Anno III. Capodistria, Settemhre-Ottobke 1905. N. 9-10 ] 'ERIODICO MENS1LE „11 Gonm plese s la signoria dei Castropola" di Camillo De Franceschil) In alto modo e degno onora il signor Camillo De Franceschi la memoria del padre suo, l'illustre storiografo deli'Istria, consacran: ole cotesto bel vohune in -8" grande, dove il rigore iinplacabilc della indagiue seientifiea moderna cosi genialmente e decorosamente s' innesta con le grazie suasive del raccouta-tore eletto e dello scrittore elegante. Si tratta, a dir vero, d'una stampa a parte '2), per qccllo che comiiiiemente si dice il gran publico, d' un lavoro che gia ebbe a vedere la luce e a riscuotere il plauso unanime degli studiosi ne i dotti e massicci Atti e Memorie della Soeieta Isfriaiai di Archeolofjia e Sloria patri«.. Lo si ripete ogni »iorno: Ilabeut sua futa libelli! E bene: noi ci auguriamo di gran cuore che al libro del signor Camillo De Franceschi arrida tutta quella fortuna ch' e.sso si merita e che non do-vrebb' essere poca da vero, al meno a parer nostro. L' affrancameuto delle citta istriane dal predominio veseo-vile, fiacco e indeciso — e pero tolto facilmente di mezzo —, c la loro successiva trasformazione in Comuni autonomi, son due fatti storici che rimontano a un bel circa al Mille, 1'epoca, serive il De Franceschi, nella (juale «comincio ad agitarsi la coscienza libera del popolo.* >Se non clie »mentre il sole della liberta iniziava il suo fuigido corso sull'orizzontc dei nostri Comuni, schiudendo al popoio una nuova era di progresso odvile e morale, avvenne il latale eozzo con Venezia, che, ') Parenzo, tipog-rafia Gaetano Coana, 1905. *) Non scevra, pur troppo, (li parecchi errori tipog-ratici. gelosa d' ogni nascente energia forse atta un giorno a contra-starle il predominio deli' Adriatico, dopo lunghe vicende di guerra e di pave, fece cadere a se, una dopo 1' altra, tutte, ad eccezione di Trieste, le cittži littoranee deli'Istria.« Natu-ralmente, Venezia principio dal mirare a Pola, che in quei tempi tragici e bui era tuttavia «la piu forte, animosa e, senza dubbio, anche la piu popolosa e ricca citta dell'Istria.» In tanto scadeva sempre piu anche 1' autorita dei marchesi di Andechs-Merania, cui 1' Istria era allora infeudata. Ma venne il 1209 e con esso 1' infeudazione della Marca d' Istria a Volchero di Colonia, patriarca d'Aquileia, uom giusto e politico accorto. Com'era d'attendersi, le citt& istriane, gelose dei diritti poc' anzi conquistati, accolsero il nuovo signore con le armi in pugno. E Volchero a gran fatica gli riusci di prender possesso del feudo. «Ma il di lui successore, che fu Bertoldo d'Andechs, . . . seppe in breve riannodare e render piu saldi e duraturi i vincoli di sudditanza clelle terre istriane verso la Sede d' Aquileia.» Del malgoverno aquileiese si risenti in breve anche Pola; la quale nel 1225 penso bene d'eleggersi a podesta un patrizio veneziano. Fu misura ardita ma inutile; come pure fu eroica ma inutile, anche perche quasi subito repressa, la ribellione tentata poco di poi dai Polesi, insieme con altre citta istriane, al patriarca, mentre questi, da quel grande e convinto fautore ch'egli era dell'idea imperiale, abbandonata Aquileia, correva in aiuto di Federico il imperatore nella lotta titanica contro il Papato. Riassoggettata al domin i o patriarcale, Pola si divise in due fazioni, e cioe nei propugnatori della autorita di Bertoldo e ne' difensori della autonomia comunale. In breve, parte patriarcale o ghibellina che fa lo stesso, »raggiunse in Pola una incontrastata supremazia.» E cio specialmente per il valore e 1' accortezza della famiglia che le stava a capo: i de Polu, piu tardi de Casf.ro Polne, dalla rocca di Pola, ove aveano preso stanza e donde tiranneggiavano la cittA. Cari al patriarca che ne comprese tosto e ne coltivo astutamente la libidine d' imperio, i Castropola, fiera razza di guerrieri e di despoti che tanto s' accosta alle stirpi famose che ressero autocratica-mente le maggiori citta d'Italia ne' secoli XV e XVI, divennero a breve andare i padroni poco men che assoluti di Pola, ove «a precipua opera di essi, il trionfante gliibellinismo patriarcale ando attutendo graclatamente nel popolo il sentimento, pria cosi vivo, di liberta.» Ebbero i Castropola da prima il titolo di podesta detta regalia; e sotto questo nomc governarono Nascingucrra [ e Galvano. Tramutatisi poi in ricarii del marchesato d' Istria e divcnuti, seguendo la mutabilita del patriarca, da ghibellini, guelfi, seppero imporre la volonta loro cosi al Collegio dei Consoli come al Con s i gli o e crebbero po-tenza e prestigio alla loro tirannide. Siamo cosi al 1305, anno nel quale Pietro, figlio di Nascingucrra II, assume la carica di consul aiaior. Passano cinque anni ancora e il medesimo diventa capifano generale. Ormai, i Castropola, che di tutti gli accorgimenti e le coperte vie s'approfittarono, hanno raggiunto il loro scopo: Pola e in loro assoluto potere! Ed ecco i novelli regnatori a regolare la successione dinastica e a «ottenerne il riconoscimento ufflciale da parte dei due supremi poteri dai quali ripetevano 1' autorita e il coniando: il potere comunale e il potere regio.» Nel 1313 la Signoria ]>olese passa a Sergio I e a Nasein-guerra IV, «che la tennero in comunanza per circa diciotto anni.> Pero «confermati che furono nel Capitanato, i due cugini cominciarono ben tosto a prevaricare nell' esercizio del supremo potere, suscitando intorno a*se le prime correnti d i diffidenza e malcontento, che dovevano scoppiare piu tardi in aperta ri-bellione.* Ne basta; che salto loro anche il ticchio di recar noie a Venezia. Ma la Republica li puni a dovere, intimando e ottenendo 1' atterramento di buona parte delle m ura di Pola e facendo prestar loro in forma solenne, il 29 settembre 1318, un giuramento di fedelta a Venezia. L' anno seguente i Castropola «ebbero rinnovata dal patriarca l'investitura di tutti i loro beni e giurisdizioni, venendo riconosciuti legittimi signori feudali di Pola.». Ne ando guari che la Signoria dei Castropola, i quali pur economicamente stavan toccando 1' apice della fioridezza, raggiunse altresi la sua massima estensione territoriale. II che avvenne quand'essa ebbe a confinare ad occidente e a mezzogiorno col mare, ad oriente e a settentrione coi castelli di Barbana e Gimino, ed in piccola parte, verso nord-ovest, con lo stesso territorio della Republica di San Marco. Ma in tanto la tirannide dei Castropola veniva facendosi gravosa come un giogo straniero, special- mente a Pola, che gia era in balia di un progressivo decadi-inento. Ne segui che, estesosi il inalcontento anche a talune delle famiglie piu devote ai Castropola, si penso a rivendicarsi a liberta. Detto fatto. E la sera del venerdi santo del 1331 — cosi la leggemla popolare, mancando pur troppo sulfaccaduto ogni notizia storica sincrona o di poco posteriore «durante 1'annuale. processione cosi detla del legno della S. Croce, che, partendo dalla cattedrale, faceva il giro della citta nei pressi della chiesa di 8. Štefanu, i congiurati, nascosti nelle cappe della confraternita de' battuti .... estratti a un (lato cenno i pugnali, si gettarono proditoriamente sui Castropola, che ignari del pericolo procedevano in gruppo distinto nel reli-gioso corteo, e barbararaente li trucidarono. Quincli, levato il popolo a rumore, lo guidarono all'assalto del vieino castello, che presero di sorpresa, disfogandovi la feroce rabinu omicida contro quanti de' Castropola e loro sgherrani vi incontrarono. Solo nn tenero rampollo della casata signorile ebbe salva quasi per miracolo la vita . . .» Questa la leggenda, dicemrao. Ad ogni modo, gli e certo che con la rivoluzione ]>olese del 1331 ebbe fine per sempre il Capilaualo f/cneralc. Ma i Castropola scanipati alFeccidio non sapevan adattarsi ali'esiglio e dai loro castelli della Polesana minacciavano con-tinuamente la novella republica, molestata in quel torno ])ur dalle armi de' Goriziani. Ridotta alle strette, Pola dove prendere una decisione. Dei Castropola non volea saperne piu a nessun patto: si dette a Venezia! I patriarchi di Aquileia prima pro-testarono e poi diedero di piglio alle armi. M a fu iiularno. Pola rimase a Venezia (1335). Quanto ai Castropola, che ali'epoca della rivoluzione che li dovea spodestare eran clivisi in due rami. si sa che finirono con il riparare a Venezia, che poi la loro fortuna a poco a poco decadde, e che la linea di Sergio II, la sola superstite, si ridusse nella citta di Treviso, ove ebbe vita fin quasi ali' e- poca presente e lascio buon nome di se nelle memorie del luogo. * Questo, a larghi tratti riassuntivi, il libro del signor Ca-millo De Franceschi; libro corredato di ben treutaquattro documenti inediti, d' un opportuno prospetto genealogico dei Castropola, e d' una nitidissima carta della Polesana nel tempo della Signoria dei Castropola. Ora chi sappia, da un lato, che specie di difficolta usino intralci are solitamcntc la via delle ricerche diplomatiche e bi-hliografiche, e, dall'altro, di quanta abnegazione e di quanto buon volere dee armarsi al cli d' oggi un ricostruttore fedele cli avvenimenti storici regionali del piu fosco Medio Evo; chi sap[)ia, ripeto, quante e quali fatiche abbia durate il De Fran-cesclii per poterci donare questo suo ultimo volume, quegli non neghera certo al giovine slorico ogni locle piu arapia e s' unira eorclialniente al plauso che la citta cli Pola, per debito di riconoscenza, publicainente gli decretava. » Giov. Quarautotto. Del Gianelli e della sua „lmmacolata". AJl illustre, per l'eta e la sventura venerando Paolo Te-deschi, dobbiamo massima riconoscenza per l'amore che porta al paese e che diniostra coll'opera della sua viva e forbita penna, ricordando uoinini e fatti nostri, traendoli da immeritato oblio e assegnando loro il ]>osto dovuto. Xcll'ultinio nuniero cli questo periodieo, egli parlo del pittore capodistriano Bortolo Gianelli, eolla sua incontrastabile coni-petenza e con aftetto d i comprovinciale, ma inavvertitamente eadele in qualche inesattezza, clie soltanto per amore di veri ta e certi clie 1'onesto articolista stesso ci sapra grado di vederla rettificata, dobbiamo chiarire. II Gianelli non ebbe alcuno dei con ti Grisoni a mecenate, e chi lo mando a Venezia a studiare a quella Accademia di belle arti, si fu il Comune di Capodistria, che gli assegno a tal uopo un sussiclio, mentre il protetto del conte e della contessa Grisoni fu il pittore veneziano Girolamo Cornei1. del resto ami-c.issimo del nostro pittore — nato a Venezia, battezzato nella parrocchia di S. Giovanni e Paolo, e morto a Parenzo. Sta anzi il fatto che avendo il Gianelli, nei primordi della sua carriera artistica, offerto alla contessa Marianna un suo quadro di ge-nere, rappresentante un pezzente — riuscitissimo — la nobile signora, seguondo il consiglio di chi 1' attorniava, lo ritiuto sotto la speciosa ragione chc le salo del palazzo Grisoni sarebbero state deturpate dalla ignobile effige del vecchio «Baga'io>, tipo di lazzarone, di «buoua memoria«, che aveva posato da modello per il quadro. E questo t'u acquistato da un i. r. impiegato po-litico, che amava l'arte e conosceva le ristrettezze economiche del pittore. Dai Grisoni 11011 gli vcnne mai affidato alcun la-Voro ed il ritratto chc fregia la sala di ricevimento delFIsti-tuto che dei Grisoni porta il nome, rappresentante il conte Francesco, fu ordinato al*Gianelli per 1'inaugurazione deli'isti-tuto stesso, mentre il ritratto della contessa Marianna, clie adorna l'Asilo di carita per 1'infanzia, venne eseguito dal Gianelli per incarico deH'amministratore signor Luigi fSossicli, cd e copia del ritratto eseguito dal Corner e che trovasi al Monte Grisoni-Pola. Veniamo alla tela della Immacolata, che non deve neppur supporsi che questo lavoro del Gianelli, il quale dal Tecleschi e pošto al fianco dei Carpaccio, possa essere un plagio. Quando cinquant'anni or sono venne proclamato il dogma deli'Immacolata Concezione, il Capitolo concattedrale del duomo di Capodistria, o chi per esso, incarico il Gianelli di fare una tela da esporsi in luogo conveniente per le solennita religiose d'occasione, e gli si diedero otto giorni di tempo per condurla a compimento. Dopo molta riluttanza, vista la ristrettezza del tempo assegnatogli, il nostro pittore accetto proprio malgrado di fare la tela d'occasione premettendo che in si breve lasso di tempo, non avrebbe potuto fare opera degna del suo pennello, e che cedendo alla insistenza ed alla gentife violenza che gli si faceva, vi si adagiava a maline,nore. E. ispiratosi al celebre quadro del Murillo, compl nel termine prefisso la tela, la quale esposta per le solennita del caso, ebbe il plauso generale non solo, ma strappo al Madonizza le parole: »bella come la rosa di Gerico, forte come il cedro del Libano«. A che tali parole in bocca di tale egregio uomo, per una copia V Finite le feste della Immacolata, si volle da chi lo poteva, che venisse esposta per sempre alla venerazioue dei fedeli. A cio il Gianelli s'oppose energicamente e voleva che almeno gli venisse rimandata a časa per essere ritoccata. Ebbe 1111 formale cliniego, dacche, se da un lato la Chiesa non voleva privarsi della tela, d'altra parte asseriva di non poter sottostare alla spesa occorrente a far si che la tela di primo getto, divenisse quadro, e decise di collocarla al pošto dove si trova ancor oggi, ornandola di modesta cornice. Altra volta parleremo dei quadri di soggetto sacro del Gianelli (a partire da! S. Pietro e Paolo), delle sne marine, dei ritratti, degli acquerelli, dei cartoni, delle copie, diremo dell'o-pera di questo lavoratore instancabile, di questo nobile carat-tere, cui le opinioni politiche e la eccezionale modestia non permisero di salire in alto, cli questo artista al quale il com-pianto Carlo Combi scriveva essere «nato per pili vasta scena» per «il bellissimo ingegno e il sentire elevato» e la cui farna e indubbiamente molto inferiore al rnerito. N. Del Bello. biaqio ZTJiLii^nsri (n. il 22 novembre 1604 e m. ai 24 di giugno 1645). «Ondo tu pur, Venezia, avesti in lui Curzio miglior, ehe porse eseinpio a Micea; Fur di tal tempra allora i figli tui!» G. 1 i. Lantnua, Glorie Yenetc. (Venezia, Coletti. 1880). Quest'anno Torino volle degnamente commemorare il se-condo centenario di Pietro Micca, clell'eroico popolano che fece sacrificio della sua vita sull'altare della patria; ma il terzo centenario del Micca istriano purtroppo passo inosservato. Strana, curiosa anomalia della sorte ! Biagio Zuliani capodistriano *), predecessore ingiustamente dimenticato di Pietro Micca, si trova nell' anno 1645, quale ca- 4) Con la eortese cooperazione di Don F. Fonda, segretario parroc- chiale, mi fu possibile di trovave il doeumento autentieo di uaseita del nostro Zuliani: — «IAbev Baptismorum ab anno 1000 nnque annum 1642. Liber IV. Adi 22 d [novembrej 1604. Biasio, et Marco Antonio figlio de ms. Antonio de' Zuliani el de mad.a Agnesina sua moglie e stalo battezato da me soprad.o [Lodovico DainiJ t (sie) il P. Franc.o Ducaino. C. la S.a Laura moglie delVecc.llo E. lsidoro Santorio». pitano della repubblica veneta, a presidio del torto di San Teodoro, due miglia distante da Canea, citta eapitale del regno di Candia. Assalito da namero preponderantissimo cli Turchi. dopo un' eroica ditesa, visto 1' inealzare vittorioso clel neinieo, prefe-risee la morte alla sehiavitii, da fuoco alla polvericra e perisce sotto le macerie assieme a' suoi e a grande numero cli nemici. L/ annuncio di questo fatto glorioso fu inviato alla Sere-nissima dal provveclitore generale di Carnlia Amlrca Corner con lettera del 26 giugno 1645, che si conserva nell'archivio di Venezia (Caucell. - Candia - lettere, f. 66; S. II Valiero e il Botta, storici contemporanei clel Zuliani, rieordano questo fatto ne" loro seri ti i con nohilissime parole. Ma hi fama del nostro Zuliani non va piu in la della .sua patria e di Venezia, come serive Paolo Tedesclii: o hizzarro > esce ad un punto in ipiesta ottava: Se puol ben dir, che sia senza inteleto qnei, che con bože, solfari, e forneli spiera de poder far oro perfeto e arzento .da stampar troni e marceli e tanto i pr. nde in sta baia dileto che i fa <1(! botte grande carateli perdono el tempo, e 'I cervelo, e la roba che un ravo mai no sara una caroba. (cd Treviso M1XJXX ii]>. 58 r.u) Fra i «Motti» del Bembo v'a il segnente: Ingordo amante et prodigo alehimista perde piu tempo assai che non aequista. (v. f J i a 11 «Motti» i 111 1 i t J c sconoscinti ece. ]>!>. (il). — Venezia 18K8). II Calmo, eco 1'edele delle passioni e dei scntiineiiti che agitavano 1'animo della citta ne' suoi tempi cosi da prineipio ad una sua lettera a liionsignor Pisani, 1'eletto cnrdinale da Pio IV: Vagase a far scambiar.de cervelo e niuar el sentiniento e tornar altro desiderio costori, che cerca con forza de luogo, sughi de herbe, pol vere composte e aijue lambicae de redur el rame in oro, el piombo in fero e indurir el niercurio in arzento, con star tujo el santo di e la note senza petenarse, afumai, le man im-liratae, coi folo, afadigandose, sopiando soto le bozze, vasi, corezioli e forneli, che i par taliti Pluti, tanti Luciferi e tanti Vulcani e puo evanu.it, che Parchimiae deventa scovazze, eenere e caia:...» (ed. Rossi pp. 74-7o). E il Garzoni oltre che nella notissima < Piazssa universale ecc - fdisc. XIII) il una sfuriata contro i < Cervellazzi Alchimistici® nel diseorso XLIX del non meno noto «Teatro de' varij. et diversi Cervelli Mondani» [in opere di T.o Garzoni da Bagnacavallo. Venezia MDCXVII] < ....fra' lambicchi, cd am-polle vanno distillandosi, et lambieandosi il ccrvello del continuo, a che modo possino trarsi dalle miserie, et divenire in un tra t to fortunati; et partendo da stato infinio, e vile poggiarc con P ali di Dedalo, in un punto fino al cielo... vanno eongiegando insieme, e, succhi, e pol ver i, e urine, e liqnori e 'eccie, e minerali; in vasi di vetro, in boccie, in lambicchi, in II Guarini stesso celebrava 1'alchimista con uu suo madrigale: Tu che n rozzo metal del piu tin oro (O mirabil fattura) Puoi dar, fabbro divin, forma e na tura, Doh per pieta di me elie odiato adoro Cangia di piombo in oro il crudo strale Onde punta costei Ha in odio chi d'amor arde per lei. Questa sia di tna man opra immortale. Ne pur sarai signor d'oro e (l'onori Ma monarca de' cuori uno scambietto retorieo, come si vede, ma notevole per noi'). Ne men degni di osservazione paionmi i piu dei componimenti che seguono: mordaci e pronti alla frecciata satirica i buoni veneziani non s'eran lasciati sfuggire la specie coinica del fatto e allegri risonavan per le vie i ritornelli alle spalle del mal-capitato d i Cipro! dott. Antonio Pilot. crosoli, in olle, in fornelli, in bagni d'arena, in bagni -Maria, passando per feltro, preparando, eementando, sofflando, solvendo, subliinaudo. fon-dendo, polverizzando, lavando, incorporando, (lisseecando, gettando in verga, in eanaletto, in aeijua, le misture fuse, et le eompositioni ridotte da loro aH'ultimo termine.... si pone in 1111 erosolo ogni cosa in foggia di pasta, lutata col loto pazzia, ch'io non diro, sapienza, coperta con tc-gola, senza rispiraglio di sorte alcuna, dentro in un picciol tornello, ove co' mantici si soffla per tre, o quattro hore; e (juando e fusa, si cava fuori, et. si ritrovfi una massa, non d'oro: ma d'ottone, che non riesce alla pietra del paragone, e manco alla copella.... Che diro delle spese, cle' sudori, de' crucei, deli'ire, de' voti, de' gimramenti, delle vane promesse, che si fauno ogni di da costoro, ingannati dalla falsa speranza, c'havevano nel capo V... Come ti vedono ]>oi carico di fumo, pieno di caklo, onto di pece, fetido di solfore, con gli occhi molii, col sudore al volto, con la colatura al našo, con le mani, et col viso tinti, co' panni sporehi, col dolor di capo, cpl trernor delle membra, e sopra tutto con la borsa vuota; qui t'lTanno ni.c-strato il magno loro secreto di convertire, trasmutare, et fare la vera me-tamorfosi, che d'Alchimista diventi Cacochimico, di medico mendico, d'hc.r-bolario earbonario, con risa, e gioco, e solazzo di tutte le persone....» (pp. 91-2-3). ') II Rossi ricorda il madrigale a pp. 98: 11.» 5 del suo «Battista Gua-. rini ed il P. F.» [Torino Loescher 1886J e lo črede probabilmeute coni- . pošto in una delje gitc del G. a Venezia. s') Nella trascrizione mi attengo scrupolosamente ai mss. e per Por-, dine di successione e per 1' ortografia e per la punteggiatura; sostituisco i puntini a qualcuna di quelle frasi volgari e peggio che, purtroppo ! al)-bondano nei componimenti popolari di tal genere. Qnatro Sonetti sopra pel Brag.ii che se aiceva. clie faceva oro, del (jiierini'). Sia fatto corre.r par la marzaria, e sia coiifma in vita in preson forte 6 a pescar co '1 remo infina a morte, senza haver fatto mai furfantaria. Me daga el baso, che 1'ultimo sia tra le eollone 1'amigo de corte, no trova carne de liissuna sorte co' voi spender el sabbo in beccharia. Me sia il naso tagia........ trova che mia muger sia deshonesta, E po' co vago a cA,.......... Me sia tolta de notte la mia vesta, e la mia borsa senza bezzi spira, se oro el g'reg'0 fa de arzento vivo. Perda i soldi ogni sera al mio redutto, e nel tornar a ca per strada al scuro in tel voltar, del cao daga in te '1 niuro, che me fazza in la testa lin sfriso brutto. Sia tolto sii per matto da ogni putto, 110 trova in la mia caneva vin puro, co son dalla mia donna,......... E co ghe voi parlar, ghe resta mutto. A pena sia sto corpo semivivo dal gran patir, chel fa del mal francese, e mal visto da amisi e da parenti. Viva sempre con pene e con tormenti, E legno in p6 de vin beva ogni mese, Se oro il grego fa de arzento vivo. Sia messo per sassin un di in preson, ne possa in nissun tempo insirghe fuora, ehe nel puoco gustar magnando odora cimesi niorti per ogni boccon. ') Di esso sto raccogliendo notizie e radunando le molteplici sparse fronde poetiche: basti, per ora, il dire ch'egli i: uno de' piu insigni esenipi del quanto pote la Controriforma nell'opera letteraria dell'estreuio 500. c co voi visitar la mia signora aspetti al frcddo su la porta un' hora, c co penso d' en tra r, rcsti coggion. Sla tcgnu per 1'allio, per fuzzitivo, no catta barche co vagho al traghetto, no trova in viazzo vili all'hostaria. No galda quatro soldi in vita mia, e no prova mai pili spasso, 6 deletto, se oro el grego fa de arzento vivo. Possa morir da frcddo per la via in mezzo alla buora questo inverno, e si vivo haver possa un certo interno male et tremor, che sempre infermo sia. Sta I'asqua sia mena schiavo in Turchia, me tegna un crttdel houio in so governo, che ine bastona con liso moderno magnando con le bestie in compagnia. Sia tegnii per 1111 tristo e per cattivo sia detto mai de mi, 110 sia mai scuso, 110 catta el di dei morti la mineš tra. I ladri vegna in ca per la finestra me robba e dagha 1111 ichese sul muso, se oro el grego fa de arzento vivo. Caiizone sopra 1'istcsso soggetto L' e granda, che co vago per la via in o»ni campo, in ogni callessella scnto che alguni cria <[iiel dali'oro e zonto qua, la farina eallera e aldo po el contrario dalla zente, che ha del certo in scarsella, che disse chiarainente, Mamugna') sara appiccaa. A' tal, che el mio intelletto in sto contrario, fa che la notte, e '1 di sempre zavario. Con tale liomignolo era, di solito, ricordato il Bragadin. I11 pro-posito leggesi nel Daru:... «L'esempio del Bragadino, che davasi da se stesso il sopranome di Mammona, cioe Dio deli' oro....» [Storia della R. di V. Capolago MDCCCXXXVIII pp. 78 N.a 1]. pagine ist&iane Perche se Mamugnž, ha fatto P oro, che 6 stA visto tocca da sti siguori, no xe certo decoro, che per la strada i putti, i barcaruoli e tutti ghe parli drio le spalle in so vergogna; anzi che farghe reverentie e honori, e stimarlo besogna, che si se vede instrutti i homeni a honorar quei che ha danari, quei, che, fa soldi di esser tegnu cari. Ma me vien ditto, che ghe ne fa puochi, chel spende maneo, chfel no dona niente, che chi dife haver capocchi resta senza speranza, chi ha eredito el ghe avanza ehel zuoga, chel no perde, chel vadagna i miera de ducati allegrarnente, E con questi el sparagna da el tributo alla panza, E pasce i altri amisi tutti quanti de promesse parole soni e canti. Che i servidori no ghe va pi drio, che i so compagni 1' ha lassa da banda, come fosse, schachio, che sorelle e parenti de esso no xe contenti, chel se compiasc de titoli e nomi E chel vuol alla granda i superbi cognomi, mi rnormoro tra dentl; E digo quando ghe xe rosto in speo, No se pasce de fumo, 6 lica el dco. Si che concludo dubitaudo assai per tanti contrassegni, che 110 sia per deventarghe mai oro 1'arzento vivo, anzi che, lu sia privo del miracolosissimo seereto, E me conferma in questa fantasia el far fermar quieto sto elizir attrativo, che si savesse far simil lavoro 110 magnorave per far seinpre oro. Canzon va in piazza e narra a chi te, cre che in si diversa e dubbia opinion, no »'ho ho giozo de fede, doppo haver ben pensa, elie l'e grego sallA (?) perche 110 ghe si gran furfantaria che a sta canaggia piccola 110 sial) Versi in occasion de Marco bragadin Quando se cavera sto gallion, 6 da che tempo se battizzera sta redodese, caro nianmgna, anzi caro illustrissimo buffon. Una de do, o che 110 ghe e carbon, e che 1' arzento vivo e desfanta, 6 chel seereto, che. i disse che ti ha e una chimera e una imagination. Perche l'e tanti zorni, che se aspetta, che sarave vegnfi dal Pretegiani2 ogni Poltrona et strupiii staffetta. Sti čredi cogioiiar i Venetiani griego, razza sassina e maledetta, co ti ha za fatto i fra ti e i Lutberani, ') La canzone, nelle singole stanze, e segnata sempre con una linea di traverso: tien dietro la nota seguente che riproduciaino a titolo di eu-riosita [la lacuna e nel manoscritto]: «Que.sto era un grego che si faceva chiamar marco bragadin, che doppo haver consumato il suo,si fece capuein e avendo ateso sempre al alchimia, trovo modo da far, 6 de far parer de far oro con 1'argento vivo e si disfrato e venne in V.a con gran lama e eredito, ma da poi fuggi quasi fallito, andando dal.... dove li fu tagliata la testa sopra una cariega per haver intaccato molti e burlato lui molte volte, prolungando el far quantita d'oro, come si spesso l'avea promesso». Fin <]ui da 1111 primo codice marciano, le rimanenti (la un secondo meno 1'ultima cantafera tolta da 1111 codice del Museo Civico [fondo Cicogna]. 2) »Anche un Re deli'Etiopia, cioe il Gran Prete-Jan, che facevasi chiamare lTmperadore degli Abissini, poiche era assai potente, e ricco 111 i|nelle, Parti, frce stima della Republica di Venezia. Egli del 1102 niando al Doge Miehele Steno, ed al Senat o alcuni Leopardi, li (|uali furono posti con li Leoni gia regalati da Fiorentini nel Luogo di Terranova, che al presente serve di Pescaria in S. Marco, e, furono chiusi in Magazeni di tavole con aleune Finestre, afTacciandosi alle rjuali si potevano vedere dal Popolo. L'anno poi 1457 a 28 di Maggio qui perveiine il Priore di S. Miehele d'India spedito dal successore Prete-Jan, richiedendo poter estraere quattrocento Armature con guarniinenti di ferro, e questo fii accolto dal vecchio Principe Francesco Foscari poco tempo a valiti la sua demissione, non che sodisfatto, aggiungenihn i il dono di alquante belle manifatture di argento, secondo che lascio seritto nelle storie Paolo Morosini....« (I)al cod. Gradenigo [Museo Civico] 49, II.o pp. 123). L'accennoal ■ Pretegiani > e alle sue ricchezze e frequentissiino nelle poesie vernacole del 500. Cito anche, senza averlo potuto consultare «11 prete Gianni»
  • 1DCXX\TI — pp. 23t o sgg.J. E altrove leg-gianio: «Molti si fecero intorno a Fra Paolo (Sarpi) accio eh'egli pure iindasse a vedere ; ma e' se ne burlava, e eolle solite sue lepidezze mescolate a sodi ragionanienti cercava di trarre d' inganno altrui. Per suo consiglio, affine di sereditare il ciarlatano, fu fatta una maseherata di giovani nobili che girando in gondola vestiti da Mamniona, con crogiuoli, mantici, boc-cette, tabbricavano oro e lo vendevano a einque, lire il soldo; sferzaiido cosi la brieconeria del ciurmatore che nihava chujue lire in buoni denari, per un soldo che dava del suo oro....» [Biogr. di F ni Paolo Sarpi ecc. di A. Bianchi-Giovini Vol I.o Znrigo 1836' pp. 110-1]. Questi sara i sciotti O i cechini e le doble che fara stampar col to secreto, sta citta. Gramo desgratia, Alchimista de straco e de carton da farte far la prova co' un baston. Sodomito poltron De botto baiuliza via da ogni lnog-o, Eccetto che del' agiero e del fuog-o1 . Capitolo scritto per la medesima occasione Io non vi serivo, io taccio e faccio punti, e pause tante 6 il mio Padre maestro, ijuantc ne fa 1' arte dei contrapunti Ma s'io pur fossi tanto agile e destro al Poetar, come sono al tacere, fornito avrei di carte sino al destro. E bella cosa pur stare a vedere, et taeer, disse un certo di coloro, che volse seientia piu che soldi havere. Taceste meco ancor voi, ijuando d'oro faceva el novo Mida i vostri monti, onde indorati milic e mille foro. Ma prima i liumi torneranno ai fonti, che io lasci afato, afato il cicalare, tutto, che io sia forse el peggior, che monti. Direte voi, chi ti fa strapazzare Farte che non e tua, le maraviglie che oggi al modo veggiam tante e si rare. Ne perche 1'huom 1'ingegno vi assotiglie, et cacciasi nel capo la baretta, ne cava conclusion, che al ver s' appiglie. Chi attribuisse ali' arte benedetta della fifl-fantaria si luminosa, materia in picciol vena accolta e stretta. Chi stima frutto d' una seientia aseosa in carte non di libri, ma da gioco . tanta di doble copia prodigiosa. ') In una nota del Querini stesso leggesi di «sonetti in stampa» al Bragadin «Et altre rime et eompositioni scritte da diversi in questa occa-sion». Si trattera, probabilmente, di quei foglietti a parte che formavan la delizia del popolino i quali trovansi qua e la nelle preziose miscellanee delle nostre biblioteche ma che, se. pur esistono, non e facile rintracciare. Altri por forza di solin ot di 1'nco, di lnorourio, salnitro o votriolo credono farsi el sol, oho lnoo. poco. Noll'nltrui boccho dico, poicho un solo non trovate negli ? piu degni, oho liabbia potuto o.nipiro ol covriggiolo. Io, che son grosso piu sonsati segni aspetto o dica ogniun cio, che si vuole, airhebraica non čredo, senza pegni. Vo pero moderamlo le parole, Qnando me occorro con color parlare che adoran questo novo orionte solo. Et cosi certo o. convonevol fare A, chi non vuole iinpugnar spada e lancia, od iinpizzar contentioni amare. Cre.de con fenna fodo o non e ciancia chi d' ostro ornato siedo, o. ha la cura di ijuellM donna che ha in man la bilancia. Credon di corta časa sin lo mura, ove forse un giocar presto di mano fabrico verga d'or luc.ente ot pura. Črede do quella razza una gran mano, che credor poco suoi dal tetto in suso, Pari o del stuol tilosofanto e ilisano. Tra i quali un nostro ha in modo per concluso esser questa real aurifioina, che odondo ad iinpugnar la torco el muso. No fa lettion in corta a lui vicina bottega di special, ove i garzoni bon sposso a nuova profession inclina. Ma udite, havea sorbati a i salcicioni, ad altro uso non čredo un buon libraro certi d'alehimia antichi iibraccioni. Questi eomprati a prozzo ingordo ot caro da gente avida ot scioccha, al buon mercante insperato o grande utile apportaro. Hor <|uesto non vi par tra tante et tante vane speranze di farmacopolo, certo guadagno et util rilevanteV Ma quei, ehe immersi in queste cantafole con 1' altrui essempio si fero alehimisti, pioggia faran temo in vece di sole. Pioggia che con baloni o folgor niisti (li qualche esperienza fatta a easo fraeassa serigni et lieva entrate e aquisti. Sallo qucl g-iovin Duca persuaso ad accrescer por quindici i suoi scudi, restato poi con un palmo di naso. Lo san color, che d'ogni senno ignudi paseer volscro gente, anzi canaglia, che d'or promette far fino gli incudi. Lo sappia bon c dir il ver mi vaglia, chi fa si assidua servitute c lunga k una figura cl'arazzo a boscaglia. Ma per sentier fangosi e strada lunga ho caricato troppo el mio somniaro, si che temo, che a Brescia1) mai 11011 giunga, Et gia si parte in fretta il cavallaro. Novo Mida sei tu, sel volgo elice la vanita de tue famose lodi anzi via ]iiii di lui lieto et felice, Poiche dell'opra tua ti liutri e godi. Novello Giove sei, che 1' infelice Danae soccorse con gioconde frodi, anzi precorri a lui, se la nutrice Vergine d'Adria con riehezze aunodi: Secolo aventuroso, in cui rimiro fastoso et lieto gli innoeenti giorni di quella eta che riverente honoro. Seeol, che adduci di Saturno el giro innanzi el tempo suo, s' avien con l oro che aniica a Dio siuiplicitfi ritorni. Di Bort.o lioncaglia Ecco vicina hormai 1' hora prescritta Che la gran tomba clel figliuol cli Dio, sia tolta ali' ottoman superbo et rio, et la gente cli Traccia arsa et sconfitta. Ecco, che ;i pi'6 della sua greggia afiitta a noi manda el Pastor eterno e pio rhuom, per cui si vedra giusta 'I desio 1'i minem da belva oriental traffitta. ') Vedi nota nel sonetto «A Breseia» piu innanzi. O maraviglia inusitata o nova, questi vincondo e la natura e l'arte trovar far A fantiča eta deli'oro. Ma pria che gli si aecinga ali'alta prova vedrem d'adria arrichir d'ampio thesoro, l'Adria che fia di tanta gloria a parte. Di Giulio Benalio') Eeco de 1' eterna alma al altra vita A mercurio, mercurio ingegno e forza L'aere invaghito alternando rinforza nel foco in foco di virtu inflnita. La terra co '1 suo grembo al tutto aita, l'acqua serve anco, perche ad huopo ammorza, oltre che sendo ogni mortale scorza, (juinci (piesto e sol girne a eterna vita. Beando questo mar cortese questi gli elementi cosi domina e preme, che aviva anco altri e serba e accresce i regni. Adriano el Padre augusto. hor se ode, questi accenti rimbombar da parti estreme in aurea vera etade a veri segni. A Brescia2) C'he fai brescia che fai? non ti commove itn si gran don dal ciel sceso qua in terra xi te, che in ver, sel mio pensier non erra Potresti contra el mondo far tue prove. Hor che appresso di te hal chi rissolve il rame in oro et di tal lega el serra in tal bonta, che a gara rimom 1'afferra, e' i Principi vicini a lui si volve. Forma brescia costui, opra 1'ingegno, acio teco rimangi, se dovessi darli le propie moglie in sua balia. Anche di Giulio Benalio tratte.ro particolarmeute altrove. *) Nel territorio Breseiano il Bragadiu s' era tvattenuto alquanto tempo nel 158!): leggesi a questo riguardo, in un codice Gradenigo del nostro Museo Civico ..... Venne a Torbiato in Bressana et a Lovere terra del Berganiasco so])ra il Lago de Ise, dove comincio a far grossissime speso e di subito si divulgo che egli per via di Archimia sapesse far oro. Di la doppo alcuni giorni torno in Torbiato terra del Breseiano et poi al prlncipio di Novembre si ridusse a Brescia, ovc spendendo ogni hora piu profusamonte diode da ragionar a tutte le Citta circonvicine ...» Clic cio faceudo. šara buon dissogno, per arricehire et aggrandir se stessi. alt ram en te šara una gran pazzia.1 e mia inoger me sia robba de letto, sia portai mie fioli al Lazzaretto, e mi sia in drio cul nianda a barutti. Me manca quel che manca ai sordi e ai mutti viva sempre con spasemo e suspetto, me honora le cornacchie el eailetto, possa essere sodega tra petti e rutti. No trova lnedesina co me ammallo, 110 catta pan co vago dal pistor, sta zioba gTassa sia sbuella da un toro. 1'erda quanto, che bo al mondo robba e honor, sia ballotta co i sassi su un pallo, se del mercurio el uiamiignA fa 1'oro. Caiizoii sopra 1' Mamugna Vogio zente, che cantemo e che Dio noi ringratiemo che sta ventura ello ne ha da (1 che sorte ha sta Citta; L'e vegnu el Mamugna che d'arzento oro el fa si che senio ventura O che sorte ha sta Citta ; e l'e un hoino anche prudente per non dar scandolo alla zente Alla Zuecha si ha tira 2 <> che sorte ha sta Citta; 4) Al sonetto tien dietro il ricordato madrigale del Guarini che leggesi anche nel codice Cicogna dal quale traggo la canzonetta che segue. •i Dal su ricordato codice Gradenigo : «..... Gli fu da suoi Agenti preparata la Časa da Ca Dandolo alla Giudeca app.o S. Zorzi ove gionse la Domenica di sera alli 26 di Novembre. (Juivi coniincio a far s pese regali, et il Martedi seguente per mezzo delli Elmi: Sig.ri Giacomo Contarini, et Nicolo .Doltino, che avevano prima trattato le cose sue. dono alla Sig.ria talita di quella niateria in una ampolla, (L' impoleza della canzonetta che vedi ricordata piu sotto) clie dicevano poter far duccuto cinquanta mille Ducati la qual ampolla di subito fu riposta in uno serigno in Zecca, del qual si niando una chiave ad' esso Bragadino, che di questo segno mostro inolto piacere....» EP P ha fatto con prestezza che la časa con grandezza subito ghe sia conza O che sorte ha sta Citta; L' e po anda presto in Colegio e li ha offerto aneora megio Tutto quello, che lui ha O che sorte ha sta Citta ; II signor Marco e il suo notne Bragadin il suo cognome Mainugnato el vien chiama O che sorte hA sta Citta; L' ha sta terra rallegra che danari 1'hA porta e abondante se sarA O che sorte hA sta Citta; L'e un homo che no e bello e si l'e pur anche quello che P archimia hA retrovA O che sorfe hA sta Citta; E si adesso el vien da Bressa L' e vegnu con grossa spesa Da i capelleti accompagnA O che sorte hA sta Citta ; Non voi piu che noi cantenio Ma voi ben che noi vedemo quel che in vero lui fara O che che sorte hA sta Citta; Si volemo retornar e de st'homo rasonar el fa 1' oro che 1' se sA O che sorte hA sta Citta; e si st' homo hA grand' inzegno Perche adesso noi vedemo Tutto esser la verita O che sorte hA sta Citta; L'ha portA una impoleza ed in cecca con prestezza Lui in persona el ghe l'ha dA O che sorte ha sta Citta e la drento gh'e il thesoro che di quello si fa 1' horo Con altra robba accompagnA O che sorte ha sta Citta; Anche assai ghe storže el naso Ma 1'e sta fato anche el sazo E oro bon e sta trova O che sorte ha sta Citta; E 1' ha fatto un libretto Donde ghe scritto el secreto E alla signoria el' 1' ha dona O che sorte ha sta Citta; L' ha do cani che se belli Et alcuni vuol che t]iiclli siano tuti indenionia ') che sorte ha sta Citta; Si che temo grandeuiente che del tutto sara niente E tutti restera chiapa Ne piu sorte se havera Falalilela. falalila2); APPENDICE11! Marco Bragadino Cipriotto detto Mamugna, acijuisto fede di havere ri trova to 1'Alchiinia deli'oro. Venne nella Citta per eonimandamento degli ec.c.mi s.re Capi, con consenso delli quali, pose una ani])olla, che diceva Li ricordano, tra gli altri, il Doglioni i Hist.a Ven.a. — Venezia MDNCVIII p]>. 97(1-7 «.... quel Duca (di Baviera) lo fe... publicamente a Monaco deca])itare, et con 1' archibugiata occidere due cani, che seco egli sempre menava con colari dorati, i quali vogliono alcuni, che fossero due spiriti, che dali' inferno avesse egli dentro quei cani costretti, accib che gli fossero ministri per far travedere quei suoi tramutamenti, e giuochi di niano.® 2) «.... la falilela, birbesca canzonetta» ricorda il chiaro dott. Mnsatti ne' suoi «Motti Popolari Veneziani» i Venezia, Pellizzato 1904 pp. 11) - e la frase cantar la falilela che importa essere falliti o. sni punto di fallire, con trasparente allusione, se pur non e' e sotto uno dei soliti giochetti di parola tanto frequenti nel nostro vernacolo». Vedi il motto anche nel Be-lando (Lettere facete ecc. Parigi MDI,XXXVIII) in un sonetto codato contro «i cortesanuzzi lindi, e meccanichi« i quali, sposata una qualchc grama cameriera, per non parer da poco (The fa levar sciapperon de vellno E donna j>an in bruo La dira che 1' e vera damisella~ E che la nobiltae e soa sorella Ecco un di un fallilella Ghe vien a dosso, e muore tal canaia I/ una al bordello, e 1' altro su la paia. (pp. 104 r.o) 3) Codesta arringa trascrivo dal cod. Cic. 1021) 1999 del sec. XVI e princ. XVII eontenente »Arringhe varie in materie politiche veneziane di anonimo«. La in-esente e la seconda, per ordine, nel ms. pssp.ro anima d' horo, che havorobbe con tempo avuto forma di fare molti Milliona di d.ti in umi scrigno della Cecca publica, tenondo appresso di se le chiavi, dicendo volerne far dono a S. Ser.ta. Conoscendosi in fine, che <|ixosta era itn'illusione, si ritiro in P-adova, dove tisava li medesimi termini per ingannare gli altri. Fu parere d' alcuno, che si ehiamasse nella Citta per eastigarlo, et in contrario fn scritta questa. In mal volentieri vongo a dar molestia a V. Ser.ta, alle VV Ecc.e Ill.nic in ipteste loggierezze del Maniugna, ma essendo oblig-ato per debito del mio ordino a difondere li negotij di questa settimana, eonoseo anco, che mal volentieri non debbo trattare. quollo eh'io deblio all'nffitio mio, spetialm.te essendo molto piu proportionato alla uiinorita del mio ingegno le. c a tiso minori, et |iiii loggieri, ohe le maggiori, et piu gravi dello stato. Ho sempre stimato, ohe queste sporanze del MainugnA, ot queste voci glo-rioso dolli suni soguaci, si 'dove.ssoro risolvero in qnello, ohe per lo piu si risolvono lo inijuisitioni dolli Thesori, che noi line non so 110 trahe altro, oho urne di oenoro di morti, luoerne di soppolcri, od altro coso vane, vuote, ot cadavoroso. 'Ma havendo povtata la ben oolorata apparonza delle eose, oho 0011 ragione si sia intorposta 1'anttorita publica in credorle et all'ec-celso Cons. di X.e in apparonza vi si sia interniessa, non vi ha dubbio, ohe se bene 0011 ogni sapionza e stato deliberato, nionto di meno, misu-rando gli huomini li negotij molto piu co' Pevonto, che con la ragione, e restato luogo alle morniorationi dol popolo, giudicando molti, oho '11 un negotio ampulioso, habbia ipiel gTaviss. consiglio creduto troppo a quel-1' huomo, et a (|uolla cosa, alla qualo non si doveva crodoro nionto. Sara dtinquo stato laeerato co '1 morso delle. dettrattioni la sa])ienza et la di-gniti del nome di quell'eccolso Cons. et hora ohe '1 tempo ha serrate lo piaglio, ot sanalo il dolore, si ritornora a rivooare di nuovo Maniugna, per riehiamare ancora le voci, ot li gridi do gli huoliiini otiosi a mordere, et guastaro un'altra volta la grandozza, ot gravita dolli puhlici giuditij, ot lnanifostare, et far maggiori et piu apparenti li sogni della vanita, ot leg-gierezza 11.ra. Giaoe (juesta puzzolente, et fotida oarogna sotterrata nelle visooro doli'oblivione, la dissotterreremo, ]ierche amniorbi maggiormente con la puzza della sua infamia, et della leggierozza, ot vanita sua, la gloria della prudonza, ot sapionza di questa Ser.ma Rep.ca. Et perche si riehia-moraV ])erelio so la voiiuta sua cagiouo dishonore, chi non vede, ohe '1 ritoruo causera infamia maggioreV Forse per rijirovare, ijuollo, oh'e stato ]irovatoV anzi ch'e stato reprobato. Nessuno e oho vi pensi. Perche. aduuqueV per castigare, si dice, la sua temerita, et vendicare 1' ingiuria della Rep.ca. Mi sia lecito nel Theatro maggiore del Conseglio di tutto il mondo adelurre favole, poiche dalli sapieutissinii huomini furno insegnate por aminaestra-mento della vita. U11 Leone si senti mordere. Proso, con ira queH'animale per vendiearseno, ma quaudo vidde, ch' era un topo, vilissinia, ed ignavis-sima bestia, la libero, deridendo 1'offesa, giudicando, che '1 vendicarsi, sarebbe stato un' aftermaro di poter essere offeso da vilissimo animale. Che esempio piu somigliante? Ha morso questa vilo bestiuola la dignita della Rep.ca et con ragione s'e concitato contra 1 'ira della sua grandozza; il castigarla, che altro sarebbe che aftermaro di essere stata offesa da vilissima cosa? d'essere stata ingannata da quella d'un huomo pri vato, la sua divina sapienza? quanto nieglio e sprezzarla, i\ bastanza vendican-dosi queste cose co '1 disprezzo. E questa bestiuola quasi un Ciiniciuolo, un verme, un animaletto putrido, puzzolente; non veggono che se lo contarreranno (?), abbrutteranno la loro medesima mano, et offenderanuo le nari della sua dignita co '1 pessimo odore delli vitij, che mandera fuori? Cha altro e condennare questo sciagurato, che sonare al Mondo una tromba d'essere stati burlati? d'havergli creduto? d'essere stati ingan-nati? Come avviene in chi vuole ferire il vauo deli' aria, che '1 braccio, et la mano ripercossa patisce: cosi volendo elia ferire et battere in questa vanita, il braccio, et la mano della dignita publica restera ripercosso, et patira. Ma sopportere.mo, che questo honiociuolo, se ne vada con le chiavi degli scrigni puhlici, et derida, sparlando, la M.ta della Rep.ca ! Li morsi delle Mosche non curano gli Elefanti et il Cavallo generoso, se ode il Ma-stino, che abbaia, non volge la testa, et lo mo rde, ma segue il suo ca-mino. Ma che dico? temeranno le parole private di qtiesto huomaeiuolo, et non temeranno le voei di tutti gli huomini, nelle corti di tutti li Pren-cipi? Cominoveranno loro quelle, non perturberanno loro molto piu queste? Et io sono di diverso parere, et esistimo che queste sia per dar materin maggiore a co testo uomo di vantare ad honore di se stesso, quello che viene commandato per ignoininia sua, et con ignominia pnblica. Pro-pone questo sig.re che gli venga commandato che ritorni nella Citta, fugira, et chi ne dubita, conscio della sua colpa. AH' hora dira questo' astutissiino huomo di essere nascoso per stto difetto. o ]>ur si gloriera d'essere stato richiainato dal Prencipe per la sua virtu, ma perseguitato da particulari, ed insidiato, essersi ritirato. Cosi il Cane rabido d'esopo intepretava il Campanello, che gli era stato appeso per segno del suo vitio, a segno di honore, et virtu. Molti negotij sono, la natura delli (juali e tale, che al-1' hora si avvertiscono bene, quando non si avvertiscono. Le cose puzzo-lenti hanno questa proprieta, che quanto piu si conturbano, tanto piu si fanno fetide; perche questa sentina, che ammorba conturbera anco noi? perche rimescolereino qiiesta cosa puzzolente, accio che con la puzza in-fetti, nausei et annnorbi la niente, la ragione, et il giuditio di ciascuno? E' cosa leggiera, ma se šara avvertita, come grave da loro, temo, che non sia per essere apunto gravosa alla Rep.ca1) ') II Tare ampolloso e trionfio deli'orazione la tradisce come frutto retorico d' una delle molte academie veneziane del secolo. Notizie storiche di Grisignana (Continuazione — v. A. III, pg. 180). V. Controversie per c.onfini fra Grisignana, Piemonte e Buie — Milanova o villa s. Giorgio — La ehiesa di s. Vito — Chiese e fraternite — II palazzo di Agostino Lippomano o la «villa amorosa* — Dotazione del elero — La deeima eeelesiastica — II pievano Andrea de Medellis — L' interdetto di Paolo V — Papa Pio VII al ]>orto Quieto — Distin-zioni al elero di Grisignana — Le easate — Antonio da Grignano — Antonio Ratissa — Giaeomo I)aris — Gli Spinotti — Iserizioni venete. Perche Venezia stava in guerre continue coi patriarchi d'Aquileia e coi duchi d'A ustna, le ruberie e le rapine fra sudditi veneti e patriarchini erano, come si vide, scambievoli. Nell'anno 1421 gli ambasciatori della contea denunziarono alla Signoria i molti danni inferti dai veneti. Gli uomini d i Montona, dicevano essi, tolsero a quelli di Piemonte 19 animali grossi ed una soma. di frumento; gli abitanti di Grisignana 28 animali grossi e 98 minuti. Altri sudditi veneti rapirono ai piemontesi 10 animali grossi, 37 agnelli, 14 animali minuti e lire 12 di pelli a un pellicciaio. 1 montonesi e i grisignanesi, soggiunge-vano essi, «robano de cli in di el molili del signor di Valclsee», ovc spezzarono anche due macine. Nella villa di Castagna furono rubati sei «manzuoli» un maiale, mannaie ed altri oggetti dagli abitanti cli Grisignana '). Similmcnte, quando neH'anno 1477 cominciavasi a costruire clagli imperiali un fortino sui Quieto, 11 veneto senato deliberava non doversi tollerare cjuella costru-zione che poteva essere un pericolo di offesa ai sudditi veneti; tanto piu che il fatto si opponeva ai patti stipulati coi conti di Gorizia, gia signori dei luoghi che in detto anno appartene-vano ali'imperatore. 11 podesta quindi cli Grisignana, Alvise Orio, dovette, in esecuzione di speciali comandi avuti, richie-clere al capitano cli Piemonte, a cui era soggetto il luogo e gli uomini che lavoravano attorno quel forte, l'osservanza dei patti e la sospensione del lavoro incominciato 2). Ma cessate le guerre, coi comuni e paeselli continanti Grisignana visse, per quanto si sappia, in buone relazioni, meno 11 Atti e memorie, VI p. 20. 2) Ivi, IV. p. 300. soltanto qualche differenze por confini, differenze chc oramai trovavansi presso tutti i corauni. Grisignana ebbe questioni per confini col Castello di Piemonte e piu lun ghe e ripetute con la citta di Buie. Delle differenze con Piemonte trovannno da prima notizie neU'anno 1474, in cui il capitano di Raspo, Fantino Marcello era stato incaricato dalla Signoria veneta di c-omporre la ver-tenza. Su cio la ducale di Nicolo Marcello del ;il agosto, la quale fra altro dice: «Si vero de concordia pro compositione cognosceritis ea continia figi et poni non possint, volumus ut de loc-a solita et consueta lapides figa tis et deponatis itaquod discerni et cognosci possint; et quia Comunitas Grisignane pau-perrima est, volumus ut cum minori espensa que fieri potest duminodo vadatis sed cum dignitate regiminis nostri». In un «Processus confinium Grisignane et Pedeniontium», il capitano di Raspo Nicolo Zorzi pronuncio sentenza nelFanno 1516. Per la quale, volendo egli mettere fine alle divergenze esistenti fra i due luoghi, decreta dover essi vivere in buon accordo pascendo e recidendo legna per loro bisogni in con-formita deH'accoi'do sti])uiato fra di essi. E cio sino a tanto che non venga provveduto altrinienti dal governo1). Nell'anno 1518 il nobile Federico Morosini, eletto giudice arbitro nelle loro differenze dai pieniontesi e grisignanesi, pronuncio sentenza in Buie. Sla poiche i primi non vollero dar effetto alla sentenza, Grisignana ricorse a Venezia, la quale neiranno 1 r>20 diede facolta al podesta di Pirano Bartolomeo Morosini di portarsi so]>ra luogo e di definire 1'affare,'2). II Mo- ') Vesnaver, Inrfiee delle carte di Raspo, p. 45. • «L. I.. Dei g-. dux Ven. Nobili et sapienti viro Bartolomeo Mau-roceno de suo inandato Potestati Pirani fideli dileeto saluteni etc. Per qiianto ne fu fatto intender dal Couiun et huoniini de Grisignana che ne hanno presentato una suplicatione, fu per il nob. huomo Federico Morosini facta una senteutia arbitraria tra loro da una parte e fra il Comuu et huoniini de Piaiuonte dali' altra, per certo (lifferentie do Confini o della <|ual senteutia par che li dieti de Piamonte non vogliano dar la dobita oxecutione, cum gran danno et proiuditio do quelli de Grisignana, li quali no hanno supplieato che vogliaino proveder ot per el quieto \ivor darli uno iudice che vadi sopra loco a terininav (juanto li parera. Noi veramente essendo ben consci della integrita ot pnidentia vostra, abbianio doliberato darvi autorita de andar sopra loco, o bon veduto el tutto, jiouer li confini in executione della Senteutia supradieta ot far quauto se convieii alla iustitia et equita accio un zorno 11011 sequi qualche iuconveuiente. Et se por caso rosini, dopo averne avvertito tanto i piemontesi quanto i grisi-gnanesi, vi si reco di fatto e nel maggio deli'anno 1521 fece collocare i contini elie dividevano i! territorio di Grisignana da quello di Piemonte. Eeeo la sentenza.: «Visa sententia arbitraria lata per prefatum Friderieum Mauroeenuin judicem arbitrum de eomuni coneordia dictorum Oomunium et hominum Grisignane et Pedemontis electum pro eorum eonfinibus anno 1 T> 1S; viso compromisso.... facto ; visa sententia Hieronimi de Mulla; visa contumacia ipsorum de Pe-demonte legitime citati: Christi nomine invoeato, sententiando et declarando conferimus et componemus terminos devidentes territorium Grisignane de territorio Pedemontis in hunc modimi: «V. L. incipiendo a cemeterio Ecclesie Sancti Georgii enndo versns Austris per niontem dictuni Metu recto tramite versus Rovalem (?) quod et neinus.... de quil)us in sententia arbitra!ia positus fuit terminus signatus duabus crucibus. Una quaruin respicit versns cemeteriiun et Ecclesiam predictam, et altera versus Rovalem et in dieto nemore.... positus fuit alius terminus prope tres grimos sive macerias et congeries lapidum signatus duabus crucibus respicientibus. Recto tramite versus primum terminum et prope Pata et de dieto termino usque ad ])ontem Bata sunt quatuor termini vel pilloni, designantes et dividentes confinia dictorum Cumunium iuxta sententie arbi-trarie formam. Et de cemeterio et ecclesia Sancti Georgii pre-dieti versus Aquiloneni seu tramontana ad fonteni parum exi-stentem in quadam magna grotta. In dieta grotta signata fuit crux ut confinia cognosci possint ed a dieto fonte veniendo usque ad unum lapidem a terra elevatum cuin tribus crucibus antiquibus signatum signata fuit crux; qui lapis dividit id est confinia Grisignane, Villarum Cubertoni et Cisterne distrietus Iustinopolis iuxta continentiam et formam sententie Friderici ^lauroceni®. ]' altra parte non se eontontassc della vostra deliberatiouo, li direte elie eompariranno davanti alla Sigiuria Nostra e noi faremo ijiielia ])rovision cho ne parera. «I)ata in n. due. pal. XXV teb. MDXX». CJuesta dueale, il doemnento di continazione e le altre notizie qui sopra riportate rignardanti le dilferenze con Piemonte ee T ha 1'avorite, tratte da un ms. assai logoro deli'archivio comunale di Pirano, il chia-rissiino bibliotecarjo eonte Stefano Rota. Dopo cio il detto podestii fece eavalcare un suo segretario alla volta di Piemonte per intiniare agli abitanti del Castello di rispettare i eonfini nel sito ovc erano stati posti, minaccian-doli. nel caso non obbedissero, «standi per raenses sex in car-cere cum squassus quatuor funis et ultra ad arbitriuni*. Di altre differenze non abbiarao notizia ne prima deli'anno 1474 ne dopo la sentenza riportata. Anteriori a queste del Castello di Piemonte furono le con-troversie per eonfini che Grisignana ebbe con la citta di Buie. Nell'anno 1423 il podesta di Grisignana Benedetto Barbaro era stato eletto giudice por definire certa questione che i due paesi aveva.no per pascoli sui confine 1). Da una vecchia stampa8) si apprende che in detto anno presso il podesta e A. Marsioh. Effemctidi istricuK1. Alnianaeco < La Concordia; m. I, pag. 28. Capodistria 1883. — Sooondo quanto si leggo invoce lici le E/p-mc-ridi di citta e liroi/hi marittimi, Capodistria 1881 dollo stesso antore, 1'altari' avrebbe dovuto risolvorsi dinanzi al podesta o oapitano Alossandro Zorzi in Capodistria, dove. orano interventni anche aleuni oonsiglieri delegati dal podesta di Buie ser Ueltramo dei Tarsia. 2) Vedi «Sfampa L. L. C. C. Cittadini o, Popolari dolla Terra o Territorio di Grisignana >, dove a pg. 5 si leggo: 1423.26 ottobre. In Christi Noinino Anion. Anno Nativitatis eiusdem millesimo i|uadrigosinio vigesimo tertio Indietione prima die vero vigesimo so,xto monsis Octobris. Aetum Iustinopoli suh Lodia votoris Comunis. Praosontihus Nohilibus et sapien-tibus Vi ris ser loanne Girardi, et ser (Juariento do Tarsia iju Ioanno Sori-beno et Marco Tarello ot ser loanne.... testibus o.t aliis ouinibus Civibus od habitatoribus Iustinopoli. Cuni ex rolata niultorum Bonorum Viromm ad aures et notitiam Sereniss. et Excell. Ducalis Dominationis Vene.tiarum pervenorit Litteras, sen lites, causas et defferentias vorti intor snam co-munitatem Grisignana ex una parte et suam comunitatem Buloarum ex alia occasione Pascuorum torritorii Buloarum ut inferius continetur otc. Oniissis Christi et B. Marie seinper Virginis Gloriose ac Marci Evangeliste nonii-nibus devotissime invocatis dixit deffinivit sontontiavit, declaravit, pro-nuutiavit et terminavit intor dictas Comunitates in hunc nioduni videlicet quod Comunitas Grisignano ]>ossit ot valeat do cetoro mittero ot condu-cere ad pascendum sua animalia ac etiam habentia in sozzeda impuco et sine aliqua pignoratione ad pascendum super torritorium Buloarum quod ad presens possidet, et vice versa possit et valeat Comunitas Buloarum mittere ac conducere sua animalia ac habentia in sozzeda impune et sine aliqua pignoratione acl pascendum super torritorium comunitatis Grisi-gnane et super Districtum Sancti Georgii, Districtus Grisignane quod ad presem possidet etc. Oniissis capitano di Capodistria fu sentenziato potere i grisignanesi pa-scere i propri armenti e tenere anche le soccide sul territorio di Buie che a quel tempo possedevano senza incorrere in qual-siasi contravvenzione, e il simile per i buiesi che pascevano sul territorio di Grisignana. Nell' anno 1450, il giorno 13 di maržo, i podesta di Grisignana e di Buie Leonardo Bondulmier e Nicolo Bollani re-golarono nuovamente certe differenze per confini. E una pergamena che ci venne favorita dal signor Elio Torcello, della sua Grisignana veramente benemerito, narra di una confinazione solenne avvenuta il giorno 7 di ottobre del-l'anno 1573, nella Indizione prima. In quel giorno, sul confine de' due Castelli trovavansi Giuseppe Pizzama.no podesta di Buie e Francesco Lando podesta di Grisignana, ambidue alTuopo delegati dal rispettivo Consiglio comunale. Eranvi pure i giudici di Buie Pietro Bo-netti e Francesco Barbo insieme coi sindaci dello stesso luogo Nicolo d'Ambrosi e Giovanni Andrea Barbo. Rappresentavano Grisignana i due provveditori del Comune, uno de quali Giovanni M. Armano, unitamente ad un Regancin, un De Luca ed un Altin che assistevano quali festimoni alla pubblicazione della sentenza che rechiamo qui sotto'). La quale non fece 4) «Ineominciando in Carso ad un eonfin che ditte parti aftirmamo esser il eonfin de Grisi.na Buie, et Momian: qual e signado in una grotta piccola appresso la strada puh.ea di tre croci appresso il qual fu pošto un sasso longo 4. in 5. pie in e.a ticado in terrra, nella sumita del qual sono intagliate q.te parole. Franc.a lando et Josepfi pizzamanus t/rinit/.ae bid-learumgue reetores reponi iunserunt N.o 1. Dal qual partendosi reeto tra-mite infra ostro et garbin per perteghe 20. alla mesura della pertega di buie, che e di do passi comuni dove doveva esser un sasso vivo pošto a man che al presente non si trova vi fu pošto in defetto de quello in terra eonfisso ut s.a un sasso longo, che guarda pur verso ostro et garbin si-gnato N.o 2. Dal sudetto partendosi andando reeto passu per la medesma via ad un sasso vivo in terra pošto in forma d' un seudo signato di t di-stante dal sop.to perteghe 76. secondo la perticazione antiqua ed hoggi ritrovate perteghe 86. vi fu agionto un sasso longo ut s.a fisso in terra signato N.o 3. Di poi partendosi andando rettam.te come de s.a per la med.a via ad un sasso vivo poeho elevato da terra signato di t che per la sntia sudetta vi doverieno esser perteghe 32. di distantia, ma per non ritrovarsi esso confine si e incaminato con la pertica sin a perteghe n.o 62. dove si ritrova una pietra viva alta da terra signata dal segno t con altra pietra in c.a apsso la qual fu pošto un sasso longo ut s.a signato n.o 4. Dal qual partendosi si va reeto passu per perteghe 56. ad un sasso vivo altro che raffermare la eonfinazione avvenuta un secolo prima e cioe quella deli'anno 1450. a costo una valle sig:to t fu pošto contiguo a quello un sasso longo lisso in terra ut s.a sig-.to dol N.o 5. D' ondo partondosi recta linoa come di s.a andando s.a un eolle piccolo sassoso ad un sasso g-rosso ivi pošto con molti altri sassi vivi a torno signato dol sogno t per pertighe 70 secondo la sntia p.ta ot bora ritrovato 76. vi fu pošto a eanto un sasso Iong-o sig.to dol N.o 6. Dal qual si va por burg.oli ot monti picoli ad un sasso in forma d'un seudo por la mod.a via piano in terra in forma d'1111 sondo con do busi sig-.to di f pertiche 4-1 fu pošto un sasso in terra sig'. di N. 7. (la ijuesto si proeiede andando reeto passu sempre por il car s o sin ad 1111 colle piccolo long-o pošto fra alcuno piccole valli s.a il qual Collo era un sasso long-o vivo in terra tra do altri sassi g-randi secondo la continentia della sntia p .ta lontano dal sudetto perteg-be !>2. in deffetto del qual fu pošto un sasso long-o affisso in terra sig-.to dal 11. 8. Dal qnal si va por a I tura reeto tramite. ad un sasso vivo poco di sopra la terra pošto approsso la via p:ca per la qual si va da buie a Portole di s tante dal sudetto per pertighe 52. secondo la sntia antiqua ma per In perticazione hoggi fatta distante per pertighe 70 appresso il ipial fu pošto 1111 sasso long-o nt s.a segnato dal 11.0 0. lontano dal sudetto sasso antiquo pertega una. So incaniina poi de-scendendo vorso la valle Iiasoch ad una pietra larga granda posta in terra signata dal segno t per pertighe 4i). appresso la qual fu pošto un sasso ut sopra sig-nato dal N. 10. Kt partondosi dal sudetto termine descendendo 111 d.a valle ad una grotta grande signata dal sogno t per pertighe 50. fu pošto in terra un sasso col n.o NI. Dal qual si va reeto tramite per la valle pl-editta remanendo sempre sopra il territorio di Buie la maggior parte de una Rogia over condotto di acque a man d:a andando sopra la costa del monte Rasoch ad un sasso vivo in terra pošto tra altri sassi vivi sig.to di f per pertighe 105. vi fu pošto a canto un sasso longo sig.to dal n.o 12. Donde partondosi andando sopra esso monte ad un sasso piccolo pošto a ma in una fossa sig-nato di t per pertighe 51 in locho del qual sasso doveva esser fatto uu pilastro do sassi o calcina distante da un cero per pertega una si come per la sententia antiqua o chiarito: in difetto d'esso contin fu pošto 1111 sasso long-o ut s.a signato del n.o l/J. si va poi per la costa del monte a dreto andar ad un eainpo lavorato nel qual o 1111 sasso vivo aceuto in terra sig:to di t per ])erteg'he 26 fu pošto contiguo a quello 1111 sasso longo ut s.a sig:to del N.o 14. Di ]>oi s*incaniina per la sumita del monte p.to por detto campo in capo del ijual per perteghc ;J5 doveva esser un sasso vivo sig:to di t che per non ritrovarsi si ha seorso fin ad uua grotta in detto canipo arado per pertoghe 51 in difeto del qual sasso vivo fu pošto un sasso longo sig.to del N.o 15. Dal qual partondosi descendendo reeto tramite per pertoghe i>0 lin alla costa d' esso monte sopra la qual nel descender fu pošto un novo contin longo ut. s.a signato dal n.o Ki. Et descendendo reeto passu remanendo precise la sumita dol ditto monte s.a il territ.o de Grisira et tutta la costa d'esso monte a man destra co-minciando d'essa sumita sopra il territ:o di Buie si va lin ad un pezzo di pilastro anticamente fatto appresso la via publ.a per la qual si va da Altro eont.estazioni per pascoli c confini fra Buie e Grisignana seguirono nei seeoli suecessivi per le valli Slanieh e Petresan, quest'ultima di ragione della Coraunita di Buie. Buie a Grisig.a dove fu 1'antiijuo eontin chiamato dalla prta sententia per perteghe 22 lontano dal sop.o Ki confin vi fu pošto a canto esso pilastro un sasso longo sig.to dal 11.o 17. Et in esso sta intagliate le infrascritte parole -Jo eph pizzumanufi et franc.-s Imtdo BvUmrum Grisi.gnavae06. N. 677. Fascicoli sei. Podesta Agostino Barbarigo e dali'aprile' Pietro Loredan. Praeeeptorum primus: . Secundus : di carte, 69. Dal 7 maggio al 15 settembre 16K5. Tertius : di carte 44. Dal iS settembre al 26 dicembre 1685. N. 716. Filza stridori, cedule, esami, sentenze ed altre scritture del 1685. Carte scritte 255. N. 717. Filza scritture diverse del 1685. Carte scritte 255. N. 718. Fascicoli cinque. Podesta Vettor da Mosto e poi Fran-cesco Sauudo. Praeceptornm primus: di carte 157. Dal 14 gennaio al 17 maggio 1686. Secundus : di carte 77. Dal 7 giugno al 27 agosto 16K6. Tertius: di carte 77. Dal 6 settembre al 9 dicembre 1686. Estra-ordiuarioruiu primus : di carte 47. Dal 1" gennaio al 31 maggicr 1686. Tertius : di carte 25. Dal 1" settembre 1686 al 13 gennaio 1687. N. 719. Filza scritture diverse del 1686. Carte scritte 251. N. 720. Altre scritture dello stesso anno. Carte scritte 152. N. 721. Fascicoli sei. Podesta Franc. Sanudo. Praeceptornm primus: di carte 79. Dal 13 gennaio al 30 aprile 1687. Secundus: di carte 116. Dal 2 maggio al 27 agosto 1687. Tertius: di carte 98. Dal 1" settembre 1687 al 3 gennaio 1GSS. Extraordinariorum primus : di carte 29. Dal 1" gennaio al 28 aprile .1687. Secundus: di carte 46. Dal 1" maggio al 27 agosto 1687. Tertius: di carte 49. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1687. N. 722. Filza esami di testimoni del 1687. Carte scritte 75, N. 723. Filza scritture diverse del 1(587. Carte scritte 24(5. X. 724. Fasc-icolo malandato, rosicchiato melFestremita superiore contenente cedule o .stridori del 1687. Carte scritte 46. N. 72.">. Fascicoli sei. Podesta Gabriel Veniev. Praeceptornm primus: di carte 203. Dal ."> gcnnaio al 2 aprile 1688. Secundus; di carte 111- Dal 17 maggio al 27 agosto 1(588. Tertius: di carte <>!>. Dal 3 settembre 1688 al 14 gennaio 1689. Extraordinarioriii» primus : di carte 44. Dal 2 gennaio ali' 8 aprile 1688. Secundus : di carte 62. Dal 21 aprile al 29 agosto 1688. Tertius : di carte 39. Dal 1" settembre 1688 al 10 gennaio 1689. N. 726. Filza cedule, stridori ed altre scritture del 1688. Carte scritte 202. N. 727. Filza scritture diverse del 1688. Carte scritte 187. Covlinucij Prof. F. Majer. BIBLIOGRAFIA II poemetto di Pietro dr' Kalali sulla pare di Venezia tra Alessandro 111 e Federico liarbarossa, a eura di O. Zenatti, Roma, Forzani e C. Ti-pografi del Sonato, 190o. (Estratto dal lhdl. deli' Intituto Štor. Italiano n. 26), in -8. di pp. 98 o tav. VI. II piu antico poemetto storico vonez.iano in terza rima, dovuto alla penna del veseovo di Iosolo, snlla, pace di \'enezia tra Alessandro III e Federico Uarbaros.sa, arrebbe veduto la luce nel Bullettino deli' Intituto ]>er eura del compianto Oddone Zenatti fino dal 1898, se altre ricerche clie attrassoro per lutighi antii 1'editore, ed infine la morto, che lo rapl innnaturamente agli studi prediletti, non avessero reso vana sin qui la. promessa. Ora il fratello ainorosissimo Albino, come il poderoso volume Dante e Firenze, recentenieiite edito, co-i porge con alfettuoso pensiero agli studiosi codesto poemetto di Pietro do' Natali, di cui non erano pronti per la stampa alla morto dal fratello che il testo e lo appendici, industriaudosi di ilarne la prefazione dalle schede e dagli appunti trovati. Pene opportuna sotto tutti gli aspetti fjuesta pubblicazione od illustrazione del poemetto, ora che due ralenti studiosi di storia veneziana, il Medin e il Monticolo 11 lo hanno inosso a profitto delle loro industriose ricerche, ora che la bella e poetica leggenda della bat.taglia di Salvore sotto i colpi della critica storica tende 1 Medin, La storia della Repubblk-a di Venezia nella poesia, Milaijo, Hoepli, 1904; Monticolo, nelle illustraz. alle Viie dei Bogi del Sanudo, nella Ilaceolta degli. storici Hal. ordinata da L. A. Muratori, n. c., Citta di Castello, Lapi, XXII, IV. a perdere (e di eio non so ancora persuadermi) la sua bella aureola di poesia e divenire una tarda ed artificiale costruzione, dovuta a fini d' in-teresse politico. Bizzarra figura di Vescovo cli S. M. Chiesa questo patrizio veneziano, di cui raccoglie 1' editore buona messe di notizie biografiche, che si faceva portare di notte in un monastero dentro un cofano a godere i favori di cjualche amorosa monacella ! Chi sa se a fargli ottenere il perdono del pontefice, non gli sia valso, oltre al suo Catalogus Sanctorum, anche il fatto che nel poemetto egli esaltava contro 1' iniperiale autorita della časa Sveva i diritti della Repubblica veneta e del papa. Un codice del poemetto scritto ad onore di Andrea Contarini, doge dal 1367 al 1382, mutilo in principio, aveva indicato A Zeno fin dal 1713, come appartenente a Bernardo Trevisano, dandone alcune terzine, e tre altri versi ne stampava lo stesso possessore del ms. nel 1717 ; poi, dispersa la libreria del Trevisan, non se ne seppe piu nulla. Ma per fortuna il poemetto si leggeva in un codice, gia appartenente al Fontanini, il Ca-satanense n. 276, per quanto mancante in fine, e da questo codice appunto, ne stampa il testo il eompianto editore. Quando fu trascritto il poemetto del Natali nel ms. gia cli Ciiusto Fontanini e da chi ? Ci viene in soccorso un' iscrizione in distici latini contenuta nel verso della prima carta del codice, che ricorda i privilegi concessi dal papa alla Repubblica dopo la sottomissione del Barbarossa ; iscrizione copiata da un nobiluomo veneziano, Giacomo Graclenigo, che si trovava come soldato a Roma nel 1389, di sur una parete in S. Giovanni Laterano, dov' era freseata, prima d' un iuceudio, la storia di Federigo Barbarossa e di Alessandro III. Nessun dubbio dopo le efficaci argomen-tazioni e i raffronti dello Z. che il trascrittore del poemetto sia il Graclenigo. figlio d' una Contarini e letterato egli stesso. II patrizio veneziano, noto ormai da parecchi anni agli studiosi di storia letteraria, continuava cosi traserivendo forse di sull' autografo il poemetto del suo concittadino, le sue tradizioni di amante delle muse e della poesia ; egli, che in mezzo alle gravi cure e alle civili perturbazioni della podesteria di Perugia, se-guendo una nobile usanza dei podesta del dugento e del trecento traseri-veva la Commedia cli Dante col commento cli Iaeopo della Lana, ed in Paclova nostra, mentre tenzonava col Vannozzo, compendiava in uno nel metro del poema dantesco, i quattro Evangeli. I] nello stesso metro, fra il 1379 e il 1382, il vescovo di Iesolo seri-veva quel suo poemetto cosi povero d' arte, ma cosi ricco di sentimento nazionale, seguendo le svariate fonti a cui attinge, da Tolomeo da Lucca per la narrazione degli antefatti fino alla venuta del papa a Venezia, alla leggenda del museo Correr, ai versi latini del bassanese Castellano, alle narrazioni del Liber Pactorum della Repubblica, a quella infine del bolo-gnese Bonincontro (1317); la piu antica redazione compiuta della leggenda, ma avvivando, colorendo, cercando di dar vita e movimento alla materia morta'). Nelle appendici, ad illustrazione del poemetto del Natali, lo Z. molto opportunamente pubblica parte delle note cronache venete in terza Qucllo <■ ti c con tanto patriottico fervore narrano il poemetto clel Natali e gli al tri racconti anteriori, e tutta leggenda, come si ritiene ora? Pno dai si che sia verainente «una tarda invenzione ufficiale a scopo politico, come se... nella storia veneziana gia allora non ci fossero fatti storicamente gloriosi, che oecorresse inventarne uno di sana pianta» (p. 23); ma certo oceorrera avvertire che anche prima della narrazione cli Bonincontro, i principali elementi almeno delta leggenda sono nell' opera cli Martin da Caniil composta fra il 12(57 e il 1275, e nella cronaca di Marco, che pare scrivesse gia nel 1292; il che ci induce a ritenere che la leggenda fosse nota a Venezia gia nel seeolo XIII. Questo conclude, dando termine alla breve, ma succosa prefazione io Z. ; e se la morte impedi che il proposito di «ricercare e studiare la formazione e lo svolgiinento della bella leggenda della battaglia di Salvore e la fortuna di essa nella poesia vol«,are e nell' arte« avesse il suo degno compimento, bon e da augurarsi che il fratello amoroso conipia, anche per t' affetto che lo lega alla sua terra natia, codesta bella impresa. Chi sa che qualche cosa cli questa čara leggenda non possiamo sottrarre al piccone demolitore della critica e ricordare con piena verita storica anche alle vergini orecchie dei barbassori, gli splendidi versi di G. Carducci: . Quale lunga sil 1' aure vien da la trista punta cli Salvore nenia tra '1 roco piangere de' flutti? Cantano i morti veneti o le vecchie tate istriane V I)ott. Attilio Simioni. Ciltadellci, Agosto 1905. Nicolo Coliol, II giuoco nella storia deli' educazione fisica. Trieste, Caprin, 1905. L' egregio siguor Cobol continua anche quest' anno la bella usanza di far precedere alla relazione annuale della civica scuola di ginnastica di Trieste uno studio cli carattere pedagogico. II giuoco, parte tanto im-portante ma tanto trascurata deli' educazione fisica, e il tema scelto questa volta dal nostro A. ; con poche ma riuscitissiine pennellate egli passa in rassegna i giuochi dei popoli selvaggi, spesso bizzarri e talvolta ricordanti altri in uso presso i popoli ci vili. Dopo queste belle pagine che servono quasi cli introduzione si passa alla parte principale del lavoro: e un'espo-sizione ehiara e diligente della storia dei giuochi dagli Egizii ecl i Persiani rima : marciana (cod. XXVIII el. IX it.) e m gib. (XXV, 8, 273 j, studiate fra altri dal Mosclictti (D«e cronache venezi/ine rimate del principio del sec. XV in relaz. alte altre cronache rimate it., Padova, Draghi ); posteriori pero al poemetto, e indipendenti da esso anche per rispetto alle fonti, ma iinportanti perehe aggiungono altri e nuovi elementi alla leggenda ; e la narrazione del Museo Civ. di Venezia (Ms. I, 383), gia pubblieata da I). Urbani de Gliellof neir Arch. Venelo, XIII (1877), 365 sgg., trascurando pero le notevoli miniature, che sono qui riprodotte in nove tavole abba-stanza nitide; miniature che rappresentano forse gli episodi principali della leggenda come erano frescati in S. Niccolo cli Palazzo in Venezia. (Cfr. pp. 21-22). fino ai giorni nostri, un' esposizioue che denota la grande eompetenza e il grande intoressamento deli' A. p6r siffatti studi. Noi dal canto nostro ci auguriamo cho il bul lavoro del signor Cobol venga molto letto e pon-derato specialmente da chi ;i nelle mani 1' educazione fisica della nostra gioventu. Ci parrebbe
  • -dente del 27 luglio u. s. e che poco dopo esci stani pata a parte sur un foglietto volante di earta gessata, editriee la tipografia Augusto Levi, di Trieste. Celebrazioni in versi deli' opera civile e letteraria del Carclucei ne abbiamo ormai parecchie, giacche ijuasi tutti i poeti che conta oggi 1' Italia, chi prima e chi poi, chi uniilmente e chi poinposamente, lian voluto testi-moniare ammirazioue e rispetto al loro i Si da vero, o gent.il cantore triestino che poi termini con un covijrdo o ve hai saputo, infondere tanta elevatezza di sentimento : Canzon, da questo lido A Madesimo va, dove il poeta Com' aquila in suo liido I'osa, e sul cuor gli inormora segreta La parola d' ainor che piu lo allieta. E eoteste, ponso io ancora, piu che espressioni personali di Cesare Rossi, son parolo che prorompono dali' anima stessa della Venezia Giulia. Q. II nostro egrogio collaboratorei (lottor Aiitouio Pilot ci favorisce lo seguenti suo publicazioni: Contro d. Vedro di Tolcdo; odiziono, dolin Xuoua Jtasnegna, Fironzo, Via Ricasoli, .1005. — Son oimjuo componimenti pootici veneziani del p rimo 600, celebranti lo vittorio piemontesi nella guerra tra Savoia o Spagna, o. da annovorarsi percio in quclla «ricca e notevole messe di scritture cosi in verso come in prosa che, contrariamente ali' opinione del Balbo, illustra o lumeggia la politica indip.citdente veneziana noi primo ijuarto dol se-colo XVII,.. Due doc um en ti remacoli (inediti) in pro/ionito della Lega tra Venezia e i Grigioni nell'anno 1608;- Bellineona, štab. Colombi e C., 1905. — «Mo-ditata gia sin dagli ultimi due decenni dol 1500, la lega si riannoda nel 1603 intesa spociahnente contro la propondoranza spagnuola». I doettmenti son due: una eanzone o un epigramma, in vernacolo veneziauo. «La eanzone e tntta un inno a Venezia pupilla deli' Italia, occliio de Dio» : V epigramma, in veoe, si scaglia violejiteniente contro i Grigioni che sui piu hollo vennero meno ai patti. I due componimenti sono anonimi. La morte di Tnmaso Morosini; Arezzo, Stab. E. Sinatti,.l905. — Una odo sal tica, assai poc.o ti morata della chiarezza, del buon. gusto o della metrica, o, con al pošto degli .ad.onii, per sopra mercato i versetti dol salmo 116 di David, ci appronde Feroica morto di Tomaso Morosini, noi 1647, su la tolda della sua galora, inturiando la memorabile guerra di Candia. La isorgonghina la aorgonga: Arezzo,. Stab. E. Sinatti, 1905. — Si tratta di una «Canzone tatta sopra 1' occorrenza do molti fallimenti ad immitazione della sorgonghina che si cantava por Venetia». La qual sor-gonghina non e altro so non il ritornello «di un' altra caijzonetta dollo stesso tempo, nella qualo son doriso le effeminate costiunauze dei nobili giovanotti della Citta-. Por conchiudere: quattro opuscolotti garbati e disinvolti, che onorauo chi li scrisse e divertono chi li legge. (J. NOTIZIE E PIJBBLICAZIONI. A Nesazio prosso Pola, mehtre si procodeva nella decorsa prinia-vera allo sterro delle terme romane, si aeeerto in quei pressi 1' esistenza di una basilica deli' epoca costantiniaua. II pittoro e letterato F. Hamilton Iackson di Londra visito lo seorso aprile 1' Istria e il Friuli orientale per is t ud i are i monuinenti storici ed artistiei di queste regioni. * Nel foglio settimanale II Piemonte del 28 maggio p. d. trovasi una bella recensione del Dott. A. Pilot sulla recente publicazione del Dott. Arualdo Segarizzi: »Bollettino bibliografico della Rogione Veiieta per J'anno 1902» (Venezia, Visentini, 1905). * Addi 4 giugno a. c. moriva a Pirano sua patria ii Cnnonico Domenico Vidali, amato da quanti lo conoscevano per 1' animo suo mite e earitatevole e por i suoi sentimenti patriottiei. Lascio incompiuta una importantissima opera su «La gonealogia di tutto le famiglie piranesi dal 1500 ai giorni nostri«. & Addi 7 giugno eessava di vivere a Firenze 1' illustro filologo Adolfo Jlussafia. Era nato a Spalato nel 1835. « Li 7 giugno a. c. 1' egregio comprovinciale Dott. Tittorio Benussi tenne ali' Universita di Graz una lezione «Sui fenomeni psichici durante la lettura». * Zur antiken Geographie Intrienn e il titolo di un interossante ar-ticolo eomparso nel N.° deli' 11 giugno a. e. della Tagzspast di Graz, scritto molto probabilmente dali' amico nostro Giuseppe Stradner. L'autore passa in rivista le principali scoperte archeologiche fatte negli ultimi tempi in Istria, sofferniandosi speeialmente a quelle del Prof. Gnirs nel-1' agro rovignese. * Li 17 giugno il triestino Pr,»f. Giacomo Venezian, deHTTnivorsitA, bolognese assieme al rettore Prof. Puntoni consegnarono nella villa di Lizzano presso Cosena a Giosue Carducei la medaglia d'oro dei triostini. ^ Auspico l'«Assoeiazionc Patria« il Prof. Giovanni Bordiga tenne li 29 giugno p. ]>. al Politeama Rossetti di Trieste un applaudito discorso eommemorativo di Giuseppe Mazzini.J * Glulio Caprin, nipote deli'illustre scrittore nostro, ha publicato lo scorso giugno presso i Suecessori Le Monnier di Firenze un breve poema intitolato «Fantasma di Pierrot«. * Sfogliando il protocollo della deeima seduta della »Cominissione centralo per i monumenti d' arte o di storia» in Vienna, abbiamo trovato le seguenti notizie che rig'uardano 1' Istria : Fu scoperta allo Lovade presso Montona una pietra terminale veneziana. — II Ministcro per il culto o P istruzione accordo una sovvenzione per restauri dei dipinti alle. pareti della chiesa di Muggia vecchia. — La Luogotenenza di Trieste ha disposto che non vengano ulteriormente danneggiate le antiche mura della citta di Veglia. * II fascicolo 3, maggio-giugno 1905, deli' Ateneo Veneto contione una interessante raccolta di »Intercalari dei Patrizi Veueziani di quattro secoli fa», dovuta alle sapienti indagini del chiarissimo Dott. Cesare Mu-satti. Su qucsti intercalari si esprime molto favorevolmente Auiileare Lauria nel Fanfulla della Domenica dol 23 luglio p. d. * Nel fasc. II, aprile-giugno 1905, degii Alti deli'Accademia degli Agiati in Rovereto il Prof. C. Cristofolini puhlica una affettuosa necrologia del compianto Oscarre (le Hassek. ^ Addi 1. luglio p. p. eessava di vivere a Roma un vecchio gior-nalista istriano, Giovanni Antonaz da Portole. Fu prima del 6(5 direttore del Tempo di Trieste, ora era redattore capo della Gazzetta Ufficiale di Roma. * Addi 1 luglio venne eominemorato solennemente a Rovereto il 50.tno anniversario della morte di Antonio Bosmini. ^ II Municipio di Trieste assogno addi 15 luglio p. p. il premio Ilossetti ali' opera: «GranelIini di sabbia; ricordi di vita triestina nel pe- riodo dal 1850 al 1900». Ne e autore il ehiar.mo Dott. Lorenzo Lorenzutti, presidente della Soeieta di Minerva. Speriamo ehe la publicazione di quest' opera avverra quanto prima. ^ II triestino Ing. Clodoveo Bndinich venne nominato, nella prima meta di luglio, soeio corrispondente della R. Accademia di belle arti di Urbino. % Al nostro carissimo amieo Prof. Giovanni (Jnarantotto venne teste eonferita la eattedra di letteratura italiana presso il Ginnasio provinciale di Pisino. Cordiali congratulazioni. * Nel Fanfulla della Domenica del 16 luglio a. e. il Prof. Albert o Jlusatti publiea una recensione molto favorevole delle «Rapsodie rumene« di Elena Vacaresco tradotte da Elda Gianelli (Trieste, G. Balestra, 1905). II Prof. Ing. Francesco Salmojraghi inseri recontemente negli Atti della Soeieta Italiana di Scienze Nciturali (Milano, vol. 44) un importante contributo mineralogico «Sulla continuita sotterranea del fiume Tirnavo«. -S Nel suo rečen te voluine sul «Sentimento del mare nella poesia italiana«, edito a Firenze dalla «Lega Navale«, la sig.na Albertina Furno parla anche dei nostri poeti. Di questo studio da un breve riassunto II Mcirzocco del 31 luglio a. c, ^ Nel'Bollettino araldico storico genealogico del Veneto, Venezia, A. IV, N.° 1, publicato dallo studio araldico del signor G. De Pellegrini, venne riprodotto P articolo del nostro Dott. G. Gravisi su «A leti ni soprannomi usati a Capodistria«, al quale si accenno in questo giornale a pag. 386 deli' annata II. — Nello stesso Bollettino (N.° 2 e 3) si parla della famiglia Venier del ramo di San Martino, dimorante in Istria ; nel N.° 4 poi si fa un lusinghiero cenno delle Pagine Istriane e si tributa meritato elogio al ehiar.mo Prof. Francesco Majer, paziente ordinatore deli' Arehivio Muni-cipale di Capodistria. ^ La rivista di tradizioni popolari Niccolo Tommaseo, che si publiea in Arezzo sotto la direzione del Prof. Giovanni Giannini, contiene sempre articoli interessantissimi. Qui non possiamo che accennarne alcuni. Nel fascicoio 4 (aprile a. c.) il Dott. C. Musatti comunica «Una mezza dozzina di proverbi veneziani« e il Dott. G. Gravisi inserisce «Alcuni soprannomi usati ad Orsfera d'Istria«. Nel fasc. 5 A. Pilot traserive da un vecchio codice veneziano una canzone intitolata : «La sorgonghina la sorgonga«. II Dott. C. Masatti discorre nel fasc. 6 dei »Noinignoli dei barcaiuoli veneziani« e nel fasc. 7-8 puhlica e commenta «La lettera d' una strega veneziana del Cinquecento». Nello stesso fascicoio Giovanni Vesnaver illustra il giuoco infantile de «La serobola«. & I fascicoli 3 e 4 (A. X, 1905) del periodico Alp i Giulie, Rassegna Mmestrale della Soeieta alpina delle Giulie, il nostro Ji. Cobol continua il suo interessante lavoro «Sull' orografia delle Giulie alpine« e 1' egregio E. Boegan tratta con molta coinpetenza de «Le sorgenti d'Aurisina«. — Nel fasc. 3 (pg. 70) troviamo una recensione molto favorevole sullo studio del Dott. G. Gravisi: «Nazionalita e densita di popolazione in Istria«. * Addi 20 agosto venne inaugurato a Tolmezzo il Congresso della Soeieta geologica italiana, sotto la presidenza dei Prof. Torquato Tarainelli. Fra i congressistj c' era anche 1' istriano Prof. Domenico Lovisato, quale rappresentante deli' Universita di Cagliari. lina bella deserizione del Congresso e delle gite intraprese dai congressisti, dovuta al Sig. (j. Fe-rnglio, si legge nel periodieo In Alto di Udine (A. XVI, 11)05, N.11 5). , % Pompeo Molmenti serive nel Fanfulla della Domenim del 27 agosto a. e. sur laciTotizia e preghiera. Una distinta famiglia capodistriana possiede un orologio di metallo eolla seguente iscrizione: Paidus Malatesta Ilorologerus S. D. X. (iregorii XV f. 1G-23. L'elegante e bizzarra fattura ma piu certe curiose particolarita tecni-che potrebbero essere oggetto di studio interessante. — La Direzione delle «Pagine Istriane« spinta dal desiderio di vcderci ben chiaro in certe que-stioni forse 11011 bene ancora detinite sarebbe riconoscente a chi sapesse daru ad essa notizie biogratiche e bibliogratiche intorno a questo artefice. D»hr.vioo Ve.vto u.vr, direttore — Čari. o Pri mu, cd i tare e radattore respornabile. Stali. Tip. Carlo Priora, Capodistria.