PROGRAMMA DELL’ L B. GINNASIO SÜFERIORE Dl CJLZPOHDISTIR,!^ ANNO SCOLASTICO 1884-85 PARTE I. „Cenni storici sulle Absirtidi, da Augusto fino alla caduta deli’ impero romano d’ oceideute“ (Continuazione v. Progr. 1882-83). — Studio del prof. Stefano Patri«. Un breve cenno critico del Direttore ginn. 5. B&buder sull’ opera di-dattica del prof. Alberto Casagrande. intitolata: „Esercizi di sintassi latina in correlazione alla grammatica di F. Schultz ed altre di egual metodo ad uso dei ginnasi e licei. Torino G. B. Paravia e Comp. 1885. PAKTE II. Notizie intorno al Ginnasio, publicate dalla Direzione. — CAPODISTRIA TIPOGRAFIA DI CARLO PRIORA 1885. Direzione deli’ I. R. Ginnasio superiorc di Capodistria cd. CENNI STORIM SÜLLE ABSIRTIDI da Augusto lino alla caduta deli’ impero romauo d’ occidente (continuazione vedi Progr. 1882-83) Quando Cesare, dopo 1’ anno del suo consolato, otteneva per mezzo della legge Vatinia de provincia Caesaris per cinque anni, col proconsolato della Gallia Cisalpina, reso vacante per la morte di Q. Metello Celere, anche rillyricum (dal 1 maržo 59a. C.), i Liburni erano ancora indipendenti da Roma '). I loro possessi, giä tanto estesi, erano ora limitati a quel tratto di regione, clie corre dall’Arsia alla riva sinistra del Titius (Arsa-Kerka), colle isole po-stevi di fronte; quindi, come quelle che erano comprese nella Li-burnia, anche le Absirtidi. Avevano dunque i Liburni per confine al sud i Dalmati, giä soggetti dopo 1’anno 155; al nord ed o vest gl’Istri, dipendenti anch’essi (177); ad est, e propriamente a tergo, i Japudi, ehe assoggettati dalla republica (129), a piti riprese, come appuuto i Dalmati, si ribellarono ; ad ovest 1’ Adriatico 2). Mentre dunque il grande triumviro si copriva di gloria nella Gallia transalpina, si assicurava nella eonferenza di Luca (aprile 56) per altri cinque anni il proconsolato delle sue Provinci«, (come in-fatti avvenne per la legge Pompeja Licinia nel secondo consolato di Pompeo e di Crasso (a. 55)), portava i vessilli di Roma oltre il Reno (55 e 53) e la Manica (55) e sedava la rivolta dei Pirusti nell’ Illirio (54), e quella ben piü terribile di Vercingetorige nella Gallia (52-80), i Dalmati, sempre irrequicti e mal soffrendo il do-minio di Roma, si ribellavano per la seconda volta e portavan guerra ai vicini Liburni (51).) Trovavasi allora Cesare nella Gallia, ma sceso 1’ anno appresso, come era solito, in Italia (50), 3) i Liburni man-darono a lui ambasciatori chiedendo soccorso contro i Dalmati, ehe in questo mezzo aveano prešo Promona, loro castello, ed offersero la loro soggezione. Cesare mandd suoi messi ai Dalmati intimando di cessare dalla guerra coi Liburni; i Dalmati pero non [solo non si curarono dei eomandi di Cesare, ma anzi, quando i soldati cesa-riani mossero alla liberazione di Promoua, furono da essi sbaragliati e perirono quasi tutti (50). 4) Fu cosi ehe le Absirtidi cou tutta la Liburnia, ultime fra le terre bagnate dall’Adriatico, furono unite a Koma e non per guerre, ma per spontanea soggezione. Scoppiava poco dopo la guerra civile (14 gennaio 49) e Cesare, distratto da eure beu maggiori, dove sno malgrado differire a miglior oceasioue 1’impresa contro i Dalmati, anehe per non alieuarsi d’av-vantaggio gli animi di im popolo, eh’egli prevedeva sarebbe a lui riescito utilissimo neH’Adriatico. Tnfatti, avendo assoggettato 1’Italia con celeritä pari al suo grande genio in meno di due mesi (14 gen.-9 maržo 49), Pompeo erasi veduto costretto di rifugiarsi nel-1’ Epiro (17 maržo). Per impedire al nemico di inseguirlo, avendo giä prima, subito allo scoppiar della lotta, divisato di varcar 1’Adria-tico in caso di insuceesso, 5) mentre comandava ai suoi legati di sostenersi nella Spagna, avea raccolta una potente flotta sotto il comando di M. Calpurnio Bibulo, nemicissimo di Cesare, e 1’ avea disposta su tutti i mari f’). Parte di codesta flotta, e propriamente la achea e liburnica, sotto il comando di Lucio Scribonio Libone e Marco Ottavio, aveva Pincarico di guardar 1’Adriatico per impedire anehe a Cesare il passaggio in Grecia. Premeva anehe a Cesare di provedere alla sienrezza del mare per poter a sna volta portarsi nell’Epiro. Ingiunse quindi ai legati Caio Antonio, fratello di Mareo Antonio, ed a Publio Cornelio Dolabella, di occupare la parte supe-riore dell’Adriatico ed al Qnestore Qninto Cornificio, l’Illirio. 7) Se-nonehe la flotta pompeiana, ben piü forte di quella di Cesare. erasi oramai resa signora deli’ Adriatico, era riuseito a Pompeo di ren-dersi neutrali i Dalmati e di trarre anzi al suo partito anche la maggior parte dei Liburni, i quali, come dissi, erano stati costretti di allestire le navi, a cui erano preposti Scribonio Libone ed Ottavio. 1 soli jadertini e gli abitanti di Issa si mantennero fedeli a Cesare s). Sia per eostringere i Liburni del seno flanatico a recedere dal-1’ alleanza con Pompeo e render sicura la via al trasporto di truppe cesariane oltre 1’ Istria e 1’ Illirio nella Macedonia, sia che Antonio, come appare da Lucano ed Appiano, abbia dovuto sbarcar truppe alla costa liburnica (litorale ungaro-croato) per muovere o alla volta della Macedonia o per prender alle spalle i Dalmati, che fatti arditi per la presa di Promona continuavano a qnanto pare la lotta approfittando deli’ anarchia !l), Antonio eol collega Dolabella si portö nelle -aeque del Quarnero. Scribonio Libone ed Ottavio, incontratisi nella flotta di Dolabella al litorale illirico (Floro), la disfecero ed Antonio, chetrovavasi alla spiaggia liburnica per sbar-carvi truppe, fu chiuso con piü di 15 eoorti (circa nove mila soldati) nell’ isola di Veglia (estate 49, probabilmente alla metä di agosto). Cola egli si sostenne per parecchio*tempo contro gli eser-citi pompeiani colla speranza di venir liberato; indarno perö Ba- silio e Sallustio, e poco appresso anche Ortensio, mossero in suo soccorso — essi furono sconfitti. Antonio, venutigli meno i viveri, e o che temesse degli stessi abitanti o fosse costretto da una ri-volta dei suoi, tradito da T. Pulione (v. Caesar b. civ. 67, 5), fu costretto alla resa e, fatto prigione, con tutti i suoi su navi pom-pejane mandato in Macedonia. Ad alcuni pero degli assediati, forse approfittando del fatto che parte della flotta, che li stringeva d’as-sedio, aveva dovuto abbandonar la cittä per muovere contro le navi di Basilio, Salustio ed Ortensio, che muovevano alla riscossa, era riuscito di fuggire nel continente, mentre altri prima della resa, avevano pensato di trarsi in salvo per mezzo di zattere. Tra una lunga, doppia fila di navi legate insieme con catene, furono acco-modate delle zattere e sopra queste, a metä della fila, fu rizzata una gran torre, allo scopo di difendere i rematori, i quali stavano sotto la torre stessa .... perocclie non altra onda ferian che quella imprigionata Tra ’1 doppio ordin di legni; I soldati della torre erano coloni opitergini (Oderzo), guidati dal prode tribuno Vulteio, e tutta codesta immane mole era pre-ceduta, quasi vanguardia, da due zattere minori. Ma Marco Ottavio, saputa la cosa, pensö di assalire i fuggenti ed averli sicura preda nelle sue mani. Appiattossi quindi colla sua flotta dietro agli sco-gli del Quarnerolo, lasciando sproveduta di navi la costa illirica. Quindi, come era stato solito di fare I’ompeo nella guerra contro i pirati della Cilicia, fe tendere alcune braccia sott’ acqua delle grosse gomene e catene, legate agli scogli eircostanti. Volgeva il sole al tramonto quando le due prime zattere giunsero al luogo dove erano appostate le insidie, e passarono oltre; non cosi la fila delle navi colla torre nel mezzo. Questa, impigliatasi nelle funi e nelle catene tese, ristette e improvvisamente assalita dalle navi pom-pejane, sbuccate dal loro nascondiglio, con corda&i e catene fu tratta dal nemico alla spiaggia deli’ isola di Cherso, presso all’ o-dierno villaggio di Smergo. B qui incominciö aspra piü che mai la lotta; malgrado dispari di numero, i prodi Opitergini combatte-rono con valore disperato, fino a che 1’ oscuritä della notte die fine alla battaglia. Sorto il giorno, si riaccese piü che mai fiera e ter-ribile la zuffa. Ma anziche cadere in mano del nemico decisero quei valorosi, spinti da Vulteio, loro duce, che per primo ne diede ma-gnanimo esempio, di sacrarsi a volontaria morte e furono veduti gettarsi gli uni sugli altri e 1’ uno 1’ altro trafiggersi 10). Dopo codesta battaglia navale riusci ad Ottavio di trarre al suo partito anche Issa (Lissa) ed eccitar i Dalmati contro Cesare; gli fall'i perö il tentativo di impossessarsi di Salona per 1’ eroica difesa degli abitanti e per il fatto che, morto Bibulo, la flotta era senza capo e prestava assai poco, (App. b. c. 2. 71 e Plut. (Pomp. 76)) per cui, abbandonato 1’ assedio (die. 49), portossi a Durazzo presso Pompeo u). Iutanto Cesare aveva sconfitto i pompeiani nella Spagna, quasi in quei giorni stessi, in cui Ottavio faceva prigione Antonio a Curicta (agosto 49). Poscia, ordinate le faccende a Roma (ot. e nov. 49), circa la metä di dicembre (mentre dunque Ottavio stava per abbandonare, ed anzi aveva abbandonato, 1’ assedio di Salona), portavasi a Brindisi, al principio del nuovo anno (4 genn. 48) sbar-cava nell’Epiro, combattendo per ben quattro mesi con Pompeo (Pompeium per quattuor poene menses maximis obsessum operibus. Svet. Caes. 35) e lo sconfiggeva da ultimo sui campi di Farsalo (9 agosto 48). Quindi mentre Pompeo, fuggito nell’ Egitto, moriva (28 sett. 48) e Cesare, ehe lo avea inseguito, giunto in Egitto (ott. 48) sconfiggera Tolomeo, rimetteva sul trono Cleopatra (lu-glio 47), portavasi in Asia ed a Zela (2 ag. 47) distruggeva 1’ e-sercito di Farnace; mentre a Koma, approfittando della lonta-nanza del dittatore, M. Antonio e Trebellio ed il genero di Cicerone, quel Dolabella cioe, clie abbiamo veduto sconfitto nell’ A-driatico come prefetto della flotta cesariana, si combattevano per il potere, lotte a cui poneva fine soltanto Cesare quando nel set-tembre 47 {giungeva a Koma dopo una lunga assenza (die. 49 sett. 47), Q. Cornificio, lasciato da Cesare nell’ Adriatico per difendere 1’ Illirio contro gli assalti dei pompeiani, sfuggiti con Ottavio alla disfatta di Farsalo, aveva cercato di sostenersi contro i Dalmati, clie continuavano nella lotta, appoggiati da Ottavio. A Cornificio perö era riuscito di rapire ai Dalmati aleune castella (fine d’autunno 48) e ciö col soccorso dei jadertini. Vedendo Cesare ehe Cornificio non aveva sufficienti forze per reprimere la ri-bellione, comandö a Gabinio, per mezzo di Postumio e poi con altre lettere, ehe recasse soccorsi a P. Cornificio e che quindi pas-sasse colle legioni nella Macedonia, dove egli temeva ehe dal par- a tito pompejano si volesse rinnovare la guerra. Gabinio infatti, par-tito da Brindisi, condusse 1’ esercito (15 manipoli e 3000 cavalieri) per via di terra, fatto il giro deli’ Adriatico, attraverso 1’ Istria e la Liburnia litorale, in Dalmazia (al principiar deli’ inverno del-1’ anno 47, mentre dunque Cesare trovavasi nell’ Egitto), mentre la flotta, ehe lo accompagnava colle vettovaglie, do veva far ritorno ai lidi d’ Italia, per le tempeste scoppiate nell’ Adriatico. Indarno Gabinio cercö di espugnare aleune castella, almeno per vettova-gliarsi, e, stretto d’ ogni parte dai Dalmati, fu costretto di cercar rifugio a Salona. Ma prima ancora ehe vi giungesse, fu corapleta-mente disfatto dai Dalmati perdendo 2000 uomini, 4 tribuni e 38 centurioni ed a stento pote ritirarsi a Salona, dove poco dopo mori (inverno 47), cinto d’ assedio da Ottavio, il quäle, dopo codesta mal riuscita impresa dei cesariani, fu di nuovo signore deli’ Adriatico. Mosse allora in soccorso di Cornificio, A. Vatinio da Brindisi e preša Ragusa vecchia, sconfisse Ottavio, (clie rifugiatosi a Lissa, da lä salpö alla volta d’ Africa per congiungersi ai pompeiani) presso Curzola (estate 47, probabilmente nel mese di agosto perche Va-tinio, sotto la di cui custodia trovavasi Cicerone, dali’ ottobre 48-agosto 47 fu a Brindisi). Vatinio fece quindi ritorno a Roma dove da Cesare (ritornato, come dissi, dali’ Asia nel setf. 47) fu creato console ed augure per il resto di quest’ anno (dal sett. 47, dunque per 4 mesi). Di queste lotte, combattutesi in Dalmazia dali’ autunno del-1’ anno 48 al settembre del 47, nessuno, fra gli autori ehe ne par-lano, fa cenno dei Liburni. Appare soltanto da loro ehe i Zaratini siensi mautenuti fedeli a Cesare e ehe Gabinio abbia attraversato la Liburnia litorale per portarsi in Dalmazia. Mi pare dunque do-versi conchiudere ehe le Absirtidi con tutta la Liburnia, dopo la battaglia di Farsalo, abbiano parteggiato per Cesare tanto piü ehe, nel suo finire, la lotta si combatte a preferenza fra il lido di Salona e di Epidauro, lungi quindi dalle spiagge della Liburnia. Hirzio poi, o Cesare come si voglia, ci racconta chiaramente ehe, subito dopo la battaglia di Farsalo, Cornificio con navi dei iader-tini „quorum semper in rempublicam singulare constiterat officium* erasi impadronito delle disperse navi pompeiane ed Appiano non dice ehe Gabinio, attraversando la Liburnia litorale, abbia com-battuto coi Liburni ’2). Dopo il settembre deli’ anno 47, cioe dopo 1’ epoca in cui Vatinio, eletto a console, dovette portarsi a Koma e le Absirtidi coli’ Illirio 1’ anno 46 furono governate da P. Sulpicio Rufo 3), i Dalmati, ehe soltanto colle loro ribellioni potevano spingere alla rivolta anclie i Liburni, sembra siensi mantenuti fedeli a Cesare. Infatti Cesare, allo scopo di por fine alla lotta coi pompeiani, partito nel dicembre 47 da Roma, sconfiggeva (6 aprile 46) i fautori di Pompeo a Thapsus, dopo la battaglia indecisa a Ruspina, ed a quella battaglia prendevano parte anche le legioni di veterani di Vatinio. E dico sembra perche dalle parole di Hirzio si dovrebbe supporre ehe Sulpicio, insieme a Vatinio, abbia combattuto anche 1’ anno 46 coi Dalmati e questo fatto ci viene poi assicurato da Cicerone nelle epistolae ad familiares, in cui si vede ehe Sulpicio chiedeva il trionfo, e ehe il centro del teatro della guerra era Narona. Siccome altri autori non fanno cenno di codesta lotta deli’ anno 46 sotto il proeonsolato di Sulpicio, mi sembra poter conchiudere che questa sollevazione sia stata soltanto parziale, cioe vi abbiano prešo parte i soli Dalmati e forse in picciol numero, e quindi di poca importauza. Certo e invece ehe 1’ anno appresso (45) (mentre Cesare, ritornato a Roma (26 luglio 46) e riordinato con savie istituzioni lo stato, assegnava la provincia deli’ Illirio a Vatinio per 1’ anno 45, sconfiggeva i pompeiani a Munda (17 maržo 45) e dopo il suo ritorno in Italia (ott. 45) riconfermava a Vatinio 1’ imperio nel-1’ Illirio per T anno 44), i Dalmati si ribellavano, spinti dai Boi, dai Bastarni e Daci, che avevano occupato tutto il tratto di regione fra il Danubio e la Macedonia, spingendosi fino a tergo della Dal-mazia; e coi Dalmati si ribellavan pure i Liburni. Tanto Appiano che Yatinio, parlando di questa lotta, non nominano punto i Liburni ; Dione invece asserisce che questi 1’ anno 45 si erano ribel-lati 15). Perö tanto da Appiano (b. illyr.), quanto dalle lettere di Vatinio a Cicerone e di questo a quello, si deve arguire esser vera 1’ asserzione di Dione. Infatti mi pare che i Dalmati dovevano es-sere ben forti e sicuri del fatto loro, se, mentre Cesare si appre-stava alla guerra contro i Parti, credettero di eccitar essi stessi la guerra, col dileggiar la potenza di Eoma. Essi ciofc, che erano dipendenti e tributarf, osarono mandar ambasciatori a Cesare of-frendosi a lui quali alleati; Cesare rispose che avrebbe loro per-donato, se avessero continuato di pagar il tributo ed avessero dato ostaggi. Vatinio poi, lagnandosi di Cesare, che non voleva conce-dergli il trionfo, dice che la guerra fu micidiale e che erano piü di 60 le cittä vicine, delle quali i Dalmati s’ erano impossessati; e Cicerone, a lui rispondendo, cosi dice dei Dalmati, che avevano dato tanto fastidio all’ amico: Dalmatis dii male faciant. Questa guerra poi mi pare abbia durato circa un anno e propriamente dalla primavera deli’ anno 45, al principiar deli’ inverno deli’ anno 44. Infatti il progetto di una guerra contro i Parti era stato ma-nifestato da Cesare al Senato giä nella Spagna (inverno 45), e ac-cettato poi dal senato (die. 45), doveva venir posto ad effetto nel marzo del 44, pochi giorni prima della morte del dittatore, anzi Vatinio teneva pronte a tal scopo parte delle legioni nell’ Illirio, mentre altre si trovavano nell’Achaia 16). Ora, avendo i Dalmati approfittato della guerra Partica (45) per ribellarsi, ed essendo stato Vatinio pronto alla guerra partica nel marzo 44, anzi siccome alla fine di quest’ anno egli trovavasi colle sue legioni a Durazzo 17), mi pare potersi conchiudere che questa guerra abbia durato ap-punto circa un’ anno. Dopo la morte di Cesare (15 marzo 44), Vatinio continuö ancora a governare 1’ lllirico e quindi le Absirtidi, anzi ne portö i confini fino a Dyrrachium e soltanto nel 42 portossi a Roma dove il 1 luglio trionfo dei Dalmati. La ribellione perö nella Pro-vincia era giä sedata e lo si arguisce dal fatto che Vatinio, quando sul finir dell’ anno 44 trovavasi a Dyrrachium, cedeva le sue legioni, che s’ erano dichiarate contro Antonio, a M. Bruto, a cui, dopo la morte di Cesare, era stata assegnata la Macedonia ls). Intanto Ottaviano, saputa la morte di Cesare ad Apollonia dove si trovava, pronto per accompagnare il dittatore nella guerra contro i Parti, venuto a Roma (aprile 44), col soccorso di Cicerone e delle legioni dei veterani di Cesare, si accaparrava il senato; come propretore coi consoli Hirzio e Pansa imprendeva la guerra modenese (die. 44 - apr. 43), e si faceva dar il consolato (19- ag. 43). Quindi, conchiuso il triumvirato con Antonio e Lepido (29 ott. 43), insanguinate le vie di Roma con nuoVe proserizioni, alla fine del settembre 42 sconfiggeva Bruto e Cassio a Filippi e conehiu-deva con Antonio, poco curandosi di Lepido, collega nel triumvirato, un trattato, pel quäle 1’ Illirio, i di cui confini vennero estesi ora fino al fiume Risano, toccö ad Antonio 19). Mentre poi Otta-viano dopo il trattato di Filippi, imprendeva contro L. Antonio la guerra di Perugia (inverno 40-41) ed Antonio intrattenevasi in in Asia ed in Egitto (42-meta d’ agosto 40), sembra cbe 1’Illirio, provincia di Antonio, sia stato governato da Marcio Censorino, a cui Antonio aveva affidato il governo della Macedonia ed Achaia 2(l)- Ma giä nell'autunno deli' anno 40 1’ Illirio colle Absirtidi cam-biano signore. Imperocche, scoppiata la prima guerra fra Ottaviano ed Antonio in conseguenza della guerra di Perugia (estate 40), dopo la vit-toria di Antonio su Servilio, cbe moveva alla volta di Brindisi (agosto), veniva concliiuso fra i due rivali il trattato di Brindisi (autunno 40), per cui 1’ Illirio veniva assegnato ad Ottaviano. 11 confine della Provincia veniva perö limitato verso il sud da una linea, cbe, cor-rendo da nord a sud, attraversava Scodra ed il suo governo veniva affidato da Ottaviano a C. Asinio Pollione 21) 1 Dalmati in-tanto s’ erano ribellati di nuovo ed il nuovo governatore, (mentre Ottaviano stava trattando con Šesto Pempeo (39) e concliiudeva con lui il trattato di Miseno), fu costretto di sedar la ribellione; a questa presero parte anebe le Absirtidi. Infatti Virgilio, nell’ ottava ecloga, cosi dice di Pollione: tu mihi, seu magni superas iam saxa Timavi, sive oram Illirici legis aequoris, accipe iussis carmina coepta tuis, atque liane sine tempora circum inter victrices hede-ram tibi serpere laurus. Da cio appare cbe la spedizione di Pollione abbia comiuciato dal nord deli’Adriatico e sembra molto ve-rosimile cb’ egli almeno abbia costretto i Liburni a desistere dalle piraterie, di cui fa cenno Dione dopo I’ anno 45. E ehe la ribellione dei Dalmati sia stata di molta importanza, e che quindi ne abbiano approlittato i Liburni per le loro piraterie, apparisce an-che dal fatto, ehe 1’ istessa Salona in quest’ anno (inverno 39) s1 era sollevata contro Roma, come lo dice lo Scholiaste di Orazio (car. 2, 1, 15): Salonas enim, Dalmatarum eivitas, Pollio ceperat; cosi lo Schol. Verg. II governo poi di Pollione sembra non abbia du-rato un anno intero, cioe dal trattato di Brindisi (autunno 40) ali’ ottobre del 39, imperocche il 25 ottobre 39 egli trionfava a Roma, ma appena nel die. 40 egli era stato costretto di abdicare al consolato (v. Dio. 48, 11, App. b. e. 5, 75) insieme al collega Cn. Domizio Calvino. Dopo 1’ anno 39, e propriamente pel seguente anno 38, fu governatore deli’ lllyrium, L. Cornifieio, nel primo anno dunque della guerra scoppiata fra Ottaviano e Šesto Pompeo dopo il trat-tato di Miseno (38-36). Senonche quando Cornificio, richiamato dali’ Illirio per muovere contro Pompeo, essendo Ottaviano privo quasi navi, dovette abbandonare il governo della sua provincia, i Liburni e tutte le popolazioni deli’ Illirio, insorsero contro il do-minio di Eoma; era una guerra di coalizione di tutta la Provincia contro la republica 28) Giä al finir deli’ anno 36 Ottaviano pensava di muovere contro i popoli deli’ Illirio (App. b. c. 5, 128, 132); ma intrattenutosi a Eoma per definire le questioni con M. Antonio, appena 1’ anno 35, pote muover egli stesso contro 1’ Illirio. La guerra ebbe principio nella primavera deli’anno 35 e propriamente contro i Japudi. Questi occupavano il paese pošto fra i Čarni cisalpini (selva Piro) al nord, fino alla Zermagna al sud, a tergo degli Istri (su ambo i versanti degli Albi) e dei Liburni (litorale ungaro-croato) ed erano divisi in cisalpini e transalpini. Ottaviano mosse prima contro i Japudi cisalpini ed appena quand1 ebbe ricevuto in soggezione i Moentini e gli Avendati e costretti alla resa gli Arupini, portossi contro i Japudi transalpini. La via seguita da Augusto in questa guerra per giungere al paese dei Japudi, non ci vi ene tracciata; ma essendo ehe egli mosse prima contro i Japudi cisalpini, e che dopo scoufitti e questi ed i transalpini, appena 1’ anno 34 mosse contro i Dalmati, mi pare verosimile ch’ egli, attraversato 1’ Adriatico, abbia sbarcato le truppe alla costa uugarica e quindi giä in quest’ anno 35 abbia punito gli Absirtii e gli altri Liburni per le loro piraterie nell’ Adriatico, col rapir loro le navi. E vuole anzi la tradizione che appunto in questa guerra Ottaviano fossesi fermato colle navi e colle legioni nel porto di Lussino, che d’ allora ebbe il nome di Valle d’ Augusto. E clie i Liburni giä nella prima spedizione sieno stati di nuovo assoggettati, lo dimostra anche il fatto che quando Augusto, assoggettati i Japudi, i Taurischi ed i Pannoni, si portö 1’ anno 34 contro i Dalmati, egli attraversö la Japudia ed anche la Liburuia litorale; segno codesto che la ribellione nella Liburnia era giä sedata. Dopo aver preso ai Dalmati Promona, Sydonium e Setuja, essi furono costretti alla resa ed Ottaviano lasciö il governo della provincia, non del tutto sedata, a Statilio Tauro, giunto poco prima nell’Illirio, dopo aver trionfato il 30 Giugno 34 a Roma per la guerra in Africa, e fece ritorno a Koma per assumere col 1 gennaio 33 il consolato. Statilio, che governö 1’ Illirico anche per 1’ anno 33, rintuzzö dei tutto la sommossa, e quando Ottaviano arrivava nel 33 in Dalmazia, riceveva in soggezione quei popoli. Ed e naturale che, essendo stata scossa potentemente la loro potenza colla consegna delle navi, i Liburni dopo 1’ anno 35 abbiano desistito non solo dalle loro piraterie, ma abbiano incondizionatamente ricono-sciuto il dominio di Koma; e dei Liburni, dopo quest’ anno, non restö ehe la fama dimostrata sulle acque di Actium (2 sett. 31). E nessun autore fa cenno dei Liburni dopo quest’ anno, malgrado una nuova ribellione dei Dalmati (16), le irruzioni dei Norici e Pannoni nell’I-stria, due nuove guerre contro i Pannoni vinti da Tiberio (12), malgrado infine quella terribile ed aspra guerra di indipendenza, sostenuta dai Dalmati per ben tre anni (6-9 d. C) contro Tiberio e Germanico 24). E pur fu tanto aspra codesta ultima lotta ed il nemico, che disponeva di un esercito di ben 200,000 combattenti con 9000 cavalli, tanto temuto a Roma, che Augusto ebbe a dire in seuato che „non s* invigilando avrebbe potuto vedersi entro dieci giorni il nemico in Roma“ e per le spese di guerra fu rinnovata da lui 1’ antica vigesima per la vendita degli schiavi. (v. Veil. 2, 3, e Carli a. it. III. 21). Ä ragione quindi gli storici ebbero a dire che la guerra batouica fu la piü aspra che Roma abbia combattuto dopo le guerre annibaliche (v. Momsen röm. Ges. V. Die Provinzen von Caesar bis Diocletian c. 1.). E fu cosi che l’anno 9. d. C. dopo lunghe e difficili lotte. a cui, come dissi, i Liburni dopo la loro dedizione a Roma (50 a. C.) o si associarono o di cui (anzi a pre-fereuza) approfittarono per corseggiar 1’ Adriatico, la Dalmazia fu finalmente assoggettata al domiuio di Roma. Ma prima ancora che colle lotte accennate i vessilli di Roma potessero definitivamente venir inalberati sulle mura di Salona, di Anderio e di Arduba, Augusto, vincitore ad Actium, sollecito di provedere dopo taute vicende al ben essere della republica, volle fra le tante saggie istituzioni, fermare al Danubio il giusto confine dello Stato, seguendo il piano tracciatogli dal grande Cesare e por-tar fino alle rive del lontano Istro la coltura greco-romana. E segnö in primo luogo i giusti confiui delle singole provincie (28 a C.), fatto questo per cui le Absirtidi continuarono a far parte della Provintia Illyrici. La Provincia Illyrici, come fu istituita da Augusto, stacca-tane parte deli’ Istria e della Carnia, si estendeva dalla Sava al Dril-lon (Drin) ed allo Scardo (Schar-Dagh); dali’ Adriatico e dali' Arsia (oltre i pressi dell’ odierno villaggia di Matterie, le Alpi Giulie, la parte orientale dei territorio di Nauporto) al Drinus (Drina aff. Sava) e comprendeva quindi 1’ odierno Montenegro, parte dei Sangiacato di Prisrend, parte di quello di Novibazar, la Bosnia, 1’Erzegovina, la Dalmazia, l’lstria, oggi detta liburnica, col territorio di Castelnuovo, la Carniola fino quasi ad Oberlaibach, e lasciata ad occidente la Lu-biana, v’ era compreso il territorio sloveno-croato coi confini alla Sava 2ä). Tutto codesto tratto di paese era diviso in Illyricum su-periore (Ulirio proprio e Dalmazia) ed inferiore (Liburuia e Japydia) e fu prima, appena istituita, provincia proconsolare, poi propretoria 26). Quando poi 1’ Illyricum, aggiuntavi la Paunonia, la Rhetia, la Vin-delicia, la Moesia, si estese dal Danubio all’ Adriatico, dal corso superiore del Reno (fino circa al lago di Costanza), fino al Mar Nero, alle Alpi ed all’ Emo, la provincia priraitiva deli’ Illyrium, come fondata da Augusto, circa all’ epoca dei Flavii, ebbe il nome di Dalmatia 27). E fu all’ epoca dei Flavii die i confini al cord nou furono perö piü gli stessi; questi correvano invece dali' Arsia e da quel torrente, che da Bogliuno scorre ai piedi dei Monte Maggiore gettandosi nel lago d’Arsia, allo Sclmeeberg (Albio), e da la oltre il corso medio della Korana e dell’ Unna, comprendendo cosi il territorio di Gospich, Ottochaz, Ogulin, e Keifuiz, mentre Carlstadt rimaneva fuori. La nuova Provincia fu divisa in Liburnia e Dalmatia, la prima suddivisa in terrestre (la Japygia cisalpina), lito-rale (il litorale ungaro-croato) e marittima (le isole poste di fronte); la seconda in Dalmatia Salonitana e Naronitana. Le Absirtidi dnnque, anche dopo 1’ anno 28, continuarono a far parte colla Liburnia della Provincia dell’ Illirio o propriameute della Provintia Dalmatiae, la quäle Liburnia con unitavi la Japidia cisalpina, s’ estendeva dall’ Albio (Sclmeeberg) per 1’ Arsia, il mare Adriatico fino al Titius (Kerka); comprendeva i distretti di Albona e Volosca (Phlanates), 1’ odierna Lika litorale (Laciniense), la riviera di Jablanaz (Lopsi), il paese dal Tarsia a Segna (Var-varini), tra Zara e Scardona (Assessiates), il tratto di regione che corre lungo il corso superiore dei Kerka alla riva destra (Burnisti) ed il corso inferiore (Olboneuses), il territorio di Starigrad e Se-line (Stlupini), quello di Nona e Carin (Aluti) alla costa; le isole Pago (civitas Pasini), Cherso e Lossino (i Fertinates), Veglia (Cu-ricta), Arba (Arbe), Isto (isola Lunga o Grossa), Fortunata (Pre-muda o Incoronata); nell’ interno Alupsi (Gospich), Arupium (Ottochaz), Avendum, Moentium 2S). Furono soggette al governo dei propraetor, detto anche legatus e piü tardi praeses, che di solito risiedeva a Salona; colle altre quattordici civitates avevano anche le Absirtidi il loro conventum a Scardona, sembra godessero dei ius italicum, ma non erano immuni; avevano come oppidum Ab-syrtium, colonia agraria Caput-insulae, vicus Craepsa, saltus sa-ranno state probabilmeute Urana, Lubenizze (Hibenicia), Smargon, e pare avessero esercitato il potere ed i diritti di respublica. II propretore era magistrato eletto dali’ imperatore e da lui solo dipendente e che dunque, in massima, governava per piü auniuuä provincia propretoria. A lui incombevano precipuamente gli affari giu-diziarii; nou aveya perö sede fissa, ma portavasi or qua, or lä nelle siu-gole citta della provincia a teuer gindizio, decidere liti, munir forti, riscuotere gabelle e la durata della sua magistratura dipendeva dall’ imperatore, che 1’ aveva noiuinato 29). Dali’ epoca di Costauzio Cloro il propretore ebbe il titolo di Praeses. titolo che era attri-buito a magistrato, che reggeva uua proviucia miuore, come risulta dalle Dign. ut. imp. Ma ancor prima di quest’ epoca il Praeses aveva gia la sua sede fissa, probabilmente a Salona, e di lä eser-citava il suo potere, onorato piü tardi col titolo di Perfectissimus, e le singole attribuzioni del suo magistero venivano disimpegnate da suoi impiegati, cioe dal cosi detto „officium“ 3U) L’ officium era composto dal princeps, ehe era il preside degli altri impiegati; dal corniculario, ehe promulgava i comandi, le sentenze del Praeses e le traseriveva in un apposito codice; il tabulario era quello fra gli impiegati ehe divideva le gabelle, assegnava cioe ad ogui cit-tadino la somma deli’ importo da pagarsi; il commentariense, a cui incombeva la custodia delle publiche carceri, e riferiva al Praeses sull’ etä del deteuuto, sul delitto commesso, sulla vita e sui suoi costumi; 1’ adiutor, ehe aiutava il commeutariense nei suoi uffici; 1’ actuarius, magistrato clie rogava atti (donazioni, testamenti, vendite) e dal quäle dipendeva il subadiuva 31), ehe lo aiutava nelle sue incombenze. Gli exceptores conservavano gli atti giudiziali in affari di appellazione e poi li leggevano in presenza del Preside, al quäle appunto spettavano tutti i diritti maggiori, come 1’ appellazione, e che esercitava potere assoluto in quanto spettavan gli affari militari. Cohortales o cohortalini erano tutti gli altri ufficiali minori, detti anehe apparitores, ed erau questi o seribae, o lietores (guardia del praeses), viatores (cursori per la maggior parte liberti, ma superiori ai praecones. (conf. Plaut. Merc. 3, 4, 78; Petron, 57, 97-2; Livio 8, 42, Cie. (Verr. 2. 30). Indi-pendenti (non pero appena la nuova magistratura fu istituita), dal propretore o preside erano i procuratori, i quali aveano 1’ incarico di raccogliere, come diee Dione, le publiche rendite, o meglio le gabell«, le quali erano o vectigalia, cioe quelle che si appaltavano ali’ asta e la di cui esazione veniva affidata ai Pubblicani, o tri-buta, ehe venivano riscosse per coprire le spese deli’ amministrazione ed erano i Portoria (sui transiti, introduzione ed esportazione di merci), la Vigesima (il 5 % sulle ereditä), la centesima. la ducen-tesima (sul mercato), ne mancava quella istituita da Vespasiano, la fetente (sulle orine), sulle vetture e cosi vie; ce n’erano di ogni specie. Ed i procuratori riscuotevano nelle provincie in appresso tanto le gabelle spettanti all’ imperatore, quanto quelle del puhlico erario, dipendendo ciö dal capriccio del principe. E cosi pure indipen-denti erano i curatori, ehe aveano per iscopo 1’ invigilare sulle vie, sui ponti ed in generale su tutte le opere publiche. I procuratori poi, quasi a scemare 1’ ingrato loro officio primitivo, ebbero poi anche 1’ incarico di provedere agli alimenti dei fanciulli e delle fanciulle, e vi provide Traiano, od almeno richiamö in pieno vigore codesta santa istituzione, ehe aleuni vogliono anteriore a Traiano 32). Ali’ epoca deli’ impero primo propretore della Dalmazia si fu Valerio Messalino (6. d. C.), meutre erano consoli M. Emilio Le-pido e C. Arruntio Nepote 3;l), e governava insieme anche la Pan-nonia. Dali’ anno 8-9 d. C. le Absirtidi colla Dalmazia furono go-vernate da Vibio Postumo 34), quindi 12-22 da P. Cornelio Dola-bella, di cui ci fanno parola due lapidi, una rinvenuta ad Epidauro, 1’ altra presso Zara, dalle quali si deduce che fu legato propretore sotto il regno di Augusto 35/); e sotto Tiberio Claudio fu pur legato A. Plauzio, come rilevasi dall’iscrizione di Matteria (v. nota 25);36) ali’epoca di Ottone imperatore (2 gen. 69-16 aprile 69) Poppeo Silvano reggeva la Dalmazia e prima di lui, sotto Nerone, (54-68), Furio Camillo Scriboniano 37). Regnando Domiziano (81-96) fu go-vernatore in Dalmazia Macro e Didio Giuliano (193), poi imperatore, resse anch’ egli le sorti della Dalmazia, come le resse Dione, lo storico, e prima di lui suo padre Aproniano 3S). Col titolo di Praeses ebbe comando supremo nella Dalmazia Costanzio Cloro, ed al prin-cipio del regno di Diocleziano, (385), Tarquinio 30). Quando poi Costantino (323-337) divideva 1’ impero in quattro Prefetture, la Dalmazia colle Absirtidi fu unita alla Prefettura d’ Italia, iusieme alla Rethia, al Norico ed ali’ Africa, ed appartenne alla Diocesi deli’ Illirico (la Prefettura d’ Italia eomprendeva quattro vicariati, Italia, Africa, Illirico e Roma), governato dal vicario d’ Illirico, dal quäle venivano governate le sei provincie, cioe Pannonia seconda e Savia, di cui la prima consolare, la seconda retta da un corret-tore, Pannonia prima, Norico mediterraneo, Norico ripense e Dalmazia, governate da Presidi. E sotto Costantino fu Preside in Dalmazia Julio Rufino Sarmentitio; ali’ epoca di Costanzio, (450-361), Florenzio, e durante il breve governo di Giuliano 1' Apostata, (361 -363), Mamertino; e quando scoppiarono le lotte fra Massimo (386-387) e Valeutiniano II, sembra sia stata retta direttamente dai Prefetti d’Italia, Tolomio, Flaviano e Neotlierio: ali’epoca di Attila (450) Macrino la governo insieme alla Macedotiia, Pam-tilia, Frigia e rannonia (Lorenzo de Monacliis lib. 1) 40) E dei procuratori abbiamo anebe memoria nella Dalmazia. Tacito ci racconta che all’ epoca di Vespasiano imperatore fu pro-curatore in Dalmazia, e quindi per le Absirtidi, Cornelio Fosco; anzi da una lapide disotterrata nel 1728 al lago di Volsenna, si arguisce ehe prima ancora di Cornelio Fosco fu procuratore in Dalmazia Rufio Festo. Mi spiace assai che non abbia potuto con-sultare un lapidario della Dalmazia, ne aver a disposizione quella parte del Corp. ins. lat. del Mommsen ehe ne parla 41). Di un cu-ratore ci fa cenno il Carli (III. 42) e fu C. Verazio ltalo, e di un procuratore degli alimenti per la Liburnia ci parla pure il Carli (III, 31), cioe di L. Didio Marino, il quäle fu procuratore (183) per la riscossione vigesimae libertatum, cioe sulla libertä o manu-missiono dei servi. Col nome di Civitas iutendevasi a quest’ epoca uua federa-zione di comimi, ciö ehe oggi si direbbe un cantone (i cantoni della Svizzera), e codesti comuui erano o municipia, o coloniae, o vici, o saltus. Quattordici erano i cantoni che fonnavano la Liburnia, e ce li cita Plinio ad eccezione di due, ehe Kandier črede potessero essere Arhe e Cissa; probabilmente gli abitanti erano ripartiti in centuriae e suddivisi in gentes e tribü; le centurie equivalevano alle decurie, di cui parla Plinio al lib. III. 26 (22). E dico pro-babilmente perche Plinio non ne fa motto, ma ne abbiamo prova nelle iscrizioni di cui dirö in appresso. Ancbe i municipia di pro-vincie non son da confondersi coi municipia nel loro significato originario. In origine infatti i municipii erano cittä abitate da mu-nicipes (raunia capere — prender parte agli oneri dello stato), cittä cioe vincolate a Koma da rapporti di sudditanza (isopolizia, nel Lazio) di modo che soltanto andando a Roma i municipales pote-vano esercitare il loro pieno diritto di connubinm e commercium, ed alcuni anclie quello del suffragium, a seconda del patto posto dal vincitore; ciö naturalmente fino alla legge Iulia e Plautia Papiria (90. a. C.)per cui i municipii d’ Italia ebbero pieni diritti e furono iscritti anzi alle tribü di Koma, tanto che il nome di mu-nicipium, valeva quanto quello di Colonia e viceversa, e per quelle cittä di provincia, che godevano il ius italicum. I municipii di pro-vincia, che non godevano il ius italicum, erano le oppida di Plinio, cioe cittä non abitate da Komani, ma da soli indigeni, non dunque oppida civium romanorum, e si reggevano sul modello delle cittä d’ Italia senza perö averne i diritti, ma con tutti gli oneri ed as-sunsero tale forma di governo tanto prima quanto prima, furono assoggettate o fu loro permesso di assumerlo o furono obbligate di farlo. Quando poi per le provide leggi dei successori di Augusto anche i oppida di provincia e le cittä tutte furono pareggiate in diritti alle cittä d’ Italia, anche gli abitanti dei oppida poterono coprir cariche pubbliche perfino a Roma, date certe condizioni, e furono abitate da cittadini italici. Colonia era dapprima, una cittä assoggettata, spogliata, di solito, della terza parte del territorio, nella quäle i romani man-davano uno stabile presidio (in origine di 300 cittadini e poi un numero molto maggiore) per tener soggetto il paeso conquistato, munirsi contro ribellioni e scorrerie dei popoli finitimi. In appresso vi furono mandati a preferenza cittadini poveri, proletarii, od i tur-bolenti, i quali per mezzo dei triumviri a ciö delegati (tiiumviri ad coloniam deducendam, od anche septemviri e vigintiviri), segnate le fondamenta delle mura coli’ aratro tirato da un bue ed una vacca e dedicate le tre porte a Giove, a Giunone ed a Minerva, dividevano i terreni ai coloni e davano alla colonia la forma di governo dellä madre patria; gli indigeni divenivano plebs, i sorvenuti erano i patres e la colonia non era che 1’ immagine di Roma. E queste colonie o erano colonie latinae, che avevano pieni diritti a Roma, o di cittadini romani (coloniae civium romanorum), che non pote-vano piü esercitare a Roma nessun diritto e perdevano la loro patria primitiva, o coloniae iuris italici (e queste erano le colonie delle provincie), che godevano dei diritti delle colonie civium romanorum o per meglio dire che non godevano a Roma nessun di- ritto ; ciö tutto (s' intende per i diritti) prima della lex Iulia. Tutte le colonie poi erano o agrarie o militari, e dopo 1’ anno 100 quasi tutte militari, cioe a scopo di provedere di campi poveri cittadini e veterani, o a scopo di difesa. I vici, che in origine costituivano una parte delle anticlie tribu, erano ali' epoca di Augusto, e meglio col procedere del tempo, semplici villaggi od al piu borgate, dipen-denti da un luogo maggiore e retti da un proprio magistrato, vi-canus. I saltus erano luoglii minori, una specie di baronie del medio evo. 11 nome poi di republica, assunto da qualche colonia, municipium od oppidum, non era ehe un titolo, dessunto dalla pa-tria comune, Koma, per cui si deve supporre ehe tali cittä fossero state di cittadini romani perche, come si ha da’ Digesti, il titolo di Kepublica era derivato alle cittä per 1’ uniformitä delle leggi e dei Magistrati con Roma, e tal nome 1’ assunsero durante 1’ impero quelle cittä, che esercitavano su altre un’ alta giurisdizione. II convento poi non era un collegio dei rappresentanti del popolo, non era dunque una dieta, ma la sede del tribunale superiore per decidere le liti fra comune e comune e fra le singole civitates.42) Degli storici o geografi, ehe serissero nei primi anni dell’im-pero, Plinio e Tolomeo, nominano sulle Absirtidi dne cittä. Plinio cioe (23 - 79 d. C.) cosi serive: insulae eius sinus cum oppidis praeter supra significatas Absirtium, Arha, Trangurium, Issa, Pharus, Creta: Tolomeo (fioriva circa il 130 d. C.) vA<}iopoc sv f| jtöXet? Siio, Ivpsdio;, xai vA<]i&ppo;. Dalle parole adunque di Plinio appare che Ossero, cittä la cui fondazione risale a’ tempi mitologici (v. progr. deli’ i. r. Ginn. sup. di Capodistria a. s. 1882-83) era un oppidum cioe un municipium, in origine di provinciali, indigeni; ai tempi di Tolomeo era cittä, municipium, cioe abitata e da romani e da indigeni; certo lo fu almeno dali’epoca della constitutio An-toniniana de civitate (211-217). Di Cherso, cittä, per primi ne parlano Plinio e Tolomeo; il primo la dice oppidum, il secondo cittä, che equivaleva appunto a municipio. Sono perö queste distin-zioni di poco momento perche giä dali’ epoca di Augusto era sparita la distinzione fra oppidum, municipium e colonia. Tanto Ossero quanto Cherso avrebbero dovuto avere dunque una costituzione municipale; e delle due cittä Ossero 1’ebbe sicuro, come risulta dalle lapidi rinvenute; di Cherso nulla si puo dire con sicurezza, non esistendovi traccia di sorta per asseverare il giudizio, anzi io suppongo sia stato un semplice vicus, sorto a relativa grandezza colla decadenza di Ossero, il cui agro giurisdizionale s’ estendeva, se si vuol giudicare dai diritti di possesso nel medio evo, fino alle mura della cittä di Cherso. Caisole poi (Caput - insulae - Chä Pisole, Capisulum) fu certo colonia agraria giä dali’ epoca di Ve-spasiano imperatore (09 - 76), e di Caisole abbiamo memoria fin dai tempi di Tiberio (14 d. C.). I cittadini di Ossero, essendo municipium, erano o municipes (cittadini con pieni diritti) o stranieri domiciliati, persone senza diritti (incolae sine suffragio et iure ho-norum); i primi erano divisi in tre classi, curiales (patritii, i patres di Roma), augustales (cavalieri, ima specie di homines novi) e plebs (plebe) e tutte tre insieme formavano il populus. Avevano il diritto di eleggersi propri magistrati, ed e cosi che ad esempio della capitale, eravi ad Ossero un senato (decurio municipalis), v’ erano i comizi, i consoli, questori, edili, censori e tutte infatti le grandi magistrature (honores) come le minori (munera). Non so qual sia stato il numero dei decurioni, o senatori, variando esso a seconda del nu-mero degli abitanti, certo non fu minore di 100 membri. A divenir decurio era necessario un possesso immobile ed e quindi che i de-curiones venivano scelti fra i piü ricchi e facoltosi cittadini. In-combeva al senato 1’ amministrazione del bene publico (ager pu-blicus), ehe veniva assegnato per mezzo della seriptura; esercita-vano il diritto di proposta, in affari ehe risguardano 1’ ammi- nistrazione, ed il potere politico e quando poi i comizi furono aboliti (Tiberio), i decuriones esercitavano un potere estesissimo, senza controllo. La suprema magistratura jioi ad Ossero, come in tutti i municipi, era quella dei duumviri inri dicundo, magistratura corrispondente ai consoli di Koma, ed a tal carica erano eleggibili i soli decuriones, scelti prima nei comizi, poi uel senato. Esercitavano essi il poter giudiziario (i pretori a Roma) e perciö talvolta erano detti praetores o praefecti municipii, magistri od anche aediles duumviri o aediles quinqueunales, specie quando al (luumvirato si associarono altre cariche. Essi erano i presidenti del senato, sorvegliavano 1’ amministrazione: portavano la toga prae-texta ed erano accompagnati da due littori, non coi fasces, ma con bastoni: la loro carica durava un’ anno. I tresviri quinquennales, detti anche aediles. erano i censori di Roma; essi eleggevano i cavalieri (augustales) ed i senatori (decuriones), facevano ogni cinque anni il censo, sorvegliavano sui costumi (nota censoria), provede-vano alle publiche costruzioni, ai giuochi ed all’ annona. I questori, detti anche arcari, erano preposti all’erario municipale. E cosi reg-gevasi Caisole, la sola dift'erenza ehe vi passava era quella che Caisole era un luogo fortificato, un castello, Ossero invece citta commerciale, i cui abitanti erano provinciali, misti a Romani. — Rispetto poi ali' immunitas non čredo ehe le Absirtidi sieno state esenti da prestazioni militari (e lo prova anche 1’ iserizione, di cui parlerö piü sotto) anche perche Plinio nomina come immuni i soli Assessiates e perche pare piü verosimile fossero invece stipen-diari, essi, cosi esperti marini, celebri per le loro navi e cosi vici-ni alla stazione della Hotta. E pur godettero, pare, del j us italieum, ad eccezione della capitatio, cioe del tributo dei terreni. Infatti Plinio, come dissi, dice ehe i soli Assessiates erano liberi dalla capitatio, cioe erano immuni, e narra nell’ istesso capitolo clie i Fertinates avevano il ius italieum, come lo avevano i Flanati. Ora questi Fertinates io sarei tentato di crederli Absirtii, come pare voglia dirlo anche il Kandier, e ciö dal nome di Farasina, rimpetto alla costa istriana e traglietto per 1’ Istria e dal fatto che nessun nome romano od antico, che arieggi a Fertinates, trovasi a Veglia, ove forse non si voglia cercarlo in Tulfinium; e suppongo qnindi che i Fertinates sieno i Farasinates della parte settentrionale del-1’isola di Cherso, poco lungi da Caput - insulae, traghetto questo a Veglia. E questa mia supposizione acquisterebbe maggior valore se, come dirö, si potesse scoprire che Ossero o Caput - insulae, ab-biano esercitato una propria giurisdizione, cioe sieno state indipen-denti 1’ una dali’ altra, come infatti appare. u) — Che cosi siensi governate le Absirtidi, ossia le isole di Ossero e Cherso, lo si de-sume dalle antiche lapidi, trovate ad Ossero ed a Caisole e rac-colte da Monsignor Dinarizio, vescovo di Ossero, il quäle le ripose uel vescovado, lapidi che, almeno quelle che si rinvennero, ora giac-ciono in luogo meglio adatto. Le iscrizioni rinvenute sono: TI. CAESERI. AVG. F. AVGSTO. PON. MAX. G. AEMILIVS. VAL. P. OCLA. L,. FONTEGIVS. Q. F. RVFVS. II VIRI. PORTICVM. CVRIAM. D. D. FACIVNDVM. CVRAVERE. IDQVE. PROBAV. Tiberio Caesari Augusto, filio Augusto, Pontifici Maximo, Gaius Aemilius, Valerii Oclatini filius, Lucius Fonteius Rufus, Quinti filius, duumviri, porticum, curiam decreto decurionum faciundum curavere idque probaverunt. Qui dunque abbiamo i duumviri (con-soli) ed i decuriom (senato) e fu trovata a Caisole, donde fu tra-sportata ad Ossero; i duumviri G. (forse anche Caius) Emilio e Lucio Fonteio avevano avuto 1’ incarico dai decurioni, all’ epoca di Tiberio imperatore, di far costruire un portico ed una curia. Portico (atot) era un colonnato, consistente in una lunga passeggiata stretta coverta da un tetto sorretto da colonne, che cosi forniva il van-taggio d’ una libera circolazione deli’ aria e nello stesso ^ tempo serviva di riparo contro il calore del sole e 1’ umiditä deli atmosfera (Rieh, Dizionario delle antichitä). Curia, una sala comune, o luogo, in cui una qualunque corporazione, come per esempio, le curie dei cittadini romani, si riunivano a trattar materie, concer-nenti il loro corpo; passö ad essere piü particolarmente applicato al fabbricato, in cui il senato romano si raccoglieva per prendere le sue deliberazioni. Quest’ Emilio Oclatino, sembra sia figlio di quel Yalerio, duumviro quinquennale, al quäle la figlia Valeria Procilla, vivente ancora il padre, aveva fatto apparecchiarc, con piota filiale, la tomba, VALERI O OCLATI NO AED II viro g g va LERIA PRO CILLA F. PA TRI V. V. P. Valeno Oclatino, Aedili Duumviro quinquennali, Valena Procilla filia, Patri vivo, vivens fecit. Fu trovata anche questa a Cai-sole; noto poi che Kandier, riportando la prima iscrizione, legge invece di G. Aem, C. Aem ed anziche VAL, VOLS, ed invece di enriam, cariam. Piü importante di codesta lapide sepolcrale, & la seguente iscrizione, scolpita sn d’ un frammento di colonna, che vuolsi sia stata base di una statua d’ imperatore ed abbia signi-ficato dedizione di tempio o basilica, o, almeno si dovrebbe arguirlo dalle dimensioni (lo stilo b largo un piede romano, alto due), colonna di termine. E parla di coloni e di respublica: IMPCAESARI TRIBVNI POT IICON PP RES PUB NCDI) XXIII Imperatori Caesari Augusto Vespasiano ? imperatori ? tribu-nitia protestate II consuli patri patriae respublica nomine colono-rum dcdicavit XXIII. II Fortis (Saggio di osservazioni sull’ isola di Cherso ed Ossero), l’lia veduta e cosi la riporta: IMP. CA .... Ri AVO..................NO IM................... TRIBVNI. POT. II. GON. PP. RESPVB . . . I)D. Vi e una notevole differenza. anche pel fatto cbe il Fortis non ci trovd il nomine colonorum, ma invece D.D, decreto decu- 2 rionum. Certo h che Vespasiano imperatore importö Coloni nella Liburuia, come no collocö Claudio (v. Kandier o. c.). 11 piü importante si h ehe pur troppo manca il nome della respublica, di cui fa cenno l’iscrizione; ma dal fatta che la colonna segnava il termine dell’agro colonico, che questa colonia fu bensi colonia agraria, ma pur importante e forse la prima fondata nella Liburnia settentrionale (N. C. D. D.)* collocata da Vespasiano (71 d. C.) come lo si desume e dalle sigle e dallo stilo (v. über Coloniarum o Hyginius de C. A.) e dal fatto che Vespasiano nel 71 fu nella seconda podestä Tribunizio, dovrebbesi supporre sia da leggersi respublica Fertinatum. Serviva come pila d’aequa santa nella Chiesa v ’AXjieiuv äp£ut auxiji (xeta Tptüiv otpaxoiteSiuv tnt etij itevtE e o«) xe ; C. Svetonii Tranquilli de XII Caesaribus (Caesar) 22 : Socero igitur generoque suffragantibus, ex omni provinciarum copia Gallias potissimum elegit, cujus emolumento et opportunitate idonea sit materia triumphorum. Et initio quidem Galliam Cisalpinam, Illyrico adiecto, lege Vatinia accepit. . . . ; Cicerone (scholia Bobiensa a Cicerone Vatin.) 6, 14: iam dictum est hunc Vati-nium legem tulisse de imperio Caesaris, u exercitum per Illyricum et Gallias duceret; v. anche Cie. Sest. 64, 135. Vat. 15, 35 e seg. prov. cons. 15, 36; Vellcii Paterculi historiae romanae lib. II, 44. Quo facto dum augere vult in-vidiam collegae, auxit poteiitiam. Tum Caesari decretae in quinquennium Galliae; Orosius Historiarum libri 6, 7. lege Vatinia Caesaris tres provinciae cum legio-nibus septem in quinquennium datae, Gallia Transalpina et Cisalpina et Illyricus; Appiani histeria romana (Mendelssohn) b. civ. 2, 13: autöv eiXovzo PaXaTia; rf^s Te evtöi; 'AXneuiv xat onEp vAXitEt; tut jtEvtaEtE? äp'/Etv, xat t; rJ;v apy-^v cSooav teXvj otpatoü TEooapa; v. anche Plutarco (Ces. 14, Crasso 14, Pomp. 48); Catone minore 33 ; Zonara. 16, 6. 2) v. App. 111. 11; Polibio 26, 2; 32, 23; Livio epit 47; Ploro 2, 25 ; Prontino 3, 6, 2; Zonaras 9, 25 ; Strabone 7, 55; Iulius Obsequens 16; 1’ autore de viris illustribus 44. Mommsen Corp. ins. lat. vol. I per i Dalmati. Si ribellarono 1’ anno 119. — v. App. 11. Eutropio 4, 23; Cic, in Verrem 1, 50; 130-154 pro Scauro 23, 46 e C. I. 1. vol. I. pag. 460. Per i Iapudi, Liv. ep. 59; Plinio 3, 19, 129; App. 10; commentationes epigraphicae 2, pag. 222 e seg. Cor. In. lat. I. 459. Nell’anno 119 i Iapudi transalpini vengono assoggettati da Me-tello, ma circa il 60 si ribellano nuovamente v. Sallustio e Prontino 2, 5, 28. — Che i Iapudi poi siensi estesi soltanto a tergo dei Liburni, e mai sfeno giunti al mare, v. Lucio De regno I'al. et Cro. lib. II. cap. V. pag. 30. 3) Cesare a piii riprese erasi portato daila Gallia in Italia, cosi nell’ in-vemo 57-56 (v. Caes. b. g. 2, 35; 3 7 per 1’ Illirico); al principio deli’ anno 54 (b. g. 5, 1.); nell’ inverno 53-52 (b. g. 7, 1; 6, 44; 8, 23. Dione 40, 32). Nel 51 aveva mandato una legione oltre le Alpi per punire i Iapudi, ehe avevano devastato Trieste (Hirtius 8, 24, b. g.). Che nell’ autunno deli’ anno 50 egli sia stato in Italia lo dice Hirtius, Com. b. g. 8, 50. Ipse hibernis peraetis contra consuetudinem in Italiain quam maxiinis itineribus est profectus, ut municipia et colonias appellaret, quibus M. Antonii, quaestoris sui, cominendaverat sacerdotii petitionem. E al cap. 51: Exceptus est Caesaris adventus ab omnibus municipiis et coloniis ineredibili honore atque amore. *) App. ill. 12 (pag. 355 ed. Teub.) tou Kaioapo; -fj-popivoo KeXtwv, (ji AaXjxaxai oiže, xat žaoi aXXoi ’IXXupiiüv to't3 [xaXtaTa StifjUTu^oov, Aißupvoo?, Etepov e0vo; ’IXXü^uüiv, llp(ujj.(jvav TtdXcv atpEi'Xovto. 5 oipä; 'Piujagu'oi; eiUTpe-itovTe; lici töv Kaiaapa žfTP1» ®VTa xat^ipeuyov. S Že jj-cV y.at Ttpoij'jipeuoe toi; e^oooi TYjV npujjiovav airoSoövai Toti; ÄißupvoT?' oi (ppovTtaavuiuv 3t exei’viuv teXo? QZpaxoü jtoXXoü, oy; arcavta? exteivciv ’IXXuptoi. xal 6 Kataap ojx ereelfjXOev o?> yäp rtv oi ayo\k tote oraaia^ov-c: np&? IIo|X!r/jtov. I soldati mandati da Cesare contro i Dalmati erano quelli della decimaterza legione, che Cesare aveva seco condotto in Italia e che, a quanto pare, era composto di soldati illiri (v. la prefazione ai Com. di Cesare del Kraner e Mommsen, Rom. Gesch. vol. 3 pag. 288). — Promona era cittä fortificata, posta sulla vetta di monte dirupato fra il Kerka ed il Cettina, non lungi dalle sorgenti di quest’ ultimo fiume. Cosi il Lucio: Promonam intra Titium et Tillurum non longe ab hujus fontibus fuisse, situs nomenque montis Promina dieti demonstrat. 5) v. Cic. Att. 8, 6, 2; 8, 11 D. 3, 8 ; 12 A. 6) Caes. b. c. 3, 3. Hiemare Dyrrhachii, Apolloniae omnibusque oppidis maritimis censtituerat, ut mare transire Caesarem prohiberet, eiusque rei causa omni ora maritima classem disposuerat. Praeerat Aegyptiis navibus Pompeius filius, Asiaticis D. Laelius et C. Triarius, Syriacis C. Cassius, Rhodiis C. Marcellus cum C. Coponio, Liburnicae atque Achaicae classi Scribonius Libo et M. Octavius, totique tarnen officio maritimo M. Bibulus praepositus cuncta admini-strahat: ad liunc summa imperii respiciebat. E 3, 8... A Salonis usque Oricuni portus, stationes litoraque omnia longe lateque classibus occupavit. v. anche 3, 3; icerc Att. 7, 11, 3. Plut. (Pomp. 62 e 63) App. b. c. 2, 49 e 2, 50; Dio. C. 41, 44 : Plut. (Cat. min. 54); Yell. 2, 51; Cic. Att. 9, 9, 2; 9, 10, 4. 7) Floro 4, 2. Quippe quum fauces Adriatici maris jussi occupare Dola-bella et Antonius ... — Hirtius b. a 42. Namque eo missus aestate cum dua-bus legionibus Q. Cornificius, Caesaris Quaestor, pro praetore. 8) Caes. b. c. 3, 9. Ibi concitatis Dalmatis reliquisque barbaris Issam a Caesare amicitia avertit (s’ intende dopo la battaglia al seno flanatico). — Hirtius 42 . . . paueis navibus Iadertinorum quorum semper in rem puhlicam singulars constiterat officium. Non e da credersi poi che, quando Cesare (3, 3) dice preposti alla flotta liburnica Scribonio Libone e Marco Ottavio voglia alludere a navi a foggia liburnica; infatti egli nomina le egizie, asiatiche, siriache, volendo con ciö significare che codeste erano navi degli ausiliarii egiziani, asia-tici, siriaci. E naturale che in tale occasione i Liburni del seno flanatico, quindi anche le Absirtidi, abbiano parteggiato per Pompeo; noa potevano opporsi colla forza alle navi pompeiane essi, tanto lontani dal centro di loro potenza (Zara), essi, che contro i Dalmati avevano perduta Promona, essi che, venuta meno la loro potenza colla fondazione di Aquileia, col sorgere di Ravenna, eransi veduti costretti di darsi a Cesare. 9) Cosi scriveva Vatinio l’anno 45 a Cicerone „Viginti oppida sunt Dal-matiae antiquac, quae ipsi (i dalmati) sibi asciverunt amplius sexaginta.“ 10) Caes. b. c. 3, 10. Se morte Curionis et detrimento Afričani exercitus tanto milituiftque deditione ad Curictam. — 3, 9. Discessu Liburnarum ex Illyrico M. Octavius cum iis, quas habebat, navibus Salonas per venit. — 3, 67. Hic paulisper est pugnatum, cum irrumpere nostri conarentur, illi castra defenderent, fortissime T. Pulione, cujus opera proditum exercitum C. Antonii demonstravimus . . . E da deplorarsi che sia andata smarrita quella parte dei Commentari di Cesare, che appunto parla di questa battaglia, come si argui-sce dallo Scholiaste di Lucano 7, 404. II Nipperdey (pag. 160) crede dovesse andar unita al libro secondo. (v. Zippel o. c. 203 anche per il mese, in cui ebbe luogo la battaglia). — Livio ex libris 90 (secondo della guerra civile). C. Antonius legatus Caesaris male adversus Pompeianos in Illyrico rebus gestis captus est: in quo bello Opitergini transpadani, Caesaris auxiliares, rate sua ab bostibus navibus clusa, potius quam in potestatem hostium venirent, inter se concurrentes ec-cubuerunt. — Floro 4, 2, 31. Aliquid tarnen adversus absentem ducem ausa fortuna est circum Illyricum et Africam, quasi de industria, ut prospera eius adversis radiarentur. Quippe quum fauces adriatici maris iussi occupare Dolabella et Antonius, ille Illyrico, hic Curictico litore castra posuissent; iam maria late tenente Pompeio, repente legati eius Octavius et Libo ingentibus oopiis classicorum cir-cumveniunt utrumque. Deditionem fames extorsit Antenio. iNJissae quoque a Ba-silio in auxilium ejus rates, quales inopia navium fecerat, nova Pompeianorum arte Cilicum, actis sub mare funibns, captae quasi per indaginem. Duas tarnen aestus explicuit; una, quae Opiterginos ferebat, in vadis haesit, memorandumque posteris exemplum dedit. Quippe vix mille juvenum manus circumfusi undique exercitus per totum diem tela sustinuit, ut quum exitum virtus non haberet, tarnen, ne in deditionem veniret, hortante tribuno Vulteio, mutuis ictibus in se concucurrit. — Svetonio 36. Omnibus civilibus bellis nullam cladem, nisi per legatos suos, passus est: quorum C. Curio in Africa periit; C. Antonius in Illyrico in adversariorum devenit potestatem; P. Dolabella classem in eodem Illyrico, Cn. Domitius Calvinus in Ponto exercitum amiserunt. — Appiano b. c. 2, 41. e? te tu e£ Kataapt — Dio. C. 41. 40 (a. 705). žv u> Se 8-q Taut’ ev xe rfi ^Pcujj-Tfj xat žv rj ’ißirjpta eYtYveT0' Mapxoj jjlživ ’Oxxaouto? xat Aouxtos Exptßcuvto« Atßiuv üooicXtov KopvTjXc&v AoXoßsXXav, xa xe toü Kat’aapo? rcpäxxovxa xat žv X'jj AeXfiaxta ovxa, ijTjXaoav ahxffi xü> xoü IIo|J.to;i'ou vaoxtxü) ^piojiEVot. xat |j.ex<5i toüto Taiov’Av-xiövtov tnajAuvat ot l0T]Xeaavxa e? xe vvjatBtdv tt xaxexXetaav, xavxaüöa itpoi; xe x&v žrct/toptmv EYxaxaXettpÖevxa xat Xtfiü) 'r.ttchtvxa jtaoaožl nX-rp oXt^mv e'.Xov. ’s? xe Y“P r^rceipov eip&eaav xtve? auxuiv žtatpivfoVre;, xai Ixepot žv omotat? 8ta-hXeovte; xat aXtoxdjxEvot atpäj aoxobj aitEyp-qaavxo. Cosi nella traduzione letterale: Mentre tali cose avvenivano in Roma e nella Spagna, Marco Ottavio e Lucio Scribonio Libone, usando della flotta di Pompeo, cacciarono dalla Dalmazia Publio Cornelio Dolobella, che operava per Cesare ed era colä. E dopo cib chiusero in una piccola isola Caio Antonio, che voleva aiutarlo, e quivi lo pre-sero, abbandonato dagli abitanti e tormentato dalla fame con tutti quelli che avea eccetto pochi: imperciocche alcuni di essi s’erano affrettati di fuggire sul continente, ed altri, che navigavano su zattere e furon presi, si erano uccisi. 42, 11. xat (j.etä xoöxo xat 6 ’Oxxaoütdj ctptat npoaEYe'vETö. ui; Y“P Tc'te T“v ’lovtov žaercXeuae xat xov ’Avxiuvtov xov Tätov cuviXaßev, aXXtuv |iiv xtvuw ^cuptuiv txpäxESE . . . — Orosio 6. 13. Dolabella ex parte Caesaris in Illyrico per Octavium et Libonem victus copiisque exutus ad Antonium fugit. Basilius et Salustius pa-rantes singulas legiones quibus praeerat similiter et Antonius. Hortensiusquc quoque ab infimo mari cum classe concurrens omnes pariter adversus Octavium et Libonem profecti et victi sunt. Antonius ipse cum se Octavio cum XV cohor-tibus dedisset omnes ad Pompeium a Libone deducti sunt. — Cicero ad Atticum 10, 7 accenna anch’egli al fatto: Exeamus modo; quod ut meliore tempore possimus, facit Adriano mari Dolabella, Fretensi Curio. — E cosi lo racconta l’Arcidiacono nella sua Hist. sal. cap. 11. Haec ci-vitas (Salona) tempore bellorum civilium fidem inconcussam a Eomanae reipu-blicae observans, dominium Caesaris respuebat. Quamobrem ad eam subiugandam misit Caesar Antoniura cognatum suum cum magno navali exercitu; ipse veru insequendo Pompeium a Brundusio transvectus est in Epirum. Tune Antonius praemisit quemdam ducem nomine Ulteium, qui in insulis Salonitani litoris exer-citum coadunaret; sed ex parte Pompei erant in Salona duo duces Basilius et Octavius. Isti coegerunt magnas populorum adiacentium catervas: videlicet Cu-retum, Dalmatinorum et Istriorum expectantes Caesaris partes, ut cum eis con-fligerent; sed Ulteius famis satisque coarctatus penuria, non potuit in insulis nlterius commorari, et licet undique hostium vallatus insidiis, tarnen quamdam navera cum meliori sociorum manu conscendens voluit latenter transponi in ter-ram; sed hostium insidiis circumpositis, navis in medio transitu intercepta est, cumque cravis haereret immobilis, videns Ulteius, quod non pateret via diver-tendi, cohortatus suos ut pro honore Caesaris mori fortiter parati essent, ante-quam in hostiles inciderent manus; sieque factum est; nam cum viderent Pom-peianos jaculis, lapidibus et sagittis instare, jamque paratos ad naves manus apponere, intusque insilire, defessus iam Ultejus cum suis cum diutissime et viriliter restitisset, ne vivi ad manus hostium devenirent, mutuis se vulneribus confoderunt, et mortui sunt. Audiens ergo Antonius interitum Ultej et suorum commilitonum, non apposuit ulterius venire Salonam, sed ad Caesarem reversus est. — v. anche il periodico „la Dalmazia“ del 30 ott. 1845 N. 27 ove su quest’argomento si legge un articolo deli' Ostoich. — E qui mi pare dovere il riportar i bei versi di Lucano, tradotti non molto fedelmente dal Cassi, anche a maggior schiarimento di quanto verrö di-cendo piü sotto rispetto a codesta battaglia navale, combattuta sulle acque del Quamerolo. — M. Anaaei Lučani Pharsaliae lib. IV. 282-324. Non perö in ogni loco la fortuna Mostrava un viso. Ma crucciosa a danno Delle cesaree parti si volgea Dove 1’ adriaco mar si frange ai liti Deila lunga Salona, e incontro ai molli Zeffiri si devolve la riviera Del Giadero tepente. Antonio Caio Quivi reggea 1' armi di Giulio, e tutto Confidato nel cor de’ bellicosi Cureti, dentro la mnnita e forte Loro isoletta erasi messo ad oste: Ove sicuro d’ ogni avverso assalto Tenuto si saria, se gli era dato D'allontanar la certa espngnatrice Di tutti propugnacoli, la fame. Ivi il suol non porgea paschi al destriero: Ne di sue spiche era cortese al campo La bionda Cere. Giä i guerrier 1’ ingrata Campagna spoglia avean d'ogni gramigna; E gik ne’ greppi, e ne' tonduti prati, E perfln negli aridi cespugli Del terrapieno a disperata prova Metteano i denti a manicar lo strame. Ma in questo mezzo dall’ opposta riva In bella mostra veleggiar für viste Le navi ch' avea Basilo salpato In soccorso d" Antonio. A tal veduta Preser cuore i digiuni; e col lor duce Fer disegno di subito sottrarsi A quclla inedia, e di condursi al bordo Delle amiche galee, nuova tentando A traverso deli’ onde arte di fuga. Furo insieme tra lor stretti a catene Molti navigi, ed in dne file instrutti. Tra 1' una e 1' altra fila indi si stese Quasi a lior d’ acqua un pian di travi; e sopra Una vi si rizzö come gran torre Che minacciose e balenanti ali' aure Le bertesche sporgea. Sottesso al piede Erano i remator da tutte ostili Offese immuni: perocclie non altra Onda ferian ehe quella imprigionata Tra '1 doppio ordin di legni; ed il mirando Spettacolo offerian di smisurata Mole naval ehe si traea pel flutto Senza remi mostrar, ne spiegar vele Al gonfiarsi del mare, e al suo ritrarsi In pria si pose mente: e allor che 1' onda Retrograda cammina e fa piii lido, 11 turrigero abete si varö. Poi due di non simile struttura Ma di corpo minor, macchine e remi, Tennero dietro al suo gran solco; ed ambo Perche men gravi, e al navigar piii destre, Lo arrivar, lo passaro, e il lasciar solo. I legni di Quirin, dal duce Ottavio Capitanati, ehe tenean d’ Illiria In guardia i passi, ben potean far loro Un pronto e fiero assalto. Ma 1’ accorto Capitan gli ritiene: e a fin ehe quelle Torri natanti piglino deli’ onde Intera sicurtade, e in mille doppi Gli s' accresca la preda, ecco ei s' appiatta Dietro gli seogli circostanti, e dalle Illiriche costiere ogni mostranza I)" armi rimove. In non diversa gaisa Buon cacciator, mentre che aspetta al varco I cornigeri cervi spauriti Dalle vermiglie abbominate penne, Alle disposte pertiche d' intorno Le reti spiega: le latranti bocche Chiude ai molossi: al lor gninzaglio torna Gli spartani e i cretesi; e lascia il bosco Al sol segugio, che atterrando il muso Segue 1’ odor della ferina traccia. Ne squittir osa, ancor che soprarrivi Le tane; e sol coli' agitata coda Le quatte belve al suo signor accenna. Cosi 1' astuto Pompejan rieorse AH’ arti della frode, che apparate Ali’ empia scuola de'pirati avea; Ed ali' insidie sue del mar fe velo. La superficie equorea ei lasciö sgombra D'ogni indizio d'agguato; ma sott’onda A piü e piii braccia penzolar fe immense Funi e catene, e accomandolle al capo De' scogli, e al pie della montagna. II sole Inchinava all’oecaso; ed in quell'ora Ne' perigliosi flutti s’ ingolfaro l cesarei navigli. Ma dei duo Che fean scorta al maggior, nessun fu colto Agli appostati inganni. La turrita Mole vi die, vi s' impigliö, ristette; E per forza di ferri e di cordami, Onde fu tutta arroncigliata e involta, Venne tirata al lido. Ivi e un immane Ammassamento di corrose rupi Che pendono sul mare con un tal atto Di ruina, clie metton tema in core A qual di sotto a lor chinato ardisca Girar pur 1' occhio. Ispidi boschi fanno A que'penduli massi orrida chioma: E delle sottoposte acque il chiarore Imbrunan d' ombra. Delle roccie in grerabo S' avvolgon’ antri spaventosi, in cui Sovente la tempesta portar suole Fiumi di mar, pezzi di navi e salme D' uomini e bruti. E quando 1' assorbita Onda ributtan gli antri, ella, nel suo Spumoso, procelloso e vorticoso Regurgito cotal mette fragore Che vince quel ehe fa Cariddi, quando I vasti flutti suoi spingc alle stelle. Tratto ehe fu presso a que’ cupi gorghi II cesareo naviglio, lo assaliro D' una parte le navi di Pompeo Che tutte uscir da nascondigli; e d' altra Parte nn’ immenso popolo d’ armati Di che repente brulicar gli scogli Le rupi e il lido. Era il navil guernito Da Opitergina squadra, e n’ era capo Vultejo audace. Troppo tardi il prode Perö s’ avvide dei coperti inganni, E invan su i nodi del nemico ferro, Braccia e scuri ei stancö. Poi, disperato D’ ogni salute, arditamente chiese La battaglia; e, neppur sapendo dove Volgere il petto e il tergo, ei senz' indugio Nella battaglia entrö. Quanto oprar puote Gagliardezza di spiriti e di braccia I rischi estremi, tanto oprö quel forte Sostenendo co' suoi 1' immensa piena Degl' inimici, che il premeano: e i pochi Ebbero il cor di contrapporsi a tanta Moltitudine armata, ond' era stretta E da mar e da terra una coorte Intera appena od un sol legno. Breve Fu perö quel couflitto: ehe 1'incerta Luce fu spenta dalla negra notte; E col venir deli' ombre ebbesi pace. Segue un" allocuzione di Vultejo, con cui eccita i suoi di preferire alla resa, la morte; quindi cosi il poeta continua la narrazione dei fatti. Al suon di si magnanime parole Nel cor di tutti tauto ardir ricorse, Che tutti für col duce in una voglia: E quei che dianzi a non asciutto ciglio Riguardavan le stelle, e paventosi Eran dell’ ora in cui da volta al carro La grande orsa del cielo, impaz'ienti Cercar con 1' ocehio in Oriente il giorno. Era il tempo che in grembo alla marina Gli astri non calan pigri. II sol, raggiando Tra gli eterni gemelli, al vicin cancro Tingea le branche in oro, e dall1 eoe Porte scender vedea sul mar d' occaso II tessalico arciero. II nuovo lume Tornö scoprir sulle pendenti roccie Le inasnade degl' Istri, e sopra il flutto G1’ itali, i greci ed i libnrni abeti, Ond’ e assiepato il prešo legno. II duce De' latini non vien perö di colpo Al nuovo assalto. Anzi in cortesi accordi Al prigioniero stuolo egli offre paee, E ogni arte adopra a conseguir che il prode Vultejo e i fidi suoi cessin dall'ira: E provar vuol se, interponendo alcuno Indugio alla morte, ei valga alfine A ridestar dentro que’ fleri petti II desio della vita. Ma c-ostante La vulteiana gioventü ne' suoi Giuramenti si tiene: e, fatta schiva Di piü veder la luce, insuperbisce Di avvicinarsi a quella eccelsa meta Di che 1' affidan le parate destre E gli aguzzati ferri. Non e possa Ne di ragion, ne d' armi, ch' abbia vanto Sovra le generöse alme de' forti, Deliberati ad ogni estrema prova Di virtii e di natura. Virilmente AU’ impari tenzon tornan gli eroi. E contro le navali e le terrestri Squadre che intorno a lor serransi tutte Fan bella difension. Tanto e valore In chi fede non ha che nella morte. Ma quando sembra a quegli eroi che assai Siasi di sangue combattendo sparso, In un tratto abbandonan le difese E si dan furiosi a sciorre il voto. Nell’alta gara del morir Vulteio Avanza tutti. Ei primo a tutti porge La nuda gola, e: »Chi (sclama) di voi Si bagnera nel sangue mio, darammi Sicura fe, clie di morir s’ onora Do’colpi miei.« Qui tace: tutti quanti Di subito rovinano sovr’ esso Colle spade levatc: e tutti anelano Di ferirlo ad un tempo. Egli a si crudo Oprar gl'incuora; od a colni che gli apre La prima piaga, conoscente e lieto, Tien la promessa, e della vita il scioglie. Indi tutti con tutti orribilmente Vengono al sangue, e mise.hian si feroce Battaglia, che la pari sotto al sole Fra schiere avverse non fu vista mai. Tal del seme di Cadmo uscia la flera Dircea coorte, e di ferite allerne Sotto Tebe cadea, presagio diro Della gemina rabbia di Giocasta: Cosi nei campi ehe discorre il Fasi I seminati denti deli’ insonne Drago, poiche in giganti si tornaro, Furon preši da tal furia di guerra, Che a muta a muta si svenaro al suono Del carme mago, e dilagaro i solehi Con tanta onda di sangue, che per tema Del proprio incanto impallidi Medea: Ne qui altrimenti i vulteiani eroi, Stretti per fede a vicendevol morte, Si ricambiano a prova sanguinosi Orrendi colpi; ed assai pivi nel trarli Che non nel torli, ei mostran di sublime Virtii lo sforzo. Con percosse orrende Ugualmente feriti e feritori Sono atterrati, e atterrano: ne colpo Esce di mira, avvegnache si parta Da moriente mano. Lo ferite Al taglio solo non si deon dei brandi: Contro le punte delle spade i petti Da se stessi s’ avventano: e le gole Giungon sino alla man del feritore, Facendosi la via per le coltella. Ne percuoton con impeto men fiero Ne' fratelli i fratei, ne' figli i padri, E questi in quelli; raa di tutta forza Altamente menansi 1’ un 1' altro Colpi mortali, ed unica pietade De' parenti e il cercar, che non sia d' uopo Venir col ferro a le seconde piaghe. La gran travata, che fra le congiunte Barche si stende, e tutta quanta corsa Da viscere che fuor delle squarciate Pancie si traggon lacere diretro Ai lenti passi dei feriti: e il mare Tingesi in sangue. Eppur sdegnosi sguardi Lanciano i prodi ali' abborrito sole; Guatan con minacciosa altera fronte L' atterrito nemico; e di sentirsi Intirizzir nel ghiado estremo han gioia. In poco d’ ora il vulteian navile Altro non offre al vincitor che un mucchio Sanguinoso di corpi; e il vincitore Non ne sostien 1' amara vista senza Pianto sul ciglio. Ai lacerati busti Onoranze di rogo e di sepolero Quindi egli indice.................. Gli storici che narrano il fatto, o che ne fanno cenno. non vanno d’ ac-cordo nel precisare il motivo per cui sia avvenuto, ne nello stabilire il luogo. Lucano (65 a. C.) e Floro, (circa il 120 a. C.) che vissero, specie il primo, circa all’ epoca in cui avvenne la sanguinosa zuffa, dieono soltanto che Antonio erasi accampato fra i Cureti; Dione (150 a. C.) ci narra che Dolabella fosse stato sconfitto dalle navi pompeiane e ehe Antonio, movendogli incontro per portargli soccorso, sia stato chiuso in un’ isola. Orosio (circa 400 d. C.) invece racconta che non fu Antonio quello che muoveva in soccorso di üolabella, ma che Dolabella siasi rifugiato presso Antonio. Tanto Lucano quanto Orosio di-cono che all’ atto della resa Antonio aveva seco 15 coorti (circa 7000 soldati). Cosi dunque Lucano, Ploro ed Orosio vanno d’accordo nell’asserire che Antonio stava accampato in un’ isola, e propriamente a Veglia. Da ciö mi pare potersi concliiudere che Antonio, il quäle, come dirö, aveva seco piü di 9000 soldati, volendo con questi passar oltre 1’ Illirio nella Macedonia, in un puuto ch’ egli credeva sguernito di navi e presidi neniici, come si arguisce dal passo di Appiano (v. nota n. 10), costretto dalla flotta pompeiana, che oeenpava tutto l’Adriatico ed aveva sconfitto Dolabella, siasi ritirato a Veglia e siasi accampato colä. Ciö mi par anche piü probabile per il fatto che a Cesare sembra importasse molto la liberazione di Antonio; infatti egli spedi in suo soccorso e Ortensio e Basilio e deplorö nei suoi commentari la disfatta di Antonio. Sulla cagione poi per cui Antonio coi suoi sia stato fatto prigioniero, gli storici accennati sono d’ ac-cordo nel dirci sia stata la fame quella che spinse Antonio alla resa. Cesare pero al passo citato alla nota 10, accennando al fatto dice: tanto piü che T. Pulione, per opera del quäle abbiamo dimostrato esser stato tradito 1’ esercito di Antonio ; da ciö si dovrebbe arguire dunque che Antonio sia stato tradito e forse anche che 1’ esercito di Antonio siasi a lui ribellato, perche la parola eitt^opt&v di Dione potrebbe venir interpretata anche con „propri, suoi“ Certo e poi che 1' isola, di cui si parla, e Veglia. Infatti siccome Cesare (3. 10) si esprime dicendo: militumque deditione ad Curictam, siccome Lucano parla di gente Curetum e Floro di Curictico litore e di fauces maris adriatici, mi pare non sia da parlarsi di quei commentatori di Floro, i quali pongono il fatto come acca-duto a Corfü od a Curzola, e come trovö scritto il Salmasio nelle edizioni di Floro, anteriori alle sue, mentre appunto nei tre codici palatini, specie nel Na-zariano, in quello di Praneker, nel Duisburgense, in quello di Ryck ed in altri ancora, leggesi sempre Curictico. Ciö anche per le edizioni di Cesare (v. Kraner Comm. de b. g. et c. e le osservazioni di Druman, Ann. zu d. St. 1. pag. 524 e Mommsen 3. pag. 453) e per quella di Lucano di Grozio, lezione questa seguita poi da tutti. In quanto poi al luogo in cui si combatte la battaglia navale fra i pompeiani dall’ una ed i Cesariani, fuggiti su zattere da Veglia dall’altra, non mi pare si possa asserire, che questo sia stato il canale della Farasina, ma piuttosto il Quarnerolo e propriamente quel tratto di mare che bagna il burrone di Smergo e lo scoglio di Plaunik. Lucano infatti dice che furono legate delle funi agli scogli della rupe illirica e che al seguente mattino furono veduti gl’ Istri sulle loro rupi ed i liburni, che combattevano colla flotta Greca. At Pompeianus fraudes innectere ponto Antiqua parat arte Cilix, passusque vacare Summa freti, medio suspendit vincula ponto, Et laxas fluitare sinit religatque catenas Eupis ab Illyricae scopulis. (447-421) e 529 Detegit orta dies stantes in rupibus Istros Pugnacesque mari Graia cum classe Liburnos. Or bene; scogli fra la costa dell’isola di Veglia e la spiaggia orientale dell’Istria non ce ne sono, ove non si voglia considerare come scoglio 1’ isola di Cherso (66 chilom. di lunghezza) ed il tratto di libero mare da percorrersi da Veglia alla costa istriana b di otto miglia. Scogli ce ne sono parecchi fra Veglia e Cherso nel Quarnerolo. Siccome perö tanto la descrizione della costa bagnata dal Quarnerolo, quanto quella della rapida corrente, come Lucano le cantö, cor-rispondono perfettamente al burrone di Smergo ed alla corrente rapidissima fra lo scoglio di Plaunik ed il burrone; ancora siccome non e vero che gli Istri abbiano prestato soccorso ai pompeiani e che le funi e le catene sieno state legate alla terra ferma, ma invece agli scogli di rupe illirica; siccome di scogli fra Veglia e la costa istriana non e da parlarsi, ne tampoco di un luogo dove avesse potuto ascondersi 1’innumerevole flotta pompeiana per uscir celermente dal nascondiglio e siccome gli soogli dovevano esser molto vicini l’un 1’altro perche i nemici avessero avuto campo, cosi ad un tratto, di tender foni e cateae e legarle 8olidamente, io čredo ehe la battaglia navale fra i cesariani e pompeiani nell’a-gosto deli’ anno 49, sia stata combattuta alla spiaggia di Smergo, (costa orientale deli' Isola di Cherso) e ehe Antonio quindi si fosse accampato piuttosto a Veglia ehe a Castelmuschio. Infatti egli aveva seco cirea 17 coorti, cioe 15 ehe si arresero, 1 di Opitergini (quella di cui appunto si parla) mentre altri soldati erano passati gia prima nel continente, dunque circa 9000 soldati, per i quali ei voleva un accampamento ben maggiore di quello di Fnlfinium. ") Caes. b. c. 3. 9. Discessu Liburnarum ex Illyrico, M. Octavius cum iis, quas habebat copiis, navibus Salonas pervenit. Ifei concitatis Dalmatis reli-quisque barbaris Issam a Caesaris amicitia avertit; conventum Salonis cum ne-que pollicitationibus neque denuntiatione periculi permovere posset, oppidum oppugnare instituit .... Iamque hiems appropinquabat, et tantis detrimentis receptis Octavius desperata oppugnatione oppidi Dyrrachium sese ad Psmpeium reccpit. 12) Hirtius b. a. 42-47. Cap. 42. Sub idem teinpus in 111 vrico est incomo-dum acceptum: quae provincia supericribus mensibus retenta' non tantum sine ignominia, sed etiam cum laude. Namque eo missus aestate cum duabus legio-nibus A. Cornificius, Caesaris quaestnr, pro praetore, quamquam erat provincia minime copiosa ad exercitus alendos, et flnitimo bello ac dissensionibus vastata et confecta, tarnen prudentia ac diligentia sua, quod magnam curam suspiciebat, ne quo temere progrederetur, et recepit et defendit. Namque et castella com-plura, locis editis posita, quorum opportunitas castellanos impellebat ad decur-siones faciendas et bellutn inferendum, expugnavit, eaque praeda milites donavit (quae etsi erat tenuis, tarnen in tanta provinciae desperatione erat grata, prae-sertim virtute parta): et quum Octavius ex fuga pharsalici proelii magna classe in illum se sinum contulisset, paucis navibus iadertinorum, quorum semper in rempublicam singulare constiterat officium, dispersis Octavianis navibus erat potitus, ut vel classe dimicare posset, adiunctis captivis navibus sociorum. Et, quum diversissima parte orbis terrarum Cn Pompeium Caesar victor sequeretur, compluresque adversarios in Illyricum propter Macedoniae propinquitatem se, reliquiis ex fuga collectis, contulisse audiret, litteras ad Gabinium mittit, uti cum legionibus tironum, quae nuper erant conscriptae, proficisceretur in Illyricum, coniunctisque copiis cum Q. Cornificio, si quod periculum provinciae inferretur, depelleret: sin ea non inagnis copiis tuta esse posset, in Macedoniatn legiones adduceret: omnem enim illam partem regionemque, vivo Cn. Pompeio, bellum instauraturam esse credebat. Cosi Appiauo ill. 12. Del resto dell’ esercito una parte gli conduceva Antonio nella Macedonia attraversando auch’ egli il mar Ionio alla fine dell’inverno e 15 manipoli e 3000 cavalieri gli conduceva '-abinio attraversando l’Illirio, girando tutt’intorno il Ionio. Gl’Illiri per paura di quelle cose che poco tempo fa erano aecadute a danno di Cesare. stimando che la vit-toria di quello sarebbe stata una rovina per ioro, assalgono l’esercito di Gabinio e lo fanno tutto a pezzi ad eccezione di Gabinio stesso e di pochi che fuggirono. E da notarsi che mentre Appiano parla di 15 manipoli, onsipac, Hirzio accenna invece a legioni; mi sembra doversi credere piü al secondo che al primo e per-ch^ piü vicino all’ epoca in cui avvenne il fatto, anzi contemporaneo (se non e lo stesso Cesare che scrive) e perche 15 manipoli sarebbero un contingente ben pic-colo per sedare una rivolta, Dove poi sia avvenuta la strage Gabiniana ce lo dice Mommsen (C. I. L. III 3200), il quäle la pone sulla via, che da Salona conduceva ad Andetrium, via chiamata appunto „(-abiniana“. — Dione 42. 11. E morto anche questo Gabinio di malattia, si impadroni (s’intende Ottavio) di quel mare e sbarcato a terra, ne danneggiava molte parti. — v. anche Hirtius b. a. 10j App. b. c. 2, 58, 59 e ill. 25, 27; Plut. (Ant. 7); Oie. Att. 11. 16. 1 ; Dio. 42. 51, 55 ; Suet. (Caes. 76); si noti ancora che Suetonio, parlando del consolato di Vatinio, confonde l’anno 47 col 46. -13) Cic. ad fam, 13. 77. Cum his temporibus non sane in senatum venti-tarem, tarnen, ut tuas litteras legi, non existimavi me salvo iure nostrae veteris \ amicitiae multorumque inter nos officiorum facere posse, ut honori tuo deessem. Itaque affui supplicationemque tibi lubenter decrevi nee reliquo tempore ullo aut rei aut existimationi aut dignitati tuae deero ... 8. Praeterea a te peto in maiorem modum pro nostra amicitia et pro tuo in perpetuo nie studio, ut in liac re etiain clabores: Dionysius, servus meus, qui mearn biUiothecen multorum nujnmorum tractavit, cum multos libros surripuisset nec se impune laturum pu-taret. aufugit. Is est in provincia tua. Eum et M. Bolanus, meus familiaris, et nralti alii Naronae viderunt (a. u. C. 709 M. Cicero s. d. P. Sulpicio imp.) — Hirt. b. af. 10: ipse cum cohortibus septem, quae ex veteranis legio-nibus in classe cum Sulpicio et Vatinio rem gesserant. . . u) Cic. fam. 5, 9. 10, 11 (a. u. c. 709); App. ill. 13; Dio. 47. 21; Cie. Phil. 10, 5, 11. 10, 6, 3. 16) App. ill. 13: Ma, quando compiute tutte le faccende ebbe fatto ritoruo a Eoma, e prese le misure per la spedizione contro i Goti ed i Parti, gl’ Illiri temendo che, essendo posti nel paese, che egli doveva attraversare, non venissero as-saliti, mandano ambasciatori a Koma chiedendo perdono delle cose passate e li acco-gliesse in sua (di Cesare) amicizia ed alleanza; esponendo come gli Illiri erano popoli bellicosi ed illustri per guerre; egli, abbenche indugiasse di portar ai Parti la guerra giä stabilita, tuttavia per la dignitä del popolo Romano, rispose loro, che non avrebbe mai considerato quali amici essi, che avevano commesso tali cose, e che avrebbe perdonato, se avessero voluto assoggettarsi a pagar il tributo, e dar ostaggi. Manda allora presso di loro, che avevano promesse tutte e due le cose, Atinio con molte schiere pedestri ed equestri, allo scopo di ri-seuotere certi lievi balzelli, e ricevesse gli ostaggi . . . — Cic. fam. (Att.) 5. 10 (a. u. c. 709) Vatinius Ciceroni Suo S. De Dionysio tuo adhuc nihil extrico, et eo minus, quod me frigus Dalmaticum, quod illinc eiecit, etiam hic refrigeravit 3. Caesar adhuc mi iniuriain facit; de meis supplicationibus et rebus gestis Dalmaticis adhuc non refert, quasi vero non iustissimi triumplii in Dalinatia res gesserim! Kam si hoc expectandum est, dum totum bellum conficiam: viginti oppida sunt Dalmatiae antiquae; quae ipsi sibi adsciverunt amplius sexaginta; haec nisi omuia expugno, si mihi supplicationes non decernuntur, longe alia condicione sum ac ceteri imperatores. — Dione 49. 34 : imperciocche i Salassi, i Taurischi, i Liburni e i Gia-pidi gia nel tempo passato non si comportavano rettamente contro i Romani, ma tralasciarono di pagar i tributi ed invadendo talvolta le regioni limitrofe, la iiPvJufflruTin 16) Cic. Att. 13, 27, 1. 13, 31, 3 ; Dio. 43, 51 ; App b. c. 2, 110 e ill. 13; Cic. fam, 7, 80, 3. ») ! io. 47, 216 ; App. a. 0. 18) Cic. Phil. 10, 5, 11; 10, 6, 13; Livio ep. 118; Yell. 2, 69; Dio. 47, 21 ; Plut. (Brut. 25) ; App. ill. 13 e b. c. 4, 75 ; I. L. A. 461, 478. Che a M. Bruto sia stata assegnata la sola provincia di Macedonia e non 1' Ulirico, come alenno lo dice, v. App. b. c. 3, 2, 24, 35, 57 ; Floro 4, 7, 4 ; Suet (Aug. 10). 19) App. b. c. 5, 2; Plinio 3, 127; v. anche Marquardt Die römische Staatsverwaltung 1. 20 e Monnnsen C. I. L. 5, pag. 1. :0) v. Plut. (Ant. 24) e C. I. L. pag. 478; Zippel o. c. pag. 223. 21) App. b. c. 5, 65 ; Dio. 48, 28 e seg. e 48, 11 ; App. b. c. 5, 75 ; Zippel pag. 224-25 e Dio 49, 34. Pollione trionfö poi anche dei Dalmati, oltre che dei Parthini, come si vede da Ieronymo all’ anno 5 d. C. Asinius Poll io, orator et consularis, qui de Dalmatia triumphaverat-moritur ; ne avviene da ciö che Pollione non ricevette soltanto la Macedonia e l’Achaia, ma anche 1 Illyricum, mal-grado gli autori su citati non lo dicano. -2) App. b. c. 5, 80. y.M axparbv JioXbv tx xffi ’lX/.upt8o? (j.exejrEp.nETo- tyjv 8’ ouoav TjSt] itapaoxsoT.v exeXeoe Kopvuptxt&v ex PaooEWYj? li.ETayayE :v ž? 1 apavia. 23) Dio 49. 34-38; App. ill. 16-24 e b. c. 5. 145; Liv. ep. 131 ; Veil. 2, 78 ; Oros. 6, 19 ; v, nota 15; Dione poi cosi continua : Allora poi apertamente si ribellarono a cagione della sua assenza; ed Appiano 16. Augusto peri) sog-giogo tutto iuteramente e in confronto coll’inazione di Antonio espose al senato V come aveva pacificata 1’ Italia, mentre popoli bellicosi, spesso la molestavano. Gli Ossiei aduuque, i Parteanati, i Batiati, Taulanzi, Cambei, Cinabri, Meromenni e Pirissei sottomise di primo assalto. Con maggior fatica furono preši e costretti a pagar i tributi omessi i Diocleati, Čarni, Interfrurini, Naresii, Glinditioni e Tauriscbi. Altri di quelli clie s’erano ribellati, i Mcliteni ed i Corcireni, ehe abi-tavano le isole, feee sloggiare affatto, perche corseggiavano il ni are. E gli adulti di quelli uccise, gli altri vendette. Tolse le navi dei Liburni, perche anche questi pirateggiavano (Atßupvöiv ži Td^ vaü; fttpeiXeto, xa’t oeže sX^jaxeuov). — Che la guerra poi abbia prineipiato nella primavera dell’ anno 35 lo si sa aal fatto che Ottaviauo al principio di quest’ anno era occupato a Roma, cercando con ogni mezzo di staccar Antonio dali’ Egitto, ove intrattenevasi con Cleopatra, e che volendo passar in Africa, per visitar quella provincia, non lo aveva fatto perche intrattenuto nella Sicilia a cagione della cattiva stagione (Dione 49, 33, 34. Plut. (Ant.) 53 ; App. b. c. 5, 138); Statilio Tauro secondo le I. L. 461, 478 trionfo il 30 l iugno e Appiano ci dice che fu lasciato da Ottaviano nella Dal-niazia (App. 27) pataa? že š? 'Pä>p.vjv EitavY]X6v)v, äitateuscuv auv Outacmui T6).XD, quas ita sum interpre-tatus: Liber felix iegendus Praesidibus Provinciarum Iussu Doniinorum (in Ma-druciano littera G est minuscula). 31) Benedetto Bocchinio de Orig. eccl. Hierarcb. p. I. Venim, proeedente tempore, et Augustorum potentia omnia ad libitum moderante, Buadentibus etiam rerum vicibus, Convcntum praerogativa paullatim evanuit, cuius rei propterea rara apparent vestigia in Romanae Historiae scriptoribus post Plinii aetatem subsecutis. Id ei eo primum factum reor, quod, ut in superioribus visum est, Imperatores Propraetoribus suis, qui in Provincias mittebantar, concederent, ut ultra annum, et quantum sibi placuisset, imperium prorogarent; ex diuturnori siquidem mora Praetorum in provincia evenisse existimo, ut locus in quo diutius morabantur, praecipuam in Provincia praerogativam acquireret, et paullatim inter Provinciae dioceses emineret, strictoque, ut aiunt, sensu Metropolis nomine vo-caretur; quod tarnen non nisi scrius factum est. Id etiam inde effectum arbitror, quod Propraetores armati bellum potius, quam pacem praeseferrent, qua re principem provinciae urbem custodirent, et in ea, tamquam in circumpositae regionis arce residerent. At in Provinciis de novo subactis, nullam Conventuum rationem habitam existimo, quod Imperatoruni essent, non Senatus; in huius enim provinciis diutius veterem Reipublicae formam servatam res ipsa suadet. Porro annuale Proconsolum imperium (si Tiberii aetatem excipias, qui diutius, quam praecedentes, et subsecuti Augusti fecerint, Rectoribus Provinciarum ius prorogavit) usque ad Severi aetatem perdurasse probant, quae Pescenius Niger et Spartiano ad Commodum scripsit: tantae auctoritate Pescenius fuit (inquit Spartianus) ut ad Marcum primum, deinde ad Commodum scriberet, cum videret Provincias facili administrationem mutatione subvertit: primum ut nulli ante quinquennium succederetur Provinciae Praesidi, vcl legato, vel Proconsuli, quod prius doponerent potestatem, quam scirent administrare. Antonius etiam Pius, tradente Capitolino, ea Constantia fuit, ut septenis et novenis annis in Provinciis bonos Praesides detineret. At Aristides, qui Marci Aurelii Antonini, et Commodi aevo floruit, in oratione ad civitates asiaticas, missos quotannis ex lege Praetores, ait. Qua re crediverim ab eo tempore Conventuum Provincialium formam in de-suetudinem abiisse paullatim et tandem ad eam urbem, ubi Proconsul residere consueverat, omne ius redactum, quae Tacito regnante Curia diceretur. Sic de eius electione litteras scriptas tradit Vopiscus ad Curiam Cartliaginensem, ad Curiam Trevirorum. Antonius Philosophus, Iulio Capitolino narrante, Provincias ex Proconsularibus Consulares, aut ex Consularibus Procunsulares, aut Praetorias pro belli necessitate fecit. 3I) Vegetio lib. 2, cap. 8. Ab hoc Princeps in officio nomen habuit, quia ipse omnia, quae ab officialibus agenda erant, ordinabat; illi enim sine ipso niliil exequebantur; nullus in carcerem detrudi, nullus advocatus introduci, ipso inscio, potest. E Suida: est caput officii, qui omnibus imperat, ubique disponit. II titolo dunque cadde dall’ importanza che aveva al principio dell’ impero e mantenne invece quella dell’ epoca della republica (j>rinceps senatus). — Valentiniano C. de Offic. cosi dice del corniculario : Sciant principes cornicularii, et primates officiorum ternas libras auri e suis facultatibus eruendas, si honöratis Viris secretarii in judicium ingressus non potuerit. E dell’ adiutor : Commentariensis necessitate aliqua procul ab Officio, egerit, adiutor eius pari cura advigilavit. E dei Commentariense : Ad Commentariensem leceptarum per-sonarum custodia observatisque pertineat (v. anche Varo de ling. lat. 5, e gli Atti dei Martiri, in Farlati o. c.) — Synesio epist. 145 Subadiuva. Harpocration quidam est ex Heracleani satellibus, ordinem habens, ut Adiutori opituletur ; nam dictio subadiuva hoc interpretari creditur. — Anastasius in sacris scriniis lib. 12 exceptor. Iubemus pro editione Actorum exceptoribus dimidiam solidi partem dari. 32) v. Carli a. it. vol. III. lib. 1. - Iullan, Le trasformazioni politiche dell’1-talia sotto gl’ imperatori romani. 1885. — Marquardt o. c; Mommsen C. I. !. vol. III-V. e Komische Ges. V; Savigny, Geschichte des römischen Rechtes in Mittelater; Rainourd, Histoire du droit municipal en Franc; Roth de re muuicipali romanorum. I procuratori, in origine amminisstratori dei beni di un qualunque cittadino privato (Cic. ad fam. 1, 3; Plinio 3, 19), all’epoca dell’impero furono chiamati' anche rationales e scelti per la maggior parte dali’ ordine eqaestre, ed in provincie di minor importanza esercitavano essi perfino la iurisdictio ed anche 1’ imperium, come Ponzio Pilato nella Giudea. Ed i curatori erano poi parecchi a seconda dell’ incomhenze che loro spettavano, come monumentorum publicorum tuendorum, opurum publicorum, tabularum publicarum, viarum regionum e for-mavano una speciale corporazione. Un curator reip. Flanatum ci da un’ iscri-zione di Pola. 33) Veil. Pat. 2, 112. Felix eventu, forte conatu, prima aestate belli, Mes-salini opus mandandum est memoriae. Qui vir animo etiam, quam gente, nobilior, dignissimusque, qui et patrem Corvinum habuisset et cognomen suum Coltae fratri relinqueret, praepositus Illyrico. — Dio. 55, 29 xal OiaX^ptos MeaaaXTvo^ 6 tote xat zrfi AaXjj.aTtot? xat ttjs Ilavvovtas apyutv. 34) Veil. Pat. 2, 117. Celebri etiam opera diligentique Vibius Postumus, vir consularis, praepositus Dalmatiae. — Dio. 56, 15. 35) LEG. PROP. D. AUG. ET TIB OE AUG e 1’ altra: Tiberio Cesare D. Augusti Filio Imperante. et P. Cornelius Dolabella Legato Propraetore. (C. I. L; e Farlati v. c.) 3S) C. I. L. V. 698 : (h)anc viam derectam per Atium centurion(em) post sententiam dietam ab A. Plautio legato Ti. Claudi Caesaris Aug. Germ, et postea translatam a Rundictibus in fines C. Laecani Bassi restituit iussu Ti. Claudi Caesaris Aug. Germ, imperatoris L. Rufellius Severus primi pilaris. Mommsen asserisce che Plauzio non poteva essere che legato dell’Ulirio. 37) Iuncti inde moesici ac pannonici exercitus dalmaticum militem traxere, quamquain consularibus legatis nihil turbantibus. Titus Amplius Flavianus Pan-noniam, Poppaeus Silvanus Dalmatiam tenebant, divites senes. — Svet. (Otho I) Ausus etiam est in Illyrico milites quosdam, quod motu Camilli ex poenitentiam praepositos suos, quasi defectionis adversum Claudium, auctores, occiderant, capite punire. — Dio. 60. 15 !tp&* oupsov KajuXXov Sxptßuiviavöv tyjs te AeX- p.axias apxovta. 38) Marziale epigr. lib. 10, 78. Ibis littoreas, M&cer, Salonas : Ibit rara fides, amorque recti, Et secum comitem trahet pudorem. Semper pauperior redit potestas. Felix auriferae colone terrae, Rectorem vacuo sine remittes, Optabisque moras, et exeuntem Udo Dalmata gaudio sequeris Ed ho detto che fu governatore all’ epoca di Domiziano, perche il libro 10 sembra sia stato scritto da Marziale, appunto sotto il regno di quest’ impe-ratore (v. netizie intorno alla vita ed agli scritti di M. Val. Marziale del Magenta). — Spartianus (Didio Ginliano) 1. Dalmatiam regendam accepit, eamque a confinibus hostibus vindicavit. — Dio. 80, 1 žicaveX6iuv te e? tyjv ’ltaXcav Jj? eraelv e? te TYjV AeX-p.attav xixvteüOev, v. anche 69, 1. 39) Vopisco (Carinns) Constantinm qui postea Caesar est factus, tune autem Praesidatum Dalmatiae tenebat. — Atti di S. Felice martire in Farlati o. c. vol. I. pag. 112. 4n) v. Gothofredus in Chronico Codieis Teodosiani ed il piü volte citato padre Farlati, il quäle ne parla al vol. I. e ehe fa cenno anche di altro magistrate, il curiosus, riscotitore di gabelle forse di quelle assegnate dal tabu-lario. Per la costituzione di Costantino vedi Carli an. it. vol. III, e per Sar-mentitius pag. 47. 41) Tacito, Lib. II. 86. Sed procurator aderat Cornelius Fuseus. — Carli o. c. vol. III 29, il quäle a pag. 27 dice: Vuolsi ora notare, che codesti procuratori niuna giurisdizione esereitavano sotto Augusto, dipen-dendo dai Presidi delle Provincie, e dai Prefetti in Italia; ma Claudio dal Senate ottenne che non solo i Procuratori, dassero sentenza negli affari fiscali; ma ehe le loro sentenze fossero dal sonato medesimo eonfermate. — L' iserizione poi di Volsenna e importante perche la Provincia vi appare per la prima volta chiamata Dalmatia, e fu appunto ali’ epoea dei Flavii. 42) v. oltre agli autori citati nella nota 32, anehe Lange Römische Al-terthümer, Niebuhr, Peters Mommsen Röm Ges. 43) II Sigonio sostiene che per ius italieum intendevasi 1' esenzione del tributo sui terreni e della capitazione (immunitas). II Maffei aggiunge ehe a questi diritti s’ aggiungeva pur quallo di essere indipen.denti da qualunque magistrate provinciale, cioe da Pretore o Proconsole. Senonche a certe cittk fuori di provincia veniva eoneesso bensi il ius italieum, ma sempre con qualche li-mitazione o per l’immunita, o per il tributo, o per 1’indipendenza da magistrati provinciali; anzi sembra ehe dei tre diritti su riferiti non godessero ehe uno, forse 1' esenzione dal tributo; certo le Absirtidi come dissi non erano immuni, altrimenti Plinio non avrebbe detti immuni i soli Assessiates. A me pare dunque che quelle citta che godevano nella Liburnia del ius italieum, fossero esenti dalla sola contribuzione del tributo sui terreni, non perö della capitazione; e ehe non avessero neanche goduto il diritto di indipendenza dal propretore o proconsole, lo dice Plinio quando accenna ai popoli ehe prendevano parte al convento di Scardona, ed il fatto ehe troviamo nelle iserizioni un procuratore per la Liburnia. V. rispetto al ius italico B. Heisterbergk, il noto autore dei pregevoli lavori sui «colonato» e sui «Nome Italia»,Name und Begriff des Ius Italieum, Tübingen 1885. **) L’ iserizione potrebbe perö venir interpretata altrimenti; mi pare perö che 1' interpretazione datale sia la migliore. Dalle parole del sig. Luciani pare egli voglia riconoscerc bensi nel Cia la tribü Claudia, anzi ne e primo a far cenno; ma non so come voglia interpretare Celeri. Io suppongo ehe Ostilio Claudio sia stato celere, cioe cavaliere; ed anche mi par non troppo naturale che il nome della tribü (gens) venga quasi sottaciuto (Cia), ed invece vi appaia 1’ altro per intero; perciö io quando la vidi, la lessi ben altrimenti di quanto non vada letta, e propriamente nel Cia, ho letto classico, cioe soldato della flotta, oppure (in relazione al celeri) cittadino illustre, ehe appartiene alla prima classe rispetto al censo. J5) Scimno Chios. Narrasi che in quell’isole, aH’intorno Del seno adriaeo, vivano a un di presso Cencinquanta di barbari migliaia Che coltivano un ottimo terreno E riceo di prodotti. Ivi sovente Partoriscon le peeore gemelli. Benche vicino al pontico, e diverso II clima di quell’ isole; la neve Poco vi regna, e non di molto il diaecio. Ma fresco il suolo ed umido mai sempre Le pioggie vi mantengono: ehe spesso Ali' improviso vi si turba 1’ aria, Massimamente in le giornate estive E vi scoppian folgori e improvvisi Turbini vi s’aggirano, e tifoni. 46) Nel citato lavoro deli’ illustrissimo sig. eav. Klodič evvi un elenco lllustrato degli oggetti principali, ehe oggi si trovano nel museo locale di Ossero, e sono fibule, armille, patere, e cosi via, tutte cose di squisito lavoro, specie una statuetta di bronzo corinzio, in grandezza naturale; e vi si trovano monete deli’ epoca romana (consolari ed imperiali), d' Oriente e d’ occidente ed altre, clie 1’ esimio canonico Bolmaroič chiama nazionali. Altri oggetti tiene ancora il sig. Bolmarčič, ed ha in animo, e sarebbe oosa davvero di somrao interesse, di publicarne un elenco. Ali’ epoca del Giustiniani (Relationi di Dalmazia delli Ecc.mi Ill.mi sindici Giov. Batta Giustiniani e Anzolo Diedo, manoseritto pag. 3, 11 nov. 1553) c’ erano ancora ad Ossero monumenti di grande importanza «et hoggidi si ritrovano molti monumenti, con 1’ iscrittioni greche» ed il Petris (Stef. de Petris, Ghirlande conteste a Sebastiano Quirini nel suo reggimento di Ossero, Padova 1583) ci narra ehe ai suoi tempi sia stata trovata una magnifica statua di marmo, lavoro greco, rappresentante Medea, statua ehe fu poi traspor-tata a Venezia e posta nell’atrio del palazzo Grimani a S. Maria Formosa. A Cherso non furono trovate che poehe monete, eh’ io ebbi dal cortesissimo signor Gherardo de Petris e sono tutte di Costantino n, di Co&tanzio ed Arcadio. 4T) A Caisole il villico Domenico Bartolin (Vodapiich) ha trovato in un suo orto, presso il castello, vasi lacrimari, lumi eterne, monete, ornamenti mn-liebri, ch’ egli vendette a quel molto reverendo sig. parroco (v. Viestnik Hrvat-skoga Arkeologičkoga Družtva. a. 6. fas. 3). A Filosici furono rinvenute anfore, che pur troppo andarono distrutte; a me parve riconoscere nellavia, che da Farasina conduce a Caisole traceie non dubbie di un’ antica via romana e per la larghezza e per la forma o meglio struttura. 4S) v. Dio. C. 60, 15; Svet. in Claudio; Orosio 7, 6. 4S) v. Tacito st. 2 e 4; specie il cap. 86. 50) v. Sparthianus in Didio Iuliano. 61) v. Farlati, Illyricum saerum vol. I, ne parla e cita le fonti. 52) v. Plinio 3, 30, 33, 4; Mamale Epigr. lib. 10; Claudiano e Statio; Dionisio Afer chiama la Dalmazia Martia Tellus, e del valore dalmatico ne parla pur Velleio in Cesare (Ott. Augusto); Cicerone nella lettera a Vatinio. Vegezio 1. 1, 17; Sozomeno 6, 6; Nieeforo 12, 1 ; il Lechovichio nel Prodromo. Rispetto alle legioni cosi il Pancirolo nell’ opera citata. Sub Dispositione Viri Spectabilis Ducis Pannoniae primae et Norici Ripensis. Cuneus Equitum Dalmatarum Flexo. Equites Dalmatae ala Nova. Equitcs Dalmatae Aequinotiae. Aequites Dalmatae ad Herculem. Praefectus legionis quartae decimae Geminae militum Liburnariorum cohortis partis superioris Carnunto. Praefectus Legionis decimae et quartae decimae Geminatae militum Liburnariorum Arrabonae. Praefectus legionis primae Noricorum militum Liburnariorum cohortis quintae partis ad Iuvense. Praefectus legionis Liburnariorum primorum Noricorum Fasianae. E poi soggiunge: Praefectus legionis quartaedecimae Geminae militum Liburniarorum cohortis in parte superiori Carnunto, Stativa habebat; ita etiam appellat Itinerarium, Ptolomeus, Carnus. Ptolomeus legionem 14. geminam in Pannonia superiore statuit et Dion, qui lib. 55 eam duplicem idest Geminam nominat. Pars hujus legionis et aliquot sequentis decimae cohortes ex Libur-nariis militibus constabat, unam, titulo Praefecti Legionis XIV. hic Praefectus regebat: ipsa vero quod esset ex Liburnia contracta, Liburnaria nominata est. E poco dopo: vel Liburnis triremibus praeerant hi milites, vel ex his consta-bant, qui ex Liburnia et Noricis populiš erant delecti. 53) v. Zosimo Hinc (dopo la morte di Tacito) ad tumultum civile res redierant; aliis in Orientem Probura imperatorem deligentibus, aliis Romae constitutis Florianum. At Probus quidem obtinebat Syriam, et Phoenicem et Aegyptum universam : sitas vero a Cilicia regiones ad Italiam usque Florianus. — Egnazio. Probus Dalmatici sanguinis patrem. v. anche S. Aurelio Vittore. 54) Cum antiquus hostis eoela tumida contra electos Dei, cruentis den-tibus instridens sublevaret, et letale virus in gremium Sanctae Christianorum ecclesiae spargere conaretur; tum exiit edictum a Diocletiano et Maximiano imperatoribus, ut moenia Ariminensium reconstruerentur, et ad pristinum statum arces jamdudum dirutae revocarentur: Quae moenia, sicut vetusta retulit fama a Demosthene Liburnorum rege classe pontica olim excisa fuerunt (Atti di S. Marino e Leone). II Farlati aggiunge che Demostene diseendeva da Caro e narra il fatto nei suoi piii minuti partičolari, forse con troppa fantasia; e col Farlati il Cattalinich nella sua Storia della Dalmazia vol. II lib. 3. — Aurelio Vittore ne fa soltanto cenno. In Farlati poi si veggon le prove che Diocleziano governö la Dalmazia anche dopo la sua abdicazione all’ impero (305) e propria-mente fino alla sua morte (313). 55) v. Ammiano Marcellino 26. Valentinianus Mediolanum, Valens Con-stantinopolim discessit, et Orientem quidem regebat potestate Praefecti Sallustius, Italiam vero cum Africa et Illyrico Mamertinus. — Not. Dig. (Pancirolo o. c.). Sub dispositione Viri Illustris Praefecti Praetorio Italiae diocesis infrascriptae: Italia, Illyricum, Africa Provinciae Illyrici sex Pannoniae secundae, Saviae, Dalmatiarum Pannoniae primae, Norici Mediterranei Norici Ripensis E da notarsi che all’ epoca invece di Costantino, secondo Sesto Rufo le provinciae deli' Illirico non erano gik sei, ma sedici. Cosi Rufo: Provincias habet Illyricus septem et decem, Noricum duas, Pannoniarum duas, Valeriam, Saviam, Dalmatiam, Moesiam, Daciarum duas. 66) Pancirolo Comm. in Not. 1. 1. c. 1. Theodosius Magnus rerum potitus Arcadio Orientem, Honorio Occidentem, idest Italiam, Gallias, Hispaniam, Bri-tanniamque, et Africam dedit, ac fines Meridiem versus ad Berenicem ultimam civitatem Cyrenaicae sive Libyae Superioris, Quae Pentapolis a numero quin-que urbium dicebatur, sunt positi: inde Africa minor seu Tripolitana a Syrtibus et a Boreo promontorio Occidentalis imperii initium fuit. Ad- Septentrionem vero Princeps Orientis Macedoniam cum Mysia prima et secunda usque ad Scardum montem seu Dribonem fiuvium et Danubium tenuit. Ultra Pannoniam et Dalmatiam omnia ad Occidentale imperium spectabant, quemadmodum ex Notitia et Procopio deprehenditur, qui Honorio Imperante imperium a Gadibus Meridiem versus usque ad fines Africanae Tripoleos itineris dierum XC. fuisse scribit, ab altera Herculis columna, secundum Europac littus usque ad sinum Ionium dierum LXXV. Orientis vero imperium a finibus Cyrenes usque ad Epidamnum seu Dyrrhachium naviganti iter CXXII dierum fuisse, et Byzantio ad Istri ostia dierum XXII. addito itinere Dyrrhachio Constantinopolim usque totum Orientale imperium ambitum dierum 347 habuisse memorat. 67) v. Mariano Vittorio nella Vita di S. Ierolamo e la lettera di S. Gerda mo ad Eliodoro (scritta nel 396). Corrono giä vent’anni, scrive egli, dacche Goti, Sarmati, Quadi, Alani, Unni, Vandali e Marcomanni continuano a saccheg-giare ed a guastare la Scizia romana, la Tracia, la Macedonia, la Dardania, la Dacia, la Tessaglia, 1' Acaja, i due Epiri, la Dalmazia e le due Pannonie. Si veggono uccisi e condotti in ischiavitü sino i vescovi nonche gli altri del po- polo: Svergognate le nobili matrone e le sacre vergini; uccisi i preti e gli altri ministri de' sacri altari; smantellate e divenute stalle da cavalli le chiese, e conculcate le sacre reliquie. In una parola tutto e gemiti e strida ed altro dapertutto non si vede se non un orrido aspetto di morte, andando in rovina 1’ impero romano. 6S) Lo Schönlebio nel deserivere la seconda spedizione di Alarico in Italia (408), copiando da Zosimo, eosi dice: Ei transeunda esset Macedonia, Dalmatia, Liburnia, Istria, eique conterminae Alpes et Carsum, circuitu faeto quasi per totum sinum adriacum (Farlati o. c.). — Aschbach., Geschichte der Vestgothen e Gregorovius, Ges. d. Stadt Kom in Mittelarter v. 1,112. — Schulze, Stilicho; Richter, de Stilicone et Rufino. 50/) Iornandes de rebus goticis. Valentinianus imperator a Roma Con-stantinopolim ob suspiciendam in matrimonium Eudoxiam, Theodosii principis filiam, venit; dataque pro munere sociis suis tota Illyria, celebratis nuptiis, ad sna regna cum uxore recessit. — Cassiadoro lib. 2 ep. I. Nurnm denique sibi amissione Illyrici com-paravit, factaque est conjuratio regnantes, divisio dolenda provinciis. 60) Post haec non modo mediterraneam regionem ad Adriam usque, montem populatur; verum etiara Absyrtium, Phariamque quibusdam Salonien-sium navibus aggreditur, alterum ab Absyrto, Medaee fratre . . . — Cattalinich o. c. v. 2. 61) Hunnimondo cum Svevis, vastatis Dalmatiis ... E prima: Quiescente vero tandem Hunnorum gente a Gothis, Hunnimundus Svevorum rex, dum ad praedandam Dalmatiam transit, armenta Gothorum in campis errantia deprae-davit, quia Dalmatiis Svevia vicina erat. e2) Procopio de b. vand. 1. 1, 6: Erat in Dalmatia Marcellianus vir no-bilis et olim familiaris Aetio, quo, uti supra narravimus, interfecto, obsequium abnuerat imperatori; quin etiam novatis rebus, et provincialibus ad defectionem pertractis, Dalmatiae dominatum invaserat, nemini se offerente, qui conferre manum auderet. 63) Pi isco. Romanis occidentalibus in suspicionem venit Marcellinus ne si copiis augentur in eos bellum transferret; erant enim tune temporis Roma-norum res variis modis afflictae. Haec in causa fuerunt, ut Romani Hesperii Legatos ad orientales mitterent, ut se a Marcellino et Vandalis liberarent. Et ad Marcellinum quidein Philareus missus ei facile persuasit, ne in Romanos moveret arma. — Procopio o. c.. Marcellinum hunc Leo blanditiis conciliatum perpulit, ut Sardiniam, tune subtitam Vandalis, invaderet. Is haud aegre exactis Vandalis, insula potitus est. ”4) Cassiodoro, Paolo Diacono e Iornandes, Nieeforo Callisto e Marco Marulo, ehe lo dice Dalmata; Malcho,de rebus Bizantinis, poi Farlati o. c. e Lucio o. c. i quali ne parlano a lungo; Cattalinich o. c. Boman, Kreglianovieh Albinom e Marcellino in Chronicon, Anonimo Valesiano, Ermanno Contratto, Mariano Scoto ecc. prof. STEFANO PETRIS Casagrande prof. Alberto; Esercizi di sintassi latina in correla- zione alla grammatica di F. Schultz ed altre di cgual metodo ad tiso deiginnasi e licei — Torino 6. B. Paravia etComp. 1885. II bisogno generalmente sentito nei Ginnasi di favella italiana di im libro originale di esercizi, destinato a sussidiare 1’apprendi-mento della sintassi latina, raosse il cli. Professore Casagrande ad imprendere un lavoro modesto in apparenza, sebbene molto difficile e faticoso per clii si propone il compito di corrispondere alle mol-teplici esigenze didatticlie, a cui deve servire. Che lo studio di una grammatica, sia pure perfetta in ogni sua parte, si renda, non dirö malagevole e nojoso, ma a dirittura ozioso ed inutile senza 1’appoggio di un libro di esercizi che ne illustrino le regole, e cosa tanto chiara ed evidente die non fa d’uopo di spendervi parole. Nel caso nostro 1’uso di un tal libro e poi doppiamente necessario, trittandosi d’imprimere nella mente dei giovani uozioni di sintassi forniteci di libri tradotti dal tedesco, come lo Sclmltz ed altri consimili, i quali sebbene redatti coll’esattezza e la coscienziositä che distinguo-no i tedeschi, non possono pero corrispondere pienamente agli scopi nostri deli’ istruzione in una parte cosi importante, com’ e la sintassi; perche gli accennati autori nel dettare le norme della dizione latina ebbero, com’ e naturale innanzi agli occhi la lingua propria, che fu il loro mezzo di raffronto per insegnare il latino. Arrogi poi che le traduzioni italiane di detti libri, anche le meglio riuscite, non rendono in ogni luogo un’imagine esatta del pensiero tedesco, e se pur la rendono ävvi de’ passi, ove la veste italiana non sembru la piü naturale e spontanea, perche il concetto, che al giovane tedesco balena chiarissimo, s’ imprima nello stesso modo anche nella mente del giovane italiano, che ravvisa le stesse cose sott’ altro punto di vista. Lo scopo propostosi dal professore Casagrande e chiarito da lui stesso nell’ introduzione del suo lavoro. Proporre una serie di esercizi strettamente collegati tra loro in guisa, che ognuno con-tenga 1’ applicazione delle regole apprese e di quelle da apprendersi, con riassunti qua e lä inseriti, a riepilogo man mano piü largo fino a farsi generale, di tutta la sintassi latina; di modo ehe questa entri, come si dice, in succo e sangue degli scolari: ecco 1’ in-tendimento e la meta a cui mira. „Ho sempre tenuto per norma imprescindibile nell’ iusegnamento — egli dice — ehe il discepolo non debba soltanto comprendere e studiare di volta in volta questa o qnella regola, ma ehe si abbia sempre presente quanto ha studiato in addietro.............—“ disposi ehe vi fosse uua copiosa scelta di paradigmi italiani per ogni paragrafo di Sintassi e finalmente che i riassunti, quasi esame generale, eomprendessero le nozioni vecchie e le nuove, senza che per questo riuscissero scolasticamente pedanti e studiatamente affettati“ — Inoltre volle 1’ autore provvedere ali’ intelligenza esatta dei classici, appianando in precedenza le difficoltä e rimovendo gli in-cagli, che troppo spesso s’ incontrano dai giovani nello studio dei eapilavori letterari latini, la cui lettura, anziche riuscire amena e gradita, riesce a raolti uggiosa e molesta, dovendo lottare ad ogni pie sospinto con difficoltä ed incertezze provenienti appunto da manchevole ed inesatta conoscenza delle norme sintattiche. Fisso costantemente lo sguardo alla meta cui tende, il ch. Autore, trac-ciato il suo piano, a questo si attiene con iserupolosa esattezza, mettendo a profitto della gioventü il vistoso corredo della sua dottrina ed il frutto della sua espeiienza didattica, e trasfondendo in ogni parte e nell' insieme del suo lavoro quel caldo interessamento per la materia ed uno studio pedagogico accurato e eoscieDzioso, che guida i giovaui per mano in sulla via deli’ apprendimento con pazienza e costauza tedesca. Da un autore cosi addentro nella materia e consumato nell’ istruzione sarebbesi potuto attendere un trattato di sintassi tutto suo; bastava clie in capo alle singole partite di esercizi egli avesse pošto — come lo fa qua’e la, trattando cose im-portanti e piü difficili — le norme di sintassi formulate colla chiarezza e la precisione scientifica ehe gli e propria, ed avremmo avuto un’ opera, che, per noi almeno, avrebbe reso superfluo 1’ uso della sintassi dello Schultz; ma 1’autore amö n-eglio di fare uua parte piü modesta. Egli mise a tutta disposizione dello Schultz e di altre grammaticbe compilate su quel sistema la ricca messe de’suoi studi ed il frutto delle sue fatiche, illustrando con esercizi copiosi le regole indicate in quel libro in guisa da renderlo quind1 innanzi veramente utile alla gioventü. Ed in fatti 1’iusegnamento della sintassi delle lingue classiche non puö esser condotto efficacemente altrimenti, ehe a mezzo di un libro, il quäle ci offra un insieme sistematico ed ordinato di precetti ed esempi, di teorie e di pratiche applicazioni. Regole e norme colle rispettive eccezioni e le eccezio-ni delle eccezioni, dettate in una forma quanto vogliasi ordinata e rigorosamente filologica, non possono a meno d’ ingenerare con-fusione nella mente degli scolari e di produrre nell’ elfetto poco piü che nulla. Un libro di esercizi in quella vece compilato con sistema in guisa, ehe ali’esposizione succinta e precisa delle regole corrano paralleli gli esercizi pratici aggiunti alle medesime in particolare e raccolti poi nella forma piü ampia e distesa di riassunti mano a mano piü larghi, fino a completare e raccogliere insieme alla fine tutta la teoria sintattica e, senza dubbio, 1’unico mezzo pioficuo ali’ apprendimento della sintassi; avvegnache scopo di un tale inse-gnamento si e quello di ridurre gli scolari al punto di saper fare qualche cosa, e non dire semplicemente come abbiasi a fare. II libro del professore Casagrande segna di giä un passo decisivo verso questa meta, raggiunta la quäle, i ginnasi potranno, a mio parere, fare a meno di trattati speciali e di teorie sintatticlie, lasciandone 10 studio sistematico e perfezionato alle universitä, dove rigorosa-mente appartiene. Lasciando ora queste considerazioni generali e venendo a’ particolari, non si pud a meno di approvare, come si disse, il metodo seguito dali autore ehe si attieue allo Schultz in questo modo. Paragrafo per paragrafo e prešo qui in considerazione con ordiue rigoroso. Ogni partita di esercizi annessi ad una o piü regole contenute in uno o piü paragrafi dello Schultz e preceduta da aleuni quesiti numerati, brevi e precisi, cui si risponde, in teoria, colla rispettiva regola della grammatica ed in pratica colla versione in latino di esempi attagliati molto opportunamente alla legge di siutassi euunciata. Gosi s’ imprimono in primo luogo, quasi direi, alla spic-ciolata le singole regole a mezzo di esempi brevi, rigorosameute adatti all’uso che se ne vuol fare, dettati in forbito italiano, ehe racchiudono pensieri e concetti opportunissimi e nozioni svariate di morale, di storia, di mitologia, di antichitä e sentenze e motti e detti di filosofi e cosi via; tutto cose utilissime ed acconce a promuovere anche la parte educativa deli’ insegnamento. Di tutta questa messe copiosissima di esempi non mi venne fatto di rinve-nirne un solo, ehe si possa appuutare sott’ aleun aspetto. A questi esempi brevi, destinati ad imprimere passo a passo le regole sin-tattiche, fanno seguito esercizi piü estesi di argomento affine a quello che piü sopra si disse, cui 1’ autore da il titolo di riassunti; e lo sono realmente, dettati pure in bonissimo italiano e adatti ad applicare le regole teste apprese non solo, ma j,nche tutte le precedenti; di guisa che lo scolaro si avanza, portando seco co-stantemente tutto quello che va man mano apprendendo, che divie-ne sua proprietä ed un acconcio addentellato per connettere le cose nuove o,he incontra, fino al termiue della via da percorrere. Traluce poi si dalla forma, come dal concetto degli esercizi generali la tendenza eminentemente utile in linea didattica, di avviare il giovane fin dalle prime alla giusta intelligenza degli autori classici, dai quali appunto e desunta buona parte degli esempi proposti; mezzo, come si disse, efficacissimo a scemare di molto le difficoltä di forma, che 11 giovane incontra nella lettura degli autori ed a rimuovere gli intoppi e gli incagli che tanto spesso gl’inceppano il cammino, a tutto detrimento deli’interesse con cui vorrebbe esser trattata la lettura, se vuolsi cavarne un profitto. Oltre al vocabolario ehe tro-vasi in fine del libro e racchiude il capitale di lingua occorrevole alla versione dei varii esercizi (vocabolario destinato a questo uso particolare, quindi scevro affatto di quegli inconvenienti, ehe si de-plorano in opere di tal genere, fatte talora piu per quelli che sanno il latino che per quelli che l’hanno da apprendere — tanto e l’in-cubo di termini e significati annessi alle singole parole e lo sfarzo inutile di citazioni che confondono la mente degli alunni); oltre, dico, al vocabolario in fine del libro ävvi in calce ad ogni singolo esercizio un apparato di termini e frasi preceduti dal numero rispon-dente a quello annesso di fianco alla parola od alla fräse del relativo esempio italiano proposto a tradurre. Bandito ogni sfarzo d’inutile erudizione 1’ autore ha dinanzi il solo compito a lui prefisso, come maestro. Egli offre sempre il termine e la fräse facente ali’ uopo e nulla piü, avuto costantemente riguardo alla giusta accentuazione ed alla quantitä delle sillabe, che piü volte si trasanda a scapito deli’ insegnamento. Ove a volgere una espressione in latino non si puö a meno di far uso di un modo o di una fräse o deli’ applicazione di una regola che non si e ancora appresa (caso del resto rarissimo), ävvi una nota breve, clie indica chiaramente e succintamente il da farsi; e dove 1’ applicazione di una cosa appresa potesse per avven-tura non affacciarsi pronta allo scolaro. c’ e il suo segno d’ interro-gazione o cosa simile destinata a metterlo in avvertenza e richiamargli a memoria la nozione eventualmente obliata. Certamente che 1’ uso di un testo tale obbliga non solo lo scolaro, ma anche il professore ad un lavovo serio ed impegnato ; il primo ad apprendere, il secondo a dirigere e rettificare 1’ opera del discepolo; ma in proporzione alla fatica sta il frutto da ricavarsi, che non puö fallire, seguendo coscienziosamente 1’ autore sulla via da lui tracciata. Altro pregio del libro si e, che certi modi e frasi tutte proprie del dettato italiano difficili a volgersi in latino colla proprietä corrispondente, sono chiariti e spiegati da una nota apposta in calce al brano relativo degli esercizi; di guisa che all’ alunno null’ altro rimane, se non variare semplicemente la forma del verbo ed il numero od il caso dei s-ostantivi ed aggettivi per mettere la fräse relativa latina in consonanza colla corrispondente italiana. L’ autore segue, come si disse, lo Schultz, premettendo, che la teoria sintattica si abbia ad apprendere su quel testo od altre simili grammatiche: arriyato perö a partite importanti e difficili, la cui intelligenza, giä di per se non agevole, e difficoltata ancora da un’ esposizione non abbastanza chiara e precisa del testo, 1’ autore intravedendo tali difficoltä, cerca di porvi riparo, staccandosi un pö dal suo primitivo programma, secondo il quäle il suo lavoro non avrebbe ad esser altro che un’il-lustrazione delle regole dello Schultz a mezzo di esercizi pratici destinati appunto a scolpirle nelle mente degli scolari. Negli accennati casi egli provvede opportunamente formulaudo lui stesso e premet- tendo agli esercizi le relative leggi sintattiche esposte con sobrieta e precisione di termini, con che vien dato il debito rilievo e la veste opportuna al concetto graminaticale, in guisa da renderne ovvia e facile 1’ applicazione negli esercizi illustrativi ehe seguono. Ciö avyiene p. e. a pag. 80, 81 rispetto alle norme sull’uso del congiuntivo; a pag. 93 sulFusodel quominus, litinam; a pag. 141, la teoria dei participi e svolta in regole brevi, precise ed alla por-tata delle piü modeste intelligenze. Cosi pure sono commendevoli i ccnni dati a pag. 1G6 sull’ us o del gerundio e gerundivo ; dove p. e. il geDitivo del gerundio nnito al verbo ,o ad un nome, come p. e.: bellum erat magis abolendae infamiae quam proferendi fines imperiioppure“ naves deiciendi operiš o p. e : deliberandi unum] diem postulavit“ e simili passi son spiegati con molta evi-denza, avuto riflesso al grado di capacita dello scolaro ed al giudicio in argomento dei piü accreditati grammatici. II metodo tenuto dali’ autore per rendere chiare agli scolari le modalitä di forma rlchieste pel discorso indiretto (oratio obliqua) e opportuno ed ae-cessibile alle intelligenze auche meno aperte e felici. Qui un apparato di regole parco assai ed invece una ampia e lucidissima illustrazione delle medesime con citazione di squarci distesi, facenti ali’ uopo, desunti dai modelli piü adatti, com’e Giulio Cesare pel „discorso indiretto“ e Sallustio pel „diretto“; coll’aggiunta di altri esercizi egualmente chiari e facili per semplicitä e cliiarezza di dettato, i quali agevolano di molto 1’ apprendimento delle norme grammaticali in proposito ed avvezzano lo scolaro a volgere il discorso diretto nell’ indiretto e viceversa, senza sforzo di mente e spreco inutile di tempo. A questi ed altri pregi del libro aggiungasi ancora un altro vantaggio, che non si puö apprezzare abbastanza da chi sa quanta fatica si duri nell’ impratichire gli scolari a dettare un la-tino corretto e con un’ ombra almeno di gusto e di proprietä. Uti-lizzando con frutto il libro del Casagrande, oltre alla correttezza si promuove pure laparte stilistica dellalingua; da poi ehe gli esempi, gli esercizi, le citazioni ed annotazioni, 1’ indicazione di termini e frasi tendono appunto fra le altre cose ad avvezzare anclie 1’ orec-cliio del giovane al suono vero del fraseggiare latino; il ehe unito naturalmente alla correttezza grammaticale, ehe e la prima cosa, e appunto ciö ehe si studia di ottenere nei Ginnasi, sebbene, a dir vero, finora con poco successo. Eilevati di questa guisa aleuni dei pregi del libro,resta ch’io accenni ad aleuni appunti o meglio, ad aleune idee ehe mi vennero, nello scorrerlo ch’ io feei, devo dirlo, con molto interesse. Mi pare ehe 1’ autore in una nuova edizione farebbe cosa buona: 1) Se si addentrasse un pö piü nella teoria relativa ali’ uso del congiuntivo nelle proposizioni relative pag 102, siccome quella che asconde non lievi difficoltä, per le differenze notevoli della sintassi italiana dalla latina in questi casi e pello sforzo di razio- cinio richiesto talora a comprender bene il motivo logico deli’ uso differente dei modi nell’ una e nell’ altra lingua. 2) Le regole e gli usi sintattici latini, ehe soiio eguali od affini all’italiano opossono con facile ragionaraento ridursi ad egua-glianza di forma, potrebbero forse omettersi a dirittura, aeciocehe 1’attenzione degli alunui fosse meglio concentrata sulle differenze reali di locuzione delle dne lingue. 3) Mi pare che i frequenti „riassunti“ dopo singole partite sintattiche di minor importanza potrebbero omettersi e crescerne in quella vece il numero al termine di una data sezione di sintassi contenente cose omogenee, preše in largo, come p. e, lo fa 1’autore al termine della teoria dei casi. II riassunto generale poi in fine del libro potrebbe contenere ud numero assai piü grande di brani italiani da volgersi in latino e cio per esercizio non solo della sintassi ordinaria, ma anche di quella che nelle grammatiche mag-giori tedesche si chiama Syntaxis ornata; naturalmente in proporzioni modeste e con limitazione alle cose strettamente necessarie, di cui potrebbesi dare qualche cenno in forma di annotazioni a profitto degli scolari del Ginnasio superiore. 4) Forse (non voglio asserirlo) potrebbesi omettere il voca-bolario in fine e sostituirvi gli elenchi di frasi e modi di dire da porsi in testa ad ogni singolo esercizio a mo’ dei libri di esercizio delle lingue vive — elenchi, che comprenderebbero tutto ciö ehe e strettamente occorrevole per laversione e ehe gli scolari non possono sapere ne sanno trovare in un vocabolario. 5) Un incoveniente potrebbesi togliere ancora ed e il carattere minuto degli „esempi“ (non dei „riassunti“) ehe stanca alquanto 1’ occhio, essendo per di piü le linee piuttosto fitte e seminate di cifre di richiamo ed altri segni ehe rendono necessari a costantemente un’ osservazione aceurata. NOTIZIE SCOLASTICHE I. Giaconio Babuder, Car. dell'Ordiue di Francesco Giuseppe, membro deli’ Eccelso i. r. Consiglio scol. proyinciale deli’ Istria; rappresentante comunale e consigliere di amministrazione del Pio Istituto Grisoni iu Capodistria. — Direttore; insegnö lingua tedesca nelle classi IV e VI, lingua latina uella VII; ore 11 (tenne inoltre due ore settimanali d’ istruzione straordinaria nella lingua tedesca a giovani delle classi superiori). Docenti effettivi Mason Carlo. — Professore anziano, elevato all’ VIII Classc di rango, capoclasse nella 111 — insegnö Latino ed Italiano nella III; Greco nella V, Italiano nella VI; ore 17. Casagrande Alberto, — Professore, capoclasse nella F; insegnö Greco nella IV, Latino nella V e VI; ore 16. Scliiavi don Lorenzo, — Socio corrispondente deli’ Accademia artistica Raffaello d’ Urbino, della filosofico-medica di San Tomaso d’ Aquino, deli’ Ateneo di Bassano, deli’ Accademia romana di re-ligione cattolica; socio d’ onore della societä degli avvocati di San Pietro; secondo esortatore religioso; Professore; insegnö, il primo semestre, lingua italiaua nella V, VII, VIII e Propedeutica nella VII e VIII ore 13; il secondo semestre Italiano anche nella IV, insieme ore 16. Sbuelz Carlo — Custode del Gabinetto di fsica e chimica; Professore; insegnö Matematica nelle classi V, VI, VII, VIII ; Fi-sica uella IV, VII, VIII; ore 21. Disortori Pietro, — Professore, capoclasse nella VI; insegnö Storia e Geografia nelle classi II, IV, VI, VII’; ore 15. Petri s Stefano, — i. r. Conservatore di monumenti storici per la provincia d' Istria; Professore, capoclasse nella VIII; insegnö Storia e Geografia nella I, III, V, VIII; Italiano nella II; ore 16. Nel secondo semestre cedette 1’insegnamento della Storia e Geografia nella III classe al candidato al magistero Sig. Antonio Cocever. Z er nit z Antonio. — Professore, capoclasse nella I; ins egu 6 lingua italiana e Jatina nella I; lingua greea nella III; ore 17. Matejčič Francesco, — capoclasse nella IV; insegno lingua Latina nella IV e VIII; lingua greca nella VI. ore 16; professore e docente di lingua slava (in qualitä di docente di lingua slava tenne lezioni in tre corsi, ad ore due settimanali per ciascuno). Gcrosa Oreste, — membro deli' i. r. Commissione esamina-trice pel magistero nelle seuole popolari e civiehe; Professore; e cu-stode del gabinetto di storia naturale; insegno matematica nella II, III. IV; Storia naturale nella I, II, III, V, VI. ore 19. Artico Don Giuseppe, — Professore: insegnö religione in tutto il ginnasio e matematica nella I, ore 19; primo esortatore religioso. Bisiac (Jiovanni, — Professore; insegnö lingua tedesca nella I, II, III, V, VII, VIII; ore 18; bibliotecario. Maier Francesco, rappresentante comunale; docente effettivo, capoclasse nella II; insegnö Latino nella III, Greco nella VII, VIII; ore 17. Komarek Antonio, — docente nelV i. r. Istituto magistrale in luogo; insegnö Calligrafia e Ginnastica. Commissario vescovile peli' istruzione religiosa. II Reverendissimo Mons. Canouico Giovanni de Favento gik Direttore prov. ed i. r. professore ginnasiale emerito. Civica Deputazio>ie Ginnasiale Sig. Antonio Dr. Zetto „ Pietro Dr. de Madonizza „ Nicolo de Belli Ricevitore della tassa scolastica (didattro) Signor Alessandro Bonne i. r. ricevitore di I. CI. nel locale i. r. Ufficio principale delle imposte. Zetto Francesco, bidello, — inserviente ai Gabinetti e custode nel fabbricato. II. CRONACA DEL GINNASIO Fatti rimarchevoli avvenuti dopo la fine dclVanno scol. 1883-84. II 18 Agosto 1884, solenne ricorrenza del Natalieio di S. L' Imperatore, venne celebrato, come di solito, coli’ intervento dei membri del Corpo insegnante presenti in luogo alla Messa solenne celebrata nella Cattedrale. II 4 Ottobre 1884 fu giornata di festa neH’istituto per la fausta ricorrenza deli’ Ononiastico di »S. M. L' Imperatore. II giorno 19 Novembre 1884, onomastico di S. M. L' Irnpe-ratrice, venne pure festeggiato dal Corpo insegnante e dalla sco-laresca coli’ assistere alla solenuitä ecclesiastica celebrata nell’ Ora-torio deli’ istituto ed al discorso di occasione tenuto dal prof. Don Lorenzo Scliiavi. II Giunasio venne ispezionato nei giorni 8, 9, 10, 13, 15, 16 Giugno dali’Illnstrissimo Signore Dr. Ernesto cav. de Gnad i. r. ispettore scol provinciale. L’ Eccelsa Dieta provinciale dimostrd, come sempre, a mezzo della Sna Inclita Giunta vivo interessamento pella prosperita di questo Ginnasio, sovvenendo generosamente scolari poveri e con-tribueudo all’ ineremento sempre maggiore deli’ utilissima istituzione del fondo ginnasiale di beneficenza. Debito di riconoscenza tiene pure la Direzione verso lo Spett. Municipio, ehe nulla intralascia di ciö elie sta in suo potere per promuovere 1’ interesse ed il decoro deli’ istituto. Personale insegnante. — Nessun cangiamento avvenne nello stato del medesimo, com’ e dimostrato nel programma deli’ anno scol. 1883-84. Al principio deli’anno scol. 1884-85 ottenne sopra motivata domanda, nn allegerimento di mansioni il sig. prof. Don Lorenzo Scbiavi e venne supplito collegialmente dai signori prof. Pietro Disertori nell’insegnamento della lingua Italiana nella cl. IV e del prof. Antonio Zernitz, peli’ insegnamento della lingua stessa nella 1. cl. del Ginnasio superiore. In seguito ad autorizza-zione superiore venne ammesso al tirocinio magistrale in questo istituto il sig. Antonio Cocever, candidato pienamente approvato all1 insegnamento della Storia e Geografia nei Ginnasi, die sotto la guida iramediata del prof. provetto sig. Stefano Petris compi 1’ anno di prova previsto dalla legge. II sig. Giovanni Bisiac ebbe la conferma nel posto ed il ti-tolo di professore; i signori prof. Petris e Carlo Mason ebbero, il prirno, seconda, il secondo, la qnarta aggiunta quinqnennale di soldo. Scolaresca. — L’ aumento nella frequentazione deli’ istituto continua. — Al principio dell’anno scol. vennero iscritti definitiva-mente 205 scolari (202 publ. 3 privati); quindi 9 di piü deli’ anno scorso. Lo stato di salute della medesima nulla lasciö a deside-rare, ed in tale riguardo vuol esser ricordata con riconoscenza la premura diraostrata dallo Spett. Municipio, ehe sollecitamente prov-vide a mezzo del suo medico, sig. Pio march. de Gravisi alla vacina-zione degli študenti, quando 1’ infierire del vajuolo in luoghi vicini rendeva consigliabile tale spediente profilattico. Disposizioni superiori. — Va ricordata quella relativa alla tassa scolastica (didattro), cbe dali’ anno scol. pr. v. in poi verrä pagata dagli scolari del Ginnasio inferiore in ragione di f. 10 e da quelli del superiore in ragione di f. 12 per semestre. — Col Disp. luog. 3 Gennajo 1885 N. 1899 venne comunicato un regolamento sanitario pelle scuole in generale, allusivo in particolare alle norme e precauzioni da osservarsi nei casi di malattie contagiosc. — Coli’ ordinanza 5 Giugno 1885 N. 732 vennero emesse alcune nuove disposizioni relative alle classificazioni semestrali ed agli esami di maturitä, tra le quali va notata quella, cbe študenti deli’ Vlil cl. i quali nel II sem. di detta classe hanno riportata la seconda e terza classe di profitto, non possono presentarsi all’ esame di maturitä se non al termine del prossimo anno scolastico. — Col De-creto 30 Giugno p. p. N. 887, 1’ Ecc. i. r. Autoritä scolastica del dominio comunica alla Direzione ginnasiale la Sua soddisfazione peli’ andamento ordinato deli’ istituto ed il buon profitto e com-portamento della scolaresca, come fu constatato dali’ 111. signor Ispettore scol. prov. nella visita fatta recentemente al Ginnasio. III. gfM© iliMfll® DELL’ I. R. GINNASIO SUPERIORE DI CAPODISTRIA neir anno scolastico 1884-85. CLASSE I. — Religioue. I. serci. Spiegazione del simbolo apostolico, dell’ orazione domenicale, del decalogo, dei cinque pre-cetti dellacliiesa e della giustizia cristiana. II. sem. Delle dome-niciie e feste della chiesa cattolica colle varie cerimonie. — Latino. Morfologia — Le piü importanti fiessioui regolari esercitate a mezzo di versioni dali’ uaa lingua nell’ altra, come si trovano uel libro di esercizi dello Schulz. Ogni settimana, un compito scol. di mezza ora. Esercizi di memoria — piü tardi trascrizione di proposizioni latine tradotte e piccoli compiti doraestici. — Italiano. Esposi-zione della parte etimologica della Grammatica di Demattio, con esercizi di analisi grammaticale. Esercizi di grammatica logica — Proposizioni semplici e composte. Teoria della narrazione con al-cune favole dei migliori autori da imparare a memoria. Un tema scolastico ed un domestico per settimaoa. — Tedesco Grammatica, fino alla declinazione del sostantivo. Lettura dal Müller (corso pratico di lingua tedesca) fino alla pag. 80. Compiti: nel II sem. uno scolastico ed un domestico per settimana alternativamente. — (reografla. Nozioni elementari della Geografia generale e politica. Addestramento nella lettura e disegno di carte geografiche. Testo Klun. parte I. — Matematica. Aritmetica: le quattro operazioni fondamentali con numeri interi. Divisibilitä, Frazioni (Abaco) Geo-metria intuitiva: linee, rette, circoli, angoli, parallele. Triangoli colle regole della congruenza. Testo Močnik (costruzione di figure). — Storia naturale I. sem. Mammiferi — alcuni tipi di molluschi e 1‘adiati. II. sem. Articolati. Testo Pokorny (trad. Salvatore e Lessona). CLASSE II. — Dei SS. Sacramenti e dellc cerimonie nel-1’ amministrazione dei medesimi. — Teoria delle forme meno usi-tate e delle irregolari, esercitate sugli esempi del libro di esercizi dello Schulz, come sopra. Ogni settimana un compito scol. di 4/2 ora. Esercizi di memoria come nella I. cl; piü tardi preparazione domestica. Ogni 14 giorni un tema domestico. — Italiano. Espo- / sizione della sintassi. Definizione della proposizione e delle sue specie, della frase e del periodo. Analisi logica di proposizioni sem-plici e composte. Brani facili di poesia da imparare a memoria. Un tema scol. ed un domcstico per settimana. Testo. Libro di lettura (ed Holder) p. II. — Tedesco. Elementi della Grammatica lino al Verbo. Esercizi continui dal Müller „Corso pratico“ fino al termine della Parte I. Compiti: due in iscuola e due a casa ciascun mese. — Geografia. (2 ore) Geografia speciale dell’Africa Asia, divisione orizzontale e verticale deli’Europa. Geografia speciale del-l’Europa meridionale ed occidentale (Weiter v. I; Klun p. III.). Storia deli’ evo antico. (2 ore) — Mateinatica. Aritmetica: moltiplicazione e divisioae abbreviata, proporzioni. La regola del tre semplice. Geometria; regole della congruenza e loro applicazione ne’ trian- goli. II cerchio, il quadrilatero, il poligono. (Testo Močnik). — Storia naturale. I. sem. Regno animale: uccelli, rettili, anfibi, pešci. II. sem. Botanica (testo Pokorny). CLASSE III. — Religione. Storia sacra deli’ antico te-etamento colla Geografia della terra santa. — Latino. Grammatica; storia dei casi e preposizioni. Lettura: da Cornelio Nipote o da Curzio. Preparazione. Ogni 14 giorni un compito scol. di un’ ora ed un tema per casa. ■— Greco. Teoria delle forme regolari, con esclusione dei verbi in ju. Yersione dal libro di lettura. Esercizi di memoria. Preparazione. Nel II sem. un tema domestico ogni 14 giorni; un tema scol. ogni 4 settimane. — Italiano. Figure grammaticali ed esercizi sugli usi particolari dei verbi e delle par-ticelle. Esercizi di memoria con analisi logica sopra varie poesie e sopra brani del libro di testo (Holder ed P. III). Temi: Un tema scol. ed un tema domestico per settimana alternativamente. — Tedesco. Grammatica: la conjugazione debole e forte dal Müller: Corso pratico vol. II, fino alla pag. 81. Esercizi e compiti come sopra. — Geografia. Geografia speciale della rimauente Europa (ad eccezione deli’ Austria-Unglieria) deli’ America ed Australia. Storia del medio evo. Testo: Weiter p. II; Klun p. III). — Ma-tematica. Aritmetica: Conteggio con numeri indeterminati. Le quattro operazioni fondamentali con numeri generali intieri e rotti. Elevamento a potenza. Estrazione della radice quadrata e cubica, Geometria: eguaglianza delle superfici, trasmutazione delle figure, calcolo delle lunghezze e superfici. Somiglianza. — Storia naturale. I. sem. (Inseg. intuitivo), Mineralogia (testo: Pokorny II) 2 sem. Eisica sperimentale. Proprietä generali dei corpi: Calorico, idee fondamentali di cbimica (testo Vlačo vicli). CLASSE IV. Religione. Storia del nuovo testamento coll’ap-plicazione della Geografia della terra santa. — Latino. Gramm, teoria dei modi; congiunzioni. Lettura di Cesare Comm. de bello gall. I, II, IV. Di Ovidio (Carmina selecta) Metamorph. I, II, HI, Preparazione. Un tema domestico ogni 14 giorni; ogni 2, o, 3 set- timane un tema scol. — Greco. Verbi in |u. Le forme irregolari piti importanti. Punti cnlminanti della sintassi. Versioni dal libro di lettura. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi scolastici ogni settimana, imo; domestici ogni 14 giorni uno. — Italiano. Riepi-logo di tutta la grammatica. Lettura dal testo (Holder) p. IV con commenti grammaticali e storici. Esercizi di memoria sopra poesie clas-sicbe. ßegole della versificazione italiana. Temi come nella classe III. — Tedesco. Grammatica : Verbi irregolari e composti; reggenza dei verbi; avverbi, preposizioni, congiunzioni ed interjezioni. Lettura; dal Müller, il resto del II volume e compiti come sopra. Esercizi di memoria. — Geografia. I. sem. Storia deli’ evo moderno con par-ticolare riflesso all’Austria-Ungheria. II. sem. Geografia speciale deli’Austria-Ungheria, ed in particolare del Litorale (testo Weiter III, Klun 11). — Matematica. Aritmetica: Equazioni di primo grado. liegola del tre composta, interesse composto, Geometria: giacitura e posizione reciproca di linee e piani, Angolo solido, Spe-cie principali dei corpi, Calcolo delle superfici e volumi, (testo Močnik). — Scienze uaturali. Fisica sperimentale, Meccanica, Magnetismo, Elettricitä, Acustica, Ottica, calorico raggiante, (testo' Vlacovich"). CLASSE V. — lleligione. La Chiesa e i suoi dommi, parte I, Apologia. La chiesa eattolica e la sola vera chiesa di G. Cristo. — Latino. nel I. semestre. Tito Livio, prefaz. e libr. I.; II. sem. oltre a Livio, Övidio (Metamorph.) de quattuor gen. humani aeta-tibus. Iupiter totum genus lnimanum ob morum pravitatem delere constituit. Deucalion et Pyrrha, de Philemone et Baucide, de Niobae liberorumque ejus interritu, de Orpheo et Eurydice, de Phaetonte, Aiacis et Ulixis certamen. Esercizi stilistico - grammaticali 1 ora sett. Preparazione, un tema scolastico ed un domestico al mese. — Greco. Lettura; I sem. Senofoute (Crest. Schenkl) I, II, III IV, V, VI della Ciropedia. Anabasi Cap. Vlil, Iltsem. Omero, Iliade c. XV11I. Esercizi grammaticali, Preparazione; un tema scol. ed un dom. ogni quattro settimane. — Italiano. Nozioni generali sulla poesia e sulla prosa, sui traslati e figure, sulla buona locuzione italiana. Storia della letteratura dei secoli 200. 300, 400 giusta il testo Schiavi P. I.; esercizi di memoria. Un tema scol. ed un domestico ogni 15 giorni. — Tedesco. Ripetizione delle parti piü importanti della morfologia accompagnate da copiosi esercizi. Sintassi : proposizioni principali e dipendenti, inversione, uso deli’ in-finito e participio, avverbio, preposizione; esercizi di memoria e traduzioni dali’ italiano in tedesco e viceversa. Testi; Fritsch, Grammatica e Noe P. I. Compiti 2 scol. e 2 domestici al mese. — Geografia e storia. Storia deli’ evo antico fino all’ assoggettamento dell’Italia, colla Geografia relativa. (Testo Pütz. p. I.) — Matematica. Aritmetica: (Le quattro operazioni con interi e frazioni; nu-meri negativi e frazioni. Proprietä dei numeri. Equazioni di I. grado con una e piü incognite. Geometria: Planimotria (testo Močnik). — Storia uaturale. Insegnamento sistematico. I. Sem. Mineralogia II. sem. Botanica (testo Bill). VI. CLASSE. — Religione. La chiesa e i suoi dommi, p. II. I dommi cattoliei svolti nel loro nesso e nei loro rapporti. — Latino. Sallustio, de bello Iugurthino; Virgilio I, II, Esercizi stilistko-grammaticali. Preparazione. Temi eome nella V. — Greco. Lettura; nel I. sem. Omero, Uliade c. I, II, III, IV; II sem. Ero-doto L. V. Grammatica. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi come nella V’ — Italiano. Dell’ invenzione. Nozione delle varie specie di componimenti poetici. Storia della letteratura dei secoli 500, 600. Testo come nella V. p. II. Esercizi di memoria. Com-piti come nella V. — Tedesco. Ripetizione e maggiore sviluppo delle teorie sintattiche. Dottrina dei casi. Costruzioni. Testi, Pritsch Grammatica; Noe, Antolog. p. I. Traduzione ed analisi di brani scelti pros. e poetici. Compiti uno scolastico e due domestici cia-scun mese. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. Conti-nuazione e fine della Storia deli’ evo antico. Storia del medio evo con relativa geografia (Testo. Pütz. p. II). Matematica .Potenze, radici e logaritmi. Equazioni di secondo grado con un’incognita. Geom. II primo sem. Stereometria; il secondo sem. Trigonometria piana (testo, Močnik). — Storia naturale. Insegn, sistematico. In tutti due i semestri, Zoologia (testo Schmarda). CLASSE VII. — Religione. La morale cattolica. Testo Wapp-ler (trad. ital. approv.). — Latino. Cicerone, pro Sexto Boscio Am., pro Quinto Ligario; pro rege Deiotaro. Virgilio, Eneide, c. II, X, XII. Esercizi stilistico-grammaticali.Preparazione. Temi scol. e do-mestici come nella V. — Greco. I. sem. Lettura di Demostene, orazioni politiche I, II, III Olint., III Filippica; II. sem. Omero, Odissea c. I, IX, X. Temi come nella V. — Italiano. Dello stile. Storia della letteratura dei 700, 800 dal testo Schiavi p. III. Iliu-sfcrazione della I. Cantica di Dante di cui i brani migliori d1 ap-prendersi a memoria. Temi come nella V. — Tedesco. Uso (della lingua tedesca nell’ istruzione). Kipetizione di tutta la sintassi. Let-tura dal Noe, Antolog. p. II. Grammatica Fritsch. Traduzione ed analisi con osservazioni filologiche. Esercizi di memoria. Compiti come nella VI. — Geografia e storia. Storia deli’ evo moderno con riflesso allo sviluppo politico interno deli’ Europa ed alla Geografia relativa (testo Pütz III). — Matemat. Arit.: equazioni qua-drate con due incognite, equazioni diofantiche di I. grado. Fra-zioni a cat. (Kettenbiüche). Progressioni, calcoli d’interesse com-posto e rendita. Teoria delle combinazioni con applicazione, Geom. Temi trigonometrici, Geometria analitica nel piano, sezioni coniche. — Sclenze naturali. Fisica: meccanica calorico, chimica (testo, Münch traduz. Mora). — Propedeutica. Logica (testo Schiavi). CLASSE VIII. — Religione. Storia della Chiesa cattolica. & Ripetizione dei punti culminanti della dogmatica e della morale. (Testo Wappler). — Latiuo. Tacito, de Germania; „A nnali I, II, III; Orazio: Odi lib. I. 1, 2, 3, 4, 7, 10, 11, 14, 20, 22, 24, 29, 31, 34, 37; lib. II, 1, 2, 3, 6, 7, 10, 14, 15, 16, 17, 18, 20; lib. III, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 23, 29, 30; lib. IV, 2, 7, 12. Epodi 2. Satire lib. I. 1, 6, 9; lib. II. 6; Epistole lib. I. 2, 10, 19, 20“ de arte poetica. Esercizi stilistico-gram. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. Lettura nel I. sem. Platone, Apologia di So-crate, Critone, Lachete. Omero, Odissea, VII, VIII, XI; Sofocle: Antigone. Preparaz. e temi come nella V. — Italiano. Riassunto della storia della letteratura. Illustrazione degli ultimi canti del-1’ Inferno di Dante, della II. cantica e di alcune parti della III, di cui i brani migliori da apprendersi a memoria. Temi come nella V. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca neH’istruzioue). Lettura dal Noe Antolog. p. II. Esercizi di versione su qualche autore clas-sico italiano. Letteratura nel secondo sem. (cenni sui principali periodi della letteratura tedesca). Gram. Fritsch, Compiti come nella cl. precedente. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. I. sem. Storia della Monarchia austro-ungarica. II. sem. Studio geo-gr.-statistico della Monarchia austro-ung; riepilogo dei punti culminanti della storia greca e romana. — Matematica. Esercizi nella soluzione di problemi matematici. Ripetizione delle partite piü im-portanti della materia (testo Močnik). — Scieuze uaturali. Fisica: magnetismo, elettricita, calorico, acustica, ottica, elementi di astro-nomia. (testo, come sopra). — Propedcutica. Psicologia empirica (testo Schiavi). IV. DATI STATISTIN DELLA SCOLARESCA Relativamente: Z m r r m CLASSI cö S E a) al numero I n III IV V VI VII VIII O) I pubblici . Furono inscritti ' privati. . 47 41 27 27 23 17 11 10 203 1 — 2 — — — — 3 | straord. . Abbandonarono la scuola per varie cause prima della fine del secondo semestre . . 6 3 — 2 2 — — — 13 Frequentarono fino alla chinsa dell’anno scolastico . . . 41 38 27 25 21 17 11 10 190 b) al luogo di nascita Da Capodistria 17 11 9 1 2 2 4 3 49 » altri luoghi deli' Istria . 21 21 16 — 16 12 5 5 96 » Trieste e territorio . . 3 2 2 23 — 2 2 — 34 Dal Goriziano 1 2 — —. — 1 — 2 6 Dalla Dalmazia 1 1 — 1 — — — — 3 D’ altri luoghi della Monarch. — 1 — — — — ■— -- 1 Dali' estero (Francia) . . . — — — — 2 — — — 2 c) alla religione Cattolici 41 38 27 25 21 17 11 8 188 Greeo-Orientali — — — — — — — 2 2 d) alla nazionalith Italiani 39 34 25 23 19 15 11 10 176 Slavi 1 4 2 2 — 2 — — 11 Tedeschi 1 1 Francesi — — — — 2 — — — 2 e) ali’ eth D'anni 10 13 13 » 11 16 3 19 » 12 9 16 25 » 13 4 12 13 — — — — — 29 » 14 1 5 8 13 — — — — 27 : » 15. 2 6 8 15 — — — 31 » 16 — — 4 3 7 — — 14 » 17 — — — 1 6 7 — 14 » 18 — — — 4 3 6 13 > 19 — — — 1 — 1 3 5 » 20 » 21 1 1 NELLE CLASSI BÖ s s I II III IV V VI VII VIII o m f. allo stipendio Stipendio dal fondo camerale Istriano a f. 84 .... 3 — 2 5 Stip. speciale per scolari delle Isole del Quarnero a f. 100 1 1 1 3 Dalla Giunta prov. a f. 100 — — 2 2 1 3 2 1 11 Sussidio dalla stessa con f. 60 — — 1 — 2 1 — — 4 » » » » »50 — — 1 — — 1 — 1 3 » » » » » 40 — — — — 1 — 1 2 Dal fondo Dobrila a f. 100 — 1 1 2 — — — — 4 » » Castro a f. 105 — — 1 — — — — — 1 » » Dr. Barsana f. 105 1 1 » » scuole di caritä in Cherso a f. 100 .... — — — — 1 — — — 1 Dal fondo i. r. Finanza a f. 100 1 1 — — — 2 Importo complessivo degli stipendi f. 3200 g) alla tassa scolastica I. sein, esenti intieramente . — 20 17 20 12 13 7 6 95 » » » per metk . . — — — — — — 1 — 1 II. sem. intieramente . . . 19 18 14 17 14 11 7 7 107 » » » per metä . . _ — — — — — 1 — 1 Paganti per intero il I sem. 45 21 12 6 10 4 3 4 105 » » » il II. sem. 24 20 15 8 7 6 3 3 86 Importo compless. delle tasse scolastiche riscosse f. 1536 h) agli oggetti liberi Inscritti: Lingua slava . . 9 6 12 18 12 7 4 3 71 1 » Ginnastica . . . 19 7 9 8 2 5 5 2 57 Prospetto di dass, deli'anno scolastico 1883-84 rettificato dopo gli esami di riparaz. Classe compl. prima con emin. 7 2 2 3 4 4 5 — 27 » » prima . • . 26 23 20 19 10 8 5 8 119 | » » seconda . . . 7 5 5 4 _ — — — 16 » » terza .... — 2 2 4 Non furono classificati . . 2 — T 1 •1 — — — 5 Al termine dell’anno scolast. i884-85 riportarono Classe prima con eminenza 5 1 3 1 3 5 4 5 27 | » prima . . i . . 21 29 15 15 13 8 7 4 112 » seconda 7 4 4 4 2 2 — 1 24 ! » terza 7 _ 7 Rimessi ad esame di ripara- in un oggetto 1 4 5 5 3 2 — — 20 ! Non furono classificati . • — 71 — V. HU IHH Dati per cömpiti alle classi del (Hnnasio snperiore CLASSE Y. — L’ addio che da alla famiglia lo študente nell’ atto di recarsi agli studi. — Di due differenti aspetti che a noi presenta 1’ autunno. Prof. Schiavi. La pecunia, se la sai usare, e ancella, se no, donna. — L’ oro ed il ferro. — Le prime origini dell’ arte drainmatica nella Grecia e nell’ Italia. — Importanza della trasmigrazione dorica per la vita civile, nazionale e politica dei Greci. — Vita di Dante Allighieri. — Aneddoti danteschi. Prof. Zemitz Una spiegazione intorno a quella giornata dell’ anno che e detta Mercoledi delle Ceneri. — Si ammiri 1' artificiosa elo-quenza del Petrarca nella canzone. «0 aspettata in Ciel . . . . » — Un giovanetto improvvisatore generosamente ricompensato. — Religiositä dell’ Augustissimo nostro Imperatore. — Andrea Hofer, suo affetto per 1’ Austria, suo valore, sua nobiltä di animo, sue fattezze, sua morte, suoi monumenti e.-c. — Distogliete un amico dali' abito prepot.ente del giuoco. — Quanto sia forte e longanime 1’ amor della inadre verso i propri bamboli, avvegna-che sconoscenti delle affettuose sue eure. — Una brigata di ainici cacciatori s’ intrattenga all’ ombra d’ un albero a parlare delle occorse avventure. — Si suggerisca ad un pittore corne debba delineare la scena rappresentante il ritorno in famiglia dello študente, dopo compito 1’ anno scolastico e gli esami a cui si e sottoposto. — Se debba intendersi assolutamente oppure con delle restrizioni quel motto francese che dice «Argent fait tout.». — Gli studi profondi di geografia fatti dai due celebri vene-ziani Balbi padre e figlio. — Le vacanze siano un sollievo e non un abbandono degli studi. Prof. Schiavi. CLASSE VI. — Una parlata. — Circulus et calamus fe-cerunt me. (S. Agostino) — II di de’ Morti. — Significato reli-gioso e civile dell’ onomastico dei Principi. — La battaglia di Canne (Descrizione secondo T. Livio). — Se approdi meglio diffon-dere la civilta con le armi o coli’ intelligenza ö col cuore. — Carattere di Alessandro il Grande. — Emozioni della pešca. — Reminiscenze del Carnovale (Bozzetto). — Impressioni riportate dalla visita di un luogo ameno e memorabile per avanzi storici. — Come vada difeso il poema deli’ Ariosto dalla critica saccente. — I casi di Olimpia. — II ritorno delle rondini. — Re Epulo a nozze (Leggenda istriana). — Qual’ impressione desti Torquato Tasso considerato nella sua vita. — Qual aspetto abbia una re-gione sotto il flagello della siccitä. — L’ Istria nei suoi rapporti fisico-morali. — I danni ehe arreca la piena. Prof. Mason. CLASSE VII. L* Augustissima nostra Imperatrice colla fi-glia, 1’ Arciduchessa Gisella, al santuario di Mariazell nel set-tembre 1884. — «II pro de’ mali e migliorar consiglio» (Maggi). — Le giuste punizioni ideate da Dante per gl’ infingardi. — Le conquiste sanguinose e le ineruente. — L’ arcivescovo di Napoli Sanfelice nell’ occasione del colera ehe ultimamente ha invaso quella cittä. — Grandiosita meravigliosa del firmamento, e lo-gica per noi conseguenza. — Di quel brutto vizio ehe e la ghiot-toneria. — Pensieri naseenti alla contemplazione del sole ehe tramonta. — II riceo ed il povero convivono in societä per di-sposizione della Provvidenza. — Bellezza del cavallo, e sua uti-litä in pace ed in guerra. — Leonardo da Vinci e il suo ca-polavoro in Santa Maria delle Grazie a Milano. — Che cosa faccia il bue, e vivo e morto, per 1’ uomo. — Si potrebbe forse con modesto riso letterario implorare la carita per qualche in-felice, come la ottenne il Parini dal governatore austriaco Fir-mian ? — Si parli di coloro che si sforzano di apparire filantropi, mentre in sostanza sono egoisti. — II ritratto fisico e morale di Napoleone Bonaparte. — Del costume, specialmente nel Belgio ed in Francia, dei colombi messaggeri. — «Non far tregua coi vili; il santo Vero mai non tradir, ne proferir mai verbo Che plauda al vizio o la virtii derida» (Manzoni). — Le utili istitu-zioni deli’ Imperatore Massimiliano I. — Grate impressioni che desta nel forestiere la cittä di Trieste. — II fine della tragedia, cosi indicato da Ipp. Pindemonte: «Metter su gli occhi di chi ascolta il pianto, E alzar gli spirti, e col piacer cercato, La virtii non cercata indur ne’ cori.» (prol. ali’ Arminio). — II rossore in quanto e poderoso a difendere tra i pericoli la virtii. — Non vi e rosa senza spine. — La piii bella delle virtii onde vuol essere adorno lo študente. — II monumento inaugurato il 20 giugno deli’ anno corrente al grande poliglotta Giuseppe Mezzo-fanti presso le ceneri di Torquato Tasso nella chiesa di Sant’ Onofrio. CLASSE VIII. L’ inaugurazione della ferrovia deli’ Arlberg, fatta col concorso deli’ Augustissimo nostro Imperatore; e si parli anche di Giacomo Ciconi esecutor deli' impresa. — II se-condo centenario di Corneille. — Quanto sia bella la pietd verso i defunti. — II terzo centenario della morte di S. Carlo Borro-meo. — Di quella grave piaga che e il suicidio, cotanto infesto nell’ odierna societa. — Straordinarie virtü di Cristoforo Colombo. — Vantaggi deli’ inverno sull’ estate e dello estate sull’ inverno. — La funzione religiosa della notte di Natale. — «II perder tempo, a chi piü sa, piii spiace» (Dante). — L’ innesto nella Divina Comedia del senso allegorico col proprio. — «L’ arte se ne va quando si converte in mestiere» (Zoncada). — Lo spuntar del giorno descritto da Dante e confrontato a quello di altri valenti autori. — Suggerite ad un pittore come voglia esser presentata la scena di Dante che muore in corte di Guido No-vello da Polenta. — II ritratto deli’ antico pedagogo Vittorino da Feltre. — 11 taglio deli’ istmo di Panama. — Tra le grida del moriamur etc. dei Magnati ungheresi sui’ga uno di loro, e, a nome di tutti, risponda a Maria Teresa. — Le afflizioni del-1’ esule, e i conforti. ehe piii o meno possono sovvenirlo. — E da preferirsi un uomo probo ed indotto ad un improbo e saputo. Porgete ad un pittore storico i pensieri dietro cui dovrebbe di-rigersi nel dipingere la sala maggiore di questo Istituto. — Si deplorino in Arrigo VIII d’ Inghilterra, o in qualche altro suo pari, i lunestissimi effetti d’ una brutale passione non debitamente frenata. — Si facciano aleuni riflessi sopra le provvide dispo-sizioni onde fu costruito il corpo umano. Prof. Schiavi. VI. Aumento nella collesione dei mezzi d’insegnamento Biblioteca doi professori. — Comperati: Verordn. Bl. des k. k. Minist, f. C. u. U 1884, (24 H), 2 copie. — Die Völker öst.-Ung. (ed Prohaska) Teschen) XI. vol. — Meyer's Konver-sations lexicon, letzter Jahres-Supplement Band. — Moise, ab. Giov.; Regole ed osservazioni della lingua italiana proposte ai giovanetti 1 v. — Normalien für Gymnasien u. Realschulen 1 v. — Instructionen zu dem Lehrplan für Gymnasien 2 vol. — Rivista di filologia classica, 6 fase. — Poggendorff. Annalen der Physik u. Chemie p. 1884 und Beibl. 24 fase. — Phylolo-gische Rundschau 1884 fase. 52. — Platone-, Carmides, Laches, Lysis, ed. p. le scuole, 5 copie. — Zeitschrift für öst. Gymn. 1884. 12 fase. — Pachtler; Reform der Gymnasien 1 vol — Hayek, Handatlas del Naturgeschichte leg. '1 v. — Hellwald, Kulturgeschichte v. 2. — Erodoto, ediz. per le scuole, 5 copie. — Spezialharte Istriens ed. v. Militär-geogr. Inst. — die Völker Öst.-Ungarns. ed Prohaska, 2 vol. — Hof. u. Staatshandbuch der öst.-ung. Mon. p. 1885. — Appiani; Historia Rom. 2 v. — Soden; die Einflüsse unseres Gymnas. auf die Jugendbild. 1 v. — Thuhifdides; Geschichte des peloponnesischen Krieges von Wahrmund, 2 vol. — Leuckart u. Nitsche, zoologische Wandtafeln, 8, 9. — Chavanne, physikalisch-statist. Hand-atlas von Öst.-Ung. Lief. 1-6. — Biblioteca classica economica (ed Son-sogno) num. 73, 74, 77, 78, 79. — Bartoli; Storia della lettera- tura italiana, 6 vol. — Manzoni, Opere inedite e rare v. II. — Hergenröther, Hand buch der Kirchengeschichte I. B. — Momm-sen, röm. Geschichte Y. B. — Platone, dialoghi tradotti dal Bonghi vol. 5. — Czoernig, die alten Völker Oberitaliens 1 v. — Petto, die ethymologischen Verhältnisse des österr. Küstenlandes, 1 fase. — Arnold, deutsche Urzeit. — Plato, Apologia. Crit. 5 copie. — Cicero, Cato major, 5 cop. — Ooidii, carmina selecta, 5 copie. — Droysen, Allgem-Histor-Hand-atlas (ed Ge-rojd et Comp.) 3 puntate. (Dotazione complessiva della biblioteca nell’ anno 1884: da fondi erariali f. 140; tasse d’iscriz. f. 105; duplicati f. 9; insieme f. 254). Doni. — Archiv, f. öst. Gesch. B. 65, 66, 1 u. 2 H. (dono dell’ i. Accademia delle scienze) — Gindely, Lehrbuch der all— gem. Geschichte, II B. Mittelalter (dono del libr. Tempsky, Praga. — Pflichtexemplare n. 15. (dono dell’ Ecc. Luogot. Trieste) — Homeri. Odyss. epit. ed. Scheindler (dono del libr. Holder, Vienna) — Horatii Fl. carmina in us. sch. (dono del libr. Tempsky) — Sitzungsberichte der k. Akademie der Wiss; math-natur. w. Abth. 1883, 1884, I. Abth. 7, 8, 10; II. Abth. 7. 8, 10; I, 1, 3, 4, 5, 6, 7; II, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 — Coglievina D. das Leuchtgas ais Wärmequelle im Haushalte (dono deli’ autore). — Moise, Regole ed osservazioni della lingua italiana (dono dell’ Incl. Giunta prov. istr. — Schiavi prof; Manuale della lett. ital 2a ediz. (dono del-1’ autore) — Pesanle, La basilica eufrasiana (dono dell’ autore). Biblioteca degli študenti. — Comperati: D. AUighieri: Divina commedia col commento di Andreoli. — Detta col com-mento del Fraticelli — G. Capparozzo: Poesie. — Besenghi degli Ughi: Poesie e prose. — A. Verri: Le notti Romane. — P. A. Bresciani: L’ebreo di Verona. — A. Gazzoletti: La grotta d’Adelberga. — T. Tasso: Torrismondo. — Fra D. Cavalca: Yite dei santi padri. — De Amicis: Spagna. — T. Grossi: Marco Visconti; I Lombardi alla I. crociata. — C. Cantü: Mar-gherita Pusterla. — M. d’Azeglio: Ettore Fieramosca. — G. Carcano: Angiola Maria; Letture di famiglia (Lloyd A.) V. IX, X. — Titcomb (dr. Holland): Lettere alla gioventü. — L. Figuier: L’elettricitä v. I. — Cervantes: Don Chisciotte della Mancia. — Le-Sage: Gil-Blas di Santilliano (ediz. pei fanciulli). Doni: Dalla Spett. Giunta Provinciale: B. Dr. Benussi: Manuale di Geografia, Storia e Statistica del Litorale 2 copie. — Dal prof. ab. Lorenzo Schiavi: Tirini in univ. S. Scripturam comm. v. — Dagli študenti: Marinaz Angelo: P. Metastasio; Alcune lettere inedite pubblicate da Attilio Hortis. Dallo stud. L. Martissa: M. Monnier: Pompei e i Pompeiani. — Dr. Blanc: I prigionieri di Teodoro. — G. Tyson: La zattera di ghiaccio. — Depangher Giovanni: Mantegazza: II bene ed il male. Contributo degli scolari durante 1’ anno scolastico f. 23.90. (Custode e dispensatore dei libri, Antonio Pogatschnig študente della VII CI.) G. Babuder. Gabiuetto dl Storia naturale. — Una collezione di 24 funghi mangierecci e di 24 funghi velenosi inodellati in carta — Una serie di N. 7 Aetinie modellate in vetro e precisamente: Sargatia viduata (Müller), Sargatia parasitica (Gosse), Sargatia rosea (Gos.), Actinia mesembiyantemum, Tealia crassicornis, Actinoloba dianthus (Ellis), Anthea cereus (Johnston). — N. 4 modelli in vetro della classe celenterati (Tubipora musica, Coral-lium rubrum, Aurelia aurita e Pelagia noctiluca). — Imita-zioni dei 4 diamanti Kohinur, Pitt, OrloiT e Fiorentino. — Leu-kart u. Nitsche (Zoolog. Wandtafeln) dispensa VIII, IX e X. (Dotazione del gabinetto pro 1884, f. 64.23). Prof. Gerosa. Gabinetto di fisica. — (dotazione pi'o 1884 f.ni 120), ac-quisti: una machina dinamo-elettrica. Prof. Sbuelz. VII. Föndo ginnasiale di beneficenza Chiusa di conto al termine deli’ anno scol. 1883-84 (vedi Progr. 1884) Introito f. 441. 60‘/2 Esito f. 441 60 l/2. Dal 31 Luglio 1884 ad oggi Incassati 1. Dagli scolari alla chiusa deli' anno scol 1883-84 2. Dalla vendita di alcuni testi stracciati inadope- rabili . 3. DaH'ill.ma Signora P. B........................ 4. Dai Rev. Ord. vesc. di Parenzo-Pola e Trieste-Capodistriä................ 5. Dali’ ufficio imposto di qui a pagamento d' in-teressi per 1’ obbligaz. N. 21.200 .................. 6. Dali’ ufficio stesso per 1 'obbligaz. N. 109.983 7. Dagli scolari al termine del I. sem. 1884-85 . . 8. Dali’Incl. Giunta prov. istr........................ 9. Dallo spett. Municipio in luogo ................... 10. Frutto dol capitale di f. 294.04 investito al 6°/0 Assiemc . fior. soldi Spesi fior. soldi 25 40 1. Al librajo Cernivani a saldo per libri forniti nell’anno 1884 40 2 90 2. Al librajo Lonzar per lo stesso titolo 30 . 5 — 3. Per libri scolastici fatti venire direttamente dal Direttore per scolari poveri 18 89 80 — 4. Sussidii in denaro a scolari poveri 58 65 16 80 5. Al librajo Lonzar, quäle acconto per libri forniti nell’anno scol. 1884-85 200 25 20 6. Al libr. Cernivani, quäle acconto per libri forniti come sopra 50 21 38 150 — 100 — 17 64 444 32 Assieme . 397 54 ESAMI m MATURITÄ Al termine deli’ anno scol. 1884-85 domandarono 1’ ammis-sione agli esami di Maturitd 9 študenti ordinarii degl’istituto e due candidati esterni. Di questi furono ammessi, otto študenti del ginnasio ed un esterno. L’ esame in iscritto ebbe luogo i giorni 23, 24, 25, 26, 27, Giugno coi temi seguenti: I. Lingua italiana — «La casa, la scuola ed il tempio, tre centri di educazione giovanile.» II. Versione dali’ italiano in latino. — «Elogio di Cosimo de’ Medici» (Macchiavelli). III. Versione dal latino in italiano. — «Virgilio, Georgi-che I, 463-497.» IV. Versione dal Greco in Italiano. — Homeri, Odvss. Libr XVI, 177-235. V. Versione dali’italiano in tedesco — «dal libro: Letture italiano per le classi inferiori delle scuole Medie P. IV (ed. Holder)» il brano N. 105, pag. 199, linea 87» La morte di Andrea Hofer.'» Matematica. — a) Un padre ha presentemente quattro volte tanti anni ehe suo figlio; 8 anni fa egli aveva 10 volte l’etä del figlio. Quanti anni ha il padre e quanti il figlio? — b) Un tale ha risparmiato in 20 anni f. 6000, depositando al principio di ogni anno una somma di danaro in una cassa di risparmio, ehe calcola 1’ interesse composto del 3 5 #/0. Trovare questa somma. — c) Si trovi la superficie di un settore sferico corri-spondente ad un angolo al centro di 63° 12' 29', dato che sia il volume di un cilindro equilatero in iscritto in quella sfera. Volume 759 cm3. Gli esami a voce ebbero luogo i giorni 20 e 21 Luglio sotto la presidenza deli’ Illustrissimo Signor Ispettore scol. prov. Cavaliere Ernesto Dr. de Gnad, coli’ esito seguente: Vennero dichiarati maturi con distinzione: Cosulich Marco da Lussinpiccolo Marchio Giacomo da Muggia Novacco Giovanni da Umago Ulcigrai Antonio da Isola Zanolla Alfredo da Monfaleone Venne dichiarato semplicemente maturo, Visintini Emilio, da San Lo-renzo di Mosaa. Di questi, 3 si dedicheranno agli studi politico-legali; I alla medicina; 1 alla fllologia; 1 agli studi teologici. Uno študente esterno e due del Ginnasio ripeteranno 1’ esame in un oggetto al termine di due mesi. ELENCO D’ONORE DEGLI SCOLARI CHE ALLA FINE DELL’ANNO SCOLASTICO 1884-85 RIPORTARONO LA CLASSE COMFLESSIVA PRIMA CON EMINENZA —---- CLASSE I. BARTOLI MATTEO GALLI EDOARDO GIACHIN EMILIO BABUDER GIACOMO PALISCA MARCO CLASSE II. KOMAREK GIUSEPPE CLASSE III. OPPATICH BASILIO PIZZARELLO ANTONIO MANZUTTO GAETANO CLASSE IY. ZUCCON GIOVANNI CLASSE Y. GENIN GIORGIO FULIN FRANCESCO MANZUTTO GIUSEPPE CLASSE VI. BENUSSI GIUSEPPE ROCCA GIUSEPPE CORAZZA GIOVANNI BORRI FRANCESCO GOIDANICH PIETRO CLASSE VII. POGATSCHNIG ANTONIO AMOROSO GIACOMO BARTOLI PIERPAOLO COSULICH GIOVANNI CLASSE VIII. COSULICH MARCO ZANOLLA ALFREDO MARCHIO GIACOMO NOVACCO GIOVANNI ULCIGRAI ANTONIO —SXB— L’ apertura dell’ anno scolastico 1885-86 avrä luogo il 1. ottobre a. c. colla solenne funzione religiosa, alle ore 10 ant. L’ iscrizione principierd il giorno 27 settembre e continuerä fino al giorno dell’ apertura, dalle ore 9 ant. alle 1 pom. Gli študenti dovranno comparire all’ istituto accompagnati dai genitori o dai rappresentanti dei medesimi, i quali — a seanso di misure spiacevoli che polrebbero venir prese dalla Direzione nel corso dell’ anno scolastico — sono tenuli di dar avviso alla scrivente, presso quäle famiglia intendano di col-locare a dozzina i rispettivi /igli o raccomandati. Cosi pure vorranno comparire muniti della fede di povertä, estesa in piena forma legale, quegli študenti che vorranno aspirare all’ esen-zione della tassa scolastica ed a sussidi dal fondo di beneficenza. Immediatamente dopo 1’ apertura avranno luogo gli esami di ammissione, riparazione, ecc. galla ||irezionc dell’f. fpnnaöio Huperiore Capodistria, 31 Luglio 1885. II Direttore CaT. GIAC. BABÜDER.