato nelle raf-figurazioni del Giudizio Universale. Proprio in quest'ottica puô trovare composizione la presenza, nel rituale della pena di morte, di elementi contrastanti se non contraddittori come l'animalizzazione e la pietà religiosa verso la sorte ultraterrena del reo. Dio gli salva l'anima perché vuole accanto a sé tutti i suoi ñgli, specie chi più si è allontanato da Lui: le sofferenze come il tagiio della mano sul Uiogo del delitro diventano una vía per facilitare al reo un ar-rivo veloce in Paradiso e potrebbe.ro aver lo scopo, proposto dubitativamente da Chiara Traverso (Traverso, 2000. 55) di separare dal corpo del reo lo strumenio della sua perdizione, una traduzíone in pratica di quanto scritto in Marco (9, 43-48) e Matteo (5, 29-30): "se la tua mano ti fa compiere il maie tagliala e gettala via", "é meglio entrare nella vera vi la senza una mano piuttosto che essere gettato nel fuoco eterno con due mani" (Matteo, 8,18). Anticipando quelle del Purgatorio, anche le sofferenze spirituali legate alla consapevoîezza deîl'indegnità della condotta lerrena possono avere una valenza edificante. II potere político veneziano puô venir qualificato dai suoi detentori come stru-mento della gíustizia celeste dalo che l'esecuzione capitale diventa parte di un progetto saivifico - profondamente sentiio anche al di fuori del Palazzo, tanto da ritenere un dovere che ad ogni reo, prima di moriré, venga data la possibililà di prepararsi al giudizio divino; per questo il conforto è sottolineato, non solo per íare della punizio-ne volta a soddisfare l'uomo una punizione voluta da Dio né per proteggere lo status quo político (Baronti. 2000, 278-292) che giusttficherebbe il ricorso alia mano del boia per mdurre il reo a convertirsi. Si puô spiegare ai lora la persistenza del conforto spirituale anche quando l'esecuzione non è pubblica e Túnico testimone sarebbe il reo che, morendo, non potrebbe denunziare aicunché: ad Alvise Fantin Gornbo, o Gobbo - appaltatore della flotta papale e traditore di Venezia - fu dato di confessarsi e comunicáis; per l'ultima volta la sera del 4 dicembre 1521, prima deil'esecuzione che il 207 ACTA HISTRIAE ■ 10 ■ 2002 ■ 1 SKÜBO BOCCATO; LA PENA CAPITALE A VENEJIA NT:!. PRIMO XVI SE( 01.0 <¡514-1525). IW 222 Consiglío dei X aveva voluto awenísse segreuimente per strangolamemo nelle pri-oiom di Pafazzo; la martina segueiíle Ja cassa che lo conteneva cadavere era seguita da quattro preíi che to accompagnavano al címitero (Diari, 30. 210). 1 passaggi di questo percorso concettuale si trovarlo nassuntí in immagini assai efficaci nel panorama che i! reo trova di fronte a sé una volta sul soler deil'esecuzio-ne. Alla sua sinistra, (Morresi, 1999, 24) macelleríe, pollerie, panifici - la vita quoti-diana che sta per abbandonare - frammiste ad osterie, luogo di perdizione per antonomasia. Davanti e intorno, il numeroso pubblico - i! prossimo verso il quale ha pec-cato e al quale demandare perdono. Pili in fondo, la coppia dei Pilastri acritani che fiancheggiavano l'enlrala laíerale di San Marco: se avesse potuto varcarli, avrebbe salva la vita, mentre ora, tra le Due Colonne, deve affidarsi alia Cliiesa per aver salva l'anima; a destra, Palazzo Ducale, strumento di tale conversione. Nell'infilata della Loggia risaltano le due colonnette (notevole la persistenza di questo patlern) di mat-mo rosso, a richiamare la sanzione del doge alla condanna e significare ií suo sguardo vigile: fra di esse egli s'affaceiava nelle occasioni ufficialt. Sulla íacciata, a conclu-sione dcU'itinerario espiatorio, tre spade di giustizia: una si staglia contro il cielo so-pra il "pergolo" ducale in mano a Venezia-Giustízia, concetto replicato in forma quasi di sigillo nel tondo sopra la tredicesima colonna; la terza, sulfo spígolo di Palazzo, è brandita da San Michele. Lo sguardo che il Palazzo sembra rivolgere verso il condannato sí concretizza quando l'ampia loggia in occasione di "justítie" viene usata come tribuna (Diari, 18, 47). II punto di vista che permette di spaziare daifalto, ma a distanza dal soler, su tutta la Piazzctta, si configura tuttavia anche quale metafora spaziale del contesto istituzionale in cui inquadrare il signifícalo delle esecuziom capital!; contesto che supera l'hic et nunc della singóla condanna, e le cui dimensiorii e complessitü vanno correlate all'amplissimo e variegato raggío di competenze detenute dajie magistrature veneziane, quaii in parlicolare ii Señalo e il Consiglio dei X. Osservando la loro azíone possiamo fácilmente notare la compresenza, se non la fusione, di un'attività amminisirativa e di una piu propriamente giudiziaria: azione política quotidiana di-retta a risolvere pragmáticamente i problemi della conduzíone di uno stato all'interno di forme precise, che non escludono una partecipazione emotiva, specie in casi di déliai contro lo Stato, come il tradimento, che chiamano in causa ¡1 patríziato- Lo sdegno che pervade ¡'animo di Sañudo é tale da portarlo a rallegrarsi quasí delle alroci sofferenze patite da Bartolomeo, íl sacerdote traditore "ruina di la patria" che oltre ad aver falto conquistare agli Imperial! Maraño, centro fondamentale per la difesa dei terrítori veneziani dalle incursioni proveniente da est, aveva comandato sotto gü ordini di Cristoforo Frangipane le milizíe contadíne che avevano tortúralo e mutilato in massa gli abilanti di Mozana arresisi dopo che era stata loro promessa la vita (Diari, 18,26): descopato e poi, una volta issato sulla força con una corda iegata a un piede, lapidato dal pubblico aecortosí del mancato decesso (Diari,18, 47-48). Lo 208 ACIA HiSTKlAE • 10 - 2002 • l Swf.mo BOCCAÎO. LA rr.NA CAPITALE A vi v . (A xta. PRIMO XVI SECOLO il íl4-iÜ25I. 190-222 sdegno di Sañudo pero non lo conduira mai a desiderare in sé e per sé l'annienlamento físico del reo perché la pena capitale non pud essere ai suoi occhi un sernplice stni-mento di vendetta: ii traditore puo trovare la morte solo secondo i crismi deíh Legge e quindi, tra I' altro, pubblicamente, in opposizione al suo muoversi neli'ombra. Ese gui re una condanna secondo le regule codifícate significa fare atto d'omaggio alia tradizione: un comportamento o un provvedimento sonó diventati norma al tempo di Sañudo in quanto clii l'ha preceduto li ha ritenuti in grado di incidere sempre sulla reaîtà e il tempo ne ha certificato la perfezione.Esaltare la tradizione, copione típico dei momenti di crisi - Venezia aveva visto la possibilité di spariie come entità indipendente in quel 1509 - ribadisce l'esistenza di un passato secolare, auspicio per un futuro ugualmente lungo e ai contempo mostra che nulla è cambiato: un evento, per quanto straordinario, non puô turbare la "serenità" délia Signoria e délia "terra": dato che Venezia specie nei suoi rapport! con lo Stato da Terra, si rappresenta come Giustizia (si vedano le opere seul (oree, all'csterno di Palazzo Ducale) un cambiamiento nella sua amministrazione e nel suo rigore puô far perdere alla Repubblica il ruolo che ne giustifica il dominio. La sovratiità trova la sua massima espressionc, d'altra parte, nella pena di morte, il momento nel quale non si puô più dubitare del potere effettivo detenuto dall'auto-rîtà, da sempre ritenuto tale solo se comprendente lo "jus sanguinis", il diritto di vita e di morte. La pena di morte mantiene questo suo ruolo solianto se eseguita secondo le rególe, in quanto a loro volta strumento principe délia sovranità: senza di esse il potere centrale decadrebbe dalle sue funzioni e ritornerebbe ad essere come in origine un potere locale in lotta con altrt simili. Paradossalmente la volontà dt dominio, seppur blando, dà origine ad un circolo virtuoso che. ancor più paradossalmente, in Terraferma. almeno nei primi decenni del Sedicesímo secolo, va a vantaggio degli imputati, tutelandoli da poteri assai meno scrupolosi di quello veneziano nel campo delle garanzie. L'importanza notevolissima assegnata alie legalità non impedisce ai "zentilhome-ni" di decretare condanne a morte da eseguirsi in segreto dopo un processo niente af-fatto pubblico e addirtttura senza verbale: tali decisioni arri vano spesso pero solo dopo discussion! accese in Consíglio dei X, única magistratura dotata di un rito giudiziario segreto - come quando si decise questa sorte per Nicoiô Sanguinazzo, passato agli Im periali solo per risolvere con l'esercito alcune controversie prívate (Diari, 19,246). La segretezza - motivara dalla nécessita di non turbare i rapport! con la Santa Sede, altara aileata, con una pubblica esecuzione per tradimento - della condanna di Alvise Pantin, tornato a Venezia per "desviar maistranze", spingere gli opérai dcl-l'Arsenale ad andaré a costruire galee per ti Pontefice, è tale infatti che lo stesso Sañudo si fa un'idea delle decisioni sulla sorte di Alvise solo in modo mdiretto: quando per caso vede che" '1 fu mandato a comunichar," egli ipotizza "overo stava con effecto mal, overo stà libera dal Conseio di X di strangolario come credo" (Diari, 30,210). La 209 ACTA HISTKIAE ♦ 10 • 21)02 ■ i Skrfimo BOCCATO: LA PENA CAPITANEA VE.MKIAMGL.PRIMO XVI SGí = >1.0 fl5M-l5J5). IW-22J. propensione per ¡I secondo corno mostra che tali pratiche non era no tanto tare.13 Ii duplice comportamento che si configura non va liquidáis come ipocrita, essendo detiato in moiti casi dalla consapevolezza che, per mantenere una situazione nella quale la legaiitá sia suficientemente presente, é necessano. a maggior ragione nei momenti piü gravi, affidarsi a stmmenti da essa aliení: un nuovo conflilto o uti allar-gamentodel fronte poteva da un lato metiere in pencólo la sopravvivenza delle Stato, e quindi della fonte prima della legaiitá; dall'altro induceva il Consiglio dei X ad accan-tonare la sua attivita giudiziaria per concentrarsi sulla gestione del conflitto. in parti-colare sulla lettura dei dispacci e defle lettere che gli arrivavano daj Rettori e Provvedi tori operanti nel teatro degli sconlri, come dagli "oratorFalle Corti straniere - situa-zione particolarmente evidente durante la nascita di due alleanze franco-venete, quella firmataaBloisnel 1513 e quella del 1524, e delle prime operazioni congiunte. La condolía della guerra richiedeva l uso di eserciti e allora il Consiglio dei X si riuniva "per trovar danari" (Diari, 37, 316) che ve ni vano raccolti anche tramite la vendita di grazie e asssoluzioni - persino a fuorinsciti come ,1 acopo e Francesco Al-varotti il cui padre era morto in carcere da ribelle (Diari, 318, 282) che liheravano i Diecí dal dovere di giudicare i prigionieri in attesa di gíudizio e permettevano di smaltire parte dcllarretrato che si accumulava in materia penale, La motivazione di questa sospensione delle garanzie puo apparire deltaía solo da volontá di autoconser-vazione. Da quanto riportato nei Diari, emerge pero un'ossessione quasi, in certi am-biti del patriziato, di percepire il proprio operato come iegale: in Consiglio dei X viene proposta e approvata una parte che prevede una limitazione a due mesi soltanto, perahro poi prorogata, della possibüilá di assolvere e grazíare, quando parra all'Ec-cellenlissimo Consiglio, ehi doni o presti somme di denaro in proporzione al reato commesso (Diari, 37, 317). Questa "parte" prova come, un realismo político assai spregiudicato sí inserisca, o meglio, si coniughi con una preesislente matrice ideológica carattei izzata dalla fortis-sima adesione al repubblicanesimo, una delle cui componenti é l'elica del potere di origine romana, che comporta la visione della legaiitá come cid che contraddistingue e giustifiea il potere pubblico. É un comportamento quasi obblígato dali il contrallo reciproco che le varié magisírature esercitano una sull'altra e l'azione giornaliera degli Avogadori, pronti ad intromettere decisioni non conformi alie leggi veneziane, L'attivitá degli Avogadori é facilítala dalla lettura durante la fase giudicante di tutto il fascicolo raccolto durante le indagini, ossia le testimonianze pro e contro l'ac-cusato, terreno di battaglia tra gli avvocati. Quando ció non accade ed é lo stesso Avogadore, che sostiene l'accusa, a proporre una lellura parziale dei verbali, la parte 13 Una técnica analoga, in quanto non provoca spargitrtento di sangue né lascia tnicce, e una motivazione paragonabile, si possono riscontrare in un'altra esecuzione "privata": un corsaro turco, catturato e mandato a Venezia roeotre era in vigore una tregua con la Porta, viene fatto segretamente aimegive (Diari, 36, 338) 210 ACTA HISTKIAE • 10 ■ 2U02 • 1 SlefatwBOCCATC: L A PENA C APITALE A VEM-ZIA N'FJ., PRIMO XVI SECOLO (15H-I32Í). 199-222 avversa si rivolge alia Signoria per tutelare il suo assistito. (Diari, 30, 144). Tianne nei casi trattati in Consiglio dei X, chi veniva accusato poteva contare su una buona difesa. sorprendentemente simile a quelle moderne, assicurata dall'Avvocalo dei pri-gionieri. difensore pubbiico, il quale talvolta, come nella persona di Angelo Badocr, svolge il suo compito non come un'incombenza di routine meramente fórmale, ma studiando una linea difensiva molto articoiata e calíbrala sulla spécificité del caso. Badoer, come gíi altri avvocati che talvolta completavano il collegio difensivo, cerca di sviscerare l'interazione tra il reato e chi i'ha compiuío al fine di uttlizzare gli elementi ottenuti per ridurre di fronte alia corte la responsabilité oggettiva del reo e la gravita del reato, come si pu6 vedere bene nella difesa per i due giovani ladri di mantelli (Diari, 29, 183), Questa fase è preliminare all'ultimo momento della difesa: l'esaltazione delle qualità dell'accusato tramite la quale gli awoeati possono far leva, fino al ricatto. sulla sensibilité dei giudici. di cui sono note le propensioni, a causa dell'appartenenza alio stesso ceto dell'Avvocato dei prigionieri e dei Quarauta. Uíteriore garanzia si puô ravvisare nella pubblicita dei processi per i reati comuni che possono portare alta condanna capitale: il processo di Bernardina, che aveva uc-ciso il marito che la mallrattava da decenni. infatti si svolge in "Quarantia criminal pubbiico" (Diari, 31, 164).. "...era assà persone venuto per vederlo", caso non isolato (Diari, 33, 447) che mostra come gli abitanti di Venezia sfruttano numerosi questa possibilith. Propño taie assembramento puo essere causa di una regolazione delVam-missione del pubbiico: i giudici possono vedersi costretti a dover cambiare aula, come nel processo contro quatíro ladri sacrileghi durante ¡1 quale dalla Quarantia crimínale si passa a quellaNovissima (Diari, 18,579). Il condannato non sara uno sconosciuto per gli spettatori, dato che se ne é voluta conoscere la storia: i suoi gesti e le sua parole verranno íetti dalla folla in relazione a quanlo di lui é emerso nel dibattimento, confermando o no il gíudÍ2io che sulla sua persona si ó fórmala: ció diventa determinante nel bilancio inappcllabile che la morte impone e che definisce nei posteri il ricordo del reo. Sono proprio i suoi gesti e le sue parole, gli uitimi délia sua vita terrena, a catalizzare l'attenzione e a rendere l'esecu-zione estremamente intéressante, mentre in apparenza dovrebbe essere uno "specLa-culo" (Diari, 2S, 582) non particolarmente appetitoso, dato che ognttna sí svolge sempre secondo un niedesimo schéma. Proprio questa struttura che non riserva più sorprese. permette agli elementi legati ai protagonísfi della vicenda di essere seguiti al meglio: ci si puo cosí concentrare sui particolari senza essere distratti da altro. L'attenzione ai singoli elementi che compongono íl rito dell'esecuzione trae la sua origine dai clima religioso dell'epoca, che tanta importanza assegnava alia capacita di percepire sia sentimentalmente che come reali le "istorie" che avevano Cristo e i Santi come protagonisti. Una vera comprensione di quei "misten" si poteva raggiun-gere solo arredatulo nei minimi particolari la scena in cui do ve va no svoígersi e riempíendo il tempo intercorrente tra due sezioni consécutive della sequenza narrati- 21 ACIA H1STK JA £ ■ 10 • 2002 • I Štefane BOCCATO. LA PENA CAPTI ALE a VEN'EZtA NELPRIMO XVI SECOLO (SÜ4-15251. i99-222 va desenlia nelle Scritture con un vero e proprio fluiré filmico di immagini, gesti e parole deí personaggi completamente ricostrüiti dalla mente del fedele: ¡'anonimo autore del "Zardinode Oration" (Venezia, 1494, XUIr) si rivolgeva ai suoi ascoltatori virtuali chiedendo che "trascorrendo ogni atto" pensassero "faciando dimora sopra ogni acto epasso" (Baxandall, 1978,5S). 1 singoli elementi che componevano questi racconti visivi andavano poi osservati uno per uno per poíerne comprendere il significato teologice nella íraccia segnala daH'esegesi medievale. Questi processi mentali tornavano utili alie autorita che ab-biamo visto assegnare ad ogni frammento del lungo rituale dell'esecuzione specifici signiñeati da riman ere poi ben stampati nella memoria dell'osservatore, cosi da eser-citare un influsso duremiro: stesso scopo che l'autore del "Zardino de Oration" poneva come incipit alie sue tecniche per compartccipare ai racconti sacri " acid che tu me-gho le possi imprimere nella mente". Tale atliiudine di fronte alia pena di morte permette di ¿Iluminare il significato da assegnare al termine che spesso Sañudo utilizza facendo rifenmento alí'esecuzione, "spetaculo", alia cui forma italiana l'etimologia associa tre diverse aree semantiche: queste si attagliano perfettamente, nell'ottica dello spettatore, all'azione che consiste nell'osxervare con attenzione e a lungo (Devoto, 1987; Gianni, 1988) cose impressio-nanti (Palazzi, Folena, 1992) in una rappresentazione organizzata rivoita ad un pub-blico (Gianni, 19¡>8). II soler stesso fa percepire che l'elemento teatrale sia quasí di-chiarato, mostrato senza camnffamenti: questa struttura di legno é quella che piü co-munemente accoglie gli spettaeoli di saltimbancbi o delle Compagnie dt Calza, le compagnic. di soli patrizi che rechavano sia per allietare gli svaghi del loro ceto sia in onore di personahtá straniere in visita. Poiché questi stessi patrizi sono coloro che in altra veste decretentnno condanne capilali, non é illegittirno supporre in loro la con-sapevolezza delle connessioni tía mondo delle scene ed esecuzioni, che, avvenendo in modo idéntico di anno in anno, costituiscono una "praesentatio" ripetuta nel tempo dell'idea del ceto dirigente veneziano ha del suo ruolo. É necessario allora che i protagonisti delia "prima" si comportino come stabilito, dato che. la rappresentazione é pubblica, único momento nel quale si vede in azione, nella sua fisicitá la forza punitiva dell'auloritá. L'attenzione di tutti si concentra sul-l'operato del boia che, perché la pena rimanga giusta secondo i codicí di chi l'ha cornmínata, deve essere un mero e coscíenzioso esecutore. La magistratura autrice della sentenza desidera anche, pero, che il boia non riduca la durezza di quanto stabilito. Egli viene controllato anche in occasione di pene minori: il carnefice che non aveva frustato a sufficienza un reo d'aver insultato una gentildonna viene intromesso in Quarantia dagli Avogadori che per lui propongono la prigione (Diari, 24, 139)14. 14 ln virtu del controllo c.ui e softoposto, il boia i tm impiegato pubblico c. tale vienc considerato (Diari, 25, 215): non essendo egli separato dal resto della soeieta, ma ingranaggio orgameo deila macchina giudtziaria. a Venezia manca siaia sua relegazions nella sfera dellimmoudo quindi intoccabtle {Ba- 212 ACTA H t STRIAE • 10 • 2002 • I Stctano ROCCATO I A PENA CAPITALE A VENLZIA MU. PRIMO XVI SECOLO <1514-15 03). ¡99-122 Per controllare la correttezza procedurale delf'esecuzione, infatti, i! criterio prelimi-nare, quello piü fácilmente verificabile, é il luogo, dato che un cambiamento in que-sío campo non puó passare inosservato o essere attutito, se non nascosto. con pochi gesti e parole. Ferció Sañudo ad esso non si riferisce mai, come invece piü spesso ac-cade in Tenraferma. come "locho solito", termine che lui r¡,serva ai puncí dove sorgono le forche che mostrano i resti degli squartati, ma lo definiste con estrema preci-sione "ira le do Coionne".1" Non altrettanta atlenzione Sañudo dedica al significato delle varié fasi dell'esecu-zione, anche se una loro percezione errata avrebbe potuto rivelarsi perieolosa. L'as-senza di parole chiave che verifichino la correttezza in questo campo puó indicare che, cssendo i messaggí costantí ací ogni esecuzione, ne costituiscano uifimplicazione tanto ovvia da non mentare cenni: Sañudo si dirnostrerebbe in tal modo coerente con la sua volonta di registrare ció che é particolare, "da notar" perché irripetibile o "da saper" perché ¡Iluminante, D'altra parte quei significa!,i non risultano esplicitati in atti chiari e codifkati, ma solo suggeriti: i modi utiiizzati per uccidere il reo non sono tutti tratti dall'uso di macelleria, ce lo confermano le forche e le piteóle ghigliotíine peculiari di Venezia. La trasformazione del reo in anímale non puó dirsi mai completa sul soler: di fatto, perché sia evidente e passi dal livello di metafora a quello di realta sensibüe, bisogna attende-re il Carnevale, quando nella eaccia del Giovedt Grasso, mentre glí uomini si camuffa-no, il condannaío é sostituito sul "patibolo" da maiali e tori. Ugualmente accade per Vassimilazione, suggerita dall'atmosfera piü che da chiare parole, del morituro al Cristo patiens: anche a livello iconográfico non viene proposta, mancando infatti per questo periodo nell'arte veneziana raffigurazioni documental! di pene di morte. ínoltre, quanto dal soler si presentava agli occhi del condannato non era frutto di precisa pianificazione urbanística volta a determinare forma e struitura della Piazza in funzione dell'edificazione del reo, il cin punto dt vista avrebbe animato talí significan solo pochíssimi giorni l'anno; e va anche tenuto presente che in precedenza le esecu-zioni si tenevano in luoghi dífferentí, come il íato verso il Lido dell'Isola di San Gior- L'apparente reticenza di Sañudo va ascrilta quindi anche alia duttílíta dei signifi-cati: un'esposizione troppo esplicita, quando vi fosse, avrebbe potuto daré la possibi- rontí. 2000, 127) sia il paragone tra il carne lice e il sovrano, derívalo dalla sua onn i potenza sul pali-bolo (Baronti, 2000,134041). 15 Le «lue Colonne possono essere ¡mese come un monumento che segna un confine non solo geográfico (Traverso) come le colonne d'Ercole, itidicano i! limite da non superare pena la morte. D'allra parte erano presentí nell'immagínario dei Venezíani a causa della loto raffigurazione nello slemma. diffuso in xilografía On dall'incoronazione (Madersbadicr. 1 2. f¡g. 2t4) rfi Carlo V, ostile a Vcnezia come il predecessorc Massinriliano, eche aveva posto sotto di esse l'arrogante motto "Plus ultra" dalie con-notazioni tieganve riguardo tjuci limite, secfmdo un senso che non poteva garbare a chi coimninava morte ira due Colonne. 213 ACTA HISTR1AE • 10 • 2002 • I Stcfano BOCCATO: l-A PENA CAPITA1.E a VENE7JA NEl. PRIMO XVj SECOLO H?M-lí2Sr. 199-222 lila di notare il di vario ira quanto veniva predícalo e come si razzolava, come agli oc-chi del ceto dirigente veneciano mostrava bene, con i giudizi ciie ne seguivano, la condona del Papato, che in quegii anni usava troppo spesso per fini temporal! le armi spirituali. Qualora il suo signifícalo si fbsse cristaüiz-zato, ¡a pena di inerte sí sarebbe trovata incanalata in binará che potevano limitare la libertó dell'azione política. La scelta di un'esposizione suggestiva piuttosto che assertiva permetteva un migiiore adattamento alie diverse situazioni, non essendo tutti uguali i condannati: di fronte ad un traditore, la sua somiglianza a Cristo non poteva essere sottolineata. Ogni persona poteva far proprio quanto riceveva secondando la propria mentaliía, tradizíone cultúrale, umore perfino, per di piü senz'accorgersene, a causa della mancanza di un'azio-ne che traducesse in realta l'immagine della metáfora con la quaie confrontarsi. Per verificare quest'ipotesi dovremo allora assicurarct che la pena di morte venis-se accettata e indagare poi su corne e cosa venisse recepito. Le premesse sono ottime: il paíriziato si propone come un potete che si attiva in reazione all'azione crimínale, di conseguenza sanziona una libera scelta del reo, il quale volontariamente ha deciso per il maie applicando il suo libero arbitrio, caposal-do del pensiero cattolico sottolineato in questi anni - il De libero arbitrio di Erasmo é del 1524 - in contraddizione con le dottríne riformate che vi opponevano la conce-zione deH'impossibílitá umana di partecipare alia propria salvezza o, in seguito, il concetto calvinista della predestinazione. L'azione giudíziaria che costituiva il primo passo di questa reazione, come sap-piamo, era sottoposta alia legalitá, verificabile dal pubblico presente al processo. Le stesse modaíitá dell'esecuztone, anche al di la del controllo sol boia. andavarto nella stessa dírezione, tenuto presente che quanto per noi é segno di ferocia come il taglio della mano, allora non veniva considérate tale, specialmente se connesso al peníi-mento: in un miracolo di Sant'Antonio, il beneficiario delle capacita taumaturgiche si taglíava il piede coipevole di aver dato un calcio alia madre. Venezia agiva ex officio fornendo strumemi ed esecutore. II taglio della mano favoriva la salvezza del reo in accoido con il dettato di Cristo. La constatazione che le condanne seguivano e Venezia i cicli di aumento e dimi-nuzione dei crimini conferma la mancata protervia nell'azione della magistrature ve-neziane e l'accettabile ragionevolezza delle loro sanzioni: durante la settimana si pri-vilegiavano al massimo i giorni di mércalo, come il Sabato, in cui gli spettatori erano piü numetosi,16 durante l'anno si verificano piü condanne in estáte, periodo di mag-giore mobilitá, di vita mondana e di influenza negativa del clima, cosí come sul lun-go periodo accade nelle fasi di incertezza economica e alimentare, di cui sono causa 16 Le autoriia venena« stettero comunque ben áltente a non turbare ie attivita commercialiconnesse ad una grande fiera-esposizione come quella dell'Assunta e alia folla numerosa: un ribcllc, "colega" di Bortolo da Maran, venne impiccato sull'Isola d¡ San Giorgio. lontano qutndl dalla Prazza. "per non disturbar" la fes la della "Sonsa" ed annessi banchi di Gioiellicri (Díari. 22,2001. 214 ACTA Hi.STR IAE • H» - 2002 ■ 1 Sicfimo BOCCATO: I. A PENA CAP!'! ALF. A VENE2J A NEL I'KIMO XVI SECOLO I ISM i 3231. g!¡ eventi bellici. Scrive Amonio Snudo, fratello del Nostro e podestá di Brescta nei 1524: queste guerre hanno falo di gran tristi" (üiari, 35, 389). Anche in queste situazioni il numero di sessioni di morte riportate da Sañudo e relativamente basso: glí undici anni presi in considerazione ne vedono una media di 3,5 i'anno. Sono poi pochissime, tra queste, queile decretare dal ConsigJio dei X, raf-forzando l'ipotesi che manchino sia motivazioní degü arresti puramente politiche sia volontá di giustizia sommaria, intesa nell'accezione moderna del termine, derivata dalia paura per una possibile explosione deilo Stato. Piü del doppio rispetto alie ese-cuziom volute dai Dieci viene comminato dalla Quarantia Crimínale: cosa owia dato che i XL si occupavano di reati comuni quali furto e omicidio. notoriamente ben su-periori in numero a queili contro lo Stato, pur intesi nell'accezione piü ampia di lesa maestá. La durezza delle pene accessorie, come il trascinamento a coda di cavallo o le tenaglie infuocate, infaman ti oltre che dolorose non doveva turbare piü di tanto, i reati contro la proprietá e la persona essendo queili che, ancor oggi, piü rendono insi-curi e fanno propendere per un'azione repressiva draconiana.17 Parlare di una consonanza ira potere e popolo allora non é fuori luogo, come ve-dremo, dato che le aspettative del secondo. pur senza accenti populistici, vergoña as-secondate dal primo. Cío avviene sia sul fronte interno, la quotidianitá del crimine, sia contro i nemici delía Repubbltca: l esecrazione violenta al limite del lineiaggio, del prete crimínale di guerra Bortolo da Maraño anticipa infatti la decisione di morte dei giudici (Diarí, 18, 25). Questa consonanza sembrerebbe luttavia contraddetta dalla constatazione che solo due sessioni d'esecuzioni, in piü di dicci anni, ríguardavano patrizi e ció avrebbe poluto indurre c-hi patrizio non era a riteoere che chi ammínistrava la giustizia certa-mente non l'avrebbe ritorta contro di sé: se cío puO avere un fondo di veríta, va considérala la frequenza con cui veniva comminato il bando, pena gravissima in quanto altontanava dal centro di un sistema in cuí ogni carica era elettiva, e non pochi furono i patrizi che lo subtrono. II clima é tale da poter riassorbire senza danno anche feno-mení degenerativi come considerare il reo un martsre per cupiditas pietatis o ritenere ingiusta la sentenza per una possibile identíficazione con la sua vícenda, conosciula assístendo al processo, o ancora provare compassione per il morituro in seguito al-f'attenzione spasmodica ai suoi ultimi ístanti. Lo stesso Sañudo pro va compassione per il condannato, specie se giovane e la pena pare troppo pesante, quando questi é ancora vivo e appare ancora un uomo che sta per moriré; a questo ¡dentikit corrispondono perfettamente due ladri ventenni col-pevoli di aver rapinato pochi mantelli senza spargimentó di sangue, i quali per la ¡7 I Quaranta ven i vano allora percepiü dalla popolazione non patrizta come i reaJi detenten de) potere di pimizione, da doversi íngraziare: il legame del patn/iato medio con la Quarantia Criminal pu6 rícolle-garsi non solo alia remunerazioee de Ha carica ma anche alJa posstbilitü da essa offerta di compensare la perdita di potete interno. 215 ACTA HISTH1AK • JO • 2002 • J Stefiino BOCCATO; tAPENA CAPITALE A VENE7.IA NEI PRIMO XV! SECOLO (¡514-15251.100.223 premedilazione deí íoro "delitti" vengono decapitad e squartati "per esempio" (Diari. 28. 238-239), ma questi seníimenti non gli impediranno di compiacersi poi dell'ese-cuzione che "tutti li piacque" (tutti trovarono giusta): vede in azione la Giustizia, segno che lo Stato é ancora saldo e inflessibile nel pone il bene pubblico, e quindt la sicurezza, al di sopra di ogni altra considerazione. Questa é l'opinione comune,'8 anche del reo se puô perfino accettare la sua sorte di buon grado, manifestándolo pubblicamente, non solo per le pressioni delle autori-tà. e se è giunto «ill'esecuzione convinto délia sua colpa e della rege lar i ta del processo che lo condanna a morte e che non ha fatto che mostrargli la sua abiezione: Sier Bertuzzi da Canal e suo figlio Taddeo, due deí ladri sacrileghi, mentre vanno sul pa-tibolo gridano di meritare "mazor morte" e se il padre racconianda al figiio di avere la forza d'animo necessaria, Taddeo gli risponde che andrà "a questa morte vofontie-ri" avendo offeso Dio con il sito furto (Diari, 28.589). In due celebri dipinti coevi a Sañudo, la giorgíonesca Madonna ieggente (Oxford, Ashmolean Muséum) e ¡a Pala Pcsaro di Tiziano (Venezia, Frari), nelle quali è conte-nuto il topos della Madonna col Bambino - che nelle composizioni veneziane del tempo comprendeva una simbologia connessa alia consapevolezza della futura Passionedi Cristo (Gentili, 1988,25) - si puô scorgere un riflesso della ricezione della pena capitale come "justitia". Nella loro ferrea coerenza iconográfica le Due Colonne non possono avere un molo casuale. Nella prima il Bambino, posato su una bara, guarda Maria che, mesta, iegge la Scrittura: i! futuro, è prefigúrate sul fondo, in una lontana Piazzetta San Marco dove, nella luce vespertina - l'ora delle esecuzioni - inlorno alie Due Colonne si addensa la folla accorrente che lascia al centro un cerchio vuoto- ío spazio per il solero. Nella Pala dei Frari due colonne, simili alie reali nel rapporto dimensional© con i personaggi sacri, occupano melà del quadro inquadrando due angioletti che mo-strano al Bambino, come confratelli della Scuola di San Fantin, una croce nera.19 La definitiva conferma di una diffusa percezione della pene di morte come giusta punizione potrebbe esser offerts dalle modalità con Je quali viene perpetrato un omi-cidio da una schizofrenica, per Sañudo semplicemente una "mata", a Venezia la mattina del 26 novembre 1520.20 Essa ttccide una bambina, sfruttando l'assenza di pa- 18 11 convincimcnto, precedente ail'esecuzione, della giustexza della condanna sembra mancare iri altií coniesti, se altrove, per assicurarsene, si atiende un intervento divino (Baronti, 2000, 36). 19 1.a colonna b símbolo iconográfico deirirtvmacolata Concezione, alia quale era dedicato faltare dei Pesare. fl problema costituito dalla presenza di due colonne e stato risoíto o deducendone i! senso di un'inteiisificazione del signifícalo o cercando signifteati esegeticí non ben collegati al contesto storico. La mía leuura peraltro non leude ad elídete quelle piii affermate, potendosi affiancar loro dato il ca-rattere polisemico delt'iconografia tizianesca (cfr. Valcanovcr. 1979,61, nota 14, tjeniili, 1990,29). 20 "Noto. La settirnana passata, a di... da maitina, fo festa, seguite uno caso molto memorando, che una femina mata, la qual stava a Sant'Agnese e passava spesso per certa calle a San Trovase dove una puta di anni... cridava "mata, mata" questa tolsc- tanto mal tal parole, che in questa maniría la passó di la vía, et hessendo la madre a messa, miró in caita, e< con un corteiazzo, che I padre era becher, si messe átomo a quella puta, e finita e morta li tajó la testa e la messe in una piadena: et voieva strangolar una 216 ACTA HISTUIAE • 10 • 2002 • 1 Siefw» BOCCATO. LA PENA CAPITALE a VENEZ! a NEL PRIMO XVI SECOLO (1514-153,3). i 99-121 renfi in quel momento, la decapita con un "corte! azo" che trova neil'abitazione, poi ne pone la testa su un piatto. II caso, pur non potendo costiluire base statistica, mérita un'anahsi perché il delicio è compiuto da una persona che più fácilmente puó essere ínfluenzata dalla realtà circostante, puó prendere alia letíera le metafore e, nel ren-derle reali, esplieitare tali prestid meglio che altri. Possíamo notare che 1' assassina sembra riprodurre con un po' di naïveté l'azione di un boia intento a decapitare con la "manera": l'esecuzione é un archetipo sul quale si puó raodellare l'omicidio, in primo luogo dal punto di vista técnico, ma anche dal punto di vista délia ritualità, come risulta dal piatto da portata sul quale la "mata" mette la testa della bítmbina. La volontà di puniré atti mal vagi, motivazione dell'omi-cidio, rende questa somiglianza con le esecuzioni quasi un plagio: la quotidiana per-correnza di una calle vicino San Trovaso era resa insopportabile dalia presa in giro da parte della bambina che li abitava. Benché non dichiari di avervi volutamente fatto riferimento, si puó supporre che abbia fatto proprí il contenuto e ía forma dell'esecuzione, per ragioni puramente prívate, tanto da agiré autónomamente secondo codici appartenenti aU'autorità e assu-mendone il ruolo. Nulla più di questo ci puo mostrare cuanto il messaggio dell'esecuzione sia stala recepito: se lo scopo ullimo della pena é influenzare i comportamenti degli osservatori, benché quest'esito possa lasciarci perplessi, la vittoria del patriziato sembra píena, Certamente quest'appropriazione, se c'è stata, puó essere stata favorita dal ricono-scimento deli'eccellenza deile tecniche úsate per uccidere, la cui efficacia ë certifícala da quasi tutte le esecuzioni, che si possono seguire più volte dal vivo in ogni fase e nelle loro conseguenze: la pena di morte è fuñico omicidio che si possa osservare senza incorrere nell'accusa di complicjtà. E adeguato il termine omicidio perché il comportamento di certi boia, che per inesperienza o per toga danno addio alla ritualità prevista, favorisce un avvícinamento delle esecuzioni alie violenze prívate: il camefice che non é nuscno a finiré Bernardina l'uxoricida e le dà "di cortelo nel cuor e ne la gola" (Diari, 31,14) si accanisce al di fuori di quanto stabilito. L'inserimento nel campo della quotidianità del concetto di esecuzione capitale autorizza l'ipotesi della pena di morte quale modello deiromícidio privato; esso trova il suo strumento principale nell'utilizzo, da parte del patriziato, degli schemi mentali percettivi ed esperienziali della "justitia" presi dagli aspeiti principal i in cui essa si divide - il iavoro e la religiosité, cui corrispondono l'animalizzazione e la pietà -come supporto per trasmetteme i significati. Schemt cosí totalizzanti che ogni altra esperienza fmisce per essere fíltrala attraverso di essi, come si vede bene nel comportamento della "mata". altra tmzor sorella, la qual volc-ndo Dio scapolô, per uno che passó che |a tolse di man" (Diari, 29, 205-206). 217 ACI A HISTRIAE • 10 • 2002 • 1 Sttfnno BOCCATB: LA PENA CAPITALE A VENEZIA NEC PRIMO XVI SECOLO (I5U-I>¿». 199-222 L'immagine di una testa sul piallo si pud ricollegare al piú famoso decapítalo, San Giovanni Battista. II collegamento tra una testa decapitata e quella del Battista si chiarísce tenendo presente che, particolarmente nella seconda metà del XV secolo, si sviluppô nell'Europa settentrionale e, per noi più intéressante, ne! Nord delta Peniso-la, la venerazione della testa di San Giovanni separata dal corpo, ra (figúrala pog-giante su un vassoio: "questi oggetti impressionanti era no prodotti con l'uso di mezzi illusionístici: si pretende che una vera testa riposi sul piatlo" (Bialostocki, 1995, 4)5): testímone di questo gusto in Venez ia è il londo quasi al naturale, eseguito da Marco Zoppo, artista ferrarese che operó nella città lagunare, per la predella delta pala di San Giovanni Battista di Pesaro. Questa configurazione, per Edwin Panofsky, porla allassociazione stabile tra l'idea della resta di un essere umano decapirato e l'ídea di un piatto (Panofsky, 1999, 17), che- a sua volta conduira, all'inizio del Cinquecento, ad una nuova raffigurazione di Giuditta - la testa di Olofcrne, invece di essere posta in un paniere come nchiede la scrittura (Giudilta 13, 10), è su un vassoio — proprio là dove fioriva il culto della tesla del Battista.21 Potremmo spiegare in relaziotie a ció il comportamento della "mala" la quale for-se, per giustificare l'omicidio compiuto, avrebbe potuto identificarsi con i'eroina biblica, complici gii esercizi spirituali dell'epoca che porta vano a ricostruire i luoghi della storia sacra e i suoi personaggí dando loro il volto della propria città e dei pro-pri conoscenti (Zardino de Ordtion, Vcnezia 1494 pag. XIIv)2j¡; l'omicidio perde ogni connotazionc negativa peí' diventare vol ere di Dio e la "mata" puû essersi autoassolta in quanto mera esecutrice di una volontà superiore, recependo il meccanismo usato dalle magistratura veneziane per nobilitare e giustificare il loro spargere sangue. La presenza puntuale di tale cultura dell'esecuzione pubblica e l'efñcacia che il suo utilizzo mostra di avere, vanno faite risalire alla mancanza, a Venezia, di una vera e propria cesura culturale tra patriziato, cittadini e "plebe": gii schemi della vita religiosa e lavorativa a livello di base sonó molto simili, dato che nobiltà e popolo vívono fianco a ftanco. mescolati per gran parte della giornata. II Palazzo sempre aperto rigurgita di persone che vengono ad assistere, supplicare. sostenere amici a pa-renti fDíari, 24, 127) e non si tratta solo della ricerca della vicinanza dei potenti, se il patrizio non teme di abbassarsi al liveüo inferior« della quotidianità: di questa ha esperienza diretta, specie se membro del patri2iato povero, come quel patrizio che in 21 La proprieta dclie immagini di infiuenzare |a percerione della realta e da ricollegarsi al fatlo che " il fruitore deve utilizzare nella lettura di un dipinlo le capacita visive di cui dispone, e dato che sono po-chissirne di sólito quelle specifiche della pítima, egíi é incline atl usare quelle capacita che sono ap prezzate nella societá in cui vive", che gli deti vatio dalle sue quotidiane altivita sociali t lavoiative. "II piltore é sensibtlc a (ulto questo" ÍBaxandail, I 984, 51). Per uno studio piü pailicolareggiato di questa interrelazione: Baxandafl. 1984, 41-103. 22 "Come una citade, la quale sia la citade de Hierusalem, pigliando una citade la quale r¡ sia ben platica .... Anchora e di bisogtici che ti íormi ne la mente alcune persone. 1c quali tu habbi pratiche e note, le qoali tute representino quelle persone che principalmente intervenero de essa Passionc." 218 ACTA H t STRIAE • 10 • 2002 • I Sleíjjio SOOCATO. LA PENA CAPITALE «i VENEZ! A NEL PRIMO XVI SECOLO fl5N-l525). 199-221 Piazza. rincorso dal macellaio che reclamava il pagamento delta carne che gü aveva appena venduto. rifiutava uccidendoío (Diari, 26, 258). Luso político delta vicinanza culturale pero opera tra mittente e destinatario uno scarto che rende recepibili negit osservatori, dei messaggi connessi al supplizio, solo la parte che nsponde specificatamente alie idee e ai sentiment! più radicati: ií com-plesso percorso concettuale che dalia punizione porta alla salvazione non viene fatto proprio. La "mata" per consumare il suo odio usa, aiutata dall'cssere in casa di un macellaio, strumenti come il "cortelazo" tratti dall'armamentario dell'Arte dei Beche-ri. L'animalizzazione é lampante prima nel tagliare la testa alla bambina e poi nel porSa su un piano che Sañudo specifica essere una "piàdena". un grande piatto fondo, presente spesso sul banco dei macellai: la "mata" ha copiato una configurazione típica per presentare in bella mostra la "testina" degli animali tnacellati. II massiccio utilizzo di schemi interpretativi legati alia cultura religiosa non fu tale pero da indurre l'assassina a far propria l'insistente volontà salvifica e riconci-Siante mostrata dalle magistrature veneziane: compiuto il delitto, secondo quanto ri-porta Sañudo, non sí fèrmô affatto a pregare per l'anima delie vittime. II caso appena cítato puô essere ¡a conferma dell'ipotizzata influenza--" sulla percezione delle esecuzioni capitali pubbliche, delta Caccia del Giovedi Grasso, versione più popolare. esplicita e festaiola dalia pena di morte; infatti abbiamo verifícalo l'assenza di pietà e di conforto religioso, ugualmente latitanti durante il rito del "Zioba de la Caza" e una presenza quasi totalizzante del la sovrapposiztone dell'immagine di un anímale su quella del reo, completa solo in qucll'occasione. La caccia del Giovedi Grasso si con-figurava come un "evento" da attendere tutto il resto dell'anno per il rituale sfarzoso e coreográfico, a cui si aggiungeva ['elemento interattivo caratterisíico di lutte le cacce. ma assente sólitamente nelie esecuzioní, costituito dalla partee i pazione popolare al-l'inseguimento e sfida dei tori. L'influenza della Caccia24 sulla ricczione delle esecuzioni capitali e sui compor-tamentí umani, puo essere ricondotia anche alla volontà del patriziato di incanalare lontano dalle esecuzioni vere e proprie, in un'unica occasíone annuale, il desiderio popolare di partecipazione attiva: a questo scopo ne veniva slYuttata la somiglianza. Ció poteva avvenire perché la Caccia non costituiva un alto di giustizia bensi una ce-rimonia política: la collaborazione tra patriziato e popolo veniva cementata contro un nemico comune estenio, l'unico verso ií qnale la violenza popolare, in casi estremí, era permessa. Per di più, la Caza del Giovedi Grasso non era che una delle tante cac- 23 Nel crimine citato che evidencia tale influenza la motivazione puramente privata lo differenzia dalla più ampia casistica di giustizia popolare (Baronti. 2000, 217) modulata sulle simbologie camev3le-sche. nella quale per di più la ripresa del ntuale dclla pena di morte sí ritoree contra i detemori dello jus sanguinis. 24 Questa non era affatlo voluta, come evidenzia la mancata concentra zione. a differenza di altri Stati. delle esecuzioni capitali durante ¡1 Camcvale (cfr. Baronti, 2000, 200), 219 ACTA HISTRIAE • 1« • 20(12 -1 Siefano BOCCATO: LA PENA CAPITALE A VENEZ»A NEE PRIMO XVI SECOLO (151-S 1525). 199-222 ce: queste mancano di ogni apparato cerimoniale, sono aliéné dall'amministrazione délia giuslizia e sono concentrais in un periodo concettualmente separato dal resto dell'anno, il Carnevale: non vi é più nulla in comune con le pubbliche condanne a morte. SMRTNA KAZEN V BENETKAH V PRVI POLOVICI 16. STOLETJA (1514-1525). DOJEMANJE IN KULTURNI PREPLETI IZ DNEVNIKOV MARINA SANUDA Stefano BOCCATO Univerza Ca' Foseati v Benelkali, Oddelek za zgodovinske študije, IT-30124 Benetke, San Marco 3417 POVZETEK Če želimo umestiti antropološke koncepte, ki jih običajno povezujemo z javnimi usmrtitvami, v specifično okolje Benetk v desetletju med zavezništvom s Francijo in izvolitvijo doža Andrea Grittija, lahko določimo semantične poli, ki jih je v beneških opazovalcih sprožil posamezni element usmrtitve, in načine, kako so sodišča rešila vprašanje komunikacije, ki je zadevala sodno dejavnost v patricijski republiki. Raziskava se poslužuje Dnevnikov Marina Sanuda, političnega dejavnika in pozornega opazovalca, plemiča, ki je štirideset let opisoval svoj svet in čigar literarne opise fizične resničnosti usmrtitev so primerjali s slikarskimi upodobitvami. Pri posredovanju vsebin smrtnih obsodb se je plemstvo, ne da bi kakorkoli pojasnjevalo njihovo sporočilnost, zaradi česar so postale sprejemljivejše in bolj prilagodljive za različne priložnosti, posluževalo zakonikov, pri katerih je bilo samo soudeleženo, dela in pobožnosti ter v tem duhu tudi vse interpretiralo. Zaradi kulturne bližine je bila mogoča njihova učinkovita uporaba: ljudje so usmrtitve sprejemali, ker jih je bilo tudi v kriznih trenutkih malo in so bile sad zakonitih in javnih procesov za navadna kazniva dejanja, s tem pa so lahko postala model za umor, s katerim se kaznuje hudo dejanje. S tem naj bi dokazovali - čeprav je bilo s strani oblasti to nezaželeno - kako je lov na debeli četrtek, uradni praznik v spomin na neki pa-triarhovski poraz in parodija usmrtitve vpliva! na dojemanje smrtne kazni, pri čemer pa je bila ponotranjena samo redukcija storilca v žival. Ključne besede: usmrtitve, oblike komunikacije, dojemanje, Benetke, ¡6. stoletje, Marin Sanudo 220 ACTA H t STRIAE • 10 • 2002 • I Siefcno BOCCATO LA PEN A CAPITALE A VENEZIA NE l. PRIMO XVI SECOLO t¡514-1 Í35). 199-222 FONTI E BIBLIOGRAFIA Baiestracci, D. (1993): Í) gioco dell'esecuzione capitale. Note e proposte interpretative. In: Ortalli. G. (e-d.): Gioco e giustizia nell'Italia di Comtine. Fondazione Benetton. Roma, Viella, 193-206. Baronti, G. (1999): Serpi in seno: figure c fantasmi di donne critninali nelia lettera-tuia di piazza. In: De Romanis, R. Lore tel li, R. (éd.): II deiitto narrato al popolo. Immagini di giustizia e stereotipi di criminalité in età moderna. Nuovo prisma. Palermo, Sellerio, 199-218. Baronti, G. (2000): La morte in piazza. Opacità della giustizia, ambiguità del boia e trasparenza del patibolo in età moderna. Nuova Mnemosyne. Lecce. Argo. Baxandall, M. (1978): Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento. PBE. Torino, Einaudi. Berengo, M. 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