UNNO XXIV. Capodistria, 16 Marzo 1890. N. 6 LA VINCI A DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Irimestre in proporzione.— Gli abiiomimenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Ogn-u.no a casa, sua (Continuazione vedi N. 6 e seg.) Gli altri artisti 22.) Carli conte Gianstefano. Viene riportato nel dizionario per le speciali sue disposizioni alla divina arte dei suoni. — Nel 1732 il celebre suo fratello Gian Rinaldo gli dedicò un lavoro intitolato: ,Osservazioni sopra la musica1", dove qualifica Gianstefano ,amante dell' erudizione, versato nella lingua greca e nelle lingue .orientali, il quale a queste sa accoppiare molto bene ,1'esercizio della musica." L'unica fonte citata si è quella dello Stancovich (ora nella II edizione, a pag.. 353-5,),..... Già s'intende che la C. del nome è mutata in K. Ciò eli' ebbe però a procurarmi un momento di esilarante diversione si fu il rilievo del Kukuljevic, che le menzionate Osservazioni sono un ,lavoro italiano" del gran-d'uomo. A dire il vero ignoriamo le opere di Gian Rinaldo stese in croato, o piuttosto nello sloveno del territorio. Ed ora, uscendo dallo scherzo, non si potrebbe forse ritrovare qualche composizione musicale di Gianstefano nella provincia ? 23.) Carpaccio Benedetto. (Karpat Benko !) Il K. non indica le fonti del suo articolo, ma non vi è dubbio, ch'egli ricorse allo Stancovich, dove nel titolo del sommo Vittore è innestato qua e là alcunché del modesto nostro Benedetto. (Veggasi la Biografìa degli uomini distinti dell'Istria tra le pag. 416-21). Il K. accenna a tre sole pitture trovantisi a Capodistria. 1) alla „Incoronazione di Maria" colla firma .Benetto Carpatliio veneto pingeva 1537"; 2) al „Nome di Gesù" con eguale segnatura, ma dell'anno 1541; e poi 3) alla „ Madonna col Bambino e coi santi Giusto e Sergio", sottoscritta „Benetto Carpatliio pingeva 1540". Quest' ultimo quadro sarebbe stato rinvenuto a Trieste nel 1855, dal sig. Tonegutti. Noi rimandiamo il lettore al n. 8 della ^Provincia" dell' anno scorso per qualche ulteriore notizia. 24.) Da Cotogna Francesco. („Kolonjanin" — così sta scritto e tal ve lo riporto) architetto, da Capodistria. il quale viveva nel 16° secolo. Egli costruì, in unione ai veneziano Leonardo Mezzafusco, la grande e bella chiesa dei SS. Mauro e Donato ad Isola Vecchia sulla strada di Trieste. I detti due maestri incominciarono il lavoro il 15 giugno 1547 e lo compirono il 10 agosto 1553, nel qual giorno ebbe luogo la consacrazione ad opera di Tomaso Stella vescovo di Capodistria. La chiesa fu edificata a spese del popolo e di varie confraternite, che allora esistevano nel paese. Essa è divisa in tre navate, colla separazione, secondo l'antico uso cristiano, per i maschi e per le femmine. Fonte. L'Istria, 1847 pag. 149. < 25.) Da Capodistria Bortolomeo. (Kopranin !), stampatore del secolo 15. Viveva a Venezia, ove nel 1498 fu uno degli editori dell' opera : ,Phalaridis Tyranni Agrigentini, Apollonii Philosophi pythagorici, Bruti Epi-stolae graecae." Questo libro incomincia conuno scritto di Bortolomeo Da Capodistria indirizzato a Pietro Contarmi, cui, tra le altre, promette di far istampare fra breve anche la traduzione latina degli scrittori greci. Se poi un tanto sia seguito, lo s'ignora. Alla fine sta l'avvertimento: „Priuilegio muleta indicta vetatur, ne „quis ad decem annos imprimere possit, nec alicubi ^impressa vendere, usque locorum dicionis inelyti et ^felicissimi S. Veneti." E poi : „Ex aedibus Bartholomaei „Jmtinopolitani, Gabrielis Brasichellensis, Joannis Bicolli et Benedicti Mangii, Carpensium. Venetiis MIID ,(1498) XIII. Kal. Julias. Cum Signaturis." — É la prima edizione in quarto. Non è affar mio il soffermarmi sul come tra gli artisti delle cinque arti belle capiti nel dizionario anche un tipografo. 11 fatto è ad ogni modo che un capo-distriano di più si rese benemerito delle lettere nel secolo suaccennato. Dr E. N. PER DANTE ALIGHIERI Nella sala maggiore del municipio di Trento si è tenuto domenica scorsa 1' annunziato comizio popolare per il monumento a Dante Alighieri; dalle più lontane vallate vi concorsero in grande numero popolani insieme coi cittadini ; pervennero adesioni da tutti i muni- cipi trentini e dalle associazioni. — Riportiamo il voto approvato ad unanimità dall' adunanza : L' assemblea nel mentre fa plauso al progetto di erigere in Trento un degno monumento al Divino Poeta per i motivi e con gli intendimenti espressi nella circolare del comitato promotore, già resa di pubblica ragione mediante la stampa ; visto l'unanime consenso della più eletta parte del paese tridentino; sentite le dichiarazioni del comitato; delibera: 1.° di metter tosto mano all'opera, aprendo senza indugio pubbliche sottoscrizioni e di portarla a compimento nel più breve tempo possibile. 2.° Di affidarne l'incarico ad un comitato esecutivo permanente di 15 membri, fra cui un presidente, un segretario ed un tesoriere, residenti in Trento, da eleggersi oggi stesso i quali debbano aggiungersi almeno altrettante persone, scelte nella città e in altri luoghi del paese, ove raccoglieranno le offerte e cureranno lo scopo comune, secondo le istruzioni del comitato. Esse formano parte integrale del medesimo e potranno assistere a tutte le sessioni con voto deliberativo. 3." Il comitato si darà un regolamento e si completerà da sè se alcuno dei suoi membri venisse a mancare; amministrerà i fondi in tutti quei modi che reputerà più efficaci e curerà il compimento dell' opera, prendendo i debiti accordi con le autorità ed adottando, ove occorra, qualsiasi provvedimento reputasse necessario od opportuno senza bisogno di consultare 1' assemblea. 4.° Il comitato depositerà di mano in mano le offerte alla cassa di risparmio di Trento se in valuta austriaca, ed alla banca popolare cooperativa di Trento se in altre valute: i nomi degli oblatori si pubblicheranno per le stamp'e. 5.° Alla fine d'ogni anno, a cominciare da oggi verrà reso noto al pubblico lo stato di cassa riveduto dalla giunta municipale di Trento. 6.° Se, per qualunque motivo, fosse giuocoforza desistere dall'opera, i danari raccolti saranno consegnati in amministrazione al comune di Trento, con obbligo di impiegarli, non appena sia possibile, ad erigere un monumento a Dante Alighieri in Trento. Se una società si fondasse con questo intento, il comune dovrà mettere i fondi a sua disposizione. 7.° Quanto, ad opera perfetta, sopravanzasse, sarà devoluto alla società Pro Patria. Su questo il presidente apre la discussione facendo parecchie osservazioni sulla convenienza delle singole disposizioni, notando specialmente per ciò che riguarda la nomina dei membri del comitato che a quelli abitanti in Trento, da nominarsi oggi dall' assemblea, se ne vollero uniti almeno altrettanti che rappresentassero le vallate, per dare all' impresa il carattere di cosa dell'intiero paese. E osserva che la nomina di questi ultimi membri, troppo difficile a farsi dall' assemblea, verrà per opportunità rimessa al comitato. Dopo questa ed altre osservazioni sulla convenienza delle altre proposte, e sulla speranza dell'ottima riuscita, il progetto di regolamento venne all'unanimità approvato dall' assemblea. Passando al secondo punto, alla nomina del comitato esecutivo, il presidente dichiara che l'idea del monumento è in buona parte merito del patriotta dou Giuseppe Grazioli, il quale ebbe a scrivere al presidente stesso nna lettera di cui legge il brano seguente : „Sono qui inchiodato in casa mia, chè se avessi i miei occhi vorrei girare pei nostri paesi che conosco e cercare di far proseliti pel monumento a Dante, cara nostra speranza Non potendo quindi far altro la prego a sottoscrivermi qual secondo tributo a questa bell'opera per fiorini cinque cento. Dico questo colla speranza lo illustre nostro dilettissimo podestà si sia con loro inteso di assegnare il noto capitale qual primo contributo, del quale per altro egli è da me autorizzato a farne quell' uso migliore che a lui pare e piace. „ Questo secondo contributo ger altro dei fiorini 500 io lo farò prontamente capitare a chi e nel modo che ella vorrà indicarmi'" Osserva che il primo contributo a cui accenna don Grazioli si è una somma molto rilevante che esso donò alla città di Trento qual fondo per l'isolamento della Torre di Piazza del Duomo, che parendo per ora tale opera impossibile, don Grazioli desidererebbe di devolvere alla impresa del monumento a Dante questo importo : naturalmente a ciò sarà necessario il consenso del consiglio comunale; in ogni modo quest' atto da parte di don Grazioli merita la più viva riconoscenza. Il presidente perciò invita l'assemblea a darne un segno al vecchio patriotta, nominandolo presidente onorario, ciò che vieu fatto fra gli applausi. Il podestà di Trento signor Paolo Oss-Mazzurana propone dopo ciò che venga di tale nomina notificato subito, telegraficamente don Giuseppe Grazioli, ciò che pure viene vivamente accolto. Ecco il testo del telegramma spedito : Cavaliere don Giuseppe Grazioli — Strigno. Mi gode P animo partecipare signoria vostra che l'assemblea oggi qui convenuta numerosissima intero Trentino per l'elezione comitato esecutivo monumento divino Poeta accolse con ammirazione gratitudine profonda nobile iniziativa splendida offerta illustre patriota don Grazioli, acclamandoLa presidente onorario comitato, protettore nostra impresa, incaricandomi esprimere signoria vostra vivi ringraziamenti ossequiosi saluti. Avv. Bordi. Per ciò poi che riguarda la nomina del comitato, essendo l'assemblea d'accordo perfettamente sui membri da nominarsi residenti in Trento, vennero su proposta dell' avvocato Dr. Boni eletti per acclamazione i seguenti signori : Dr. Carlo Dordi presidente — Ranzi Guglielmo segretario — Pedrotti Giovanni tesoriere. — Apollonio ingegnere Annibale, Bazzanella don Emman. deputato, Brugnara Dr. Luigi deputato, Ciani barone Giovanni deputato, de Pretis Dr. Carlo ingegnere, Dorigoni Silvio, Ferrari Dr. Riccardo, Manci conte Sigismonoo, Pa-nizza Dr. Augusto deputato, Riccabona Dr. Vittorio, Scotoni Cesare, Tambosi Antonio. Da qualunque parte ci dovesse venire, noi l'abbiamo desiderata vivamente, una voce, in risposta a quella alzata dall' egregio nostro comprovinciale avv. Baseggio su certe miserie di casa nostra (vedi Provincia del 16 febbraio p. d.). Il silenzio, per cento dubbi cbe fa insorgere, rende più difficile ancora la situazione, di quello fosse stata ieri quando uno prese la parola per cosa grave con intendimento onesto ; avvegnaché, ognuno l'avrà inteso, non si tratti di una questioncella se uno dei periodici provinciali si debba continuare o no, ma sul contegno del nostro partito nazionale, sulla sua organizzazione e programma. Però non accettiamo buone le ragioni di quei nostri amici che ci hanno risposto „Noi siamo azionisti e abbonati del giornale l'Istria, riconosciamo vere e giuste le ragioni dell' on. Baseggio, a che ripeterle noi? faremo quanto possibile, per sostenere in vita il nostro periodico ; se mai, condanniamo il sistema di mettere a nudo certe piaghe, mentre è noto, che ogni qualvolta richiesti abbiamo sempre provveduto. Il periodico non cesserà." Dagli apatici, naturalmente non era da attendersi risposta ; nè da quelli, sono pochi ma operosi, che desiderano la cessazione à^W Istria, organo di altri tempi e di altri uomini, secondo loro, e credono giunto il momento di sostituire quei tali uomini di altri tempi, sostenuti da un nuovo organo da loro ispirato. Questi, si capisce, tacciono, e stanno a vedere per cercarvi il loro tornaconto. Il fatto è cbe la voce si fece sentire, ed anche questa volta venne dal di fuori, dal nostro egregio notissimo collaboratore ; e ben venga, anche se dissonante dalle nostre particolari vedute, noi la pubblichiamo nella lusinga provochi una discussione più ampia, e giovi a designare una giusta via, in questo labirinto dove incauti, senza pensiero di cavarcene, ci aggiriamo da troppo tempo, oramai. Ma occorre che premettiamo alcune dichiarazioni; sarebbe troppo tardi 1' attendere il prossimo numero, e su certe questioni vogliamo si conosca subito netta la nostra opinione. La questione suprema che pone sul tappeto 1' e-gregio autore della lettera che segue, è quella dell'unione delle diete di Trieste e l'Istria, in una dieta sola in Trieste. La questione è vecchia, — non vogliamo dire dimenticata — e nel nostro periodico venne discussa ampiamente e risolta con la forinola ultima: ,1' unione deve essere desiderata da ogni galantuomo istriano, ma alla condizione eh' essa non torni nociva a Trieste ; spetta a Trieste a pronunciarsi in proposito, dichiarando di poter accettare Vunione senza proprio pericolo." E non crediamo necessario, per ora, dire di più; cgni avveduto patriotta cbe conosca la situazione odierna, e quella che secondo ogni probabilità ci sta innanzi, saprà trovare 1' applicazione della forinola. Si continui a preparare intanto il terreno all' unione desiderata, come consiglia il nostro egregio comprovinciale. Ci vorrà del tempo e lungo tempo, e intanto ? favorisca insegnarci come noi combatteremo contro la sempre crescente marea slava, se ci si tolgono i giornali nostri, e le associazioni e in aggiunta ci sopprimano la dieta. L'Indipendente eh' egli ci indica, non è fatto per girare dalla farmacia alla bottega di caffè del villaggio a sminuzzare coi pettegolezzi del luogo, le nostre buone ragioni, di fronte ai giornali slavi; quel valoroso nostro confratello, da tutti noi riconosciuto quale organo del partito nazionale, ha il compito di sostenere i nostri diritti in ben altre piazze. Lasciamo pure da parte l'Ar-cheografo, che non c' entra. Veniamo alla dieta, il comune provinciale, il parlamentino com' egli lo chiama, e che preferirebbe sciolto. Ne ha pensate le conseguenze? Sciolta la dieta, si passa a nuove elezioni, e con quale esito si può prevedere ; ed eccoci da capo ; ma, peggio, c' è la probabilità di un mutamento di sede, per esempio a Pola; il progetto fu già pensato. Mentre ora fortunatamente, il governo della provincia è in mani nostre, a dure condizioni, è vero, ma le condizioni non le abbiamo create noi, e il dover nostro consiste nell'appro-fittarne per quanto possibile a nostro vantaggio. Vogliamo poi dire, e lo sentirà con piacere il nostro egregio, che quanto all'unione morale con Trieste, la vedrebbe con i suoi propri occhi, se venisse tra noi, ormai raggiunta. Egli ricorda tempi assai lontani, quando il minore sviluppo di idee nella stessa Trieste e tra noi, e le difficoltà di movimento, rendevano limitate le relazioni reciproche, e quello che un pajo di volte all'anno fosse andato con la famiglia a fare le spese a Trieste, era considerato un essere privilegiato; quando i fratelli Triestini, un pajo di volte all' anno con un piroscafo del Lloyd, che si fermava a mezzo miglio dal porto, sbarcavano in gita di piacere, col sollione di luglio, seguiti da mezza città a guardarli con tanto d'occhi. Adesso ! venisse qui, siamo una contrada di Trieste come dicono i nostri popolani ; vapori che vengono e vanno a tutte le ore, e s'accostano alle rive, e per pochi soldi trasportano passeggieri e merci ; e trenni che in tre ore ci portano nel cuore della provincia; per cui relazioni moltissime di affari, di parentele, di amicizie, tanto che non si distingue più per le vie della città l'istriano che gira coi vestiti della festa di antico taglio, nè qui da noi il triestino stecchito che irride alle nostre piccolezze ; e nessuno sogna di tener vive memorie di divisioni, di dualismi, nè di portare su e giù per il corso di Trieste blasoni ; l'unione morale in una parola è raggiunta ; Trieste da tutti è riconosciuta la nostra capitale. Speriamo che altri replicheranno nel prossimo numero, e sopra tutto col proposito di propugnare la organizzazione del nostro partito. Dividi.... e dividi____ Risposta all'Avv. Giorgio Baseggio (vedi lettera. Miseria . . . e miserie nel Numero 4.) Egregio Signor Avvocato, Miseria... e miserie, esclama lei a proposito del resoconto della gestione amministrativa del periodico V Istria per l'anno 18S9. Le mie congratulazioni; ella ha messo proprio il dito sulla piaga. Ed ec-cone una prova. In ogni altro paese del mondo la lettera di lei avrebbe messo tutto il campo in rumore ; recriminazioni, risposte, proteste sarebbero piovute da ogni parte, e forse anche ambasciatori con tanto di cartello di sfida, inviolabili e bastonabili, bastonabilissimi secondo il vario umore. Niente di tutto questo nell' Istria. Benché la Direzione della Provincia avesse in certo modo provocata la discussione, nessuno si fece vivo ; nei periodici istriani s"i lessero le solite corrispondenze dèi pettegolezzi locali delle varie cittaduzze e ville, ma della sua lettera neppure una parola ; e chi aspetta risposta, aspetta il corbo, direbbe il padre Cesari. Visto adunque che nessuno risponde da casa nostra, meglio tardi che mai, mi metto a scrivere io. C' è poi quell' altra felice combinazione del trovarci entrambi lontani, ed usi a vedere, a respirare largo, e a prova di bomba nell' affetto al paese. Si, è proprio vero, malanni in casa ce ne sono tanti : preti energumeni, maestri e segretari comunali detto, dieta provinciale divenuta scena di farse indecenti ; non è proprio il caso come dice lei, di „fumare il virginia al caffè," contentandosi di ridere delle improntitudini di quei quattro matti che vanno alla Dieta di Parenzo a votare in lingua slava. La fiaccona veneziana l'abbiamo pur troppo troppo un po' tutti nel sangue, ed anche il felice temperamento, l'abitudine di giudicare delle cose a tanto la canna, e di ridere, sopratutto. Il riso però fa buon sangue, ed è innegabile che in certe occasioni i nostri hanno dimostrato di averne del sangue nelle vene ; ed è questa la risposta che le potrebbero dare. Ma lei da bravo avvocato, con la sua buona tabella, potrebbe rispondere (e se permette m'associo anch'io) che il sangue non basta mostrarlo nelle grandi occasioni epiche, quando si monta sul palco scenico e si è sicuri avere i battimani ; ma ogni giorno, ogni ora nelle piccole battaglie della vita, nei sacrifizi quodidiani che sono la moneta spicciola della virtù. Si fa troppo a fidanza col passato nell' Istria, si giudica della questione slava con la noncuranza del gran signore; si aspetta tutto dalla benigna influenza di qualche stella che dovrà sorgere sul nostro orizzonte, e non si vuol capire che intanto tra le nostre siepi brillano di notte le lucciole e di giorno saltano le locuste. E se l'astro sorgendo ci trovasse mutati, o sotto l'influsso di qualche altra costellazione? Qui qui è la questione: questo V unum necessarium: questa V antifona che si ha a cantare ogni giorno, senza preoccupazione del solenne peana cantato a voce di popolo nelle rare straordinarie occasioni. E perciò ci vuole costanza, ci vuole pazienza e sacrifizio. Queste le virtù comuni che mancano a molti, dei nostri. Perchè veda, caro avvocato, della gente di buona volontà, ce n' è ancora da noi, gente tutta fuoco, che si butta fuori ogni qualvolta la si sappia pigliare pel suo verso. Allora sottoscrivono, si associano, mettono mano al borsello; ma poi, visto che tutto rimane in statu quo, e che il Quieto, fiume del paese, continua a volger placido sue acque al mare, si pentono del denaro speso, ritengono ogni azione inutile, e specialmente se la pigliano col socio x, collo scrittore trasformista (benedetto anche il trasformismo in certe occasioni ; Il Machiavelli informi) che non hanno saputo dar battaglia campale; e cacciar dalla Dieta i Croati. Questa, secondo me, la causa principale, e non la taccagneria, di tante defezioni, e di quel ridere che è F ultima e comoda arma del disilluso e del fiacco ; e nel caso concreto la cagione del desolante rendiconto dell' Istria ottimo giornale. Non iscuso del tutto, spiego, e al più ini studio di cercare le attenuanti. Ed eccone un'altra subito. L'associazione al giornale — l'Istria costa fiorini sei annui: una miseria; chi è che non possa disporre di così piccola somma, e fare un modesto sacrifizio siili'aitar della patria? Ma nell'Istria come è oggi ridotta, molti sono i bisogui, varie le in-stituzioni : Società Alpina, dei Canottieri, Pro Patria, Pro Patria nostra, Società politica, Società di storia e di archeologia editrice del periodico relativo ; e poi ci sono altri giornaletti : tutto insieme una rispettabile somma: gocciole è vero, ma le goccia si sa, hanno la virtù di scavare perfino le pietre, e tanto più di rompere i portamonete e le tasche. Sarebbe quindi necessario pel bene generale della provincia ridurre le spese, e non dividere le forze, affinchè tutti potessero concorrere, in quell' unum. necessarium che è la lotta col partito croato. Invece, ognuno vuol tirare l'acqua al suo mulino, ogni cittaduzza ha le sue pretese, divisioni sopra divisioni. E qui poiché i discorsi sono come le ciliegie passo a dire di un' altra causa secondo me la prima e più fatale delle nostre miserie : la divisione amministrativa dell' Istria da Trieste sua naturale capitale. Da ciò quell'angustia di vedute, quelle piccole miserie, da lei, signor avvocato, giustamente riprovate. Certo, come stanno le cose oggi, un certo frastagliamento è necessario e una divisione delle forze, riconosco perciò di prima necessità mantenere vivo un periodico di parte nostra nella sede della Dieta, e qualche altro a Capodistria ed a Pola. Ma altro è piegarsi per forza maggiore alla necessità del momento, ed altro trovarvisi entro ad agio, e fare di tutto perchè lo stato perduri. Ne vuole una prova? Lei stesso, caro avvocato, c' è caduto, tanta è la forza dell' abitudine, e con lei qualche altro ancora. „Morta l'Istria, morta la Provincia, scrive lei, resterebbero padroni del campo il Diritto Croato e la Nasa Sloga." La redazione aggiunge il Giovine Pensiero di l'ola. Ma, Dio buono, e L'Indipendente di Trieste, giornale noto in tutta Italia e fuori, e di cui tanto si è parlato, e l'Archeografo triestino dove li lasciate? E Trieste è forse in Oga Magoga? E mentre i Croati stringono i fasci ed aspirano ad una grande Slavia, noi continuiamo con le divisioni storiche, e con le locuzioni dei tempi di Carlo Ip-silone. Mentre in tutta Europa si tende a concentrare, noi tiriamo a dividere, e a manipolarci un' Istria in pilloline ; e col nostro linguaggio mostriamo di approvare le divisioni imposte, anzi facciamo da parte nostra il possibile di mantenerle mostrandoci col fatto beati e contenti di possedere il nostro parlamentino. Questa, questa l'origine delle botte, e delle nostre miserie. Potrebbero i Croati far tanto rumore, nella Dieta, avrebbero tanta baldanza in un ampia sala sotto a una galleria di popolo stipato tumultuante ? Guardi la Dieta di Trieste ; là nessuno ha mai osato aprir bocca in sloveno, anche il famoso Nabergoi s'ingegna a dire le sue ragioni nella lingua del paese. A Parenzo invece siamo pochi, quindi la baldanza dei Croati, e la debolezza dei nostri. Aggiunga che si ha una maledetta paura di perdere il privilegio del parlamentino e i deputati si vedono sempre sul capo la spada di Damocle dello scioglimento della dieta; quindi la longanimità la pazienza, la bontà innalzata alla terza potenza, e la Dieta Provinciale, come lei dice benissimo, divenuta per colpa dei nostri deputati troppo deboli, scena di farse indecenti. Ma noi siamo deboli perchè siamo divisi, perchè siamo stipa slegata, non congiunta in fascina. Altrimenti andrebbero le cose, se ci fosse un' unica Dieta di tutta l'Istria a Trieste. Ma la legge non l'abbiamo fatta noi, si risponderà, e conviene fare di necessità virtù. Sta bene ; un po' di più coraggio però lo si potrebbe dimostrare con l'opposizione legale, con una maggiore energia nei gravi momenti ; chi pecora si fa lo mangia il lupo; e i nostri più volte si sono dimostrati pecore e zebe, per non far torto alla capra paesana. Se non altro poi, (e questo si dovrebbe fare subito e da tutti) converrebbe disporre 1' opinione pubblica in proposito, e affrettare col desiderio l'unità amministrativa di tutta la Provincia come l'ha fatta natura, smettendo una buona volta dalle velleità separatistiche, e da locuzioni arcaiche che non hanno più alcuna ragione di esistere. Che l'Istria ex veneta sentisse una certa repugnanza per Trieste, si capisce ; ma ora i tempi sono radicalmente mutati, e Trieste ha dato tali prove di gelosa custodia della lingua e della cultura italiana che il dubbio sarebbe grave oltraggio e vergogna da doverne noi arossire in faccia a tutta la nazione. Si aggiunga che la nostra causa, per via delle nostre divisioni e discordie non s'impone all' opinione pubblica, non è bene presentata, concretata, dirò così, in un nome solo. I Trentini fanno capo a Trento, sta bene; i Trentini vogliono l'autonomia e la separazione amministrativa dal Tirolo; è una cosa che si capisce subito. Per indicare invece il nostro paese si dice : Trieste e V Istria. Che cosa è quest' Istria ? E dove è Trieste se non nell'Istria? Le questioni si hanno a presentare nette ; e se per conoscere casa nostra ci vuole la scienza di tante divisioni e suddivisioni si perderà ancor piti la voglia di studiarla. Siamo noi che arruffiamo la matassa, e non dobbiamo quindi maravigliarci tanto, se Fanfulla e compagni pigliano delle maledette cantonate. Ecco una prova fresca fresca. Il Diritto Croato di Pola, battendo le mani al Fanfulla di Roma, gii dimostra come due e due fanno quattro che l'Istria è croata, perchè da noi ci sono 160,000 Slavi, e solo 110,000 italiani. A questo sproposito bisogna rispondere chiaro. Per tutti i santi peli della barba di re David, che fu il primo a voler fare la somma degli uomini e delle bestie nel suo felicissimo regno, i centomila e più Italiani di Trieste perchè non li facciamo entrare chiaramente nel conto? Lo torno a dire : Trieste è forse a casa del diavolo ? Nessuna maraviglia adunque se gl'Istriani sono poco noti disprezzati, e trattati senza certi complimenti come si fa coi deboli, e d'ignota dimora. Succede un parapiglia a Trieste ; subito tutti i giornali urbis et orbis ne sono pieni. Chi volete s'interessi dei pettegolezzi di Parenzo, di Pisino, di Canfanaro, di Mondelebotte, e di tutte le nostre citadette microscopiche che appena appena si vedono sulle carte geografiche ? Furono mai possibili a Trieste, città importantissima, e continuamente visitata da' forestieri, certi abusi dei proconsoli croati? Si sono mai mandati a Trieste i gendarmi a custodire le urne elettorali in un camerino segreto ? Se nn tale fatto fosse avvenuto a Trieste, tutti i giornali ne avrebbero parlato, i fogli tedeschi liberali di Vienna avrebbero alzato le grida. Causa della debolezza sono adunque le nostre divisioni. Dividi... dividi... e intanto il Croato vi comanda. Vi fu un tempo (se ne rammenterà, signor avvocato) in cui i liberali dell'Istria ex veneta sentivano una certa repugnanza ad unirsi a Trieste, perchè temevano che colà la parte italiana dovesse rimanere soffocata dall' elemento straniero. Invece è accaduto tutto il contrario. A Trieste la causa nazionale è strenuamente difesa nella Dieta e i Croati non ci mettono becco ; a Parenzo ci fanno le loro crie oratorie anche se nessuno li capisce. Ecco dunque dimostrata la necessità per 1' I-stria di unirsi a Trieste sua capitale. Tornando al primo argomento aggiungo che ciò è necessario per ragioni di economia : è il dualismo che ci spinge a doppie spese e superiori alle nostre forze. Se fosse accentrato in Trieste (non già l'amministrazione perchè le leggi lo vietano) almeno il movimento scientifico-letterario, non occorrerebbe il lusso di due società e di due periodici, Archeografo triestino e Atti e Memorie della Società istriana ecc. ecc. ; e tutte le fortune mediocri potrebbero concorrere a tenere in piedi istituzioni necessarie a tutta la provincia. È lo spirito di campanilismo, poi la vita provinciale, le abitudini pacifiche che rendono qualche volta l'istriano un po' stretto di mano ; a Trieste invece tutti sono abituati al viver largo e spendereccio. Chi non conosce la generosità dei Tiestiui ? Quante volte in altri tempi (ed io potrei citare fatti e persone) non dovettero i nostri migliori patrioti il nome dei quali è ancor oggi sulla bocca di tutti e che pure avevano qualche vecchia ubbia di separatismo e di provincialismo arcaico ; quante volte, dico, non dovettero essi ricorrere alla borsa dei Triestini in qualche solenne occasione, per una qualche istituzione di patrio detoro! E senza Trieste, l'Istria arcaica, l'Istria au- tonoma, tanto ancor oggi vagheggiata ci avrebbe-fatto una ben magra figura. È giustizia questa che-solo per battere la cattolica gli istriani ex veneti si rammentino che anche i Triestini sono Istriani ? Uniamoci adunque almeno moralmente con Trieste nostra capitale, con Trieste dove oggi piaccia o non piaccia, si accentra tutta la vita istriana. La storia di Trieste oggi è nota ; molti fatti furono discussi dalla critica, e con nuovi documenti illustrati: ogni ripugnanza sarebbe ridicola. Non ci sono che due città che rappresentano i bisogni degl'Italiani nell'Impero Austriaco Trento e Trieste. Trieste ha poi cento ragioni per reclamare la sua istrianità. L' Istria giornale stainpavasi dal Kandler triestino che fu a suoi tempi il primo istriano. A Trieste vivono oggi l'Hortis, il Pitteri,. il Rossi, la Gianelli tre veri poeti; a Trieste il Caprili scrisse e stampò le sue Marine istriane conosciute in tutta Italia. Buoni ingegni abbiamo anche nelle cittadelle dell'Istria; ma non hanno mezzi di farsi conoscere, e nei loro scritti generalmente parlando, trapela poca conoscenza della vita attuale, e del nuovo indirizzo d'idee. Conclusione: miseria e miseria — finché si vive raccolti sotto l'ombra del campanile della parrocchia ; non taute divisioni, e meno comandi avremo e prepotenze dagli Slavi. Essi più astuti di noi, e in ciò hanno ragione, Sloveni e Croati tutti si sentono Slavi e guardano a Zagabria; e noi intanto tiriamo innanzi con le divisioni arcaiche d'Istria veneta, d'Istria contea, di territorio triestino ecc. ecc, Siamo una buona volta tutti Istriani, se non vogliamo che quella povera capra crepi di fame sull'arido scoglio; e riconosciamo per capitale unica della nostra Provincia — Trieste. È questo ora Punico modo di essere veramente italiani e di difendere strenuamente la lingua e la nostra cultura. P. T. Istriano da Trieste -—-eattc^—-j UnT otizio Il giorno 10 corrente si compivano venticinque anni dalla prima comparsa del Dalmata di Zara ; il solo giornale rimasto in quella lontana provincia a difesa della lingua italiana. Al valoroso confratello abbiamo mandato il seguente telegramma : Redazione Dalmata Zara Presenti col pensiero e col cuore a codesta festa, suggerita da nobili intendimenti, salutiamo voi benemeriti •campioni delle antiche glorie dalmate, strenui difensori •della lingua di Dante sulle rive orientali dell'Adriatico. Diverse sono le mete cui le nostre patrie aspirano, per cui i nostri periodici combattono da quasi egual tempo: ma siamo concordi in quella suprema di mantenere intatte le tradizioni civili della gloriosa repubblica, le cui insegne per secoli le patrie nostre hanno seguito con tributo di sapere e di sangue. Auguriamo vostra opera continui, forti caratteri come il vostro sieno lungamente serbati alla Patria. La sera del 3 corr. ebbe luogo in Trieste il congresso comunale della società Alpina delle Giulie, con intervento di molti soci. La nuova direzione con la sede nell' Istria, riuscì composta : Vicepresidente : Baseggio avv. D.r Giulio (Pola). — Direttori: Belli D.r Nicolò, Capodistria; Benussi Giovanni, Rovigno; Franco D.r Giovanni, Buje. La società di navigazione Istria-Trieste tenne sabato 8 corr. il suo quarto congresso generale in Pola, approvò i bilanci : il contratto di cessione della linea di concorrenza dei fratelli Cesare; l'acquisto di un nuovo battello a vapore ; e deliberò 1' emissione di altre 3000 azioni. La direzione ebbe molte attestazioni di fiducia per il modo con cui finora condusse 1' azienda sociale ; facciamo voti che le sorti della società diventino prospere, e sia esempio per altre più larghe imprese. Cose locali La conferenza Canto sulla peronospra viticola Pubblichiamo la relazione di un autorevole agricoltore che gentilmente ha voluto favorirci: A mezzo dell' invito, che per lodevole iniziativa della presidenza fu, domenica 2 corr., diramato fra i soci del locale consorzio agrario, i nostri viticultori furono edotti, che alle 2 l/ì di quel pomeriggio nella sala del nostro Municipio il Molto Reverendo Abate don Angelo Candeo, parroco di Mestrino (Padova), terrebbe una conferenza sulle varie malattie, che funestano la vite. Numeroso e scelto uditorio intervenne alla conferenza desideroso di udire la dotta ed elegante parola del ben noto conferenziere in un tema di tanta entità perla stremata nostra viticoltura. Presentato con sentite parole rivolte all'adunanza dall' ill.mo Podestà signor Giorgio Cobol, l'egregio conferenziere esordì, prevenendo anzitutto gli intervenuti di non essere nè uno scienziato nè un teorico ma un viticultare appassionato e consumato nella pratica della coltura della vite. Gli astanti quindi non aveauo da assistere ad un' esposizione di quisquilie scientifiche, bensì ad una semplice ed accurata relazione dei risultati fin qui conseguiti dalla scienza nella lotta ostinata contro certe malattie parassitarie della vite, tra cui la pero- nospora. Disse, che sarebbe per lui un piacere il poter toccare davvicino tutte le piaghe, che falcidiano annualmente il raccolto della vite e che congiurano all' esistenza di questa preziosa pianta, da noi e dai nostri nonni cotanto accarezzata, ma che per questa volta il tempo non glielo consentiva, poiché il tener parola sugli stadi biologici di tutti i funghi, di tutte le muffe e di tutti gli insetti, ospiti della vite, sarebbe un' impresa titanica, per la quale non basterebbero le braccia di Briareo. Dovendo quindi esser breve si sarebbe limitato a discorrere soltanto sulla peronospora viticola, siccome quella malattia, che più d' ogni altra nella scorsa annata menò orrenda strage particolarmente sulle viti delle campagne poste in bassura. Dopo questo esordio con una dicitura semplice, chiara e alla portata intellettuale di tutti i vignaiuoli presenti s'accinse a tessere la storia della peronospora; ci fece capire come questo male, in Compagnia di tanti altri parassiti malefici, fu introdotto coli' importazione di vitigni americani resistenti alla fillossera, all'insaputa dei più oculati viticultori nei paesi vinicoli della Francia, da dove si sparse in un baleno per le regioni vitate d'Europa, menando ovunque guasti sensibilissimi. L'America quindi, in causa del facile e pronto scambio di prodotti, che esiste tra la nostra Europa e quel continente, oltre al malanno della fillossera ci ha fatto pure il malaugurato regalo della peronospora. L'oratore passò poi ad esporre, servendosi di a-datti paragoni, cosa sia la peronospora, come praticamente si riconosca sulle foglie della vite la presenza di questo fungillo, con quali .altre malattie lo si possa talvolta scambiare e per ultimo con tinte fosche ma piene di verità dipinse le tristi conseguenze, alle quali questo male cancrenoso suole ridurre la vite, causando nella stessa uno squilibrio ed un perturbamento nella respirazione, nella nutrizione e in tutte le altre funzioni fisiologiche della pianta. La vite intaccata dal parassita reagisce dapprima tino ad un certo limite, ma per ultimo esaurite tutte le sostanze di riserva, soprafratta e stremata dall'insaziabile ingordigia di migliaia di milioui di nuovi germi peronosporici finisce col soccombere nella lotta disperata. L'esimio conferenziere, esposte queste argomentazioni, venne alla conclusione, che la peronospora viticola deve essere prevenuta, perchè una volta che il male si diffonde, non v'ha mezzo di vincerlo e di attenuarne i disastrosi effetti. Ed invero se per ignoranza o per inerzia si lascia, che questo fungillo insidioso si svolga liberamente, qualora la stagione corra favorevole al suo sviluppo, siccome avvenne nella scorsa estate, esso diventa in breve il più accanito nemico della vite e ci priva del vino, che è 1' unico anzi il principale cespite di rendita, che ancora ci resta in questi tempi di crisi agraria. La scienza però è felicemente riuscita a scongiurare sì grave iettatura col consigliare nel solfato di rame un rimedio sicuro ed economico, il quale, amministrato a tempo, riesce a debellare completamente la peronospora ed a renderla incapace di nuocere. Posta in sodo questa necessità il Molto Rev. Abate ci suggerì fra i mezzi più efficaci e più economici per preservare la vite dalla peronospora le irrorazioni coliti miscele cupreo-caleiche diluite e precisamente: 1) nella dose di V2 ty- d* solfato eli rame e 2 kg. di calce spenta, il tutto sciolto in 100 litri di acqua, da amministrare alla vite 4-5 giorni prima della fioritura; 2) nella dose di 700 grammi di solfato e di un kg. di calce dopo la fioritura, cioè al termine di giugno; 3) nella dose di un kg. di solfato e di un kg. di calce per la terza irrorazione da praticarsi in agosto. Questa ricetta replicatamente esperimentata da lui e da moltissimi altri viticoltori sortì sempre esito felicissimo e si raccomanda a preferenza di ogni altra anche dal lato economico, quanto rispetto alla completa innocuità e per chi mangia le uve asperse colle suindicate miscele ramiche e per chi beve di quel vino. Parlando della natura e dei danui causati alla vite da quel malaugurato fungillo, interessò maggiormente l'attenzione dell' uditorio col suggerire delle norme pratiche risguardanti il sistema razionale della potatura, della cimatura e della concimazione. Inoltre espose delle preziose nozioni intorno all' antracnosi (vaiuolo della vite) e intorno alla comparsa e diffusione della dannosissima tortrice viticola (Conchylis ambiguella, vulgo carolo), consigliando contro questa molesta farfalletta le solforazioni di zolfo mescolato a polvere di tabacco 0 meglio l'irrorazione dei grappoli con un'infusione di tabacco bollito da farsi subito dopo la fioritura. Per liberare poi le viti dalla morbosità del vaiuolo raccomandò una cura preventiva, che consiste nel pennellare in ora calda i ceppi durante il febbraio od marzo adoperando a tale uopo : una soluzione composta di 100-150 gm. d'acido solforico, e di 5 kg. di solfato di ferro (vetriolo verde) il tutto sciolto in 10 litri d'acqua. Disse, che si raggiunge lo stesso effetto coll'asper-gere una sol volta l'intiera pianta, entro il tempo suindicato, con acido solforico diluito nella proporzione di 10 litri su cento litri d'acqua ; forinola da lui pure consigliata per distruggere tanto le uova che le nidiate dei bruchi sugli alberi fruttiferi, prima dello sbocciare delle gemme. Interpellato da un signore dell'adunanza circa l'utilità e la convenienza dei trattamenti antiperonosporicì pulverulenti a base di solfo e vitriolo rameico ridotti in polvere impalpabile ed intimamente mescolati fra loro, l'illustre conferenziere rispose, che questo metodo di cura consigliato da molti giornali agrari può essere l'ideale dei metodi, purché si adoperi zolfo al 3 % di solfato di rame e si abbia ad alternare la solforazione suddetta colle irrorazioni delle miscele cupreo-calciehe diluite nelle proporzioni da lui esposte1. Così pure, chiesto d'un suo consiglio sul da farsi per impedire la colatura 0 la trasformazione dei grappoli in viticci, qualora la prima decade del giugno avesse a correre umida ed in- 1 Dalle numerose esperienze fatte nel predio agrario della stazione sperimentale di Parenzo, nell'anno decorso, sotto la ■direzione del prof. Hngues, è risultato quasi nulla l'a/ione di dette polveri in tutta la gradazione di procenti ramici. E ciò sarà pubblicato in breve nella relazione sulla lotta contro la peronospora, dell' istituto provinciale. ' (Nota della Red.) fausta alla fecondazione dei fiori, spiegò fisiologicamente come la semplice mozzatura d' uno dei cirri accompagnanti il grappolo, 0 la svettatura delle femminelle ascellari e la graduale cimatura dei pampini fruttiferi, nonché una piccola ferita alla loro estremità determinino un pianto benefico per la vite per modo da evitare, che V uva fili in spareso, come dicono i capodistriani, od in altri termini si abbia a lamentare i danni provenienti dall' aborto dei grappoli. Tutte queste operazioni, le quali fatte gradatamente avanti la fioritura, mirano ad arrestare di qualche giorno la troppo rapida vegetazione erbacea della vite e quindi ad impedire, che i grappoli per l'influsso del tempo piovoso abbiano a trasformarsi in cirri, si possono facilmente eseguire senza che ci sia bisogno di ricorrere ad istrumenti 0 ad apposite macchinette (tenaglietta Kering), lo che esaurientemente trattò nel suo opuscolo intitolato : Difetti e rimedi della viticoltura. Il dotto abate, il quale da uomo pratico seppe tanto nella forma che nei concetti mantenere uno stile popolare, sì da esser compreso da tutti, avrebbe volentieri svolte molte altre questioni d' attualità, se 1' ora della sua partenza non si fosse avvicinata, senza che ce ne avvedessimo. L'egregio conferenziere scompose allora ed espe-rimentò alla presenza degli intervenuti una pompa irroratrice da lui inventata e che venne di già premiata con 10 medaglie nelle varie esposizioni agricole italiane ed estere. Di quest'apparato, che per solidità e perfezione non teme la concorrenza di nessun altro, egli diede ampia spiegazione facendo notare i vantaggi pratici, che se ne ritraggono specialmente in riguardo all'economia di tempo e di liquido, nonché alla finezza della polverizzazione dello spruzzo richiesto dalla scienza nelle aspersioni contro la peronospora. Pose quindi termine alla sua dotta e pratica conferenza, dichiarando, che egli sarebbe soddisfatto, se avesse potuto colle sue parole persuadere tutti della grande utilità del suo metodo di cura antiperonosporico, e concluse, augurando, che 1' adozione dello stesso abbia a preservare i nostri vigneti dal flagello della peronospora a vantaggio del commercio e anche dell' agricoltore, che ha tanto bisogno di ristorare le abbatute forze con un bicchiere di generoso refosco. Il pubblico, che numeroso assistette alla conferenza e che con solenne raccoglimento pendeva dal labbro dell' oratore, appena questi cessò il suo dire, diede segni di viva e schietta soddisfazione prorompendo in uno spontaneo e clamoroso applauso. L'ill.mo sig. Podestà in allora, faceudosi interprete dell' opinione e dei sentimenti di tutti gli astanti, indirizzò all' ottimo abate i più vivi ringraziamenti per avere cortesemente aderito all' invito e promise a nome dei presenti di difendere e di tutelare con tutta oculatezza le nostre viti, facendo tesoro di tutti quegli ammaestramenti, eh' egli benignamente si compiaceva di suggerire. Che questa conferenza non sia stata tenuta indarno,, ci è testimonio il fatto, che parecchi vignaiuoli nell'ab-baudonare la sala lamentavano, che quella buon'anima di prete non fosse venuto a Capodistria un anno prima, perchè, dicevano, le nostre botti oggi non sarebbero vuote.-