Tommaso Rues: contributo al catalogo MAICHOL CLEMENTE Tra gli «Autori i piu cospicui dei nostri tempi»,1 secondo la definizione che Domenico Martinelli diede, nel 1705, delle personalita impegnate nella realizzazio-ne delle statue della balaustra della Porta di Terra dell'Arsenale di Venezia, va annoverato, come e stato recentemente reso noto,2 anche il tedesco Tommaso Rues (1639 ca - 1703).3 Cresciuto tra il 1650 e il 1658 nella bottega di Giovanni Hach,4 intagliatore e scultore di Bamberga, Tommaso sara impegnato dal setti-mo decennio del Seicento in prestigiose commissioni pubbliche e, soprattutto, nella esecuzione degli apparati plastici di alcune importanti chiese veneziane. Suoi, ad esempio, sono il San Pietro, il San Giovanni Evangelista, la Santa Giulia-na e il San Paolo collocati sull'altare maggiore di San Pantalon, come gli Angeli dell'Ospedaletto, le Virtu Teologali nella cappella di San Giovanni della Croce degli Scalzi, o il San Marco e il San Francesco d'Assisi sulla facciata della chiesa del Redentore alla Giudecca, dove si conservano anche due rilievi, documentati A Juliet Carey e Rachel Jacobs il mio piu sentito ringraziamento per il generoso aiuto e per la disponibilita dimostrata durante la mia visita a Waddesdon Manor. Desidero inoltre qui ricordare Mlle Anne-Sophie Blanchet, Monica De Vincenti, Claudia Favaron, Simone Guerriero, Donald Johnston, Ilenia Maschietto, Mme Anne-Marie Monin, Lorenzo Principi, Denis Ton. 1 Domenico Martinelli, Il Ritratto overo le cose piu notabili di Venezia, Venezia 1705, pp. 676-677. 2 Cf. Damir Tulic, Tra Allegoria e Sacro: nuove proposte per Tommaso Rues, scultore in legno e marmo in Dalmazia e a Venezia, Arte Documento, 26, 2010, pp. 220-221, fig. 1 (p. 216). Qui lo studioso, oltre ad attribuire giustamente alla mano dell'artista le allegorie della Vigilanza e dell'Abbondanza sulla balaustra della Porta di Terra dell'Arsenale veneziano, presenta nuove e interessanti aggiunte all'elenco delle sue realizzazioni. 3 Un contributo (con bibliografia precedente) approfondito e aggiornato sullo scultore, il catalogo delle sue opere e una proposta intorno alla loro datazione si deve a Paola Rossi, Per un profilo di Tommaso Rues, La scultura veneta del Seicento e del Settecento. Nuovi Studi (ed. Giuseppe Pava-nello), Venezia 2002, pp. 3-33. 4 Cf. Susanna Zanuso, Giovanni Hach, La scultura a Venezia da Sansovino a Canova (ed. Andrea Bacchi), Milano 2000, p. 687. al 1682, raffiguranti Crista e la Veronica e la Deposizione.5 Inoltre, come attesta-to sia dalle fonti che dalla critica, lo scultore ando fornendo una serie di statue per la longheniana basilica di Santa Maria della Salute, tra cui i Quattro Evangelisti, posti ai lati dell'ingresso principale, alcune figure di eroine bibliche e uno stuolo di Angeli a coronamento del timpano.6 Con tale partecipazione a quello che va considerato il cantiere piu prestigioso della Venezia del XVII secolo, che vide all'opera il grande architetto Baldassare Longhena, Rues ebbe l'opportuni-ta di lavorare anche al fianco del campione della scultura barocca veneziana, il fiammingo Giusto Le Court. Molto si e congetturato sull'influenza che quest'ultima personalita ebbe sull'ar-te di Rues, ma cio che appare certo, soprattutto soffermandosi sui lavori di sicura autografia del suo catalogo ancora scarno, e che lo scultore rimase sostanzialmente fedele nella fasi della sua carriera - per dirla con Nicola Ivanoff - a «un [linguaggio] barocco tipicamente tedesco», caratterizzato da «tormentate minuzie descrittive piuttosto addicenti a un lavoro in legno»,7 e che raramente raggiunse quel dettato fluido, magniloquente e sensuale riconoscibile proprio nelle creazioni di Le Court e di alcuni dei suoi migliori seguaci. Questa particolarita stilistica di Rues, retaggio della sua formazione al fianco di Hach, non impedi comunque alle sue sculture di essere apprezzate dalla com-mittenza e dal collezionismo privato dell'epoca,8 riuscendo a varcare addirittura i confini della Dominante. Una testimonianza in tal senso giunge dall'abate Giovanni Parenti, residente estense a Venezia, che in una missiva del 1679 diretta al duca Francesco II d'Este, dopo aver citato, tra gli altri, Giusto Le Court, «Michele Un-garo» e Orazio Marinali, annoto la presenza nella Serenissima anche di «Tomaso Ruer tedesco, il quale lavora assai delicatamente», non mancando di sottolineare 5 Cf. Gastone Vio, Precisazioni sull'altare maggiore nella chiesa del Redentore a Venezia e su Tom-maso Rues (e un cenno sul Marengo), Arte Veneta, XXXIX, 1985, pp. 204-208. 6 Vedi Rossi 2002, cit. n. 3. 7 Nicola IvANOFF, Monsu Giusto ed altri collaboratori del Longhena, Arte Veneta, II, 1948, p. 116. 8 Vale la pena ricordare che a Rues vennero commissionate anche sculture da giardino, come quelle ora collocate nel parco di villa Pavan a Sant'Artemio (Treviso) e rese note da Simone Guerriero, in: Per un Atlante della statuaria veneta da giardino (edd. Monica De Vincenti, Simone Guerriero), Arte Veneta, 63, 2006, pp. 270-272. Colgo l'occasione per segnalare anche altre due sculture che ritengo possano ascriversi con certezza al tedesco: si tratta dell'Apollo e del Marte sistemati nel parco di villa Ticozzi-De Concina (San Daniele del Friuli) e pubblicate da Paolo Goi, La scultura del Set-tecento a San Daniele del Friuli, La scultura veneta... 2002, cit. n. 3, p. 318, figg. 5-6, quali opere di anonimo scultore veneto del XVII secolo. A conferma della paternita a Tommaso di queste statue, basti confrontare la prima con I'Apollo nel giardino della sopracitata villa Pavan, e il viso della se-conda con quello del San Marco realizzato da Rues per la facciata del Redentore a Venezia. che scolpi per «molti principi in Germania, particolarmente il duca di Sassonia et il principe di Ratruil».9 Notizia, questa, che si affianca a quella altrettanto importan-te riguardante i vari "effetti di bottega" ancora presenti nel laboratorio dell'artista alla data della sua morte, nel 1703. Tra essi, come informa l'atto notarile del 1704 pubblicato da Paola Rossi, compaiono «un gruppo con Adone e Venere, [... ] un al-tro con Ercole e Anteo, [...] un piccolo busto di Venere e [...] una Venere seduta con Cupido».10 Un elenco di opere, insomma, che «apre uno spiraglio su un tipo di pro-duzione, di soggetto profano, finora non altrimenti nota, che lascia almeno intuire una fisionomia artistica piu versatile di quella offerta dalle opere ascrittegli».11 Ed e proprio con l'intento di chiarire questa specifica attivita creativa di Rues, che si presenta in questa occasione una serie di marmi inediti a «soggetto profano», creati con ogni probabilita per il mercato ed il collezionismo privato di "scolture moderne"12 tardo-seicentesco, e che sono, come si vedra, stilisticamente ascrivibili al suo catalogo. In quel complesso suggestivo che e Waddesdon Manor (Buckinghamshire), sono custodite, tra le altre, due piccole sculture in marmo bianco, splendida-mente conservate e raffiguranti Minerva (fig. 1) e Diana (fig. 2).13 Della coppia di busti, che sappiamo essere stati acquistati dal barone Ferdinan de Rothschild, si ignora ogni notizia riguardo la loro originaria provenienza, dato che gran parte dell'archivio del nobile e di sua sorella Alice ando irrimediabilmente perduto nel corso del Novecento.14 Di poco aiuto, inoltre, si dimostra il catalogo delle sculture della collezione pubblicato negli anni Settanta del secolo scorso a cura di 9 Cf. Lidia Righi Guerzoni, La scultura a Modena nel Seicento: collezionismo e commissioni ducali, Lo Stato di Modena: una capitale, una dinastia, una civiltä nella storia d'Europa, atti del convegno (Modena, 25-28 marzo 1998, edd. Angelo Spaggiari, Giuseppe Trenti), I, Modena 2001, p. 339. 10 Rossi 2002, cit. n. 3, p. 13. Quella da me citata e la parafrasi delle opere fatta dalla studiosa nel testo; alla nota 40, stessa pagina, si trova invece l'intera trascrizione del relativo documento archi-vistico. 11 Rossi 2002, cit. n. 3, p. 13. 12 Per quanto riguarda la storia di tale fenomeno a Venezia vedi Simone Guerriero, Le alterne fortune dei marmi: busti, teste di carattere e altre "scolture moderne" nelle collezioni veneziane tra Sei e Settecento, La scultura veneta 2002, cit. n. 3, pp. 73-150; Idem, Il collezionismo di sculture moderne, Il collezionismo d'arte a Venezia. Il Seicento (edd. Linda Borean e Stefania Mason), Venezia 2007, pp. 43-62. 13 Sulle due sculture cf. Terence Hodgkinson, The James A. de Rothschild Collection at Waddesdon Manor. Sculpture, London 1970, pp. 52-55, catt. 18, 19. Per un breve resoconto della storia di Waddesdon Manor si veda Michael Hall, Waddesdon Manor: the Heritage of a Rothschild House, New York 2002. 14 Cf. Hodgkinson 1970, cit. n. 13, p. 9. 1. Tommaso Rues, Minerva. Waddesdon, Waddesdon Manor, The Rothschild Collection (Rothschild Family Trust) 2. Tommaso Rues, Diana. Waddesdon, Waddesdon Manor, The Rothschild Collection (Rothschild Family Trust) 3. Tommaso Rues, Speranza, particolare. Venezia, chiesa degli Scalzi, cappella di San Giovanni della Croce Terence Hodgkinson: qui i due marmi sono riferiti dubitativamente ad anonimo scultore italiano del XVIII secolo.15 Ci si dovra quindi affidare a una puntuale analisi stilistica delle opere, che gia ad un primo sguardo appaiono concepite in pendant, come dimostra sia la stretta corrispondenza delle dimensioni,16 sia la presenza di una base dall'identico moti-vo a conchiglia incastonata tra due volute compresse e rovesciate. Al di la delle canoniche differenze iconografiche - l'elmo piumato e la cotta di maglia metallica, per la dea guerriera; un prezioso gioiello con la falce lu-nare, per quella della caccia - Minerva e Diana esibiscono da un lato lo stesso volto idealizzato, deterso da qualsiasi caratterizzazione espressiva, e dall'altro, sul piano esecutivo, una medesima elegante essenzialita - non priva pero di una certa durezza - nella descrizione dei panneggi, della capigliatura e dei particola- 15 Cf. n. 12. 16 II busto di Minerva (tenendo conto dell'elmo piumato) misura 72,4 cm di altezza; quello di Diana, invece, 62,2 cm. 4. Tommaso Rues, Carita, particolare. Venezia, chiesa degli Scalzi, cappella di San Giovanni della Croce ri fisionomici. In entrambe le sculture, verrebbe da affermare, si coglie il proce-dere di uno scalpello affatto diligente, tendente piu a una traduzione idealistica del dato naturale che a una sua oggettiva e sensibile trasposizione scultorea, e il quale non riuncia a determinare, attraverso un gioco di incavi netti, intricati ef-fetti chiaroscurali. Considerazioni ed elementi, questi, che portano a collocare proprio all'interno del corpus di Tommaso Rues i due busti della collezione Rothschild. A conferma della paternita di Rues basti un primo confronto di Minerva e Diana con le Virtu Teologali della chiesa degli Scalzi a Venezia, realizzate con certezza dall'artista nel nono decennio del XVII secolo.17 Eclatante e immediata appare la serrata corrispondenza tipologica che intercorre tra il volto della Speranza (fig. 3) e della Carita (fig. 4) e le opere qui attribuite: stessa delicatezza dei profili, simile 17 Cf. Giorgio FossALUZZA, Ambientarsi a Venezia: tracce di Lodovico Antonio David da Lugano, IDavid: due pittori tra Sei e Settecento (Lugano, Milano, Venezia, Parma e Roma) (edd. Andrea Spi-riti, Simona Capelli), Milano 2004, pp. 52-53, n. 61. 5. Tommaso Rues, Diana, particolare. Waddesdon, Waddesdon Manor, The Rothschild Collection (Rothschild Family Trust) taglio degli occhi e precisa corrispondenza nei tratti delle labbra. Identica, altre-si, e l'attenzione tenuta nell'evidenziare le ciocche dei capelli, il loro ricadere sulle spalle, e la presenza, tra la Speranza e Diana (fig. 5), di un identico gioiello che im-preziosisce, ripartendole, le rispettive acconciature. Un altro appoggio, infine, si puo trovare accostando quest'ultima scultura sia con l'allegoria dell'Abbondanza (fig. 6) (collocata su uno dei pilastri del recinto della Porta di Terra dell'Arsenale) che con la Caritä (fig. 7) (1693) ora sistemata, insieme alla Fede e alle altre statue gia nella cappella del Rosario della chiesa di San Domenico a Brescia, all'interno del Brompton Oratory di Londra.18 Peculiare al fare di Rues, poi, si dimostra anche il modo in cui i panneggi dei due busti Waddesdon sono definiti. Questi, infatti, si connotano per quella tipi-ca fermezza nitida, per quella certa asprezza plastica (che va gia stemperandosi in Diana) in cui il gioco di luci e di ombre, di pieni e di vuoti, pare essere scaturito 18 Cf. Andrea Bacchi, Tommaso Rues, La scultura a Venezia 2000, cit. n. 4, pp. 780-781. 6. Tommaso Rues, Abbondanza, particolare. Venezia, Porta di Terra dell'Arsenale - si direbbe - piu da un lavoro di sgorbia che di scalpello, chiaro ricordo della sua giovanile formazione nella bottega di un intagliatore. A tal proposito, un utile raf-fronto esemplificativo e quello tra il manto di Minerva, annodato con decisione sul seno destro, e il modularsi variato della veste di uno degli Angeli (fig. 8) della chiesa dell'Ospedaletto a Venezia. Tenendo ora nell'opportuno conto questa prima segnalazione, risultera oltre modo piu agevole da qui innanzi far confluire nel catalogo di Rues una serie di mar-mi attribuiti in passato ad altri autori19 oppure relegati a tutt'oggi nell'anonimato. 19 Riguardo a cio, sembra infatti plausibile poter ascrivere alla mano di Tommaso Rues anche tre opere ricondotte, non senza motivo, a Bernardo Falconi da Massimo De Grassi, Sculture venete del Sei e Settecento: i busti gia al Castello di Duino e il monumento Colloredo, AFAT- Arte in Friuli Arte a Trieste, 18-19, 1999, pp. 115-134, figg. 8-9, 11. Si tratta dei busti raffiguranti Venere e Marte un tempo nella collezione della Torre e Tasso a Duino, venduti all'asta nel giugno del 1997 (Castello di Duino. Asta degli arredi del castello, Galleria Stadion, Trieste, 11-14 giungo 1997, lot. 213) insieme anche a tre lavori attribuiti dallo studioso a Enrico Merengo, e del Busto virile collo-cato in una nicchia esterna di palazzo Giusti a Venezia. Non nascondendo l'effettiva vicinanza tra la rappresentazione di Marte e il Mercurio firmato da Bernardo Falconi (gia Christie's, London, 20 November 1995, lot. 1104), bisognera pero tenere in giusto conto quelle «difformita» gia individuate proprio da De Grassi, il quale riconosceva all'esemplare eseguito con certezza da Falconi «un grado di finitura superiore e [un] maggior naturalismo, che si estrinseca soprattutto con un generale ammorbidimento delle superfici» (De Grassi 1999, cit. n. 19, p. 125), rispetto all'opera da lui individuata. Ed e confrontando questa con gli Angeli dell'Ospedaletto a Venezia (nello spe-cifico con la statua in cornu Evangeli), che si ritrovano delle forti consonanze: si veda il modo di scolpire, definendoli, i panneggi come quello di rendere la capigliatura, descrivendola attraverso 7. Tommaso Rues, Carita, particolare. Londra, Brompton Oratory Mi riferisco, a tal proposito, ad una coppia di bustini (figg. 9-10) transitati sul mercato antiquario londinese nel 2010 quali lavori di un non precisato seguace di Le Court.20 Dai soggetti difficilmente identificabili, vista l'assenza di specifici attri-buti iconografici, le due figure muliebri21 vanno riconosciute alla mano di Tommaso Rues, come dimostrano le forti consonanze tipologiche e stilistiche riscontrabili tanto con Diana e Minerva, quanto con la serie di sculture autografe gia citate. Se entrambe le opere presentano una simile acconciatura riccamente decorata e uno dei due seni generosamente offerto allo sguardo, una differenza sostanziale si nota nella foggia degli abiti: dove una porta una semplice tunica all'antica, l'altra mo-stra una veste caratterizzata da un complicato incresparsi del bordo, che si apre a ciocche ben distinte e piu arrovellate rispetto a quelle elaborate da Falconi. Anche in questo caso non manca la forte similitudine - che come si e visto diventa un fondamentale termine di parago-ne - tra i rispettivi lineamenti del volto. E sono proprio questi ultimi, tra l'altro, che mi inducono a riconoscere in Rues l'artefice anche della Venere sopra ricordata, che puo a buon titolo annove-rarsi tra i busti femminili meglio riusciti del nostro scultore, e del veneziano Busto virile. 20 500 Years: Decoratives Arts Europe, Christie's, London, 8 July 2010, lot 109. 21 Rispettivamente 49,6 cm e 50,7 cm di altezza. 8. Tommaso Rues, Angelo. Venezia, chiesa di Santa Maria dei Derelitti detta l'Ospedaletto 9. Tommaso Rues, Busto femminile. Gia Londra, Christie's 10. Tommaso Rues, Busto femminile. Gia Londra, Christie's 11. Tommaso Rues, Minerva. Collezione private 12. Tommaso Rues, Purita. Collezione privata 13. Scultore del XVIII secolo da Tommaso Rues, Minerva. Gia Parigi, Sotheby's (vedi nota 24) 14. Tommaso Rues, Puritä, prima della pulitura. Collezione privata mo' di ventaglio sotto il seno destro, enfatizzandone la nudita. Effetto, questo, che si ritrova assai simile sia nella personificazione dell'Abbondanza dell'Arsenale di Venezia che nella Carita del Brompton Oratory di Londra. Di tutt'altro interesse risultano invece altri due busti raffiguranti Minerva22 (fig. 11) e la cosiddetta Flora23 (fig. 12), presentati sul mercato antiquario parigino come opere francesi del XVIII secolo. Questi due marmi, infatti, spiccano per le maggiori dimensioni rispetto alle sculture fin qui esaminate, per la riproposizio-ne di schemi compositivi come di specifiche iconografie, e per un certo addolcirsi dello scalpello nella definizione della capigliatura e di alcuni dettagli del viso. La prima, Minerva, si impone immediatamente quale versione in grande della scultu-ra dallo stesso soggetto conservata nella collezione Rothschild a Waddesdon Manor.24 La seconda, anch'essa scaturita dallo scalpello di Rues, si relaziona dal pun-to di vista compositivo, dato che veste abiti assai simili, con una delle due figure muliebri discusse poco sopra.25 Considerata erroneamente un ritratto di Flora, e 22 120 cm di altezza. 23 70 cm di altezza. 24 Assai curioso rilevare l'esistenza di una copia della Minerva inglese. Passata da Sotheby's nel 2009 quale opera veneziana degli inizi del XVIII secolo (cf. Important French Furniture and Sculpture, Sotheby's, Paris, 28 April 2009, lot. 8), la statua (h. 50 cm, fig. 13), la cui realizzazione puo aggi-rarsi effettivamente entro quel secolo, deriva con evidenza dal busto del maestro tedesco reso noto in questa sede, anche se presenta piccole varianti, come, ad esempio, il modo di descrivere la pupil-la mediante l'uso del trapano. Sara piu corretto, quindi, da qui in avanti riconoscerla quale copia da Tommaso Rues del XVIII secolo. 25 Vedi figura 10. 15. Giusto Le Court, Sibilla. Stra, Museo Nazionale di Villa Pisani invece probabilmente la personificazione della Purita, come indicano le palme che ne decorano il capo, uno dei canonici attributi riferibili a questa allegoria.26 Assai difficile, allo stato attuale dei materiali raccolti, poter indicare con sicurezza qua-le la destinazione originaria di tali sculture, ma possiamo supporre che per molti anni esse furono collocate all'esterno, come dimostra un documento fotografico che illustra uno dei busti chiazzato di muschio (fig. 14), quindi prima della puli-tura a cui entrambi sono stati sottoposti e che ne ha compromesso sensibilmente l'epidermide marmorea. A conclusione di questa breve messa a fuoco sull'inedita produzione di Tom-maso Rues di brani destinati a soddisfare le esigenti richieste del collezionismo di sculture moderne, e opportuno porre nuovamente l'attenzione, sottolineare piu marcatamente, l'effettivo debito dello scultore tedesco nei confronti di Giusto Le Court. Un debito che non pertiene, come considerato dai piu, l'ambito dello stile -ossia quello che vedrebbe Rues stretto seguace del dettato lecourtiano alla stre-gua di un Enrico Merengo o di un Paolo Callalo -, bensi un debito nei confronti di alcune soluzioni compositive scaturite dallo scalpello del maestro fiammingo, che, e essenziale ricordarlo, fu il piu apprezzato e noto scultore nella Venezia della seconda meta del Seicento. Tra le opere che danno conto di questo soffermarsi di 26 Per tale soggetto si rinvia alla voce Puritä in Norma Cecchini, Dizionario sinottico di iconolo-gia, Bologna 1982, p. 159. Tommaso su talune invenzioni lecourtiane, si puo richiamare l'attenzione su due dei brani qui pubblicati: un Busto femminile (fig. 10) e la Purita (fig. 12). I marmi, fortemente connessi tra di loro, si impongono emblematicamente quali interpre-tazioni di una delle Sibille (fig. 15) realizzate da Le Court sul finire del sesto de-cennio del Seicento e conservate, insieme agli altri suoi busti raffiguranti le Divi-nita dell'Olimpo, Vitellio e l'allegoria del Riso, nel Museo Nazionale di Villa Pisani a Stra.27 Superba nella sua altera bellezza, florida nelle sue forme, la Sibilla di Le Court fu per Rues, come la Musa per il poeta, termine ispiratore tra i piu stimolanti, che egli seppe interpretare con quell'originalita di linguaggio che lo rese realmente uno degli scultori i piu cospicui28 del Barocco veneziano. Referenze fotografiche: Eost & Macdonald © The National Trust, Waddesdon Manor (1-2); Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Istituto di Storia dell'Arte, Fototeca (3-4, 8, 15); © Christie's Images (9-10); Parigi, Mme A-M. Monin (11-12); © Sotheby's Images (13). 27 Riguardo a questo e agli altri busti a Stra vedi Simone Guerriero, "Di tua Virtu che infonde spirito a i sassi". Per la prima attivita veneziana di Giusto Le Court, Arte Veneta, 55, 1999, pp. 49-72; Idem, Orazio Marinali e la scultura veneta fra Sei e Settecento (edd. Monica De Vincenti, Simone Guerriero, Fernando Rigon), Cittadella 2002, cat. 21 a-b, pp. 68-70. 28 Martinelli 1705, cit. n. 1, pp. 676-677. Prispevek k opusu kiparja Tommasa Ruesa POVZETEK V članku so predstavljena nekatera še neobjavljena doprsja kiparja Tommasa Ruesa (o. 1639-1703). Ta, v Benetkah sicer pogost tip kiparske produkcije, je bil v Ruesovem opusu do sedaj neznan, čeprav smo iz nekega notarskega zapisa iz leta 1704 vedeli, da se je Rues poskusil tudi v njem. S pomočjo primerjav z dokumentiranimi in zanesljivimi deli je pisec Ruesu pripisal doprsja Minerve in Diane v zbirki Rothschild v Waddesdon Manor in štiri doprsja, ki so se pojavila na umetnostnem trgu v Londonu in Parizu. Članek tako predstavlja izhodišče za nadaljnje študije Ruesove tovrstne produkcije. [Clemente 9] Tommaso Rues, Busto femminile. Gia Londra, Christie's [Clemente 11] Tommaso Rues, Minerva. Collezione privata [Clemente 12] Tommaso Rues, Purita. Collezione privata