AMO XII Capodistria, 16 Decembre 1878 N. 24 0VINCI A DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Effemeridi della città di Trieste e del suo Territorio Dicembre 16. 1338. — Il capitolo della cattedrale rinnova il proprio statuto. - 1, II, 84. 16. 1343. — Giorgio e Rodolfo, signori di Duino, vendono a ser Arrigo de Strasoldo la villa di Prosecco. - 5. 16. 1426 — Il maggior consiglio rimette nelle mani dei tre giudici della città il sospendere o meno, ma per questa sol volta, gli articoli penali del civico statuto, perchè ritorni l'unione e la pace tra' cittadini. - 13, 48.a 16. 1426. — Il maggior consiglio abolisce il collegio della Balìa e pronuncia fin d'ora sentenza capitale contro chiunque si facesse a chiederne il ristabilimento. - 13, 48.b 17. 1459. — Mantova. Papa Pio II assolve i Triestini dalla scomunica nella qualche erano incorsi, perchè morosi nel soddisfare alle decime. - 5. 18. 1329. — Pagàno patriarca d'Aquileia, vista la pi- grizia di Papo nel difenderò i diritti del vescovo di Trieste di cui era procuratore, si pronuncia in favore di ser Gregorio Bratti e suoi nipoti di Capodistria,, possessori del feudo di Sipar. - 50, li, 374, num. 605. 18. 1711. — Viene dato in aiuto al vescovo Francesco Miller, carico di anni e di acciacchi, il vescovo di Abdera, Guglielmo conte de Leslie di Edimburgo. - Vili, 712. 19. 1607. — Orsino de' Bertis, vescovo di Trieste, an- nuncia al legato apostolico in Graz aver appartenuto in addietro alla sua diocesi il castello di Muggia e quello di Umago. -1,111,153. 19. 1706. — Marzio dei conti Strasoldo prende possesso della carica di capitano di Trieste. - 23, III, 201. 20. 1293. — Brisa de' Toppo vescovo di Trieste con- sacra in Aquileia don Giacomo Ottonelli de' Ungrisbach, canonico di Cividale, a vescovo di Concordia. - 55, Append. 26. 20. 1416. — U comune accorda all'israelita Davide Vainichar, domiciliato in Capodistria, di stabilirsi in Trieste promettendo nonché a lui, alla sua famiglia e suoi eredi protezione e tutela. - 13, I3.a 21. 1419. — Bartolomeo de la Spada, cittadino di Trieste, chiede al comune per tre anni la privativa della vendita delle candele di sego tanto in città che ne) territorio, promettendo di venderle a soldi tre e piccoli quattro la libra. - 13, 24.b 21. 1480. — Ducale Mocenigo con la quale si conferma la nomina di ser Giovanni del fu Nicolò Verzi a castellano del forte di San Servolo. - 5. 21. 1573. — Andrea Rapicio vescovo di Trieste, sua patria, soccombe al veleno che gli venne propinato. - 1, III, 115. 21. 1846. — La città riapre il monte di pietà, dotan- dolo coi fondi fomun^li- - 23.1, 351. 22. 1397. —Muggia. Il patriarca" Antonio Cae'tani cita al suo tribunale per il giorno 31 del mese in coivo il fu capitano di Trieste, Simone Prampero, perchè gli renda conto dei motivi che lo indussero a spogliare Michele (Mixc) Wachsenstainer, vicecapitano in Trieste, della metà delle ville di Grimalda e Gremolziz, a lui spettanti. - 5. 22. 1460. — Ducale Malipiero che eccita il comune di Trieste a voler lasciare libero passaggio ai Carniolini che commerciano coli'Istria veneta. - 5. 22. 1592. — Ant. de'Leo, con. palatino, nomina a notajo Paolo Lucermi, figlio di ser Pietro Nicolò, professore di gramm. in Trieste. - 8. 23. 1381. — Federico Savorgnano prende le necessarie informazioni circa il modo di contenersi con la città di Trieste per aver ella occupato furtivamente il castello di Moccò. - 5. 23. 1424. — Martino V accorda al trasferito vescovo di Traù, Marino de Cernotis, uu salvocondotto per l'Istria a fine di assestare certi suoi affari ; lo raccomanda assieme al suo seguito alle autorità della provincia, perchè lo lascino passare libero da ogni pedagio. - 27, I, 361. 23. 1715. — La città ordina ai tre capo sestieri d'infor- marsi del numero delle persone disponibili in caso d'un qualche incendio. - 8. 24. 1368. — L'armata veneta incomincia a stringere d'assedio la città di Trieste, assedio che durò poco meno di undici mesi. - 10, II, 256, 24. 1459. — Mantova. Papa Pio li conferma la sentenza, pronunciata dal vescovo Nicolò de'Al- degardis in favore del capitolo della cattedrale, investendolo del diritto di giuspatrono su le chiese di S. Pietro in Torre Nova (Dorneg), dei Santi Pietro e Paolo in Tomai e di S. Maria di Elsacco '(Ielšane) contro le pretese di certo persone (scismaticos et tyrannos). -27, I, 454. 25. 1767. — Viene concessa l'erezione della chiesa de- dicata a Sau Antonio di Padova nella città nuova. - 8. 26. 1263. — Il capitolo vieta ai Domenicani fra Giovanni Orso e frà Castellano di leggere nella Chiesa cattedrale lo lettere pontificie con le quali in-tendevasi di muovere la poplazione alla crociata. I frati incominciano ciò nulladi meno a darne lettura, ma vengono maltrattati nella stessa chiesa; viene perfino proibita loro la lettura sulla pubblica piazza del comune. - 27,1, 90. 26. 1429. — Il maggior consiglio delibera che la villa di Prosecco debba pagare in città il dazio sul vino, come lo pagano le altre ville del territorio. - 13, 56.b 26. 1820. — Giuseppe Fouchés, duca d'Otranto, muore in Trieste e viene sepolto nelle arche sotterranee della cattedrale, ove tutt'ora giace. - 8. 27. 1413. — Il maggior consiglio conferma certi nuovi patti col feneratore, Salomone ebreo. - 13, l.b 27. 1601. — Dopo un anno e più di peste desolante, la città n'è libera. - 1, III, 148. 27. 1615. — Alquanti veneti sbarcano sul territorio triestino nella contrada di Grignano; incendiate che ebbero le case ed i vigneti, ritornano a Capodistria d'onde erano partiti. - 1, III, 176. 27. 1427.. —11 maggior consiglio vuole durevole iu per- petuo la grida, fatta li 5 del passato giugno, contro que' che appesero delle corna ed altro li 24 dello scorso maggio alle porte di diversi cittadini. - 13, 50.a 28. 1427. — Il maggior consiglio delibera d'incantare le saline della città, situate fuori della Porta di Riborgo e che erano lasciate in abbandono, coli'obbligo che il deliberatario migliore le riduca fruttifere, le mantenga in buon ordine e dopo cinque anni le restituisca alla città, la quale s'era impegnata di riparare durante detto tempo l'arginatura esterna delle medesime ove venisse danneggiata dal mare. - 13, 51.b 29. 1331. — Frà Pace da Vedano dell'Ordine de' Pre- dicatori, maestro del sacro palazzo ed inquisitore contro gli eretici in Lombardia, viene eletto a vescovo di Trieste. - 3, Vili, 696. 29. 1509. — Il vescovo di Lubiana muove lagni contro alcuni Triestini asserendo ch'erano intenzionati di dare il sacco alla grande compagnia di Lubiana, e ne domanda la punizione. - 5. 29. 1573. — I giudici rettori della città affittano a Wolfango Schmidtberger, capitano dei bombardieri, i fondi situati a pie della rotonda del castello verso l'annuo canone di lire tre di piccoli. - 16. 30. 1415. — Il maggior consiglio conferma per altri due anni a chirurgo della città ser Antonio da Conegliano, assegnandoli l'annuo salario di lire 500 di piccoli e l'abitazione gratuita. - 13, lO.b 30. 1419. — 11 maggior consiglio accorda a donna Fran- cesca moglie di ser Andrea Bonoromeo i beni che gli furono sequestrati al tempo del bando, e col patto che alla sua morte passino al di lei figlio Omobono detto Boncina Belli ed ai figli di questi. - 13, 24.b 30. 1420. — Agostino dottore de Osola di Pavia, già vicario pretore in Muggia, arriva in Trieste invitato dai giudici, per dar mano alla riforma del civico statuto. - 13, 31.a 31. 1414. — Simone de Niblis ottiene dal maggior con- siglio il permesso di erigere in un suo orto, posto nella contrada della fornace, un ospedale per i lebbrosi. - 13, 7.a 31. 1420. — I giudici delegati dal consiglio si scelgono dodici concittadini ed assieme a -questi affidano a ser Agostino de Ozola da Pavia, già vicario pretore in Mugula e dottore in ambe le leggi, la traduzione, la correzione e riforma del civico statuto da farsi in unione a sei cittadini. - 13, 31.a 31. 1452. — Il comune dona alle monache di S. Benedetto in Trieste gli orti, situati tra la chiesa cattedrale e l'altra di S. Chiara. - 5. 31. 1458. — Roma. Papa Pio II assolve il vescovo Antonio Goppo da qualunque censura nella quale potesse essere incorso in occasione della sua elezione, di più gli rimette ogni incasso, fatto prima della sua conferma, dei beni della mensa vescovile. - 27, I, 444. (*) FONTI 1. Giuseppe Mainati. Croniche ossia memorie stor. sacro -profane di Trieste. — Venezia, tip. Picotti, 1817. 2. Il portofranco di Trieste, traduzione del dottor Felice Consolo. — Trieste, tip. del Lloyd. 1863. 3. Giuseppe Cappelletti. Le chiese d'Italia dalla loro origine sino ai giorni nostri. — Venezia, tip. Giuseppe Antonelli 18.... 4. e 8. Luigi de Ienner: Annali Triestini dell'anno primo di Cristo al 1846. Ms. nel civico archivio di Trieste. 5. Codice Diplomatico Istriano. — Trieste, tip. del Lloyd, 185.... 6. Documenti inediti per il codice diplomatico istriano. — Nel civico archivio di Trieste. 7. »Osservatore Triestino," foglio politico, letterario ecc. — Trieste, dal 1763 sino ai giorni nostri. 9. Giuseppe Bianchi. Indice dei documenti per la storia del Friuli dal 1200 al 1400. — Udine, tip. Iacob-e Colmegna 1877. 10. Archeografo Triestino. Nuove Serie. — Trieste, tip. Hermanstorfer 1869. 11. L'archeografo Triestino raccolta di opuscoli per Trieste e per l'Istria. — Trieste, tip. Giovanni Marenig. 1829-1837. 12. Carlo Morelli di SchSnfeld. Storia della contea di Gorizia. — Gorizia, tip. Paternolli, 1855. 13. Liber reformationum comunis Tergesti ab an. 1411-1428. — Ms. in pergamena nel civico archivio di Trieste. 14. Vincenzo Scussa. Storia cronografica di Trieste dalla sua origine sino all'au. 1695. — Trieste, tip. di Colombo Coen, 1863. (*) Il primo numero arabico indica l'opera da cui fu tratta ogni singola data e che si trova riportata sotto lo stesso numero nelle Fonti ; il romano ed il secondo numero arabico ne danno il volume, la pagina, la carta, o la colonna. 15. Angelo Marsicli. Notizie di Muggia e suo territorio. — Trieste, tip. Bello e comp. 1872. 16. L. de Ienner. Annali di Trieste dall'an. 1500 al 1599. Lettera T. — Ms. nel civico archivio di Trieste. 17. Senato-Misti. — Ms. membranaceo nel regio archivio in Venezia. 18. Fontes rerum austriacarum. Oesterreichische Ge-schichts-Quellen. — Wien k. k. Buchdrukerey, 18.... 19. Romanin Samuele. Storia documentata di Venezia. — Venezia, Pietro Naratovich, 1853 al 1863. 20. Miscellanea storica. — Ms. nel civico archivio di Trieste. 21. Orniteo Lusanio (Andrea Giuseppe de' Bonomo). Sopra le monete de'vescovi di Trieste. — Trieste, 1788. 22. Domenico dottor Rossetti. Meditazioni storico-analitica sulle franchigie di Trieste. — Venezia, tip. Piccotti, 1815. 23. L'Istria, giornale settimanale. — Trieste, tip. del Lloyd, 1846 al 1852. 24. Pietro Stancovich. Biografia degli uomini distinti dell'Istria.— Trieste, tip. Giovanni Marenigh, 1828. 25. Archi v fur Kunde Ssterreichi seller Gescliichts-Quel-: len. — Wien, 1855-18.... 26. Giuseppe Domenico Dellabona. Strenna cronologica per l'antica storia del Friuli. — Gorizia, tip. Paternolli, 1856. 27. Agostino Theiner. Vetera monumenta..., maximam partem nondum edita.—Romae, typis Vaticani, 1863. 28. Libri Commemorialium. — Ms. nel regio archivio in Venezia. 29. Francesco de Manzano. Annali del Friuli. — Udine, tip. Trombetti Murerò, 1858 al 1868. 30. Pietro dottor Kandler. Storia del consiglio dei patrizi di Trieste. — Trieste, tip. del Lloyd, 1858. 31. Giuseppe Valentinelli. Regesta documentorum, Ger-maniae historiam illnstrautium. — Miincher, Druk von F. Straub, 1864. 32. Gian Rinaldo con. Carli. Delle antichità italiche. — Milano, tip. del monistero di S. Ambrogio Maggiore, 1788 al 1791. 33. Luigi de Ienner. Annali di Trieste dell' an. 1400 al 1499. Lettera T.— Ms. nel civico archivio di Trieste. 34. Raccolta ducali e Terminazioni, os;ia Liber o Register Niger. — Ms. membranaceo nel civico archivio di Capodistria. 35. (Giuseppe D. Dellabona). Sunto storico delle principato contee di Gorizia e Gradisca. — Gorizia, tip. Paternolli, 1853. 36. Mauro Macki. Storia del consiglio dei dieci. — Milano, G. Daelli e comp., 1864. 37. Liber comunis detto anche Plegiorum. — Ms. nel regio archivio di Venezia. 38. Atti dei vescovi di Capodistria, più volumi. -- Ms. nella cancelleria vescovile di Trieste. 39. Lodovico Antonio Muratori. Rerum Italicarum scrip-tores. — Mediolani, 1723 al 1751. 40. Archivio storico italiano. Serie prima. — Firenze, tip. Giampietro Viesseux, 185.... 41. Agostino Theiner. Vetera monumenta historica, Hungariam sacram illustrantia. Romae, typis vati-canis, 1859 et 1860. 42. Raccolta ducali ed atti del consiglio comunale di Muggia. — Ms. nel civico archivio di Trieste. 43. A. S. Minotto. Acta et diplomata e regio tabularlo veneto summatim regesta. — Venetiis, typ. lohannis Cecchini, 1870. 44. Instrumenta, bullae installationum, ecc. ecc, datae ab episcopo Acbatio de Sebiiach^r. — Ms. nel civico archivio di Triesti?. 45. Monumento di carità scientifico letterario, — Trieste, tip. Weis, 1857. 46. Carlo Autonio Marin. Storia civile e politica del commercio de' Veneziani. — Vinegia, stamp. Coletti, 1798 al 1808, 47. Giam Battista Francol. Istria reconosciuta. — Ms. nel civico archivio di Trieste. 48. Giovannina Bandelli (Pietro dottor Kandler). — Notizie storiche di Trieste. — Trieste, tip. del Lloyd, 1851. 49. Saggio di bibliografia istriana. — Capodistria, tip. Giuseppe Tondelli, 1864. 50. Bianchi don Giuseppe. Documenti per la storia del Friuli dal 1317 - 1332. — Udine, tip. Onofrio Turchetto, 1844 e 45. 51. Nazario Gallo. Compendio storico-tecnico-statistico delle saline dell'Istria. — Trieste, tip. Weis, 1856. 52. Fra Giambattista Contarmi. De episcopis ad istria-nas ecclesias ex Ordine Prsedicatorum assumptis. — Venetiis, typ. Francisci Storti, 1760. 53. L'austriade di Rocco Boni, e carmi di Rafaele Zovenzoni. — Trieste tip. del Hoyd, 1862. 54. Minuccio Minucci. Storia frégi i UsOTccm continuata da fra Paolo Sarpi.— Milano tip. NicolòBettoni, 1831. 55. Frà Gian Francesco Maria de Rubeis. Monumenta ecclesiae aquilejensi^. — Al'geutinae 1740. 56. Porta Orientale, almanacco. — Fiume e Trieste 1857-59. FINE. Il seguente pregevole scritto di un dotto e benemerito nostro storiografo, dovrebb' essere posto fra gli Appunti bibliografici ; ma più che un lavoro bibliografico lo riteniamo un "vero studio critico - storico„ intorno ad alcuni punti interessanti la provincia istriana ; per cui gli diamo un posto separato, avuto anche riguardo alla sua immediata importanza e alla sua non comune e-stensione : Istrien. Ein Wegivciser làngs der Kiiste, fiir Pola und das Innere des Landes. Mit einer Karte von Istrien. Triest, Liter ariseli -artistische Anstalt von Iulius Olisivaldt, 1878. (Z/ Istria. Una guida lungo il Litorale, per Pola e l'interno della provincia. Con una carta geografica.) Sotto questo titolo comparve non ha guari un libro tascabile di 216 pagine, destinato a guidare i forestieri che visitano la nostra penisola. Noi che accogliamo con desiderio e gioja quanto intorno al nostro paese si scrive da ptrs:>ne istruite e spassionate di qualunque nazione siano, ci crediamo in debito di additare questo lavoro ai comprovinciali, persuasi che a quanti fra noi conoscono la lingua tedesca, ne riescirà gradita la lettura, sebbene, come rileveremo a suo luogo, qualche indicazione ci sembri errata, e non ammissibili alcuni apprezzamenti. L'autore vide i luoghi pei quali accompagna il viaggiatore, e giustamente persuaso che per comprendere e descrivere l'Istria, sia indispensabile conoscere l'intera sua storia, ne fece, se anche non profondo, pur tanto studio, che lo pose in grado di accompagnare ed abbellire le sue descrizioni con accenni storici, trasportando la mente del viaggiatore che si servirà di questa guida, dalle condizioni presenti dei luoghi percorsi alle passate loro vicende, che sole possono spiegarle, e far presagire i futuri destini di questa troppo incompresa provincia. Chiarezza d'esposizione, buona disposizione delle parti, freschezza di stile animato da vivo sentimento pel bello, che la natura e le arti gli presentano tanto frequentemente innanzi allo sguardo scrutatore, sono pregi che accrescono il valore del libro. L'autore descrive paesaggi e luoghi con tratti sicuri e veri, quali non sogliamo guari incontrare in iscrittori stranieri, che pretesero darci fotografie dell'Istria. Ne sia un saggio il seguente brano, con cui incomincia l'Introduzione: "A chi da Lubiana dirige verso mezzogiorno il suo cammino, e oltrepassato il deserto e nudo Carso colla singolare sua superficie trarotta e cavernosa, arriva sull' altura di Opcina e Nabre-sina, gli si affaccia un incantevole contrapposto. Ei si trova d'un tratto, e senza l'intermezzo di altro paesaggio, sul precipite pendio della montagna, e scorge, stando ancora sul lembo della morta natura del Carso, la piena vita del mare Adriatico e delle sue spiaggie. A destra il terreno alluvionale divelto dai monti si avvalla nel mare, là dove un tempo Aquileja, già rivale di Roma, cadde per l'urto dei trasmigranti popoli barbari, e scomparve quasi senza lasciare di sè traccia. Ancor più innanzi a dritta lo sguardo abbraccia la ferace pianura del Friuli, quasi platea d'un grandioso anfiteatro alpino. Dinanzi a noi e perdendosi nell'orizzonte si stende l'azzurra Adria. A sinistra poi ci si presenta sporta in mare a foggia di scacchiera, indi saliente a terrazzi il monte, la graziosa Trieste ed il suo porto ; e più lontano a mezzogiorno la montuosa spiaggia della penisola istriana. Non v' ha al certo alcun punto, dove l'entrata sotto il cielo italiano fosse cotanto sorprendente e grandiosa,,. Descritta nella prima sezione del I.° capitolo la figura della penisola, che fa rassomigliare ad un grappolo d'uva, e la sua topografia — l'A. passa nella seconda sezione a parlare brevemente della sua popolazione, che calcola a circa 100,000 italiani e 150,000 slavi. Osserveremo che queste cifre non corrispondono alla popolazione della sola penisola di cui tratta l'A. ma a quella complessiva dell'intiera provincia politica dell' Istria. Secondo la loro provenienza egli divide gli slavi in quattro gruppi. A suo parere gli Sloveni (Savrini) sono la schiatta più suscettibile d'un incivilimento (die bildungsfàhisten) opinione, a cui difficilmente potremmo aderire. Termina questa parte col seguente periodo: "Abbenchè l'Istria sia un paese slavo, e la maggioranza degli abitanti parli soltanto la lingua slava, se anche in varii dialetti, predomina ciò non ostante nelle città ed alla costa la lingua italiana, qui introdottasi dopo la dominazione dei Veneziani. Diremo in primo luogo che gl'istriani non ebbero bisogno d'imparare l'italiano dai Veneziani, essendoché Dante li udì al principio del 1300 e quindi prima che gran parte delle città istriane venisse in loro possesso, parlare dialetti proprii italiani, diversi affatto dal veneto, quale è appunto quello di Rovigno, Dignano ed altri circostanti luoghi, e che sino al presente secolo si usava anche dal basso popolo di Pola, solo avanzato dagli antichi parlari italiani, dei quali uno speciale, quello di Muggia, già comune anche a Trieste, si conservò sino a' dì nostri in bocca della vecchia generazione, colla quale sta per scomparire affatto, come scomparve non ha guari quello particolare della città di Veglia, del quale il D.r Cubich arrivò a poter dare dei saggi nella pregevole sua opera : Notizie storiche e naturali dell'Isola di Veglia 1874. L'anonimo scrittore del libro Istrien, 1863, che l'A. mostra di ben conoscere, parlando a pag. 152 del dialetto di Dignano e Rovigno lo crede antichissimo, e fa rimontare quella popolazione ai tempi delle colonizzazioni romane in Istria. Ma leggansi nelle Notizie storiche di Pola, Parenzo 1876, gli atti di giuramento di fedeltà prestate da quelle città e suo territorio nel 1149 al doge Domenico Morosini (pag. 275) e nel 1243 al doge Jacopo Tiepolo (pag. 282), dunque ben prima che Venezia incominciasse a stabilire il suo dominio in Istria, e dai copiosissimi indicati nomi dei giuranti si rileverà chiaramente come la popolazione fosse pretta italiana, e ciò appare anche da documenti pubblici di quei tempi per le altre città istriane. E Trieste, che pur non fu dominato che interpolatamente e per brevissimo tempo dai Veneti, e dal 1382 è austriaca, da chi apprese a parlare l'italiano che fu sempre la lingua della città? Questa pretesa italianizzazione ad opera dei Veneziani, fu appena da tre decennii portata in campo da scrittori slavi delle contermini provincie pei loro scopi nazionali; e con sorpresa la vediamo così facilmente accettata dallo studioso Autore, per sentenziare, sull'orme del già rammentato anonimo scrittore "dell'-Zsfn'ett 1863„ (147. 154), che l'Istria sia un paese slavo, perchè tra i suoi abitanti gli slavi sono preponderanti in numero. Parecchi riguardi, tra cui il limitato spazio d'un giornale, ci tolgono di poter qui trattare questa delicata quistione coll'ampiezza e libertà che richiederebbe l'argomento. — Osserveremo innanzi tutto, che nella penisola — tra i monti e il mare — dai quali è compresa l'Istria propriamente detta, ed alla quale appunto si restringe la descrizione dell'A., il numero degli abitanti di lingua italiana per lo meno si controbilancia con quelli di lingua slava, e potremmo dimostrare con cifre. Il Sig. Gareis nell' eccellente opuscolo "Pola undseine nàchste Umgebung, Triest 1867 a pag. 33 così si esprime:» "Gli Slavi abitano in qualità di agricoltori e pastori la parte interna della penisola; all'opposto gl'italiani che esercitano il commercio, l'industria e la navigazione, vivono perlopiù nella città ed alla costa." Ed allfi pag. 35: "Gl'Italiani sono, s'intende da sè, la parte più intelligente della popolazione, ed essendo essi commercianti, i maggiori possidenti, industriali e naviganti, lo slavo per conseguenza dipende in tutto da essi.„ — Ora ponendo da una parte gli slavi che sono esclusivamente contadini agricoltori (parliamo sempre dell'Istria propria) sparsi in piccoli e poveri villaggi ed in infiniti casali per la campagna, complessivamente in basso, alcuni in bassissimo grado di coltura, senza alcun centro di civiltà, a cui potessero fare capo ; dall'altro canto egual numero di italiani occupanti le città e borgate, le quali recingono dalla costa le ville degli slavi e le frammezzano in tutto 1' interno, costituendo centri di commercio, d'industria, di mestieri, di maggiori possedimenti, di migliore agricoltura, d'intelligenza, di civili costumi; la lingua italiana conosciuta da grande numero di slavi e diffondentesi ogni dì maggiormente fra loro ; lingua generale ed unica sempre esistita e mantenutasi nelle pubbliche amministrazioni, nelle scritture ed unica civile — lasciamo libero ad ogni imparziale di giudicare da qual parte nel determinare la nazionalità dell'Istria, trabocchi la bilancia. Yeramente non abbiamo mai udito dire da alcun forestiero, che, percorrendo la nostra penisola, si credesse trasportato in Croazia o nella Carniola. Nella terza parte del I. capitolo troviamo con piacere un breve sunto di storia istriana, che meno qualche lieve inesattezza è soddisfacente. Noteremo p. e. che la contea di Pisino non fu, come scrive l'A. (pag. 17), dopo pervenuta nel 1374 ai Principi austriaci, da questi ceduta di nuovo ai Conti di Gorizia, ma venne da essi tenuta e governata come libero paese della propria casa. Sn altri due passi ci permetteremo alla fine di quest'articolo qualche osservazione. Il II capitolo descrive, incominciando da Muggia, tutta la costa sino a Pola con verità, e vivo interessamento per tutto ciò che v'è di bello ed importante. A qualche piccola menda va perdonata. Così p. e. (pag. 30) i bagni minerali scoperti a Isola nel 1823 cessarono affatto, per la bassa temperatura dell'acqua, dopo breve tempo di esercizio ; e avrebbe fatto bene l'A. d'indicare che nel duomo v'esistono [bellissimi quadri del Palma e d'altri illustri pittori. — Non esiste più alla chiesa di S. Giovanni in Salvore l'antica iscrizione ricordante la battaglia navale del 1177; ne fu levata nel 1784; e fatta peregrinare in varii luoghi, ora trovasi, a quanto viene detto, nella villa Melzi sul lago di Como. — Sigismondo re d'Ungheria (pag .42; non distrusse Parenzo nella sua incursione fatta in Istria l'anno 1413, chè anzi ne fu valorosamente respinto; lo stesso gli successe a Pola ed in altre città, avendo egli soltanto potuto prendere Dignano e Yalle, e rovinato con devastazioni le campagne ed i luoghi aperti. (V. Yergottini, storia di Parenzo pag. 35, e Marin Sanudo, Vite dei Dogi). Secondo la tradizione vigente a Parenzo, il tempio romano di cui si scorgono tre lati del basamento, sarebbe quello di Marte, e l'altro del quale avanzano rocchi di colonne, viene ritenuto sacrato a Nettuno, all'opposto di quanto indica l'A. (pag. 48). Alcune opinioni del medesimo riguardo alla magnifica Basilica di S.Mauro, gloria di Parenzo e dell'Istria, potrebbero trovare un oppositore nel distinto architetto francese sig. Charles Brard, che impiegò quattordici intieri mesi in istudiare e disegnare stupendamente in ogni suo dettaglio questo insigne monumento. Egli ab-! bandonò Parenzo or sono due mesi per fare studii i su altri tempii bisantini, tra cui quello di Torcello nell'estuario veneto. I suoi lavori verranno pubblicati a Parigi. Ciò che l'A. espone (pag. 50) riguardo allo scoglietto Regata che egli erroneamente intitola Isola di S. Pietro, va riferito alla Yalle di Pun-tagrossa ed alla vicina Punta di S. Pietro che forma un braccio del porto di Molinderio, dove, sono pochi anni, furono messe a nudo le rovine di un ampia villa romana ed altri edifizii. Nel canale di Leme non sbocca alcun fiumi-cello. (pag. 51). Il III capitolo tratta di Pola. Si comprende a prima vista che l'À. vi fece lunga dimora, ed è informatissimo di quanto d'antico e nuovo contiene questa città, in modo sorprendente da tre decennii risorta da secolare deiezione a vita rigogliosa, con un numero d'abitanti superiore a quello delle più popolate città della provincia; per cui questa parte dell'opera riuscì la più lunga, particolareggiata ed esatta, e completa il sullo-dato opuscolo del Gareis, riguardo al progresso della città ed alle nuove pubbliche costruzioni sorte dopo la pubblicazione del medesimo. Alla pag. 70 renderemo avvertiti i lettori che l'architetto spedito nel 1630 a Pola per ricostruire le fortificazioni chiamavasi semplicemente cav. Antonio Deville ; il nome di Gallus che gli aggiunge l'A. non è che qualificazione latina di francese, cbe gli si dava quando scriveva in quella lingua. Osserveremo alla (pag. 77) che l'antica porta a cui era addossato l'arco dei Sergii, e la cui distruzione l'A. crede potersi attribuire ai Genovesi, venne atterrata da un ingenere nel 1826, malgrado gli sforzi fatti dal benemerito Stanco-vich perchè sia conservata, come si può vedere nella di lui opera sull'Anfiteatro di Pola e dalla sua Biografia degli uomini distinti delt Istria Vol. III pag. 228. Anche il Gareis ne parla alla pag. 61. Il disegno fattone dall'ingegnere F. Bruyn dovrebbe esistere a Trieste. Nel IV capitolo l'A. ci conduce negl'immediati dintorni di Pola, e fa poi escursioni ad Altura, Medolino, Pomer, e Promontore. Andando in Altura rasenta il Kaiserwald, chiamato, dice egli, anche bosco Siana. (pag. 143). Il bosco fu sempre ed è conosciuto sotto quest'ultimo nome, mentre il primo non è che una traduzione tedesca della sua qualità di bosco imperiale (o demaniale), come lo sono quelli di Montona, Vidorno di Mon-paderno, e Cornaria di Sterna, qualificazione che da recente vuoisi convertire in appellativo. Che Medolino (p. 149) sia stata l'antica Mutila distrutta dal console Claudio assieme con Ne-sazio e Faveria, è verosimile; ma che essa fu ricostruita e risorse città, non si rileva dagli antichi scrittori. Non la menzionano nè Plinio, nè Tolomeo, nè l'Anonimo di Ravenna, i quali tutti all'incontro parlano di Nesazio, che fu rifabbricata e colonizzata con cittadini romani. Non saprei d'onde l'A traesse la notizia che Medolino fosse nel 1564 città di 4000 abitanti ; ne avevano allora tanti appena Capodistria, Pirano e Rovigno, che erano le più popolate. Certo è come si vede dalle Relazioni dei Provveditori in Istria di quel tempo, tra l'altro da quella di Giacomo Renier (Notiz. stor. di Pola pag. 359), che nel 1585 e prima, esso era un villaggio, pressoché disabitato, e per timore dell'aria febbrile non vollero prendervi stanza otto famiglie di Morlacchi Zaratini, che vennero invece collocati a Promontore, dove costrussero la villa. Ciò non combinerebbe coli'asserto dell'A. (pag. 152) che gli abitanti di Promontore provengono dal Montenegro e precisamente dalla Nahia di Cernizza. Crediamo che l'A, scambiò Promontore con Peroi, dove furono trasportati nel 1658 coloni, secondo il Kandler, montenegrini appunto di quella Nahia, dopo che i coloni greci di Napoli di Romania e dell'isola di Cipro, che vi erano stati posti in numero di 50 famiglie dal Provveditore Marin Malipiero e Calbo intorno all'anno 1580; abbandonarono quel luogo per le molestie che soffrivano dai vecchi abitanti. In tal guisa si spiega la tradizione sin oggi conservata, che greci non solo di religione ma anche di nazione, abitassero anticamente a Peroi. Nel V. ed ultimo capitolo l'A. accompagna il passeggiero lungo la ferrovia da Pola a Divazza, non trascurando il ramo laterale Canfanaro-Ro-vigno e facendo escursioni a Sanvincenti e Cimino, nel qual ultimo luogo avrebbe potuto notare i bei marmi indigeni che adornano gli altari ed il pulpito della chiesa" parroctialé, nonclè la pala dell' aitar maggiore forse del Carpaccio, e la chiesuola di Sant'Antonio abbate ottimamente costruita in pietre riquadrate. Egli descrive da attento osservatore e con evidenza i singoli punti e luoghi del paese che attraversa, se anche qua e là vi sono lievi sviste in cui facilmente incorre chi non è indigeno, e visita troppo frettolosamente, e forse una volta sola, una regione per lui nuova, variata, e si poco sinora illustrata, quale si è 1' interno dell'Istria. (Continua) Cose locali Venne nominato direttore docente del „Pio Istituto G risoni,, Don Francesco Franza di questa città, in sostituzione di Don Pietro Sincich, eletto canonico della nostra Concattedrale. A maestro della Filarmonica fu scelto tra parecchi concorrenti, Gaetano Montanari di Ravenna. Avendo l'i. r. Tribunale provinciale desistito di confronto al professore Pizzarello per quanto concerneva il titolo del crimine di perturbazione della pubblica tranquillità, ebbe la condanna di due mesi di carcere duro inasprito per crimine di pubblica violenza; e il conduttore del caffè delle Loggia, Alvise Bédolo, e Giuseppe Trevisin, tavoleggiante allora nello stesso caffè, furono condannati per falsa deposizione, il primo a tre settimane e l'altro a due mesi di carcere. — Anche di confronto all'ingegnere Calogiorgio, dopo d'essere stato tradotto nelle carceri di Trieste, cadde l'accusa di crimine, é venne condannato per contravvenzione a tre settimane. ( Unione) Appunti bibliografici Giova ogni tanto, e specialmente in qualche momento di sfiducia per le miserie del mondo contemporaneo, ritrarre l'occhio dai circostanti, e affissarlo nei grandi passati ad ammaestramento e a fede nell'avvenire. Così mi piace oggi annunziare a' miei comprovinciali gli ultimi lavori critici sui nostri scrittori che o la moda o qualche altra circostanza fa studiare con predilezione ; e tali sono a' nostri giorni il Machiavelli, il Foscolo e Giacomo Leopardi. Ho già accennato alle cause degli studi sul Machiavelli e alla vittoria riportata dal Villari: gli altri due sono i prediletti oggi dei giovani e dei seguaci delle dottrine materialistiche di moda perchè li credono i precursori di queste. E non è già senza un vantaggio della letteratura questo affollarsi dei critici e degli studiosi intorno ad un nome: poiché una nuova e vera storia letteraria che soddisfi alle esigenze attuali, e sia degna della critica moderna è sempre aspettata, e sarà fatica erculea di qualche grande ia tempi riposati e maturi ; si apparecchiano intanto i materiali, si reca luce intorno ad un dato punto, si iniziano studi in un campo più ristretto : materiali, luce, stud! che un forte ingegno condenserà con sintesi profonda per le ultime deduzioni. Chiamiamo adunque con l'appellativo del cognome gli studi letterari recenti intorno ad un dato personaggio, e tanto per incominciare si parli oggi del cantor dei Sepolcri. Intorno al Foscolo portò il martello demolitore a Milano un certo professore. Non so che gusto ci trovino al-* cuni ad attaccarsi oggi al piedestallo dei grandi per isgor-biare, come i monelli l'epigrafi e raschiare le parole riverenti incise dall'ammirazione dei contemporanei. Ma la ragione è chiara; come si scende in piazza a gridare abbasso questo e morte a quello e si accende il moc-colino a qualche nuovo sauto del giorno, così si tenta la stessa triste opera di-demolizione nella repubblica I letteraria scusando e coonestando la brutta impresa coi romorosi nomi di analisi, di scuola storica, di critica nuova ecc. ecc. E l'affare è poi tanto facile: tutti i grandi hanno avuto di quel d'Adamo, sono caduti talvolta in contraddizione tra gli altissimi concetti e le opere, specie poi se vissero in tempi eccezionali e di lotta, come toccò al povero Foscolo. I posteri ammirano le virtù loro, sono inclinati a scusarne i difetti; idealizzano il personaggio, e questa altissima idealità ha una grande virtù educativa, forma i caratteri, cresce la gioventù a generosi propositi, infiamma i cuori di tutti. Così furono educatori con tutti i loro difetti e le contraddizioni l'Alfieri ed il Foscolo. Il sole ha delle macchie e chi noi sa ? Ma per questo non correremo a scaldarci in una bella giornata d'inverno ai suoi raggi, non ci sentiremo scorrere più libero il sangue nelle vene lungo i viali dorati nell'ora dei caldi tramonti? E del calore, della vita, della poesia perduta ci sarà sufficiente compenso lo studio indefesso, continuo, minuto, paziente sulle macchie dell'astro maggiore? Oh andate, per Iddio, a scaldare 1 poveri, ad accenderò le fantasie ed a schiudere il germe del fiore con lo spettro solare e le fotografie dell'eclissi! Ma ora mi accorgo che è inutile pigliarsela tanto calda; Foscolo è sempre lì sul suo piedestallo ; e graffia, graffia, i critici monelli vi ci hanuo lasciato le unghie e si sono cincischiate le mani. Non sarà ignoto a' miei lettori il lavoro del Chiarini intorno a quell' intricato labirinto che sono le Grazie del Foscolo: (Sul Testo delle Grazie di Ugo Foscolo secondo gli autografi — Giuseppe Chiarini. Nuova Antologia, 15 Giugno 1868). Tutti sanno come il poeta non ha dato a quel poema l'ultima mano, e lasciato anzi un centone sul quale con lungo studio e grando amore l'Orlandini si è messo a lavorare un po'tirando a indovinare, un po' mettendoci del suo. Il Chiarini trova ora che tutto è mal fatto, e perciò sta provvedendo ad una nuova edizione delle Grazie secondo gli autografi lasciati dal Foscolo. Ora, a mio parere, un lavoro non esclude l'altro : possono stare benissimo entrambi nei loro limiti. L'Or-landini ha fatto un'opera estetica; e si è sforzato, inciampando qua e là di dare al carme quella perfezione che era nei desideri del Foscolo. Il Chiarini invece avverte chi noi sapesse ancora, che le Grazie non sono tutta farina del Foscolo, e ci dà il testo, così come è rimasto inperfetto, e tenta di ricucire lo scucito : è un' opera adunque di genere storico. Rimane però sempre a domandare quale dei due testi si avvicini più alla perfezione che era nei voti dell'autore. Il Chiarini riconosce che il primo editore trovò lo scartafaccio di Ugo con appunti di prosa; tramezzati da qualche verso, che dovette mettercene quindi di suoi e che i versi non sono fatti male, e quasi non si distinguono da quelli del Foscolo. Ma altrove esce di punto in bianco a domandare: Qual necessità c'era di correggere nel citato rifacimento questo verso: "Nè la marina elea ricca di pesce," trasformandolo in quest'altro : "Nè la ricca di pesce elea marina? Basta basta; ab uno disce omnes. C'è da scommettere che se Ugo potesse per un momento sollevare il capo in Santa Croce apporrebbe subito il suo vidit all'edizione dell'amico, condannando tra i ragnateli negli scaffali la nuova edizione sugli autografi. Altra e forse più difficile impresa tentò di recente il professore Salvatore Cassarà dimostrando l'immaterialità dell'anima umana desunta dal carme dei Sepolcri; (Palermo, tipografia del giornale di Sicilia, 1877) e di questo libro ci diede testé notizia l'eruditissimo Luigi Gaiter di Verona nel pediodico — il Propugnatore di Bologna. Le prove però addotte dal signor Cassarà ci pajono molto indirette e ben poco convincenti. Dopo a-ver distinto in due parti il carme dei Sepolcri così scrive a un dipresso l'autore: — "Sdegnato il poeta della nuova legge contro i Sepolcri, credendola inspirata dalle materialistiche dottrine di Hobes, autore prediletto degli increduli letterati della corte napoleonica, nei primi ventidue versi con violenta invettiva mette in bocca di essi la domanda : All'ombra dei cipressi ecc. ? Quasi ex abrupto poscia col verso 23, cominciando con un tonante ma, il poeta prende solennemente a parlare in nome proprio, confutando quanto ha messo prima in bocca dei materialisti nemici della religione delle tombe.. Tutta questa argomentazione e le conseguenti deduzioni poggiano sul falso; e mi tramutano il libero poeta in un sacro oratore, che 'secondo i precetti del De Colonia, presentata l'obbiezione ci spiffera con molta enfasi la sua brava confutazione. Non è vero che il poeta si faccia il portavoce delle opinioni altrui; si vede che quello sono in gran parte idee sue, che ne è rimasto impressionato, che le ha accolte sì a malincuore, e come una triste necessità, ma accolte. Vero è len, Pindemonte ; è inutile che ci illudiamo ; anche la speme fugge i sepolcri. E quando la coscienza e la voce del cuore sorgono a condannare queste dottrine, allora lo fa debolmente; si vede che ka paura del sorriso dei Vol-teriani, e perciò chiama le verità opposte, non col loro vero nome; ma le dice illusioni, celeste dote, sogni di chi crede ricoverarsi sotto le grandi ali del perdono di Dio. Questa mi pare la sola, vera interpretazione dei Sepolcri ; il poeta non professa il materialismo a-pertamente come si usa oggi; ma non è neppure credente ; tentenna, dubita, rappresenta il suo tempo ; epoca di transizione tra l'imperialismo camuffato a libertà, e la reazione violenta del 15, quando si videro in pochi anni sotto le volte di Nostra Donna, una baldracca, ed un Papa benedicente e restaurante. Così sj spiegano le oscurità e le contraddizioni dei Sepolcri. Il Foscolo dubita, ragiona, domanda : a che serve questo, a che giova quello? La sua filosofia, la filosofia del suo secolo vuole così; così si deve filosofeggiare e scrivere ; ma ogui tanto il cuore sostiene le sue ragioni, e allora Ugo si riconcilia con le sue illusioni, le difende in nome della natura umana contro la dura verità; e da questa lotta, da questi dubbi escono lampi di viva poesia. Aggiungansi le contraddizioni e P agitazione politica. Vecchi dominatori di qua, liberatori di là, assolutismo odiato; libertà mutata in licenza, o-diat-a non meno ; il Foscolo rappresenta questo tempo, questi disinganni e sente il dolore, l'immenso dolore di un popolo risorto appena, che ritorna a cadere. E volete da lui calma, chiarezza, e tutto a filo di logica? No, no esclama l'illustre De Sanctis, rispondendo al Gervinus — la logica del cuore è la contraddizione. Anche il Foscolo adunque dopo la lotta e il dubbio finiva a credere all'immaterialità dell'anima; ma a dimostrarlo non si aveva a ricorrere ai Sepolcri, che sono l'espressione più viva della contraddizione, della lotta, della coscienza letteraria, e l'affermazione più ardita di questi impeti lirici della creatura che chiede al cielo un responso come all'oracolo antico. Le prove invece si avevano a cercare altrove col metodo storico all'epistolario, nelle rivelazioni intime, nei momenti tranquilli, quando la coscienza ritorna al credo intimo, alle memorie dell'educazione prima, alla famiglia. Così si hanno a conciliare le due scuole ; estetica e storica nell'arte : senza di queste una vera critica non è possibile. Noi lavoriamo, (scriveva io testé in attestato di rispetto al D' Ancona, che dolcemente mi rimproverava per una frase nel mio studio sul Leopardi), noi lavoriamo a fresco, a encausto, abbozziamo arabeschi, vedute, scene, ma i muri ce li tirate su voialtri; senza i dati storici e con la sola estetica s'imbottisce nebbia e viceversa pure ; facciamo adunque d'intenderci e ricordiamoci del conjurat amice d'Orazio. Or bene, cerchi il sig. Cassarà nell'epistolario e non nei Sepolcri, e troverà passi a josa dimostranti la fede del cantor dei Sepolcri. Così nel voi. I (a pagina 157, Edizione Le Monnier) spiega il Jacobo Ortis e lo condanna. Credo in Dio e l'adora. Vol. I, pag. 235, 259. A-scolta messa pag. 30, vol. II. Eecita un atto stupendo di contrizione e di fede in Dio a pag. 183 vol. II, e finalmente esce a pag. 61, vol. Ili nelle seguenti parole che tagliano, come si dice, la testa al toro: "Tutto ciò che poteva farsi dagli scrittori contro la religione è stato già fatto ; e il risultato è stato e sempre e sarà essere necessaria una religione. Ora il farne una non è opera degli uomini ; e la miglior religione è sempre quella che abbiamo ereditato dai nostri avi, e che si è amalgamata con 1» leggi della nostra patria. Perciò va rispettata la religione come appunto si rispettano le leggi.„ Di altri recenti a buoni lavori sul Foscolo ad uso delle scuole non parlo, mancandomi lo spazio e la lena. ___P. T. Bollettino bibliografico Piccola raccolta di esercizi! pratici di grammatica e di lingua italiana ecc.. di Francesco Marinai, maestro nelle civiche scuole di Trieste. Trieste, stab. tip. B. Appolcnio, 1878. (Dono dell'autore alla "Provincia»). Fa d'uopo confessare che il metodo seguito dal Marinaz nel raccogliere ed ordinare cotesti esercizii pratici di grammatica e di lingua paesana, si discosta molto saviamente da quei sistemi aridissimi e pedantissimi di frequente in voga anche tra noi, i quali nuli' altro offrono ai docenti che una congerie di nozioni atta soltanto a provocare lo sbadiglio. Il Marinaz invece col suo metodo non si tenne ristretto nei limiti dei soliti programmi scolastici; ma coli' intento nobilissimo di giovare adoprò una forma nuova,„piana e dilettevole, a grande vantaggio di una compiuta istruzione. I! libro del maestro triestino tornerà pereiò profieuo a tatti que'docenti che vorranno intrattenere con vera utilità i giovanetti alle loro cure affidati. — Esso trovasi in vendita nelle librerie Coen e Dase, e presso l'autore in via S. Michele, 33 — Trieste, al prezzo di soli soldi 40 v. a. — Sotto ii titolo di Bozzetti istriani il professore delle Scuole Reali di Pirano, Oscarre de Hassek, sta per pubblicare nn nuovo libro, che ogni studioso delle cose nostre attende, ne siamo certi, con giusto desiderio. Il periodico .Libertà e Lavoro contiene nel numero 9 dicembre un articolo intitolato: Le glorie della Grecia moderna, Besenghi degli Ughi (due letture di Pier Viviano Zecchini). Ricevuto il prezzo d'abbonamento dai signori: Giovanni Cesca — Trieste — anno corr.; — Giuseppe Battei — Barbana — II quad. anno corr. ; — De Caneva Don Osvaldo — Parenzo — arr. ed anno corr. ; — Bartolomei Nicolò —. Capodistria — II anno corr.; — Baseggio Giorgio cav. — d.o d.o ; — Baseggio Pietro — d.o d.o — Belli ved. Luigia — d.o d.o ; — Bratti Andrea — d.o d.o; — Barega Giuseppe — d.o d.o — del Bello Nicolò d.o d.o ; — Cobol Giorgio — d.o d.o ; — Gravisi Vincenzo — d.o d.o — Gravisi ved. Antonia — d.o d.o; — Depangher Antonio — d.o d.o; Franco Pietro — d.o d.o; — Favento Don Giovanni — d.o d.o; - Gallo Augusto — d.o d.o ; — Genzo Giovanni — d.o d.o; — Kuhacevich Maria — d.o d.o; — Lion Zaccaria — d.o d.o; — Manzini Giovanni — d.o d.o; — Marinaz Domenico — d.o d.o; — Società caffè della Loggia — d.o d.o; — Tomasich Andrea — d.o d.o; — Totto fratelli — d.o d.o; — Vicich francesco — do d.o; Venuti Leonardo d.o d.o; — Utel Luigi — d.o d.o; — De Riti francesco — I. IL quad. anno corr.; — Brutti Francesco — II. III. quad. anno corr.; — Casino di Società — Pisino — anno 1879 ; — Canonico Sillich •—• Parenzo — II e III quad. anno corr. ; — N. Rizzi — Pola — anno corr.; — N. Corva Spinotti - Grisignana— anno corr; — D.r Felice Glezer — II e III quad. anno corr.