Anno Vili. Capodistria, Aprile-Maggio 1910 N. 4-5 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE ~~............"" ....................... (£ Agostino Giovanni Carli=Rubbi^ b) Seri t ti di da t a incerta. 1. Saggio di ricerche sopra la genealogia della famiglia Carli. Mns. di pagg. 87 in foglio. II Mns. e senza data, ma sappiamo che a tali ricerche Agostino intendeva gia da giovane e che fu letto anche dal padre che mori 1'anno 1795. Due lettere dirette da Agostino al Gravisi, che conservansi nel medesimo Mns., portano la data del 1793; si puo quindi arguire che il Saggio fu terminato circa in quel torno o poco prima. II fascicolo porta un inclice contenente i titoli dei suoi sette capitoli e delle due lettere al Gravisi; in carte staccate ci sono parecchi alberi genealogici, che si riferiseono al lavoro. Dalla lettura del Mns. rile vasi che Andrea Carli e lo sti-pite del ramo Carli di Capodistria; che il cognome Carli, de-rivato dal patronimico Carlo, e nome divenuto illustre dopo il ristabilimento deli' lmpero d' occidente, e che questo fu dato per venerazione e buon augurio a molti sudditi del vastissimo impero. Aggiunge poi il compilatore del Saggio che nei secoli di feroeia davasi una grandissima importanza alla forza fisica, e che Carl nella lingua celtica e nelle lingue barbare era un adiettivo esprimente forte, valoroso, polente; che presso i Normanni chiamavansi Carl gli affittanzieri feudali e che gli uffizi, dignitA, arti e mestieri produssero un' infinita di cognomi. Non e dunque da meravigliarsi, conclude lo stesso compilatore, se il cognome Carli, Caroli, de Carlo e Carlo (a Capodistria anche mutato in Carloni) siasi cosi esteso e moltiplicato '). M Cosi P annotazione 1) a pg. 297 della Biografia dello Stancovich. Ed. 1888. 74 Pagine IstriAne Le due lettere contengono degli Schiarimenti e delle Os-servazioni sulla gene a log i a, fatte da Agostino a Girolamo Gravisi, il quale aveva mosso alcuni dubbi a eerte conclusioni del Carli. Di questo diremo pili tardi trattando le lettere sto-riehe dirette al Gravisi dal nostro. Aggiungo ancora una lettera di Agostino a suo zio Štefan o, nella quale parla di cose inerenti alla sua genealogia: . . . E' certo dal Saggio di ricerche sulla famigiia Nostra (e ch'Ella ha) che Andrea Marito della. Barbo era forestiere. e pur certo che nel 1721 si bruccio per incendio la Časa nostra e con essa tutte le carte tenute anche con trascuiaggine. E pur certo che una Barbo ed una Tarsia del ramo illustre nun dovevano esser nella Časa di Sconosciuti e meno ancora di ballottini come dopo il 1570: vedo divenuti gli Antichi ed Autochtoni de Carlo in Capod.a; nk le Čase Tarsia (di Checco), Gravisi (di Girolamo), e Verzi preso avrebbero alleanza in Časa o nuova, o dubbia, o popolana. E' certo che Prospero Petronio, morto nel 1688 dice francamente nelle sue memorie storiche 1' aneddoto che il Avv. Simone Carli di nostra famigiia fece il matrimonio in Inspruck della figlia del Suo Re Carlo VII coll'Arciduca Sig'i3niondo, e, queste memorie, di cui ho 1' olografa pagina che ci riguarda, furono scritte prima della stampa de' Codici Diplomatici. Nel 1693 eomparve in Hannover la prima edizione del Corpus Juri.t Gen-tium Diplom, di Leibnitz ed a pg. 379, N. CLI del Tomo I.o v'ha 1'alleanza fra 1' Auscria e la Francia, conchinsa a Sem li 15 sett. 1430 e 1' Anibasciadore del Re era Magistra Simone Caroli Hospitii nostri Reguc-starum Magistro Johanne Frambergis, nostris A m baxia toribus, k quest'alleanza h fatta nelle viscere del Matrimonio sancito: questi sponsali poi si vedono stipulati ivi 22 Luglio 1430 a Inspruck, pag. 349 N. CL. Ma in questo atto sono lasciati in bianco i nomi degli Ambasciadori. Non sapeasi conciliare 1' innocente ed ingenua espressione del Petronio col fatto, finche a Vienna ho trovato tutto ed Ella ha 1' estratto ordinato dali' illustre Miiller ora Segr.o di Stato del Re di Vestfalia. E pur certo che il vecchio nostro albero rimasto coll' arme ed i Ritratti illeso dali' incendio ha Simon Egues 1379, ftlius Leonardi. 11 ritratto di quel brav'uomo esiste in času nostra, e combinando insieme le notizie del Petronio, pro-vate con la carta firmata Miiller, e quanto sta nel Diploma di Maria Teresa de' 17 dicembre 1765, io čredo che senza scrupolo ne dubbio ap-partenga a noi quell' illustre Ascendente di nostra famigiia. E' pur certo che fedi di Battesimo ordinate non esistono in Capod.a prima del 1550; quello di matrimonio prima del 1584, e quelle di morte non sono ordinate che appena del 1606, e solo dopo il 1631. Quando avro denari mi faro venire delle nozioni precise di Francia, sapendo quali sono i libri ben classici da procutarsi. Eccole in succinto detto tutto in proposito per soddisfare possibilmente alla ricerea fattami. Sappiamo che Gianrinaldo non fece buon viso a tale scritto, e che anzi in una lettera del 7 genn. 1795 al Gravisi, che glielo a veva inviato, esclamava: «Cosa importa a me di sapere se i lombi del padre di Andrea, dugento anni sono, appartenessero ad un Carli o ad un de Carlo, se fosse di Ca-podistria o d' altrove ? L' onore della famiglia Carli in me in-cipit, in te desinit; cosi al fanatico autore della genealogia dice il discendente del conte Rinaldo mio padre, da me sempre rispettato e teneramente amato». Con queste parole Gianrinaldo voleva alludere ali' ingra* titudine del figlio suo, e qualunque cosa questi avesse fatta, non sarebbe stata probabilmente ben accetta .al padre, il quale forse nell' animo suo avra per lo meno ammirato la pazienza d'Agostino nel compilare quel lavoro, che — come scrive il prof. Babuder') «pu6 star a petto dei lavori del Litta e di quanti altri mai si assoggettano alla penosa ed arida fatica di rovistare archivii e sbattacchiare annosi volumi od aramuf-fite pergamene, onde attinger dati e notizie che debbano ser-vire a scorta della storia*. 2. Relazione sulla Patria del Friuli, suo Parlamenlo e Governo e origine delle famiglie nobili. Mns. in 4.o di p. 25. L'A. incomincia con un' accurata descrizione della Patria del Friuli, del suo clima e prodotti, passando poi a farne la storia dal tempo piu antico ali' assoggettamento da parte dei Romani per opera di M. Claudio Marcello, ali' evo medio, e via via fino ai giorni suoi, narrando la fondazione d'Aquileia, la sua floridezza, la .sua distruzione per mano di Attija, la fondazione di Udine (Unniurn non Utinum), il governo di Teo-dorico, re de' Goti, quello de' Longobardi ecc. ecc. Fra i dati di storia si leggono con interesse molte osservazioni critiche del nostro Carli, si che il lavoro riesce non poco importante. Alla storia aggiunge poi parecchie notizie sul Parlamento e sul governo friulano, discorrendo con placida serenita e sottile discernimento. Chiude 1' opuscolo »no seria indagine sull • origine della nobiltk della Patria del Friuli. II Mns. non porta la data della composizione, ma il lavoro fu certamente scritto prima del '97, perche «gran parte del Friuli« figura «sotto il Dominio Veneto». 3. Exposition Abregee de.s rues sur le Commerce d' K-spagne po ur V elablissement d' une Compagnie Kogale de <■) Op. cit. pag. 24 e sg. Gommerce pour ces Pays-la. Mns. di 80 pagg. in foglio in c-ui si parla delle relazioni commerciali tra la Spagna e 1'Austrin. Quando lo abbia scritto Agostino, non si sa; certo dopo la Memoria concernente il Commercio tra la Spagna e 1'Austria, cho priraa abbiamo esarainato. 2. Lettere storiche, dirette al march. Girolamo Gravisi tra gli anni 1790-1810. La relazione tra Agostino Carli-Rubbi e il marchese Girolamo Gravisi di'Capodistria comincio, come s'e dett^, quando il prirao era ancora giovinetto, e ando poi sempre piu inten-sificandosi. Frutto prezioso della stessa furono le lettere «piene di dottrina sopra argomenti di storia patria», che Agostino diresse al marchese, e che conservansi in parte ancora oggi nell'Archivio di C;*sa Gravisi1)- In parte, perche molte, e forse le piu importanti, andarono perdute. Dobbiamo quindi limitarci a quanto ancora possediamo. Compito nostro essendo di parlare deli' attivita del Carli, ci accontenteremo di schierare in beli' ordine dinanzi agli occhi dei lettori i titoli o contenuti di queste lettere con 1' ag-giunta tutt' al piu di qualche cenno o brano per le piii importanti, rimandando per il resto coloro che direttamente si sentissero interessati deli' uno o deli' altro argomento, al-1' archivio, dove tutt' ora si trovano. 1. Documenti tratti dal Tentaraen genealogicum del conte Corinini e da altre sue opere, risguardanti le guerre tra Gorizia e Trieste nell'anno 1338 (Trieste 8 ott. 1790). Ai documenti 1' A. fa seguire aleune sue considerazioni sugli stessi e sul castello fabbricato dai conti di Gorizia nelle vicinanze di Trieste (S. Servolo). 2, 3, 4, 5, 6. Notizie intorno al veseovato di Capodistria. Su questo argomento trovo cinque lettere di date diflfe- renti. Nella prima (Trieste 26 febbr. 1791) l'A. dice che «prima del mille cento e tanti, prima cioe del veseovo ficcato a Capodistria dall'antipapa Anacleto, per avere una creatura di piu ed un voto di piu in un Concilio e Conciliabolo->, non puo 4) Anteo Gravisi, che le lesse, diede i titoli di parechie di queste nell' Vnione, (A. I, 4, pg\ 3, Nota 5). ammettere vescovado in quella citta. «D' altronde - continua — la Diocesi triestina arrivava al Formione, e la ricca e commerciante e libera Giustinopoli, piena di ricchezza mobi-liare non avea territorio nel nono secolo, e senza latifondi come londare un vescovado, cioe un prete eminente, il quale viva di rendite sicure. Quel Giovanni Capritano del P. de Rubeis a pag. 285, vivente nel 699 non pno essere il vescovo Giovanni del 758, puo essere un altro. Ma ordinariamente si procede francamente dalla travveduta possibilitži alla certezza. lo poi ho la disgrazia di non poter credere che alla certezza provata. Sta insomma a Lei a far meglio, e lo puo far facil-raente, essendo Ella 1' unico Istriano che abbia in armonia dottrina, logica, e colto stile italiano». Si vede che il Gravisi era intento a lavorare sni vescovi di Capodistria, e che con questi, come con le altre lettere Agostino criticava il suo lavoro. In questa stessa lettera l'A. accenna poi a cerli matrimoni della sua famiglia con altre. Nella seconda (Trieste 1 maržo 1791) continua la questione di Giovanni, vescovo di Giustinopoli: «A proposito del suo Giovanni, Ella rifletta ad una cosa, cd e che per gli Ungheri, scavalcati i monti del Cragno, fu sempre aperta, ovvia ed assueta la loro ladra espansione nel Friuli, piuttosto che nuovamente arrampicare ne' strati di Monti Istriani. Quindi trovo semplice 1' andata al Piano del Vescovo viaggiatore nominato dal Rubeis, piuttosto che una retrocessione nel bosco delle montagne secondarie del Territorio Caprense. 11 contorno di Eraclea, o Nova, o Cittanova era piu sulla strada di Roma, e la vi a Hungarorurn arrivava benissimo fin la, e quello era territorio Patriarcale e venerato piu del bisogno da quei Preti Orientali, o per dir meglio Bo-reali (perche la Bora o vento del Nord-Est rispetto ali' Italia ci viene da cola speditaj, e quindi fino a ragione meglio co-nosciuta sento col Rubeis. Ella fa una santa cosa ad occuparsi do' Monumenti del suo Paese, di cui Ella e il piu nobile orna-mento. Io lascio le congetture, ed asserir6 quando vedro provato». In questa stessa lettera trovo poi aggiunti alcuni passi estratti dali' Ughelli intorno al vescovado di Cittanova. Nella terza (Odolina 23 luglio 1793, grossa di ben 25 pag.) l'A esamina diffusamente la questione del vescovaclo di Ca-podistria e di S. Nazario. Questo vescovado, secondo Agostino, non puo aver esistito prima del 1100 d. Cr. e la sua fondazione anteriore a quest' epoca non puo essere che «supposta». Mette in pubbio che S. Nazario sia stato un santo, perche nell' iscri-zione trovata mancano le solite sigle S. D. B. (Sanctus, Divus, Beatus), e lo fa venire nell' Istria come un rifugiato in seguito alle irruzioni de' Goti e de' Longobardi. Capodistria non poteva aver vescovado in quell' epoca: «11 sempre mai celebre Rubeis non d& alcuna sottoscrizione Canonicale ne' primi otto secoli, ne in quel tempo menzione trovo di Canonici nella Arcidiocesi di Aquileia e di G rado, che son pure le Matrici delle Chiese Istriane. II peggio poi si e che la pergamena del 1082, scritta pure in Capodistria e fortunatamente cosi ben conservata nel-1'Archivio Capitolare, vedesi diretta Plebavo, Praesbijteris, et Diaconis de Congretione Sanctae Mariae Justinopolis ab He-riberto Episcopo Tei-gestino a quo illis donatur Plebaniarn Sancti Mauri de Vitla Insulae. Ma la costante piissima voglia che costi ci fosse una sede episcopale antichissima ha fatto divenire propriamente vescovo San Nazario, e precisamente della Citt& vetusta, rinomata, opulenta di mobiliari ricchezze, ma priva allora di territorio, dove le irruzioni de' barbari lo indussero a rifugiarsi e dove mori illustrandola poi co' miracoli, e colla santita del suo Padrocinio. Fatto il primo passo (il solo che possa costar qualche cosa) tutti gli altri fluiscono facil-mente in conseguenza, e pero si e istituito un Capitolo di Canonici in quel tempo, a immagine e similitudine di cio che si e trovato stabilito generalmente ne' tempi posteriori, dando una facile storta alla cronologia, la quale non avea e non ha fatto male a nessuno». L'A. va poi alla caccia deli'errore, sopra il quale s'e potuta fondare la idea d' un vescovado a Capodistria e con-getturando d' averlo trovato in un passo falso della Cronaca del Dandolo, continua esaminando i documenti esistenti, dai quali non risulta ne un vescovado a Capodistria, ne un' unione di questo con quello di Trieste prima del 1100. II primo cenno del vescovado giustinopolitano l'A. lo trova negli Annali ec-clesiastici del Baronio (Ediz. di Pavia del 1641, Tomo XII, pg. 175), dove si nomina un vescovo di Capodistria deli'anno 1130, e climostra con buona critica che il vescovo in parola era il primo vescovo di Capodistria, creato a dispetto del patriarca Pellegrino dali' antipapa Anacleto e affogato poi in uq pozzo di Porta, Isolana per opera degli stessi capodistriani-La Bolla di Alessandro III, impetrata nel 1161 per la separa-zione della diocesi di Capodistria da quella di Trieste, e rite-nuta apocrifa dali'A. che ne espone anche i motivi1). Nella quart,a (Trieste 17 dic. 1793) di 25 pag. l'A. ribatte alcune osservazioni, che il Gravisi deve aver fatto alla sua antecedente, e mantiene saldo il suo punto di vista, asseve-rando che 1' episcopatus capremis, al quale erano dirette le lettere di S. Gregorio e quella di Giovarni VIL, non era altro che 1' episcopatus caprulensis, ossia di Caorle, come aveva dimostrato anche 1' Ughelli. Nella quinta (Trieste 1 genn. 1795) lettera breve, 1'A. mandando al Gravisi ancora alcune notizie, conclude nella questione, quanto gia prima aveva asserito, che ciož il 1130 lu creato il vescovado di Capodistria dali' antipapa Anacleto, a dispetto di Pellegrino, patriarca di Aquileia e del vescovo di Trieste, ambedue aderenti al legittimo Papa Innocenzo II. In queste cinque lettere abbiamo veduto l'idea che Agostino s' era formato sul vescovado di Capodistria. Chi legge per esteso questo scritto non puo far a meno di lodare 1' in-dustria e la vasta cultura dell'autore, il suo acuto spirito critico, 1' agilita del suo stile, che pare d' oggidl, ne vorra dar piena ragione al Babuder 2), che dopo la lettura di questi scritti, pur riconoscendo 1' autore coltissimo e pieno d' interesse per gli studj patrj«, & voluto battezzarlo per «caparbio e tenace di-fensore de' suoi giudizj e delle sue idee», quantunque Agostino dica al Gravisi in una di queste: «Ella veda... se puo pescar qualche ulterior fondamento ;n favore o contro il mio asserto. Ci pensi Ella ch' io, amante del vero pili che della mia opi-nione, 1' appendero ai buona voglia ali' altare della verita, che e, e šara sempre il mio Nume». Chi piu da vicino s' interessa della storia del vescovado d i Capodistria, potra leggere e criticare a suo agio questi 1) Parte di questa lettera fu stampata nell' Unione (A. XVII, N. 7, pg. 52. Nota cli Redazione). 2) Op. cit. pg. 15. scritti. A noi eonviene esser stringati per trattare d' altre cose d' Agostino. 7. Notizie della Cattedrale di Trieste nell' anno 1694, della chiesa curata di S. Martino nella parrocchia di Cossana, della parrocchia di Vren presso il fiume Recca, tratte dal manoscritto Idee deli' heroiche attioni del suo primiero anno del Vescovato di Mons.r Ill.mo e Rev.mo Gio. Fran.co Miller, Vescovo e Conte di Trieste, con la descrittione intiera di tutle le Chiese Parrochie et quanto in esse fu operato et si ritrova di raro dedicato ecc. ecc. da me Don Pietro Rosetti, sacerdote di Trieste V anno del Signore MDCLXXXXIV. Nella stessa lettera contengonsi alcuni schiarimenti sulla Commenda di San Nazaro conferita a G. R. Carli. (Trieste 5 maržo 1791). 8. Sopra un passo di Paolo Pincio, autore deli' opuscolo De Timavo (lumine (Trieste 16 maržo 1791). E di poco conto, perche sembra una citazione di un lungo passo del Pincio per uso del Gravisi, che di fatti gli risponde: .... Le notizie del Pincio intorno al Timavo non mi eran note. Sono giustissime le sue ragioni contro dei Biondo; ma ora non si sostiene 'a dualita di tal fiume, ma la sua precisa localita che anche per lo stesso Pincio si stabilisce presso Duino (Trieste 18 maržo 1791). 9. Notizie estratte da vari autori intorno a Santorio Santorio. Čredo che anche qui trattisi di consulte per conto del Gravisi. In ogni caso e un' importante raccolta dei passi di inolti autori che parlarono del Santorio (Prospero Petronio, Manzuoli, Naldini, Tiraboschi ecc. Trieste 29 maggio 1791). A questa lettera il Gravisi rispose: .... Le memorie del nostro Santorio sono attualmente sotto ai riflessi di chi vuoi farne 1' Elogio... Ho steso pure le memorie del cclehre Flaccio Illirico; e se trovero chi me ne faccia una Copia gliela faro avere1)' 10. Relazioni risguardanti Giuliano Corte da Capodistria (1791), quartiermastro di S. M. il re di Napoli, c proprietario di una Compagnia in quel regno. Racconta come il Corte sia stato onorato dal re di Napoli, e il racconto e degno di fede, perche 1'atto ad Agostino da un testimonio oculare. l) Per questa risposta del Gravisi possiamo ora metter la data alle Memorie di Malteo Vlado, riportate nelle Biografie dello Stancovich (Capod. 1888, pg, 341) «seni.a data». 11. Schiarimenti fatti da Agostino al Gravisi sul suo Saggio di Genealogia della famiglia Carli. E noto che Agostino scrisse un Saggio genealogico sulla sua famiglia, del quale abbiamo detto piu sopra. II saggio fu inviato al Gravisi, che gli fece alcune obiezioni. Donde i su nominati Schiarimenti, che leggonsi volentieri, perche ribat-tono punto per punto i dubbi sollevati dal Gravisi. 12. Osservazioni intorno al »Saggio di ricerche sopra la genealogia Carli* (Trieste 24 dic. 1793). Agli Schiarimenti dati da Agostino il Gravisi replica, ond' e che Agostino scrive le ora nominate Osservazioni, con-trapponendole ai riflessi del Gravisi. E una lettera di 10 pag. che pure leggesi volentieri'). 13. Intorno ad un progetto cli annessione deli'Istria alla corona ungarica (Trieste 21 maggio 1797). E la lettera che conservasi in mala copia anche nell'Ar-chivio di Capodistria e che noi abbiamo citato quando si pari o della caduta della Republica Veneta. Veggano i lettori a quel passo di che si trattava e troveranno c.ola riportata anche la risposta del Gravisi. 14. Alcune notizie sopra S. Nazario (Trieste 24 magg. 1804). La lettera 6 breve e riporta solo alla fine le seguenti noiizie: 1. Nazarius Praesnl Migrarit in D.no XIII Kal. Julii. Mori dunque il 19 giugno di anno ignoto un Santo 2) per nome Nazario, Vescovo di non so dove, ma trovatosi il suo corpo in Capodistria nel 601, vi mori certo molti anni prima della sua invenzione. 2. In tutto 1' Oriente non si trova altro Vescovo o Mitrato qualunque, per nome Nazario, che quel Vescovo della Valona e primo di quella secle ch' ebbe un immediato successore per elezione di Papa Hormisda fra il 514 e il 523. Si sa che questo sottoscrisse una Epistola Sinodale ali'Imperadore Leone, il 1) Ambedue queste lettore sono riportate nel Saggio, del quale abbiamo trattato fra gli seritti di data imerta. 2) Veramente in una lettera anteriore aveva detto che non si sapeva se era Santo, perche inancava la sigla S. D. B. e che Praesnl nel latino barbaro usitato avanti al mille voleva dire tanto vescovo che abbate ; aggiungeva poi che migravit in Domino voleva dire che quel religioso era morto da cristiano e nulla piu. quale mori nel 474. Altri Vescovi Oceidentali col liome di .Vasar/o, e speeialmente in Italia non ne trovo in quel turno, cioe prima deli' anno 601. Anzi in Oriente in antico e rmovo non c' e altro Vescovo Nazario. 3. Zenone successore di Leone fece de' spropositi eccle-siastici, ed obbligo alla emigrazjone de' Vescovi Cattolici. La Valona era Vescovado nuovo, e Vescovo era Nazario creatura di nuova mitra, Trovo un Vescovo Santo Kazario morto in Capodistria prima del 601. E il solo Vescovo di questo nome in quel turno in Oriente e in Italia. Se čredo che il Santo costl venerato sia questo Vescovo della Valona, io son compatibile, fino a piu sicuro indizio. 15. Breve lettera d. d. Trieste 29 agosto 1804, nella quale l'A. parla ancora della sua Genealogia. 16 '). In questa, che porta la data di Venezia 14 genn. 1809, il Carli si duole della morte del vescovo di Capodistria Bonifacio da Ponte. Ma la data deli'anno 1809 non combina, poiche si sa che il da Ponte mori nel 1810. Probabilmente Agostino, non avvezzo alla nuova data, scrisse la cifra del-1' anno vecchio. Egli dice: «Quanto rincrebbe a me la perdita di cotesto Monsignor Vescovo, ed alla mia famiglia, non saprei esprimerlo. Cesso il piu dotto Vescovo dello Stato Veneto di vivere, che aveva il piu povero e modesto Vescovato. E una perdita pubblica nella Nazione ed e una pili grave Municipale per costi, che deve cessare Capodistria di essere Capoluogo di Dipartimento, e sar& tutta 1' Istria Italiana, o Francese, e non dimezzata, e Trieste e dalla natura delle cose destinata ad essere la Ca-pitale della Provincia amalgamata interamente. Sono vicende rese ordinarie nel niso, moto, e rivoluzione di Dominio. Com-patisco se rincresce; ma solatium est miseris socios habere vialorum, confrontando che questa Citta Princeps Provin-riarurn facta est suh tributo. Leggere, pagare, soffrire, e lacere sono le quattro virtu teologali che ho adottato dacche son stabilito nel mio Paese, unitamente alla morale politica di Fra Jacopone: semper benedicere de Domino nostro Priore, sinere res vadere sicut vadunt, et facere officium suum ta- ') Fra la 15.a e la 1(1.a lettera, come anche piu in la ci sono pa-recchie altre, che omisi perche di nessuna importanza per noi. liter qualiter. I voti imbecilli degli uomini onesti, placidi, ed oscuri sono come le faville de' letamai, che si perdono nel-1' atmosfera a cielo stellato*. Le seguenti lettere sono senza data: 17. Notizie estratte da 10 pergamene, avute da Časa Petronio. Alle notizie fa seguire alcune sue considerazioni sul nome della famigiia Petronio. 18. De Marchionibus Istriae ex Annalibus Sclioenlebev. Estratti. 19. Notizie estratte dal libro intitolato Piero Cnpo del silo de II'Istri a a Iosepho Faustino, stampato in Venetia per Francesco Bindoni ef Mapheo Parim del MDXXXX. Altre lettere ancora deve aver scritto Agostino Carli-Rubbi al marchese Gravisi, del quale trovo alcune risposte che lodano 1' erudizione del Carli. Tra 1' altro questi deve aver scritto una lettera probabilmente lunga, nella quale faceva la storia antica e medioevale deli' Istria, perche il Gravisi, compreso d'ammirazione per P erudito scritto del Carli, gli rispondeva in questi termini: Capodistria loagosto 1794. .... Ma che poi dovro dirle intorno alla sua lettera eruditissiina coutenente i suoi riflessi ed illustrazioni della storia antica e del mezzo tempo di questa nostra provincia'? Nella prima lettura, che ansiosamente ho fatto sono rivnasto per cosi dire sbalordito, che in soli cenili rimastici della sua antica storia rapporto in particolare alla conquista fattane da' Romani, le sue viste politiche e filosofiche si abbiano fatto un campo cosi spazioso di serivere tante cose e di far delle illustrazion: tutte ragio-nevoli, ed ingegnose che nou sono state dette da nessun altro. Riguardo poi al puuto di storia del mezzo tempo relativo alla invasione degli Slavi, non pno essere con evidenza maggiore dimostrato che questa 11011 segui in questa nostra provincia, ma bensi nella cosi detta Int ia sopramare, il che non fu, per quanto čredo, rilevato da verun altro. Seinpre piu poi apparisce da' suoi ingegnosi riflessi che al Vescovado di Caorle debbano riferirsi le lettere di S. Gregorio ; e che non s' abbia una prova certa per poter stabilire la loudazione di questo nostro prima del XII secolo. Ma questo mio dire e un andar troppo alle corte per rilevare il rnerko della sua eruditissima allegazione. Converrebbe partitamente esaminare i punti Ion agio, e eolla dovuta meditazione per rilevarne il merito rispettivo ; e questo che non ho potuto fare nella prima lettura, lo faro certamente in seguito, perche 1' argornento rnoltissimo m' interessa e perche 6 ventilato e discusso da Lei, che stimo inflnitamente. Bella lode per Agostino questa del Gravisi, il quale, ra parentesi, incominciava a ritenere giuste le vedute del nostro intorno al vescovado di Capodistria e ad ammettere almeno che prima del secolo XII non s' aveva una prova sicura della fondazione dello stesso. Peccato che di questa lettera, forse una fra le piu importanti, s' abbia a deplorare la perdita. E dev' esser andata perduta da pezza, pošto che Antco Gravisi neppure la nomina '). 3. Scritti incompleti. 1. Memoire sur la ndcessitč, l' utilitd et la convenance (U> comlruire un Por t et un Bassin. c/os dans la rade de Trteste. Fait le 13 Aoitt et enroije d Vienne a S. E. Le C.te de Choteck, Pres. de la Charnbre de Commerce le 15 du meine ruois. Del lavoro non restan che s^tte facciate intere, il resto ando perduto. La necessita d' un bacino chiuso a Trieste si rendeva indispensabile gia allora. 2. Rapporto fatto dal Gor po Mercantile di Trieste, pre-sentato ali'Eccelso Governo di quetla Citta e Porto franco ti 10 sett. 1792. Mns. di pgg. 113 in colonna, non completo. Vi si parla di decreti governiaii, dogane, tariffe, commercio ecc. 3. Storia di Cristoforo Colornbo. Mns. di pagg. 76 in colonna con molte note al margine. Non pare completo. L'A. vi descrive per esteso la scoperta deli'America, e le peripezie cui dovette sottostare 1' infelice ammiraglio, cau-sate dall'invidia de' suoi nemici. Interessa piu da vicino per le ricercbe sulla famiglia Colornbo, che satebbesi estinta nella Spagna 1'anno 1578 con Dou Diego Colornbo, pronipote di Cristoforo. Dalla lettera di Gianfrancesco Galeani Napione, publicata nI capitolo precedente, si puo dedurre cbe Agostino compose ((uesto lavoro circa il 1824 e lo invio al Galeani, che pure ■s' era occupato dello stesso argomento. 4. Studi e documenti sni Gesuiti. l)a gran tempo Agostino aveva concepito 1' idea di scri-vere la storia dei Gesuiti e se n' era messo con tutto impeguo ') Smarrita s'6 pure un' altra interessante lettera, che A. Gravisi annota nell' Unione: Nutizit intorno alle nobili famiglie de Franceschi, della Konca, Besenghi ecc. lo almeno non l'o potuta np.tracciare nell'Ar-chivio Gravisi. alla ricerca delle fonti. Voleva poi publicare quest'opera, che, come disse lui stesso in una lettera, doveva essere «grande». Anche la persona, cui 1' opera doveva esser dedicata, era gia nplla mente d' Agostino. In una lettera del 1810 al Marescalchi scriveva che se avra tempo, lena, quiete ed occhi, consacrera ali' amicizia del conte Sorgo *) 1' opera sua sui Templari, sopra il quale argomento aveva una pesantissima raccolta di cose manoscritte e stampate, in varie lingue, radunate da nove anni, le quali nozioni potevansi riguardare come considerabili in un argomento forse piu importante e meno rancido che non si čreda comunemente. «Non ho segretario, e non mi fido di ammanuense merceiario, e non ho piu animo ne forza da ricopiare il quaderno, e pero debbo con rossore lasciarlo an-dare col corredo improprio delle cassature». Per quest' opera Agostino s' era rivolto, come abbiamo veduto, anche al Galeani Napione, che gl' invio una sua me-moria a stampa sui Gesuiti. II Galeani piu tardi (13 aprile 1824) gli scriveva che non s' occupava piii dei Gesuiti e ne čidduceva anche i motivi, che abbiamo pur letti in quella lettera. L' opera non fu mai compiuta, ne publicata, ma delle ricerche del Caiii-Rubbi resta a noi una grossa raccolta, che conservasi nell'Archivio Capodistriano'). Di questa'noterd due Rapporti manoscritti di ben 390 pag., compilati da Agostino 1' anno 1816 in lingua francese, sulla base di documenti trovati dans r Archire des Inquisiteurs d' Etat de la ci-devant Re-publique V eni se, qui concernent les Socieles segrete s et les Jesuites. 1 rapporti non vanno privi d' importanza, poiche in essi leggonsi varie notizie risguardanti la storia dei Gesuiti, bolle pontificie in loro favore e contro di loro ecc. ecc. Comune amico al Marescalchi e al Carli, nipote di quell' uomo di vero merito, di cui Agostino piange la perdita, che inopinatamente e aenza prevenzione gli aveva dedicato nel 1790 il suo Commentario del Tuberone. z) Vedi 1. c. oppure ora Inventario deli' Antico Archivio Munitipale di Capodistria per cnra dello stesso prof. Franc. Majer, Capod. Priora 1909, pg. 153 e seg. 4. Scritti perduti'). 1. Curiosites de Capodistria. L' annotatore dello Stancovich (11 ediz. 1888) aveva potuto consultare questo scritto non indifferente d'Agostino e riportarvi qua e la dei brani. I o stesso ci lascio anche scritto che al-1' epoca sua si conservava presso il Municipio di Capodistria al N. 279, prot. degli Esib.: ma per quante ricerche siano state fatte, esso non si pote piu rintracciare. Conviene adattarsi alla perdita. In queste Curiosites l'A. ci dava parecchi ragguagli su diverse distinte famiglie capodistriane, come si puo rilevare dalle note allo Stancovich (1888) pag. 255 (N. 3), 393 (N. 1) ecc. 2. Monumenti raccotti sutla storia civite ed ecctesiastica di Capodistria. Anche di questo scritto non conserviamo piu nulla; ci resta soltanto la testimonianza di Mauro Boni, che lo lesse e lo disse erudito e critico. Ma ecco senz' altro la lettera del Boni, piena d' interessanti particolari che ci compensano in parte della perdita. e Sig.e Conte Commendatore. Grato alla cortese compiacenza che mi ha dato di leggere il suo scritto erudito e critico di Monumenti raccolti sulla storia Civ.e ed eccle-siastica di Capostria, nel farne, la restituzione con mille ringrazianientj oso avvanzarle una preghiera, che trovando quiete voglia prendessi la cura di ordinare un breve saggio ragionato della storia di Aegis, Capri, Justinopoli, Capodistria, che solo potrebbe veriflcare ed eseguire con pre-cisa brevita a lustro della Patria e commodo degii studiosi. Tra le cose notate con piacere e la ricerca sull' origine del nome di Justinopolis, quando e da chi denominata cosi, e mi compiaccio che col suo esame critico trovi anche V. S. 111.ma senza fondamento la opinione invalsa che 1' attribuisce a Giustino II, conchiudendo a pag. 102 chi sa mai ccmie giasi conficcato costa quel grecismo di Justinopolis ecc. Ne' documenti pe' Fanti Justiniani da me raccolti mi risulta che un Flavius Anicius Juaiinianus a morsibus Barbarorum nell' invasione dei Goti a Costantinopoli an. c.a 380 si rifug"gio colle sue ricchezze e suoi nell' Istria, edifico il castello Justinopolis da lui denominato, e altro docuinento che nella invasione di Radagasio deli' Istria e del Friuli an. *) Ricordo in nota, perche non appartenenti a questo periodo, i due scritti giovanili di Agostino Carli-Rubbi, pure perduti, e dei quali cono-sciamo i titoli solo dalle sue lettere: Apologia deli' opera: «Dei delitti e delle pene» di Cesare Btccaria e Dissertcizione sopra la popolazioiie della citta di Rovigno, ambidue del 1770. Di essi abbiamo detto al primo Capitolo. 403 Orso e Paolo iigli di Justiniano si rifuggiarono nel Veneto Estuario e che Orsone, f.o di Orso fu l.o tribuno di Grado e nel 460 costrui molti ediiizj, de' quali documenti rendero conto nel saggio 2.o che in breve leggero alPAteneo e forse publichero, se vedro che siano approvati. Alle richieste del Sig.r Segret.o rispondero domani per la posta. Mi spiace la sua prossima partenza, e se mi permette vorrei a inchinarla e ringraziarla personalmente. Di Časa Justinian alle Zattere 9 dicembre 1814 Dev.mo Obb.mo servit.e Mauro Boni. II Boni leggeva tale lavoro il 1814, quindi possiamo am-raeltere che Agostino lo scrisse intorno a quell' epoca. Alla preghiera del Boni il Carli deve aver corrisposto, stando a quanto si legge nell' altra- lettera del Boni, che fu da noi publicata quando si trattavano le relazioni di Agostino Carli-Rubbi con gli uomini distinti del suo tempo. 3. Nella lettera del Galeani Napione, riportata piu sopra, si parla d' un Saggio sulla Legge Salica, che Agostino avrebbe scritto, e che ando perduta senza traccia. La lettera e del-1'anno 1824, dunque lo scritto dev'essere uno degli ultimi del nostro. ■9 5. Lettera al Cav Bargnani. Riporto da ultimo una lettera che il Carli diresse al cav. Bargnani, consigliere intimo di Stato per il Regno d'Italia, nella sezione deli' interno a Milano, in cui l'A. raddrizza due storte idee circa fatti storici in Istria, la seconda delle quali »compromette la storica autorita di suo padre». Le due «storte idee» si trovavano in due proclami dei Francesi agli abitanti deli' Istria, publicati dal generale Seras. La lettera e la seguente: Trieste 15 ottobre 1806. . . . Non posso peraltro dissimulare due cose, la seconda delle quali compromette la storica verit& di mio padre. I. II Signor Generale Seras autorizzo il Presidente del Governo Provisorio deli' Istria in data 6 gennaio deli' anno corr. ad annunziare come notizia ufficiale che l'Art. XXVIII del trattato di Pace segnato in Presburgo il di 27 dicembre, porta che 1' Istria, la Dalmazia, le Bocche di Cattaro, e le due Lagune, le isole del Levante fanno parte del Regno d' Italia, egualmente che tutti gli stati veneti. Abbiamo veduto il trat- tato di Presburgo, stampato, il quale non k 28 articoli. In esso non si dispone deli' Isole del Levante, le quali non apparte-neano ali' Imperadore Austriaco. E quell' avverbio in quella frase «egualmente che tutti gli stati veneti*, sembra obliqua-mente indicare un' Istria non veneta, che, come il resto, farfi parte del tutto italica. Questa lettera fu stampata per pubblica autorita in Capod.a, come lo fu pure un proclama dello stesso generale, senza data, ma che e dei 16 del mese di febbraio, in cui dimenticč affatto la carta precedente, di cui autorizzo la pubblicazione il di 6 gennaio. II. Nello stesso tempo di questo proclama agli abitanti deli' Istria pubblicato in francese dal Sig. Gen. Seras sortinne un altro pure dei 16 febbraio, stampato anco nelle Gazzette straniere, in cui il presidente del Governo provvisorio dell'Istria dice agli Istriani: »Egli b questo 1' istante di rammentare alla vostra memoria, che voi non foste giammai felici che sotto i Re ed Imperadori francesi da Carlo il Magno a Carlo il Grosso. Dopo una tal epoca passaste sotto a Patriarchi d i di Aquileia e sotto gli altri piccoli principi, che non sapeano governarvi, e che non poteano difendervi. In seguito liberi vi laceraste fra voi medesimi; finalmente di nuovo vassalli lan-guiste negletti fino a questo momento*. Se il Pres.e del Gov.o prov.o avesse letto la dissertazione Il.a sopra 1' Istria, di mio Padre, o le sue antichitii italiclie nel 3.zo Tomo della I edizione e nel 4.o della 2.a, avrebbe veduto che Carlo Magno tolta 1'Istria a Greci e non ai Lon-gobardi nell' anno 789, vi pose un duca al di lei governo. Non so se questo fosse Jo stesso, che si distinse contro gli Ungheri nel 791. Ma e certo che nell'804 si tenne nella pianura del Risano un placito contro Giovanni duca d' Istria, e questo plači to fu publicato dal Colletti nelle aggiunte all'Italia Sacra deli' Ughelli T. V, col. 1097; da mio Padre nella dissertazione II sopra 1'Istria pag. 39; nella I ediz. delle Antichita Italiche nell'appendice, ed illustrato a pag. 117 del IV Tomo; e nel Tomo IV della seconda impressione. Ecco 1' estratto delle ac-cuse contro di esso duca, e tralascio diversi altri dcltagli, bastando questo a far vedere rovinata la provincia sotto il di lui malaugurato governo (E qui in latino i punti piu importanti del Placitum). Fatale secolo fu quello per 1' Istria. Gli Slavi si fissarono in Narenta nella Dalmazia ed esercitando la pira- teria nel 87(3 devastarono in Istria Sipar, Cittanova, e Rovigno. I Veneziani li seonfissero. I Saraceni nell'880 fecero pure delle 1'uneste escursioni. In seguito fu invasa dagli Ungheri i quali nel 948 furono solennemente battuti e fugati da Arrigo di Baviera, fratello di Ottone I, Imperadore, che ne fu investito di quel Marchesato. La cognizione della storia generale ta vedere che poca cura poteano avere i Francesi deli' Istria e deli' Italia. La in-telice discendenza di Carlo Magno, la quale per tre sole gene-razioni in linea retta regno in Francia, e tutti i sovrani di quella stirpe morivano di morte violenta. Quindi in quei tempi calamitosi fu forza a Lodovico Pio di lasciare agl' Istriani la facolta di governarsi da se, come si vede nel diploma di esso Augusto emanato poco prima deli' 820. La Časa di Baviera in varj rami ebbe la sovranita ere-ditaria deli'Istria fino al 1230, sicuramente, che vuol dire per o secoli. I Patriarchi non ne usurparono il dominio che dopo quell' epoca. E dunque falso che dopo tal' epoca (del dominio francese nel IX secolo) passasse 1' Istria sotto il dominio dei Patriarchi d' Aquileia. I Giustinopolitani ebbero forza di occupare Parenzo in Istria e la temeritii di attaccare il Lido di Venezia; per cui ne derivo 1' assedio di Capodistria che fu virilmente sostenuto per un anno da' Giustinopolitani ed i Veneti non ebbero quella citta che per capitolazione del 5 febbraio 1278, cioe 1279 secondo il computo veneto di cominciare 1' anno politico o curiale al I di maržo. Non fu terminata da' Veneziani la con-quista deli' Istria che nel 1420; abbenche per un secolo e inezzo prima andassero acquistando con versatile accortezza di dedizioni ed alleanze ineguali le citta e terre marittime. Bisogna che i piccoii principi di allora sapessero gover-nare e potessero difendere il paese, pošto che ci sono dne tatti piuttosto vistosi del XV e XVI secolo. l.o «DaIle notizie antiche di que' tempi si contano per ogni anno da 40.000 cavalli senza i carri e le barche, che ve-nivano in Capodistria e grandioso oommercio vi faceano». Scrive mio Padre a pg. 164 della sua dissertazione IV sopra 1' Istria. La Germania provedeasi di sale, vino ed olio, prodotti naturali deli' Istria, e di tutte le merci e materie prime ancora del Levante, coinprese anche le droghe (che non peranco ve- .<■..., nivano dal Ponente) e vi stravasavano le merci e derrate di Germani a. 2.o Nella Cancelleria del Sindacato ossia Municipale di Capod.a nel libro Dueali D. pg. 111, anno 1701, v'ha una rap-presentanza della citta, al suo principe per ottenere la con terma deli'esenzione dal ca...eggio') dei legnami da costruzione per 1' arsenale di Venezia, esenzione che ad essa tu ancora c-on-fermata, la citta espose. Nel principio del secolo XVI mentre ardea la guerra di Cambrav coll'Imperad.e Massimiliano ha la citta essenzialmente contribuito a far piegare al Veneto dominio la citta di Trieste, presento poi la terra e Casteilo di Muggia, di cui soprastava irreparabile caduta in mano del nemico; e quando gemeva tutto il Friuli per le stragi e gl'in-cendj de' Turchi, la citta di Capodistria sostenne col petto de' suoi cittadini e colla spesa di 70 e piu mila ducati i forti delle ville del Carso, che sono 1'antemurale dell'Istria». Nel primo caso del 1400 si volle dagli Istriani sostenere contro gli Austriaci coll'armi alla mano il airitto di preferenza per I' emporio di Capod.a, e ci riuscirono. Nel secondo. ebbero mezzi da ditendersi non solo. ma da oftendere vittoriosamente i vicini. Sembra quindi che il Principe non fosse s) piccalo, c potesse difcnder Vlztria, e sapesse (/ovcrnare, se governare vuol dire provvedere alla sicurezza ed al ben essere. il quale non puo stare sen za il buon ordine. E vero che 1'Austria dopo il 1750 avendo fatto tutto per Trieste e Fiume, 1' Istria Veneta precipito: e purtroppo il veneto governo sembro annuire col fatto di non volere in Istria <'he guerre, sbirri e Podesta, onde togliere alTAustria la voglia di occupare il paese. Šot.to il governo Austriaco cesso per I' Istria ogni cagione di dispendio e di esaurimento per Venezia; !'u stabilito 1' appellatorio civile in Capod.a <>d il Criminale in Parenzo; furono massimamente agl'Istriani dati gl'impieghi subalterni del governo. ecl i principali de' Tribunali; fu rad-doppiato il prezzo del sale, e fu permesso il farne ad arbitrio; fu cominciata 1' unione con Trieste ed enunciata cosi per T Istria la franchigia del paese; fu da' pergami assicurata la Provincia che sarebbe esente dalla coscrizione militare e cio l>er attirare abitanti in Istria, l>isognosa di popolazione, e non ') Fnrsi' <-arreyyio. allontanarli con la inconfidenza: si fabl>riearono di versi ediiizj militari, ed enunciossi dal governo di voler far inolte cose a Pola, le quali avrebbero avuto luogo, allorche verifleato si fosse il gia risolto e predisposto viaggio deli'Imperad.e Fran-cesco in Istria, specialmente a Pola diretto. Non so se in anni otto si possa dire che gl'Istriani di nuoro rassalli languissero negletli dopo che poco prima liberi si lacararano fra loro, e che vennero sotto un principe, che li resse con una dolcezza. c lenit&, peccante forse per eccesso. Ai tasti illustri della Nazione francese ed alle gloriose gesta di Napoleone il Grande ripugnano h; famose inconside-razioni della menzogna, che sul meriggio della ignoranza pre-sume di autorizzare una ignobile ed erronea politica. I barlumi delle fosforiche non scintillanti fiammette che sorgono da' le-tamaj non son fatti per ornare e brillantare la luce degli astri, e meno aneora del sole. Spira dalla lettera 1' aerimonia deli'A. coutro il governo francese; ma spicca d' altra parte il bello spirito critico dello stesso, la versatezza sua nella storia della nostra Provincia. E non e a dire che Agostino con questo scritto avesse inteso d'ingraziarsi il Bargnani e con lui 1'austriaco governo; no, perche al principi«) deila stessa narrando al Bargnani le sne stbrtune in Austria, seriveva quelle parole che o giii altra volta riportate e che qui riserivo: «11 bisogno mi fece esibirsi alla ('asa di Lorena, ora ringrazio Dio dei mezzi che ho da supplire a questi bisogni». Se dar volessimo un giudizio sulla produzione letteraria d i Agostino Carli-Rubbi ci converrebbe dire che essa fu vera-mente estesa, dato il tempo relativamente abbastanza ristretto, che gli restava per dedicarsi ai suoi Javori straordinari, date le condizioni pecuniarie, non mai tloride per lui. Abbiamo veduto clie la fortuna non gli fu troppo larga di doni, che anzi, quasi 1' avesse preso di mira, lo perseguito sempre, sempre, tino agli ultimi anni di vita, nei quali, se pur stanca per lui si poso, tuttavia non gli arrise neppure allora. Anche alla direzione deli' archivio de' Frari ebbe vari doveri da disimpe-gnare, e poi era gia vecchio, ne poteva occuparsi gran che di cose estranee ali' utticio suo. E la mancanza di calina e di quell' agio, che predispone lo spirito alla stessa, fece si, che, come altra volta s' e osser-vato, Agostino non potesse darsi anima e corpo a un'opera grande e seria, quale il suo nobile talento avrebbe comportato. Dovette accontentarsi di seminare a spizzico la sua erudizione qua e la nelle lettere, o in lavoretti d' occasione, che quan-tunque dimostrino la profondita di mente e di dottrina del loro autore, restano tuttavia assai indietro dali' essere un' opera vera e grande. Doti. Leone Volpis. II primo secolo della jocieta di Minerva" (M)* i. II massimo e piu meritamente illustre fra i sodalizii di cultura triestini, la vecchia «Societa di Minerva«, ha voluto festeggiare il primo centenario di sua esistenza non pure con quelle solenni e degne cerimonie che tutti sanno, ma anche (circostanza che torna di grande e vero onore alle nobili tra-dizioni letterarie di lei) con la publicazione di una dettagliata storia delle sue liete e tristi (ma piu liete che tristi) vicende (dali' anno di sua fondazione a oggi. II bello e ricco volume uscl di questi giorni, con un ritardo di circa due mesi cagio-nato dagli ostacoli ond' ebbe imprevedutamente intralciata 1' opera sua il chiaro studioso al quale la Minerva aveva commesso 1' onorifico incarico d' essere suo storiografo. Ma Attilio Gentille (il chiaro studioso, come tutti sanno, e lui) ci compenso del lungo aspettare con un libro sotto ogni riguardo compiuto ed egregio. Finita la lettura del quale, lettura ch' e *) Attilio Gentilk: II primo sc.olo della Societa di Minerva (1810-1909); Trieste, Stal). G. Caprin, MCMX; editrice la Societa di Minerva. sempre un vivo e alto cliletto, si cleve di necessita conchiudcre che la Minerva scegliendo a narratore della sua storia il Gentille fece la scelta che far poteva migliore. II. Apre il Gentille* assai acconciamente, il suo volume con un accenno alle accademie triestine del Seicento, al settecen-tesco Častno nobile di San Pietro e a' piu noti Arcadi romano-sonziaci che, sorti nel 1780 a Gorizia per iniziativa di Gius. de Coletti, videro trasferita un quattr' anni piu tardi la loro sede a Trieste; do ve il sodalizio, che nel 1796 donava la sua biblioteca al Comune, trasse vita stentata e pericolante sino al 1809, anno in cui Non come fiamma che per forza e spenta Ma che per se medesma si consume, per dirla col poeta, cessava di esistere. «Pastor arcade fu anehe Domenico de' Rossetti, ma pro-babilmente perche ben vide come quell' accademia avesse le sue radici in una societii che sprofondava e dileguava, egli che tenne sempre rivolto il suo animo e la sua opera verso un avvenire pieno di speranza, abbandonata l'Arcadia alla sua sorte, dedico il meglio della propria attivita ad una nuova istituzione, la quale se, come pare, non fu da lui direttamente fondata, pure da lui ebbe ogni conforto ed ogni ineremento: la MinervaColui di fatti ch'ebbe per primo l'idea d'isti-tuire un casino di lettura che si chiamasse appunto di Minerva, non fu il Rossetti ma tal Paolo Schubart libraio; il quale gia nel novembre del 1809 si pose a raccogliere adesioni di associa-zione. Ma spetta bene al Rossetti e a' suoi amici il merito di aver secondato, perfezionato e volto a piu nobile scopo 1' im-presa dello Schubart. Lo sviluppo del Gabinetto di Minerva (come venne chiamato) fu si rapido che a meno di un mese dal congresso costitutivo (30 gennaio 1810) la sua direzione propose ai soci ed ottenne ch' esso si reggesse a sodalizio indipendente. La Minerva cosi acquistava quella piena liberta d' azione che tanto doveva contribuire ali' ulteriore svolgimento delle sue latenti energie. Dal 1812 al 1842, cioe per il non breve spazio di trent' anni, la nuova societti tergestina s' impersonifica C — .M J M » - , • I , Lf . /t, ! * m t }i .m t / i. / tr~ ..." ... . - It 'J fi - \ (e 1' espressione calzante) in Doraenico Rossetti, uomo, come con felice sin teti ca trase s' esprime il Gentille, «di gran men te e d' animo ancora maggiore». Per farsi un' idea precisa del-1' opera e dei meriti del Rossetti, basta considerare che quando egli penso la Minerva Trieste «11011 aveva musei di scienza, non aveva gallerie d'arte, non aveva istituti di assistenza publica, di beneflcenza, d'istruzione* ; e che «il preselite museo di storia e d'arte e diretta derivazione del lapidario immaginato e pro-mosso dal Rossetti, che il museo di storia naturale deriva dal-1'orto botanico istituito dal Biasoletto, collaboratore del Rossetti, che 1' incremento delle arti belle sta in relazione con le esposi-zioni promosse dal Rossetti, che le societa protessionali dei medici, degli ingegneri e degli architetti ebbero il loro nucleo iniziale nella Minerva, che infine 1' opera preparatoria dei consigli liberali, dal 61 in poi, si deve agli uomini della Minerva e al moto che essi iniziarono o almeno propagarono». E scusate se e poco. Ma Domenico Rossetti era e si sentiva anche italiano: per lui «ogni progresso di cultura do veva significare insieme affermazione d' italianita*. La miseria dei tempi lo costringeva. e vero, ad inchinare i governanti, ma la sua . . . dig-nitosa coscienza e retta lo spingeva anche ad ammonire a viso aperto il tedesco Bottiger «che egli prendeva abbaglio qualificando Trieste per citta te-desca; giacche la sudditanza e il reggimento di una citta non puo farle perdere quella nazionalit& e quella geografica situa-zione ch' ella ha naturalmente. Giacendo Trieste sull'Adriatico al di qua delle Alpi, non puo appartenere che ali' Italia, siccome anche per ogni altro riguardo vi appartenne mai sempre e vi appartiene tuttora». Nobili e ferme parole che il Gentille fa assai bene a rimetterci sott' occhio e che valgono a dissipare una volta di piu certe sciocche (o maligne?) leggencle di fiac-chezza d' animo e peggio in Domenico Rossetti. Nel 1820, in capo a dieci anni d' onorata e attiva esistenza, la Minerva si trovo indotta a riformare e sempliflcare i suoi statuti. E siccome, finanziariainente, la societa non navigava allora in troppo buone acque, i nuovi regolamenti mostrano anzitutto come si volesse fare «opera di raccoglimento e di concentrazione». Ma, quasiche le sue forze si fossero esaurite nella compilazione del nuovo statuto, ecco la Minerva, nel periodo di tempo che va dal '20 al '27 soggiacere a un lento lelargo. cEppure non e da credere che quegli anni andassero perduti per i Minervah i quali piu intensamente si coltivarono nel raccoglimento*. Tempi migliori cominciarono ad ogni modo nel '28 e il progredire della Minerva ando di pari passo eol progredire della citta. Di fatti, dal 1820 al 1841 la popolazione di Trieste «quasi si raddoppia, e cresce il commercio; la strada di Opicina, aperta nel 1830, favorisce e facilita le comunicazioni con 1'interno, la societa del Lloyd (1836) conquista con la sua flotta gli scali commerciali del Levante; si rinforzano le vecchie societa d' assicurazione, si forma la prima sezione del Llovd (1833), sorgono le nuove: nel 1831 le Assicurasioui generali, nel 1838 la Riunione adriatica di sicurta». E insieme, continua il Gentille, «prendono anehe ineremento le forme del viver socievole». Rialzatesi le sorti della sua diletta Minerva, il Rossetti penso a dar vita a un foglio periodico che desse modo ai Minervali, come diceva lui, di »raccogliere o digerire elementi di storia, di statistica, di archeologia patria e di quant' altro vale ali' illustrazione della terra, delle cose e degli uomini che ci appartengono». Nacque cosi 1'aneor vegeto e prospero Ar-cheografo Triestino, il primo volume del quale usci nel 1830, ma con la data dell'anno precedente. «Col 31 dicembre del 1834 la Minerva compiva il primo quarto di secolo che, a cagione di avverse congiunture, non t'u celebrato se non da un diseorso di Domenico Rossetti nel congresso del 2 gennaio 183o». Ma ecco che incomincia anehe per la Minerva «una serie di anni rigogliosi; la sede viene allargata...; le letture vengono tenute con sufficiente regola-rita». Intanto, un altro segno di vita civile e culturale a Trieste: si comincia a publicare (1836), per iniziativa del capodistriano avv. Antonio de Madonizza, la Fnrilla. E se anehe i redattori di questa non ebbero relazioni dirette con la Minerva e non vi appartennero, e ri-spettivamente il 27 ottobrej dal dott. Pier Viviano Zecchini e publicati nello stesso anno a Firenze pe' tipi di M. Cellini e C. Altra scusabilissima distrazione del Gentille: i Primi Pali del Pitteri (pag. 85 son composti si uelln stesso metro del Mesmgio, ma non gia, come qucsto, in vernacolo. K 1' ottimo amico sensi la miseria di questi due appunti coi quali ho voluto, piii che altro, dimostrargli 1' iittenzione da me posta nel leggere il suo bellissiiuo libro. sentarci, raccontando anche di quelle le trasformazioni c gli avanzamenti, oltre che una particolareggiata cronistoria della Minerva, un compiutissimo commentario della cultura triestina nel secolo XIX e una veramente notevole galleria di ben schiz-zati ritratti di eccellenti cittadini. Questo il pregio principale della inonografia del Gentille e la ragione per cui essa e riu-scita un' opera di piii generale interesse. Ma il Gentille e stato anche di un profondo acume nella indagine dei fatti e di una sagace abilita ricostruttiva pur quando gli facevano difetto i documenti e le testimonianze, di una rara imparzialita e misura nel giudicare, di una elegante sobrieta e schiettezza nel dire. Ne e venuto meno ali' obligo, ormai fatto a chiunque prenda a tra/ tare argomenti di storia o di critica letteraria, di una compiuta informazione intorno al tema scelto e di una larga documentazione e rigorosa. Cosicche e proprio il caso di affer-mare che il Primo secolo della Societa di Minerva e un libro inappuntabile in tutto e per tutto e tale da non dover quind' in-uanzi mancare nelle nostre librerie domestiche. E ho detto a bella posta nostre, giacche non ci puo essere, per le molteplici relazioni sempre intercedute fra Trieste e 1' Istria, libro di cose triestine in cui per un verso o 1' altro, in maggiore o minor mi-sur.i, non entri e non figuri (sempre onoratamente) anche 1'Istria. 1'i.si no, aprile '10. (iiovanui (juarantotto L a prima Esposizione provinciale istriana Quello a cui molti pensavano con trepidazione, a cui parecchi guardavano con freddo scetticismo, e che forse qual-cuno, per esser coerente, neppur credeva possibile, e avvenuto. La prima Esposizione provinciale istriana a Capodistria s'e aperta solennemente il primo maggio; ed oggi ha piu d'1111 mese di vita non ingloriosa. Giii in quel giorno ha ricevuto i suoi ospiti con signorile compitezza, ma poi desiderosa di meritarsi veramente le lodi tributatele, e venuta via via coin-pletando le sue mostre, abbellendo le sue sale, ordinando con intelligenza e buon gusto le sue cose; un'onda di gaiezza, di colore e di vita anima i chioschi, i viali, i giardini, le tettoie, invitando tanto chi brama osservare ed apprendere, quanto chi voglia godere d' un' ora di svago. Da quel giorno quanta gente ha vedute passare il leone di san Marco sotto al candido portale, su cui ascese vigile custode delle glorie e delle memorie della terra e del mare, che per tanti secoli furono suoi! E quanta n'ha udita a far le meraviglie uscendo che 1'Istria, dimenticata e combattuta, possieda non solo tanti tesori de' passati tempi, ma tante e si molteplici energie morali e fisiche ne pervadano la sua vita presente. Ed infatti chi visita il padiglione della Marittima, il primo che si preselita al visitatore, ben vede che 1'Istria non e divenuta inlida al suo veccliio mare glorioso. Lo dicono i modelli del p roscafo lussuoso, del naviglio pronto a dare le sue vele al vento, della barca da trasporto, e giii fino ali' umile barchctta da pešca, rappresentati in ogni lor parte con minuziosita e pre-cisione, allestiti secondo le regole deli' esperienza od i sugge-rimenti della scienza. Ed ecco inoltre bussole d'anlica data, modelli di salvataggio, fanali marittiini, vestiti da palombaro; poi un intiero trattato di pešca, illustrato in ogni sua parte, ed un altro sulla produzione del sale, non meno interessante, insomma tutta la vita del mare commentata con iutelligenza ed amore. A due passi sorge il padiglione degli Stabilimenti balneari, delle Stazioni climatiche e dello Šport, in cui la terra ed il mare vanno a gara nell' offrire passatempi, esercizi e risorse d' ogni sorta alla vita, che abbiamo il torto di credere talvolta cosi vuota ed inutile, anche dentro i non anipi confini del nostro paese. Nella chiesetta di s. Giacomo, ridotta da molti anni a ripostiglio, s' e allogata 1' arte contemporanea. E la figlia del fiero quattrocento non sdeg'no accogliere fra le sue mura, le tele, i marmi, i gessi, le incisioni che, per quanto diverso sia lo spirito che le anim«, son pur nate dal verbo della medesima eterna idiia, 1'Arte. E cosi le severe muraglie sacre custodiscono tutta una sintonia di visioni, di luči, di colori, che se non sempre mostrano come 1' artista abbia saputo scru-tare con occhio profondo i misteri deli' anima e fissare con segno convincente gli infiniti fenomeni della natura in un' opera di bellezza, bisogna convenire che nella lotta di ricerche, di esperimenti e di studi, che affatica 1'arte moderna, esšo e al suo pošto. Ma tutto (piesto non e ancora 1' Esposizione; essa si trova uell' antico convento di s. Chiara, e ben ci volevano i magaz-zini, le stanze, le chiese, i chiostri, gli anditi, i piazzali, gli intiniti luoghi di quest' edificio, vero laberinto che a percorrerlo tutto senza smarrirsi ci vuole davvero il filo d'Arianna, per raccogliere tutto quello che gli organizzatori delle varie mostre lianno messo assieme. II pianoterra e tutto occupato dalla mostra agraria e dalla mostra industriale Ammiriamo anzitutto la bella abside quattrocentesca della chiesa di s. Francesco, rivestita aH' esterno d' un bel manto di edera, 1' unica cosa che sia stata alquanto rispettata nel rimaneggiamento fatto subire alla chiesa nel secolo XVIII. Ivi sono schierati gli at-trezzi rurali, i vasi vin ari, le macchine enologiche; e maccliine ed attrezzi rurali ed industriali occupano l'ampia tettoia attigua. Qui inoltre apposite stalle e gabbie racchiudono delle faraiglie di galline e di conigli, campioni veraraente insigni della loro specie. In un ampio locale torreggiano piramidi di bottiglie, in cui i vini d'oro e di rubino scintillano, e piu in la si schierano i materiali utili per 1' agricoltura, ed altrove un saggio dei pro-clotti, che la terra matura, baciata dal šole benefico deli' Istria o 1'industria operosa de' suoi abitanti ha sviluppato. Nel cortile piu interno deH'eclificio, un di sacro alla mistica contemplazione, alla preghiera ed al silenzio, e la vita delle macchine che pulsa senza posa; veri mostri «orridi e belli» s'agitano fremendo e rombando coi loro mille complicati congegni e generano per varie vie tesori di forze docili e pronte a creare tesori di ric-chezza e di comodita. Ed un saggio lo si puo vedere nella chiesa di s. Chiara, ove altre macchine, rapide e precise lavo-rano il legno, fabbricano le botti, domano i metalli, cuciscono le calzature ed i vestiti. Nella galleria, che fu costruita dentro ali' abside della chiesa, ed a cui si puo ascendere anche per mezzo dell'ascensore elettrico delle officine G. Galatti di Trieste, le scuole professionali di Pola, di Capodistria, di Isola, di Pa-renzo. di Pirano e di Rovigno hanno disposto i disegni, i mo-delli d' ogni sorta, e qualche lavoro ad intaglio, che mostnino la buona via per cui si procede nell' insegnamento. Nell'attiguo corridoio e lungo il chiostro, che circonda il piazzale delle macchine, e disposta una serie di piccole mostre, in cui se non sempre s'i puo ammirare il buon gusto artistico, si deve notare per6 lo sforzo a farsi avanti per tutte le vie nuove, che i bisogni della vita e le sue raffinatezze dischiudono ali'a rte applicata ali' ihdustria. Al piano superiore e il salone deli' a rte aniica quello che costituisce 1' attrattiva principalc; qui involontariamente si ah-bassa la voce e si cammina in punta di piedi e per poco non ci si toglie il cappello. E qui dove 1' Istria, nobilissiraa davvero, s'e clata convegno per dire come profondo era un giorno il suo sentiraento religioso, come caldo lo slancio per le cose belle, come vivesse della vita che viveva la gloriosa repubblica di s. Marco. Peccato che essa non abbia potuto mostrare tutta la ricchezza che possiede, ed a molte chiese sia sta to vietato d' intervenire alla festa delle glorie e delle memorie sacre della patria comune. II Nnmen loci e Vittorc Carpaccio, il glorificatore pili degno, accanto a Gentile Bellini, di Venezia giunta ali' apice della sua potenza e ricchezza. La pala, che il Duomo di Capodistria possiede, se non ci rivela tutto 1' in-gegno deli' artista, per la nobilta delle figure, per 1' illusione prospettica deli' ambiente, per 1' aria che dentro vi circola e sopratutto per la signorilita dei colori vivaci, eppure cosi ma-gniflcamente intonati, ci mostra la piena maturita deli' arte sua. Ma 1' Istria vanta monumenti della pittura veneziana an-teriori d' assai al Carpaccio. La chiesa parrocchiale di Pirano mando qui un' ancona a nove scompartimenti, che Laudedeo Testi dice eseguita circa il 1370 da un ignoto veneto, il quale qui, come in una sua tavola al Louvre di Parigi, eguaglia Lo renzo veneziano «nell'evoluzione stilistica, nella dolcezza espres-siva dei volti verginali, nella finezza del disegno, nella delicata colori tura e modellatura dei voltih *). E nel 1475 usciva dalla bottega di Bartolomeo Vivarini a Murano la pala colla Vcrgine che adora il Bambino sulle ginocchia fra vari Santi per la chiesa di Lussingrande, la quale, se non t'u abbastanza rispettata attraverso i secoli, per dirci tutto il suo valore, non smentisce certamente il vecchio maestro -nella sontuosita della composi-zione, nel realismo delle figure e nella correttezza del disegno. Frattanto era giunto a Venezia Antonello da Messina, e della sua tecnica mostra 1' influsso la tavola di Al vise Vivarini, pos-seduta dalla chiesa collegiata di Cherso, in cui certe deficenze *') L. Testi; La storia della pittura veneziana, parte prima, Bergaino l!)0it, pag'. -2sn. sono largamente componsate dalla saporosita del colorito. Della prima maniera di Alvise Vivarini, rjuando esso era ligio ancora alla maniera dello zio, potrebbe essere anche la mezza figura di s. Bernardino, appartenente al convento di s. Anna di Capodistria. Che la pala di Vittore Carpaccio schiacci quella di (j-irolamo da Santa, Croce, che le pende a lato, non mi sembra. Imperocche se questo tardivo discepolo di Giambellino non ha il talento del suo grande vicino, (pii mostra una bonta di colorito che certo poehe volte ha saputo ottenere. E il Giambellino ben piu che il Mantegna ricorda la Madonna col Bambino della chiesa parrocchiale di Cittanova per 1' atto della madre a reggere il figlio, per la modellazione delle forme, e sopratutto per la dolcezza deH'esi)ressione, che traluce dai profondi occhi pensosi, con . cui la Vergine Madre guarcla dal quadro, quegli occhi propri delle Madonne del Giambellino, che una volta veduti non si possono piu dimenticare. Un pittore in ritardo, se si considerano i progressi, che frattanto la "piffiura aveva fatto a Venezia. e anche Benedetto Carpaccio, figlio probabilmente di Vittore, che visse e lavoro a Capodistria. Nel quadro della Vergine col Bambino fra i ss. Giorgio e Lucia. da lui eseguito nel 1541, per certa grazia delle figure e la piacevolezza del paesaggio egli apparisce non immemore delle buone tradizioni. Ed altri dipinti fanno pensare ali' arte dei grandi pittori di Venezia. Cosi la mente corre a Tiziano davanti al s. Sebastiano, che la squisita cortesia di mons. Francesco Muiesan, parroeo di Isola, ha eoncesso alla mostra di Capodistria. E su questo (piadro io vorrei richiamare particolarmente 1' attenzione degli intelligenti di cose d'arte, oggi che e collocato in un ambiente, dove puo essere comodamente studiato. Se la costante attribu-zione ad Irene da Spilimbergo riuscisse fondata, la mostra di Capodistria avrebbe reso un segnalato servigio alla storia della pittura, poiche nei cataloghi delle maggiori gallerie d' Europa io non ho trovato alcun dipinto col nome della veneta pittrice del cinquecento. Si sa che ella apprese 1' arte dal Vecellio, e se il s. Sebastiano di Isola fosse suo, dimostrerebbe che la cli-scepola sepije derivare alla sua tavolozza piu d' un elemento deli' arte del sommo maestro. A Tiziano, e un poco anche al Tintoretto, vien fatto di pensare anche dinanzi al quadro di soggetto storico della chiesa parrocchiale di Lussingrande, quantunque il ristauro generale subito n' abbia reso piu difficile il giudizio. La firma di Palma il giovane si legge a' piedi del Crocefisso colla Maddalena e clue Santi, appartenente al con-vento di s. Anna di Capodistria, che, ridipinto com' b, conserva qualche tratto del maestro. Si potra dubitare che certi quadri at.tribuiti al Tintoretto, al Palma il giovane, a Carletto Caliari, al Padovanino, al Piazzetta, al Lazzarini, al Balestra. allo Strozzi, al Maratta. lo sieno veramente, ma cio non toglie che qualcuno particolarmente non meriti d' essere osservato o per la bont& del colorito, o per la plasticita della modellatura, o per l espressione dei volti, o per la buona disposizione. Cosi sara rischioso far il nome dei Canaletto, del Longlii, del Ouardi, o dello Zuccarelli dinanzi alle Vedute della Piazzetta di Venezia dei fratelli marchesi (-iravisi-Barbabianca cli Capodistria. ai tre Rifratti d' uomo del signor Francesco Basilio di Trieste. od a qualche altro quadro di genere o di vedute, ma tuttavia non si pno fare a meno di pensare ali' arte loro. Ma i due (juadretti di s. Spiridione e di s. Francesco. appartenonti alla chiesa della B. Assunta di Lussingrande, suggeriscono con particolare insistenza il nome d'un grande, di (liambattisfa Tiepolo; e da v vero c'e in essi pur tanto deli'arte sua magni-fica e franča. La Madonna col Rambino fra due Santi di quel (liorgio Ventura da Zara, che verso la fine del cinquecpnto aveva bottega di pittore a Capodistria. fu troppo ritoccata. perche possa dare un' idea anehe approssimativa deli' arte sua. Infine merita d' esser ricordata la testa di Madonna. che nella soavita deli' atteggiamento, ed anehe nell' uso eccessivo della biacca per il color bianco riproduce fedelmente un dipinto del Sassoferrato della National Galler\- cli Londra, e 1111 Ritratto di dama, che 11011 nel costume soltanto, richiama alla mente le dame della scuola francese del secolo XVIII. Nelle vetrine centrali e in quelle addossate alle pareti sono distribuite, a seconda delle chiese a cui appartengono, le suppellettili sacre ed i saeri paramenti antic-hi. (ili oggetti d' oreficeria piu belli appartengono al secolo XV od ai primi decenni del secolo XVI. Sono ostensori, calici, croci processio-nali, pissidi dargento dorato. ricche di edicolette, di baldacchini, di torricelle cuspidate o merlate, di finestrelle polifore, traforate a giorno, di balaustrate, con figure di Santi e di Angeli, con placchette finamente cesellate. racchiuse dentro una vaga de-corazione a fogliami lavorata a sbalzo, in cui non si sa bone se eonvenga piu ammirare la fantasia inventrice deli' autore oppurc la pazienza amorosa con cui ogli ha fini to il suo lavoro. Animato da un fervore quasi sacro egli poneva mano aH'opera couimessagli, e pago deli' intima soddisfazione d'aver fatto cosa belin, non si curava d' incidervi il proprio nome, e tro])po di rado i documenti rimediano alla sua noncuranza. Ed e per questo che i lavori d'arte decorativa esercitano sull' animo nostro una suggestione particolare, 1111 fascino strano, poichč sentiamo che in essa e racchiusa unanima, 1'artista ve 1'ha trasfusa con le suc fantasie, le sue trepidazioni, le sne gioie; ed 6 morto quando ebbe la coscienza che 1'opera sua sarebbe vissuta, e morto senza che noi sappiamo la sua vita, la sua patria, il suo nome. LIstria, anche dopo le spogliazioni subite e gli S])erperi avvenuti per 1' incuria o 1' ignoranza di coloro cui erauo affidati, possiede veri tesori dellarte deli' orafo; oggi lo si pno affermare piu che mai, quantunque qui massi-mamente si sen ta la mancanza di quegli oggetti, che parecchie chiese 11011 poterono esporre. U11 ostensorio, un calice, duc croci processionali, una colla scritta: Opus Peregrini..... Venettis 1513, una cassetta intagliata espone il Duomo di Capodistria. L' ostensorio per la sua forma slanciata, 1' cle-ganza della linea e 1' armoniosa distribuzione delle parti, supera. a raio giudizio, il calice, quello che nella notte del 16 al 17 Juglio 1909 fu robato, mentrc gli sta a paro per la ricehczza deli' invenzione, la bellezza e finitezza dei parti-colai-i. l'er di p i it conserva la sua patina antica, che gli con-ferisce certa aristocratica superiorita in confronto degli altri oggetti, che ostentano le loro dorature e pulimenti. La cassetta d' osso o d" avorio. intagliata con figure di gladiatori e frcgi, ricorda quella, che dal tesoro della cattedrale di Veroli passo al Kensington-Museum di Londra, ed e ritenuta opera bizantina del seeolo XI. Bellissimo anche 1' ostensorio di Piemonte del 1449 oltre che per la diligenza dei particolari, per la sapiente disposizione delle parti; interessanti anche quelli di Muggia, di Portole, di Isola, di Pinguente con la firma di (iiovanni da Fiume e la data 14oo. e, forse ultimo in ordine di tempo, quello di Laurana. Fra i calici accenna ad un' epoca anteriore agli altri quello di Muggia per la forma conica della coppa e del nodo adorno d i medaglioncini a cesello, che si i'ipetono aiiclii' sul piede; seguono quelli di Valle, di Albona, di Portole, Vagine istriane ior> di San Lorenzo tlel Pasonatieo, di Verbenico, di Draguccio, tutti piii o meno notevoli per ricchezza d'orna ti e bel la esecuzione. Interessante pure la schiera delle eroc.i astili di Ossero, di Fia-nona, di Veglia, di Muggia, di Valle, di Pinguente, di Cherso, per le figure, i simboli ed i fregi che le adornano. Anche 1'arte ba-rocca e rococo ha creato delle cose interessanti, come 1'anfora d' argento della cliiesa parrocchiale d'Albona, 1' ostensorio di Gri-Hignana, strano, ma di nobile esecuzione, il calice di Lussinpiccolo, pareechie Iampade cesellate o traforate a giorno. Fra le stoffe preziose 1' antipendio, coll' Incoronazione della Vergine e vari Santi, della chiesa collegiata di Veglia, non (> piu che im'illustre rovina, ma la voce delle rovine rende pensosi i viventi. La pianeta di Va-lle, del secolo XV, conserva inveee tutta la sua primitiva bcllezza; allo stesso genere appartengono i rieami deli'apparato di Ossero e della pianeta di Verbenico; quan-tuuque inferiori, notevoli sono pure le due pianete di Caisole, ne e lecito dimenticare quella sontuosa di Visignano, il piviale a florami d' oro e d' argento di Capodistria, quello di Veglia, c le tre mitre vescovili, una di Veglia e due piii ricche e assai nieglio conservate di Capodistria. A rappresentare modesta-mente la scultura e venuto un busto di Cristo in legno dipinto del 1411, mi gru])]>o in bronzo, assai pittoresco, del secolo XVIII, il Battesimo di Cristo, della Časa di ricovero di Pirano, ima nobile Jladonna del signor Agostino Tomasi di Montona, e quaiche altra cosa. In fine i picchiotti di bronzo del palazzo Tacco, di časa Borisi e Del Bello di Capodistria, i fanali per le processioni, i cassoni nuziali, le sedie, i cassettoni, gli arma-dietti, gli inginocchiatoi, i cofanetti, gli stipi, aleune eornici, lavori ad intaglio, ad intarsio o a xilografia, i cuoi dipinti, soiio esempi d' un' arte piu modesta tutt' altro che inutili. Nella sala preistorica-romana-bizantina campeggia la rico-struzione deli'Arena di Pola, bellissimo lavoro in legno naturale posseduto dalla contessa Loschi-Franzoia di Colmirano veneto, ma gli studiosi deli' antichita osserveranno anche la suppellettile ritrovata nella necropoli di Pizughi e di Villanova sul Quieto, i calclii in gesso di parecchi fregi romani del Museo di Pola, quelli dei capitelli della Basilica di Parenzo, e le pietre fregiate, testimoni della civilta micenea deli' Istria. Passando davanti ali' appartamento setteeentesco, anche senza essere cavalieri del buon teni])o antico, convien fare omaggio ali' aristocratica signora, ritratta da un ignoto pittore di scuola inglese del sec. XVIII. Poi dopo la riproduzione ben riuscita d' un' antica cucina istriana, ecco un' altra sala di quadri, che allacciano 1' arte antica alla moderna. Un po' fuor di pošto 6 il Paesaggio cosi armonioso nella luce del mattino e il verde vario deli' erba e delle foglie. Esso porta la scritta: Claudio I. V. F. Roma 1680; ma anche senza questa firma si pensa a Claudio Gellče, det-to il Lorrain, il piu grande maestro del paesaggio classico. Di Jacques Louis David b detto un bel ritratto di Letizia Bona-parte, di Francesco Hayez uno schizzo, pieno di movimento, rappresentante La Sete dei crociati; altri dipinti sono di Cesare Dell'Acqua istriano, di Cosroe Duše, di Michelangelo Grigoletti ecc. Dalla parete principale poi pendono tutto dipinti di Bar-tolomeo Gianelli, pittore capodistriano, morto nel 1896. Ma oramai la via lunga ci sospinge ed appena ci e dato volgere uno sguardo alle opere ed alle immagini degli Istriani illustri, ai ricordi della famiglia Calafatti, alle carte geografiche della nostra regione del sec. XVI e XVII ecl alla collezione di piante marine, raccolte e conservate dal signor Antonio Zaratin. Nella sala 32.° giovera osservare a bell'agio i corali mi-niati, i merletti antichi, su cui Dio sa quanti oc-chi s'illangui-dirono, quante mani saffaticarono, gli oggetti d argento, d'avorio, di bronzo, le vesti sfarzose, i ventagli, le miniatute, le tabac-chiere, le spille, gli astucci, gli anelli tutto quel mondo di va-nita eleganti, per cui ando famoso il settec.ento. E i documenti di vita vissuta nell'Istria continuano nella sala deli'etnografia con le varie fogge di vestire dei tempi andati, con le suppel-lettili domestiche, i prodotti deli' industria casalinga, gli aghi crinali, gli orecchini a tre pendoli, a ciocca, a rosetta, i veroni, gli anelli, le collane. Ed anche 1' amatore di ceramiche e di uggetti di vetro ha dove fermarsi. Nella patria di Giuseppe Tartini, fra 1'arti belle, non poteva esser dimenticata la musica; e assieme a una collezione pre-ziosa di violini, ed ai primi documenti del canto corale scritto, ecco la maschera del grande piranese, parecchi suoi manoscritti ed altri ricordi suoi interessanti. I fotografi professionisti e dilettanti non smentiscono nella loro mostra i meravigliosi progressi deli' arte loro. La morbi-dezza dei contorni, la pastosita della modellazione e la forza del chiaroscuro sono talvolta davvero sorprendenti. Nelle sale Vagine irtriane delle Corporazioni autonome dovra fermarsi tanto chi s'interessa allo sviluppo edilizio, economico e sociale dei comuni deli'Istria, quanto chi studia le loro vicende storiche attraverso i secoli. Poiche qui e la raccolta degli statuti municipali e d' altri atti storicamente importanti — come p. e. 1' atto autentico della dedizione di Pirano alla repubblica di Venezia — i progetti di costruzioni pubbliche, dettagliatamente spiegati, le riproduzioni fotografiche di importanti costruzioni condotte a termine ed altre cose che sarebbe lungo enumerare. La gentilezza, 1' ele-ganza, la proprietti aleggiano nella sala dei lavori femminili. Pizzi, merletti, prodotti deli' arte nuova od imitati dagli antichi, ricami in bianco d' impeccabile fattura, ricami a colori vaghis-simi, cuoi lavorati a sbalzo, lavori a piroscultura, pitture sulla seta o sul velluto, lavori in metallo, tutto quel mondo, con cui la donna sa farsi bella ed abbellire la sua časa, e qui disposto con signorile profusione ali' ammirazione dei visitatori e pili delle visitatrici. In un'altra scrie di sale ecco la mostra della Previdenza e quella della Didattica, mostra questa veramente consolante, poiche prova quale immenso progresso abbia fatto 1' istruzione pubblica. Non e lontano il tempo in cui neppure una niodesta illustrazione a bianco e nero fregiava i libri destinati ali' inse-gnamento. Oggi invece per ogni lezione il docente dispone di carte a rilievo, di quadri colorati, di modelli, di apparati, d'ogni sorta di sussidi, ben piu eloquenti che la sua parola, per quanto chiara e precisa. E i risultati? I lavori eseguiti dai bambini degli asili e de' ricreatori fino a quelli degli alunni delle scuole medie dicono che s' e sulla buona strada. Particolare conside-razione merita la mostra della Lega Nazionale, che vi schiera dinanzi i numerosi edifici scolastici da lei eretti e mantenuti nella regione Giulia e nel Trentino, i documenti della sua at-tivita beneflca ed i lavori con cui gli allievi corrispondono alle sue eure. E davanti al busto di Dante, il poeta di nostra gente, che vigila ali' opera patriottica della Lega Nazionale 6 bello arre-starsi in questa rapida corsa attraverso la Prima Esposizione provinciale istriana a Capodistria. Giovanni Musner. lisi, legi e siiperslizii dei Mlini di Cherso con speciale rfjuardo alla parle sellenlrioiidle deli'isola. IJsasi vedere tal volta pei sentieri dei bosehi o lungo le siepi dei prati, una specie di J) mg hi ob/imghi formati di strisce intrecciate, aventi una certa somiglianza coi coralli di mare. Chiedendo al nostro erbaiolo, che cosa siano quei funghi rari, con piena convinzione ce ne darebbe una spiegazione racca-pricciante: sono questi i cuori degli «impuri» che appariscono nel le foreste solo nelle vigilie di grandi festivita. Essi, in vita, bestemmiando 1'Eterno e negando la fede divina. cedettero 1'anima al deinonio per ottenere da esso una grazia. Precipi-tati percio fra le perpetue pene infernali, sono condannati a lasciar divorare i loro cuori dai demoni, i quali, non potendoli digerire, li rigettano nelle piu remote parti delle selve. Va no-lato che questi funghi, seccati e polverizzati, formano un far-inaco di indiscussa efficacia per le malattie del cuore. Alla vigilia di Nai o.le noi osserviamo il carrettiere af-faccendato a condurre al suo abituro un ceppo colossale, che viene deposto sni focolaio per essere acceso la sera e deve ardere lentamente e sotto speciale custodia sino al giorno del-1'Epifania. Se questo fuoco (che ci fa tornare alla memoria il fuoco sacro dei Romani, custodito dalle Vestalii avesse a spe-gnersi nel frattempo, I' anno novello sarebbe apportatore di mala ventura. Le peron1 delle nostre contrade, continuano purtroppo ad essere tenute in istato brado, ed e appunto per tal cagione che sono pavidissime; basi i dire che alla sola vista delPnomo se la d&nno a gambe come tanti camosci. Accade percio. che volendone condurre una da un luogo ali'altro, si e quasi nel-1'impossibilita di farlo. Vi sono peraltro dei pecorai che cono scono il modo di mansuefarle. Sono rari e vanno gelosi di questa loro scienza occulta. Eccone ora il secreto: La bestia ostinata viene fatta passare tre volte sotto la garnba del man driano, il quale ogni volta recita un padrcnost.ro e chiede in pari tempo 1' intercessione di san Fabiano e di sant'Antonio eremita, protettori della pastorizia. Eseguita questa cerimonia, la pecora da selvaggia che era, e resa mansueta e segue il pastore come un cagnolino. Q,uando i1, boscaiolo de' nostri luoghi, si vede interrotto da qualehe improvviso tempovale, egli non teme come noi. di cercar riparo dali' acquazzone sotto qualc-he quercia secolare, poiche egli sa se il fnlmine verra o meno a percuotere Falbero sotto cui si rifugia: mena un colpo violento di mannaia al tronco; se 1' accetta viene rimandata come se battesse sull' ac-ciaio, egli e sicuro che la folgore verra a col pire la queycia; se invece la scure si conficca nel legno, ei si ripara sotto le folte rame senza il minimo timore. Diffusa da un capo aH'altro deli'isola e la credenza dei fesori nascos/i. 1 nascondigli sono conosciuti, ma vi manca il coraggio per andarne alla ricerca. Niuno si arrischia di reear-visi. poiche fa d' uopo di portarsi sui luogo in punto alla mezzanotte e recitare una sequela di preči speciali. per affron-tare i terrori del luogo intausto. Nei pressi della citta c' e una cappella che viene tenuta in grande considerazione. appunto percM in essa vi aleggia lo spirito d' una donsella di slirpe regale, condannata a custodire un ingente tesoro. Chi volesse impadronirsene, dovrebbe recarsi di nottetempo, senza nessuna scorta. ali' altare della chiesuola e attendere li, finclie lo spettro austero venisse a presentargli un suo scettro. Sopra di quest.o egli vedrebbe avvitiechiarsi lentamente due serpi ripugnantis-sime, alle quali dovrebbe sporgere le labbra ad un bacio. In caso di riuscita egli libererebbe la fanciulla dalle sue pene atroci e sarebbe padrone del tesoro. Non lungi della citta di Ossero si vede una časa disabi-tata e mezzo disl.rut.ta dalle ingiurie del tempo, la cosidetta rasa degli spiriti. Non c'e nessuno che abbia avuto il coraggio di passare una notic la dentro, che subito dopo 1'imbrunire vi si percepiscono mille rumori, simili ali'intrangersi ili vetri e allo screpolarsi di muraglie. Vi sono inoltre delle incolte brughiere, ove spesso alla paurosa tantasia dello zappatore, appare l<> spirito maligno in sembianza di vago fanciullo e in mille guise cerca di sus-surrargli malvagc insinuazioni. Ma questi non lo teme punto. che, mostrandogli una di quelle sacre imagini o amuleti, di cui va sempre muuito, la triste visione si dilegua. Isiiazio Mitis. V opera e ranima ai Giuseppe Revere* (Continuazione, v. numero precedente). L' ideale cosi superbamente affermato e eausa del suo pessimismo. Poiche se da una parte quel suo essere aftaceatft žTmon3o dei sogni piu ehe alla comune realta lo rese di una delicatezza e sensibilita morbosa, dali' altra 1' ambizione lo cinso di ostilita piu che qualunque diverso motn o. ,Si badi che lo spunto al primo articolo sfavorevole, di cui ho fatto cenno, era la baldanza audace della prefazione al Lorenzino meglio che i veri difetti del dramma '). Al pessimismo il Revere giunge ineluttabilmente, ma a gradi e lentamente. Occorreva che il rnondo guastasse del tutto 1'anima sua piena di idealita. Prima troviamo — e vero gridi di dubbio, di mestizia, di furore: ma sono moti improvvisi e passeggieri che non hanno salda radice nell'anima. Per coin-prenderli convien pensare che il Foscolo con le sue 'turbolenti mestizie' e Leopardi con gli 'arcani corrucci' e Bvron con le enfatiche passioni erano passati per 1' Italia e che lo scetticismo era nell' aria. E poi v' erano gli affanni d' amore e i languori e i desideri indefiniti della giovanezza2). M Si vegga P artic. soppresso, pubblicato poi nella Farna del /855, pag'. 90. Allorche vi oceorre uno scrittore pieno di franchezza, che ap-pellare. io vorrei aniinosa in un' eta svergognata da tanto abiette uuiilta, e altamente avvisa: Non e morta cotesta favella del .si, eotesta generosita del pensiero, cotesta immaginativa, cotesta potenza di creazione 11011 son morte . . . bensi addormonsi, ed io ho deste le assopite, io che reco nl-P Italia nuova foggia di dramma storico, il Lorenzino, il critico posta iu severa lanee P opera e soccorso dal proprio intinio convincimento in con -trario, dee con eguale aperta schiettezza proclamar di rimando; No — l'o-pera vostra punto non rispotide alle inagnifiche vostre parole. — Allorclie uno scrittore con imprudente iattanza insulta al venerando capo d'Alfien, e vilipende a un' eta che noi non oserein certo chiamare antica, non avrft biasmo il critico se, frapponendo i proprii dubbj leali a cotauto e si cieco tumulto d'entusiasmi. gli richiede acremente O chi se' tu ecc. ecc. 2) Quanta parte nel pessimismo del R. abbia avuto P amore non in' e dato di chiarire eausa la mancanza di documenti e per la voluta indeterniinatezza degli accenni nelle Opere: cfr. vol. II pag. 364, Marine e Paesi, Lavagua IV : Ma il tuo (di Gabrielia) nome non s' attento mai Gla nel 1838 in quella poesia ch' ei pubblicd sul periodico triestino 'la Favilla' e che s' intitola: Qui me invenerit, inve-niet hominem ') e sentito tetramente il mistero che ne circonda. La sua musa — dice — Novera le sue cure ad uua ad una, E sol trova per via triboli ed onte; E col dubbio che gli empiti le imbruua, Ne' carini lascia desolate impronte •)■ E piange su se stesso: Ahi! degl' ilari tempi a me sol resta, Unico flor su desolato campo ! Un'afflitta memoria nel pensiero3). Talora ha momenti di disperazione: Non lampo d' avvenir, ne ricordanza Di venture gioite mi conforta Lo sfidato intelletto 4). E si grida poeta che il furor disforma, Posco negli occhi e rabbuffato il crine 5). Ma al canto del dubbio fa riscontro - - scritto poco prima — 1' inno alla Oarit&, ed il poeta stesso condanna la incom-posta disperazione: rubella e la rima ed infeconda Se la stringun le spire del sospetto6), E poi incalza: senza serenitži non v'e poesia: Chi sulla giovinezza inconscia e lieta Scioglie un canto di dubbio e di sveutura, "E sul mattin del di spande la scura Notte del cor, non e, per Dio! poeta; di salirgli sulle labbra; a trastullo dei curiosi non entro nelle rime, non venne a far superbire le timide prose ; esso non uscl mai dal sautuario dove tu lo ponesti ed oggi, poichfe di te altro non rimane, esce mutatn in quello d'un angelo. Chi ti cereasse faticherebbe indarno; imperciocche non v' ha piu orma di te in terra. *) Op. compl., vol. III, pag. 5. 2) Op. compl., vol. III, pag. 24 (Sdegno ed affetlo ; La nuovamusa). 3) Op. compl., vol. III, pag. 18 (Sdegno ed affetto; Ricordanza). *) Op. compl., vol. III, pag. 31 (Sdegno ed affetto; Corruccio). 5) Op. compl., vol. III, pag. 58 (Nuovi Sonetti, A un poeta stranie.ro). 6) Op. compl., vol. III, pag. 62 (Nuovi Sonetti, Mestizia). Non e poeta se uua inferma cura • Gli disforma la mente irrequleta, ..... ' .. . Se.jI furor non attempra con la pieta . Se non ei parla di miglior ventura1). Contraddizioni nevveroV Ma che si comprendono. Avanti il '48 e sempre la febbre deli' opera e deli'ideale *) che lo distrae e che dura — meno forte — anche dopo per qualche tempo. Intanto pero gli avvenimenti esteriori operavano, a poco a poco ma con sicuro effetto. su di lui. Hogia det,to che al Tapparire del Lorenzino tra gli applausi egli aveva udito ele varglisi contro la voce della critica aspra e maligna: era imica quella voce e gli era anche riusc-ito di soffocarla, ma la gioia del trionfo era guastata. E vi si aggiunga il bisogno materiale ') ') Op. compl., vol. III, pag. 15 (Sdegno ed affetto, Consiglio'. -) Op. compl.-, vol:. III, pag: 30 ('Sdegno ed affetto, Al poeta', V): Pugna per'i" alba che il Signor matura, Che guerreggiata 1' anima s' afforza. Ibidem, pag. 43 (Nnovi Sonetti, La mia culla): .... in odio ho la vita ueghittosa, E in mezzo ai gor.ghi di profondi lutti Sciolgo securo i numeri frementi 3j ATedi le lettere pubblicate da G. Caprin, Tempi andati (Pagine della vita trieština 1838-48), Trieste, Caprin 1801, pag. 340-45' e. dal Prof. Dr., tfutdo. Bustico, L'esilio di Giuseppe Revere, Salo, Devoti 1907 .... mi lagrima il cuore pensando che le mie strettezze, non mi consentano di recarmi a Trieste e di assistere alle prove (del Sampieroi. Vedi che la sventura ini (iagella in cio che ho di piii caro (a L. Butti, 15 settembre '45 — Caprin, pag. 340). Forse tra pochi giorni io seontero con patimeuti o vergogna, gli anni durati adoperando di levare onoratamente il mio nome: si, la miseria inia diventera cosa publica. Nel solo profondo della mia coscienza io saro g-iustiflcato, perche sai che- gli uomini riguardano le strettezze come colpc e sopjiortero la mia sventura, come un castigo dei nostri tempi vigliacchi e obbliosi. (Allo stesso, 1 novembre '45 - - ( aprili, pag. 341). Sai come io debba vivere col niagro 1'rutto del mio po vero iutelietto, e čredo che m quel paese (a Suša i la ineree del pensi.ero non t,rovi spaccio ,'a E. Celesia, Torino 17 febbraio '50 - Unstico). Parecchi libri furono pubblicati a spese deli' autore, come il Sam-piero, la prima raccolta di vevsi ecc. Mi parli delle Marine. Gli e da buona pezza che non danno segno di vita. Ne ho copie mille e trecenlo nella stanza che aspettano riehieste. A ine non da il cuore di gettarle in istrada e di farle vendere sui niuric-ciuoli, e i librai uon le curano; ancorche i'universale lodi il iibro . . . Stampai facendo debito, e bisogna che pensi a pagare le cambiali al lipo-grafo. Vedi che ainenissimo nego zio col libro in časa e lo scoraggiauienlo uell' auiuia (Genova 5 luglio '58 — Caprin, pag. 344). che lo premeva e il rigore della censura che lo turbava d). Al-1' attivita sua politica fondata su 1' entusiasmo piu che su la prudenza rispondeva prima Daniele Manin con il bando da Venezia, poi Massimo d'Azeglio con 1'esilio di Suša : il colpo mortale dato alla sua anima. La critica avversaria fattasi piu 1'orte a proposito del Bedmar2), diventa nel 1855 furibonda. Erano ire represse che cogliendo 1' occasione da un insulto dal Revere lanciato contro Milano scoppiavano con tanto mag-gior veemenza quanto piu lungo tempo avevan dovuto essere rattenute. Riporto un articoletto comparso su la Gassetta uffi-ciale di Milano3): il Revere 'bello e forbitissimo ingegno, una testa quanto mai dir si possa politica m ente, letterariamente e fisiologicamente eccentrica, va da alcuni mesi soggetto a certe evanescenze di spirito che lo portano, per cosi dire, fuori di se, in una specie di estasi innamorata, ma di amore che tutto si volge sopra se stesso, e vede e contempla e adora 1' imagine di un ingegno sovrumano nella imagine propria'. Poco dopo P- Cominazzi dalla 'Farna' gli gridava: matto 4). E poi i mali l) Op. compl., vol. I\r, pag. 203 [Le prime Memorie inforno ad .1. Diacono, XII : .... condussi a termine il dramma, come a Dio forse non piacque; alla revisione no per fermo; poiche me lo concio in modo da non lo raffignrar piu. 3) La Farna del 1810, N. 82, 83, 81. 3) E' nel N. deli' 11 febbraio 1855. *) Oaetan« Pasqiinli aveva compoaio un carme in onore di G. K., il quale cominciava : Italia, Italia il tuo poeta e nato e coutinuava pieno
  • tiiigi Grilli: Sonetti e Iiallate — aggiuntovi — «Un libro di Odi e C Poesie Varie« — Firenze, Successori Le Monnier, 1910 pp. 217. "Non sunt apta meae grandia vela rati» (Prop. III, 9) e il motto che il Grilli premette ali' opera sua e a ragione, che a voli alti ci vogliono ali ben piu robuste delle sue. E ben vero che qua e la ne prova, specie nei canti in cui tenta 1' evocazione storica, nella quale il Carducci e maestro insuperato; ma sono tentativi mal riusciti, perche al poeta man-cano la commozione e 1' impeto lirico, senza i quali e vana ogni poesia materiata di storia. L' autore e seguace della scuola classica del Parini, del Foscolo, del Leopardi e del Carducci e deli' opera deli' ultimo si vale molto, fors' anche troppo, giacchS spesso, come nell' ode «A un campa-nile», 1' imitazione diventa pedissequa e il poeta rinunzia alla propria fantasia per acconciarsi a sentire e rappresentare la realta attraverso la fantasia d' un altro, rinunzia alla propria individualita. Di tratto in tratto s' atteggia a poeta del dolore, ma il dolore che nel Leopardi fu quasi nna seconda natura ed ebbe radice nell' aspra e solitaria giovinezza, nel desiderio insodisfatto d' amore e di farna, nel Grilli apparisce cercato, esteriore, espresso in versi niente affatto spontanei. Seguendo il Leopardi s' addentra fra gli scogli insidiosi della poesia filosofica (cfr. i so-netti: «In Parvis Quies», e «La Catastrofe»), ma pur troppo nel Grilli il contemito e. rimasto intellettuale non s' e trasformato in intuizione, dal-1' intelletto non e passato alla fantasia, sicehe abbiamo sotto gli occhi una pura disquisizione filosofica. Uno dei difetti principali del poeta e appunto la tendenza a spargere a piene mani la filosofia, la scienza nella poesia, cosi 1' ode alla «Luce» e un breve trattato sull' utilita della luce nella natura e nell' arte, «11 Pensiero», soggetto sfruttato da lungo tempo, matica di bellezza artistica, non e un fantasma poetico, ma una semplice e inanimata descrizione della potenza del pensiero umano. Qua e 1A, il poeta, per semplice ornamento, si lascia prendere la mano dalla mitologia, mezzo vieto, se non acquista un significato novello e profondo come nel Carducci e nel D'Annun2io. II terremoto calabro-siculo del 1908 che avrebbe dovuto o potuto strappare ad un' anima di vero poeta un sublime canto di dolore, al Grilli da occasione di sfoggiare i nomi di Pluto, del Fato, della Gloria e delTAmore, di fare una lezione di morale; peggiore ancora k 1' ode «Lo Sterminio». Qualche accento inspirato ha invece il canto seguente: »Dissepolti Vivi». Non mancano canti "(«Tra i Cainpi, Solo») in cui il Grilli si lascia vincere da sdilinquimenti di sentimento che non possono spiegarsi con 1' ambiente, che ha creato nella sua fantasia, o in cui si trovava, eppero tali canti ci appariscono falsi, viziosi gia nella concezione. Nel falso, nell'artifizio cade specialmeute in «Fantasie Nere», dove le interrogazioni che s'accavallano (Chi piange'?.... Chi geme?.... Che avvien? ecc.) non danilo certo un' espressione naturale, uno svolgimento spontaneo al soggetto. II Grilli, poeta che vorrebbe dirsi classico, non poteva far a meno d' intonare il solito rimpianto per il tramonto delle divinita greche (cfr. «Fantasmi Ellenici»). Passando sopra ad altri difetti che si notano nel Grilli bisogna pur troppo notarne uno grave: il paesaggio, la descrizione sono del tutto su-perficiali, esteriori, poiche manca ali'autore quella comunicazione, quella simpatia che stringe il poeta alle cose, di cui egli interroga e riproduee le voci. Causa i difetti fondamentali, che notai piu sopra, poehe sono le poesie del Grilli che possano salvarsi dal naufragio: il sonetto «Verso la Morte», degno d'esser letto per la breviti, per 1'efflcacia di forma e di sentimento; la ballata, «Monaca al Piano» che non manca di un fascino pieno di malinconia, di una cara semplicit&. Grande k la maestria del-1' autore nelle forme metriche e nel verso, che spesso gli esce armonioso e perfetto. Ma basta cio per esser poeti V M. U. NOTIZIE E PIBBLICAZIONI. Jfc II nostro collaboratore prof. Guido Bustico dirige ora la nuova rivista di Doinodossola «Illustrazione Ossolana», a cui auguriamo pro-spera sorte. * A Pola fu rinvenuta un' ara romana. * Nino Ardenti c' invia il suo fervido carme " Ad Asinari di Bernezzo». * G. Tiineiis, direttore del «Giornaletto di Pola», pubblico coi tipi Bocasini in 2.a ed., «Ccinzonettt popolari cantale m lstria». Ne riparleremo. * Nel Bolletiino araldico di G. Pellegrini (febbr.-marzo 1910) si tratta intorno al riconoscimento della nobilta dellTsola Brazza in Dalmazia. * Per le nozze Zanello-Feresini il nostro coll. prof. V. Monti pubblico una poesia d' occasione. & E sorta a Firenze una nuova rivista Le cronaehe letterarie, di-retta da Vinc. Morello (Rastignac). Auguri. * II nuovo prof. di lett. lat. ali' univ. di Catania, G. furcio, ci invia 1' interessante sua prolusione al corso di letteratura Q. Orazio Flaceo studiato da F. Petrarca. ^ II prof. dott. (Jius. Vidossich tenne a Padova una brillante cnn-ferenza dantesca (Purgat. VII). * Della collezione Mavlitnder La Venezia Giulia e la Dalmazia e uscito il primo volume: Capodistria del prof. Baccio Ziliotto. * II nostro corrispT B. Schiavuzzl illustra nel n. d' aprile delF-ddroa la bella cittadella di Dignano. '-i * L' ultima pubblicazione di Franc. Babudri «1 vescovi di Parenzo e la loro cronologia» sta bellamente a lato delle altre due opere «Crono-logia dei vescovi di Capodistria« e deli' «Elenchus episcoporum polensium«. * Della^ Miscellanea di studi in onore di Attilio Hort:s tratteremo estesamente quanto prima. * II congresso della Lega Nazionale si tenne ai 29 maggio a Gorizia ; riusci ottimamente e si chiuse con una visita ali' Esposizione di Capodistria. * Fu messa in commercio una nuova cartolina della Lega Nazionale, disegnata dali' Orell. * In tutto il Regno e fuori si commemoro la gloriosa spedizione dei Mille, ricorrente nel maggio. / % Dei Ceniti dali' Istria di Ada Sestali parleremo cjuanto prima. * NeJ n. d'aprile &c\V Ateneo Veneta leggiamo fra altro: G. Saba-lieh, Gustavo Modena a Žara. — C. Levi, II teatro di Libero Pilotto. — A. Kava, II fallimento di un console, veneto a Trieste e una lettera di Casanova. & II Comitato centrale di soceorso dei danneggiati dal terremoto del 28 dieembre 1008 in Calabria e. in Sicilia c' invia la sua interessante «Relazione». * (i. E. Pons pubblico un bello studio su 1 fregi d' arme sull' arco dei Sergi in Pola (Stab. tip. F.Ui Niccolini II netto ricavato andrft de-voluto al Comitato «Pro Schola Nostra«. Sono usciti i voluini XXIV e XXV degli Alti c Alemorie della Societa istr. di archeol. e storia patria. Ne riparleremo estesamente in uno dei prossimi numeri. i-f f/Alpina delle Giulie tenne il suo 28.o congresso annuale addi 22 maggio. -:;<- Edoardo Benveiinti c'invia la 2.a [larte del suo bel lavoro <1 manoscritti della bibl. civ. di Rovereto«. II n.o gonil.-maržo 1910 di Madonna Vej-ona contiene fra altro: C.aetano Da Re, Notizie sui lirusasorzi. — Barclay Baron, (lirolamo Mocetto. * II dott. A lit. Jellersitz c' invia una_ sua interessante conferenza «L'ispezione sanitaria scolastica«. -iS La Societa d' assistenza e protezione femminile» — Lega contro la tratta delle bianehe — Trieste ci mando la «Relazione» sull' attivita sociale 1909. II prof. Attilio (Jentille inizio ali'Universita del popolo di Trieste una serie di conferenze illustranti la Vita triestina. Lesse sugli Arcadi roviano-sonziaci e su Domenico liossetti c la Minerva; nell'anno accade-mico ven turo la serie interrotta i|ucst' anno verni ripresa. -S Dei Canti di Cividale del poeta triestino Cesare Ilossi parlera nel prossimo numero il nostro egregio coll. prof. Quarantotto. -Sf In base a nuovi esperimenti s'e trovato che il Timavo comuuica col Frigido. A Vienna si spense il prof. Filippo Zamboni, nobile figura di pa-triotta e poeta sognatore. Vada a lui, che combntte da prode sotto le m ura di Roma, che canto e sogno la patria forte e gloriosa, che lil chiaro esemplo di civili virtu e tanto aino 1'Istria, il nostro mesto snluto. Ali' egregia sua signora condoglianze vivissime. Oiui.tA.No Tkssari cilitorp « roilattiir« rcsjumsaliile. Slali. l i('al lo 1'riora. CapiNlistrKi. \