ANNUARIO 4-..> w DELLO ■ * 'S - 5 I. R. CINNAS10 Dl CAPODISTRIA Anno scolastico 1912-1913 ,a Celso Osti, Melchior Cesarotti e la sua versione poetica deli’Iliade. Notizie scolastiche, compilate dalla Direzione. TRIESTE Stab. Tip. L. Herrmanstorfer 1913. t68MhH - - && * >> Ufe - ,.:-v i . .‘1 -r ü ž , fc I' ..; . 1 , ^r - U fi’ »?V S1SI11 ’Jli " -'. ® S ., |§ jS i« tr'-^ i? <• ft . Ä^1 v.*r ^tv --;- ylv SR®*5®* ■•v. - *1 I I| | ; \4f£: \ 4- :~i g , r ^ p« .v - | mm 11 1 - 1 fe ; ÖSl IM I ;' ,J3' ^ ANNUARIO DELLO I. R. GINNASIO SUPERIORE D I CAPODISTRIA Anno scolastico 1912-1913 Celso Osti, Melchior Cesarotti e la sua versione poetica deli’Iliade. Notizie scolastiche, compilate dalla Direzione. TRIESTE Stab. Tip. L. Herrmanstorfer 1913. Editrice la Direzione deli’ i. r. Ginnasio. CELSO OSTI MELCHIOR CESAROTTI e La sua versione poetica deli’ Iliade. & I. Lo spirito classico, che nella prima metä del cinquecento aveva finito col trionfare tra noi nell’ arte e nella vita, deve giä nella seconda meta del cinquecento sostenere le piü fiere battaglie contro il razio-nalismo che si faceva innanzi sempre piü baldanzoso e che nel secento ha causa vinta. A tale crisi dell’ ideale classico distrutto dal progrediente razionalismo, frutto del Rinascimento, si da il nome di contro-versia fra gli Antichi e i Moderni. A ben considerare i fatti che costi-tuiscono la storia della nostra letteratura, si trova che gran parte di essi puö spiegarsi come una serie di accordi e di contrasti dalle origini fino ai giorni nostri tra due elementi diversi, cioe tra il classicismo e lo spirito neo-latino formatosi nei secoli che corsero dallo sfacelo del-1’ impero romano alla formazione del popolo italiano. La questione quindi per la supremazia degli antichi sui moderni che arse nel secento e fu dibattuta accanitamente nel settecento, si puö dire che fosse latente gia fin dal tempo ehe; le opere della nuova arte volgare si contrap-posero a quelle dell’ antichitä classica. Difatti per non risalire fino al contrasto tra la persistente latinita e le lingue neolatine e alla guerra e poi agli accordi tra la civiltä pagana e le idee cristiane, chi piü moderno di Dante nella Divina Commedia sia per la materia tutta me-dievale presa dal popolo, sia per il modo onde artisticamente la foggiö, sia per la lingua di cui si valse ? chi piü del Petrarca nel suo Canzoniere, le cui rime derivano tutte dal dolce stil nuovo e dalla poesia proven-zale, e nei suoi Trionfi che provengono dalle idee e dalle figure medie-vali ? Certo le noveile del Boccaccio, si per la sostanza che per la forma non hanno precedenti classici, ne si puö dire che il poemetto narrativo che appunto col Boccaccio incomincia a salire agli onori dell’ arte, in cui la cavalleria .medievale ha tanta parte, se anche 1’ antichita gli porge, attraverso il Medio Evo, qualche nome, venisse imitato dali’Iliade, dali’Odissea o dali’Eneide. Son forse derivate dai classici le laudi, i serventesi politici, le ballate, il sonetto, Ja canzone, le Saere rappresentazioni, i cantari in cui si celebravano in ottava rima i cava-lieri e le imprese di Carlo Magno e di re A rtu ? Ne molto diversa da questa fu 1’ arte di quei liberi ingegni che, nei secoli posteriori, ebbero per duci e maestri i tre grandi del trecento — da cui erano stati prodotti si splendidi esempi di spontanea fioritura — o nobilitarono le libere invenzioni del popolo. Ma venne il Rinascimento con 1’ arte sua sedu-cente e lusinghiera in cui si tentö d’ imporre ali’ Italia come lingua let-teraria comune il latino e una letteratura tutta d’ imitazione classica, alle opere del trecento contrapponendo quelle antiche e vantandole come esemplari da doversi imitare senz’ altro ; venne il classicismo acca-demico a gravare come una cappa di piombo sul libero svolgimento deli’ arte nostra con la sua critica pronta sempre a distribuir lodi a tutto ciö ehe era plasmato sui moduli classici e biasimi ai lavori ehe dali’ imitazione di quelli si allontanavano. Tal sorte toceö, per non parlar d’ altri, alTAriosto e al Tasso, le cui opere suscitarono polemiche vivaci e rabbiose. Omero e Virgilio, Sofocle ed Euripide, Plauto e Terenzio, Cicerone e Tito Livio furon sempre dalla critica citati a rim-provero di quelli che s’ attentavano di far alcunche di diverso dalle forme greche o latine.1) Nel 1620 Alessandro Tassoni, spirito bizzarro, ma ingegno libero e spregiudicato, ai suoi Pensieri — opera piena di curiosita scienti-fiche e letterarie, dove in mezzo alle tante eapestrerie e ai paradossi si trovano novitä meravigliose e grande libertä di giudizio su materie letterarie — aggiunse un libro, il decimo, dove per il primo institui un raffronto sistematico, gia innanzi aceennato qui e la, tra la civiltä degli antiehi e quella dei moderni ; ai quali, da partigiano fervente quäle si mostra anehe nella Secchia rapita, assegnö la supremazia in ogni arte e in ogni scienza, concludendo ehe era quindi un errore attingere ali’ an-tichita. La questione fu portata agli onori della teoria filosofica tla Francesco Bacone (+1026) che sentenziö : Quella ehe noi diciamo Anti-chita non e ehe la giovinezza del mondo : il tempo moderno quindi rappresenta 1’ etä matura.2) II Pascal di li a poco svolse lo stesso concetto ed affermo : Noi siamo gli Antiehi, perche di etä piü adulta e ricchi di tutta 1’ esperienza e dottrina ereditata dalle generazioni precedenti; gli Antiehi invece sono i Moderni, cioe 1’ infanzia della civilta ; non v’ ha dunque ragione 1) G. Mazzoni — L’ Ottočen to, pag. 20ti e 207. 2) G. Finsler — Homer in der Neuzeit von Dante bis Goethe etc. (se ne discorre piü innanzi), Teubner, Berlin, 1012, pag. 170. che siamo a loro sottomessi.1) II Cartesio ed altri filosofi negarono 1’ utilita dello studio sui classici greci e latini. Dopo le audaci conclu-sioni del Tassoni la polemica divampö in Francia e in Inghilterra, dove molti erano i ribelli innovatori che sostenevano la causa dei Moderni contro i cattedratici veneratori di Atene e di Roma, che indignati ri-spondevano vivacemente ai detrattori dell’ antichitä classica. Fra i molti francesi contro il Desmarets, odiatore dei classici, insorge il Boileau che nella sua Art poitique, codice della cultura estetica umanistica combinata col razionalismo moderno, celebra il dominio della ragione su qualunque altra considerazione, affermando che „la raison, dčpartie a tous, est en nous la faculte superieure dominatrice et directrice des ämes, douee specialement de la propriöte de discerner lc vrai du faux. Toutes les pensees et les expressions des pensees doivent avant tout satisfaire la raison.......................Raison, verite, nature, c’ est tout un.“ 2) E perche gli antichi seppero metter in pratica i dettami della ragione, toccarono appunto le vette della perfezione : „Ils sont grands, parce qu’ ils sont vrais ; ils ont su voir, ils ont su rendre la nature. Et c’ est la nature reconnue dans leurs oeuvres, qui nous ravit................. L’ immortalite de leurs oeuvres garantit 1’ excellence de leur methode. Donc 1’ antiquite c’ est la nature ; et imiter 1’ antiquite, c’ est user des meilleurs moyens que 1’ esprit humain ait jamais trouves pour exprimer la natur en perfection.“ 3) Di contro a lui sorgono, partigiani dei Moderni, Pietro e Carlo Perrault. II primo nella prefazione della Secchia rapita da lui tradotta lancia i suoi strali contro gli antichi e da qualche bottata anche al Boileau ; Carlo nei suoi Paralleles des anciens et des modernes sostiene : „la loi de 1’ esprit humain, c’ est le progres ; dans les arts, dans les sciences, nous faisons mieux, nous savons plus que les anciens ; donc dans 1’ eloquence aussi et dans la poesie, nous devons leur etre superieurs. Les anciens etaient des enfants en tout ; en tout, les modernes representent la maturite de 1’ esprit humain.“4) Passata in Inghilterra, la polemica vien dibattuta da una parte dal Shaftsbury, dal Pope, da Roberto Wood, dal Dryden dal Went-worth Dillon, da Giovanni Sheffield e Abramo Cowley, tutti veneratori dell’ idolo clas-sico ; dall’ altra da Guglielmo Wotton, dal dotto Bentleio e dallo Swift, seguace del Perrault.6) *) Ma/./.oni-1 ’avolim — Letterat.ure straniere, Firenze, Barbera, 1906, pag. 410. 2) G. Lanson — Histoire de la Littörature Fran§aise, Paris, 1909, pag. 501. 3) G. Lanson — Op. eit., pag. 503. 4) G. Lanson — Op. eit., pag. 597 e 598. 5) G. Mazzoni — Le origini del romanticismo in N. Antologia. Anno 1893, fase, del 1° ottobre, pag. 398. Gran parte dei colpi tirati contro gli antichi cadevano sul „poeta sovrano“, su Omero, quasi come incarnasse in se tutta 1’ arte antica. Per non parlare del Poliziano che dichiara Omero inferiore a Virgilio, di Giovanni Pontano, di Francesco Florido Sabino, primo a rimpro-verare arditamente Omero di molti e gravi difetti, fermiamoci un po’ a sentire 1’ opinione di Ortensio Lando (1512—1553 ?), uno degli „sca-pigliati della letteratura del cinquecento.“x) Criticati nei suoi Para-dossi acerbainente gli scrittori antichi e moderni, se la piglia anche lui, come farä piü tardi il Tassoni, con Omero : „Ft a cui non sono moleste „quelle t.ante ambasciate fatte sempre con le medesime parole ? Come „potete sofferir pazientemente tante sue inettie ? Minerva haver gli „occhi hör di bue, hör di civetta ; introdurre i cavalli di Acliille a favellar „col suo signore ; lodar i Greci di esser bcn instivallati e tali' hora „d’ haver la chioma lunga.“2) Lo Scaligero nella sua Poetica (1561) lo pospone a Virgilio, dicendo che lo stile del greco e piombo rispetto all’ oro dell’ altro ; Omero e un ciarlatano di piazza, e la mole rozza e indigesta dell’ ovidiano (Jaos. Francesco Patrizi, scrittore e filosofo, trova che la favola dell’ Iliade e viziosa nel soggetto e sparsa di episodi sconvenienti quanto ai caratteri e alle azioni di Dei e di uomini : „i vacui del poema sono riempiuti di mangiari e di ragionari perpetui“. Se Omero con tali e tanti difetti superö la morte e 1’ invidia, e piuttosto colpa altrui che suo merito. 3) E nella favola dell’ Iliade che, secondo lui, altro non e che „uno sdegno di un barone preso contra ad un suo re; ed un dolore preso per la morte d’ un amico“, trova „sconvenevolezze“, „indegnitä e sceleranze“, „bassezza e riso“ ;„infami e scelerati“ gli Dei Omerici. 4) Paolo Beni, dotto professore di eloquenza a Padova, bat-tagliero, lo dichiara inferiore all’ Ariosto e al Tasso ;6) il Tassoni, dopo averlo preso di mira giä nell’ edizione del 1612 e deriso nel IX libro de’ suoi Pensieri per 1’ arte medica, lo attacca violentemente in quella del 1620 e ne biasima le ciance vane, la goffissima pecoraggine, le scempiezze e le sordidezze, asserendo che Omero componendo a caso, se mai disse nulla di buono, lo disse a caso. II piü acerbo, il piü 1) A. Graf — Attraverso il Cinquecento, Torino, Loescher, 1888, pag. 45 e 46. 2) Giornale Storico — Vol. XXIX (fase. 2-3), pag. 48G e 487. 3) I/ Iliado ossia La Morte di Ettore, poema omerico ridotto in verso ita- liano, dali' abbate Melchior Cesarotti, edizione corretta ed accresciuta dali’ aut oro, Torno 1 (contiene : Ragionamento storico-critico). Tn Venezia, 1803, presso Giu-stino Pasquali q. Mario. — Con privilegio. 4) Dell' Arte poetica, 11 p., 1. VII, I58(i. ß) I. E. Spingarn — La critioa letteraria nel Rinascimento, Bari, Laterza, 1905, pag. 119. irriverente verso Omero fu Benedeito Fioretti : chiama Omero omicida del decoro, distruttor del costume, cicalatore noiosissimo, e lo accusa di aver condotto a morte la vera arte. Giovanni Desmarets de Sain-Sorlin nel Traiti des Poetes grecs, latins et fran$ois (1670) da del chiacchie-rone, del villanzone, dell’ immorale a Omero. Antiomeristi furono pure (lue altri francesi, precursori del Wolf, 1’ abate D’ Aubignac e 1’ abate Terrassen ; il primo colle Conjectures academiques (1715) e il secondo con la Dissertation sur V Iliade (1715) negarono 1’esistenza di Omero e tentarono di dimostrare, senza riuscirci, che i due poemi omerici non solo non sono opere di un unieo autore, ma neppure ciascuna di esse e opera di un sol autore. II Terrasson, il piü agguerrito, il piü formida-bile di tutti i censori, nega a Omero anche 1’ eccellenza della versifi-cazione e 1a. superioritä dello stile ; ciö che gli avevano accordato anche i piü severi antiomeristi, tra cui si possono nominare ancora il Saint-Evremont, con cui la questione dalla Francia passö in Inghilterra, il Perrault che non risparmia Omero ne nel suo poema 11 Secolo di Luigi XIV e neppure nei dialoghi che sono il commentario del suo poema ; il Fenelon, 1’ ab. du Pons, il Saint-Hyacinthe, il Marivaux, che parla di Omero con acrimonia e disprezzo e fa una parodia burlesca deli’ Iliade per esporlo al dileggio e al ludibrio, ed altri ancora.1) Anche i Dialoghi ') Chi vuol saperne di piii eonsulti : H. Rigault — Histoire de la quereile des anciens et des modernes, Paris, 1859 ; M. Cesarotti — L' Iliade ossia La Morte di Ettore, op. cit., Tomo I (Ra-gionamento storieo-critico) ; Georg Finaler — Homer in der Neuzeit von Dante bis Goethe — Italien — Frankreich — England — Deutschland, B. Teubner, Leipzig und Berlin, 1912. Buon libro di consultazione quest' ultimo, per quanto incompleto e non sempre esatto. Fra le traduzioni italiane deli' Iliade ne furono dimenticate pa-recchie : quella di M. F. Gussano (I libro), Venezia, Comin da Trino, 1544 ; di Luiyi Groto (I libro), Venezia, Rocca, 1570 ; di M. Bernardino Leo da Piperno, Roma, Bartolomeo Toso, I üTi ; di G. B. Tebaldi, in ottava rima, Ronc.iglione, L. Grignani e L. Lupis, 1620; di Federieo Malipiero ; di F. Valez e Bonanno, Palermo, Bisogni, 1661; di B. Bugliazzini, in ottave, Lucca, Venturini, 1703; di G. del Turco, in ottava rima, Firenze, Stecchi, 1767 ; di G. Casanova, in ottava rima, il cui primo volume e del 1776, Modesto Fenzo, Venezia; di G. Ceruti, in versi sciolti, Torino, Giammichele Briolo, 1787-89 ; di F. Boaretti, in ottava rima e in dialetto misto, Venezia, 1788 ; di L. Mancini, in ottave, Firenze, Piatti, 1813-18; di E. Fiocchi, in ottave, Milano, Sonzogno, 1816; di M. Leoni, Torino, Chirio, 1823-24; di A. Vcrri, (L’Iliade compendiata in prosa) 1789, come desumo dali'Epistolario di G. R. Carli, di cui sta preparando la pubblicazione il Dr. G. Vidossich insieme con chi scrive queste pagine. — Non 6 vero dunque che al Salvini „bleibt der Ruhm, Italien die erste vollständige Übersetzung in der Landessprache gegeben zu haben“ (pag. 96) ; come pure e errato il dire che: „Neben ihm (Salvini) sind in Florenz Lazzarini und der Dichter der Merope, de’ Morti (1683) del Fontenelle e La Battaglia de’ libri di Gionata Swift (1667—1745), pubblicata nel 1704, mostrano chiaramente che le dispute si raccoglievano intorno a Omero, che aveva perö i suoi strenui e ag-guerriti campioni netJa numerosissima schiera degli Onierolatri tanto in Italia, quanto in Francia ed Inghilterra. Fra i suoi dialoghi il Fontenelle ne ha uno, il quinto, dove fa parlare Omero ed Esopo. Sentia-moh : Esopo, domandato a Omero se avesse mai preteso di nascondere dei gran misteri nelle sue opere ed avutane risposta negativa, gli os-serva che tutti i dotti trovavano le piü belle allegorie nell’ Iliade e nell’ Odissea e credevano che tutti i segreti della teologia, della fisica, della morale e persino delle inatematiche fossero rinchiusi nei suoi scritti e s’accordavano nell’affermare che „vous aviez tout su, et tout dit ä qui le comprenoit bien“. Omero gli risponde che 1’ aveva sospettato che si sarebbe trovato qualche segreto lä dove non c’ era. Allora Esopo meravigliato gli domanda che saiebbe di lui, se le sue favole fossero prese letteralmente. E Omero pacato : „He bien ce n’ eut pas ete un grand malheur“. Ma come ?replica Esopo sempre piü meravigliato; quello che canti degli Dei sarebbe mai stato buono senza allegorie ? E perche no ? ribatte Omero sempre ironico ; ,,L’ esprifc humain et le faux sympatisent exträmement“. Se tu hai a dire una veritä, farai benis-simo ad avvolgerla in qualche favola, perche piacerä molto di piü ; ma se vuoi dir una favola, per quanto 11011 contenga alcuna veritä, la farai piacere lo stesso. II falso penetra nel nostro spirito facil mente colle sue proprie sembianze. Se io avessi immaginato delle favole allegoriche, probabilmente la maggior parte degli uomini non si sarebbe curata deli’ allegoria credendo vera la favola ; „et en effet, vous devez savoir que ines dieux, tels qu’ils sont, et tout mystere a part, n’ ont point 6te trouves ridicules“. Esopo, a tale dichiarazione, pieno di paura, gli fa ca-pire che teme che gli uomini credano che le sue bestie abbiano parlato (lavvero, come fanno nei suoi apologhi ; giacche „si 1’ on a bien cru que les dieux aient pu tenir les discours que vous leur avez fait tenir, purquoi ne croira-t-on pas que les betes aient parle de la maniere dont je les ai fait parier?“ E Omero, sempre piü mordace e pungente : „Ah ! ce n’est pas la meme chose. Les hommes veulent bien que les dieux soient aussi foux qu’ eux ; mais ils ne veulent pas que les betes soient aussi sages“.1) Scipione Maffei, zu erwähnen“ (pag. 96); e non risponde al vero neppure que-8t' altra affermazione : „In Bologna lehrte l’aolo Brazolo“ (pag. 90). Paolo Brazolo, che era un ricco signore, non insegno mai iu'; a Bologna ne altrove ; altro ancora ci sarebbe da appuntare, ma basti questo. >) Entretiens sur la pluralitž des Mondes augmnentös des dialogues des morts. Par M. de Fontenelle. Nouvelle Edition a Marseille. Chez Jean Mossy, Imprimeur du Roi, de la Marine, et Libraire, au Paro 1780 ; pag. 158 e sgg. Lo Swift, ingegno originalissimo,' spirito causticamente ironico, per esporre al piü acerbo e fatale ridicolo Guglielmo Wotton e il dotto Bentleio, suoi avversari, ridendosela un po’ dei Modemi e un po’ degli Antichi, scrisse la Battaglia de’ libri, opera originalissima in ogni senso. In questa finge che il bibliotecario del re abbia voluto riordinare la biblioteca di S. James affidata alle sue eure; e ehe i libri, animati dagli spiriti dei loro autori, si sieno divisi in due partiti, antichi e moderni, e sia scoppiata tra loro una battaglia per la preminenza. L’ azione si prepara con le forme e con le macchine omeriche. Persino Giove e gli altri dei si interessano di si gran lotta. Dalle ingiurie passano alle vie di fatto e Omero, comandante della cavalleria, montato sopra un ca-vallo focoso, ehe egli solo poteva frenare, afferra Perrault e trattolo giü di cavallo lo slancia alla testa di Fontenelle facendo schizzar il cer-vello a tutti e due. Con tale suo lavoro critico lo Swift „diede una buona spinta „all’ ariete ehe batteva in breccia le mura deli' accademieismo classico ; „anzi, espugnate quelle mura, la torre centrale, 1’ idolatria omerica“. x) Omerolatri e antiomeristi combattevano dunque accanitamente intorno alla bandiera di Omero e discutevano anehe sul modo di tra-durlo. I primi, riconoscendone ed ammirandone le bellezze, sostenevano ehe bisognava renderlo parola per parola in una traduzione fedelissima ; i secondi affermavano ehe si doveva tradurlo rifacendolo e adattandolo al gusto del secolo XVIII ; da cio due sistemi di traduzione, ehe del resto si erano gia venuti deterniinando nel secento. Infatti nel 1642 Federieo Malipiero pubblieö a Venezia la sua traduzione deli’ Iliade2) „eonse-crata al serenissimo Francesco Erizzo prencipe della Serenissima re-pubbliea veneta". Nella prefazione intilolata ,,L’ autore al lettore“ fa aleune dichiarazioni degne di nota e iinportanti perche ci mostrano i suoi eriteri circa il modo di tradurre. Ohiama Omero „universale serit-tore di tutte le scienze“, filosofo, astrologo, medico, chirurgo e anato-mico ; lo ritiene grande „eonoscitore delle militari discipline, preclaro ed insigne oratore“. „E una fonte abbondevole che dirainö in ogni secolo 1’ acque delle sue invenzioni in tutti quei libri che piü eroichi e piü degni si veggano stampati nell’ universo“. Dopo di ehe passa ai suoi avvertimenti: „Avvertisco, a cui togliesse il Greco e il Latino per con-„frontare questa mia volgare composizione : ehe siccome trovaranno 1) (J. Mazzoni — Le origini del roman tieismo m N. Antologia, Anno 1893, fasc. del 1. ottobre, pag. 399. 2) L’ Iliada d' Omero trapportata dalla greca nella toscana lingua da Fe-derieo Malipiero nobile veneto. Libri ventiquattro — In Venetia, MDCXLII —■ Presso Taddeo PavOni. „1’ essenza tutta e la sostanza d’ Omero, cosi vedranno questo corpo „vestito d’ obiti da me fabbricatigli alla moderna, poiche lo tradurre ad „verbum una Greca, ovvero aiiche una Latina composizione sarebbe „un portar un corpo nudo, e svestito ; essendo ehe una sola parola la-„tina ed una sola anche greca litterale conterra tante parole, quante „noi volgarmente non potressimo (sie) farle capire in una linea tutta, „laonde bisogna per rendere Una traduzione corrente aggiustarvi molto „bene la penna ; e siccome una Rovere, ch’ e legno, ch’ a dl nostri serve „(come giä il Pino) a fabbricar le galee per se stesso nel bosco 6 albero „grande, forte, potente ; reciso anche per terra si vede massiccio, tenace „e frondoso, non di meno gli architetti, quando lo vogliono addrizzare „alla fabbrica d’ una nave, prima lo spaccano pe’ 1 mezzo, lo lavorano, „lo assestano sopra i modelli, lo incurvano, e lo aggiustano proporzio-„nevolmente con le misure a quel disegno ehe ridurre lo vogliono. Ecco „un autore o Greco, o Latino, o Spagnuolo, o Francese, o Germano, „egi’ e per se stesso singolare nel suo linguaggio ; ma s’ uno Italiano vo-„lesse ad litteram portarlo nella nostra lingua, ci parrebbe rozzo, in-„nordinato ed incolto, sebbene pero 1’ essenza del suo pregio sarebbe „sempre quell’ una. E necessario (senza pregiudicare alla sostanza) „portare nel Toscano i libri d’ este lingue, ma vestirli, ornarli e addob-„barli de’ nostri manti. Quest’e parte d’un valoroso traduttore ehe ve-„ramente non sia traditore“ (pag. II). Desidera ancora che chi legge faccia il confronto tra la sua traduzione e quella del primo libro in versi sciolti di Francesco Cussano, perche vedra „quanto di verso riesca „lo portare ad litteram (come fece egli il Cussano) le cose a vestirle di „cjuei tratti ehe le ponno render piü brillanti.............. io pure in prosa „sostenei al possibile lo stile, procurai farlo comparire nella sublimita „del suo gravissimo abbellimento" (pag. III). E piü sotto : „Asserisco „che da me sono tutte state canzate le parole Fato, destino, e simili „voci, perche siccome sono contrarie alla nostra Cattolica fede cosi io „non intendo mai scrivere che prostrato sotto le regole e ordjni di quegli „che reggono la nostra Santissima fede e Religione“ (pag. III). Dopo tali dichiarazioni ci si puö immaginare che traduzione possa esser uscita dalla penna del Malipiero, rigido osservatore di quei suoi principi sovra-esposti. Per farsene un’ idea basta leggere i primi versi della sua ver-sione. L’ invocazione che Omero fa alla Musa con tanta semplicitä ed austera nobiltä si risolve in una lungagnata gonfia e grottesca a Calliope e alle sorelle di costei. Sentiamo: „Io delibero scrivere la morte „o la rovina occasionata tra gl’ eserciti de’ Greci dali’ ira e dallo sdegno ,,d’ Achille, per la di cui ostinata volontä i primi Eroi, e Prencipi Greci „estinti restarono cibi delle Fiere, e degl’ Augelli rapaci. Caliope, e „voi di costei sorelle, che formando lassü un coro luoido e bello, e che „havete per frcgio lo somministrar sapienza ne’ Poeti io v’ invoco. „Precettate allo stile di questa mia penna quella fräse piu fac.ile ehe „possa servire a’ Lettori per bene intendere questi successi. Ispiegate „voi, Dive, la causa e la materia di queste rovine, ch’ io dispongo de-„serivere. Elleno senza dubbio originate furono dalle controversie nate „tra Achille ed Agamenone somrao Preneipe delli Greci. Quel nume poi, ,,ch’ eccitö e suscitö tante fiamme di iniserie non fu altri eh’ Apollo „figliuolo di Giove e di Latona. II nume permettente poi tante disgrazie „fu Giove medesimo Padrone, e dispositore delli Dei, altresi degF huo-„mini. Io dunque chiaramente sono per narrare tutte queste cose con „facile apertura a cui le leggerä, com’elleno successero. Apollo dispose „la materia della controversia nata tra Achille e Agamenone. Trova-„vasi a quei tempi un Sacerdote dello stesso Nume deli’ isola Orisa, „il quäle aveva nome Criseo, Padre d’ un’ unica figlia nubile la quäle „dal nome della Patria e del Padre fu chiamato Criseida. Gli Greci „distrussero Tebe e smantellarono gli luoghi vicini e tolsero questa fan-„ciulla e come degna della persona del re la offerirono ad Agamenone „nello dipartimento delle prede. Erano per disaprodare le Navi Greche „dagli Lidi distrutti e per veleggiare verso la Cittä di Troia, quando „Criseo, Padre della perduta Criseida accorse alle rive del mare carico „di ricchi Tesori per riscattare la donzella, havendo pregna (!) la destra „dello scettro d’ oro, vestito di mant-o reale, coperto delle corone e „Lauoreole d’ Apollo, s’ accostd a’ Greci, e supplico fra gli altri Aga- „menone e Menelao dicendogli“ :........x) Nel 1723 Anton Maria Salvini pubblico la versione deli' Iliade da lui fatta in versi sciolti. 2) Nell’ introduzione „II t.raduttore a’ lettori“, dove ci espone i suoi princip! direttivi sul modo di tradurre, di-chiara ehe ci tiene alla fedelta e ali’ esattezza. 11 detto di Orazio „Nec verbum verbo curabis reddere, fidus interpres“, bisogna inten-derlo „sanamente". Prega il lettore di non „dannare“ tutta una tra-duzione, se qui e lä trovera qualche passo non bene tradotto, qualche altro fedele, ma stentato e duro e forse oscuro ; perche son cose ehe accadono a chi „ama meglio d’ essere fido interprete ehe parafraste leggiadro“ (pag. II). E dopo a ver asserito ehe la litigua francese „per „la sua delicatezza e precisita e per aleune sue frasi, per dir cosi, con-„sacrate, non puo gran fatto tener il filo delle parole deli’ originale“ ‘) II Malipiero, adattando 1’ Iliade al gusto del wecolo XVII, apri la via al La Motte e al Cesarotti. 2) Anton Maria Salvini Iliade d' Omero, tradotta dali’ original greco in versi sciolti. In Firenze MDCCXXIII, Per Gio. Gaetano Tartini e Santi Franchi. Con licenza de' superiori. e che la lingua latina „per esser lingua fraseggiante, anziche no, e per „aver, diro cosi, un turno partioolare, e neeessitata a dilungarsi non „poco dalla semplioita e dalla naturalezza deli’ originale medesimo“, tessute le lodi della lingua italiana „cera cedente ad ogni figura ehe in lei si piacoia d’ imprimere“ (pag. IV), non „in se cosi fissa e ritrosa „ehe non riceva volentieri le manierc delle altre lingue e 11011 le faccia „sue copiosa di vocaboli, numerosa, sonora e nelle forme di dire „leggiadre ricchissima“, continua: „Laonde avendo io nelle mie „traduzionix), e dal Franzese, e dali’ Inglese, e dal Greco e dal „Latino, provando e riprovando, questa sua singolar dote osservata ; „anche le parole stesse, e colla stessa giacitura per lo piü ho rappre-„sentate ; e sommi ingegnato di poi'tar in essa, insienie eoi pensieri, la „favella eziandio ; e di fare una traduzione serrata, e nel medesimo „tempo, elegante, per quanto han potuto le deboli forze mie. Almanco „mi assicuro che avrä piü leggiadria la Poesia d’ Omero legata in versi „nostri, ehe sciolta in prosa latina ad verbum" (pag. V) 2). Finisee col dichiarare : „In tutto poi I10 seguitato il Poeta in ogni particolarita „ancor minima, ponendo e fissando i miei piedi nelle sue vestigie e „quasi con religiosa venerazione osservato ; affinche, senza esterni ed „alieni ornamenti, egli apparisea, quanto per me e stato possibile, nella „sua natural luce semplice e schietto, agli occhi de’ curiosi riguardanti“ (pag. VIII). Credette quindi di conservarsi fedele traducendo il voca-bolo greco con il vocabolo ehe vi corrisponde nel lessico italiano, senza curarsi se il vocabolo italiano aveva in se tutta la forza, la grazia, 1’ evi-denza di quello greco e ci diede, seguendo tali suoi principi, una ver-sione 3) ruvida, arida e fredda, in cui la bella immagine del poeta greco sviene del tutto e si scolora. Giudichi il lettore da questo saggio : Lo sdegno canta del Pelide Achille, O dea, funesto, ehe agli Achivi diede Infiniti travagli, e molte vite Generose mandö per tempo a Pluto ; Vite d’ Eroi ; e Ior fe’ preda a i cani. ') Oltro ehe a Omero diode veste italiana a Teocrito, Oppiano, Anacreonte, Esiodo, Callimaco, Nicandro, -Musen, Coluto, Trifiodoro, Arato ed altri poeti; in nitido ed elegante toscano voltö pure aleuni prosatori. 2) Forse alhide alla rozza versione letterale di Leonzio 1’ilato e a quella in prosa disuguale e malfida del Valla. 3) II Bettinelli nelle Lettere Virgiliane la consiglia come purgante. Difatti il E'racastoro, medico e poeta, fa questa ricetta : Purgante prontissimo. Recipe : Alcune cart« deli’ Iliade tradotte dal Salvini, mescolate con qualche Prefazione e Prosa fiorentina. E agli ucoelli del ciel. Gosi di Giove L’ alto immortal voler quaggiü si feo. Da che dapprima ebber ehe dire insieme Atride d’ uomini Rege, e ’1 divo Achille ; Qual dio tra loro atroce serezio mise ? U figliuolo di Giove, e di Latona. Poiche forte col Rc crucciato, ei spinse Per 1’ esercito Achivo un tristo morbo, Onde i popol morian ; perocche Atride I I sacerdote Crise rispettato Non avea ; ehe venuto era alle ratte Navi de’ Greei, a riscattar la figlia, Portando seco doni senza fine Per liberarla, e nelle man tenendo La ghirlanda d’ Apollo il saettante, Gon aureo scettro ; e supplicava i Greci Tutti, e massimamente i due Atridi, Ghe i popoli reggean col lor comando. Nel 1700 1’abate F. Serafino Desmarais, omerista, diede in eleganti e fioriti versi alessandrini la versione del primo libro del- 1’ Iliade, dove Omero fa la figura di un vero bellimbusto e appare quindi brutto. Madaina Dacier, la Pentesilea del partito omerico x), spinta dalle aspre critiche ehe il Perrault avea mosso ad Omero, ci diede la traduzione deli’ Iliade in una prosa fedelissima al testo greco „une lourde, honnete et respectueuse traduction“2), difendendo in una prefazione con inolto zelo e calore 1’ epico greco da tutte le censure degli avversari tanto per 1’ arte quanto per la morale. Di contrapposto a questa, Houdart- de la Motte, uomo di molto spirito, amico del Fon-tenelle e uno degli oracoli de! salotto di Madama de Lambert, penso di pubblicare (1714) la sua in versi, aiutandosi, poco esperto com'era del greco, con quella in prosa della Dacier. Fece troncamenti, varie alterazioni e sostituzioni considerevoli, corresse i caratteri degli .Dei, degli eroi, ritoccö i loro discorsi, attenuö la brutalitä delle loro azioni; insomma tolse tutto quello che poteva offendere il gusto e la morale del secolo XVIII. Conciata in tal modo, 1’ Iliade fu ridotta a dodici canti, dove Omero, perduta la naturalezza e la semplicitä dello stile e 1’ ingenuitä nell’ esprimer le passioni, appare veramente sfigurato. Vi prepose un’ ode, „L’ ombra di Omero“, dalla quäle possiamo desu- 1) Cesarotti Llliade ossia la Morte di Ettore, op. cit., Tomo I, pag. 236. 2) Lanson — Opera ;citata, pag. 640. mere il sistema dal poeta seguito nel suo lavoro di riduzione e di adat-tamento; „sistema il cui spirito - aggiunge il Cesarotti - puö con le de-bite restrizioni, e specialmente con piii di gusto, essere applicato anche ad una traduzione poetica“1). Confessione questa da cui trapela il pensiero e il gusto del Cesarotti circa il modo di rendere in italiano 1’ epico greco. Per di piü della libertä ehe si era preša nel tradurre, il de la Motte volle dar ragione col suo Discours sur Homere, in cui si rilevano i difetti del poema omerico e si espongono i principi e i modi rispetto alla teoria del tradurre i classici antichi adattandoli al gusto dei moderni. Questo discorso fu quello che diede sui nervi alla Dacier, tanto che „invasata dal nume di Omero“ nella sua opera Des Causes de la corruption du goüt, saetta i suoi strali eontro il „Pigmeo che vuol farla da nuovo gigante“, contro 1’ ignorante, il corruttore del gusto, il presuntuoso, il maligno, il sacrilego e lo confuta con molta aeredine. Houdart de la Motte ribatte con fine arguzia e molto spirito, moderato e urbano, sicche tutti convennero ehe la Dacier nella polemica aveva avuto la peggio. 2) II Bitaube, disperando di poter dare una versione di Omero esattamente fedele, trascinato dal gusto del secolo, ne pub-lilicö una libera, dove si conservano soltanto le principali bellezze ome-riehe ; pero si ricredette e nel 1780 diede una traduzione in prosa seru-polosamente fedele, che fece dimenticare quella della Dacier. T)ue dunque erano i sistemi adottati dai traduttori nel dar veste moderna ali’ epico antico : gli uni lo rendevano in una versione seru-polosamente fedele, gli altri lo traducevano rifacendolo e adattandolo con libertä eccessiva al proprio gusto e a quello del tempo. Quando poi si pensi che nel sec. XVIII imperavano la critica detta abusiva-mente filosofica e il sentimento, si poträ comprendere di leggieri come e perche i critici e i letterati del settecento, privi del senso storico, de-primessero le opere deli’ antichita e sbuffassero e arricciassero il našo dinanzi ai pretesi difetti di quelle, non comprendendo che tutto quanto nell’ opera antiea non rispondeva al loro gusto moderno si poteva spiegare e giustificare con i sentimenti e le idee del poeta antico e del tempo suo. Giudicavano, com’ e chiaro, applicando alle opere del passato i sentimenti e i gusti del presente ; e mentre eran nel giusto, quando affermavano ehe gli antichi, se fossero stati moderni, si sareb-bero espressi in un modo diverso da come aveano fatto, erravano poi nel ritenerli artisticamente inferiori ai modemi, sol perche nelle loro opere avevano espresso idee, sentimenti, pensieri ehe, se non andavano a genio a quelli del sec. XVIII, erano pero conformi ai tempi e alla 1) Cesarotti — Tomo I, op. cit., pag. 351. 2) Reflexions sur la critiquc, pubblicata nel 1716. civiltä in cui quelle erano nate. ß naturale quindi che tali critici e lette-rati trovassero molto da appuntare e deridere anche nei poemi omerici. Difatti molte son le cose che loro destavano disgusto : gli dei assurdi, troppo umani e viziosi non piaceva che prendessero le parti or per questo or per quello degli eroi che sembravan grossolani ; le idee della morale eran confuse ; troppi gli episodi e troppo lunghi; troppe ri-petizioni degli stessi epiteti; le azioni degli Dei sconce e ridicole ; troppe cose assurde nella religione, bassezze nei caratteri, incoerenze nei co-stumi ; ed altro ancora che vedremo piü sotto parlando dei Cesarotti. Lo spirito critico dei secolo, che su tutto raziocinava e con arguta analisi rivedeva le bucce al passato, portava a rinnegare 1’ antichitä, in cui dai pedanti tutto si credeva, con fede cieca e servile, grande e perfetto e di cui quindi molti erano schifati, e a desiderare eroi piü raziocinanti e piü sentimentali di quelli di Omero. Noiati ormai della natura ridente, del limpido azzurro dei cielo greco, della troppa de-terminatezza e precisione di linee nei poemi omerici, si sentivano presi dal desiderio del vago, deli’ indeterminato, dei misterioso ;1) volevano insomma per 1’ epica che il vecchio scenario si cambiasse per mostrare la natura selvaggia e disordinata, venti e bufere, tenebrose brume, lumi di luna, lemuri e streghe. Mentre dunque gli oppugnatori e i di-fensori di Omero si vilipendevano e si satireggiavano accanendosi in una lunga ed arruffata controversia in cui Omero veniva dagli uni esaltato, dagli altri biasimato e vituperato, da tutti nelle traduzioni torturato e sconciato, ecco il Macpherson dalle montagne nebbiose della Scozia sbrigliare il volo ai supposti poemetti epico-lirici di Ossian, antico bardo gaelico, rispondenti tanto per la forma quanto per la so-stanza al gusto dei moderni. 11 falso Ossian, nella traduzione in prosa poetica inglese inspirata al poeta scozzese dalla Bibbia, si presentava opportuno strumento di battaglia ai partigiani dei moderni che da tempo anelavano un Omero moderno per poter batter in breccia il falso idolo dell’ arte classica. Poche opere ebbero il successo dell’ Ossian e furono di si larghi e possenti effetti in tutta 1’ Europa. 2) A Venezia, dove era stato ehiamato (1762) per 1’ educazione dei figliuoli di Giro-lamo Grimani, il Cesarotti entrö in amicizia con 1’ inglese Carlo Sacke-ville da cui venne a conoscere alcuni frammenti di quei poemetti. Quäle sia stata la sua meraviglia e quanto il suo entusiasmo lo fa sentire la lettera da lui scritta al Macpherson col quäle volle porsi subito in cor-rispondenza: „Votre Ossian m’ a-tout a fait enthousiasm6“. Penso 1) Carlo Perraul t aveva messo in voga, dando loro forma letteraria, le no-velline popolari coi Contfs de ma mfere 1' Oye (1697). 2) G. Zanella — Paralleli letterari, Verona, Münster, 1885, pag. 154. tutto il giorno ai vostri eroi, bei figli clel eanto con cui sono sempre e dovunque in conversazione ; „et vos rochers couverts de chenes touffus „et de brouillard, votre ciel orajeux, vos torrens mujissans, vos steriles deserts, vos prairies qui ne sont parčes que de chardons, tout ce „spetacle grand et morne a plus de charmes ä mcs yeux que V ile de Ca-„lypso et les jardins d’Alcinoüs.“ 1) „La Scozia - continua - ci ha rivelato im Omero ehe non dormicchia ne ehiacchiera ; che non e mai ne gros-solano, ne noioso, ma sempre grande, semplice, rapido, preciso, eguale e variato.“ Nel seguito della lettera dichiara di trovare nella poesia ossianica finezza di disegno, un ordine delicatamente irregolare, rite-nutezza nei voli piü arditi, precisione costante e feconda, scelta deli-cata e giudiziosa di oggetti e di carattere. Tanta e talmente viva fu la sua ammirazione per quel falso bardo caledone che, imparato 1’ in-glese in breve tempo, pote giä nel 1763 darne in luce la traduzione in eleganti e sonanti versi, pubblicata dal Comino in Padova ; la quäle piacque immensamente tanto per la sostanza, del tutto nuova all’ I-talia, quanto per la forma ed ebbe grand’ efficacia sull’ arte del Monti, del Fantoni, del Foscolo, del Leopardi e d’ altri. L’ Alfieri da tale ver-sione, che egli ridusse con lunga pazienza quasi tutta a piccoli drammi, derivö, oltre il nerbo incisivo del verso tragico, non pochi modi e iinma-gini. „Questi furono, die’ egli, i versi sciolti che davvero mi piacquero, „mi colpirono e m’ invasarono. Questi mi parvero, con poca modifi-„cazione, un eceellente modello pel verso di dialogo.“ 2) II. Padova in quel tempo era un insigne e fiorentissimo centro let-terario che si poteva dire ancora „locupletissimum ac celeberrimum optimarum disciplinarum emporium“ 3), perche aveva un’ universitä, illustre per gli studi e il culto dell’ antichitä classica e di gran fama per gli insigni ed eminenti professori che vi tenevano cattedra, come il Vallisnieri, Io Stellini, il Caldani, il Sibiliato e il Toaldo ; di piü era sede di lin seminario vescovile dove pure prosperavano gli studi severi e seri e la venerazione per i grandi deli’ antichitä, „istituto il quäle „giustamente — diceva il Foscolo — porta. il vanto di avere, con 1) Epistolario di M. Cesarotti, Tomo I, Firenze, Molini, Landie Gorup., 181 J, Lettera V, pag. 10. ") G. Mazzoiii — lil biblioteca, Bologna, Zanichelli, 1886, pag. 101 e segg. 3) Cosi la chiainö il grande di Rotterdam nel 500. Cfr. F. Flamini, II Cinquecento, Vallardi, Milano, pag. 103. „buonissimo successo, mantenuta integra nel suo seno la pura sorgente „della vetusta e vera latinita.“x) Difatti v’ insegnavano con fama ecl onore ottimi e celebri classicisti, come Giacomo Facciolati ed Egidio Forcellini, autore del grande dizionario della lingua latina, ed altri non meno illustri, che dalla eattedra, di cui erano decoro e lustro, trasfon-devano il proprio culto ed amore per i grandi del passato nei loro di-scepoli che nel seminario stesso si addestravano anche a parlar in la-tino per parecchie ore al giorno. II Cesarotti, nato a Padova (1730), educato ed istruito in quel seminario, si fece presto un buon latinista e grecista che scriveva versi latini e greci con molta facilitä e spigliatezza. Uscito di seminario, studiö indefessamente leggi, filosofia e teologia. A Padova soleva per 10 piü frequentare le dotte conversazioni di Giannantonio Volpi, grecista e latinista assai reputato, dove conveniva il fiore degli ingegni di quella cittä ; come pure quelle del conte Paolo Brazzolo, fanatico e delirante omerolatra, che scoprendo sempre nuove e trascendenti bellezze nell’ Iliade, di cui si affaticava a dar la traduzione, fece e rifece piii volte il suo lavoro, finche, disperando di riuscirvi, gittatolo alle fiamme 2), si uccise nella sua villa di Tribano. 3) II Cesarotti, fervido adoratore dei classici per gli .studi fatti nel seminario, protetto e amato dal conte Brazzolo, suo munifico mecenate, ne risenti grandemente 1’ efficacia e per mostrargli la sua riconoscenza e gratitudine s’ indusse a tradurre il Prometeo di Eschilo, uscito in Padova nel 1754, quando 11 futuro ribelle agli antichi 11011 aveva che 24 anni. Quella del Prometeo e una traduzione fatta fedelmente e pedantescamente, tanto fiacca e sbiadita che 1’ autore stesso vergognandosene piü tardi la ri-pudiö e la volle esclusa dalla collezione delle sue opere. Fu un tenta-tivo fallito per la troppa adorazione e 1’ esagerato rispetto agli antichi che aperse gli occhi al giovane classicista. II quäle, dopo aver meditato nei suoi primi anni sui Greci e Latini, fatto ormai esperto della lingua e letteratura francese, pieno delle nuove dottrine venute di Francia, non volle piü ardere incensi sull’ altare di quegli autori antichi e, infiam-matosi alla lettura del teatro del Voltaire, dal cui spirito fu subito soggiogato, abbandonö le vie fin allora battute e alzö la bandiera della innovazione e della riforma letteraria disertando dal campo degli antichi e passando senz’ altro nelle file dei moderni. ’) U. Foscolo — Saggi di critica storico-letteraria, vol. II, Firenze, Le Monnier, J862, pag. 190 e 197. s) M. Cesarotti — La morte di Ettore, Tomo I, Venezia, 1803, pag. 206, nota. 3) Zanella — Paralleli letterari, pag. 147. Op. cit. Del Voltaire tradusse con verita e forza per il seminario, do ve da discepolo era passato ad esser professore di rettorica, alcune tragedie, la Semiramide, il Maometto e la Morte di Cesare, traduzione lodata molto dal Voltaire stesso ehe gli serisse una lettera inzuccheratissima dove, tra 1’ altre, diceva : „Je vous ai oru 1’ auteur de 1’ original“ e piti sotto : „Je vois en vous lisant la superiorite que la langue italienne „a sur la notre : elle dit tout ce qu’ elle veut et la langue fran§ais ne „dit que ce qu’ elle peut.“ *) Tal fervido ammiratore era diventato del Voltaire, che in un prologo preparato in versi latini per una delle rap-presentazioni in seminario non esita a proclamarlo superiore a tutti i grandi serittori di tragedie „tragicae tjrannus artis, arbiter, deus.“ 2) Nelle sue lezioni in seminario tendeva a dimostrare ehe gli uomini hanno ricevuto da Dio un cervello con cui giudicare da se e ehe i greci erano stati uomini come tutti gli altri, quindi soggetti anch’ essi a errori e difetti. 3) E addestrato ed esperto com’ era nell’ uso della lingua la-tina, se ne giovava per scagliare i suoi epigrammi contro gli adoratori degli antichi e in ispecial modo contro quelli che esaltavano Omero come un’ arca di scienza. Eccone uno: In Omerolatras - Qui Homerum omniscium praedicant. Critici, Scholiastae, Grammatistae, Interpretes Gens erudito cui Minerva tergori Totaeque Athenae et Pindus omnis ineubant, Qui quae fuere, suntque, vel futura sunt Quae nec fuere, suntve, nec futura sunt, Quaecunque sciri quaeque sciri non queunt In uno Homero scripta videtis omnia, Cur non videtis unice, quod is tamen Scripsisse jurat uncialibus notis Vos esse prorsus omnium stultissimos ? 4) •) M. Cesarotti — Epistolario, Firenze, Molini ecc., 1811, Tomo I, lett. XXI. 2) Versioni — Poesie latine e iserizioni di M. Cesarotti, Firenze, Molini, Landi e Comp., MDCCCX, pag. 288 : Dopo aver passato in rassegna i tragiei greci e francesi Cornelius, Racinius, Crebilon, seguita : Sed quot fuere, suntque ubique gentium, Eruntque posthac (Delhis jurat pater) Sceptro potitur aureo (consurgite Consurgite omnes ilieet) Voltaerius, Dudum creatus omnium suffragiis Tragicae tjrannus artis, arbiter, deus. 3) V. Malamani — Cento lettere inedite di M. Cesarotti a Giustina Renier Michiel, Ancona, G. Morelli, 1885. pag. IX. 4) Versioni —■ Poesie Latine e iserizioni di M. Cesarotti, Firenze, Molini, Landi, MDCCCX, pag. 288. II qual epigramma gli fu certamente suggerito dal dialogo del Fontenelle piü sopra riportato, di cui, com’ e evidente, non fa che spre-mere il succo. Un paitigiano dei moderni e un fervido ammiratore del Voltaire quäle ormai era diventato e s’ era addimostrato il giovane Cesarotti non poteva piü rimanere, senza grave scandalo dei suoi col-leghi, in un Seminario che aveva per tradizione di educare la gioventü alla fede cieca e servile nei classici; se ne andö quindi ed accettö 1’ in-vito del veneto patrizio che lo chiamava a Venezia a dirigere 1’ edu-cazione dei suoi i'igli. Eccolo dunqae in Venezia (1762) a 32 anni gia convertito saidamente alla fede dei moderni. Ora si capisce facilmente come e perche salutasse con tanto entusiasmo i poemetti epico-lirici del Macpherson e s’ affrettasse a renderli in versi italiani. Se siasi messo alla traduzione con tanto zelo, perche irritato dal fanatismo del Boileau, della Dacier e di altri che avevano esaltato troppo il poeta greco e conculcato invece gh antiomeristi che nel giudicarlo aveano fatto uso di una libera critica, o dalle impertinenti e ridicole declamazioni del Bražzolo, delirante omerolatra, pur ammettendolo, non possiamo asserirlo ; certo e perö che con la sua versione voleva offrire ai Moderni un’ arma da impugnare contro gli antichi; che ebbe di mira di mostrare agli omerolatri che Omero non era quel Nume infallibile che i suoi adoratori volevano far credere, come pure che aveva dato piü d’ una prova d’ esser uomo ; mentre invece Ossian, anche in circo-stanze svantaggiose e infelici, non solo aveva saputo evitare alcuni difetti delT epico greco, ma per alcune virtü a questo sconosciute era riuscito persino a superarlo. Tutto questo emerge chiaramente dalla lettera dedicatoria, dalle note alla dissertazione e dalle osservazioni che accompagnano la versione dei singoli canti. Cominciamo dalla dedicatoria al principe Alessandro Gordon : „1° vi indirizzo Ossian, „cioe uno di quei poeti sapienti, uno di quegli Orfei, uno di quei Lini, „padri della societä e formatori di eroi. Se ciascuno dee ammirarlo come „uno dei Geni piü sublimi della Poesia ; le persone deli’ etä e della „condizione vostra debbono risguardarlo principalmente come istitu-„tore e maestro. Vedrete nelle sue opere i piü perfetti modelli di quelle „virtü che fanno la delizia e la felicita del genere umano ; ed ammi-„rando il valore, la beneficenza, la generositä, la grandezza d’ animo „della famiglia di Fingal, non vi parrä dilungarvi molto dalla vostra. „Qual compiacenza per voi, o Signore, di trovar nei sublimi e negli „amabili sentimenti d’un vostro Poeta tutti i principi del vostro spirito, „e del vostro cuore ! e qual nuovo stimolo non vi sarä questo per emu-„lar le azioni dei vostri padri, per amar 1’ umanitä, per innamorarvi „della vera gloria ecc.“1) Tali entusiastiche espressioni, mentre ci 1) M. Cesarotti — Poesie di Ossian, Tomo I, Padova, 1763, pag. VI e VII. niostrano che il Macpherson con fine intuito aveva compreso che per incontrare in quei tempi doveva presentare nei canti del falso bardo gaelico personaggi rimpannucciati alla moderna, ci sono pur docu-mento evidente che il Cesarotti mentre esalta Ossian, mentalmente lo confronta con Omero, a cui lo celebra di molto superiore. Di ciö ab-biamo la riprova nelle note alla dissertazione e nelle osservazioni ai singoli canti, dove pone a confronto continuamente Omero con Ossian, i cavalieri nordici cogli eroi greci, portando a cielo i primi per le loro civili virtü, per i loro sentimenti, per 1’ animo gentile, deridendo i se-condi per la loro ferocia e per i loro costumi barbari e rozzi. Senza seguire il Cesarotti in tutte le sue note critiche, spigoliamo qua e la qualche espressione e qualche raffronto dei piü tipici ed eloquenti : Omero importuna gli dei senza proposito ogni momento, mentre i bardi scozzesi 11011 mescolano gli dei nelle azioni dei loro eroi (diss. pagina XXVIII) ;x) Ossian e 1’ unico poeta che abbia saputo fare un poema epico, sublime, mirabile, interessante, senza le macchine della religione (diss. pag. XXIX) ; Ossian non si perde in preamboli, entra franca-mente in materia, perche la Musa gli era una divinita ineognita (pag. XLV, Oss. 1, C.to I) ; gli eroi di Omero si trattano reciprocamente da codardi e da vili e il lettore non puö quindi ammirarli (pag. XLVII, Oss. 5) ; il earattere di Connal e di un geilere di cui Omero non ha dato esempio ; Connal e saggio, moderato, prudente, Nestore invece di una prudenza ciarliera (pag. XLVIII, Oss. 11). A proposito di un discorso di Connal che risponde „con dignitä e modestia piena di gran-dezza“ alla ferocia di Colmar che lo aveva insultato, il Cesarotti osserva : „Questo discorso e nel suo genere un modello di perfezione... vorrei „che mi si dicesse quanti se ne trovino nell’ Iliade di simil geliere“ (pag. XLIX, Oss. 14). Ancora : Ossian ha di quelle squisitezze che indarno si cercherebbero in Omero. II clima ridente della Grecia non ispirö ad Omero una gentilezza d’ immaginazione qual e quella di Ossian, che ha uno spirito molto fine, e nei tetri spettacoli grazie invi-sibili a qualunque altro (pag. L, Oss. 16) ; le comparazioni di Ossian hanno forza, aggiustatezza e finezza, mentre Omero, per quanto ne possa vantar di sublimi, ne ha altrettante di basse e di sconvenienti ; di solito alle comparazioni di questo mancano „certa raritä di scelta e molta lode d’ ingegno“, Ossian invece sceglie e talvolta crea (pag. LIII, Oss. 30). Lodata in Ossian 1’ alternativa di affetti forti e patetici, nota : .Son rari in Omero questi tratti preziosi di sentimenso, o appena „abbozzati. Egli tocca alle volte qualche particolaritä interessante, ma *) Le citazioni fra parentesi si riferiscono alla traduzione di M. Cesarotti, giä citata, a pagina 21. Jo fa con uno stile cosi disteso ed unito ehe fa pochissimo effetto. „I1 tuono delle sue narrazioni somiglia molto al canto delle sue cicale : e „lungo e uniforme“ (pag. LIY, Oss. 31). Idomeneo e brutale e villano (ibi). Omero non conobbe molto la gran veritä ehe agli eroi bisogna prestare i tratti pili distinti di generositä (pag. LV, Oss. 37); 1’ amore dei greci e im bisogno fisico e materiale, quello di Ossian e dehcatamente maneggiato, ha per base il sentimento, e tenero, delicato, deeente senza affettazione di modestia: „la grand’ arte di Ossian e di depurare la natura“ (pag. LVIII, Oss. 44). „Tutti i caratteri di Ossian sono non meno sostenuti ehe an-„nunziati perfettamente ; laddove quei d’ Omero sono quasi tutti in „contraddizione con se stessi, eominciando da Achille“ (pag. LVIII, Oss. 46). Gli eroi di Omero garriscono e si svillaneggiano come femmi-nelle, mentre (juelli di Ossian danno risposte brevi „gravide di senso e piene di dignitä“ (pag. XC, Oss. 14, C.to II). II poema di Ossian e uno dei piü perfetti, perche 1’ azione non e riferita all’ interesse personale deli’eroe ; Achille non pensa ehe a sodisfare ciecamente una ven-detta privata (pag. XC, Oss. 15). In Omero, ehe racconta e particola-reggia, si ascolta ; in Ossian, ehe e presente all’ azione e ne risente tutti gli effetti, si sente (pag. XCI, Oss. 20). Omero rappresento caratteri viziosi e contraddittori;, il torto di Omero š di essere stato un gran ritrattista (!); le sue copie sono ecoellenti, ma gli originali erano irregolari, grossolani e disgustosi ; e perciö il confrontar i caratteri degli eroi di Omero con quelli di Ossian e specialmente con Fingal, il cui carattere „e glorioso all’ umanitä e alla poesia“, e lo stesso ehe paragonare le figure dei Pagodi Cinesi col Cänone di Policlet.o (pag. CXXXIX, Oss. 20, C.o III). E a tale eonclusione arriva, perche, secondo lui, e „un pregiudizio di cui siamo debitori alla superstiziosa adora-zione di Omero“ il pretendere ehe la poesia ci rappresenti caratteri me-seolati di contradizioni e di difetti come li vediamo negli uomini (pag. ('XXXII, Oss. 20, C.o III). Nelle eomparazioni di Ossian si nota qualche uniformita, la quäle pero e principal difetto di Omero, con questo che Ossian ha titoli piü forti per giustificarsi (pag. CLXXII, Oss. II, C.o IV). E una bassezza quella di Achille ehe raccomanda a Patroclo di non far uso di tutto il suo valore, per non recar pregiudizio alla propria sua gloria. (pag. CLXXIV, Oss. 12, IV). Al canto V del Fingal trova un luogo di cui dichiara ehe puö dirsi „gonfio“. Ma ecco ehe il critico tanto acerbo, quando si tratti di appuntare i presunti difetti d’ Omero, trova il modo di giustificare il suo idolo col dire : „c molto probabile ehe „quello che ai tempi nostri ci sembra gonfio, ai tempi di Ossian non „sembrasse che meraviglioso“ (pag. CCV, Oss. 6, C.to V). x) 1) Uno spunto di sana critiea. II Cesarotti pero mai si sogna di far valere questo principio critico, quando si tratti di Omero. Gli eroi d’ Ossian non solo non si ubbriacano come il saggio Ulisse. ma nei loro conviti non c’e la minima ombra di eccesso, o d’ indecenza (pag. CCXXXVII, Oss. 2, VI). Rilevata la grande efficacia che nella poesia ha la religione, s’ affretta ad affermare che la religione dei Greci era assurda, e che tale assurditä si trasfuse nei poemi d’ Omero. Giove, Marte, Giunone, Pallade „dea di tutt’ altro che della sa-pienza“ e tutti gli altri dei gareggiano di difetti e di stravaganze, mentre gli dei „qualunque siano devono presentare il modello della perfezione“ (pag. CLXI e sgg. Oss. 1). 1) Confrontata la zuffa di Junga 1 e di Odin nei poemetto „Carric-Tura“ con quella fra Diomede e Marte nei V deli’ Iliade, osserva che Omero pecca contro la verisimiglianza e contro il decoro, e cade nell’ assurdo e nello stravagante, quando immagina che Diomede ferisca Marte, senza contare che 1’ azione di Diomede e inescusabile come „irreligiosa“ ; il qual rimprovero non puo farsi a Fingal, perche non prestava alcuna fede alla divinita di Odin (pag. CCCXXVI, Oss. 5). Le osservazioni dunque che corredano i poemetti tradotti e che, anche quando prodigano lodi al bardo caledone, infliggono sempre un’ implicita censura all’ epico greco, ci persuadono che la critica ce-sarottiana era partigiana e mal fondata, e a un tempo che 1’ entusiasmo dei traduttore aveva origine certamente letteraria ; d’ altro eanto perö non dobbiamo dimenticare, per meglio spiegarci tale entusiasmo, che la poesia del Macpherson ci presenta sulla scena personaggi che, ben lungi dali’ avere 1’ anima ingenua e rozza dei popoli primitivi, pen-sano e sentono con raffinatezza e gentilezza di uomini che hanno in onore la filosofia e la sensibilitä : cioe sono cavalieri in parrucca e spa-dino. E per questo appunto al Cesarotti piacquero tanto ed incontra-rono nell’ ultimo settecento tanto favore che Ossian diventö di moda operando non poco a piomuovere e a determinare il gusto estetico di quel moto letterario che fu poi detto romantico. Nei 1797 il Cesaiotti fu nominato professore di letteratuia greca ed ebraica con 1’ obbligo d’ insegnare alternativamente un anno il greco e un anno 1’ ebraico. 8) La prima offa — dice il Mazzoni — che ei gittö lielle canne bramose de’ suoi Ceiberi fu il Piano ragionato di traduzioni dal greco, importante perche vi si leggono i suoi giudizi sulle opere dei classici greci e le idee direttive e le ragioni della scelta che ne vagheggia, per offrire al gusto dei contemporanei quanto v’ ha di meglio nella letteratura ellenica. 1) M. Cesarotti — Poesie di Ossian, Tomo II, Padova, G. Comino, MDCCLXIII. 2) M. Cesarotti -— Prose edite e inedite, per cura di G. Mazzoni, Bologna, Zanichelli, 1882, pag. V e VT. Passa in rassegna gli storici, i romanzisti, gli oratori, i filosofi morali e i poeti, e di tutti, eccettuato Omero, fa giustizia sommaria. Degli storici e dei romanzisti trova ehe nessuno merita d’ esser tradotto, degli oratori e dei filosofi afferma ehe molte son le eose de-gnissime d’ esser tradotte, ma poehi i libri da tradursi. Demostene e atroce e grossolano nelle invettive e senza delieatezza, declamatore ozioso, cavillatore sofistico, arido, prolisso. Si faccia tutt’ al piii qualche estratto. Allo stesso destino condanna Eschine, Isoerate, Lisia. La traduzione di Platone almeno per la meta e inutile, perche alle grandi qualitä aecoppia grandissimi difetti; e insomma „una sta-tua composta dei piü preziosi e dei piti vili metalli“. Per rendere quindi la traduzione dei prosatori greci veramente utile, piacevole e gradita, si faccia una scelta giudiziosa „di quanto si trova nelle loro opere di bello, di luminoso, di singolare e di grande". Quanto ai poeti, 1’ Iliade di Omero e „il solo poema di cui la traduzione intera possa con moral sicurezza credersi desiderata e gradita da tutti gli uomini di lettere.“ *) L’ Odissea non merita „il sacrifizio di un tal travaglio“. „Non e oh’ ella manchi di pregi, ma il suo pregio piü bello e quello d’aver prodotto il Telemaco.“ 2) „Questa e la mag-gior gloria, e la maggior disgrazia deli’ Odissea“, ehe e una „farsa epiea“, la cui favola fu concepita in uno dei sonni di Omero di cui dicevasi ehe sonnecchiava. 3) Per i tragici propone la traduzione dei drammi piü belli o delle scene piü interessanti, un estratto e un’ analisi ragionata di tutti gli altri; di Aristofane, le cui commedie, eccezion fatta di una o due, sono intraducibili „per le sconce e stomachevoli oscenitä“ e per altro ancora, basteranno aleuni saggi. „Sono intimamente persuaso — conclude — • ehe, lasciando Omero, debba farsi de’ poeti lo stesso che de’ prosatori“ : „sceglier il bello e dare un’ idea del restante.“ 4) Nel Ragionamento preliminare al corso di letteratura greca, dove fa la storia del grecismo, ripete e svolge pensieri e giudizi giä esposti nel Piano. La critica, dice egli, „frutto prezioso di quello spirito filosofico ehe vivifica tutte le discipline e le arti“ ci insegnö ehe i Greci „dotati di sommi doni di spirito“ non erano gli esclusivi possessori deli’ idea archetipa e universale del perfetto e non avevano esaurito tutte le forme e tutti gli atteggiamenti del bello. Nei Greci tutto non e interessante ; tutto non si puö sentire ne intendere ; tutto non e conciliabile >) M. Cesarotti — Prose edite e inedite, op. cit. pag. 25. 2) M. Cesarotti — ib. pag. 28. 3) M. Cesarotti — Osservazioni al Canto I deli’ Odissea in „Versioni, Poesie latine e iscrizioni“, Firenze, Molini, Landi e Comp. MDCCCX, pag. 262, 264 e 266. *) M. Cesarotti^— Prose edite e inedite ecc., pag. 33, op. cit. eol nostro gusto, per molte cause fatto „delicato, difficile e, a dir vero, un po’ schizzinoso e sofistico“, piü sensibile ai difetti che alle virtii degli antichi. Le opere dei Greci, che non hanno mai avuto un Cicerone, un Livio, un Tacito, possono esser gustate solo in quei luoghi dove brillano e splendono „le grandi e universali bellezze della natura“, le „virtü depurate dalla mistura dei vizi“. E coneludeva ehe la sola cosa conveniente al gusto del secolo era „una scelta giudiziosa di quanto si trova nell’ opera dei Greci di luminoso, di singolare, di grande.“ 1) Moveva, come egli stesso dichiara, dalle teorie del celebre D’AIembert esposte nelle sue Observations sur l’ art de traduiere. 2) fi ridicolo — affernia — tradurre un autore da capo a fondo ; giacche non si tratta di far sentir i difetti, si invece di arricchir la nostra letteratura di ciö ehe gli antichi fecero d’ eccellente ; „il tradurli a pezzi staccat.i non e gia un mutilarli, ma un rappresentarli di profilo a lor vantaggio“. A tali conclusioni negative giungeva il Cesarotti colla sua critica, priva di ogni base storica e fondata invece sulla fiducia assoluta ehe egli aveva nel suo buon gusto e nella ragione, cioe veniva a condannare tutto quanto degli antichi non corrispondeva a quell’ idea del Bello assoluto ehe egli s’ era formata. „Dalla ristrettezza di spirito e dalla „imperfezione di ragionamento deriva il pregiudizio di farsi schiavo „di un autore... di adorarne i difetti stessi, e dar la tortura ali’ ingegno „per giustificarli a (lispello della ragione e del gusto, di confondere colle „bellezze essenziali ed intrinseche gli accidenti locali e arbitrari ehe „la religione, le usanze eec... introducono nell’esercizio dell’arte ecc.“ 3) E pieno dei consigli della filosofia del gusto s’ accinse a trattar argo-menti di critica letteraria 4), dove appunto si vede ehe retto dal suo gusto schizzinoso riteneva bellezza essenziale e intrinseca tutto quello che gli piaceva, mentre vedeva un difetto in ciö ehe non gli garbava. Quanto poi a Omero, come dovra procedere ehi voglia formarsi un esatto giudizio del poeta greco e stimarlo nel suo giusto valore ? „Deesi „(e questa e la conclusione ehe mi ero proposta colla piena e aceurata „storia della riputazione di Omero) deesi, dico, preseindere dalla na-„zione, dalla lingua, dal nome stesso di quel poeta, scordar ugualmente „le dieerie dei circoli, e le tradizioni dei eollegi, e mettersi a leggere e „ponderare Omero medesimo col giudizio incontaminato da qualunque „prevenzione e con un senso del tutto vergine." 6) *) M. Cesarotti — Prose edite e inedite, op. cit. pag. 50 e sgg.l 2) M. Cesarotti — ib. pag. 23. :1) M. Cesarotti — Saggio sulla filosofia del gusto, Padova, 1802, presso Pietro Brandolese, pag. 221. 4) Saggio sulla filosofia del gusto, pag. 225. s) M. Cesarotti — La morte di Ettore, op. cit., Tomo I, p. 270, Venezia, 1803. Ora quello che deve fare il critico e proprio il contrario : non giä prescindere dalla nazione ecc.... ma invece, se vuole intendere, sentire ed apprezzare un’ opera del passato, gli sarä necessario foggiarsi una coscienza retrospettiva per porsi, quanto piü sia possibile, nelle condi-zioni in cui si trovavano gli antichi, per rivivere i tempi da quelli vissuti, per mettersi nello stato d’ animo del poeta la cui opera si vuol gustare e comprendere. „Tocca a noi — affermava giustamente G. Casanova „condannando tutta la critica degli antiomeristi — quando leggiamo „Omero a tornare con Ja mente trenta e piü secoli addietro e non toc-„cava ad Omero a far 1’ impossibile cioe a prendere gli usi nostri.“ 1) Rendersi, in breve, contemporaneo quanto meglio e piü si possa : cid che il Cesarotti non ebbe la virtü di fare e non sapendo inalzarsi fino agli antichi, pretese di abbassare gli antichi fino ai moderni; sicuro sempre di avere il „giudizio incontaminato da qualunque prevenzione“, mentre era infatuato e schiavo dei pregiudizi e delle idee correnti nel-1’ eta sua e per di piü privo della facoltä necessaria a procurarsi arti-ficialmente quelli del tempo omerico, che gli sarebbero stati di grande aiuto a intendere e gustare 1’ opera deli’ epico greco. Passata in rapida rassegna la sua critica quanto all’ arte greca in generale e ad Omero in particolare, facciamoci ora a vagliare il suo pensiero sul modo di tradurre la poesia d’ Omero. Nella parte III del suo Ragionamento storico-critico 2) ci fa sapere che due sono gli scopi a cui tende : „1’ uno di far gustar Omero, 1’ altro di farlo conoscere“ ; per farlo gustare „la traduzione dev’ esser libera ; per farlo conoscere con precisione e necessario ch’ ella sia scrupolosamente fedele“. Esclude dunque la possibilitä di farlo conoscere e gustare a un tempo con una traduzione fedele e poetica ; giacche „la fedeltä esclude la grazia, la libertä, 1’ esattezza“. Per questo risolvette, dice, di dare due tradu-zioni: una „in verso e poetica“ libera, disinvolta, originale ; 1’ altra in prosa ed accuratissima „schiava della lettera sino allo scrupolo, e „tale che quanto al senso e al valore preciso dei termini potra servire „di testo a chi non intende la lingua“. I principi adottati e il metodo seguito nella versione poetica sono quelli suggeriti da due „luminari dell’ arte di tradurre che avvalorarono le loro teorie col piü maestre-vole esempio“ : 1’ Ab. Delille e il Rochefort. Del primo ammira „1’ arte *) G. Casanova — Dell' Iliade di Omero tradotta in ottava rima, Tomo I. Canti cinque, Venezia MDCCLXXVI. Presso Modesto Fenzo; pag. 27 del Di-scorso preliminare. Quanto miglior critico si mostra nelle note ai Canti e nel Di-scorso preliminare I Strano 6 che Casanova e Cesarotti nelle loro opere s’ ignorino affatto. 2) Cesarotti — L' Iliade ossia La morte di Ettore, op. cit. Tomo I, pag. 271 e sgg- dei compensi“ di cui 1’ abate francese aveva tracciato le linee nella pre-fazione alla sua versione delle Georgiche di Virgilio, dove, tra 1’ altro, insegna : „ Quando egli (il traduttore) non pud rendere un’ immagine, „vi supplisca con un pensiero ; se non puö dipingere ali’ orecchio, „dipinga allo spirito ; sia piti armonioso, s’ e meno energico ; si mostri „piü ricco, s’ e meno preciso. Prevede egli di dover indebolire il suo „originale in un certo luogo ? Io fortifichi in un altro : gli restituisca „piü a basso ciö che gli toglie piü in alto ; in guisa ehe si stabilisca per „tutto un giusto compenso“. Sistema ehe il Cesarotti chiama di effetto magico e ehe segui con tutto entusiasmo, senza curarsi punto pero di „riempirsi“, come suggeriva il Delille, „dello spirito del suo poeta, scor-„dare i propri costumi per prendere i suoi, abbandonare il proprio paese „per trasportarsi in quello deli’ originale“. Conoscere un autore, afferma il Cesarotti x), vuol dire „eontemplarlo in tutti gli aspetti, dal lato „debole come dal forte, ravvisarne le differenze specifiche, le singo-„laritä, le fralezze ehe gli vengono dalla natura, o dal tempo, insomma „tutto quell’ accozzamento di circostanze individuali ehe ne costitui-„scono 1’ identitä. Un tal ritratto non puö sperarsi da una traduzione „poetica“.... Ogni traduttore poeta e come quel pittore greco ehe dovendo ritrarre Antigono guercio si avvisö di „rappresentarlo in profilo“. In altre parole il poeta traduttore deve tender sempre ad abbellire il suo originale e a farlo piacer di piü ed evitare di riuscir tedioso e inere-scevole per avere il vanto di una fedeltä „nociva ad entrambi“. Per questo „ogni traduzione poetica e sempre piü o meno sparsa qua e la „di bugie uffiziose, e di pie fraudi ehe tornano in profitto del testo“, il cui autore „tra le mani di un traduttore accorto e come una figura „di creta molle ehe un esperto artefice rimpasta a suo grado e 1’ atteggia „come gli par meglio“. E mentre nella lettera dedicatoria deli’ Ossian sentenzia ehe „la maggior gloria a cui possa aspirare un traduttore, si e quella di far ammirare il suo originale, e dimenticar se stesso“ (op. cit. pag. VI), nel Ragionamento storico-critico scappa fuori a dire ehe il traduttore poeta „ha pero sempre nel suo segreto un po’ piü di tene-rezza per se medesimo“ (op. cit. pag. 284) e nella sua versione poetica, correggendo e rimutando a suo senno, qui recidendo lunghi brani, la aggiungendone di propri, da una parte iuvertendo 1’ ordine dali’ altra alterando le forme e i sensi, in breve, applicando pienamente ed esatta-mente la magica arte dei compensi deli’ ab. Delille, presunse di far di-menticare 1’ originale a tutto suo vantaggio nella speranza di farsi credere piü poeta di Omero. Se e vero, ragionava egli, ehe Omero ha in se „il foco del sole“, ei si risente anche spesso „della creta di Prometeo ‘) L’ Iliade ossia La Morte di Ettore, p. III, pag. 283. Venezia, 1803. che lo vestl“. L’ Iliade eosl come sta da capo a fondo non poteva esser gustata che dal palato stupido dei grecisti omerolatri; si trattava invece di farla piacere agli Italiani del settecento come e quanto giä era piaciuta ai Greci. „Io devo — seguita egli — riprodurre Omero, „ma sul teatro del secolo diciottesimo e non seppi sperare di farlo cor-„rispondere all’ aspettazione dei miei spettatori, se prima non lo met-„tevo nella caldaia magica di Medea per indi ringiovanirlo come Esone.“ x) II che vuol dire, lo falsö e lo contraffece da capo a fondo. Era perö persuaso di aver dato all’ Italia un poema che non solo conserva ad Omero tutte le sue vere bellezze, ma le fa ancora sfolgorare di luce piü viva, ne corregge i difetti, o li toglie o li trasforma in altrettante virtü e che per questo appunto merita non giä d’ esser vilipeso, ma „riguardato „dali’ Italia con qualche rispetto e riconoscenza come un Poema lavo-„rato sulF altrui fondo.“ 2) II Foscolo scrive che per ben tradurre non basta il sapere, non bastano 1’ ingegno e le teorie, la conoscenza delle lingue e il genio poe-tico, ma „vuolsi un’ armonia d’ animo fra il traduttore e 1’ autore.“ 3) Che una tale corrente di simpatia per Omero mancasse affatto nel Ce-sarotti, oltre a quanto si e detto piü sopra, lo dimostrano chiaramente le note critiche alla traduzione in prosa, 11011 solo ostili a Omero, ma piene di animositä e di acredine, quali soglion esser quelle di letterati biliosi che non soffrono rivali a cui qualcuno possa ritenerli inferiori. Sono annotazioni di scarso valore critico, perche vi si giudica Omero con le idee e le opinioni di un erudito si, ma abate dei settecento, che si risolvono tutte in un’ aspra, e molte volte ironica censura all’ epico greco : Omero non fece ne la scelta piü giudiziosa ne il maneggio piü vantaggioso dei suo soggetto4) (pag. 11). La preghiera di Crise, nel primo deli’ Iliade, non e molto degna della caritä sacerdotale, anzi nemmeno della giustizia (pag. 25). Gli epiteti in Omero sono applicati fuor di proposito (pag. 32). Quando Agamennone dichiara di preferire la donzella a Clitemnestra sua moglie, il critico abate esclama : Questo e un tratto d’ impudenza stravagantissima e senza esempio. E una sconcezza ! Agamennone e un dissoluto che viola a sangue freddo i primi principi del pudor pubblico (pag. 54). „E molto meglio tornar a casa sulle curve navi“, dice Achille ; e il Cesarotti: Era questo il luogo di pensare se le navi fossero curve o bislunghe ? (pag. 75). Achille e ■) M. Cesarotti —■ Epistolario, Tomo IV, Firenze, Molini, Landi e Comp. 1811. Lettera al celebre sig. Guys, 10-1, 1800. 2) Epistolario, Tomo IV. Lettera al sig. G. B. Brocchi, 3-1 1801. 3) U. Foscolo - Prose letterarie, Firenze, Le Monnier, 1850, Vol. II ; pag. 217. 4) L' Iliade d' Omero, tradotta e illustrata dall' abate M. Cesarotti, Tomo I, parte II, Padova, Sfcamperia Penada, 1786. un fanfarone e il suo carattere non e bello ne moralmente ne poetica-mente (pag. 144). Gli Dei sono de 11a medesima natura degli uomini; ridono, sghignazzano, bevono e mangiano ; in tutto cid v’ k. pur un' or-ma di Divinitä ? (pag. 175). Tersite e un mascalzone guercio, gobbo e zoppo, e una vera caricatura (232). Al Cesarotti non piace la metamorfosi di Minerva in araldo che ordina al popolo di tacere, e annota : In verita codesta Dea poteva far a meno di sconciarsi per cosi poco (pag. 246). II furor degli epiteti e una vera malattia di Omero ; sono per lo piü inutili e spesso inoppor-tuni (pag. 260). A pag. 265 ci sciorina il suo pensiero sulla dottrina religiosa di tutta 1’ Iliade. II povero Giove, dice, sembra il becco di Azazel degli Ebrei, caricato dei peccati del popolo ecc Una teologia di tal fatta non e che un’ impostura di pietd. La confessione che Aga-mennone fa d’ essere stato il prinfb a insolentire Achille non e neees-saria, e inopportuna ; e V ipocrisia di un peccatore che vuol persistere nella sua colpa e pretende che gli si ascriva a merito il confessarla ; insomma „e indecorosa“ (pag. 268). Trova un ammasso di assurditä in un passo lodato da critici antichi e moderni (pag. 270). Omero ci rappresenta i suoi Greci come una iruppa di codardi ecc. ecc., chi puö interessarsi per questa greggia di cervi ? (pag. 274). II sentimento che Omero attribuisce a Menelao (di cui si canta che bramava vendicare il ratto e i sospiri di Elena) e un tratto di dabbenaggine singolare che desta riso piü che interesse (pag. 306). Sia ringraziato il cielo ehe pur vediamo delle navi che non sono negre ! cosi esclama, quando legge : „seguivano dodici navi dalle guanee miniate“. Ma che diremo, continua, delle guance di una nave ? questa espressione trovata in un secentista farebbe venir le convulsioni a un delicato italiano (pag. 310). Al principio del canto III1) in una comparazione tolta dalle grii trovasi la voce y./.ayyt], (sehiamazzo) ripetuta tre volte. Qual po-verta! - annota il critico traduttore (pag. 88). E difficile trovare un e-sempio di una battologia tanto intollerabile come questo : „Ettore, poiche a ragione mi sgridasti e non giä fuor di ragione ecc.“ (pag. 112). Priarno, parlando ad Elena, accagiona gli Dei che gli spinsero contro la lacrimosa guerra degli Achivi. „Z? un’ ingiusta bestemmia proferiUi con aria di dabbenaggine“ (pag. 135). Dove Elena si chiama svergo-gnata (xvvomg) si trova annotato : J’ umiltä d’ una penitente cristiana a stento giungerebbe tant’ oltre ne la natura ne la deeenza non sembrano permettere ad una donna di disonorare assolutamente se stessa (pag. 141). Priamo e detto bamboccio di Re (pag. 164). Al Canto IV, pag. 273 : Gli Dei oinerici somigliavano molto agli antichi Ger- 1) Op. citata. Tomo II, Padova, G. B. e figli Penada, 1787. mani di Tacito'che trattavano dei loro affari di stato in mezzo ai bic-ehieri... sembra che il nettare scompigliasse alquanto il cervello dei nostri Olimpici. Arimano e Satana non potrebbero esser dipinti con tratti piii odiosi deli’ ipocrito Giove. Vivu la teologia di Omero ! (pag. 287). Ma il Giove della nostra traduzione poetica e assai diverso dali’ omerico (pag. 28!)). £ nn assunto alquanto scabroso 1’ impegnarsi a rendere una ragione di tutto ciö che ad Omero vien in fantasia di far dire, o non dire ai suoi personaggi (pag. 371). Gli Dei non agiscono che per le loro passioni come gli uomini; in tutta la loro eondotta non v’ e aleun oggetto di moralitä e di giustizia (pag. 224). x) L’ aiuto degli Dei e un guazzabuglio. L’ uffiziositä degli Dei e puerile, indecente, avvi-lisce gli Eroi (pag. 226). Omero e un semplice relatore ehe conserva il sangue freddo d’ uno storico, invece che mostrare il calore d’ un poeta sensibile (pag. 255). Enea nel Canto V si vanta d’ esser qe.ne.raio dal magnanimo Anchise e di aver per madre Venere ; e il Cesarotti : L’ e-spressione di Omero non e ne galante ne rispettosa verso una Dea. Un moderno e specialmente un francese avrebbe detto ehe si vanta d’ esser fi-glio di Venere e che nacque dal magnanimo Anchise (pag. 268). E uno spettacolo alquanto comico e in ogni senso indecente ehe Venere ferita dal Tidide strilli e lasci cadere di mano il figlio Ettore ehe aveva av-volto nel peplo per sottrarlo dalla zuffa (pag. 288). La mitologia e un sistema asmrdo, (pag. 351) ; Giove gli sembra ridicolo (pag. 371) ; Omero si mostra basso (pag. 486). Omero da in vaneggiamenti (pag. 48). 2) II cumulo di smemorataggini, 1’ i vica pačita di cogliere i co-lori piü ovvii, presentati spontaneamente dal soggetto medesimo, mostra ehe Omero e colto dal sonno, anzi dal letargo (pag. 73). Nessun poeta in certe occasioni si e spiegato con piü strana bassezza e con un’ ambiguitä piü sconveniente (pag. 86). II parlamento dei Troiani e vin parlamento di stolti, anzi di pazzi spacciati. Nel Canto VIII Omero fa ehe Ettore parli ai cavalli. II Cesarotti a quelli che giustificano un tal passo risponde : Oonverra dire ehe gli uomini del secolo omerico erano ben di poco superiori nell’ intendimento ai cavalli stessi, e Omero in luogo deli’ Iliade potea comporre un’ Ippiade (pag. 260-261). Giove e di una parzialitä indecente (pag. 297) ed ha una logica del tutto di-versa da quella degli altri e fatta per disorientare il senso comune (pag. 173).») Dopo il Canto VIII, pur seguitando nella sua critiea ostile e de-molitrice, smette quell’ inestetiea violenza verbale, per noi eloquente, di cui s’ era coinpiaciuto. La sua antipatia per Omero schizza fuori 1) Tomo III, Padova, Penada, 1788. Op. cit. 2) Tomo IV, Padova, Penada, 1789. 3) Tomo V, Padova, Penada, 1790. anche da certe espressioni clie gli sfuggono nello scrivere agli amici: „Ora sto terminando di mandar per sempre al diavolo Omero, che amo „ed odio piü di tutte le mie produzioni.“ *) Ad un altro : „Omero e giä „spirato e fra un mese in circa il suo monumento comparira.“ 2) Dati tali sentimenti, data tale critica e la sua ammirazione per 1’ arte dei eompensi, e facile immaginare come gli sia venuto spontaneo il pensiero di „restaurare“ 1’ Iliade conservando quanto v’ era di bello e di buono, troncando tutto quello che gli sembrava scoria ; di rac-conciare e di raffazzonare il poema antico come avrebbe fatto Omero stesso „se fosse nato in questo secolo, che e quello deli’ arte educata „dalla ragione e dal gusto.“ 3) Di fatto nel 1786 comincia e nel 1794 finisce di pubblicare la versione poetica deli’ Iliade, a cui aggiunge quella letterale in prosa „tedioso lavoro“4), perche, confrontandole, di quella meglio spiccasse 1’ abbigliamento poetico e fossero rilevati i pregi reali di Omero. Nella letterale mantenne con tutto serupolo gli epiteti, le parole composte, le particelle, tutto ciö ehe appartiene alla locuzione ; si fece una legge di conservare identico il valore delle parole e nei termini il rapporto originario da cui son tratti. La illustro con osservazioni grammaticali, filologiche e poetiche d’ ogni specie, fra le quali ultime vi sono molti squarci originali dei critici piii famosi antichi e moderni, avversari e partigiani del poeta greco. Molte volte interpone il suo parere ehe raramente suona in favore deli’ originale. Giä nella versione poetica della prima edizione di Padova (1786-1794), quadro abbozzato e compiuto in gran parte, il Cesarotti, con audacia, specialmente dopo il Canto VI, manomette quel grande monumento del passato e si abbandona con eccessiva licenza „all’ istinto ehe porta ognuno a levar da un bel volto una sozzura che lo deforma“ 5), assu-mendo la parte di riformatore piü ehe di traduttore. Nella seconda di Padova (1798-1802) 6) e in quella di Venezia (1803-1804) seguita a ritoecare, ad aggiungere, a troncare, a sostituire, 1) Epistolario di M. C., Tomo V, pag. 35. ed. citata. Lettera ali' abate G. Barbieri. 2) Epistolario, Tomo VI, pag. 8. Lettera al sig. Angelo Mazza. 3) L' Iliade di Omero ossia La Morte di Ettore, Tomo II, p. 30. Venezia 1803. 4) Fu aiutato da Angelo Zendrini, suo diseepolo. Tale notizia la debbo alla cortesia del prof. G. Mazzoni, che qui ringrazio anche per altre utili informa-zioni e pregevoli consigli. 5) L' Iliade di Omero ossia La Morte di Ettore, Tomo II, Venezia, G. Pasquali q. Mario, 1803, pag. 6. 8) L' Iliade d' Omero, volgarizzata letteralmente in prosa e recata poeti-cainente in verso sciolto italiano dali' abate Melchior Cesarotti. Ed. II, riveduta ed ainpliata dal traduttore stesso coli’ aggiunta del testo greco. Padova, MDCCXCVIII. A spese di Pietro Brandolese. a rifondere 1), per rendere il lavoro piü bello e perfetto, a cui finisce col cambiargli anohe il titolo in „Morte di Ettore.“ 2) Tale idea gli venne oertamente da quanto argomenta il Terrasson citato da lui stesso : „Omero parlando solo deli’ ira (di Achille) perniziosa ai Greei, non „annunzia ehe la prima parte, e la meno importante del suo soggetto. „Secondo questa proposizione il poema dovrebbe terminarsi al Canto „XIX, quando Achille si rappacifica con Agamennone. La proposizione ,,non annunzia 1’ ultimo termine, e V azion principale del poema. Questa „e la morte di Ettore e la liberazione dei Gred.“3) III. Per farsi un’ idea di come Omero e stato conciato, basta leggere la versione poetica ad apertura di libro e confrontarla con 1’ originale ; perciö, fra gli infiniti esempi, ehe si potrebbero addurre, ci aceonten-teremo di qualcuno fra i piü tipici e caratteristici. Canto I. „Cosi disse : 4) Pelide fu prešo da furore, e il di lui cuore „nel velloso petto e bilanciato da due parti (incerto) se traendo dalla „coscia 1’ acuto ferro abbia a sgombrare gli astanti, e a trucidare Atride, „o a temperare lo sdegno e raffrenar il suo impeto. Mentre egli va cosi „fluttuando fra la ragione e ’1 furore, e gia denudava dal fodero il grande „acciaro, venne dal ciel Minerva ecc/‘ II poeta greco nei pochi versi del passo citato vuole presentarci il Pelide gonfio d’ ira per gli insulti di Agamennone ehe veniva a ra-pirgli Criseide. Mentre Achille sta dubbioso e irresoluto non sapendo ‘) Epistolario, Tomo IV, pag. 169. Lettera al sig. Mario Pieri, Venezia. 2) La prima edizione ehe porta tale titolo b quella di Venezia : L' Iliade o La Morte di Ettore, poema omerico, ridotto in verso italiano dali' abate M. Ce-sarotti, Venezia, MDCCXCV in 4 vol., Tipografia Pepoliana. Presso Antonio Curti q. Giacomo. Con privilegio. s) M. Cesarotti — L' Iliade tradotta e illustrata, Tomo I, parte II, 1786, pag. 13. *) Riporto la traduzione letterale in prosa, perehe anehe chi non sa di greco possa farsi un giudizio della libertina lioenza usata dal traduttore nella versione poetica. Cfr. Omero, Canto I, 188-194: <3g (puro' IhjkuavL d’ ayos yevsz, tv ()i ol rjtog 6%rfti66iv /JulioKu, biavdiia uiQuijOLiiv^ iq o ye cpuöyuvov o|u tpvööiifisvog naga {irjgov rovg fuv avaötr'jßeuv, o Ö’ ’JvQUÖrjv 'tvaglioi, fjs yjot,ov navöHBV igrjtvGid te ftv/icv. ilog o rai>&’ apuatve -a ar a cpgevu jcal xkt a tiv/iov, t'/.xtro d’ tv. xoj.foü) fisya iiqpog, ?]Ä&i d’ ’Atirjvrj se snudar la spada e trafigger il suo offensore o calmarsi, inavveduta-mente viene traendo dalla vagina il ferro. Tale figurazione fatta con mezzi semplicissimi e con molta naturalezza nel testo greco e di una mirabile evidenza che non si puö certo godere nella traduzione letterale in prosa. Vediamo ora quäle bruttura n’ abbia fatto il Cesarotti nella sua Versione poetica (1786-1794). Alto furor nell’ ascoltarlo invase Tutto Pelide ; entro il velloso petto Terribilmente gli tentenna il core : Che fa ? snuda la spada, e fra 1’ opposta Calca al seno d’ Atride apresi il varco ? O rattien la sua foga ? anela, ondeggia Tra ’1 senno e tra ’1 furore ; alfin trabocca L’ ira, 1’ acciaro impugna, e gia... ma scende Achille, che senza accorgersi eorre colla mano alla spada e la sguaina in parte, dai critici e ritenuta una delle piü graridi bellezze di Omero ; il Cesarotti, per la sraania di abbellire e di raigliorare, la trascura affatto. Come e pure sciupata nella domanda diretta della traduzione 1’ evidenza della lotta intima in cui si dibatte Achille, senza dire che i versi: „Che fa ? snuda la spada, e fra 1’ opposta - Calca al seno d’ Atride apresi il varco ?" non danno la versione poetica di questo pensiero : e incerto se traendo dal fianco il ferro abbia ad aprirsi il passo tra la folla, e a uccidere ecc. Lasciamo di notare altre inesattezze, infedelta, qualche zeppa e intarsiatura e infine tutta quanta 1’ intonazione sbagliata : difetti ehe balzan subito agli occhi anche di un osservatore superficiale. Leg-gansi invece, a vedere quanto sia brutta la versione del Cesarotti e come deformato il pensiero di Omero, gli stessi versi tradotti dal Monti ehe, per quanto gli fu possibile, seppe conservare le bellezze omeriche. Di furor infiammar 1’ alma d’ Achille Queste parole. Due pensier gli fero Terribile tenzon nell’ irto petto: Se dal fianco tirando il ferro acuto La via s’ aprisse tra la calca, e in seno L’ immergesse ali’ Atride ; o se domasse L’ ira, e chetasse il tempestoso core. Fra lo sdegno ondeggiando e la ragione L’ agitato pensier, corse la mano Sovra la spada, e dalla gran vagina Traendo la venia ;...... Canto V. Diomede, aiutato da Minerva, ferisce Marte J) : „Mug-ghio il ferreo Marte quanto griderebbero nove o diecimila uomini in guerra accozzanti la tenzone di Marte“. Or ecco come il traduttore poetico, discostandosi dal testo gonfia ed amplifica questo pensiero : il Dio ferito Manda alto, immenso, reboabil mugghio Di mille tuoni uguagliator, che assorda L’ eteree volte...... Ma il Monti parco e fedele e con gusto piü fine : Mugolö il ferito Nume, e ruppe in un tuon pari di nove 0 dieci mila eombattenti al grido, Quando appicean la zuffa........... Canto VI. Ettore prega gli dei per il bimbo suo 2) : „O Giove, „e voi altri dei fate che anche questo mio figlio sia com’ io, d’ ugual „deeoro ai Troiani, e cosi prode in valore e signoreggi possente in Ilio, „e alcun veggendolo ritornar dalla battaglia dica: egli e molto dappiü „di suo padre ; porti egli intanto le spoglie d’ ucciso nemico, e ne gioisca nel cuore la madre“. Or si veda come questo luogo, uno dei piü patetici deli’ Iliade, sia stato stemperato e snat.urato per modo che tutta 1’ affettuosa spon-taneitä paterna va perduta, affogando in un’ enfatica perorazione da predicatore che ci lascia freddi: 0 Giove, Eccoti il figlio mio, grida ; tu guarda La sua crescente etä, fa tu ch’ ei regni Felice in Troia, e sia de’ suoi sostegno De’ nemici spavento, e in rimirarlo Carco tornar delle sanguigne spoglie D’ aspro nemico, ognun esclami, ah questo, Questo le glorie anco dei padre adombra : L’ oda la madre palpitante, e un rivo Di dolcissima gioia il cor le inondi. *) Canto V, v. 859-861 : o Ö’ ißgayj yatotog ’'Agrtg, oööov x ivvsuyifaoi inlayov r) diy.äyjhoi aveges tv xo/Jua, tgida ^vväyovxrg "Agtog. s) Canto VI, v. 476-481 : ,,Zfv aUMi ts &eol, dort Ö>) % al xovÖt ynnöifca naiö’ ifiov, wg y.al iya tcio, uQMQCJtia 7'owtöön', (DÖ£ fiir/v t ayadov v.al IXlov iq>L aväöötuv. Kal nori rtg uitm, „iratgogy odf nolkbv (IfieLvow“ ix noliuov avwvta' yigob ö’ evuqu ßgordn’ra Kttivag dr'jtov avdga, yß^uiq öb qjotva firjrtjg“. Par che il padre ponga tutta la sua attenzione nel dir bene, oon stile fiorito quasi come per fai’si applaudire. Canto VIII. „Egli (Giove) grandemente tuono, e mando acceso „folgore in mezzo al popolo degli Achei.“ *) Al Cesarotti perö non va che qui Giove usi del tuono, perche ne fa troppo scialaequo ; crede quindi meglio sostituirvi „una meteora straordinaria“ che variando lo spettacolo da lo stesso effetto. 2) Allor 1’ eterno del Destüi ministro Da 1’ annunzio feral, con man fiammante La ’ve piü folta de’ campioni Achivi Eerve la calca d’ improvviso accende Nelle piagge deli’ aria orrida vampa Rossa il sen, fosca i lembi, un fragor cupo Dentro vi serpe, e quanto in su i lor capi Ampio si stende il campo Acheo, tant’ essa Vie via crescendo del gran cielo abbraccia, E d’ infocata sanguinosa veste Tutto il licopre......... Canto VIII. „Cöme qualor nel cielo gli astri appariscono brillanti intorno alla splendida luna, allorche 1’ etere e senza vento, e tutte spic-cano le vedette, e le cime dei monti, e le valli; e nel cielo squareiasi „al disopra 1’ immenso etere e tutte le stelle si scorgono e godene il „pastore nell’ animo.“ ®) Questo spettacolo della natura rischiarata dal chiarore della luna, bello e incantevole, ritratto in pochi versi da Omero, vediamolo come e quanto guastato nella versione poetica del Cesarotti. Come qualora nel silenzio amico Di notte placidissima serena La vaga Dea della stellante corte Co’ suoi candidi rai vezzeggia il mondo, Squarciato ogni suo vel mostrasi il cielo *) Canto VIII, v. 75-77 : ccvTog ()’ ”Idi]g ui-}'((/. s-/.xvne, dcaofitvov di .rjxt öikag ufr« Aaov ’Ayaiuv. a) M. Cesarotti — L' Iliade di Omero tradotta e illustrata, Tomo IV, pag. 245, Padova, Penada, 1789. 3) Canto VIII, v. 555-560 : a>S ()’ OX ’ tv OVQCCVG) SöTQU CptttLVr/V lUKfil 0sb]Vt]V Cpalvtt KQiKQi7litt, OTE T ’ ixhtZO VtjvBflOg ui&tjQ ' ix x tcpavev nüßai öxomui xai jrpäoveg axpoi xai vdnai' ovgavo&er d’ ap’ vn£QQ(iyt] ttömxog al9tjg, narta di x i’iötxai uöxqcc, yiyrföt öi xt (ftjtva noi/irjv. Lussureggiante in sua tacita pompa, E tutto sparso 1’ azzurrina faccia D’ auree fiammelle un tremolio gentile Di luco vividissima diffonde ; Gode la terra, e coli’ aperto seno Tutta a rincontro si rivela, e scopre Le alpine vette, e Je giacenti valli, Mura, e rocche, e cittadi, e campi, e boschi E fiumi, e porti; tacito da un balzo II semplice pastor s’ arresta, e dolce Con cor commosso ed incantato sguardo Al ridente spettacolo sorride. Qui il Cesarotti a forza di epiteti, di iperboli e di perifrasi ha proprio „mandato al diavolo“ Omero. Canto XVIII. „Egli (Vulcano) poi avanzandosi a stento, ap-„pressatosi ov’ era Tetide s’ assise sullo splendido seggio ; la prese „per la mano, e chiamolla a nome, e le disse : Ond’ e mai che tu vieni „alla nostra casa, o Dea dali’ ampio velo, diletta e venerabile Tetide ? „per lo innanzi non solevi. Spiegami cio che brami; che il cuore mi „spingea compierlo, se compierlo posso esee cosa che possa compiersi.“ l) Or si osservi quäle metamorfosi subisca Vulcano nella Versione poetica : Con vacillante fretta, ed informi orme S’ accosta alfin il divin fabbro, e a Teti Postosi accanto, per la man la prende, E si favella : o Dea cortese, o sempre Venerata, adorata, ond’ e che onori L’ albergo mio ? d’ uopo hai di me ? ben lieto Mi terrei di piacerti, ordina, imponi, Vulcano e tuo, tu mi salvasti, e quanta E 1’ arte mia, d’ ogni tuo cenno e serva. Paria, che chiedi ? II fabbro affumicato di Omero ha imparato a ossequiare Teti dai vagheggini in parrucca del settecento. 1) Cfr. Iliade, XVIII, 421-427 ; avtttQ o ippov 7i/.ij0u)v, tvQu ®Exig 71EQ, iiti dgovov Ith qx/f ivov, tv x aga oi cpv trtog % iöa oxi cpgovESis' TsAtöai. Öt ^vfios^va'yEV, eI dvvaiÄ(a TE/.töai yt xal ei xexeke6(ievov iöxivu. Canto XX. Si descrive la discordia degli Dei: „II padre degli „Dei e degli uomini tuonö terribilmente dall’ alto ; di sotto poi Net- „tuno crollö la imraensa terra e le alte vette dei monti. Traballavano „tutti i piedi, e le cime tutte del fontanoso Ida, e la cittä de’ Troiani, „e le navi degli Achei. Impauri sotterra il Re dei morti Pluto, ed im- „paurito sbalzd dal trono e gridö (per tema) che lo squassaterra Net- „tuno non gli squarciasse al di sopra il terreno, e non si appalesassero „ai mortali ed agli immortali i suoi abituri orribili a vedersi, squallidi, „e spaventevoli agli stessi Dei.“ *) Anche la bellezza di questo passo viene seiupata e guastata nella Versione poetica dallo stile immaginoso e raziocinante dei Cesarotti che tutto vuol abbellire, tutto ingigantire e amplificare e su tutto fi- losofeggiare. ,, ; quand ecco I)’ Olimpo il regnator manda uno scoppio Di non piü inteso altomugghiante immenso Tuon che rimbalza per 1’ eteree volte Pifrauto in mille, e 1’ universo assorda. Nettun risponde a quel rimbombo, e squassa La vasta molle della terra, e 1’ alte Petrose masse ; a quel gran colpo a un punto Tutte deli’ Ida le selvose teste Tutti i ferrigni pie, 1’ Uiache torri, II navil degli Achei, le prode, il campo Tremar, crollarsi, barcollar. Dell’ ombre Si scosse il regno, attonito dal soglio Slanciasi Pluto irto le chiome, e manda Ululo di spavento, ahi che sul capo II Signor dell’ indomito tridente Non gli squarci la terra, e non dischiuda Degl’ immortali e dei mortali al guardo I rugginosi suoi squallidi alberghi Abbominio del cielo, orror dei mondo. >) Cfr. Iliade, XVIII, 56-65 : Ösivov de ßQOVTtjßt nuxrjQ dvögCiv xe tiewvTi VTpo&EV' avxdg ivt q&e UoöHÖaav ixiva^sv yaiav anuQtöirjv ogicov r ainava xdgfjva. iCKvxts 6’ iöötiovto Tritt)tg nokvnidaxos "ISrjg xal y.oQvqial, Tqcocov xt nohg y.aivJjtg ’/fyaidH'. %S8eu5ev ö’ vueveq&ev avut, hngcov ’AiScavtvs, dtlöag Ö’ ly. Q'qovov u/ao y.cd iayj-, inj of vnsg&ev yaiav avaggi^tit IJoöEiÖdcov Ivoölyßcov, olxia di ftvtjxoiöi xal difavixxoiöi cpavui] 6/ifQÖakt’ tvQcotvxa, xd xe öxvytovöi &eo! 7tiQ. E da ultimo leggasi ancora il lamento di Andromaca sul cada-vere di Ettore, un altro dei luoghi piti patetici deli’ Iliado, e si vedril ancor meglio a che punto giungesse lo strazio ehe il Cesarotti fece di O mero per quella sua mania di ritoccare, di riformare, di aggiungere, di sostituire, di omettere, di aceorciare con lo seopo presuntuoso di abbellire e di raggentilire. Canto XXIV. „Marito mio, tu giovane perdesti la vita, e lasci me vedova nella casa ; ed il figlio, che tu ed io disgraziati generammo e ancor bambino, ne čredo giä ch’ ei sia per giungere alla gioventti : imperocche innanzi questa citta sara sovvertita dal fondo ; giacche peristi tu ehe n’ eri guardiano, e la tenevi salva, e i figli pargoletti, e le pudiche mogli, le quali ben presto verran condotte alle concave navi ; e certo sarö pur io tra queste. Tu poi, o figlio, o ne verrai meco per occuparti in opere indegne di te lavorando per un crudo padrone ; o qualcuno degli Achei adirato, prendendoti con la mano ti scagliera giti dalla torre a trista morte ; qualcuno, dico, a cui Ettore uccise forse il fratello od il padre, oppure il figlio. Imperocche assai molti Achei per le mani di Ettore presero coi denti 1’ immensa terra.: ehe non era giä molle tuo padre nella trista battaglia : e per questo i popoli lo piangono per la citta. Indicibil pianto e doglia cagionasti, o Ettore. a’ tuoi genitori; a me poi massimamente son rimaste angoscie cru-deli. Imperocche morendo non mi porgesti le mani fuor del letto, ne mi dicesti aleun savio detto, di cui sempre mi ricorderei notte e giorno spargendo lagrime.“ x) ') Cfr. Iliade, v. 725-745: dvfp, ari criüvog viog (a/lfo, xdd di^it kunug tv fif yuQOiöc' ndt g d’ st l vr]7iHog avrcog, ov tutvoi’ 6v t’ tyco rt dvoduuogoL, ovds fiil> occo ijßrjv iitöifut,' nglv yccg nofag r/dt xar’ dxgrjg ntQötTtti. tj ydg olalag imöxonog, og Tt fiiv uvzijv Qvöxtv, t%ts d ’ akd%ovg xtdvdg xal v^nia rixvu. cd d’ ij tol Tt'r/ji vrjvölv 6%qßovrai ykcKpvgyöiv, xal [iiv iyco fitrd rfjöc' 6v 6’ av, rixog, r) iiioi avty tiptac, ivöu jitv toyu atextu igydfoio, aftktvav Ttpb avaxrog äuitkL%ov' tjTig ’Avcuiäv giiptc zHQog tkm> ario nvQyov, /.vyoov ölt&gov, Xnofttvog, m ör'j tcov dötkeptbv ixravtv "Extcoq )] TiccTtQ rji '/.ui viov, tJtti uc/J.ci no/Mn ’Ayuuav ExTogog iv Mi/.dfDjöLV odd% iXov döntrov ovÖag. ov yccg iitikiyog iöxt JtattjQ rtbg iv Öäl kvygy. ra xai'fuv /.aol fiiv od vqovtul natu aözv, aQTjTov Öi Toy.ivöi, yoov y. cd, jitvftog ifhjxag, "Exrog. ijiol di ndhöTU ktlti^trac alyta Ivyga’ ov yag [ioc ftvrjßxmv ltyiav ix ogtiag, ovöt tL jioc tinag nvvcxov tnog, ov rt xtv aitL fit [ivtjfirjv vvxrag rt xal ’i'^iutu öc/.xov %iovöa.“ e tal ti veggo, esclama, Ettor mio, fido sposo ? ah tu cadesti In si florida etade, e me qui lasci Vedova desolata, e non potei Stringerti almen la cara mano, e corre Sülle tue labbra eolle mie tremanti L’ ultima aura vital ; ne a me volgendo Gli estremi sguardi, e la spirante voce Dicesti addio, ne il tenero conforto Ebbi da te d’ un amoroso detto Che ognor darebbe ali’ anima langaente Di dolcissime lagrime perenni Nudrimento e ristoro. Ah tu peristi Senza me da me lungi: or altro pegno Non resta a me del nostro amor, che questo Misero figlio. O figlio mio ehe fia Di tua madre e di te ? Spari per sempre La cara speme di vederti un giorno Crescer ali’ ombra del paterno soglio Alla patria, ali’ onor ; sogni fallaci! No piü patria non hai, mori tuo padre L’ Eroe di Troia, il difensor ; senz’ esso Qual salvezza sperar ? Cadrä dal fondo Ilio tutta eadra ; su i legni Argivi Gia le misere donne e i figli imbelli N’ andran cattivi, incatenati; io pr ima Saro tra’ ceppi, e tu pur meco o figlio Compagno di mia sorte i tristi giorni Trarrai dolente in rio servaggio, ed ambi Dovrem gl’ imperi d’ un padron superbo Soffrire e 1’ onte ; ambi ? ehe dico ? ah forse Qualch’ empio Acheo che per Ettorre in guerra Perde figlio o fratel vorrä vendetta Trar sopra te del padre tuo, fors’ egli Te tratto a forza dall’ Iliaca rocca Verra che scagli, ed io vedrotti o cielo Non soffrir tanto orror : Greci crudeli Vi basti il sangue mio ; se il figlio e salvo Vieni solo mio ben, bramata morte, E mi rendi al mio sposo : oh sposo !........... IV. Basterebbe quest’ ultimo saggio per giustificare il giudizio se-vero che il Montil) diede deli’ Iliade del Cesarotti e la conseguente atroce caricatura fatta da Tommaso Piroli, noto incisore in rame, ehe disegnö a soli contorni una figura in cui si vede la testa di Omero, cieeo, barbuto, seceo, posta sulla persona di un cicisbeo vestito seeondo 1’ ultimo figurino di Franeia : „capelli annodati dietro, gran corvatta con cappio e manichettoni; abito rigato alla vita stretto, camiciola senza saccocce con frange e due liste di bottoni, calzoncini attillati, due oro-logi con rispettive catene lunghe, calze e scarpe con tacchetti, fibbioni ovati per 1’ altezza, in positura di quinta“. Sotto vi sta il motto : Omero tradotto. 2) Eppure la versione poetica piacque molto e fu molto lodata anche da critici e letterati che godevano gran fama in quel tempo. Angelo Mazza, abate galante di spiriti battaglieri e grande adulatore, nel 1783, riletto il saggio di traduzione mandatogli dal Cesarotti, gli serive : i vostri versi „hanno un certo ehe di spontaneo, di robusto e d’ elegante che seduce, un’impronta di originalitä ehe ineanta malgrado 1’evidente indipendenza da certe leggi“ e piü sotto : „Ho per fermo, e vel „ripeto, ehe niuno al par di voi possa eimentarsi col cantor di Achille, „perche niuno possiede al par di voi le qualitä necessarie per reggere „in tal cimento.“ 3) L’ abate Stefano Arteaga, ehe serisse aleune osser-vazioni critiche sulla traduzione eesarottiana, letterato di merito non comune, nel 1785 : „Sono certissimo ehe fra le mani di lei o spariranno „affatto gi’ innegabili difetti di Omero, o appariranno soltanto per „maggior vantaggio della critica e della ragione." 4) Giovanni Fantoni, poeta rinomato, dopo aver lodato il traduttore per la logica, per 1’ eru-dizione, la novitä, la ehiarezza di metodo e per altro ancora, soggiunge ehe la posterita „stupirä a ragione di veder rovesciata da lei 1’ ara della „divinitä omerica.... e mirera con sorpresa ehe un italiano abbia ardito „di correggere Omero e di migliorarlo". 5) Clementino Vannetti, critieo *) G. Del Pinto. L' Omero del Cesarotti in „Rivista d' Italia“. Anno 1898, vol. III, pag. 350 : II Monti, in una riunione di letterati e artisti, invitato a dare il suo parere sulla trad. poetica del Cesarotti dichiard ehe ,1' abate Cesarotti, ri- modellando secoildo il gusto del secolo corrente il venerabile Omero di trenta secoli prima, aveva rieavato una figura n& antica ne modema, non greca non ita-iiana, ne dignitosa ne burlesoa, un veochio insomma con vclleitä di cicisbeo“. 2) L’ Omero del Cesarotti di Giuseppe Del Pinto. Opera citata pag. 351. 3) Epistolario, ed. cit. Tomo II, pag. 181. 4) Epistolario, ed. cit. Tomo II, pag. 236. ä) Epistolario, ed. cit. Tomo III, pag. 129 e segg. oggettivo ed equanime non certo di' manica larga,1) per quanto non „ben saldo in arcione“, 2) nel 17i>3 scrive che „la versione letterale con „le Dissertazioni e le Annotazioni che 1’ accompagnano e un’ opera da „formare essa sola il giudizio ed il gusto di uu uomo“. In termini veramente entusiastici si esprime pure per 1’ opera in versi in una lettera alla contessa Franco : „Veramente i suoi (del Cesarotti) versi grandeg-„giano come le divinita del suo poema, e tutto dipingono agli occhi e „tutto fanno agli orecchi sentire.... Alle volte ho dovuto abbassare „gli occhi al lampo delle armi e delle folgori quivi descritte e spesso „sentir brividi e di spavento e di sacro orrore.... Ho poi anche veduto „nei suoi versi i piii vaghi cieli e paesi che vedessi mai nelle tavole del „Tempesti e del Zucarelli.“ 3) II Bettinelli, che temerario e irriverente mosse gli assalti della sua critica demolitrice anche contro Dante, nel 1787, in una lettera al Tiraboschi, diceva : „La traduzione poetica poi „e la morte di tutte le traduzioni deli’ Iliade a mio gusto e d’ altri an-„cora." 4) A tutti questi ed altri esaltatori della versione cesarottiana rispose con poche, ma significative e profetiche parole il Foscolo— acui i versi deli’ Iliade del Cesarotti sembravano fatti „con un po’ di Clau-„diano, un po’ d’Ossian, un po’ di Metastasio, un po’ di Roehefort“ — : „Lodatori della Morte di Ettore ! a rivederci tra vent’ aimi al piü tardi, „se pure in Italia rimarra senso di buona e schietta letteratura.“ 6) Di fatti, pur ammettendo che vi sieno parziali bellez/.e, il valore della versione poetica e nullo. Col suo stile tutto a bolle e a tinte ardite, gonfio, artifiziato, enfatico e intemperante, coi suoi endecasillabi di soverchia sonoritä e di affettata armonia, foggiati con esagerazione, sulla maniera frugoniana, rumoreggianti e frementi come un vorticoso torrente, il Cesarotti, fervido ammiratore di Cicerone, tolse anche ai *) Ferdinando Pasini, Clementino Vannetti, Rovereto, 1907. pag. 41 e 58. 2) Rassegna Bibi, della letteratura it. Anno 1913, N. 1, pag. 7 (Re,eens. di V. Cian). 3) Epistolario, ed. eit. Tomo III, pag. 203 e segg. — Nel 1787 scrivendo al Tiraboschi s' era giä espresso favorevolmente : „Leggo finalmente anch' io „1’ Omero del Cesarotti; e quanto profonde mi paion le annotazioni, altrettanto „mi sa bello e meraviglioso il volgarizzamento poetico“. (Carteggio fra G. Tiraboschi e CI. Vannetti per cura di G. Cavazzuti e F. Pasini, Modena, Ferraguti e Comp., 1912, pag. 202). *) Carteggio fra G. Tiraboschi e CI. Vannetti per cura di G. Cavazzuti o F. Pasini, Modena, Ferraguti e Comp., 1912, pag. 188. Vero 6 perö che in un' altra al Foscolo del 1807, riferendosi alla traduzione deli’ Iliade tentata dal Foscolo stesso, dal Monti e dal Cesarotti diceva : „Non trovo Omero, miei cari, nol rico-nosco, nol sento ne' vostri versi“ ; e consigliava : „Non traducete piü innanzi“. (G. Storico, Anno XXX, fase. 175, 1912, pag. 172). 5) U. Foscolo — Prose letterarie, Firenze, Le Monnier, 1850, vol. II, p. 217. luoghi piü insigni ora la somplicitä e la naturalezza, ora 1’ affetto, ora 1’ evidenza della pittura, snaturd i costumi, guasto tutto insomma, dandoci „un innesto temerario di sacro e di profano, un accozzamento „bizzarro di vecchio e di nuovo, un componimento eteroclito, una pro-„duzione bastarda, un’ opera iudefirubilo." x) Questa sacrilega conta-minazione di una delle piü grandi opere ehe vanti la poesia umana stuzzico 1’ estro satirieo deli’ abate Francesco Boaretti, professore nel seminario di Padova, omerista, si badi, ehe con intento parodico tra-dusse in dialetto 1’ Iliade. 2) Che tale sua versione sia una parodia diretta a colpire 1’ enfatica e magniloquente traduzione cesarottiana m’ inducono a crederlo la Dediča e P Introduzione, dove il Boaretti, rispondendo ai critici antiomeristi ed esponendo i criteri direttivi se-guiti nel suo lavoro, viene a pungere, con garbo e urbanita, senza no-minarlo, il Cesarotti, di cui mette in burla i principi e il metodo adot-tati nel dar veste poetica ad Omero. I critici moderni di Omero, afferma egli nella Dediča (pag. VIII), fanno ridere ogni uomo di senno, quando „esclamano contro di lui, perche egualmente ci mette sott’ occhio e vizi e virtü ed azioni di Numi meravigliose e sconce e ridicole“. Non si puö concludere che Omero e assurdo, incoerente e basso, anche ammesso che abbia delle cose assurde nella religione, delle bassezze nei caratteri, delle incoerenze nei costumi. Non devesi quindi gridare ali’ indecenza, se nell’ Odissea la figlia del re dei Feaci si reca al fiume per lavar ella stessa i panni. Si costumava cosi, e basta. 3) Nell’ Introduzione a pag. LVIII e segg. dichiara ehe per conseguir il fine propostosi di darci un Omero quäl’ e nell’ originale chiaro, facile, e i caratteri e gli usi e i costumi quali sono nel testo greco „volle piuttosto prendersi tutte le „ragionevoli libertä necessarie per ottenerlo, di quello ehe per esser „fedelissimo traduttore peccare contro di esso .... stimai ragione-„vole il porre di tratto in tratto qualche verso, ed in aleuni siti qualche „stanza che serva alla chiarezza, concatenazione e spiegazione del testo. „Ma tutte queste aggiunte e non son altro che sviluppi dedotti dalle „parole del greco autore ed in complesso non giungono a duecento veisi „in tutta P Iliade...........Ragionevole stimai parimenti il cangiare „aleun poco in qualche libro 1’ ordine delle cose .... ponendo avanti „o dopo per chiarezza aleuni versi altrimenti posti dali’ autore. Stimai ‘) Parole che il Cesarotti, sospettando forse di aver fatto opera vana, sug-gerisce ai suoi Aristarchi per definire il suo lavoro poetico. (Cfr. L' Iliade ossia La Morte di Ettore ecc., Tomo XI, Venezia, Giustino Pasquali, 1803, pag. 31). 2) Omero in Lombardia deli' abate Francesco Boaretti, Iliade, Venezia, MDCCLXXXVII1. Presso Domenieo Fracasso. Con approvazione dei superiori. 3) Non e qui abbattuta la critica antiomerista del Cesarotti 1 „ragionevole di sopprimere tutte le ripetizioni, gli epiteti perpetui, le „genealogie, le vecchie favole, e tutto ciö ehe potea ostare ali’ espres-„sione deli’ anima, dello s pirite, delle bellezze deli’ antore e ali’ energia „degli affetti.“*) . . . . Finisce dicendo ehe ad imitazione di Omero non si atterme ad un dialetto determinato e solo, ma a un „misto di dialetti“ per ottener energia di espressione, varieta di termini e di rime, ed evitare in tal modo di incorrere nelle stes.se desinenze. Or eeco un sagsio di tale sua traduzione : Canto d’ Achille, ehe 1’ Eroe xe sta 2) Tre i primi el primo per vigor de brazzi Quella rabbia famosa, ehe ga da Tanti spasemi ai Greghi e tanti impazzi; Sta maledetta Rabbia, ehe ha mandä A cenar con Pluton tanti bravazzi. Oussi Giove ordinava ; e intanto i ean Magnava earne, e bevea sangue uman. A Motivo, ehe sto mal Giove volesse Xe sta un eerto pontiglio, una question Per onor, per amor, per interesse Fra Achille, e ’1 general Agamenon E perche sto furor principio avesse, Apollo ga da 1’ urto e 1’ occasion : Apollo, si, nel vendicar 1’ offesa De Crise ha suscita sta gran contesa. A Al lido, do ve i Greghi avea la na ve Un certo Crise xe vegnü, ehe giera Prete d’ Apollo, e tra le putte schiave L’ avea una so fia vistosa in ciera. Ga sto bon vecchio un portamento grave, E nella gravita gentil maniera ; Scettro d’ oro el ga in man, bel velo in testa E ricca indosso e maestosa vesta. ‘) O non £ questa la magica arte dei compensi seguita dal Cesarotti ? “) Notiamo ehe omette 1' invocazione alla Musa contro eui volse le sue armi il Cesarotti. Quando in mezzo all’ armada el s’ ha trovä Tutti i Greghi el s’ ha messo a supplicar, E Agamenon e Menelao prega L’ ha caldaraente, e 1’ ha torna a pregar ; E regali e ricchezze el ga mosträ, Che per sta Putta el ghe voleva dar, E da bon vecchio 1’ ha parlä cussi : Prencepi, Generali, e Re, senti. Alla critica e alla versione cesarottiana non si poteva dare piü bella risposta che questa canzonatura. Melchior Cesarotti, il letterato piü rinomato nell’ ltalia del suo tempo, fu piü eritico ed erudito che poeta di gusto sano e veramente classico ; ma la sua critica antiomerista, non nuova ne originale, si in-vece eco di quella italiana e francese, spesso parziale e contraddittoria, per quanto superiore a quella dei suoi di in ltalia per idee sane e larghe in un certo senso, e tutta guasta dalla soverchia fiducia che egli aveva nel suo buon gusto e nella ragione, tanto che il buono e il bello presu-meva di trovarlo solo in se, e dall’ idea fissa, nella sua irreligione contro gli antichi, di voler fare il pedagogo ad Omero con lo scopo di deprimere una scuola per esaltarne un’ altra. Con tale sua presunzione e tali suoi intenti esercitando una sistematica ipercritica contro tatto quello che negli antichi gli pareva brutto, riusci a risultati del tutto negativi : a deturpare e a deformare anche 1’ Iliade di Omero, opera di eterna bellezza. Sieche come la traduzione in prosa, buona nell’ in-sieme, ha un merito storico, perche le traduzioni italiane posteriori se ne giovarono, cosi la versione poetica non ha che un’ importanza sto-rica, perche e un curioso documento dei criteri estetici del settecento e perche concorse alla formazione di quel linguaggio poetico immagi-noso e sonoro che venne di moda nella prosa poetica e nella lirica del romantieismo. *) Perö ebbe anche qualche effetto buono e benefico. Poiche come il Bettinelli colla sua critica irriverente richiamö, senza volerlo, gl’ Italiani al culto e allo studio della Divina Commedia, cosi anche il Cesarotti, dopo aver glorificato il nuovo „Omero posticcio“ e contamineto 1’ „Omero vero“ affrettö, senza accorgersene, il pubblico e i critici verso la retta aminirazione dell’ antichitä.1) ==CZZ>= ') Salvatore Viale — Scritti in verso e in prosa, raccolti e ordinati per cura di F. S. Orlandini, Firenze, Le Monnier, 1861, pag. 516-518, dove 1' autore, per faroi sentire il frastuono e mostrarci la pompa e lo sfoggio eccessivo delle ima-gini nello stile deila Versione poetica del Cesarotti, ci offre un repertorio alfabe-t.ieo di nuove frasi ricavate da quell' opera. 2) G. Mazzoni — L' Ottocento, Vallardi, pag. 12 NOTIZIE SCOLASTICHE ■■ NOTIZIE SCOLASTICHE Corpo insegnante alla fine deli’ anno scolastico 1912-13. N° NOME MATERIE Ore Capo- classein Osservazioni 1 Dr. Giuseppe Vidossich, i. r. direttore. Propedeuticafilosofica in VII e VIII. 4 2 Arturo Bondi, i. r. professore. Storia e geografia in III, IV, V, VII, VIII. 19 VIII dal 5/3 inpoi Custode della col-lezione geografico-storica; direttore nautico. 3 Dr. Pietro Bonne, i. r. docente otfettivo. Greco in IV e VIII, latino in IV, tedesco in II. 18 IV Custode del gab. archeologico. 4 Orlando Inwlnkl, i. r. professore. Matematica in I B, IV-VIII, fisica in VII e VIII (fino al 5/3, poi in permesso per ma-lattia). 24 VIII fino al 5/3 Custode del gabi-netto di fisica; di-resse i giuochi al-1’ aperto. 5 Dr. Ottone Kienovar, i. r. supplente. Latino e italiano in I A, geografia in I A, IB e II ; calligrafia in I B. 19 I A 6 Dr. Vittorio Largaiolli, i. r. professore nella VIII classo di rango. Storia naturale in I A, I B, II, V, VI ; fisica in III-IV; matematica in II-III; ginna-stica in I A, I B, II e III. 31 Custode del gabi-netto di storia naturale; membro della Comm. esa-minatrice per can-didati al magistero nelle scuole pop. e cittadine. 7 Dr. Giovanni Marsich, i. r. docente effettivo. Religione in I A, I B, II - VIII. 18 8 9 Giuiio Montagni, i. r. docente effettivo. Tedesco in I B, IIJ— VIII. 21 VI Custode della bi-blioteca degli Scolari, sez. tedesca. Don Giovanni Musner, i. r. professore nella VIII olassedi rango. Italiano in II, VI e VIII, latino in II. 17 II Custode della bi-blioteca dejli sco-lari, sezione italia-na ; membro della Comm. esamina-trice per candidati al magistero nelle scuole cittadine. 10 Celso Ostl, i. r. professore nell’VIII cL di rango. Italiano in III, V e VII ; greco in III; latino in V. 20 V Bibliotecario. 1 N° NOME MATERIE Ore Capo-classe in Osservazioni 11 Luigi Piffer, i. r. docente effottivo. Latino in III e VIII ; greco in VI ; tedesco in I A. 1» m Diresse i giuochi ali’ aperto. 12 Pietro Savoi, i. r. pro-fessore. Latino in VI e IB; italiano in I B. 18 I B 13 Antonio Schor, i. r. supplente. Matematica in I A; (dopo il 5/3 assunse 1’ orario del professore Inwinkl). 3 (25) 14 Giuseppe Vatovaz, i. r. profos-ore nella VII classe di rango. In permesso per malattia. 15 Iginio Zucali, i. r. pro-fessore. Latino in VII; greco in V e VII ; italiano in IV ; calligrafia in I A ; storia in II; matematica in I A (dopo il 5/3). 20 (23) VII Ifi Ranieri Cossar, i. r. maesto di pratica e docente di disegno nel-1’ Istituto magistrale. Disegno in I A, I B, TI e III. 11 Custode della colle-zione di mezzi di-dattici per il disegno. 17 Dr. MelchiorreCurellich, i. r. supplente nel-1’Istituto magistrale. Storia e geografia in VI. 5 18 Matteo Krištofič, i. r. maestro presso la Casa di pena. Lingua eroata in V. 2 Docenti delle materie libere. 19 Orlando Inwinkl, i. r. professore. Stenografia. 2 Vi prendono parte scoiari delle classi IV VIII. Dopo ii 5 3 il corso fu sospeso. 20 Matteo Krištofič, i. r. maestro. Lingua croata. 2 Vi prendono parte scoiari delle classi IV, VI-VIII. 21 Dr. Vittorio Largaiolli, i. r. professore. Tiro a segno. 1 Vi prendonc parte scolarj ) Lingua latina 7 7 6 6 0 6 5 5 48 Lingua greca 5 4 5 5 4 5 28 Storia 2 2 2 3 4 3 1 S. 4 II S. 3 20 (1») Geografia 2 2 2 2 1 1 10 Matematica 3 3 3 3 3 3 3 2 23 Storia naturale .... 2 2 • 3 3 10 | Fisica. o ohimica .... 2 3 J 4 IS. 3 HS. 4 12 (13) Propedeutioa filosofica 2 2 4 Disegno 3 3 2 82) Calligrafia 1 I Ginnastica 2 2 2 63) Somma . . . || 30 30 32 28 29 on (31) 00 29 29 — Piano d’istruzione per la lingua croata nella V classe s Parte I. del corso completo di lingua croata (secondo il metodo empirico analitico) del profes-sore ginnasiale M. Kušar. No^ioni preliminari, eserci/,i di lettura e regole di pronuncia. Esercizi pratici basati sulla grararaatica, divisi in 28 lezioni, e queste suddivise in 37 esercizi. ') Sari introdotta successivaraente in VI-VIII. -) Sari introdotto l'anno venturo in IV. ;i) Sari introdotta succe93ivamente in tutte le classi. LETTURE SCOLASTICHE E DOMESTICHE. A. Latino. Cl. HI. Cornelio N c pote : Milziade, Temistocle, Aristide, Cimone, Trasibulo, Eparainonda. Curzio Rufo : Gioventü di Alessandro, Alessandro salito al trono, battaglia di Geranico. Cl. IV. Cesare: De bello gallico I, II 1-12, IV 1-36, V 12-14. 01. V. Cesare: De bello gallico I, XIV; Limo: 1. XXI. Ovidio: parte prima, dalle Metamorfosi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 11, 14, 16, 17, 20 ; parte terza 1,8. Cl. VI. Sallustio : Bell. Jug. 1—50 ; Cicerone : Orat. I in Catilinam ; Virgilio : Aen. I, Egi. I, IX. Cl. VII. Cicerone : Pro Milone, Laelius de Amicitia, De officiis (brani scelti) ; Virgilio : Aen. II e IV. Cl. VIII. Tacito : Annali I ; Orazio : Sermoni I, 1, 5, 6, 7, 9, 10 ; II, 6, 8 ; Epistole I, 1, 6, 7 ; Epodi 2, 6, 7, 9, 10, 13, 16 ; Odi I, 2, 3, 6, 9, 22, 37 ; TI, 3, 12, 14, 18, 20 ; III, 8, 9, 13, 21, 30 ; IV, 3, 7, 8, 9, 12. B. Greco. Cl. V. Senofonte : Anabasi I, II, III, in parte IV e V. Omero : Iliade I. Cl. VI. Omero: Iliade I, II, III, VI; Erodoto : V, 100- 102; 105; VI, 43-45; 48-49; 94-117; 119 - 120 ; VIT, 1 - 4 ; 32 - 59; 138- 144; 175 - 178; 196-233. Cl. VTT. Omero: Odissea I, 1 - 105; V, VI, V II, VIII ; Demostenc : I Filippica e I Olintica ; Platone : Apologia 1 - 15. Cl. VIII. Platone : Apologia, Critone, Eutifrone ; Sofocle : Edipo re ; Omero : Odissea V 1 - 191 ; 475 - 493 ; VI. C. Italiano. Cl. V. Manzoni : 1 promessi sposi I - XXIX. Cl. VI. Ariosto : Orlando furioso, c. I - VI ; Dante : Inferno I - XX. Cl. VII. Dante : Purgatorio I - XXIX ; Tassoni : La secchia rapita ; Cellini : La vita ; Forteguerri : II Ricciardetto ; Parini : II giorno e le odi ; Metastasio : Attilio Regolo , Clemenza di Tito ; Alfieri : Saul, Eilippo, Virginia ; Goldoni : I Rusteghi , La bot-tega da caffe, La Locandiera, Painela nubile e altre ; Cesarotti : Ossian ; Beccaria : Dei delitti e delle pene. Cl. VITI. V. Alfieri : dalla „Vita1', dalle Poesie liriche, il Saul, il Filippo ; F. Monti : dalla Bassvilliana, dalla Mascheroniana, dalle Poesie liriche ; U. Foscolo : Odi e sonetti, i Sepolcri, le Grazie ; A. Manzoni : la Pentecoste, 1’ Adelchi, il Conte di Carmagnola ; G. Leopardi : I Canti. - Poesie e prose scelte del Pindemonte, de) Grossi, del Pellico, del Carrer, del Prati, deli’ Aleardi, del Praga, dello Zanella, del Giusti, del Cantil, del Guerrazzi. D. Tedesco. CI. VI. II Sem. : „Hermann ™d Dorothea“ I - III. CI. VII. I - II Sem.: „Minna v. Barnhelm“ I - IV. „Oberon“ I - III. CI. VIII. I - II Sem.: „Wilhelm Teil“. TEMI D’ I T A L I A N O Classe V. — II mio primo viaggio. — Davanti San Guido. — Guardando 1’ orologio. — Bianchi e Neri a Firenze. — II mio ritratto. — L’ oste della „Luna piena“. — La spaventosa visione della morte di Bea-trice avuta da Dante. — Assedio di Sagunto. — Bellezza e utilita delle piante. — II Petrarca. O. Osti. Classe VI. — Gioventu infingarda, vecchiezza misera. — Sal-lustio, F iiomo, lo scrittore. — Quali virtu fisiche e morali si conven-gono particolarmente ai giovani. — La poesia del Natale. — Morgante e Margutte. — Vedere non e guardare. — II messo del cielo. — II poeta storico, Omero. — Lo storico poeta, Erodoto. G. Musner. Classe VII. — Carattere di Dante desunto dai canti deli’ Inferno. — Effetti del suffragio universale. — II sogno nell’ arte. — II cama-leonte. — II mio ritratto. — La vita animale e vegetale del mare. — d) La lotta deli’ uomo contro la natura ; b) Ettore e Achille. — Virtü educativa deli’ alpinismo. — a) La reclame ; b) Ammiriamo i grandi del passato, ma dimentichiamoli; cosi soltanto ci potremo metter a canto a loro. c) Istruire quanto basta, educare piu ehe si puri. C. Osli. Classe VIII. a) I vantaggi del vi vere civile. b) La storia tende alla veritä, la poesia al diletto. c) Specialisti od enciclopedici ? — Ah nulla muore senza che qualche cosa non pianga. (Byron). — Si definisca il carattere d’ uno dei personaggi del „Saul“ dell’Alfieri. — La funzione del dolore nell’ umana attivitä. — Danni e vantaggi delle invasioni francesi in Italia dal 1796 - 1814. — Le comunicazioni fra 1’ Oriente e 1’ occidente nei tempi antichi, nel medio evo, e nei tempi moderni. — a) Le colonie indice della potenza vitale dei popoli. b) Gli scopritori del polo. c) „Era 1’ ora ehe volge il desio . . . “ Non sono questi versi 1’ espressione deli’ animo del poeta esule per le terre d’ Italia ? — a) Orazio, poeta cortigiano. b) Un viaggio in ferrovia da Trieste a Vienna, c) La fabbricazione della birra. — In fondo al solco. G. Musner. TEM I TEDESCHI Classe V. - Das Irrlicht. Halte Rat vor der Tat. * - Das hölzerne Pferd. — Meister Hammerlein.* Orestes und Pylades. Die Herrlichkeit der Welt vergeht, nur was wir Gutes tun besteht.* Der Löwe von Florenz.* Andreas Hofers Heldentod.* Die Bombe, oder: die Unerschrockenheit des Königs Karl XII. von Schweden. Kaiser Josefs Entscheidung. Classe VI. Der Goldfasan. — Durch Stillsein und Hoffen werdet ihr stark sein.* — Kaiser Max I. an der Martinswand. — Das Zeitalter des Augustus.* Die abgefertigten Räuber. — Der Schein trügt. — Hermann, der Nationalheld der Deutschen.* Die Entdeckung Amerikas. Welchen Nutzen gewähren uns die Berge ? Classe VII. Sigfrieds Tod. Wie und wo habt ihr die Sommerferien zugebracht ( — Das Lob der deutschen Frauen (Nach Walther v. d.Vogelweide).* Das Eisen. — Eine Episode aus meinem Studentenleben.* Nutzen des Regens. Es ist ein Schnitter, der heißt Tod . . . (Dem alten Volksliede nacherzählt). Die Zeitung im Haushalte. Hüons abenteuerliche Sendung.* Die Schule, ein Garten (Parallele). Classe VIII. Hermann und Dorothea. — Warum lernen wir Deutsch ? * — Ist das Fußreisen für die lernende Jugend besonders wichtig ? — Zu welchem Zwecke tötet der Mensch die Tiere ? — Mein Lieblingsspaziergang.* Was können wir von den Bienen lernen ? — Wer sich nicht nach der Decke streckt, dem bleiben die Füße unbedeckt. — Gesundheit ist eins der höchsten Güter. Wilhelm Teil (Charakteristik). — O, mächtig ist der Trieb des Vaterlands ! (Willi. Tell, II. Anfz.. I. Sz.). MATERIE LIBERE Lingua croata : Corso completo di lingua croata (secondo il metodo emnirico - analitico) del professore siinnasiale M. Kušar, Parte I e II. Studi di brani scelti dai libri di lettura di M. Divkovic e di M. Kušar; I. razgred gimnazijski. Esercizi pratici a voce ed in iscritto. M. Krištofič. Stenografia : Sistema Gabelsberger-Noe. Alfabeto stenografico ; vocali finali, medie e iniziali ; dittonghi e polittonghi : vocali isolate ; consonanti apostrofate e nomi propri ; abbreviazione degli aggettivi comparativi e superlativi e dei verbi : sigle dei pronomi e dei verbi essere, avere, volere, potere. dovere, fare. lasciare, conoscere. O. Inwinkl. Ginnastica : Esercizi ordinativi e liberi. Salti. Esercizi agli at-trezzi : sbarra, parallele, cavallo, cavallina, anelli, scala, orrizontale. Tiro della fune. G. Vidossich. *) L* asterisoo indica i temi domestici. & NORME DISCIPLINAR1 per gli alunni delli. r. Ginnasio Superiore dello Stato in Capodistria. Approvate con disp. dell’ i. r. Consig-lio scolastico provinciale dd. 15-3-1913, N. I. S. 176-13. 1. Gli scolari del Ginnasio sono privati o pubblioi; questi ultimi ordinari o straordinari. L’ ammissione d’ uno scolaro straordinario dipende dal vot.o del Consiglio dei professori. 2. L’ osservanza delle norme disciplinari e obbligatoria per tutti gli alunni, in tempo di scuola e durante lc vacanze. 3. II Ginnasio si attende che gli alunni considerino la scuola como una grande famiglia e contribuiscano al suo decoro collo studio indefesso e col contegno rispettoso, corretto e cortese. 4. I prescritti esercizi religiosi sono obbligatori per tutti gli alunni di religione cattolica. Dispense per una volta tanto possono venir concesse dal catechista, per piü tempo dalla Direzione, previa domanda, motivata e presentata in tempo debito, dei genitori o loro legali rappre-sentanti. 5. II primo dovere d’ ogni scolaro e 1’ ordine e la puntualitä : puntualitä nel venire a scuola evitando ogni ritardo e nell’ adempi-mento, in genere, di quanto la scuola impone ; ordine nei libri prescritti e nei requisiti necessari. Non e lecito portare a scuola oggetti non richiesti dall’ insegnamcnto. Questo divieto oomprende anche i ba-stoni e i distintivi, di qualunque specie essi sieno. 6. Ogni danilo arrecato por trascuranza o con intenzione all’e-dificio o alla suppellettile scolastica viene punito ; il eolpevolc o, sc rimane occulto, la classe tutta o le classi responsabili in solido — e tenuto a risarcire il danno. 7. Gli scolari interverranno a tuttc le lczioni delle materic d’ ob-bligo c di ipielle materic facoltative alle quali si sieno regolarniciitc inscritti al principio deli’ anno scolastico. La dispensa durantc 1’anno scolastico dalla frequentazione d’un corso faeoltativo - obbli-gatorio o libero non puo venir concessa ehe dal Consiglio dei professori. 8. Ogni assenza deve essere giustificata presso il capoclasse tosto che lo scolaro šara ritornato a scuola. Contro i colpevoli di assenze in-giustificate si ricorrera a provvedimenti disciplinari. 9. Non e lecito agli scolari assentarsi dalla scuola senza. chieder permesso, per un’ ora al rispettivo docente, per un giorno al capoclasse, per piii tempo al direttore. 10. Chi manchi per otto giorni conseentivi dalla scuola senza permesso o senza farne pervenire la dovuta giustificazione, vienc considerato come uscito dal Ginnasio. 11. Chi abbandona la scuola e tenuto a presentarsi al direttore per ottenere il nulla osta sull’ attestato dimissorio. 12. Gli atti scolastici sono atti pubblici; ogni loro falsificazione o alterazione e reato. 13. Agli scolari non e lecito fare collette senza il permesso del direttore o, quand’ cgli lo ritenga neeessario, deli’ i. r. Consiglio scolastico provinciale. 14. E vietato agli scolari di trovarsi fuori di casa ad ora tarda ; chi desse motivo a rimostranze in questo riguardo, šara tenuto a giu-stificarsene. Gli scolari non debbono assentarsi dalla citta senza permesso del capoclasse. 15. E assolutamente vietato agli scolari di far parte di societa segrete o costituite, o di comitati ehe ne inizino la costituzione ; e vietato loro del pari di assistere ai pubblici dibattimenti nei tribunali ed alle sedute del Consiglio Comunale o della Dieta provinciale. 16. Gli -scolari del Ginnasio superiore possono, col permesso della Direzione, prender parte a festini, conferenze e divertimenti dati da societa. II permesso dovrä esser chiesto di volta in volta. 17. Agli scolari della VII c deli’Vlil e permesso di andare a teat.ro, ma la Direzione si riserva di togliere questo permesso ogni quäl volta se ne facesse abuso o la rappresentazione noti fosse a dat tata. Gli altri scolari dovranno ehiederne di volta in volta il permesso al eapoclasse, e gli scolari delle classi inferiori non vi potranno andare se non accompagnati da persone adulte. Uguale disposizione vale per i ci-nematografi. 18. L' accesso a trattorie e caffe e permesso agli scolari della VII e dellJ VIII. agli altri soltanto se accompagnati da persone adulte. La Direzione si riserva di Iimitare questo permesso quando se ne facesse ahuso, e di vietare I' accesso a singoli locali. 19. Sono perö vietati i giuochi d’azzardo o in genere 11011 adattati. 20. Si raccomanda vivamente a tutti gli scolari di non fumare. ß assolutamente vietato agli scolari delit' classi inferiori ; agli scolari del Ginnasio Superiore e vietato di fumare entro 1' edificio scolastico e nell' andare e venire da Ha scuola. 21. Agli scolari non e lecito riunirsi in gruppi per intraprendere gite o per altra ragione.senza a verne ottenuto il permesso dali» Direzione. 22. Non e lecito agli scolari prodursi in pubblico senza il nuli» ost» del Consiglio dei professori. 23. Non e lecito agli scolari alloggiare stabilmente nei pubblici alberghi. Essi sono obbligati a notificare al Ginnasio il loro alloggio, ed il Consiglio dei professori puo, se lo ritenga necessario, imporne il cambiamento. £ dovere delle famiglie di cooperare colla scuola, affinche gli scolari osservino scrupolosamente le norme disciplinari ed ogni altra disposizione scolastica. 24. La scuola dispone dei seguenti castighi : a) 1’ ammonizione del docente ; b) 1’ annotazione nel giornale di classe : r) la riprensione da parte del capoclasse ; d) la reclusione ; e) la. riprensione da parte del direttore, eventualmente davanti al Consiglio dei professori ; /) la. reclusione qualificata. da 4 a 1 (» ore ; q) I’ espulsione dalla scuola ; h) I’ espulsione da tutte le scuole medic. L’ espulsione dalla scuola avviene : 1) quando lo scolaro ha riportato in due semestri consecutivi nella ineta delle materie obbligatorie la nota insufficiente ; 2) quando un ripetente non volontario e dichiarato alla fine deli’ anno scolastico non idoneo alla classe superiore ; :>) quando a uno scolaro, nello stesso semestre, sono gia state inflitte due reclusioni qualificato ; 4) quando s’avveri quanto al § 10; 5) quando i genitori non vogliano sottostare a quanto e detto al § 23 , 6) quando lo scolaro si renda colpevole di gravi infrazioni disciplinari, non altrimenti punibili, o di persistente negligenza. 25. Allo scolaro che si sottragga alla punizione allontanandosi dalla scuola non viene rilasciato 1’ attestato dimissorio. 26. Contro Ir punizioni inflitte da singoli docenti o dal Consiglio dei professori e libero ai genitori o loro legali rappresentanti il rieorso da presentarsi in tempo debito alla Direzione, risp. all’ i. r. Consiglio scolastico provineiale. [I rieorso non ha efficacia sospensiva. AUMENTO DELLE COLLEZiONI SCIENTIFICHE A. Bibtioteca dei professori. Doni Dali’ i. r. Min. del Culto e delV Islr. : Zeitschrift für oesterr. Volkskunde. — G. Vidossich : Quattro lettere inedite di Domenico Ros-setti (dono dell’ autore)'. — L. Faidutti : Elogio funebre (dono della Guria vese. di Parenzo). — A. Bronzin : Cordis Carmina I e II (dono dell’ autore). — E. Gerosa : Appunti sul problema della soppressione delle immondizie (dono dell’ autore). — G. Morosini : La leggenda di Dante nella regione Giulia. — A. Bellotti : Odi adriache. — St. Te-deschi : Studi filosofici ed altri scritti (Genova 1913). Acquisti Monatshefte für Mathematik und Physik 15> 13. — Zeitschrift für den physikalischen u. chemischen Unterricht 1913. — Anzeiger der kaiserlichen Akademie der Wissenschaften (Philosophisch-historische Klasse, Matematisch-naturwissenschaftliche Klasse). — Zeidler : Deutsch-oesterreichische Literaturgeschichte. — Roscher : Lexikon der griech. u. röm. Mytologie (contin.ua). — Zeitschrift für die oesterr. Gymnasien 1913. — Berichte über den mathematischen Unterricht in Oesterreich (11. Heft). — Mitteilungen der k. k. geogr. Gesellschaft in Wien 1913. — Jahrbuch des höheren Unterrichtswesens in Oesterreich, 1913. — Nuova Antologia 1913. — Rivista di filologi tx e d’ istruzione classica 1913. — Giornale storico della lettera-tura italiana 1913. — Bollettino delle pubblicazioni italiane 1913. Zumbini : Studi sul Leopardi, Firenze, 1909. — De Sanclis : Letteratura italiana. — 1/. Polo : II Milione. — Marchini Capasso : Goldoni e la commedia dell’ arte, Napoli, 1912. — De Gubernatis : Vittorio Alfieri, Firenze, 1912. — E. Mazelle : Meteorologia ed oceanografia, Trieste, 1910. - P. Elle.ro: La vita dei popoli, Torino, 1912. - P. Villari : I/ Italia da C. Magno alla morte di Arrigo, Milano, 1910. — A. Belloni : Poema epico e mitologico, Vallardi. — G. Pinsler : Homer in der Neuzeit von Dante bis Goethe ecc., Leipzig, 1912. I. Dei Lungo : Patria italiana, Bologna, 1912. — F. Flamini : II Cinquecento, Vallardi. -/). Mantovani : Letteratura contemporanea, Torino, 1913. -- Halma-Schilling : Die Mittelschulen Oesterreichs. — Lehrplan und Instruktionen für den Unterricht an den Gymnasien in Oesterreich, Wien, 1913. — E. Paulin : Guida per 1’ educazione fisica, Trieste, 1913. — G. De Ewjgiero : La filosofia contemporanea, Bari, 1912. — G. Pa-panti : I parlari italiani in Certaldo, Livorno, 1875. — E. Monaci : Orestomazia italiana dei primi secoli, Cittä di Castello, 1912. — A. Weinhold-. Physikalische Demonstrationen. — Rooses - Fogolari: Storia della pittura dal 1400 al 1800, Milano. Celso Osli. B. Biblioteca degli študenti. Doni Dal signor Benedetto Lonzar, libraio in Gapodistria : Finn Franc/is, Tom Playfair - Roma, Desclee & C.i, 1913. C op polu Camilla, Per i nostri ragazzi - Roma, Desclee & C.i, 1912. -- ßailey Aldrich T., La storia di un cattivo soggetto - Roma, Desclee & C.i, 1913. — Finn Francis, Scuole e scolari - Roma, Desclee & C.i, 1912. Dal prof. Giovanni Musner: Carducci Giosue, Dogli spiriti e delle forme nella poesia di C. Leopardi - Bologna, N. Zauiehelli, 1898. Acquisti Bassi Domenico, Mitologia greca e romana - Firenze, Šansoni, 1913. C. Gabinetto di Geografia e storia. Custode: Prof. Arturo Bondi. Doni Dal fondo conferenzc del ginnasio : 44 diapositive (Pompei, i Bal-cani, Ravenna) ; dalla Socieiä Fscur sionisti Istriani quattro vedute di montagne ; dallo študente Rodolfo Geol un disegno degli scavi romani di Ancarano ; dal direttore del Museo di Trieste A. Puschi „An-tichitä romane scoperte ad Ancarano“ (Estratto dali’ Archeografo triestino vol. VII, fasc. 1 della III serie) ; dagli študenti Fiorentu, Gramaticopulo, Longo e Krištofič : una collezione di cartoline i) lustrate Acquisti Quattro fotografie della Prammatica Sanzione. D. Gabinetto archeologico. Custode : Dott. Pit.ro Bonne. Doni Dali’ i. r. Ministero del Culto e dell’ Istruzione: Jahreshefte des oesterreichisehen archeologisehen Institutes in Wien, Band XIV 2, XV 1. E. Gabinetto di storia naturale. Preparato in formalina dei sacchi aerei di un uccello (cölumba domestica). Dr. V. Larqaiolli. F. Gabinetto di fisica e chimica. Doni Apparato di Kipp, dallo scolaro Cossaro della VII cl. — Bol-lettino meteorologico, dall’i. r. Osservatorio marittimo di Trieste. Acquisti Piedestallo per lo sciottico. — Tela per le proiezioni. — Apparato di Hoffmann per 1’ elettrolisi. — 3 pile elettriche. — Mac-china pneumatica. — Teodolito. — Bobina Bhumkorff. — Interrut-tore a martello. — Cinque elettroscopi Rosenberg. — Lampadina per F apparato Tesla. — Un crogiuolo di grafite. — Reagenti clii-mici in recipienti adatti. 0. Inwinkl — A. Schor. LIBRI Dl TESTO*) per I' anno scolastico venturo 1. Religione. Catechismo grande della religione cattolica, coli’ approvazione della curia vescovile di Trieste-Capodistria. Trento, G. B. Monauni 1900 : in cl. I e II. —Mons. V. Monti, Compendio di liturgia cattolica ; in cl. II-III — Panholzer, Storia sacra del vecchio e del nuovo Te-stamento, Vienna ; in cl. III e IV. — H. Endrizzi, Breve studio tscientifico della religione cattolica, Parte I, Apologia, II cd., Rove-reto 1910 ; in cl. V. —Parte II, Dommatica, II ed. 1911, in cl. VI. — Parte III, Morale, II ed., 1912, in cl. VII — S. Zieger, Compendio di storia ecclesiastica Trento, 1908 ; in cl. VIII. 2. Latino. Scheindler-Iülg, Grammatica latina, 2. ed. Trento, Monauni 1C00; in cl. I-VIII. — Steiner-Scheindler, Esercizi latini, Trento, Monauni 1900 ; in cl. I e II. — lülg, Esercizi di sintassi latina, parte I e II ; in cl. IIT e IV. — Gandino, Esercizi di sintassi latina; in cl. V-VIII. —- Cornelio Nepote e A. Curzio Rufo di Schmidt-Vettach, Vienna Tempskv '07 ; in cl. III. — Caesar, Bell. Gali., ed. Defant, Praga, Tempsky '92; in cl. IV. — Ovidius, Carm. sel., ed. Sedlmayer-Ca-sagrande, Vienna, Tempsky ’90 ; in cl. V. — Livius a. u. c. üb. I, II, XXI e XXII, ed. Zingerle, Praga, Tempsky ’96 ; in el. V7. — Sallu-stius, Bellum Catilinae, Praga, Tempsky '91 ; Cicero, In Gatilinam I : in cl. VI.— Vergilius, Aen., ed. Klouček-Szombathelv, Praga, Tempskv '91; in cl. VI e VII. —Cicero, Orationes seleetae; incl. VII. —Tacitus, Ann. Hist. ed. Müller, Praga, Tempsky ’90 ; in cl. VIII. — Horatius, Carm. sel.. Petschnigg, Praga, Tempskv 190O; in cl. VIII. 3. Greco. Curtius-Hartel, Grammatica greca, 2.a ed. 1892, Trento, Monauni ; in cl. III-VIII. — G. Defant, Compendio della grammatica del dialetto omerico ed erodoteo estratto dalla grammatica Curtius-Hartel. Trento, Monauni, 1889 ; in cl. V-VIII. — Schenkl, Esercizi greci, Trento, Monauni ’89 ; in cl. III, IV e V. — Casagrande, Esercizi greci, II parte, Capodistria, Priora ; in cl. VI-VIII. — Schenkl, Cresto-mazia di Senofonte, Torino, Loescher '80 ; in cl. V. — Homeri Ilias, ed. Christ-Defant, Vienna, Tempsky '90 ; in cl. V e VI. — Herodoti Epitome, ed. Hintner, Vienna, Holder '98; Plutarchi, Vitae; in cl. VI. —• Demosthenis Orationes, ed. Defant, Praga, Tempskv ’89; in cl. Vil. — Odissea di Omero, Christ-Leveghi, Vienna, Tempsky ’0(i; in el. VTI e VIII. — Platone, Apologia di Socrate, di C. Cristofolini; in cl. Vil. Platone, Fedone, Critone, Eutifrone, Praga, Tempskv ; Sofocle, Antigone ; in cl. VIII. *) Si raccomanda agli scolari di non acquistare libri di testo antiquati o ehe non rechino sul frontispizio la elausola prescritta di approvazione miniateriale. 4. Italiano. Ourto. Gramm, ital.. Capodistria, Priora, 2. ed. '03 ; in cl. I-VIII. — Nuovo libro di letture italiane, parte I-IV, Trieste. Schimpft'; in cl. I-IV. — G. Vidossich, Compendio di storia della letteratura ita-liana, Trieste, Quidde 1910; in V-VFI. — O. Chizzola. Prose e Poesie dei sec. XIII e XIV, Trieste, Quidde 1911 ; in V. — Briani-Berta-gnolli, Prose e Poesie dei sec. XV e XVI, Trento, Monauni 1912; in cl. VI. — A. Gentille, Prose e Poesie dei sec. XVII e XVIII, Trieste, Quidde 1913 (salvo approv.) incl. VII. — Hassek, Antologia di poesie e prose italiane, parte IV, Trieste, Chiopris ’91 ; in cl. VIII. — Man-zoni, I Promessi Sposi. Hoepli ’OO ; in cl. IV e V. — L. Polacco, Dante, la Divina Commedia, ed. Hoepli, Milano; in el. VI-VIII. 5 Tedesco. Tnmlirz, Deutsches Sprachbuch für nichtdeutsche Volksschulen l e II; in cl. I e II. •— Tumlirz, Deutsches Sprachbuch für nichtdeutsche Volkschulen, parte III; in el. lil e IV. Ivummer-Steyskal. Deutsches Lesebuch für öst. Gymn. u. Realschulen, vol. 1; in cl. V. — Lo stesso, vol. II; in el. VI. — Noe, Antologia tedesca II, Vienna, Manz ’98; incl. VII-VIIr. — Hamann, Kcho der dt. Umgangssprache ; in cl. V-VIII. — Willomitzer, Deutsche Grammatik, 9. Aufl. Vienna, Manz ’02 ; in cl. V-VIII. 6. Storia e Geografia. Gratzer, Geografia, I-II, Monauni ; incl. I, II e 111. — (Jratzer, Geografia, parte III in cl. IV. — Mayer, Manuale di storia univers. per le classi inf. delle scuole medie, parte I, II e III, Praga Tempsky '97: in cl. II, III e IV. — Bondi, Evo antico ; in cl. V e VI. — Bondi, Evo medio; in cl. VI. — Gindely, Storia universale per il ginnasio sup , parte III, Praga, Tempsky ; in cl. VII. Hannak, Geografia e Storia deH’Austria-Ungheria,Vienna, Holder '09 : in cl. VIII. — Kozenn. Atlante, Vienna, Hölzel 1909; in cl. I-VII1. Putzger, Hist. Schulatlas, Vienna, Pichler '92 : in cl. II-VII. 7. Matematica. Jacob-Marussig, Libro d’ aritmetica per la I cl., Trieste, Quidde ; in cl. I. — Lo stesso, parte II (salvo approvazione) ; in cl. II. —■ Hočevar, Geometria per le cl. inf., Praga, Tempsky ’81 ; in cl. I-IV. — Wallentin, Man. di Aritrn. parte II, Trento, Monauni 1909; cl. III e IV. — Močnik-Menegazzi, Alg. per le classi supe-riori, Trieste, Dase '84; in cl. V-VIII. — Močnik-Menegazzi, Geometria per le classi sup., Trieste, Dase ’84 ; in cl. V-VIII. — Dr. (). Schlömilch, Fünfstellige logarithmische und trigonometrische Tafeln. 19. ed. ; in cl. VI-VIII. 8. Scienze naturali. Schmeil-Largaiolli, Storia naturale con speciale riguardo alle relazioni fra struttura e vita degli organismi. Trieste, Quidde. Regno animale in cl. I e II ; Regno vegetale in cl. I e II. — Christ-Postet, Elementi di lisica, Trento, Monauni; in cl. III. — G. Fiumi, Elementi di Chimica e Mineralogia, Trento, Monauni, in cl. IV. — Scharitzer-Valentini, Manuale di Mineralogia e Geologia ad uso delle classi supe-riori dei ginnasi, Trento, Monauni, 1901 ; in cl. V. — Schmeil-Larga-iolli, Trattato di botanica per le classi superiori, Trieste, Quiddt, in cl. V. —■ Schmeil-Largaiolli, Trattato di zoologia per le classi superiori delle scuole medie, Trieste, Quidde, 1912; in cl. VI. — Münch-Job, Fisica, Vienna, Holder ’96; in cl. VI le VIII. 9. Propedeutiea filosofica. Lindner, Compendio di Logica formale, trad. da Erber, Zara 82 ; iti cl. VII. —■ Lindner-Visintainer, Psicologia ; in cl. VIII. ESAMI DI MATURITA (anno scol. 1911-12) Le prove orali si tennero nei giorni (5 e 7 luglio ] 912 sotto la prcsidenza del signor prof. Giovanni Lareher, direttore dell'Isti-tuto magistrale di Capodistria, e nei giorni 2 ottobre 1912 e 19 feb-braio 1913 sotto la presidenza del direttore. Elenco dei candidati maturi. N. Nomo c cognome Luogo Anno Studi scrlti Ossei vazioni j di iia-cita 1 Bonifacio Vittorio Trieste 1893 leggo pubbl. 2 Caluzzi Nicolč Orsora 1892 medicina 3 Franolich Pietro Gallesano ] 891 teologia „ 4 Gerin Francesco Capodistria ]892 legge 5 Lusina Giuseppe Voglia 1893 veterinaria „ (> Negrini Ervino Duino 1891 comra. ost. 7 Ottochian Giuseppe Giinino 1893 medicina pubbl. H Pauluzzi Ottone Vorloneglio 1894 loggo >> XTu candidato si ritirö dopo le prove scritte, un altro fu ri-messo a im aimo. Si presentarono inoltre durante 1’ anno scolastico a dar gli esami complementari di latino e di propedeutica filosofica otto candidati ehe avevano assolte le Scuole Reali e datovi 1’ esame di m atu rita. Furono dichiarati maturi i signori : 1. Giuseppe Adamich da Trieste 2. Antonini Antonino „ Buie 3. Banissoni Ferruccio „ Trieste 4. Adolfo Schaffenhauer „ Capodistria 5. Massimiliano Valle „ Trieste Le prove scritte nella sessione estiva 1913 furono tenute nei giorni 10-12 giugno. Versioiie dal latino : Tito Livio, 1. XXXIX, c. LI. Versione dal greco: Erodoto, III, 139, 140. Temi d’ italiano : a) Capitale prezioso per tutti e il tempo, ma prcziosissimo ai giovani, perche ben adoperandolo possono meglio goderne i frutti. — b) 11 ferro nella storia deli' umana civiltä. — c) Origine e storia della novella nella letteratura italiana. ELENCO D EG LI SCOLARI alla fine dell’anno scolastico 1912-1913 Classe I A. Albertini Natale da Trieste Apollonio Umberto da Capodistria — Brezov&ek Giuseppe da Cherso Cividin Mario da Isola Compostella Lorenzo da Capodistria Coronica Carlo da Corenichi Degrassi Giuseppe tla lsula Degrassi Umberto da Isula * Delise Francesco da Isola - Depangher Marcello tla Capodistria Devescovi Giovanni da Isola Dudine Alfieri da Isola Dudine Mario da Isola Favento Giovanni da Capodistria Krebs Ugo da Veglia Marceglia Antonio da Trieste Meniš Aurelio da Isola Michelich Hodolfo da Loitsch Mondo Erminio da Isola Opassich Luigi da Isola Ottaviani Spiridione da Muggia Parovel Umberto da Capodistria Poli Francesco da Capodistria Polley Massiniiliano da Trieste " Rendich Guido da Trieste Sauro Giacomo da Capodist ria Steff6 Giuseppe da Capodistria Troian Luigi da Isola Usigovich Manlio da Trieste Vecchi Ascenzo da Massa-Fermaim Vecchi Maurilio da „ n Zainarin Augusto da Capodistria. Zamarin Avellino da Capodistria 33 Classe I B. Bernazza Carlo da Tom* Crosara Giuseppe da Rovigno I )amiaui Pietro da Grisignana Delton Andrea da Dignano * Delton Giuseppe da Dignano * Derin Mario da Capodistria Diviach Gioachino da Montona Fiorentu Duilio da Rovereto — Fonda 'rommaso da Pirano Gramaticopulo Enrico da Lussinpiccolo Gratton Italico da Trieste Jovanovich Giuseppe da Capodistria Lonzar Francesco da Capodistria — Michelich Bruno da Capodistria — Milossevich Antonio da Capodistria * Paliaga Attilio da Orsera Paliaga Mario da Orsera Parovel Luciano da Capodist ria Paulin Luigi da Castelnuovo — Pecenea Vittorio da Castelnuovo De Petris Stefano da Yreglia * Quarantotto Nicolo da Orsera — Radanich Pietro da Trieste Schauer Giovanni da Orsera — Sterle Giuseppe da Gorizia Travan Giuseppe da Parenzo Travan Marcello da Visignano Urbanaz Antonio da Capodistria \ illatora Pietro da Rovigno dt* Volpi Virgilio da Trieste Zetto Nicolo da Capodistria Zustovich Giovanni da Fianona Visentini Ada da Pinguente V’isintini Ada da Pinguente Visintini Alice da Pinguente Wurmbrand Nerina da Rovigno Classe II Baselli Pietro da Parenzo — Bassanese Pietro da Buie Bertoch Tommaso da Bertochi Calogiorgio Luciano da Capodistria * Caluzzi Guido da Parenzo ** Chiades Ugo da Monfalcone Cumin Giovanni da Trieste Dolise Mauro da Isola Depangher Antonio da Capodisti ia Deste Antonio da Capodistria Deste Francesco da Monfalcone Dudine Emil io da Isola * Franco Vittorio da Portole Ilorvatich Antonio da Capodistria NOTA — usoito durante 1’anno. * idoneo con distinzione Jurza Pietro da Montona * Longo Vittorio da Capodistria Lullich Giovanni da Pola 9 Martissa Bruno da Porto Io Millia Antonio da Rovigno Minutti Quirino da Capodistria Olivieri Vittorio da Visignano — Pasqualis Antonio da Capodistria Pellaschiar Vittorio da Capodistria Pieri Renato da Capodistria Polley Ottone da Trieste Quarantotto Emilio da Isola Sbuelz Giuseppe da Capodistria •Scher Nazario da Capodistria Signori Giusto da Rov igno Tonco Francesco da Orsera Vascotto Sebastiano da Isola Vatovaz Antenore da Capodistria Vissich Giovanni da Capodistria 33 Classe III. Ahtik Emilio da Windisch-Feistritz Albertini Francesco da Trieste Bernobich Giuseppe da Visignano Brunich Giorgio da Piran o Dandri Luigi da. Isola Depase Silvio da Isola Deste Antonio da Capodistria, Dudine Lino da Isola Fonda Egidio da Capodistria Gramaticopolo Marino da Pola Lucas Emilio da Albona Mamolo Pietro da Capodistria * Marini Norberto da Visinada Martincich Mario da Buie Martissa Mario da Capodistria Martissa Nicolö da Capodistria. Pavich Giovanni da Promontore — Pizzarello Vittorio da Capodistria Signori Pietro da Rovigno Wurmbrand Bruno da Rovigno Zadaricchio Pietro da Rovigno 21 Classe IV Benussi Federico da Trieste Ceol Carlo da Capodistria Dandri Giovanni da Isola Fiorentü Michelangelo da Trento Gambel Raimondo da Pola Grama ticopolo Bruno da Pola Grassi Maric» da Umag«* Gratton Giulio da Trieste Gulin Luigi da Sicciole Herceg Roberto da Capodistria Krebs Alberto da Veglia Krištofič Guglielmo da Capodistria Longo Pietro da Capodistria Micatovich Giovanni da Torre * Muggia Francesco da Umago Mujesan Domenico da Pijano Paulin Riccardo da Castelnuovo Pesaro Giovanni da Capodistria Petarin Donato da Sdraussina Petris de Petrisso da Cherso Radin Giuseppe da Cittanova Schekuri Michele da Trieste Travan Virgilio da Visignano Vascotto Giuseppe da Isola Ventrella Luigi da Pirano Xillovich Domenico da Valle Zanella Ferruccio da Trieste Classe V. Bratti Attilio da Capodistria Catani Amedeo da Roma Cernobori Michele da Bagnole Cleva Domenico da Parenzo Deila Santa. Angelo da Capodistria Demartini Umberto da Castagnn Depangher Mario da Capodistria Deste Mario da Isola Fiorentü Ferruccio da Trento Frausin Mario da Muggia Hartmanu Antonio da Capodistria, Kossier Antonio da Trieste Lius Giacomo da Montona Lorenzutti Domenico da Isola Lucas Arrigo da Albona Miancieh Michele da Sbandati — Mihalich Mario da Trieste Mosch eni Francesco da Di gnano Paliaga Gal liano da Orsera Pasqualis Vittorio da Buie Petris de Stefano da Cherso Riccobon Carlo da Capodistria Santin Mario da Albona, Toncovich Giuseppe da Fontane Ventrella Giuseppe da Pirano Visintini Antonio da Pinguento Volpi de Nicolo da Trieste Classe VI. Benedetti Andrea da Pirano Costanzo Nicolo da Trieste Covrich Sigifredo da Vertenegh^ * Degrassi Amatore da Isola Marcolini Attilio da Capodistria Xadovich Nicolö da Rovigno Novach Mario da Trieste Pacovich Emanuele da Raccotole Poldrugo Antonio da Albona Ponton Ortensio da Cervigna 110 Santin Antonio da Rovigno Sanvincenti Domenico da Dignano Sbisä Bruno da Pola Valcich Domenico da Albona Vatovaz Domenico da Capodistria Venier Francesco da Rovigno Zustovich Onorato da Albona Class? VII. Bernardi Antonio da Pirano Bertoldi Gerardo da Brez Bral ti Andrea da Capodislria Brazzanovich Gregorio da Trieste (priv.) Chierogo Nicolo da Pirano Cossaro Demetrio da Trieste Depase Pietro da Isola Dorin Giovanni da Capodistria Drius Francesco da Trieste * Fornasaro Fortunat o da Tirano Glierbaz Giuseppe da Hoboken (America) Gropuzzo Domenieo da Dignano Parovol Antonio da Capodistria Pa ruta Antonio da Capodistria lVllegrini Gnido da Trieste Sandrin Giuseppe da Capodistria San t in Giovanni da Al bona Susani Guido da Montona i8 Classe VIII. d’ Ambrosi Guido da Buie Apollonio Alfonso. da Orsera B i budri Stefano da Paronzo Baoich Giorgio da Capodistria Ban eher Vittorio da Va l le ° Bilucaglia Giovanni da Dignano Biondi Giacomo da Rovigno Camus Ferruccio da Pisino Candussi Giuseppe da Romans Ceol Kodolfo da Capodistria Černuti Enrico da Cervignano Cociancich Francesco da Isola Danelon Francesco da Paronzo Defiancoschi Luigi da Dignano * Delcaro Giuseppe da Dignano Dolonz Giuseppe tla Rovigno Fonda Bartolomeo da Pirano Lucas Giuseppe da Fiumicello Mandruzzato Priamo dji I>ola Parovel Vittorio da Capodistria Pescl Nicolo da Rovigno Rubini Virgilio da Trieste Ruzzier Luigi da Pirano Sbisa Francosco da Parenzo Silvrestri Luigi da Trieste Tassini Ferruccio da Veglia Zelco Mnrco da Visignano Bussi Carlo da Trieste (straord.) STATISTICA DEGLI SCOLARI. C L A S S E i Iscritti alla fino dell’anno scolastico 11111-12 IA 1 B II III IV v VI VII VIII Assieme 44 23* 311 33' 20 10 24' 9 2006 Iscritti al prineipio dell’anno scola- Accettati duranto 1'anno 323 32 20 27 27 17 17 1 27’ 232* 1 Assieme 33 323 32 20 27 27 17 18 271 233* Accettati la prima volta: 1. dalla scuola popolare 31 303 - 6I3 2. promossi — — 1 — 1 — — 3 1 6 3. ripotenti — — — 1 1 — — — 2 4. dalJo studio privato — — — 1 — — — 2 3 Allievi che giä frequentarono 1’ i-stituto: 1. promossi — — 30 15 22 27 17 15 24 150 2. ripetenti 2 2 1 3 3 — — 0' ll1 Uscirono durante 1’anno scolastico 3 9 2 2 2 2 — — — 20 Rimasoro alla fine dell’anno scolastico : 1. pubbliei 30 23 30 18 25 25 17 17 27 212 2. privati o straordinari — 3 — — — — — 1 1 5 Assieme 30 233 30 18 25 25 17 17’ 27’ 2I26 Da Capodistria 8 5 11 3 4 5 2 5 3 40 Dali’ Istria (esclusa Capodistria) . . 14 153 15 13 15 10 13 7 19 I273 ! Da Trieste 5 2 2 1 4 2 1 31 2» 221 Dal Friuli — — — — 1 — 1 — 3 o [ Da altre province 1 1 2 1 1 1 — 1 8 j Dali’ estero 2 — — 0 I 0 l — ■ 4 Cattolici 30 233 30 18 25 25 17 l(il 27> 2115 Greco-ortodossi — — — — — — — 1 — 1 ] Italiani 29 233 29 1« 24 25 17 171 27* 20 75 Slavi 0 — 1 2 1 — — — 4 j Tede-chi 1 1 Dornicilio dei genitori: a Capodistria 17 103 8 11 10 2 (j 4 833 altrove 13 13 15 10 14 15 15 ll1 231 129* 1 C L A S S E Assieme 1 A 1 B 11 n IV V VI VII Vlil Eta degli scolari : D’ anni 11 i *> 4 2 — _ — 8 12 9 H1 5 — — — — — 22' 13 11 9 8 2 — — — — 30 14 6 P 11 4 5 — — — 27' 15 1* 4 8 G 9 — — 29' 16 ! ' — — 4 10 6 1 — — 22 17 — — — 3 6 6 3 — 18 18 — — — 1 2 5 8 — 16 10 — — — — 2 4 1 11 18 20 — — — — — 1 41 13 18' 21 — — — — — — 1 9 3 2*> - — — — — — — — l1 1' Assieme 30 23" 30 18 25 25 17 17' 271 J 2126 Classificazione definitiva deH’anno scolastico 1911-12: idonei con eminenza 3 — 4 4 3 o 3 2 0 21 idonei 20 —' 12 16 20 15 13 22 9 133 complessivamente idonei 6 1' 5 5 — — — — j 17' non idonei S 5 5 41 3 — — — 1 25' non classificati 1 — 1' ]' L 0' 43 Assieme 44 23a 31' 33' 20 16 24* 9 2005 Classificazione finale delPanno sco- lastico 1912-13: idonei con eminenza o 4 5 3 2 1 o 2 2 23 idonei 13 192 13 8 1 s | | <) 1 3 117s complessivamente idonei 3 3 5 3 5 19 attestati interinali 1 — — — 8 •» 1 — 12 non idonei i 1 1 4 li 4 4 5 4 1 — 39 non classificati j — 01 1 — 1 0' O1 23 Assieme 30 233 30 18 25 25 7 17' 27' 212S Pagarono il didattro 1 sem 13 13 8 5 10 6 5 4 10 74 11 sem 11 7 10 10 11 14 8 5 8 90 Era no esenti I sem IH 16 23 15 17 21 12 14 18 154 II tem j 19 20 14 <4 14 11 13 20 129 Importe totale I sem — — — — — — — — 2220 II tem. . — -- — — — — — — — 2700 Assieme j 4920 Importo delle tasse : d ’ammissione — — — — — — 306-60 per mezzi didattici — — — — — — 948 per i giuochi ali’ aperto — — — — — — 237*) per duplicati ~ ~ ~ i *) Si aggiunga il contributo dello Stato di cor. 100. CLASSE Assieme 1 A IB II III IV » VI VII VIII Scolari stipendiati 1 2 1 — 3 2 1 3 3 16 importo 200 400 200 — 589 360 160 588 536 3033 Scolari sussidiati: dal Governo 3 — 2 2 2 0 5 3 4 27 importo 105 90 95 75 195 210 170 210 1200 Frequcntarono i corsi libcri: lingua croata - — .— 3 16 — 5 24 stenografia — — — 8 5 6 2 11 32 ginnastica ! — ~ 12 8 5 2 5 32 1 FONDO DI BENEFICENZA Oestione dal 1. luglio 1912 al 30 giugno 1913 : Cor. c. Cor. | c. E NT II AT E USC1TE 701 88 70 J Tl — Contributo .scolari 105 A scolari 72 (it) Elargizione dir. Larelior . . Diverse 5 — | 3 Assieme !I2 : (i0 Contributo Comunc *20 0 Iiiterossi maturati 98 BILANCI O: Interossi a paroggiu 37 80 Tntroito 1250 : :i8 Elargizione Ms. Franza .. 1-0 — Esito !I2 ! liti Assieme 1250 38 Civanzo 1103 781 11 fondo di beneficenza possiede un capitale in obbligazioni di Stato vincolate noll’importo nominale di Corone 3300 ed una ricea collezione di testi scolastici, ehe vengono prestati, durante 1’ anno scolastico, a scolari diligenti e bisognosi. Al Municipio di Capodistria e a tutte le persone ehe con obla-zioni in denaro o in altra raaniera benefiearono gli scolari di questo istituto, la Direzione, in nome dei beneficati, porge vivi e sentiti ringraziamenti. L’ amminiätratore : Dir. G. VI DO SS ICH I revisori : Prof. C. OSTI prof. V. LARGAIOLLI Al fondo conferenze elargirono 1’ avv. Bennati cor. 10.—, il compianto ing. Calogiorgio cor. 10.—, 1’ isp. Parentiu cor. 10.—. AVVISO PER L'AN NO SCOLASTICO 1913-14 I/ aimo scolastico 1913-14 incomincierä il 16 settembre a. c. L’ iscrizione principierä il giorno 14 settembre. Tutti i ragazzi che vorranno entrare nella I classe, e quelli, ehe da un altro ginnasio entreranno in una delle altre classi di questo istituto, dovranno presentarsi in Direzione accompagnati dai genitori 0 dal rappresentante dei medesimi, e muniti della fede di nascita, deli' attestato dimissorio della seuola eventualmente frequentata e di mi certificato medico. 1 genitori sono tenuti a dare avviso alla serivente presso quäle fainiglia intendano colloeare a dozzina i loro figli. Tutti quegli seolari ehe debbono assoggettarsi ad un esame di ain-missione, dovranno esser presenti addi 16 settembre alle ore 8 ant. Gli seolari che frequentavano nell' anno scol. decorso una delle classi di questo ginnasio, sono obbligati a presentarsi per 1’ iscrizionc nei giorni suindicati e ad esibire alla serivente il loro ultimo attestato semestrale. Coloro ehe trascureranno di farsi regolarmente iserivere, passato il 18 settembre, verranno senz’ altro respinti. Ali’ atto deli’ iserizione ogni scolaro nuovo pagherä le tasse preseritte nell’ importo di eorone 9.20 ; tutti gli altri, senza eccezione, la tassa di eorone 5. — , ehe servira per 1’ aumento dei mezzi didattici, per 1’ ineremento della biblioteca giovanile, per la manutenzione dei canotti ginnasiali e per i giuochi giovanili. Tutti gli scolari indistin-tamente devono presentare due matricole debitamente riempite. Per gli esami di ammissione, suppletori e di riparazione sono fissati 1 giorni l(i e 17 settembre. L' ufficio divino di inaugurazione si celebrerä addi 18 settembre alle 8 ant. ; 1’ istruzione regolare principierä il 19 settembre. Quegli scolari ehe vorranno chiedere 1’ esenzione dal pagamento del didattro o 1' aggiornamento del tnedesimo, si procurino a tempo 1’ attestato di povertä. Alla loro istanza allegheranno anche 1 ultimo ordine di pagamento deli’ imposta sulla rendita personale dei genitori, qualora questi abbiano una rendita annua superiore ali’ importo di 1200 eorone. Dalla Direzione deli’ i. r. Ginnasio superiore. ■•1. .v' .C-- -‘? v t^Sf - T* ', * \ 4 - n SM * 1 < : ^ Vi j ■" , W - * f* «r* ,i vl^.' ' ' f %** rv^ \ i? 1 * - pi I ■* m i ' • '. :' ' 5».. .;.... '.»as..-.. ' .^.» , > •>*■<*. v.1.” -*.4 Ä,. rj m 2r • a' .- ■■ -■ ^ - . - ^-*T-' *« \ - -SfJ&k -i'-;- - . ü V,Wf aŽL -/?• :•*. i#» - ' '■ *W- V V-/- ?W0&‘ m Wmmrntsis *«,' #», .,^7* __ ‘ Ä 5 * „ : **■ ''** V • *•”? “? y vfV# IrgjMä