ANNO XVI. Capodistria, 16 Aprile 1882. : . ■ : ' ì- : N. 8. LA PROVINCIA DELL' ISTRIA Tfcfd / Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo.*) 1233. — Sottoscrizione di compromesso tra il patriarca di Aquileia, ed il comune di Pola, i quali rimettono la decisione delle loro questioni nelle mani dei conti di Gorizia. Carli. Antich. Ital. - To. V, p. 179, 185 e 211. (Cont.) CORRISPONDENZE (Congiunzione ferroviària con Trieste). Par eneo, IO- A.prile - ... wn.li L'azione dei deputati al Consiglio dell'Impero, e della Giunta Provinciale deve esercitarsi con tutta sollecitudine, perchè il tronco di congiungimento della linea Pola-Divaccia con Trieste sia tracciato e costruito in modo da riuscire quanto più è possibile vantaggioso per la nostra provincia. Da quauto si può rilevare dal progetto presentato dal Governo alla Camera dei deputati, questo tronco di congiungimento Herpelie-Trieste nou sarebbe consigliato soltanto dalla utilità che ne deriverebbe alla nostra provincia, ma anche più dal proposito di soddisfare i voti di Trieste, costrueudo il primo tronco di una linea indipendente, che congiunga quella città con la Rudolfiana. Ora sappiamo, che i progetti compilati in addietro dai varii consorzi triestini per la Laak, fanno discendere dall' altipiano del Carso con una percorrenza breve e arditissima, la locomotiva, alla stazione di S. Andrea, passando per Basovizza e con doppia galleria sotto lo sperone S. Servolo-Caresana, con una pendenza del 1;30!. Questo progetto non sarebbe certo il preferibile per la nostra proviucia, come non possiamo persuaderci che sia consigliabile neppure per la linea Trieste-Laak, in quanto che la enorme pendenza del 1:30, superiore a quella del Semmering, richiederebbe una grossa spesa di esercizio. Fu così progettato in allora, unicamente per contrapporre una minore distanza chilometrica a costo di una forte pendenza, di confronto al progetto del Predil, ora tramontato. La linea preferibile per noi e che potrebbe essere accettata senza danno quale primo tronco Trieste-Laak, sarebbe quella che si dipartisce da Herpelie e discendendo colla pendenza del 1:70, svolgendosi per Xaxid od altra stazione più vicina a Pinguente per la costiera amena e fertile di Ospo-Caresana, arrivasse nella valla di Zaule ed alla stazione di S. Andrea. Il maggiore percorso sarebbe compensato ad usura dalle minori spese di esercizio volute dalla enorme pendenza di una linea più breve e la ferrovia attraverserebbe, anziché il nudo Carso, contrade fertili ed amene, allargando così verso levante la campagna di Trieste tanto ristretta, ed arrecando vantaggi considerevoli ad uu largo tratto dell'Istria superiore. 0 Di queste alternative fu già parlato e scritto assai -e Val vostro nflriqdico^ e nei giornali di Trieste, quando era in discussione il primo progetto or renuvin, .;«„„. ed oi a è necessario assolutamente occuparsene con pronta cura, e ci pensi chi deve. (Lapidaria istriana) Pregiatissimo sig. Redattore ! Parenzo. li 8 Aprile Le spedisco le seguenti due iscrizioni, inedite, dame vedute e copiate ancora nell'ottobre 1879 a Monticcliio nel distretto di Pola, dove erami recato ad esplorare il sito dell' antica Nesazio : N. 2. FLORV EIA- MELI ATA • PAPE TES • PIENTIS simi • a i hi ai> !>!•> l'O MAXI _ MOlinOANX FEC E li N. 1. M L V G SII • Il D I IVHI1M11 VI )CH V s II L" iscrizione al N. 1 (aretta votiva), e per la sua posizione orizzontale, e per V avvenuta liscia 'corrosione, è di difficile lettura. - Nella prima linea stava senz' altro SACRVM, di cui si riconosce la M sbiadita. Nella seconda linea appariscono evidenti le traccie di AVG. (Augustae od Augusto). Nella terza vi deve essere incorso un errore per imperizia dello scalpellino ; imperocché il punto ( • ) fra le due prime e le due seconde aste non ha senso. Forse doveva stare SILFIDI, oppure il dativo d'una deità barbara (mascolina o femminina) p. e. SILTIDI o STILIDI. Il nome del dedicante TYHIL o IYHIL, è barbaro. Anche nella penultima linea nell'I precedente CH sembra che scorrendo lo scalpello al quadratalio abbia prodotto quella linea inclinata a sinistra. Io leggerei: SACRVM • AVGVSTAE (0) • SILFIDI • (SILTIDI o STILIDI) TVHIL • (IVHIL) MILes • Legionis ' III * VII • COHorfo's • Yotum ' Solvit. La leggenda al N. 2 manca, per spezzatura della pietra, del nome del padre, ma v' è quello della madre, che ha suono gentile e dolce, cioè : FLORVMLEIA MELICATA, e corrisponderebbe al nostro Fiorina, Fioretta, Fiorenza Meliflua o Melata. Si può leggere: ........(et) FLORVMLEIA (florumlegia?) MELICATA • PARENTES • PIENTISSIMI • S........PESTO • MAXIMO • FILIO • AN • X ■ FECERO. Omi iu T)v Franceschi. Ci scrivono da Veglia: (Archeologia istriana) Fra le cose interessanti la civiltà della nostra provincia, è pur quella di conservare gli oggetti archeologici che si trovano presso corpi morali o in mano di privati, molti dei quali, a dir vero, per avidità di lucro li venderebbero al maggiore offerente, nulla curando se restano tra noi, o vengano esportati altrove. Io non mi pongo nel novero di quelli, che decantano la nostra provincia, rispetto a' suoi cimelii, per una seconda Pompei, asserendo eh' ella nasconde quasi sotto ogni zolla preziosi avanzi di uno splendido passato. Nè dirò ancora che le nostre chiese, i monasteri, le famiglie conservino nel loro seno una collezioue di oggetti sì maravigliosi da digradare quelli del Museo Correr, del Pitti, del Vaticano. È bensì nota ad ogni istriano la bella collezione di Albona fondata dall' intelligente e sempre operoso patriotta Luciani e continuata dall'avvocato Scampicchio, il quale tien dietro specialmente alle scoperte paleontologiche ed antropologiche. Sono pur noti agi' istriani gli scavi del Dottor abate Bolmarcich praticati sul sito dell'antico Absyrtum non lungi da Ossero, scavi che rivelano una pagina della paleostoria provinciale, e benché, credo, di non grande importanza ed intrinseco valore, sono tuttavia documento della dottrina e del sincero amor patrio in chi li praticò. Sono note ancora le collezioni archeologiche di Pola, di Parenzo e di Capodistria. Quest' ultima iniziata dal Kandler, dal Favento, e dal Loser; le altre dal Carrara, dal Polesini, dal Franceschi. Nè tacerò ancora di un' altra piccola collezione a Capodistria ; di quella del signor Vincenzo de Gra-visi-Buttorai ; museo lilliputiano di bronzi, di avorii, di monete e di tarsie. Incettatore il signor de Gravisi paziente ed assiduo di quanti cimelii paesani ha potuto acquistare dagli scavatesori istriani e dai venditori di seconda mano, ha, secondo me, gettate le prime basi di un museo provinciale avvenire, e nello stesso tempo ha dato incentivo ai privati denarosi di imitazione proficua per gli studi retrospettivi dell' Istria iu argomento artistico. Anche in fatto di antichità letterarie e scientifiche non difetta la nostra provincia. Si conservano con lodevole amore ne' suoi archivi chiesastici, municipali e privati, pergamene, opuscoli, spogli, frammenti, lettere sopra svariate materie di illustri comprovinciali e di altri italiani. Nella sola Capodistria ricordo di aver veduto parecchie centinaja di lettere autografe del Carli e della sua dotta famiglia, del Pellegrini, dello Stancovich, di Sebastiano Sbisà, del Valle, dei vescovi istriani Stratico, Lucovich, Negri, Daponte, Polesini ; dei cardinali Riario Sforza e d'Estrés : del Caldana (fondatore del gabinetto anatomico di Padova), del Cesarotti, del Tiraboschi, del Balbi, del Pappafava, del Bossi, del Papadopoli, del Liruti, dell'Orsi, dogli Asquìni; del Fistulario, del Cortenovis, e per tacere di molti altri, dei moderni Betteloni, Cabianca, Dall'Ongaro, Maffei, Valussi. Ho veduto ancora dei fac-simili autografi di Filippo Strozzi, di Alessandro Manzoni, di Giacomo Leopardi e di Giuseppe Giusti. Ma lo scopo, mi chiederete voi, lo scopo di sì lunga cantaféra? Eccolo qua : Certo e sicuro, che nessuno dei sopra citati raccoglitori alienerebbe, a pagargliele un occhio, le collezioni iniziate con tnnU> amore e non senza sacrifizio di tempo, vorrei rivolgere l'attenzione anzi l'oculatezza di cui spetta, sopra coloro, e ce ne sono sempre in provincia, specie nei luoghi secondari, i quali, per avidità di guadagno alienano oggetti preziosi a gravissimo danno della patria archeologia. Una circolare della prefettura di Milano, diramata il 6 marzo dell' anno corrente ai sotto prefetti e ai subeconomi dei benefici vacanti della provincia, mi fa vedere, come anche in questa materia, tutto il mondo sia paese. Eccola: Mi consta, che non ostante le vive esortazioni e le formali diffide fatte colla circolare 20 giugno 1878, inserita anche nel foglio periodico della Prefettura dell'istesso anno, qualche parroco e talune fabbricerie non si siano peritati di cedere alle richieste di mercanti antiquarii col vendere loro, spesso a vilissimi prezzi oggetti di belle arti, arazzi ed altri cimelii antichi, che pel loro pregio avrebbero dovuto essere gelosamente custoditi e regolarmeute inventariati presso le singole chiese. Tali fatti, che sono in aperta violazione delle discipline che regolano 1' amministrazione delle chiese, e tornano a grave scapito del patrimonio artistico del paese, intendo non abbiano assolutamente a ripetersi. E però invito le S. S. V.V. a voler curare che nella imminente visita quinquennale alle chiese, siano-rinnovate con maggiore vigore le ingiunzioni fatte colla succitata circolare circa l'assoluto divieto di alienare oggetti di belle arti, se prima, dietro giudizio sul merito da darsi dalla Commissione conservatrice dei monumenti, non ne venga da questa Prefettura o dal ministero autorizzata la vendita, e circa la re?ponsa- T bilità «ivila o penale che trae seco l'inosservanza di siffatto divieto. In quella congiuntura, dovranno pure i signori subeconomi occuparsi della compilazione di un esatto elenco definitivo di tutto ciò che ogni singola chiesa possiede in fatto di oggetti di antichità e belle arti, siano pure arazzi o semplici merletti, riportando l'elenco stesso nel processo verbale di visita, un esemplare del quale, come di consueto, verrà rassegnato a questa Prefettura. Il desiderio poco giustificabile di ornare la chiesa di arredi nuovi e di nessun valore col ricavo d' altri antichi e pregiati, è quasi sempre il movente del pregiudizievole traffico; oud'è che, a scongiurare il pericolo che possano andar perduti cimelii, che oltre al merito artistico costituiscono talvolta una rarità storica, 10 devo fare assegnamento sulle cure e sulla vigilanza dei signori sottoprefetti e dei signori subeconomi dei B. B. V.V., i quali restano, fin d'ora, incaricati di notificarmi subito la mancanza o le semplici trattative per la cessione di oggetti antichi, per quei provvedimenti di tutela o di rigore che saranno del caso. Questa circolare può valere per analogìa anche nella nostra provincia, e può riferirsi a tutti coloro, ehe depositari e custodi di oggetti antichi e pregiati 11 vendono iu cambio di nuovi e di nessun valore. Le Teme di Monfalcone*} Un pajo di pilastri nani, ognuno fornito della sua palla e finale ; cioè testa d'alabarda di ferro, arma di Trieste, ci indica che usciamo del Litorale ed entriamo nel Circolo o Contea di Gorizia, distretto di Duino. La Nizza Austriaca è propriamente Grorica, piccola gora o montieello ; così appellata dal suo rialzo turrito. A sinistra s' erge la fabbrica, nuova di zecca, delle macchine idrauliche della città, le quali sollevano la massa di una sorgente bastevole a produrre una cascata. L'acqua però è scarsa e cattiva, considerata in rapporto alla mortalità, la quale eccede quella di Calcutta, di Bombay e di Madras. Io non conosco alcun luogo in Europa, che possa rivaleggiare con Trieste in questo argomento, eccetto Rotterdam. Vienna era così fino al 1875; quando cioè il nuovo grande acquedotto alzò la sua provvigione annuale da 28 a 36 per 1000. Trieste è assetata per sovrabbondanza d'acqua ; i vari partiti propongono ognuno la propria colla stessa energia ; e frattanto la sfortunata città è nella condizione di quel tal animale, che soffriva la fame in mezzo a due fasci di fieno. A destra della strada carrozzabile s'innalza il campanile di Nabresina, dalla rossa guglia, e una parte lontana della vallata mostra la gialla stazione, ove si dirama la Sudbahn, un ramo della *) Dall'opera di Burton: „The Therme of Monfalcone. London, Hovace Coi — 1881. Continuazione, vedi N.i 6 e 7. quale va in Italia e 1' altro alla Porta d'Italia, in Istria. Il nome di Nabresina, come quello dei dintorni, è vecchio; gli Slavi, che non amano di solito parole senza significato, mutarono il romano Aurisina in Nabresina, da Na - brék (zum Berg), mantenendo una certa analogia di suono. Dopo un breve passeggio alla stazione, situata sotto il villaggio di San Pelagio, dal bianco campanile, vedesi una rovina preistorica, il Castelliere di Iurkovaz, che io descrissi nell' Athenaeum (1 nov. 1876). Veduto da lungi, il Castelliere appare un gigante vestito di arida pietra, un cono tronco dal colore bianco-calcare. Esso è un cumolo di blocchi rozzamente accatastati, che ora hanno assunto 1' angolo naturale del fianco della collina. Intorno al capo centrale della roccia, un industrioso contadino sta coltivando ... delle cipolle, e l'insieme è attorniato dalla vegetazione del Carso; cioè olmi dappoco, frassini montanini (frassino), cespugli di noccioli, e quercie nane, che crescono lente lente, ma robuste e durevoli. Qua e là scorgiamo la marasca silvestre, che è la base del maraschino. Le ruine meritano di essere visitate; esse mostrano i soliti avanzi di stoviglie grossolane, la mélma nera prodotta dallo sfacelo degli animali, e dei vegetali, e la doppia divisione dell'area, che io suppongo essere stata così per separare i bipedi dai quadrupedi. Dei mille e mille inglesi che sono passati per Nabresina, quanti hanno veduto questo Castelliere? (Continua). T .<=> -viti americane (* III Del clima e del suolo La media temperatura annuale però è eguale a quella della regione vinicola della Francia, dell'Italia tutta, per cui da questo lato l'Istria non ha d'impensierirsi, avendo noi anche uu clima, i cui limiti s'avvicinano molto di più che in America. Difatti colà troviamo inverni rigidi, freddi, e l'estate caldo, ciò che per noi sarebbe un vantaggio per i primi e svantaggio per il secondo. La quantità di HcO annuale meteorica nel nuovo continente è ben maggiore che in Europa, l'aria di conseguenza più umida, ciò che ci spiega anche come l'Antracnosi e l'Oidio siano molto più fatali in America che da noi. Con tutto ciò non bisogna spaventarsi, questi dati sono generali; l'Istria potrà giovarsi della maggior parte di queste viti senza che risenta dei danni gravi in tale riguardo. Nella provincia di Bergamo dove sicuramente il clima non è tanto vantaggioso che da noi, le viti americane vegetano benissimo da tre anni. Riassumendo in poche parole dei dati particolari per le singole specie e varietà americane dirò : La Caudicans preferisce clima umido e caldo, soccombendo se secco e se non è riparata talvolta dai freddi jernali ; l'Aestivalis si trova in tutti i paesi degli Stati Uniti, fiorisce tardi e sembra preferire il clima caldo e le posizioni di mezzogiorno. Quanto alle sue varietà si è osservato come l'Herbemont matura tardi, 5-20 Ottobre, così pure la Cunningham, anzi 10 giorni più tardi, così si dica del Iacquez. La Cynthiana preferisce un clima umido e la Norton' s Virginia preferisce anche le regioni elevate, mostrandosi all' incontro la Lenoir e Louisiana delicate nelle regioni settentrionali. La Ru-pestris ha maturanza precoce, 3 settimane prima della Vinifera, mentre che la Cordifolia è tarda, ciò che però a noi poco importa, coltivandola per porta innesti. Quantunque neppure la Riparia coltiveremo per produzione diretta, pure è da notarsi in favore di questa preziosa specie che fiorisce presto e che sopporta i climi più svariati. Lo stesso si dica per la Solanis ed Elvira, non così però il Clinton e Taylor che soffrono molto i geli. Questi dati che ho raccolti principalmente da una recente serie di articoli, pubblicati dal Prof. Millardet nel Journal d'Agriculture pratiqne mi danno la traccia a fare le seguenti osservazioni sul suolo : b) Suolo. Come tutte le piante così anche la vite, non piccola è l'influenza che subisce dalla natura del terreno. Accade frequente di trovare alcuni viticoltori in controversione di opinioni sulla resistenza delle viti americane, attribuendo la loro morte alla fillossera; mentre è stato constatato che nella maggior parte dei casi alcune viti perirono per i terreni non adatti alla loro natura. Le viti americane preferiscono in generale un terreno profondo a sottosuolo permeabile. Non mancano alcuni di ritenere la presenza di ferro e di sabbia come indispensabili per una buona vegetazione, vedendo come nei terreni rossi e sabbiosi riuscivano bene. Il Millardet però negli articoli sopracitati combatte questa opinione, attribuendo alla presenza di questi materiali un effetto miramente fisico; ciò cho si può ottenere con scassi profondi e con frequenti sarchiature. A tutti è noto come il ferro abbia importante influenza nella formazione della clorofilla. Osservando come in alcuni terreni bianchi contenenti una quantità di ferro di poco minore degli altri rossi, le viti americane mostravano le foglie terminali avvizzite in Agosto, e constatato come la quantità di ferro iu questi era bastante pel bisogno della pianta, si dovette concludere, non essere la mancanza di ferro la causa del deperimento della pianta ma bensì un' altra. Questa sarebbe la colorazione rossa che posseggono alcuni terreni ferruginosi, mediante la quale il terreno si mantiene fresco, favorisce lo sviluppo delle radici, dalla quantità delle quali la pianta assorbe più o meno acqua necessaria alla traspirazione più sollecita che ha in Europa la vite americana in confronto del nuovo continente. (Continua). ------------------------—:______________ V"*^ otizie Annunciamo con piacere che a Sebenico si è costituito un comitato per raccogliere offerte per un monumento a Tommaseo in Dalmazia. Il comitato promotore del Circolo Accademico Italiano a Vienna rende noto, che in base a decreto luogotenenziale, si formerà tra breve a Vienna un Ciro "«lo Accademico Italiano. Il giorno 1 corr. è stato varato dallo squero di S. Rocco presso Muggia, il nuovo battello a vapore del Lloyd, Berenice, di 2000 tonnellate. A Rovigno per iniziativa dei Sigg. G. Wassermann e G. Andrioli si è costituita una società per una fabbrica di vetrami. Anche a Pirano sarà attivata la stessa industria. Fra le molte deliberazioni prese dalla nostra Giunta provinciale nella seduta del 19 dicembre a. d. qui registriamo quelle che riguardano l'importante argomento dell' acqua e delle strade : Assegno di fior. 300 alla podesteria di Dolina a titolo di sovvenzione per la esecuzione del lavoro di approvigionamento d'acqua nella località di Ocisla. Assegno di fior. 250 alla podesteria di Veglia a saldo della sovvenzione accordata per la ricostruzione del tratto di strada lungo la spiaggia del mare da San Donato a Ponte. Invio di fior. 400 all' ingegnere provinciale in Pinguente per i lavori sulla strada di Vragna. Assegno di f.ni 887 al Comitato stradale di Pola a titolo di sovvenzione per la costruzione di un ponte lungo la strada Pola-Fasana. Approvazione della delibera per 1' esecuzione dei lavori complementari sulla strada Ospo, Gabrovizza, Cernical sulla base del prezzo di fior. 779, pagabile in via di sovvenzione dal fondo provinciale. Approvazione del 10% alle imposte dirette pel 1882 nel distretto di Pinguente cogli aumenti straordinari dello Stato, deliberata dal Comitato stradale ed egualmente quella del 10% deliberata dal Comitato stradale di Buje. Oltre l'argomento acqua e strade vonne curato nella stessa seduta del 19 quanto riguarda il pascolo delle capre in provincia, trasmettendo in proposito alla presidenza della Società, agraria il progetto governativo di legge e la nota luogotenenziale 17 sett. a. c. che l'accompagnava, perchè la Società predetta voglia occuparsi dell'importante questione e presentare il fabbisogno dei mezzi d'istruzione ritenuti necessari ad attivare l'insegnamento teorico-pratico conforme al piano didattico già accettato ; nonché il regolamento organico per la istituzione della scuola ed il regolamento disciplinare per gli allievi. Viene infine deliberato l'assegno di fior. 800 sulle istanze presentate pel conferimento degli stipendi vacanti nell'anno iu corso. La commissione municipale di Trieste per i prove-diinenti d'acqua, nominata dal consglio della città nella seduta del 12 novenbre 1879, propose con unanime accordo come preferibile ad ogni altra l'adozione del progetto Bistrisa - Recca ed unitavi fognatura a sciaqua-mento, persuasa che esso sotto ogni riguardo soddisfi ai bisogni ed ai desideri della città. In linea subordinata e qualora gravi ostacoli finanziari si opponessero alla realizzazione della conduttura Bistriza-Recca, lacomis-sione mette inanzi in seconda linea la derivazione del Risano, ed in terza linea quella del Timavo. Il Dott. Domenico Tamaro, di Pirano, docente alla Scuola professionale agricola di Grumello del Monte, fu testé nominato membro effettivo e rappresentante per la provincia di Bergamo della Società di Zootecnici Italiani. (Istria). Cose locali L'associazione, della quale abbiamo fatto cenno altra volta, e che ora s'intitola Società cittadina, ha cominciato le corse fra la nostra città e Trieste col battello a vapore Capodistria, costruito nel ben conosciuto cantiere del signor Luigi Poli ; la Società è rappresentata dagli onor. sigg: Gregorio conte Totto, Giuseppe marchese Gravisi ed Elio Lougo. I vantaggi della concorrenza con l'altra società Triestina dello Stabilimento Tecnico si sono già fatti sentire col ribasso del prezzo di passaggio, coraggiosamente iniziato dalla nuova società; la differenza d'orario delle due linee concorrenti, stabilita a quanto ci dicono molto saggiamente dal governo marittimo, fa godere al pubblico altro ed assai più grande vantaggio, quello del doppio numero di corse. Facciamo voti perchè gli affari della nuova società radano bene, e per tale riuscita si avvivi lo spirito di associazione nella nostra città. . * xS ^ ^ E generale ed assai giusto il grido di rimprovero contro il Governo centrale marittimo per il modo con cui ha fatto costruire il nuovo pontile d'approdo nel nostro porto, incomodo e pericoloso, e reclamiamo a nome di tutti, perchè sia posto sollecito rimedio. -- Dobbiamo, benché tardi, con somma compiacenza registrare la notizia di una bella attestazione di stima e di affetto resa da una eletta società di studenti cher-sini, tra cui parecchi allievi di questo ginnasio, a queir egregio sacerdote, nostro concittadino, ed emerito professore ginnasiale, che è Monsignore Giovanni de Favento. Recatosi nell'autunno del 1877 a Cherso ed accolto con grandissimi onori da quei bravi cittadini, gli venne regalata a gentile ricordanza, un (legante e massiccia tabacch iera di platino, finamente rabescata, e recante nell' interno una epigrafe latina, incisa dall'orefice istriano Gaspare Lusina, ed ornata ii disegni dal giovane Matteo Gembrecich, pure istriano. L'epigrafe reca queste parole: Rev.mo can.co prof.ri loanni de Favento Crepsensis studiosa Juventus. — Durante la festività, assai commovente per la entusiastica partecipazione della cittadinanza chersina, senza distin-jzione di ceto, e della scolaresca accorsa anche da moltissimi altri luoghi dell'Istria e dei paesi limitrofi, tra i cui Fiume e Zara, vennero distribuiti parecchi esem-I plari a stampa della seguente iscrizione: „ A monsignor | Giovanni de Favento — canonico onorario della concattedrale — e — professore del ginnasio di Capodistria — pregio della sua città nativa — ornamento della provincia istriana — amore e delizia della gioventù stu-iiosa — in questo giorno d'imperitura memoria — ìì agosto 1877 — tutti gli studenti chersini — memori i «gnora di tanto affetto — pregano riconoscenti ogni maniera di prosperità. — Viva — l'ottimo padre — l'amorosissimo maestro." Scene e macchiette dalla storia istriana Due parole di prefazione j Tutto può tornar utile allo studio della storia. |\!on solo giovano le dotte disquisizioni ; anche le Immite e pazienti ricerche dell'antiquario; anche le scappate dell'allegra fantasia, che tenta di ricostruire il passato, e fa rivivere i morti. Ci possono essere delle esagerazioni così nell' antiquario che mi dà con tutta serietà la lista dei pievani di Carcauzze, come nei sogni del romantico ; ma la storia è un grande edifizio, e i cocci, i graffiti, i rabeschi potranno forse un giorno tornar utili a qualche cosa. Dunque scriviamo. Non è nuovo il tentativo : anche il Bartolini, che è uno storico da baldacchino, scrive alla buona, nell'Illustrazione del Treves, scene popolari dalla storia italiana. Solo che questa volta ho pensato di mangiare il porro dalla coda; cioè di cominciare non dai tempi preistorici ed antichi, ma dai nostri giorni. Di Aborigeni, di Celti, Pelasgi, Segusini e Romani, i più ne hanno piene le tasche. Che cosa importa sapere, quando si è inventata la moda dei panetti caldi, o di vestire di griso oggi che ci abbiamo una fabbrica di focaccie, vulgo Pinze, del bravo Cibin a Parenzo, e una succursale dei fratelli Bocconi a Trieste? Ma non è neppure una pedanteria pedagogica, un'applicazione del grande assioma: passare dal facile al difficile, dal noto all'ignoto. È vero che a far parlare i contemporanei si corre il rischio di qualche mementomo tra coppa e collo ; ma da noi, la Dio grazia, non ci sono questioni ardenti; i miei comprovinciali sono così bonini, ed io tanto ingenuo. _ "" . ' ' ' ' I | Mll » I H I . I fI t .. ,- Dunque senz'altro all'argomento. I. Le rabote. Correva 1' anno 1847. Una mattina, tra le undici e il mezzodì, Monsignor Nazario Stradi, uscendo del duomo, avea trovato quasi sbarrata la piazza, dinanzi al caffè della Loggia, da numerosi crocchi di contadini che parlavano tra loro con voci alte e gesti relativi. Monsignore grugnì un largo largo, li guardò con l'occhio bieco; e, fermatosi un momento dinanzi alla farmacia sull'angolo di Piazza : Che cosa vogliono que'bertoldi? domandò all'amico speziale. — Come non lo sa? rispose questi, sono i contadini di Bellai, hanno fatto una congiura, e non vogliono più prestare le solite rabote al conte, e vengono qui per trovare un avvocato che sostenga le loro ragioni. — Oh oh ! bertoldi ! mormorò monsignore ; e con la politica del fuge rumores infilò la Via del Porto. In mal punto lo fermò un popolano; e: A che ora comanda che ci troviamo in chiesa? gli domandò umilmente. — Per che cosa ? Oh! non lo sa? pel battesimo. — Ed è questo il luogo? 1/ altro invelenito : il luogo, rispose, io non lo posso mutare; è lei che non mi ha dato retta adesso adesso; e per poco non mi ha sbattuto l'uscio della sagrestia in muso. Monsignore, una buona pasta di uomo in fondo, quando trovava duro, allentava subito la scotta, e: Sì, caro, rispose, dopo vespero, alle quattro alle quattro. Salutatemi la comare. — Reverendissima, siamo intesi. — Mesoni .... Bertoldi .... bertoldi. I contadini intanto aveano preso una decisione; e si recavano uniti giù per la Yia del Belvedere dal loro uomo di fiducia : il dottor Francesco de Combi. Che cosa diavolo avevano pel capo que' poveretti ; e come mai sentivano spirare anticipatamente su pei loro monti le aure del quarantotto? Infelicissimi! non ne potevano più. La condizione loro era ben triste; le imposte, o come le chiamavano, i franchi (memoria della dominazione francese) sembravano insopportabile carico alla loro miseria ; le pretese del signor di Sellai crescevano ogni dì, gravissime le rabote. Donde è derivata mai questa parolaccia? Se 10 fossi un filologo sullo stampo del mio maestro di rettorica a Portogruaro, vi direi subito che come oves viene da uova e stivali da isti valent ; così rabote viene da rabi o raboni, che in ebraico vuol dire maestro e donno; o meglio da ralies, perchè davvero eccitavano una maledetta rabbia in chi doveva prestarle; ma siccome io questa scienza non ho, così apro un concorso linguistico, e corra il palio chi vuole. Probabilmente sarà parola di qualche vecchio dialetto istriano, od anclie slavo ; chè per nulla al mondo vorrei incorrere nello postume ire di monsignor Giorgio, 11 quale a quest'ora sarà occupatissimo nella cancelleria dei santi Cirillo e Metodio, a mettere gli accenti circonflessi su tutti i nomi e cognomi slavi, registrati italianamente da san Pietro negli schematismi del paradiso. E fu davvero una vecchia piaga di tutta l'Istria interna, e specie del contado di Pisino, questa delle rabote. Già fino dal 1605, per mano di monsignor Antonio vescovo di Pedena, gli Slavi si lamentavano in italiano „ che non si permette che gli sudditi possino testare et disponere de loro miglioramenti ; e che li loro figlioli et parenti, ch'hanno ajutato anco a fabricare case e coltivare campi, venghino privati de lor paterne case. Item che V urbano prohihisce che niuno suddito in alcun modo possi vendere, o alienare qual si voglia terreno. Altrove, che per ogni loro debito benché minimo, il signor capitano gli facci incarcerare, et porre in fondo de torre, et mandi il gastaldo con gli sbirri a levar gli pegni, e a spogliare le loro capanne, et fare così molto maggiori spese di quell' importa il capitale ecc. ecc. ecc. Chi vuol saperne di più, legga l'aureo volume: Note Storiche ecc. del De Franceschi (pag. 417 passim). Dopo una breve consulta adunque que'poveri contadini decisero di mandar su una deputazione dall'avvocato, che sapevano per prova uomo giusto e saggio ; gli altri rimasero nell'atrio e sulle scale con l'intenzione, occorre dirlo ? di cacciarsi poi alla spicciolata nello studio, finché ne potesse capire. Nicoletto, il segretario fedele del dottore, se ne stava nel vano di un vecchio scaffale rosicchiando la penna d'oca con la quale avea allora allora finito di scrivere una lettera all' amica ideale. Vista entrare quella masnada: che cosa volete, chi siete? domandò mezzo spaventato. — Dottor . . . c' è dottor ? Benché illustri esempi potrebbero indurmi a tentare la prova, pure non ho il coraggio di farli parlare con uno stile troppo realistico in quel qualsiasi italiano. — No; ma verrà subito, disse Nicoletto. Di che paese siete? — Di Lupoglavo per servirvi. — „Ah!Ah! sotto la contea, capisco, capisco," soggiunse Nicoletto, famoso geografo, statista ammirabile, „già già . . . piccolo paese . . . duecento abitanti . . . circa . . . circa ... e voi altri? — Di Lanischie. — Già, già . . . trecento abitanti ... Oh oh! ... E che cosa volete? — Giustizia vogliamo, urlarono tutti assieme. — E anche voi, Nicoletto, soggiunse poscia il più vecchio ; scrivete bene, copiate pulito e avrete 1' agnello. — Oh ! io non voglio niente . . . piuttosto . .. sì . . . Voi altri andate a Trieste? — Sì, no ; sì ; domani va mio nipote a vender agnelli. Volete qualche cosa? — Bene, allora prendete questa lettera, mettetela in posta, nella buca, sapete dove è la posta? a sant' Antonio nuovo. — Diavolo se lo so ! Non abbiate paura, Nicoletto, parola di galantuomo, domani vostra lettera è in buca di Sant' Antonio. Nicoletto tutto contento, perchè la sua lettera dovea capitare così di certo in mano dell'amica ideale, si diede una fregatina di mani lunga lunga, torcendo il collo ; e poi alzò con la mano sinistra il bavaro della giacchetta ; e, cacciando la bocca fino nella tasca da petto, per non farsi scorgere da que' villani affamati, abboccò nn grosso pan giallo ; e ogni tanto con le ganasce piene borbottava : Gliela ho fatta alla signora, gliela ho fatta. E la lettera va, e l'amorosa c' è ; e se la signora padrona ci ha rabbia, mangi l'aglio . . . già, è tutta rabbia che la fa parlare. In quella entrò il dottore e ... Un momento, tm momento. Oh ! qui qui i colori più vivi della povera mia tavolozza per dipingere il dottor Combi poeta, letterato, cuor di cesare, galantuomo, amico degli amici. Veniva innanzi allegro e contento, con quel suo viso ilare e dignitoso insieme, con P ampia fronte serena, sbarbato, pulito, gentile, con le mani espanse e gli occhi tranquilli, come in atto di dire al cielo „cP altro non calme." E Come era contento, come sorridente quella mattina ! Si avvicinava la gran settimana, la settimana santa ; ed egli avrebbe potuto collocarsi nei migliori punti della città per vedere la fuga dei lumi della grande processione ; e cantare agli uffici dei reverendi padri cappuccini le lamentazioni di Geremia, scongiurando con le note più basse, rivelatrici di santa indignazione, le figliuole di Gerusalemme a convertirsi subito subito al Signore ; e ricamandoci sopra tutte le possibili fioriture dello stile rossiniano. Oh ! benedetta e gialli, con due folte sopracciglie ; e che gli espose con storpiate ma efficaci parole il motivo della loro venuta. Povera gente, povera gente! Il conte non lasciava loro pace nè giorno nè notte. Quasi ogni santo dì della settimana obbli-jgati a correre fino a Pisino, a Montona, a Portole, per recare lettere e messaggi. In sul più bello lei lavoro dei campi al signor conte gli veniva il ticchio di chiamarli in trenta, quaranta a scavare un fossato, a inghiaiare una strada, a pulire il cortile del castello. Bisognava abbandonar lutto e correre a servirlo, se no legnate e prigione. E il fattore, e i servitori peggiori dei ladroni. Non contiamo poi i pizzicotti e le mezze ncie alle contadine. Neanche le loro mogli e figliuole erano sicure di potersi recar in pace a pregar Iddio la domenica in chiesa. L'ultima settimana poi tutti in una volta erano stati chiamati in castello ; e aveano dovuto lavorare lavorare, e mangiar male, e sentir rimproveri, e poco pane, e calci tanti, ma tanti, quattro dita sotto la schiena. E perciò tutti si erano sollevati, e quella mattina invece di tornar in castello erano venuti a Capodistria a protestare, a gridare e a sentire il parere del buono e bravo dottore che tante volte li avea aiutati, e : c' è giustizia finalmente a questo mondo, conchiuse il vecchio dai bianchi e gialli capelli alzando le braccia con le mani tremanti per la commozione; e vogliamo giustizia; e se no, scrivete, dottore, che siamo tutti pronti a dai- fuoco al castello, e andar tutti sulla forca, dopo aver impiccato il padrone. E il dottore, commosso anche lui, e non ricordando a qual pericolo si esponeva nell'anno di grazia 1847, non ascoltando che il suo cuore di poeta, e di avvocato galantuomo (due epiteti che non sempre si possono avvicinare) in un impeto lirico : bravi, esclamò, battendo il pugno sul tavolo, avete fatto benissimo. Scriverò io subito alle autorità, e faremo una bella protesta. Nicoletto, scrivete. — Dunque, dottore, esclamò il vecchio, voi dite che abbiamo fatto bene ? — Benone, e saldi. — E non dobbiamo più andare in castello? — Niente in castello. — E se ci chiamano a rebote? — Niente rebote ! E se il signor conte manda i suoi sgherri dateci una mano di legnate. — Bravo dottore, una mano di legnate urlarono cinquanta bocche. — Cosa ha detto dottore? domandavano i rimasti fuori dell' uscio. Giustizia e legnate. Giustizia e legnate. La parola d'ordine passò di pianerottolo in pianerottolo giù delle scale fino nell'atrio e in istrada. Giustizia e legnate risuonava per l'atrio e nella Via del Belvedere. I contadini non vollero di meglio. Raccomandato l'affare all' avvocato, tornarono contenti a casa, dopo aver suggellato i patti con un bicchiere di refosco, allora ! nelle osterie di Ponte. E se il conte li volle ai soliti lavori, dovette invocare la pubblica forza. L'avvocato poi, se avea consigliato la rivolta, per modo di dire, nel furore poetico, anche avea dato la sua parola di occuparsi legalmente della causa degli oppressi ; e vi ci si mise con impegno, facendo vedere con la sua buona tabella che il signor conte avea abusato de' suoi diritti, e che giustìzia doveva essere fatta a quei miseri. Ma così non la pensarono certi preposti alla publica cosa, che, fiutata nei malumori degli Slavi una bella e buona sedizione destata dall'avvocato, gli intentarono con tutte le regole un processo. Ma venne il quarantotto ; e allora il tempo, buon pagatore, diede ragione agli oppressi; il popolo respirò, e la cosa fu messa in tacere. Pochi anni dopo quegli stessi contadini quieti quieti a due a due tornarono in città, beati e contenti che una buona volta giustizia fosse stata fatta anche a loro ; e nessuno tolse ad essi dal capo che la provvida legge dell'esonero del suolo non fosse una trovata di quel bravo e buon dottore che avea saputo così energicamente trattare la causa dei contadini. E tutti poi si recavano dal signor Pietro Favento, altro bravo e buon uomo, che ascoltava le loro ragioni, indicava pazientemente tutte le pratiche necessarie ; e, tra una suonata e l'altra di violone, inseriva a protocollo i nomi dei nuovi proprietari esonerati dai feudali servigi. Così anche le rabote sparirono, dopo tanti secoli di servitù, dalle campagne dell'Istria. Rammentino oggi i nipoti degli ammutinati di Lu-poglavo e di Lanischie e ville finitime da qual parte venissero loro conforti ed ajuti nei giorni della prova. Se non gli accenti circonflessi, i punti sui ì gli hanno messi gli avvocati italiani; quando probabilmente certa gente, che oggi vorrebbe alzare il mestolo, o teneva il sacco, o si chiudeva ìli un prudente silenzio profondendo inchini ai signori conti e baroni ! ! Ed io mi ricordo di aver sentito uno di que' vecchi slavi dai capelli bianco gialli e dalla faccia rugosa, ripetere a' suoi figliuoli: Studiate, studiate, e imparate a leggere talian. Che cosa abbiamo a fare noi del croato del nostro maestro? A voler giustizia, bisogna parlar civil. — Ecco il buon senso paesano che parla ! Così finì anche la faccenda delle rabote. E quelle care macchiette ? E Nicoletto, e Monsignor Stradi e il dottore? Del primo, non so; ma gli altri due itibus*), diceva quel pievano. Così tutto passa, tutto finisce quaggiù. Monsignor dorme in Canzano ; il dottore riposa lontano lontano ; „Ed abbiam sì vicino il campo santo!" Ma il dottor Francesco de Combi onore dell'Istria e delle lettere italiane, vive e vivrà lungamente ne' suoi scritti, e vive e vivrà negli scritti e nelle virtù del figlio, che, dopo tutto è 1' opera più bella di lui. Peccato che di questa non si potrà più fare una seconda edizione ! __p. t. *) Anche il povero Nicoletto itibus. N. d. E. PUBBLICAZIONI La nuova cascina di Villa di Villa, (associazione cooperativa sistema svedese). Relazione al Municipio di Mei, con appendice: Cronaca del Castello di Zumelle — Statuti ed Atti di varie Cascine e della Società Prov. Bellunese per il Commercio dei prodotti del Latte-Cenni sui forni cooperativi lombardi pei contadini ecc. ecc. di G. B, Bellatti. — Peltre, premiata tipografia Panfilo Castaldi 1882. (Vendesi a beneficio dell'Orfanotrofio Sperti). Di questo nuovo lavoro dell' istancabile ed egregio amico nostro, Nane Gastaldo, ne riparleremo tra poco difusamente. È uscito „L'Archeografo Triestino" fascicolo III e IV — Marzo 1882. Contiene : L Istria sino ad Augusto, Dr. Bernardo Benussi. — Monete inedite o rare di secche italiane. — III Correggio (Cont.) Carlo Kunz. — Le terme di Monfalcone prima dei Romani Pietro Dr. Pervanoglù. — Regesto delle pergamene conservate nelV Archivio del Reverendissimo Capitolo della Cattadrale di Trieste (1401-1431) (Cont.) Don Angelo Marsich. — Lettere del Doge Andrea Contarmi e del Capitano Generale Domenico Michiel (1368-1369). GB. di Sardagna. - Bibliografia. ALberto Puschi. — Di Santo de' Pellegrini e di Blenghio de' Grilli, lettera a Carlo Combi. Attilio H'irtis. — Alcune nuove iscrizioni miliarie del Friuli. Vincenzo Dr. loppi. — Annunzi reciproci. Il prof. Combi ha condotta a termine la sua opera critica dell' epistolario di Pier Paolo Vergerio il seniore da Capodistria, illustrata da una biografia dell' tilwstTe-" umanista. Le terme di Monfalcone prima dei Romani. È una memoria dell'egregio Dottor Pietro Pervanoglù, raccolta in opuscolo dall' „Archeografo triestino." La Provincia ha fatto altra volta parola degli scritti di questo autore. Nella memoria qui annunziata il Pervanoglù espone con la solita chiarezza e copia di erudizione tutto quanto può far couoscere 1' antica origine di quelle importantissime acque termali, le quali possono stare alla paro con quelle di Santo Stefano, e che pur meriterebbero di venire illustrate dagli storiografi come lo furono più volte da valenti chimici nostrani e stranieri. Varietà Antiche opere istriane ignorate Ordini di cavalcare di Federico Grisoni giustinopo-litauo. Pesaro, Vercelli, 1584. Della vecchia e nuova medicina di Giovanni Bratti giustinopolitano. Vercelli, 1577. La coltivazione delle viti di Pietro Vittori giustinopolitano. Venezia, 1625. Maniera per investigare le longitudini di Silvio Belli da Capodistria. 1762, Fforeuza. Descrizione del porto e della città di Pola, delle antichità di essa e della pesca del tonno, fatta dal i Cavaliere Antonio de Ville. (Da vecchi spogli capodistriani).