UDK 886.3.09:929 Trubar P. (450) LA VOCE DI TRUBAR E LA SUA ECO ALLE PORTE D'ITALIA Atilij Rakar A Lubiiana, centro culturarte delle regioni sitúate al confine orientale deü' Italia, un núcleo di aderenti alla Riforma s'era fatto notare già negli anni venti del sedicesimo secolo e fin dall'in¿zio del decermio seguente la causa della Riforma ebbe il sostegno di larghi strati della nobiltà e délia borghesia. Gli stati provinciali della Stiria, Carinzia e Carniola furono, come si sa, presto in grado di estorcere all'arciduca Cario la promessa della libertà religiosa che permise la piú larga diffusione delle idee protestanti ed il costituirsi di istituzioni atte a mantenere in vita e favorire uno sviluppo orgánico e rigoglioso della nuova chiesa che ebbe in Primož Trubar il suo fondatore e indefesso apostólo. Primož Trubar, chiamato »il Lutero della Carniola«, seppe promuovere anche una imponente attività pubblicistiica, che, a partiré dalla metà del Cinquecento in poi, era in grado di fornire alla nuova chiesa e alla scuola protestante an,che i testi necessari al loro funziona-mento. Ai protestanti sloveni non manca dal 1564 in poi neanche una Cerkov-na ordninga,1 che rappresenta lo statuto della nuova chiesa, per tacere dei titoli di manuali, destinati alla piú ¡larga diffusione, di traduzioni dallla Bibbia, di canti sacri e di testi destinati alla scuola, alla quale veniva dedicata parti-colare attenzione. Il mezzo principale della propagazione del verbo evangélico rimase tuttavia sempre lia predica. Non per nulla si ebbe in sloveno il termine »predikanit« riferito proprio ai diffusori del protestantesimo e caduto in disuso quando si spense la memoria delle controversie religiose a cui era associato. Sintomática si rivela la stessa frequenza di voci come »pridigar«, »pridiguje«, »pridigujoč« e altre che hanno da fare con la predica nel lessico trubarianO'. Ed è dai suoi scritti che meglio risulta l'alto concetto che Trubar ebbe della predicazione e la cura che vi portava. In veste di predicatore costretto all'esilio, anzi con una predica, si presenta Trubar già nel Catechis-mus del 155 02 che è la sua prima opera. Ma dove piú salta agli occhi l'abito del predicatore, cosí pronunaiato neü'immagine con cui il riformatore slove- 1 Quest opera di Trubar, edita a Tubinga nel 1564, riguarda nella seconda parte anche direttamente la predicazione. 2 L'autore, irriconoscible dallo pseudónimo Philopatridus Illiricus, riportato dal frontespizio del libro, si tradisce proprio con la nota che accompagna la predica e dice:: »E una predica spesso pronunciata da Primož Trubar...« Si veda l'antologia Slovenski protestantski pisci, curata da Mirko Rupel, II edizione, Ljubljana, 1966, p. 58. Di M. Rupel vanno indicati anche i saggi Reformacija e Proti-reformacija in barok in Zgodovina slovenskega slovstva, I, Ljubljana, 1956, pp. 185—325. 2» 19 no é passato nella storia, sono le lettere3 nelle quald l'infaticabile propagatore del nuovo verbo riferisce del proprio operato. E accanto alia disponibilitá di Trubar a predicare in ogni occasioms e la cura di assicurarsi ovunque »una chiesa dove poter pubblicamente predicare senza essere impedito«4 colpisce l'atíenzione anche la presenza di un pubblico entusiasta, capace magari di seguire il venerato predicatore da una chiesa, dove non gli é permesso di predicare, in altra sede, dove puó farlo. Per quanto riguarda l'atteggiamento dei cattolici nei confronti della predi-cazione nel periodo della Controriforma (gli inizi risalgono agM inizi della Rifor-ma stessa) bisogna partiré dalla premessa che questi non potevano non rea-gire alia sfida ded protestanti ricorrendo anche loro ali' »araia apostólica«. Né potevar.io ignorare la presenza dei testi di cui disponevano i predicatori protestanti, e non servirsene, dato che di proprii non ne avevano. Si spiega comunque l'attenzione del patriarca Barbaro per i libri protestanti che tro-vava un pó dovunque in Slovenia durante la sua visitazione compiuta nel 1593.5 E l'uso dei testi protestanti da parte dei cattolici poteva essere anche maggiore di queslio che sembrava supporre il visitatore, rasserenato dalla polvere che vi trovava sopra.6 Da un attento esame che delle glosse conser-vatesi nei manuali allora in uso fece il Kidrič7 risulta comunque che, salvo ecoezioni, traducendo dal latino i sacerdoti cattolici si servivano di versioni protestanti. A fare uso del ricco repertorio protestante é dunque anche la parte impegnata nella causa cattolica che non disponiendo di pubblicazioni proprie ricorre a quelle degli awersari. Perfino un manuale cosí indispensabi-le come gli Evangelia mu Lystuvi si lascierá attendere e non verrá alia luce che neil 1613. L'assenza di una traduzione cattolica della Bibbia renderá necessaria anche una toüeranza ufficiale della versione di Dalmatin: un fatto questo che di per sé dimostra i legami che continuano a intercorrere fra Timponente ereditá protestante e l'omiletica dei cattolici sloveni. Ma é nel rapporto coll'intensa attivitá dei protestanti che vanno visti soprattutto gli inizi della Controriforma. Riportati nel contesto storico, anche fenomeni che a prima vista sanno del paradossaie possono rivelarsi meno incredibili. Cosí si capisce la sorpresa del patriarca Barbaro ai vedere che i preti delle regioni visítate, per quanto lasciassero molto desiderare non solo i loro coistumi ma anche la loro istruzione, si dimostrassero ottimi predicatori,8 ma visto nell'acceso clima di un'intensa agitazione anche un 3 Le lettere di Trubar sono state raccolte e pubblicate da Theodor Elze (Primus Trubers Briefe, Tübingen 1897). 4 Cfr. Slovenski protestantski pisci, op. cit., p. 288. 5 Nella Relazione della visita apostolica in Carniola, Stiria e Carinzia fatta da Francesco Barbaro pratriarca eletto d'Aqueleja Vanno 1593 e presentata a papa Clemente VIII, Udine, 1862, si ripetono passi che denunciano la presenza di »libri proibiti« (p. 11), anzi di »una grandissima quantitá di libri eretici« (p. 27) con la spiegazione che »il commercio in quelle parti con gli eretici é assai ordinario« (P- 11). 6 II visitatore apostolico infatti riferisce che »si é trovata in molte case de'sacerdoti gran quantitá di libri eretici sepolti pero nella polvere, che ci ha dato indizio che non erano da loro studiati« (Relazione della visita apostolica, op. cit., p. 39.) 7 F. Kidrič, Doneski za zgodovino slovenskega lekcionarja in slovenske pridige Bogoslovni vestnik, III (Ljubljana, 1923), pp. 149—169. 8 »Sono li Sacerdoti di queste parti li piú ignoranti delle cose necessarie alia professione loro... Con tutto ció tutti predicano con tanta efficacia, che é uno stupore udirli...« (Relazione della visita apostolica, op. cit., p. 39. 20 fenomeno come questo si presenta meno paradossale di quanto poteva sembrare ad un osservatore estraneo che Ii guardava dal di fuori. La predicazione cattolica, spesso attaccata da Trubar, e in termini che non si limitano alla denuncia délia sua presenza, poteva presto gloriarsi anche di un nome destinato a passare nella memoria storica locale come »Cicerone délia Carniola« : è in questi termini che viene ricordato da Valvasor il predicatore del duomo di Lubiana Baltazar Radlič,9 vissuto dal 1533 al 1579, uomo di alta cultura, che non ha bisogno di ricorrere alie versioni protestanti quando ha da tradurre dal latino in sloveno. Ma in un'attività come l'omiletica non vanno visti solo i nomi che emergono: è l'istituzione stessa col suo funzionamento e con la sua portata a garantiré determinati effetti. Dice qualcosa anche un manuale come un Dizionario italiano e schiavo, edito a Udine nel 1607,10 nel quale non mancano le formule dell'inizio e della conclusione della predica in sloveno. Alio sviluppo della predicazione cattolica contribuiscono naturalmente in maniera sempre piú efficace anche le solllecitazioni del Concilio Tridentino che, come si sa, fin dal suo inizio, nella quinta sessione, celebrata il 17 giugno del 1546, aveva emanato un decreto di fondamentale imiportanza per la predicazione. Pariendo dalla premessa che »Christianae reipublicae non minus necessaria est praedicatio evangelii quam lectio«,11 il Concilio imponeva agli ecclesiastici che harjno la cura delle anime l'obbligo della predicazione tutte le domeniche e le feste soíenni, prevedendo immediati prowedimenti nei confronti di coloro che mancassero a questo dovere. L'applicazione dei decre-ti conciliari procedeva a stenti, eppure anche le relazioni per ailtro pessimiste dei prelati cattolici lasciano intravvedere qualche nota di sollievo quando toccano l'argomento della predicazione, come abbiamo visto. Significativa è soprattutto la sempre maggiore veemenza con cui Trubar inveisce contro i »preti« cattolioi incitando le autorità a cacciarli sostituendoli con predi-catori della »fede giusta«.12 La lotta per Al pulpito veniva inasprendosi sempre piú. Dalle vicendevoli deniunce si puo desumere anche la sempre maggiore preoccupazione con cui negli anni sessanta le due parti seguono ogni mossa dell'awersario. Cosí un'immagine dall'attività che Primož Trubar svolge nella metà degli anni sessanta raggiungendo anche il Goriziano la si puo meglio dedurre dalle contemporanee denunce dei cattolici preoccupati anche dal diffondersi dell'eresia alie porte dell'Italia. II patriarca Giovanni Grimani in una lettera del 20 gennaio del 1565 all'arciduca Cario si lamentava di avere informazioni precise del suo vicario che a Gorizia »Primosio... si arrogó il diritto apo-sto-lico di predicare e cominiciö man mano a vomitare a Gorizia il pessimo veleno di eresie«.13 Che l'informazione giunta al patriarca rispondeva al vero 5 Cfr. J. W. Valvasor, Die Ehre des Hertzogthums Crain, Laybach, 1689, II Theil, VIII Buch, p. 666. Anche il suo epitaffio dice che Radlič era »Slavice dicendi Peritissimus« (Cit. da I. Orožen, Das Bisthum und die Diözese Lavant, II. Thedl/2. Marburg, 1877, p. 22). La raccolta manoscritta delle prediche di Radlič (scritte in latino, con una pericope slovena) si conserva nella biblioteca nazionale slovena di Lubiana (Slovenska narodna in univerzitetna knjižnica, Ms. 76). 10 Fra Gregorio Alasia da Sommaripa, Vocabolario Italiano e Schiavo, Udine, 1607. 11 Cánones et decreta sacrosancti oecumenici Concilii Tridentini, Ratisbonae, 1888, p. 21. 12 Slovenski protestantski pisci, op. cit., p. 174. 13 P. Paschini, Eresia e riforma cattolica al confine orientale d'Italia, Roma, 1951, p. 47. 21 lo prova ¡'epistolario di Trubar stesso, dailile cui lettere scritte al conté Giorgio della Torre ed al barone Hans Ungnad14 sappiamo che si era in effetti recato per quindici giorni a Gorizia e che vi aveva predicato in tedesco, sloveno e italiano. Per quanto riguarda la predicazione protestante nel Goriziano, che »é in diretto collegamento con quella che si svolgeva nella Carniola«, come osserva il Paschini,15 n/o-n é accusato solo Trubar, »quel nefando dissemina-tore di veleno e distruttore della pace pubblica«,16 come lo definisce il mandato di cattura; nel germaio dello stesso anno il nunzio di Venezia informava Roma che »a Gorizia, térra dell'imperatore, ma diócesi di Aquileia sono capitati alcuni predicanti eretici«.17 Coime prototipo del predicatore protestante, la cui comparsa non poteva non venir registrata, resta tuttavia il nostro Primosio, che qui a Gorizia poi non si limitó a predicare in síloveno e in tedesco ma predicó anche in italiano, lingua in cui il discepolo> e famiigliare di Bonomo era in grado di esprimersi coni la stessa efficacia. »La propaganda fatta nella ¡lingua del popolo dal Trubar non poteva non destare preoccupazione nelle persone avezze a considerare seriamente i fatti«, scrive il Paschini18 ricordando come in una lettera scritta da Vienna nel 1564 il nunzio Delfino faceva presente al cardinaile Borromeo' il caso della Francia che aveva resistito al'eresia finché questa veniva divulgata in lingua straniera, la resistenza incominciava pero a cedere, nel momento in cui da Ginevra era incominciata a divulgarsi in francese. Della portata che poteva avere la predicazione nella lingua del popolo si awidero per primi gli stessi propagatori delila Riforma: Pier Paolo Vergerio non awertiva solo »che, per smascherare ed abbattere la superstizione sia necessario innanzi tutto che noi predichiamo«,19 ma in ogni occasione che gli si offriva insisteva sulla necessitá di farsi intendere anche dall popolo, anche da »quegli che ancora deboli et rozzi sono«,20 come scrisse nella prefazione ad un libro edito a Ginevra nel 1550, lo stesso anno della pubblicazione del primo libro di Trubar. É a questa convinzione che si collega non soltanto il particolare affetto che ¡'¡Ilustre umanista nutriva per la lingua italiana che chiamava »'imperatrice dele litigue«,21 ma anche ramorosa cura dimostrata per la lingua degli slovend, a favore della quale l'ex vescovo di Capodistria, come giá Bonomo, che era in grado anche di parlarla, si impegnó per farla progre-dire appoggiando l'opera di Trubar in una fase decisiva per la nascita del libro sloveno. Ad una zona di confine come la nostra, aperta alia marea ormad dilagante dell'eresia che minacciava di espandersi anche in Italia, si dedicava particolare attenzioné anche a Roma. Neli'elogio che Gregorio XIII fa nell'aprile del 1574 del candidato che propone alia cattedra vescovile di Trieste, ¡lodando 14 Nella lettera a Hans Ungnad del 9 dicembre 1563 Trubar dice anche da chi ha ricevuto l'invito e dove ha predicato. Scrive di essersi fermato anche a Sveti Križ dove era accorsa tutta la popolazione della Valle di Vipacco per ascoltarlo ed esprime il progetto di pubblicare in tutte tre le lingue (in sloveno, in italiano e in tedesco) la predica qui tenuta che piacque perfino ai sacerdoti. 15 Eresia e riforma cattolica al confine orientale d'Itàlia, op. cit., p. 47. " Ibidem. 17 Ivi, p. 48. 18 Ivi, p. 50. " Cit. da E. Comba, I nostri protestanti, II, Firenze, 1897, p. 458. 20 Ivi, p. 459. 21 Ivi, p. 458. 22 la sua dottrina fa presente all'arciduca Carlo che se questa »è desiderabile in ogni vescovo è necessara nel vescovo di quela chiesa.. .«.22 Ma il diplomatico Delfino aveva awertito anche l'importanza che aveva per l'Itallia il retroterra di Trieste: nella gdà menzionata lettera aveva fatto presente alla curia di Roma che »Quasi tutti i ferri che usa il regno di Napoli vengono di Stiria e Carinthia, e quei legni che portano nel Regno, riportanto indietro olio; perciô ha con Trieste il Regno Commercio notabile«.23 Seppure negli ultimi decenni del Cinquecento sempre piú contras tato, e in qualche zona, corne nel Goriziano, anche con successo, oltre il confine nord-orientale daU'Italia il protestantesimo non dava segni di llasciarsi inti-midire neaniche quando la condotta dell'arciduca Carlo veniva dimostrandosi sempre piú minacciosa nei suoi confrontó. Dalla relazione che il patriarca Barbaro presento a Clemente VIII sulla Visita apostólica in Carniola, Stiria e Carinzia fatta nel 1593 la posizione dei cattolici in queste terre risulta tutt'altro che incoraggiante: »Nella Carniola tutti li Nobili sono eretici, de'cittadini pochi sono Cattolici«,24 qui solo li contactai, »restaño tutti fermi nella S. Fede... nella Carintia li Nobili e li cittadini con la maggior parte de'contadini sono eretici«,25 deplorevole poi lo stato delle istituzioni su cui basava la difesa délia causa cattolica. Senza l'intervento del) potere político in queste regioni il fronte cattolico difficilmente avrebbe resistito allia pressione dele forze protestanti. A decidere nello scontro fra le due chiese fu anche qui il principe. Come noto, appena le condizioni lo permisero gli Asburgo non tardarono a dare il loro pienp appoggio alla parte cattolica, dalla qualle si promettevano un sostegno nel consolidamento del potere assoluto. Con l'ascesa al potere dell'arciduca Ferdinando e la messa in atto di provvedimenti ben piú radi-cali di quelli che avevano osato promuovere i suci predecessori, l'esito del conflitto fra le due parti si delineava chiaro. Alla fine del tormentato secolo la rivincdta dell'ortodossia nelle terre degli Asburgo poteva dirsi awiata alla conolusione. Dato il peso che nallo scotntro fra le due chiese fínisce per avere l'intervento del potere politico, tutte le forme di impegno non riducibili all'azione repressiva potrebbero sembrare di poca o nessuna importanza, di poca importanza anche la predica su cui tanto si contava da ambo le parti. Eppure un ragionamento del genere si rivelerebbe presto come una sempli-ficazione inutile, incapace di comprendere un processo storico come quello definitoai nella lotta fra la Riforma e la Controriforma. Per quanto di per sé decisivo, l'intervento del braccio secolare procedeva in funzione di un progetto che non poteva essere portato a termine senza una paziente e duratura opera di educazione in cui dovevano impegnarsi tutte le istituzioni in grado di esercitarla. Per quanto riguarda l'importanjza attribuita alia predicazione da parte dei promotori deH'mtervento destinato ad essere decisivo, è significativo lo stesso piano di questo intervento e la sua messo in atto. Nel memorándum presen tato all'arciduca Ferdinando nel 1598 dal vescovo Stabaeus viene pro- 22 P. Paschini, Eresia e riforma cattolica al confine orientale d'Italia, op. cit., p. 30. 23 Ivi, p. 50. 2* Relazione della visita apostólica, op. cit., p. 35. 25 Ibidem. 23 posto come primo prowedimento da prendere in considerazione l'espulsione immediata dei predicatori protestanti. E quando nallio stesso anno 1'arciduca passa all'azione i primi ad essere colpiti saranno in effetti i predicatori eterodossi che dovranno abbandonare definitivamente il paese per essere poi, coll'aiuto dall'imperatore, allontanati perfino dale regioni confinanti con la Innerôsterreich e costretti a rompere anche gli ultimi contatti che in una zona di confine riuscivano ancora a manternere von ¡il paese lasciato. II procedere delle commission! di ricatolizzazionie aveva da offrire poi s cene forse piú spettacolari, ma l'allontanamento dei predicatori che conti-nuavano l'opéra di Trabar, il quale aveva portato il verbo della Riforma fino alie porte d'Italia,26 segnava di per sé l'inizio deül'estinzione del protestan-tesimo sloveno 26 Cfr. P. Paschini, Eresia e riforma cattolica al confine orientale d'Italia, op. cit., e il bel saggio di S. Cavazza, Primož Trubar e le origini del luteranesimo nella Contea di Gorizia (1563—1565), Studi Goriziani, volume LXI (1985), pp. 7—25. Un'esauriente mformazione bibliográfica su questo argomento offre poi B. Marušič, Še o Primožu Trubarju ter o reformaciji na Goriškem, Primorska srečanja, avgust 1986, številka 63, leto X., pp. 301—302. 24