ANNO XV. Capodistria, 1 Novembre 1881. N. 21 LA «stiomgof. notav \> rsr ih Wiiip !i .•>?;? DELL' ISTRIA iu[ a ■ Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Wmestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — On numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 123... 1230. 1230. 1230. [m lj230. 1230. (Cont.J ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo.*) — Funge da podestà in Pirano il nobil' uomo ser Pietro Morosini di Venezia. L'Istr. - VI, p. 114. — Tommaso Zeno, npbile veneziano, cuopre la carica di podestà di tutta l'Istria. Not. St. di Pola. - Pag. 193. — Erezione del convento de' Padri di San Domenico in Capodistria. Kand. Indie, ecc. . Pag. 28. Le città di Fola e di Capodistria tumultuano contro il patriarca Bertoldo. Kand. Indie, ecc. - Pag. 28, - e Manz. Anno del Fri. - To, H, p. 305. — In quest' anno si ha certa notizia di consoli in Pola. Kand. Indie, epe. - Pag. 28. -t Reggendo l'abate fra Aimone II il convento dei Cistercieusi di San Tommaso in Torcello, il monastero estende le sue possessioni nel territorio di Capodistria per le spontanee oblazioni dei devoti. Com. Not. St. delle Ch. Mon. di Venezia.- Pag. 576. . TT77 30 marzo. Il patriarca Bertoldo accorda al comune di Muggia che il podestà possa fungervi anche da gastaldione patriarchino. Carli. Antich. Ital. - To. V, pag. 220. — Roma, 18 aprile. Papa Gregorio IX conferma al capitolo di Trieste la donazione della decima delle case erette sulla terra della Chiesa tergestina, fattagli dal vescovo Wernar-do, il quale reggeva la diocesi dal 1149 al 1186. Pergam. nell'Archiv. del cap. di Trieste, - Cod. Dipi. Istr., - e Archeogr. Triest. Nuova Serie. To. V, p, §72. — Pirano, 7 maggio. I giudici locali, vicedo-mini di Tomaso Zeno podestà di tutta l'Istria, Ottonello e Bonifacio de Catulo, promettono in nome del loro comune a Giovanni Pam-pulo da Caoile il pagamento di 275 centinaia di libre d'olio. Cod. Dipi. Istr. MOSTRA AGRARIA all'Esposizione Industriale di Milano III Un intero scompartimento della galleria dei prodotti agricoli è occupato dalla esposizione apistica, ordinata per cura della Società centrale per l'incoraggiamento d'Apicoltura in Italia, colla sede in Milano. Questa mostra è degna della società benemerita che l'ha iniziata, e della bella intelligenza del Conte Barbò che la presiede. La quantità degli attrezzi, la varietà dei prodotti, il materiale scientifico ivi accumulato dimostrano il progresso e l'allevamento razionale che si fa in tutta Italia di questo mellifero insetto. L'apicoltura in Italia, quantunque favorita dal più bel cielo, dalla più vasta flora, e dalla migliore razza di api che vi esista in Europa, era negletta fino a mezzo secolo fa. La storia ci dice già come in antico, ancora presso i Komani, cotesto allevamento venisse tenuto in gran conto; non mancarono poeti a cantare sulle api ; ed ancora nel pieno fiore delle nostre lettere abbiamo un Rucellai che ne scrisse un poema. Da quell' epoca l'Apicoltura venne affatto abbandonata all'empirismo. Le api erano sacrificate annualmente a raccogliere il frutto delle loro fatiche ; il mele balsamico dei cedri nel mezzogiorno andava a male per l'imperfezione dei metodi, che si usavano nel raccoglierlo e nel conservarlo : tutto insomma veniva trascurato a segno che quasi la primitiva razza era per iscomparire. Però alla metà di questo secolo, le scoperte di Huber, di Dzierzen, e di tanti altri, che diedero vaste relazioni intorno alla vita intima delle api, reclamarono una maggiore attenzione sulla loro cura. L'empirismo doveva venire abbandonato per un allevamento razionale. 162 Cotesto scopo si propose la Società d'incoraggiamento suaccennata, la quale da prima si limitò a pochi soci; contandone ora molti e di tutte le regioni d'Italia, e facendovi parte le migliori cime di Apicultori, tra cui basteranno accennare il Conte Barbò, Sartori, Rauschenfels e Dubini. La ricca mostra apistica che si vede a Milano si può dunque considerare come il frutto dell'attività di questa associazione, la quale invero può andare superba, perchè non inferiore di certo a quella di qualunque altra nazione. La mostra del Sartori fu la prima che mi capitò sott' occhio nella mia visita; e dopo aver visto anche le altre, potei capacitarmi che questa ò la più completa. A chi non conosce il professor Sartori, dirò, come ad esso è dovuta l'arnia intitolata del suo nome; come a lui si debba molti studi sulle api; come da ultimo per iniziativa di lui venne applicata la forza centrifuga per ismelare i favi, con istrumento di tanto valore pratico, da far acquistare la sua importanza dopo la sua introduzione al sistema a favo mobile. A chi interessa l'apicoltura dirò, come il professor Sartori è il proprietario del primo stabilimento d' apicoltura in Italia con la sede a Milano; decorato di ben trentasei medaglie d'oro e con distinzioni da tatti gli Stati del mondo. E come se tutto ciò non bastasse, il Sartori compilò un manuale d'apicoltura, il più completo che fino ad oggi si conosca. Il signor Bianchi di Bettola (Piacenza) espone un modello d'apiario per 110 amie, di cui naturalmente ogni espositore ne vanta i meriti. H Dr. Angelo Dubini espone una copiosa raccolta d'attrezzi; il signor Luigi Bertolli una raccolta d' attrezzi e di prodotti apistici, con un lunario annuale ed un elenco delle piante per la produzione del mele. Una ingegnosa macchinetta per disperculare i favi espone il Capitano Crema; seguono a questa l'arnia da studio del professore Berberi; dei modelli didattici del Gattoni, rappresentanti la storia delle arnie con l'indicazione materiale sul modo d'ibernare le api ; e da ultimo 1' ape di Cipro esposta dall' introduttore Fiorini di Monselice, sono le cose che trovai più rimarchevoli. Nel mezzo ancora vi stanno quattordici smelatori, esposti da vari fabbricatori, di più o meno pregio. Segue l'esposizione dei prodotti d'apicoltura. E qui cera elaborata in tutti i modi, mele di tutti i fiori, dal più delicato a quello dell' erica alpina, aceti, liquori zucchero, vini ottenuti dal mele. .7Z 1 -'VIA Anche quanto riguarda la letteratura apistica, non fa difetto all'esposizione. Fra i vari libri ed opuscoli presentati si vedono la ricca biblioteca di oltre 600 volumi di Augusto Keller, 32 tavole anatomiche del signor Clerici, e da ultimo il giornale „1'Apicultore," pubblicato per cura della società d'incoraggiamento, il quale conta già 28 anni di vita, ed è una nobile palestra dove si esercitano tuttodì i migliori cultori dell'industria apistica, sia nella parte tecnica che pratica. Ma ci volevano a rendere completa questa mostra anche le api vive ; vedere cioè, come queste solerti ed economiche massaje elaborano iu natura il mele, la cera: ed anche a ciò il comitato vi ha provveduto. Fuori della galleria, nel pittoresco giardino dell'esposizione, giardino che poi ridiventerà pubblico, vi stanno le api, quali racchiuse in un tronco d'albero, tal' altre in una roccia come erano le prime abitazioni incolte di questi insetti, quali nelle arnie più perfezionate ed in quella da studio Barbieri, nella quale levandoci le pareti in legno, rimangono le api racchiuse fra i vetri, sì d'aver agio di poterle osservare senza il minimo pericolo di punture. Alla sezione apistica segue quella della bachicoltura, che è la fonte di ricchezza di tutu la Lombardia ed in generale dell' alta Italia. Se non erro, nessuna delle esposizioni precedenti, anche mondiali, ha potuto raccogliere prima d' ora e presentare in attività un assieme sì completo di tutte le operazioni attinenti all'industria serica. Questa mostra ha il pregio non soltanto d'illustrare con un tipo qualunque le differenti operazioni, ma ben anco di rappresentare i diversi perfezionamenti scalizzati, rendendola così non solo un oggetto di semplice curiosità, ma di utile ammaestramento. E qui ne va data lode al benemerito comitato, che seppe disporre in modo cotesta mostra, da permettere anche al visitatore estraneo a tale industria di formarsene un giusto concetto. Per cominciare regolarmente questa mia breve rivista sulla bachicoltura, devo trasportarmi in un'altra galleria, che è quella dei lavori. Una specialità della esposizione di Milano è questa, che oltre di esporre le diverse macchine e i diversi prodotti, vi sono anche delle gallerie separate in cui si vedono tutte queste macchine in azione durante il tempo che l'esposizione è aperta al pubblico. Qui anzitutto mi fermerò dall'ingegnere Susani proprietario e direttore della cascina Pasteur di (i I («hiaiiioqsD Rancate (Brianza) che è senza altro uno dei primi produttori di seme. Quando vi arrivò la malaugurata pebrina, non mancarono viaggiatori, e ve ne sono ancora tuttodì che recaronsi al Giappone per fare acquisto di semi immuni. I naturalisti però, Cor-nalia pel primo, trovarono la causa del male, dicendo essere il corpuscolo il tremendo parassita che trasmette la malattia. A rimediarvi, Cantoni sentenziò poi, che per avere uova sane bisogna che le farfalle siano sane. Da questo istante rinacque la speranza di veder risorgere la bachicoltura italiana. Si esaminano quindi al microscopio le farfalle, se queste sono sane anche le loro uova saranno sane, altrimenti si devono gettar via. Qantunque 1' esame apparentemente sembri facile, in pratica però la cosa è molto complicata, e soltanto chi ha visto la mostra dell'ing. Guido Susani può formarsene un' idea. Quando Pasteur venne a provare l'asserzione di Cantoni, che, cioè, se si vuol ottenere uova sane bisogna esaminare ciascuna farfalla che le ha prodotte; tutti i bachicultori italiani si misero alla disperazione, credendo una tal cosa impossibile ad effettuarsi in pratica. Fu soltanto l'iug. Susani che appoggiò la sentenza; anzi soggiunse, che tutto ciò è possibile a farsi, e che colla medesima facilità che si può ottenere un'oncia di seme se lue potranno produrre delle migliaja. E tutto questo 'i l'attuò fondando a tale scopo la sua cascina, organismo della quale, come i varii piccoli attrezzi lanuali che occorrono alla selezione, fu tutto da lui sventato. Che se adesso molti sono in Italia i semai, levono soltanto all' ing. Susani la loro industria. *) All' esposizione questo lavoro di selezione o litro è in gran parte fatto da contadine brianzole, the col loro classico pettine si distinguono ancora da lontano. Una parte di queste accudisce alle operazioni secondarie, che sono lunghe e molteplici, altre lavorano al microscopio. Le farfalle appena accoppiate vengono chiuse in sacchettini di garza dove depositano il loro seme. Volendo esaminarle si tirano fuori, si spappolano in un mortajo e si esamina al microscopio una gocciola del liquido ottenuto. Trovate immuni, i sacchettini corrispondenti vengono marcati, per poi venire controllati un' altra volta, per lo piti da un uomo. Per tutto questo lavoro sono impiegate nello stabilimento Susani 280 persone, producendo annualmente 300,000 once di seme. In una vetrina a scompartimenti si vedono i bachi di tutte le età, dal momento che nascono *) E inutile qui ripetere come in questo genere di studi ti attende con perseverante amore da lunghissimo tempo anche il Istria. N. d. E. fino all' andata al bosco. La contadina brianzola sempre sta accanto somministrando la foglia ai bachi, cambiandoli di letto ecc. Ma non finisce qui la mostra del Susani. Da pochi anni venne osservato dai bacologi sì teorici che pratici, che i bachi vengono molto più robusti se il seme è conservato durante l'inverno ad una bassa temperatura e costante. Ad ottenere questo, i bachicultori mandano il loro seme sulle Alpi, specie nell' Engadina. Ma il Susani volle invece ottenere nel suo stabilimento questo abbassamento di temperatura e costante; e difatti l'ottenne colla macchina frigorifera in azione che si vede all'esposizione, nella quale si conservano a 5 gradi sotto zero 100,000 once di seme. Altre svernatrici sono esposte dal prof. Verson, dal Vannuccini e Orlandi. A queste seguono delle varie incubatrici per poter aumentare gradualmente il calore a far nascere il bachino ; e da ultimo ci sono le soffocatrici delle crisalidi a differenti metodi, a calore, a solfuro di carbonio, ad ammoniaca ecc. ( Continua) CORRISPONDENZE - ' .008,W .1 ih Istituto di credito fondiario provinciale Parenzo, 24 Ottobre 1881 La VII seduta dell'Istituto di credito fondiario ebbe luogo ai 4 e 5 del mese corrente, essendo stata ritardata a motivo della convocazione dietale avvenuta nel frattempo. Fu data comunicazione al Consiglio della circolare diretta li 29 Agosto dalla Direzione, di concerto colla Giunta provinciale, ai periti fiduciari dell' Istituto, nella quale venne raccomandata ancora una volta la maggior possibile oculatezza dei prezzi ; rilevando particolarmente la circostanza che questi prezzi devono essere fatti nell' idea e sulla base d'una cauzione prammatica duratura per ben 36 anni, e non già nell'intento od allo scopo di eruire il valore di costo, o quello di una vendita immediata o prossima. In seguito a proposta dello spettabile Municipio di costì, fu nominato a perito fiduciario pel distretto giudiziario di Capodistria il signor ingegnere Gregorio Calogiorgio. Le condizioni di cassa dell'Istituto permisero già di restituire al fondo provinciale l'anticipazione di f. 2500, avuta per sopperire alle spese di prima istituzione. La Direzione dava pure parte al Consiglio che venne disposto per una ristampa di lettere di pegno, resasi necessaria dall'impreveduto sviluppo delle operazioni in questo primo anno di gestione; e comunicava altresì che le lettere di pegno vennero quotate alla Borsa di Trieste al 98%. Le istauze per mutuo assoggettate all'esame e decisione del Consiglio in questa seduta ascesero a 121, pel complessivo importo capitale di f. 240,100. Di queste ne furono accolte 70, per la somma di f. 160200; le altre vennero respinte. Assoggettate tutte all'approvazione della Giunta provinciale, furono finora approvate 65, per f. 134100; una respinta, ed altre tre pendono per la decisione, essendosi manifestato il bisogno di alcuni schiarimenti. I 65 mutui definitivamente approvati si dividono fra i vari distretti nel modo seguente : Distretto di Montona mutui 7 per f. 21100 n Pola „ 4 9 20400 » Capodistria „ 4 rf 19800 V Cherso „ 4 n 18800 n Parenzo „ 4 ti 17600 j» Pisino „ 9 n 12600 n Buje 12 r 10600 n Dignano „ 7 » 5400 n Veglia 6 n 2100 v> Rovigno „ 1 n 1600 » Lussin „ 1 ■ir 1400 » Pinguente „ 1 ti 1200 il •■ il.» » Pirano „ 3 ■ » 900 n Volosca w 2 n 600 mutui 65 f. 134100 Tra i mutuatari vi sono due Comuni. I mutui accordati fino ad oggi ammontano a 203, per l'importo complessivo di f. 320.100, e sono assicurati sopra case, e beni campestri, del rilevato valore di f. 815,300. Di questi furono finora assegnati » scontati 129, per la somma dì f. 170800. G. Il Congresso Agrario di Buje Visinada, 26 ottobre Approfitto della fermata che dobbiamo fare qui a Visinada per il riposo dei cavalli e per là nostra colazione, e vi scrivo le promesse quattro righe sul Congresso della Società Agraria, ch'ebbe luogo ieri a Buje. Sono stato a Buje dodici anni fa e mai dopo ebbi occasione di ritornarvi, e vi andai questa volta con vero piacere. Ho veduto in vita mia molte belle viste, ma queste che si godono intorno Buje tai sono sempre apparse tra le più belle. A chi viene da Trieste, come sono arrivato io, Buje apparisce, appena superata la salita di Castelvenere, tra le fronde dei boschetti di querce che fiancheggiano la strada, sulla cresta della collina come una rocca, ardita e pronta a sfidare l'assalto. Il cielo grigio di questi giorni accresceva severità ai bruni contorni delle antiche case ; sul palazzo comunale sventolava la bandiera della città. Il colle di Buje è coltivato a vigneti e tutto colorito dell'allegro rosso che hanno le foglie del refosco in questa stagione, del giallo dorato dei gelsi e dei fichi sparsi qua e là, del verde smagliante dei coronali e dei prati che a seconda della pendenza rompono in graziose linee l'erta collina. Non sono arrivato tra i primi, e non èro ancora disceso da carrozza che ho scambiato i saluti di uu gran numero di comprovinciali tutti raccolti all' ingresso della città in attesa di questi e di quelli. In mezzo a tatti spicca la figura imponente del simpaticissimo signor Podestà del luogo, il nobile signor Silvestro Dr. Venier, che ba strette di mano per tutti, che provvede subito con un volgere di ciglio a tutto ciò che può occorrere ai suoi ospiti. Ad ogni carrozza che arriva segue uno scoppio di saluti, cento mani si stringono. Ho assistito a tanti congressi agrari, e l'arrivo dei soci è stato sempre per me la scena più gradita della giornata. La deplorata mancanza d'un centro, impedisce per disgrazia a noi istriani di vederci più spesso, e questa del Congresso è la sola occasione in tutto l'anno che ci chiama con un pretesto a stringerci la mano. Sono già le undici e mezzo; tutti quelli che si attendevano sono arrivati; manca però la Inclita Giunta Provinciale. Il signor Presidente della Società onur. Dr. Del Bello fa chiamare a raccolta e ci avviamo tutti al Campidoglio, nella sala del nuovo palazzo comunale. Il campanone della torre vicina ha suonato mezzogiorno; il presidente sta per suonare il fatale campanello, e puntuale come un re entra nella sala l'illustrissimo Sig. Avv. Amoroso e prende posto al banco della presidenza, quale rappresentante della Giunta Provinciale. Sono presenti una cinquantina di socj. Il Presidente apre il Congresso con un discorso di circostanza assai ben fatto ; seguono i discorsi dell'on. Sig. Amoroso, del Sig. rappresentante il Governo, e si passa all'ordine del giorno. E qui cominciati le dolenti note. Ognuno pur troppo ha dovuto convincersi delle infelici condizioni sociali, del modo assai fiacco col quale venne condotta 1' amministrazione della Società. Tra le altre, ci furono presentati i conti consuntivi di tre anni senza la revisione dei signori revisori appositamente eletti nell'ultimo congresso generale due anni or sono. — La Presidenza ebbe la fortuna di trovare lì per Ìì tre onorevoli socj, che si sono prestati con zelo a presentare 1' arruffata matassa all' approvazione, che fu anche accordata. Ha prodotto una grande impressione la cifra sempre crescente dei canoni arretrati, e parecchie voci si fecero sentire, perchè senza complimenti sieno applicati i mezzi legali onde costringere al pagamento i soci morosi; furono approvati i conti preventivi per 1' anno 1882. Come il solito non si è potuto deliberare sulle riforme dello statuto per mancanza di numero legale. Sorse la questione delle procure, che il comitato volle deliberare che sieno ammesse; ma il congresso deliberò che non sieno accettabili per il chiaro disposto dello statuto. E se non si raggiungesse mai questo numero legale? Bisoguerà allora rassegnarsi e andare avanti come si potrà col vecchio statuto. Già io sono pienamente d'accordo col mio egregio amico Ferra: non è dalla Direzione, non è dalla sede della Società, non è dalla riforma dello Statuto che si debba sperare una vita sociale più utile : riformiamo noi stessi! egli esclama con quel suo sonoro vocione. ispirato da schietto profondo affetto per il paese, del quale affetto ha dato tante prove. E se alcuno volesse aprire la discussione, se i miglioramenti devono venire dall'alto, o se dalla folla devono imporsi a chi è posto a capo, noi lasceremo che discutano, perchè siamo convinti che non arriveranno ad altra conclusione che a quella dell'onorevole Ferra, riformiamo noi stessi! Paghiamo i canoni, andiamo alle sedute, studiamo le questioni alle quali siamo chiamati a deliberare, e tutto andrà meglio. Fu accolta per acclamazione la proposta di tenere il Congresso un altro anno nella città di Parenzo ; fu- rono elette le cariche sociali ; ') venne rimesso alla presidenza lo scioglimento delle altre questioni poste all'ordine del giorno, risguardanti la pubblicazione del giornale e la conduzione dell'orto agrario, non senza aver deliberato qualche condizione da osservarsi. L'onorevole rappresentante la Giunta Provinciale, raccomandò che sieno spesi bene i mille fiorini del sussidio accordato dalla provincia; e finalmente fu eletto un comitato speciale, composto di cinque membri con l'incarico di studiare le riforme dello Statuto e di riferire alla Presidenza entro tre mesi. E come Dio ha voluto il congresso fu chiuso alle 5 pom.; cinque ore di seduta che parvero cinque secoli, mentre in un pajo d'ore si avrebbe potuto sbrigarci. Raccomandiamo alle future direzioni di organizzare meglio le cose, in modo da rendere più spiccia la discussione, ed approfittare del tempo per qualche utile conversazione intorno a stabiliti argomenti di economia rurale. Alle cinque era pronto il pranzo; che pranzo d'Egitto! diremo il Banquet com' era scritto, stampato, su di una cartina laccata, in testa ad una lunga lista di cibi, tutti francesi, tra i quali l'inevitabile potage. Questioni di gusti ! lo avrei preferiti i risi coi figadei, la polenta coi oseleti, le beccaccie, che sieno beccacele, e non come quelle a la diplomatique ; ed ho il coraggio di dirlo a costo di passare per un provinciale di tre cotte. Abbiamo mangiato alla francese mfc con molto appetito, in una sala fatta aprire per incanto dai bravi Bujesi nello stesso palazzo comunale, splendida di luce, e dov'era provvisto al grandissimo bisogno tanto desiderato e rare volte ottenuto in tali occasioni, di spazio e di aria. Al refosco, — non fu possibile trovare la traduzione francese — cominciarono i brindisi, e da quello officiale del Sig. Presidente al libero brindisi di un socio qualunque, potete immaginare la solita serie di brindisi. A uno soltanto è costretto fiar cènno il cronista, del brindisi ditirambo del Signor parroco di Buje ; un uomo che oltre le tante belle doti che lo distinguono, ha la fortuna di avere una facile vena poetica alla quale non mftnca mai, a tempo e luogo, il lieto umore di buona lega. Il buon umore fa buon umore, ed una vera corrente di ilarità ha scosso tutti. Alla fine per iniziativa dell1 egregio Signor Ferra fn sporta una colletta per i poveri di Buje. Abbandonata la sala, da pranzo, di sorpresa in sorpresa un fragore di trombe Che si accordava in un armonia ben nota e assai cara, ci fa dubitare per un momento di essere a Buje; era la brava banda civica che ci ha fatta un' improvvisata assai gradita. Si alternarono poscia cori e banda, ed un drappello di graziose e belle signorine di Buje, dei contorni ed anche di luoghi più lontani, coi nostri allegri giovanotti fece i soliti quattro salti fiuo ad ora tardissima. I gentili Bujesi disimpegnarono con la cortese generosità che li distingue il loro ufficio di padroni di casa, e lasciarono in tutti un caro ricordo delle loro famiglie, dove abbiamo trovato ospitalità splendidissima. Il tempo fu un vero tempaccio da Congresso Agrario ; pioggia, nebbia, e poi pioggia; ciocché ha impedito qualche gita progettata per visitare le magnifiche vigne del Bujese, che hanno riempite quest'anno le cantine dei bravissimi vignajnoli. ') Il nostro corrispondente ha lasciato nella penna i nomi degli eletti ; per oggi non possiamo far conoscere altro che quello del Presidente, il signor Francesco Sbisà di Parenzo. (R.) Ho consumato quasi tutta la carta di questo albergatore, stancando la pazienza dei miei compagni di viaggio, e forse, dirò con la solita frase di chiusa, anche quella del benigno lettore, al quale domando venia. Chiudo ed imposto subito. IL ZKIS^USTO In seguito alla deliberazione presa dal Consiglio della città di Trieste nella seduta del 1° Aprile p. p., venne pubblicato l'Editto che riportiamo qui sotto per completare la serie degli atti sempre da noi registrati, relativi all'eterna questione del Risano. Il Magistrato civico di Trieste ha chiesto in data 18 aprile e 13 luglio a. c. N.ro 32700 e 20582 la concessione e rispettiva investitura di 20000 metri cubi d'acqua al giorno dalle scaturigini del fiume Risano per l'approvvigionamento della città di Trieste, con acqua pura e potabile ed allo scopo dello sciacquamelo della città, e Ciò secondo il progetto dell'ingegnere A. Burkli oppure secondo quello dell' ingegnere Giuseppe Sforzi. Giusta il progetto Bxìrkli, la conduttura comincie-rebbe all'edificio di presa presso le sorgenti, valicherebbe in tubo a sifone il torrente immediatamente al disotto di questo edifizio, per proseguire in canale murato e colla foratura di una galleria lungo le falde a destra della valle dal Risano ; ripasserebbe con sifone il fiume al disopra della località denominata Zagna, proseguirebbe poi in canale murato e coperto lungo la falda sinistra della valle fino in prossimità della Villa Decani, valicherebbe nuovamente il fiume con sifone, passerebbe in canale come sopra dietro quella Villa e seguirebbe per le pendici a destra della valle coll'interruzione di due piccoli sifoni sino sopra la località detta Marin presso la strada postale dell' Istria, ove farebbe una rivolta, e con altro sifone attraverserebbe la valle traversale sotto Marin, passerebbe in canale come sopra fino verso Scoffie di sotto e traverserebbe lo spartiacqua presso quest'ultima località a mezzo di una trincea della profondità di nove metri, ove verrebbe costruito un filtro. Staccandosi da tale filtro la conduttura proseguirebbe per le pendici al disotto di Plavia sino Colom-baris, valicherebbe in sifone le valli della Recca e della Noghera, e per le pendici del monte d'oro attraverserebbe in galleria il monte S. Giovanni fino al suo versante settentrionale verso Zaule; traverserebbe la valle di tal nome mediante sifone fino presso la località Posav, e da questa, passando dietro i Campi Santi di Trieste ed attraversando la strada postale, giungerebbe alla campagna Millanich. Giusta il progetto Sforzi, 1' acqua verrebbe allacciata alle sorgenti e passerebbe alla parte sinistra del fiume in canale murato dai filtri, continuando poi sino al ponte sulla strada provinciale dell' Istria (Divaca-Pola) ; da qui valicherebbe il fiume mediante un ponte canale, rimarrebbe poi sempre alla destra del fiume scorrendo il canale ed attraversando i vari torrenti con ponti, canali e tombini sino a Rosariol. Fra questo e Canitz, ove scostandosi dal fiume continuerebbe in ' Tunnel, attraverserebbe al disotto il villaggio di Ste- pani, sortirebbe dal Tunnel presso i fondi nominati nelle mappe catastrali Polipe e mantenendosi in canale murato attraverserebbe il villaggio di Ospo e proseguirebbe poi per i fondi Caodze, Rubtitze, Nevarde, Ber-sagnose, Crepovitze, U Coutradi e Podposa, fiancheggiando il villaggio di Caresaua. Entrerebbe quindi in una breve galleria sortendo al disotto dei fondi chiamati Gmeiuskì Hrib, seguiterebbe un canale murato, per i fondi Paretek, San Martin ed al disotto del villaggio di Dolina nel fondo Martinovaz ; seguiterebbe in direzione di Crovgle verso il villaggio di Bolliuuz, ripiegando verso i fondi Wottawa e Potok, riescendo al colle Wzelli, che traverserebbe in galleria; si dirigerebbe poscia verso i casolari Loog, passando quelli chiamati Corner e Berdon; girerebbe quindi il colle vicino e passerebbe presso i casolari Cobiz, Posar e Vicetti, sotto i quali correrebbe nuovamente in breve galleria per costeggiare i casolari di S. Anna a tramontana dei cimiteri. Proseguirebbe infine la contrada catastrale di S ta Maria Madd. superiore, entrerebbe in Chiarbola superiore ed andrebbe a raggiungere il bacino distributore nel piazzale di S. Giacomo in Monte. Visto che le acque del fiume Risano sono acque pubbliche (§ 3 della legge provinciale sull' uso e la condotta delle acque, Boll. prov. del 1870 N. 44 per Trieste e N. 52 per l'Istria), che non ostano in modo assoluto all' opera divisata pubblici interessi, stante l'adesione e le impegnative da parte degli aventi diritto all'uso dell'acqua del Risano e dei proprietari di quei mulini, nonché dei Comuni interessati alla derivazione di quell'acqua, sia verso compenso in danaro, sia verso esecuzione di specificati lavori, e visto infine non esistere nemmeno dubbi se si possa conseguire lo scopo prefisso nel modo indicato (§ 81 della sopracitata legge prov. per Trieste e § 80 di quella per 1' Istria) : si diffidano a termiui del § 82 rispettivamente 81 delle mentovate leggi tutti quelli interessati che credessero di accampare delle obbiezioni contro tale opera, a far valere le loro ragioni presso questa Luogotenenza (ove sono ostensibili i relativi piani nelle ore d' ufficio al Dipartimento III) sia a protocollo sia per iscritto entro quattro settimane decombili dal giorno della prima inserzione del presente Editto nell' Osservatore Triestino (il 18 ottobre) ; giacché in caso diverso, tutti coloro che non si fossero insinuati entro tale termine, saranno ritenuti assenzienti all'impresa od alle cessioni ed aggravi di proprietà fondiaria, come sono richiesti nei relativi progetti, e verrà pronunciata la decisione senza riguardo alle obbiezioni posteriori. Trascorso che sarà il detto termine di quattro settimane, una Commissione luogotenenziale si recherà 6opraluogo onde devenire alle trattative prescritte dal § 84 rispettivamente 83 delle citate leggi provinciali con quelle persone soltanto, le quali avranno nel suesposto termine prodotto la loro insinuazione. 2ST otizie Il giorno 27 ebbe luogo in Buje il congresso della società Alpiua. di cui non abbiamo ancora ricevuto il resoconto promesso. Sappiamo però che tra le altre deliberazioni «enne presa questa, felicemente ideata, di mandare un telegramma coi saluti degli alpinisti al nostro Lovisato, nel primo porto d'America dove si saprà del suo arrivo. Tommaso Gli erardi Del Testa Dopo la recentissima morte del Cossa l'arte drammatica italiana registra un nuovo suo lutto. Tommaso Gherardi del Testa finì i suoi giorni | addì 12 ottobre in una modesta villetta presso Pistoja, conservando anche in questi ultimi anni un' esauribile vena comica ed un fare gentile e piacevole. Il Gherardi del Testa non fu solo autore drammatico di vaglia, ma romanziere distinto. Egli scrisse molto anche in vari giornali; fu poeta gentile, patriotta valoroso, sempre fra i primi ad accorrere in difesa del suo paese. Appunti bibliografici** Dino Compagni e la sua cronica per Isidoro Del Lungo. Firenze, Le Monnier 1879-1880. ■ Nella parte seconda del volume primo l'autore tratta dei Bianchi e dei Neri dopo il 1302 fino alla calata di Arrigo settimo ; e ciò che dice delle due famose fazioni è della massima importanza. Dalle storie universali e da certe storielle ad usum Delphini si apprende così all'ingrosso, come i Bianchi fossero guelfi moderati, e i Neri Guelfi ultra : che sotto a que'due partiti fossero latenti le discordie di due famiglie rivali appena *è accennato. I Bianchi furono in fondo borghesi, mentre i Neri erano nobili anelanti a tor via gli ordini di giustizia secondati in ciò da una parte del popolo. La colpa dei Bianchi fu il rigore della giustizia popolare; ma l'elemento borghese torna a trionfare anche coi Neri : tanto era compatta e robusta la democrazia fiorentina. Caduta la sua parte, solo rifugio rimase a Dino il commercio allietato, come era uso di que' buoni e semplici mercatanti del tempo vecchio, dalle lettere. Passa quindi l'autore a discorrere della cronaca e degli intendimenti coi quali fu scritta. Segue poi in due lunghi capitoli la narrazione delle vicende della cronaca, i giudizi dei vari letterati, le ultime linee della storia dei Bianchi e della famiglia di Dino fino all'illustre Carlo Bon Compagni, già commissario regio in Toscana al tempo dell'annessione. Viene ultima la tanto attesa appendice — „Di alcune recenti opinioni e argomentazioni intorno alla cronica.,, E prima delle opinioni e argomentazioni del signor Scheffer Boichorst, indi della critica italiana cou aggiunta di documenti. Sono trecento pagine in caratteri fitti fitti; e basterebbero da sole a formare un grosso volume. Il volume secondo, e relativamente terzo perchè il primo è diviso in due parti, contiene il testo della cronica con emendata lezione, con facsimile di mano-dei secolo XV, con note copiose e appendice al commento dove più largamente si tratta delle cose controverse, e si dà agli avversari indirettamente il resto del carlino. Ma l'attenzione dei lettori che non hanno tempo o voglia di leggere tre grossi volumi sarà naturalmente rivolta all'appendice la quale rimane perciò, se non | nell'intenzione dell' autore, certo secondo i desideri dei più la parte sostanziale dell' opera. Troppo si andrebbe per le ■ lunghe discorrendo di tutte le risposte date alla critica sottile del Tedesco e alle micrologie del Pantani. Basterà accennare qualcuna. Dino dice che ai confinati fu dato dal comune per ristoro del loro esilio alcuni dauari al dì; e poco appresso chela soppressione di questi salari fu cagione di nuove discordie. — Tutte menzogne, esclama lo Scheffer, l'istrumento ne tace. E il Del Lungo: — Verissimo, l'istrumento tace, ma non tacciono gli atti consiliari 14 e 19 Febbraio 1282. Consilium XIII Capetudinum et aliorum Sapientium coram Domino Capitaneo et domino Petrobono judice et assessore Potestatis, super facto pecuniae habende prò confinatis solvendis. In altro consiglio poi si provvede al debito che il comune ha Ghibellinis confinatis prò comuni Florentiae secun-dum formam sententiae domini Cardinalis tunc Legati ecc. ecc. (Vedi volume secondo pagina 22 in nota). Tutte le argomentazioni adunque ex silentio sulle quali si fonda la critica del tedesco vanno a rotoli. Come bene poi fa osservare il Del Lungo, curioso davvero è il metodo di argomentare dello Scheffer. Se Dino tace; ecco, si ripete, il falso Dino non ne sa sapeva nulla; se paila, e la sua narrazione va di un passo con gli storici contemporanei : copiato, copiato alla lettera, esclamasi, vedi argomento infallibile di apo-crifità. Con questa critica si possono demolire molti classici ; e non solo la dotta Firenze, ma tutta Italia potrebbe temere che lo spirito di un ipercritico tedesco si prenda il divertimento di demolire quanto prima anche il Machiavelli. Alla confutazione della critica fanfaniana l'autore dedica tre appendici così divise: Filologia, storia, moralità. Alle sentenze e alle famose scommesse del Fanfani, l'autore oppone nella prima esempi di classici del trecento a josa. Il Fanfani dà del pazzo al contrafattore e scrive che maestro usato assolutamente nel 1300 voleva dire medico. Ecco esempi del contrario riferiti dal Del Lungo — rIl maestro quando hae fatta la casa, si non vi adopera più; e perchè il maestro si muoja, si rimane la casa. Fra Giordano. Prediche. — „ Allora Macrino, Albino, Gneo Pompeo e Marzio, apparecchiati di fornimenti e di maestro vennero da Roma. — „I cittadini or dinaro di fare nella detta città un tempio maraviglioso.... e mandaro al senato di Roma che mandasse loro gli migliori e più sottili maestri che fossino in Roma." Giovanni Vilani. (Volume 1 parte seconda pag. 1161). Veggasi pure sulla parola marciare la dotta dissertazione dell'autore. Dal Fanfani giustamente era ripresa tale voce come moderna e d' origine francese. Ma non si apponeva nel dedurne una prova di apocri-fità, perchè già da molto tempo l'erudito filologo Giuseppe Grassi avea restituito al testo la buona lezione — marcare, cioè confinare bene, come anche si legge nel facsimile del codice stradiniano e in nove codici della Cronica. (Volume I parte seconda 1194.) E quanto a storia ecco un saggio. L'autore delle Micrologie grida che il palazzo non c' era ai tempi di Dino; e il Del Lungo con documenti dimostra che c' era ; il Fanfani grida che non c' era la ringhiera, e da capo l'altro a dimostrare sempre con documenti che c'era. Che più?— „Che più! esclama il micrologo. Non c' era nemmeno Dino il quale, in quel trambusto di tempo, passato il 1302 . . . per non essercene più memoria alcuna, e in ragione della vecchissima età si può supporre sparito pure al mondo". Ma autentici istrumenti, coi quali si viene fino al 1820, risguardanti interessi domestici di lui vivo, sono addotti nel capitolo XX. E poi c'è la matricola dell'arte della seta (vedi i capitoli li e XX) secondo i cui registri Dino stava a bottega nella primavera del 1320. co' suoi figliuoli, col genero e con altri socii. Rimane a dire della moralità : ma basterà accennare a due soli fatti. 11 Del Lungo stava scrivendo il secondo volume ; e il Fanfani ne prevenne la pubblicazione appropriandosi alcuni fogli di torchio e sopra quelli mise in veduta la critica italiana del signor Isidoro Del Lungo. Ed anche è noto il curioso fatterello della critica a partita doppia, per cui mentre con una mano il Fanfani demoliva Dino, con l'altro scriveva il Plutarco maschile nel quale lo proponeva ai giovanetti quale modello di cittadino e di scrittore. Con questa rapida scorsa spero di aver dato una sufficiente idea dell' opera e del metodo tenuto dal chiarissimo autore, il quale ha pienamente adempiuto all'alto officio, e salvato l'onore dell'armi italiane contro le gualdane e le scorribande degli ipercritici tedeschi e nostrali. Solo rimane il desiderio che a benefizio degli affrettati lettori 1' autore stesso voglia, se più gravi studi non glielo impediscono, regalarci in un volume a parte la confutazione dello Scheffer e del Fanfani. Quando gli studi hanno preso un dato indirizzo; o meglio quando 1' opinione pubblica si è manifestata in un determinato modo, si ha pure a farne un qualche conto. Così nel caso nostro, ai jnù non importerà sapere tutte le vicende di Dino e de'suoi discendenti; ma se la cronica sia autentica o mano : è la questione del giorno. L'autore ha risposto trionfalmente, ed ha soddisfatto nell'appendice a questi desideri del rispettabile pubblico; e benché messosi all' opera contro voglia, pure ne è uscito con pieno onore, avendo deposto gli abiti curialeschi ed essendo comparso in pubblico vestito alla buona con quel fare spigliato che gli si attaglia così bene nell'appendice. Però in questa egli si riferisce spesso a quanto ha già detto nell' opera, e rimanda il lettore alle note, ai documenti altrove pubblicati; e ciò con qualche incomodo del lettore che non giunge ad afferrare subito netta la questione, impedito anche dalla differenza di stile e dalle molte cose che non hanno stretta attinenza col-argomento. P-rchè lo stile mentre è vivace, sciolto, moderno (e di ciò ne va lode all'autore), nell'appendice; nell'opera invece, come era conveniente, è ampio, largo; e il periodo si svolge e vien via via serpeggiando grave d'incisi di complementi, e di soprapposizioni ; come di uomo che ha con infinita pazienza raccolto tanto materiale per l'edificio suo, e vuole metterlo in opera tutto. Perciò è desiderabile che l'autore voglia in un solo volume collegare le sparse fila e rispondere direttamente agli antidinisti. E se egli non ha tempo o voglia di sobbarcarsi a questo lavoro, si compiaccia almeno di aggiungere in fine dell'opera un copioso indice dei nomi delle persone e delle cose. E qui, prima di finire mi permetta l'illustre autore che io candidamente, come è mio costume, lo ringrazi di una anzi di due gentilezze usatemi. E la prima si è di avere a pag. 501 del volume primo riportato un mio giudizio sull'Intelligenza poema attri- buito a Dino Compagni, e tolto da uno scritto sulla Nuova Antologia, (primo Gennajo 1873 Dino Compagni poeta). Questo io reputo altissimo e non meritato onore. Nel grandioso monumento innalzato da Isidoro Del Lungo a Dino Compagni; monumento tutto di solide pietre e di ben contesti mattoni, c'è anche uua mia pietruzza, e il chiarissimo autore così bene ha saputo incastonaverla, da farle perdere la natia ruvidezza. La .seconda cosa di che io lo ringrazio si è di avere, dopo una certa tiratina d'orecchi, giudicato la mia „— uua critica che ha il giovanile difetto di camminar troppo a testa alta (Voi. primo pagina 446 ) Ammesso che lo stile è l'uomo, certo mi compiaccio dell'appunto, con quei cinquanta e più carnevali che mi pesano sulla schiena. Iu quanto poi alla tiratina d'orecchi paucis absolvar. Non ho scritto volumi, ma due opuscoletti su Dino Compagni, con quelle cognizioni, e pochissime fonti di storia fiorentina che poteva avere alle mani, ed ho scritto su Dino, quando era colpa solo il nominarlo, tutti se ue lavavano le mani, e perfino 1' Annuario Storico sgattajolava rimettendosi al futuro giudizio del Del Lungo. Mi appone l'autore di non aver conosciuto i tempi, di aver recato ingiuria a Dino, si meraviglia della mia meraviglia e ignoranza di tante belle cose, come del non sapere che un guelfo potesse avere cieca fede in uu principe di Francia, e credesse di salvare il partito con le processioni, e chiude le sue osservazioni con un'allegra risata alle mie spalle. E rido anche io. Solo mi permetto di osservare che io nou ho inteso di giudicare il medio evo con le idee moderne, nè mostrato alcuna avversione al sentimento religioso, che credo necessario a giorni nostri come nel medio Evo e nei secoli di là da venire. Ho semplicemente deplorato che Dino Compagni credesse di salvare Firenze con le processioni; perchè, dacché mondo è mondo, in tempo di guerra gli uomini di stato, non disprezzando gli ajuti celesti, hanno sempre ricorso a buone spade e cannoni da Numa Pompilio infino a Pio uono. E perciò ho detto e ridico che Dino Compagni, benché dotato di molte belle qualità, ci ha fatto iu quella occasione la figura dell' uomo dappoco, senza per questo essere uu personaggio ridicolo qualmente è parso al Fanfani di mostrarcelo con tante buffonate. Lo capisce adesso il chiarissimo Del Lungo il perchè di quelle mie concessioni, che erano anche tutte di circostanza, e buttate là iu uno scritto d'occasione ad captandam benevolentiam? Che Dino Compagni poi fosse un uomo debole, di sentimento e non di forti propositi, seuza essere per questo ridicolo, nè esporre al ridicolo chi lo dice, posso dimostrarlo ampiamente e con ben altre tabelle. Che il buon Dino infatti fosse un uomo ingenuo lo confessa il signor Del Lungo a pagina 84 Volume primo. Più in là trova Dino nelle file dei più prudenti, o dicasi anche se si vuole dei timorosi ed indecisi, i quali sotto specie di pace leggermente possono essere ingannati (pagiua 89, Volume primo). Altrove lo paragona ad altro grande galantuomo uomo débole e pacifico anche esso, a Silvio Pellico, (pag. 218 idem). E due pagine dopo lo incolpa di non aver saputo indovinare come uomo di stato i pensieri dei Neri e riconosce i suoi mancamenti (pag. 220). E tutto questo se non è zuppa e pan bagnato, potrei io ripeterà all'egregio scrittore. E finalmente secondo il giudizio dell'illustre critico De-Sauctis riferito dal Del Lungo a pag- 945, (Voi. primo parte seconda), Dino è sempre il buon Dino, il povero Dino, tre volte buono, il povero So«■ derini di quel tempo. Tale e quale il mio giudizio. Ma il De Sanctis, è il De Sauctis, e qualcheduno bisogna pure che paghi. E qui faccio punto, perchè si sa, il riso è contagioso, e non vorrei si ridesse alle spalle di molti. Si può adunque conchiudere che Diuo fu uu onesto uomo, ma ebbe pure i suoi difetti, e non fu uomo di stato. E quale scrittore ha delle pagine stupende nella sua cronica, ma anche qua e là molte imperfezioni. E perciò come era falsa l'argomentazione del Fanfani — la cronaca è brutta, dunque e apocrifa ; anche sarebbero lontano dal vero chi si studiasse di alzare al terzo cielo la cronaca quale un'opera perfetta per venire alla conclusione — la cronaca è bellissima, dunque è vera. Ma queste osservazioni tutte personali nulla tolgono al valore grande dell'opera. La quale anche vuol essere raccomandata agli studiosi della nostra letteratura pel molto lume sulle questioni dantesche. Ci sono di vero molte interpretazioni, e alcune nuove e bellissime, come quella sui noti versi di Dante . . , . a mezzo novembre Non giunge quel che tu d'ottobre fili Parg. VI, 143, 144. Non è, come credevasi, un' allusione generale, ma accenna ad un fatto importante della storia fiorentina. I uuovi priori entrati in carica al primo ottobre, dovevano durare in carica tutto l'anno ; invece pel trionfo dei Neri addì 8 novembre si crearono contro le leggi dello stato priori nuovi di parte Nera, e furono precisamente quelli che condannarono Dante all' esilio, Conchiudiamo. La critica italiana per mezzo deb-l'illustre Del Lungo ha risposto trionfalmente alle critiche tedesche; la dotta Firenze ha salvato il suo Tucidide. E poiché la dotta Germania troppo presto ha cantato osanna e raso Dino Compagni dall' albo degli uomini illustri di Firenze, favorisca rimet* tercelo come era prima. Il durare nell'esclusione per picca sarebbe almeno almeno ridicolo. P. T. ..........rti ''"J""! -• ■ ' ......*rrTS—;-n-r^r PUBBLICA ZIONI Almanacco e Guida scematica istriana per l'anno 1882. Anno V. Gorizia, tip. e lit. Seitz. P. Moraedit. Benché difetti ancora di esattezza, specie nei nomi, questa guida istriana compilata dall'indefesso signor Mora è ormai indispensabile per chi desidera avere indicazioni sulle ditte commerciali e industriali dei maggiori centri della nostra provincia; nonché sui vari dicasteri, associazioni, sicurtà, sulle poste, telegrafi, battelli, traghetti, ecc. Ella è corredata poi di una serie di nozioni e scoperte interessanti l'agricoltura, desunte dalle migliori opere di rurale e domestica economia. — È vendibile dai principali librai di Gorizia, Trieste ed Istria, al prezzo di soldi 70.