ümi\ i /m Xc: • wm X-'/ - ••• « c Jr/ PROGRAMMA DELL’ I. R. &IITSASI0 SUPERIOEE CAPODISTRIA CAPOD1STR1A TIPOGRAFIA COBOL & PRIORI. 1888 PROGRAMMA DELL’ I. & aimsio STJPEBIOEE DI CAPODISTRIA CAPODISTRIA TIPOGEAFIA COBOL & PRIORA Parte Prima: Saggio di una Biografia di Ugo Foscolo, tratta dalla sua corrispondenza epistolare, per cura del prof. Antonio Zerniu. Parte Seconda: Notizie intorno al Ginnasio pubblicate dalla Direzione. Edit. La Direzione dell'I. R. Ginnasio JSaGGIO DI UNA jSlOGRAFIA DI UGO FOSCOLO Tratta dalla sna corrispondenza epistolare ') «Niuna azione mai ne iniqua ne bassa ha contaminato i miei giorni.> (Mest. I) Nel 1778, l’anno appunto in cui morivano Voltaire e Rousseau (Ep. 21), Nicolö Ugo Foscolo vide il primo raggio di sole nella chiara e selvo&a Zacinto risuonante ancora dei versi onde Omero e Teocrito la celebrarono (Ep. 129); e di quest’isola, che sempre gli stava a cuore, piü volte negli anni appresso ei chiederä, notizie a’ suoi amici (Ep. 99). La madre 2 di lui fu greca, e greca fu pure la nutrice (Ep. 129). Sotto il clemente cielo di Zante ebbe, fanciullo, la sua prima educazione (Ep. 384), passö poi in Dalmazia ove frequentö le prime scuole (Ep. 4, 5. Per. 135, 173) 3. Ancora ne’ suoi teneri anni fu minacciato dalla morte e dalla cecitä, e per conservarlo alla famiglia furono come inviate dal cielo le premurose eure del signor Yordoni; e di ciö ricordandosi con gratitudine anche piü tardi con-traccambiava di amore e stima il figlio di un tanto benefattore (Ep. 38). II decadimento della sua famiglia, causato dalla morte del padre4, gli tolse poscia quegli agi che consolarono la sua giovinezza (Ep. 96, 222); e la povera madre, ch’ egli amö sempre teneramente (Ep. 2, 85, 171, Per. quasi tutte le lettere), lo menö seco a Venezia, dove egli prosegui i suoi studi. Indi, fattosi grandicello, 1’ Amorosa geni-trice lo condusse a Padova, ove forse frequentö la scuola del Cesa-rotti, al quäle mostrossi molto affezionato (Ep. 2). Di sedici anni avea giä, composte alcune poesie che offriva all’amico Costantino Naranzi, dichiarandole dettate dall’Amore, «quella divinitä piü benefica deli’ uomo, che anima la nostra esistenza e che c’ illude con delle immagini di voluttä, e di speranze» (Ep. 1). Giä nei giovanili suoi anni viveva animato dai presentimenti del cuore, che gli presentava dopo la morte un incerto avvenire che non era lontano: si perdeva coi sogni di un’immagine ormai stanca: tutto era per lui dubbio e dolore, ne lo confortava la sicurezza dell’ amicizia di pochi (Ep. 2). Credevasi nato per la solitudine, e dichiarava essere il suo male il demone della continua e funesta melanconia ch’erasi impadronito dell’animo suo (Ep. 3, 139, Mest. 26). Era di tempra molto sensibile, e credeva perciö che tutto l’uni-verso cospirasse ad unirlo agli esseri che gli erano piü cari e senza cui non poteva vivere. «Io mi al'fiso», scriveva dalla Ceriola nel settembre del 1796, «io mi affiso sulle lettere di mia madre, io leggo 1’ Ossian, io bisbiglio i canti che scrissi per la mia amica; e tutto mi preselita e il genio, e 1’ affetto materno, e la bellezza di Laura, e la tomba dell’ amico perduto, E tanta fede, e si dolci memorie, E si lungo costuine! — (Ep. 2). Ed a Gaetano Fornasini mandava nel 1795 il seguente suo ritratto morale: «Le malinconie non mi lasciano che di rado, ed io ne godo che alberghino meco. Non nutro sensi o pensieri di rancore e di nera ipocondria, ma di dolori che mi sollevano, e che mi trasportano in una deliziosa fluttuazione d’ affetti od in una calma concentrata che mi conduce alla saggia meditazione.» Fisicamente poi cosi si ritrae: «Di volto non bello, ma stravagante e d’ un’ aria libera; di crini non biondi ma rossi; di naso aquilino, ma non piccolo e non grande; d’occhi mediocri, ma vivi; di fronte ampia, di ciglia bionde e grosse, di mento ritondo. La mia statura non e alta, ma mi si dice che deggio crescere; tutte le mie membra son ben formate dalla natura, e tutte hanno del ritondo e del grosso. II portamento non scuopre nobiltä ne letteratura, ma e agitfito trascuratamente» (Ep. 682). Nell’anno 1797 troviamo il cittadino Foscolo a Venezia — ove la rappresentanza nazionale gli aveva affidato 1’ ufflcio di redattore dei processi verbali della Municipaliti provvisoria (Per. 135) — oc-cupato nello scrivere la sua prima tragedia Tiesle. Le teoriche che il Foscolo seguiva nel comporre le sue tragedie trovansi esposte in una lettera che scriveva a Silvio Pellico nel 1813. «La tragedia,» egli dice, «e un’azione operata da uomini, i quali denno dalla madre natura avere sortito caratteri forti d’ animo: e questi caratteri l’autore deve desumerli dalla esperienza quotidiana del mondo e dalle storie; e alle realtä aggiungervi la bellezza, grandezza, deformitä ideale, come fanno i sommi pittori e scultori, i quali ci rappresentano volti d’ uomini che noi confessiamo essere perfettissimi della specie umana, e nondimeno non troviamo tra’ mortali viventi verun modello che somigli quelle figure; con che si viene a conseguire il nuovo, il mirabile e il sublime, senza il quäle non si danno arti d’ immagina-zione. Trovati i caratteri, l’autore dovrä dare ad essi passioni conformi alla loro indole, persuadendo allo spettatore che quelle passioni le aveveano nell’ anima giä da gran tempo e che bollivano segretamente e operavano, il che conferisce al verosimile e al vero; ne lo spettatore crederä. esagerate quelle passioni, ove s’ accerti che sieno state alimentate dal tempo in anime forti. Finalmente, dati questi caratteri e queste passioni, 1’ autore deve, nel breve spazio dal prin-cipio alla fine dell’azione, far nascere tali accidenti che, quantunque naturalissimi, ridestino quelle antiche passioni, le facciano operare fortemente in quei forti caratteri, e sciolgano pietosamante e terri-bilmente 1’azione» (Ep. 325). Dedicö il Tieste «al tragico dell’Italia,» 1’ Alfieri, dicendo che 1’ avrebbe presentata piü degna di lui, se la rapacitä, dei tipografi non gliel' avesse carpita e stampata, aggiun-gendole ai propri difetti le negligenze della lor arte (Ep. 5). 5 Nel turbine della rivoluzione francese il Foscolo conservö sempre nobilmente altero 1’ animo suo. Dopo il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) esulö dalla Venezia (Per. 142, 144); si moströ aman-tissimo dell’Italia, sua seconda patria; sprezzö ogni lode spesa vilmente in pro’ dei grandi, ai quali solo rendeva omaggio quando li vedeva interessati pel bene dei popoli e per la libertä. della patria. In questo senso scriveva alla cittä di Reggio: «L’ alto genio di libertä che m’ infiamma, e che mi rende uomo libero e cittadino di patria non in sorte toccata ma eletta, mi dä i diritti deli’ Italiano, e mi presta repubblicana energia; ond’io, alzato su me medesimo, canto Napoleone liberatore, e consacro i miei canti alla cittä animatrice d’Italia» (Ep. 4). E al Fornasini scriveva: «Io per vivere libero abbandonai patria, madre, sostanze. Venni nella Cispadana con la devozione dei demo-cratico; passerö la vostra rigenerata cittä — Brescia — colla sacra baldanza dei repubblicano; potremo per la prima volta giunger le destre sciolte dalle catene dell’oligarchia.» (Ep. 6). Ma come 1’ animo dei Foscolo era fiero per amore di libertä e di patria, altrettanto era tenero d’ affetto pel povero e per 1’ oppresso. Al ministro di polizia Sopransi scriveva «colle mani bagnate dal sangue di un vecchio, che aveva raccolto da terra schiacciato da una car-rozza.» E dopo aver descritto il doloroso fatto, con tutto l’impeto della sua giövanile passione, esclama: «Ella 6 vergogna che nella patria di Beccaria, ridivenuta libera, sussistano ancora i delitti della tiran-nide, e si veggano miseramente perire i cittadini sotto quei cocchi, ove siedono i giä potenti, insultando il popolo pedestre. Chi sa che i grandi non vogliano in questa maniera vendicarsi dei popolo che ha rivendicato i suoi diritti? Le ricchezze somministrano sempre i mezzi di vendetta.» (Ep. 7). II carattere dei Foscolo trovasi ancora scolpito nella lettera che scriveva nel 1798 al cittadino Containi Costabili, ove, dopo aver detto che sceglieva per patria la generosa repubblica Cisalpina, e di tribu-tarle in omaggio i suoi pochi talenti e il suo braccio, continua: «Ma e dovere dell’uomo morale di non vivere nell’ avvilimento a carico della societä. Oso chiedere perciö un impiego che non mi renda inutile alla repubblica, e che basti alla mia sussistenza» (Ep. 10). Giä nel 1797 il Foscolo avea composto un’ ocle a Buonaparte liberatore (Ep. 4), al quäle scrisse poi da Genova durante 1’ assedio (1799) una famosa lettera, premessa ad una ristampa dell’ode medesima. Con questa lettera egli dedicava al Buonaparte 1’ ode, non giä per lusingarlo col suono delle sue gesta, ma per mostrargli col paragone la miseria dell’ Italia, che giustamente aspettava ristaurata la libertä. da chi primo la fondö. «Possa io», conclude, «intuonare il nuovo canto della vittoria quando tu tornerai a passare le Alpi, a vedere ed a vincere»! (Ep. 14). Laseiamo per poco la politica, ed entriamo nella vita intima, liel cuore del nostro poeta. II Creatore deli’ universo l’aveva formato di una creta atta a ricevere tutte le piü gentili impressioni della grazia e della beltä (Ep. 283); il suo cuore era nato col bisogno di amare appassionatamente (Ep. 259): e la storia de’suoi molti amori occupa, in effetto, non poche pagine della sua biografia.0 Fin dal 1798 erasi a Milano perdutamente invaghito della bellissima romana Teresa Pikier, moglie di Yincenzo Monti, senza esserne mai ricambiato. 7 Ma la prima lettera amorosa che incontriamo nelVEpistolario e diretta a Isabella Roncioni, e porta la data del 1799. 8 Citiamo un brano della medesima, che desta interesse per essere tutta informata della passione che cainpeggia nell’ Ortis, opera che essa gli aveva ispirato (Ep. 313): «M’era proposto di non piü scriverti e di non piü vederti. Ma .... io non ti vedrö, no. Soffri soltanto queste due ultime righe che io bagno delle piü calde lagrime. Fammi avere in qualunque tempo, in qualunque luogo il tuo ritratto. Se un sentimento di ami-cizia e di compassione ti parlano di questo sventurato .... non mi negare il piacere che compenserebbe tutti i miei dolori. Quel giovine felice che ti ama, te lo consentirä egli medesimo. Egli e riamato e piange. Da ciö poträ egli argomentare quanto io sono piü infelice di lui, che poträ, vederti ed udirti, e dividere teco il suo pianto; mentre io nelle fantastiche ore del mio cordoglio e delle mie passioni, annoiato di tutto il mondo, diffidente di tutti, malinconico, ramingo, con un pie sulla fossa mi conforterö sempre baciando di e notte la tua sacra immagine; e tu da lontano mi darai costanza per sopportare ancora questa mia vita. Morendo, io ti volgerö le ultime occhiate; io ti raccomanderö il mio estremo sospiro, io ti porterö con me nella mia sepoltura, con me ... . attaccata al mio petto E piü sotto scrivo: «T’ amo e t’ amerö sempre; e sarö sempre infelice» (Ep. 12). Appassionate e piene d’amoreper Isabella sono anche le lettere nelle quali egli apriva il suo cuore alla Signora * * * «Spero», scri-veva, «che quella divina fanciulla non sarä sdegnata con me, e che la sua compassione accompagnerä questo infelice nelle fiere avventure che forse lo aspettano. E che mai poträ placare i miei mali nei paesi dove non potrö ne vederla nö udirla? Unica mia occupazione sarä di piangerla sempre .... giacche 1’ ho perduta senza speranza.» (Ep. 13). Di fatti Isabella si maritö; ma il Foscolo non la potö di-menticare tanto presto; e scrivendo a Giov. Batt. Nicolini 9, otto anni dopo, gli confessava di non leggere poeta d’ amore senza appli-care i versi piü teneri alle rimembranze della sua gioventü; di non vedere chiome ed occhi azzurri nuotanti, senza ricordare subito «La bella giovinetta eh’ora e donna» — (Ep. 85, 60). L’amore per la Roncioni fini nel gennaio del 1801. Nel dicembre del 1799, trovandosi il F'oscolo a Nizza, fu colto insieme col fratel suo dall’epidemia che ivi infieriva; fortunatamente entrambi sfuggirono al pericolo. 10 Dall’anno 1800 in poi troviamoil nostro au tore a Milano (dove, come abbiamo detto, erasi ricoverato dopo l’occupazione di Venezia da parte degli Austriaci) vestito da soldato col grado di capitano aggiunto allo stato maggiore della divisione cisalpina. Come tale, il Monilore Bolognese lo accusava di aver mancato ai suoi doveri di soldato, e calunniava indegnamente il generale Pino. II Foscolo rispose francamente con un articolo inserito nelle Notizie Politiche, ove tra altre cose seriveva: «II dovere di militare e di repubblicano mi obbliga a dirvi ehe il vostro corrispondente di Rimini h un calunniatore, voi (1’esten-sore del Monitore Bolognese) imprudente e villano: tutti e due ne-mici della pubblica cosa» (Ep. )5). Nel 1801 domanda al ministro della guerra la sua dimissione. II Foscolo aveva militato non per ambizione, nö per interesse, ma per la salute della repubblica. Aveva combattuto a Cento, a forte Urbano, alla Trebbia, a Novi, a Genova, in Toscana, riportando pri-gionia, attestati e ferite (Per. 144). Nondimeno militando aveva sempre creduto di salire, non di scendere. Ora, di capitano aggiunto si vede capitano di terza classe, senza foraggi e con meschino stipendio senza saperne il perchž. Per questi motivi, esposti in una lettera diretta al ministero della guerra, era costretto a dimettersi; e conchiudeva: «Mi mancher^ il pane forse non mai 1’onore; ed io reputo venera-bile e magnifica la povertä di colui ehe non ha mai prostituito il suo ingegno al potere, ne la sua anima alle sventure» (Ep. 16). Ma il vero motivo ehe lo costringeva a dimettersi (o pivi propria-mente a subire la dimissione) si fu un alterco avuto a Milano in un caffe, dove la sua eccessiva passione pel giuoco lo traeva troppo spesso (Ep. 259), nel quäle egli avea, secondo 1’ accusa, respinto ed insultato la forza pubblica (Mon. 2, 3). Le angustie economiche in cui il Foscolo cadeva in seguito a questo spiacevole fatto erano molto sensibili, e lo costringevano a farsi prestare duecento lire da Vin-cenzo Monti (Mon. 1). Cid non ostante lo vedremc pivi tardi indos-sare di nuovo la divisa militare. Nel luglio o nell’ agosto di quest’ anno incomincia il carteggio amoroso del Foscolo con Antonietta Fagnani, maritata al conto Arese (o Aresi? Ep. 29). Questo amore, ehe deve aver avuto principio in una festa da ballo (Mest. 105), fu da prima scambievole e veramente ar-dentissimo; ma la volubilita deli’ Antonietta, ehe due volte ebbe ad abbandonarlo (Mest. 109), suscitö parecchio le gelosie di Ugo, le quali gli rodevano 1’ animo appassionato, e lo trassero a sostenere non meno di tre duelli (Mest. 111). In tutto questo carteggio domina ciö non di meno un sentimento sempre elevato , non mai la sensualitL «Sai (le seriveva) ch’io incomincio a sentire per te qualche cosa di piü deli’ amore ? Una certa pietä, una certa riconoscenza, un caro e pro-fondo sentimento d’ amicizia . . . si, si; passeranno forse i deliri del-1’ amore, ma questa dolce corrispondenza d’ affetti ci legherä per tutta la vita» (Mest. 11). E altrove: «T’amai e t’amo con tutta la lealtä e la delicatezza della virtü» (Mest. 3). A lei s’ ispirava il Foscolo serivendo la celebre ode Ali’ amica risanala; ed ella gli tra-duceva in italiano il Werlher del Goethe (Mest. 30, 31, 83). Ma questo appassionato amore doveva finire tristamente gi& ai primi di maržo del 1803. La Fagnani allora gli seriveva: «Vi hanno ingannato se vi hanno suposto 11 ehe io dica male di voi. Sappiate. che non lo penso, e che se anclie lo pensassi, non lo direi, perche 11011 ci sarebbe il mio amor proprio a diffamare uno per il quäle hopubbli-camente dimostrato stima ed amicizia. Riguardo alla visita di Bolognini, non so cosa intendiate per diplomatica, quello che posso assicurarvi 6 che quantunque non ci sia tra me e Bolognini quell’ armonia che v’era avanti, lo credo perö incapace di qualunque intrigo. Voi bra-niate che vi restituisca gli vostri ritratti, ed eccoli uniti alla presente, desidero auch’ io che voi mi rendiate le mie lettere, e mi lu-singo di trovarvi egualmente compiacente. Mi spiace che prendiate le cose cosi a sbalzo, e che crediate inconsideratamente tutto quello che vi viene suposto, e specialmente attribuviate a me tanta ingrat-titudine quanta non sono nemmeno capace di concepire. Ringrazian-dovi in prevenzione delle lettere che non dubbito avrete la compia-cenza di mandarmi, vi assicuro che il vostro nome non esisterä nella mia bocca, essendo giä avvezza a non parlarne mai. La vostra amica A. A.» (Mest. 112). Qualche giorno dopo il Foscolo riceveva da lei un’ ultima lettera, ma egli gliela rimandava sigillata, dicendole: «Se vi discolpate, io credo piü a’ miei occhi che alle vostre parole; ed il tempo delle parole e passato, e le discolpe sono inutili. Se mi offendete, non voglio avere nuove ragioni di sdegno. Se mi lusingate non posso credervi, ne se vi credessi mi degnerei di arrendermi. Quello che ö stato & stato. Addio. Profittate.» (Mest. 114). Celebre e 1’ Orazione o Panegirico a Bonaparte (Ep. 19) scritta dal Foscolo nel 1802 pel congresso di Lione, intitolata ai cittadini Sommariva e Ruga, membri del Comitato di Governo della repubblica cisalpina, ai quali, colla franchezza che gli era tutta propria, scriveva: «Voi trasceglieste a tanta opera un uomo di mezzano ingegno ma di alto cuore non mai domato ne dai benefici nö dalle ingiurie» (Ep. 18). Da questo libricciuolo, come lo chiama 1’ autore, egli non si riprometteva il titolo di sapiente oratore, ma bensi alcuna fama di oratore libero ed italiano. Questa orazione, ch’ ei mandava a tutti i pochi primi ed eletti Italiani (Ep. 22), si stampö palesemente, ma si pubblicava alla macchia, onde il Foscolo pregava 1’ abate Bettinelli di non promulgarla troppo (Ep. 21, Per. 138). Nel marzo di quest’ anno il Foscolo domanda al vice-presidente della repubblica italiana il posto di segretario presso la legazione italiana residente a Parigi, o presso qualche altra Legazione, e se-gnatamente nell’ Etruria; e benche di lui facessero fede i consultori Paradisi e Caprara, e i consiglieri Giovio, Cicognara, Gallini; dei suoi studi, i professori Fontana, Oriani, Monti, Butturini, Morali, Lamberti; e della sua probitä. gli stessi suoi nemici (Ep. 20), pure non ottenne nulla! Domandö perö, ed ottenne, nel settembre dello stesso anno 1802, la cittadinanza italiana inerendo all’articolo VI della costituzione e alla legge del 27 luglio. Appoggiava la sua domanda ai seguenti motivi: 1°. Come emigrato subito dopo il trattato di Campoformio da Venezia mia patria, dove io fui uno de’ due segretari del governo. 2°. Per aver scritto liberamente sempre e non venalmente mai per la Repubblica in tutto il primo triennio, dove non ebbi, ne chiesi impieghi. 3°. Per la cittadinanza da me avuta dal Corpo Legislative» con atto espresso. 4°. Per avere animosamente combattuto nei piü difficili tempi per quasi due anni in favore della Repubblica, riportando prigionia, attestati e ferite; e segnatamente a Genova, dove anche per opera mia fu ripreso il forte dei due fratelli, prima della discesa di Bonaparte, e cosi protratto 1’ assedio di Genova, e salvata l’Italia. Di ine fa anche fede il rapporto stampato dal generale Massena; e farä fede al consiglio legislativo il ministero della guerra. 5.° Per il mio continuo domicilio nella Repubblica dal giorno della mia emigrazione nell’ ottobre deli’ anno 1797, eccettuati perö i tempi del mio servizio militare. 6°. Per i miei studi, de’ quali spero di non aver dato nell’ etä mia basse prove, offerendo i miei scritti all’ esame dei dotti piü in-signi della Repubblica (Ep. 23). In quest’ anno si trovö il nostro poeta avvolto in fieri casi, onde avvennero duelli o almeno disfide. La lettera dalla quäle togliamo questi dati b scritta in aria di mistero, indirizzata al Signor * * *, e tutti i nomi vi sono soppressi, onde vana sarebbe qualunque con-gettura. Causa di tali guai si fu il carattere di lui, il quäle, come egli stesso confessa, era bensi onesto e löale, ma impetuoso ed in-considerato; il suo umore era rigido e malinconico. Ma se la 'sua indole lo trascinava a qualche stravaganza, quest’indole stessa lo con-sigliava a un nobile pentimento e ad una generosa ragione (Ep. 31). L’ animo suo certamente non era cattivo, ma le passioni prepotenti non di rado lo sovverchiavano; e tal fiata pensava al suicidio (Ep. 129, Av. 7, Mest. 51). 12 Nel 1802 furono ancora date alle stampe Le ultime lettere di Iacopo Ortis, scritte dal Foscolo «in tre anni di sventura e di esiglio», come egli stesso si esprime scrivendo al «primo Italiano», cioe a Yittorio Alfieri (Ep. 25). II poeta espose le sue vedute intorno a quest’ opera tanto importante, scrivendo al signor Bartholdy di Berlino nel 1808. Per mezzo d’un giovine italiano, che militava in Germania, il professore Kaulfuss, il quäle voleva imprendere la versione tedesca dell’ Ortis, gli aveva chiesto emendazioni e notizie. II Foscolo gli rispondeva che non aveva che correggere ed aggiungere in quel-1’ opera, e che voleva conservare co’ suoi difetti quel monumento della suagioventü. «D’altronde — continua egli nella lettera citata parlando al Bartholdy — a che disfare 1’ incanto dell’ illusione, ritoccando gli scritti d’ un uomo creduto morto ? L’ autore forse sarebbe men cen-surato, ma si amerebbe 1’ uomo assai meno. Piaceami bensi che il traduttore sapesse 1’ origine di quel libricciuolo, e la mia opinione sovr’esso. Ed oggi, per compiacere a voi ed a me stesso, ripeterö ciö che allora scrissi al giovine italiano»...........«Iacopo Ortis friu- lano, študente nell’ Universita di Padova, si uccise di due pugnalate nel fiore della gioventü; non si seppe il perche . . . .; alcuni lo compiangevano, gli altri lo esecravano; solo chi lo aveva conosciuto lodava i costumi della sua vita. Io era in Padova, ma, non frequen-tando io le scuole, non mi era toccato di vederlo mai. — Ammirai bensi nel mio segreto la filosofica tranquillitä di un giovine che visse con modestia e mori con coraggio. Sia forza di natura o educazione d’ avversitä, io sin dalla prima gioventü ho meditato sempre sul sui-cidio. — L’etä virile ha raffreddate in me molte opinioni, e molte ne ho ripudiate, conoscendo meglio me stesso e gli uomini: ma in questa della morte volontaria, quant’io piü vivo e penso, tanto piü mi raffermo. Non giä perche i mortali abbandonino disperatamente le care reminiscenze del passato, o il piacere di sentire la presente esistenza, o la consolazione ehe il futuro e la speranza promettono; ma perche per vivere del passato senza rossore, e godere del presente senza viltä, e guardare la fortuna, gli uomini, 1’ avvenire senza vani timori ne sciocca credulitä, unico mezzo ho reputato sempre e reputo 1’ apparecchiarsi ad opportuna e libera morte. E allora, men-tre io vedeva per la prima volta un suicida, e Tacito cominciava ad insegnarmi ehe fra le virtü restate ai Romani sotto la tirannide de’ Cesari la piü splendida e la piü necessaria era il saper morire, i tempi mi facevano piü attento ali’ esempio deli’ Ortis e alle lezioni di Tacito. Lessi adunque i propugnatori e gli impugnatori del suicidio, e 1’ amore del proprio parere, congiunto ali’ ignoranza ed alla bal-danza giovanile, mi pose in mano la penna, presumendo ehe tanta questione non fosse ancora ne ordinatamente ne pienamente trattata. Ma la logica e lo stile non corrispondevano ali’ intento; pero riserbai la pubblicazione delle mie meditazioni ad etä piü matura. E perche anche in que’ tempi i nostri libri, le nostre carte e i nostri pensieri correvano senza pericolo d’inquisizione, feci ricopiare quel mio scar-tafaccio in forma di lettere, e le intitolai Ultime lettere di Jacopo Ortis. » « Non molto tempo dopo viaggiando per 1’ Italia e fermandomi nel suo paese piü bello, amai quanto il mio cuore poteva amare, e quanto gli bisognava per distogliersi, almeno per poco, dalla scia-gura della mia patria. Scriveva allora e spediva aleune mie lettere d’amore ehe si leggono nell’ Ortis, 13 ma ricopiandole sempre, perche io serivo tardo, a stento e di carattere quasi illeggibile. . . Ri-feci pili tardi le Lettere deli' Ortis, ed erano tutte disquisizioni filo-sofiche sul suicidio. Cominciai a stamparle, e, pentito di nuovo, interruppi 1’ edizione, contentandomi d’ avere seritto quelle lezioni per valermene contro 1’ ira della fortuna.» Era frattanto partito col suo reggimento d’ Italia, ed in quel frattempo un tale, manomettendo a capriccio le carte foscoliane, pub-blicava in due volumi la Vera storia di due amanti infelici, ossia UUime lettere di Jacopo Ortis. « Ripatriato — continua la lettera — vidi correre per 1’ Italia e spacciarsi con un mio ritratto nel frontispizio quel libro; onde, piü per fuggire infamia che per acquistarmi onore, tornai per la terza volta ad attendere alle Ultime leltere di Jacopo Ortis. Ma allora, oltre Seneca e Tacito, io avea gii letti Hume, Robeck, Montaigne e gli altri difensori della morte volontaria.» . . . . « Piansi ri-cordandomi le lagrime che io avea versato; cercai di obbliare ciö che avevo letto ed imparato sui libri, onde esprimere piü originalmente le veritä, le opinioni e gli errori nati in me spontaneamente dall’in-dole del mio ingegno e dalle circostanze de’ miei tempi, e scrissi mostrando non l’autore, ma l’uomo. Teresa, Odoardo, Isabelliiui, suo padre, Michele e mia Madre sono caratteri vivi e destavano in me gli affetti assegnati al mio protagonista. Alcune lettere d’ amore sono stampate quali io le avea scritte ed inviate; le descrizioni campestri sono tratte dal vero: solo vi sono mutati i nomi delle pei’sone e dei luoghi. Lauretta e carattere storico, ma fantasticamente alterato ; ed ora stralcierei que’ frammenti della Storia di Lauretta, perche sen-tono 1’inopportunitä dell’episodio e l’imitazione della Maria di Lo-renzo Sterne, s’ io, stampato appena il libro, non avessi pattuito meco di non aggiungere ne togliere sillaba. Cosi dipingendo la mia vita come io la vedeva, e la mia mente come io la meditava, sotto il nome di Jacopo Ortis illudeva me e gli altri; onde, tranne quei pochi a cui 1’ Ortis ed io eravamo persone ignote, tutti si credevano a principio di leggere gli autografi del giovane ammazzatosi in Padova.» «Io dava giä 1’ultima occhiata al mio manoscritto, quando mi capitö il Werther tra le mani. Meravigliandomi della virtü di quel libro e della conformitä al mio nel carattere e nello scopo, conobbi dalle lagrime che io versava leggendolo che non avrei piu trovate vergini le anime dei lettori; conobbi il pericolo del confronto e il sospetto di plagio. Ma ne diffidai tanto di me da abbandonare il mio lavoro, ne mi persuasi tanto da crederlo pari al modello tedesco, che anzi ne approfittai » . « Divulgato appena il libro, i giornalisti ne fecero merito al Werther, senza considerare che 1’ animo e 1’ in-gegno de’ due protagonisti, benche somiglianti nelle sembianze, erano per natura e per circostanze differentissimi; che i’amore verso una vergine riamata s’insinua colla soavitä della speranza e della virtü, e 1’amore verso una maritata arde col fermento d’una gelosia di-sperata e col rimorso della seduzione; e che quindi la passione, che versa veleno nelle viscere di Werther e gli rode tutte le potenze vitali, ristora invece come rugiada il sangue deli’ Ortis ardente di vendetta e di libertä, e lo conibrta a sostenere lo stato d’esilio e di solitudine ».........« Non ch’ io stimi d’ avere meglio scelto il soggetto — ne la scelta stava in me — ma non ho narrato se non ciö che aveva patito, non ho dipinto se non ricopiando me stesso; e forse l’autore tedesco fu anch’egli piü attore che poeta in quel libro: e 10 scrisse, come ho fatto io, col sangue del suo cuore. D’ altra parte sembrami che lo scopo di lui fosse di far compiangere e perdonare 11 suicidio, quasi fatale malattia di certi mortali; — io voleva farlo stimare come unico rimedio di certi tempi » . . . . « Se io posso senza nota di falsa modestia o d’orgoglio dare un suffragio sommario nella mia propria causa, , parmi che il Werther riempia piü il cuore, e 1’ Ortis la mente di chi legge. Dello stile, merito capitale, non fo paragone; perche io non so di tedesco, e le due versioni italiane sono fredde, secche e plebee. Le francesi non lessi, ad ogni modo saranno francesi » . . . . « Comincio a pentirmi d’ aver irritate le pas-sioni giä forse sopite nelle viscere di molti infelici e svelata inuma-namente a’ mortali 1’ inutilitä. della loro vita. Almeno quel libro non fosse letto che da persone provette che arnano riscaldare i loro cuori intiepiditi dall’etä e dall’esperienza, e che non vedono ue’ romanzi se non 1’ immagine della vita passata! Invece poco gli assennati lo am an o, ed e sempre in compagnia de’ giovani e delle fanciulle. B perche aggiunger esca al fuoco delle passioni ? perche insegnar ad essi a lamentarsi anzi tempo, e temere di una vita di cui vedono appena il mattino lusingato dai ridenti auguri dell’ avvenire ? (Ep. 129) 14. Abbiamo trascritti tutti questi passi, perche sono indispensabile commento all’ Ortis, e spiegano chiaramente il pensiero del poeta, che chiamava quel libro, il libro del suo cuore (Ep. 30), nel quäle dichiarava d’essersi fedelmente dipinto con tutte le sue follie (Mest. 1). Senonche, mentre dalla citata lettera al Bartholdy dovremmo desu-mere che il Foscolo abbia avuto notizia del Werther appena dopo ultimato il suo Ortis, da un’ altra lettera, da lui scritta sei anni prima, nel 1802, «al Signore Goethe, illustre scrittore tedesco», si rileva piuttosto che il Werther diede origine all’ Ortis, e che questo & un le-gittimo figlio di quello. Ma di tali contraddizioni del sommo cantore dei Sepolcri se ne trovano parecchie scorrendo attentamente il suo epistolario 15. Nel 1803 il « primo tipografo » Giambattista Bodoni stampö al-cune poesie giovanili del Foscolo, dedicate a Giov. Batt. Niccolini (Ep. 36), e fece pure un’ edizione dell’ Ortis (Ed. 37). Durante il sog-giorno del nostro scrittore in Francia se ne fecero altre quattro edizioni. La prima dell’ autore, la seconda fu fatta da Agnello Nobile, la terza da Zanotto-Bianco in Vercelli, la quarta da un certo Ronna Cremonese o Cremasco, con la falsa data di Siena (Ep. 60). II Foscolo dicevasi povero (Ep. 30), e per potersela campare procurava di vendere le sue opere, e pregava i suoi amici che si dessero premura di trovargli compratori (Ep. 33); ebbe molto da lottare colla negligenza e talvolta colla malafede dei tipografi e dei librai. Doveva fare da compositore, da torcoliere, da proto, da lega-tore: n6 sempre era obbedito (Per. 137) 18. Parlando di alcune Ora-zioni dice: « Un masnadiere me 1’ ha ristampate; alcuni esemplari mi ha donato, sebbene senz’ obbligo, perche le stampö extra fines. » All’amico Arrivabene scriveva da Milano ai 15 gennaio 1803: «A Mantova arriveranno a momenti dodici copie dell’ Ortis, ch’ io ti prego di smerciare. II loro prezzo e lire 4.10 milanesi. A.nnoio te, perche antepongo 1’ annoiarti che il farmi rubare da librai Che a credenza ricevono, e fan grazia, Ne metallo per foglio rendon mai. Se farai presto e m’imborserai presto, farai nelle mie preseliti ne-cessitä un atto caritatevole » (Ep. 34, Per. 25). Nell’estate dello stesso anno (1803) troviamo il nostro Ugo per alcune settimane in Brescia, da dove scriveva all’amico Vordoni a Trieste, il quäle avea composto un dramma tratto dalle lettere di Jacopo Ortis. Si fatto argomento, dice il Foscolo, puö piacere a un lettore solitario, non piacerä mai allo spettatore di una commedia, ove bisogna piü aziöne che sentimento (Ep. 38). Del 1803 abbiamo da ricordare ancora un lavoro del Foscolo, La Chioma di Berenice, poema di Callimaco, tradotto e commentato. II libro fu dedicato dal poeta al Niccolini come premio della sua devozione ai poeti greci. Nella dedicatoria ehe serisse ali’ amico dice: . . . . « Questa impresa presume maggiori studi di quelli che la for-tuna e la giovinezza, passata fino ad ora fra le armi e 1’esiglio, mi possono aver conceduto. Pure se confronterai questo commento e la mia traduzione con quella degli altri, non avrai, spero, a vergognare per 1’amico tuo. E se tu trovassi ch’io possa essere superato da chi verrä, non troverai certamente ch’io non abbia avanzato chi mi ha preceduto » (Ep. 39). E serivendo della medesima opera nel febbraio del seguente anno ad Ippolito Pindemonte, dice: « La troverete poco bella e poco buona; io stesso la vedo poco bella e poco buona» (Ep. 41). A portar luce anche sulla quistione delle condizioni finanziarie del nostro serittore, serva la seguente lettera ch’egli inviava in data dei 2 gennaio 1804 a Francesco Iieina: «Io voglio proporvi un ne-gozio non inutile a voi, ed a me necessario. Io mi trovo allo sco-perto di 1000 lire incirca delle giä spese per 1’edizione del mio Callimaco. O che pochi leggano questa sorta d’ opere, o ehe molti la trovino cara; fatto sta ch’ io non posso dire d’ averne venduto trenta copie. Lo stampatore frattanto cerca di essere pagato di pa-recchi zecchini ch’ io gli resto, e non ha torto. Io ho bisogno di impiegare le 1000 lire per la mia sussistenza, e non ho torto. Spe-rava di rimborsarmi vendendone un centinaio in Milano, ed ho avuto torto sperando. Cerco un libraio cui cederle al cinquanta o sessanta per cento di perdita, ed i librai sono tutti senza denari e senza fi-ducia di vendere presto il mio libro. Ho sperato intanto in voi: il libro costa a me, come potete vederlo dai contratti miei con Germani, lire 2.10 la copia, incirca. Or io cedo a voi 1’edizione'intera a lire 2.10, contentandomi di perdere il tempo e 1’ immensa fatica, ed il frutto del mio denaro ehe ho cominciato giž. ad anticipare sino dai primi d’ agosto Mi pagherete in due rate; metä. ora e metä, fra un mese. E mi obbligo di non ristamparlo se non dopo cinque anni: oltre a ciö, se il bramate, il contratto sarä secretissimo (Ep. 40). — Anche dalle lottere alla famiglia risulta evidente in quali stret-tezze economiche si trovasse il Foscolo, il quäle si lagnava di non poter spedire sempre puntualmente alla madre ed alla sorella quei soccorsi in denaro di cui era piti largo di quanto lo permettessero le sue finanze (Per. passim.). Pure in mezzo a tante angustie lo vediamo darsi ogni cura della sorella lunga pezza ammalata, del di lei figlio Pippi, e del suo fratello minore, Giulio, 11 ch’ ei edu-cava da gran tempo amorosamente (Ep. 96, Per. 1, 20 e passim) e che lo colmava di dolore nel momento in cui doveva abbandonare 1’Italia per entrare di nuovo nelFarmata, e partire per Valenciennes, ove gli si ordinava di pervenire senza veruno indugio. La gratiflea-zione accordatagli a tale uopo dal Ministero della guerra arrivava appena a 500 lire. In tali circostanze abbandonava 1’Italia con 1’a-marezza nel cuore. « Lascio — scriveva al Melzi — una vecchia madre abbandonata da tutti i suoi figliuoli o morti o lontani, lascio un paese che mi ha ispirato il fervore delle lettere e della gloria, e dove ho coltivato con tanto amore la piti bella lingua del mondo » (Ep. 42). Seguiamo ora il nostro poeta-capitano nel suo viaggio in Francia, a Yalenciennes, a Calais, a Boulogne - sur - mer, ove si trattiene per quasi due anni, dagli ultimi giorni del 1804 fino al giugno del 1806. Le poche lettere che di questo periodo ci restano, sono sufficienti a mostrare quanto amore il Foscolo portasse a’ suoi soldati, e con quanta sollecitudine si prestasse alFadempimento di umili doveri, che gl’im-ponevano occupazioni si poco confacenti al suo genio (Ep. 50). In questo tempo, al dire del Carrer, seriveva a dilungo di se, delle sue azioni, dei suoi errori, e di quanto accadevagli di notare in Francia. Giunto a Yalenciennes cadde gravemente ammalato di febbre biliosa; aveva impedite tutte le membra, e perfino la parola, come seriveva al capo dello Stato Maggiore a Calais (Ep. 43). Finalmente dopo tredici giorni di tormenti e di pericolo, poteva serivere al generale di divisione Teulie. Egli, il poeta, doveva pensare alle paghe, alla birra, alle vesti, alle scarpe dei soldati (Ep. 42, 51), e piuttosto ehe trascurare i suoi doveri abbandonava la cura della sua triste salute alla fortuna (Ep. 48). Voleva vedere i soldati contenti del loro ca-pitano, come egli era contento di loro; la sala di disciplina era vuota; il servigio regolare; i corpi concordi e zelanti per il proprio dovere (Ep. 51). II capitano preferiva 1’utilitä dei suoi soldati alla propria (Ep. 52). Tale ci apparisce il Capitano Foscolo studiato nel suo Episto-lario. Per altro, dalle lettere e da altri documenti pubblicati dal Corio, risulterebbe come appunto questo paterno affetto pei suoi soldati, favorisse il disordine nel campo, e come 1’amministrazione ne andasse a rotoli 1S. Intanto li, sulle rive dell’Oceano, traduce i due primi libri della Guerra Gallica di Giulio Cesare (Mon. 5), traduzione della quäle non si hanno altre notizie; legge il Viaggio sentimentale di Sterne, e si piace di quella fina ironia, traduce il libro in italiano, vi ag-giunge molte osservazioni percorrendo egli stesso quei paesi (Ep. 60) e mettendosi dentro se stesso col finto nome di Didimo Clerico (Ep. 54). A Calais nel giorno 21 settembre 1805 seriveva la prefazione a questo suo lavoro, nella quäle diceva: «L'ho tradotto quanto meno letteralmente e quanto meno arbitrariamente ho saputo (Ep. 58). Ma appena nel 1812 dava ad esso 1’ultima lima'9, e trattava coi librai di Firenze «piü mariuoli» di quelli di Milano, per la pubblicaziene del medesimo (Av. 4), senza venire ad aleun risultato. Lo si stampö appena nel 1813 a Pisa, ed allora ei si proponeva di non tradurre piü, perche gli sembrava una servitü da scolare (Av. 11, Ep. 97, 309). Egli aveva intrapresa la traduzione deli’opera dello Sterne: 1°. per provare 1’arrendevolezza della lingua italiana; 2°. per mostrare che i Francesi 1’ avevano tradotta male; 3°. per far gustare la satira finissima dei costumi francesi (Ep. 60). Cosi adunque il nostro autore associava le belle lettere alle armi. « Les lettres — seriveva a Gioachino Murat — sont le premier but de ma vie; mais je les ai toujours associees aux armes, pour leur donner le courage et 1’ experience qui distingue les grands ecrivains» (Ep. 53). Nel giugno del 1806 il Foscolo era di nuovo a Milano (Ep. 61). Lo troviamo occupato tutis viribus nella traduzione e nei commenti dei Commentari di Bonaparte. Di questo suo lavoro non abbiamo perö altre notizie; probabilmente gliene fu disdetta la commissione (avuta dal principe Eugenio) perche aveva dichiarato di voler «nar-raro« non « adulare » (Ep. 62). — Nel tempo istesso occupavasi nello scrivere i Sepolcri, ehe furooo poi pubblicati nel 1807 (Ep. 63); ai medesimi seguiva un' apologia (Ep. 81), seritta dal poeta stesso, dietro invito specialraente del Monti, contro un « francioso » il signor Guillan, prete - non - prete, compilatore della parte letteraria del Giornale ilaliano, ehe mordeva spietatamente tutti gl’ Italiani (Ep. 90, 105, 260, 262, Mon. 13). Fra le molte edizioni ne fu fatta anche una unitamente ai Sepolcri del Pindeinonte, cui il Foscolo applicava il verso di Dante: Tu duca, tu signore, tu maestro (Ep. 108). Scrivendo dei Sepolcri del suo «dolcissimo Ippolito», diceva al me-desimo: «Io non lio letta poesia vostra piü ealda, piü immaginosa di quella. ne conosco poeta fra’ viventi ehe possa meglio d’ Ippolito ispirare ai nostri concittadini 1’amore della patria e della virtii » (Ep. 86). E con altrettanta cortesia Ippolito seriveva ad Ugo ringrazian-dolo d’avergli diretto il suo carine: «Ove trovaste quella melanconia sublime, quelle immagini, que’ suoni., quel misto di soave e di forte, quella dolcezza e quell’ ira? E cosa tutta vostra, che star vuole da se, e che non si puö a verun’ altra paragonare. Io non vi dir6 ch’esser potevate men dotto e antico; un po’ piü chiaro e moderno, perche so come voi pensate su questo argomento, e perchö forse mi rispon-derete che una certa oscuritä al sublime appunto contribuisce» 20. A dimostrare come franca e sincera sia stata 1’ amicizia che legava i due cantori dei sepolcri, serva ancora il seguente fatto, che il Foscolo raccontava in una lettera diretta al Pindemonte: «Dei Sepolcri vostri (scrive) ho udito dire meraviglie da’nostri letterati; ed in casa d’ una gentile e bella brunetta il signor Ricchi in mia pre-senza preferi i vostri a’ miei versi: perö ho cominciato a stimarlo, veggendo ch’ ei dava le lodi dovute all’ amico mio, e mi reputava d’ animo si liberale da intendere il vero; giustizia e schiettezza rara in questi tempi e rarissima in quella specie d’ uomini» (Ep. 88). In quanto all’accusa di oscuritä concordemente mossa al Foscolo, e certo ch’egli stesso ne ebbe sentore quando faceva appello «non al sillogismo dei lettori, ma alla fantasia ed al cuore loro», e quando, scrivendo al Bottelli confessa di esser «sfinge» nei suoi scritti, e si dice «tenebroso per troppa libidine di brevitä e di pro-fonditä» (Ep. 97) 21, Peregrinava in questo frattempo il poeta da Milano a Mantova, a Verona, a Brescia, «e quando volle Gesü se ne ritornö finalmente a Paneropoli:» cosi chiamava egli ironicamente la cittä di Milano (Ep. 64) 22. Nella medesima lettera, indirizzata all’ amico Arrivabene, parla di un poema didattico, I cavalli, che meditava di comporre, ma veduto che a ciö gli bisognerebbero almeno quattro anni di sacro ozio e di molto e molto studio, vi rinunziö. Aveva inoltre in animo di intitolare al Cesarotti il carme Alceo (Ep. 65), dei quäle non si conosce altro che un frammento, edito dal Carrer. ligo passö i primi otto mesi del 1807 nella cittž, di Brescia, da dove faceva di quando in quando alcune gite a Milano (Ep. 67 - 86, Per 3, 4); egli aveva stabilito di passare 1’ estate a Como, 1’ estate per lui nojosa e micidiale a Milano: ma altre eure e 1’amor di fa-miglia non glielo permisero (Ep. 77). II' suo continuo ed intenso desiderio di vedere Roma non si effettuö mai: ed anche quel bel sogno svani come tanti altri sogni della sua vita (Mon. 13, 14). In quest’ anno era occupato nel tradurre l’ Iliade, e nello serivere su Omero e sul modo di tradurlo e di poetare. Egli ed il Monti si leggevano 1’ un 1’altro le loro traduzioni (Ep. 67, Mon. 11). A Brescia, coi tipi del Bettoni, ch’ei chiamava «il nostro Manuzio», diede prima alla luce 1’ Esperimento di Traduzione deli’ Iliade, del quäle seriveva al «candido serittore» (Ep. 71), Ippolito Pindemonte: «s’ io vi dicessi di non pregiare il mio lavoro, parlerei con piü d’ipo-crisia ehe di modestia» (Ep, 96); e al Bettinelli: «Proseguirö a tradurre Omero — e seguirö il consiglio di non pubblicarlo — ma proseguirö, perchö 1’ evidenza e la schiettezza del divino poeta temperi il mio stile» (Ep. 76). In quest’ epoca 1’ animo del Foscolo fu colpito da tremendo dolore alla notizia della morte del generale Teulie, suo amico, il quäle spirava a Colbergo gloriosamente sul campo di battaglia, nei primi giorni di aprile del 1807; di eiö si doleva serivendo un’ affettuosa lettera al Bettinelli (Ep. 70), e si proponeva di serivere un carme, se non per lui, almeno per conforto del suo vecchio genitore (Mon. 14), ma non ne fece nulla. Neli’ ottobre, ridottosi di nuovo a Milano, dovette astenersi dallo serivere molte lettere agli amici. perche strascinava a stento la penna per un panericcio, ehe gli tormentava da parecchie settimane il pol-lice destro (Ep. 86, Per. 147). Intanto 1’ Accademia italiana, sedente in Livorno, alla quäle era a capo il conte di Vargas e segretario perpetuo il dottor Gaetano Palloni, elesse il Foscolo motu proprio a membro, e benche egli nel banchetto delle Muse poco si dilettasse di queste « spezierie accade-miche pure rispose accettando per fuggire la taccia di rusticitä. (Ep. 90). Mentre in tutto il regno sonava con lode il suo nome (Ep. 85), il Foscolo accingevasi ad un lavoro che gli costö grandi fatiche, pa-recchi imbarazzi, e moltissimo denaro (Ep. 95, Mon. 15), 1’edizione, cioe, delle Opere del Generale Raimondo Montecuccoli, corrette e corredate di molte annotazioni (Ep. 91). Queste opere erano tanto dimenticate e neglette in Italia, ehe molti oltramontani le aserissero alla loro letteratura, quasi originariamente pubblicate in lingua fran-cese o tedesca, mentre non erano ehe traduzioni dali’ italiano. A rivendicare i diritti letterari della patria, a portare 1’ educazione e lo studio nell’ armata italiana, il Foscolo intraprendeva questo pe-noso lavoro (Ep. 91, 97, 100, Per. 153). Anche nei successivi anni di sua vita lo vedremo sempre occupato del Montecuccoli. La prima edizione se ne fece nel 1809 coi tipi di Luigi Mussi (Ep. 104, 217, Per. 15). Delle varie edizioni fatte nel corso di parecchi anni il Foscolo avrä un utile di 6000 lire italiane (Ep. 237). Nel maržo del 1808 scrivendo alFamico Naranzi a Venezia, gli partecipava come da gran tempo tentasse di scatenarsi dalla schiavitü della milizia; non eh’ egli si pentisse d’ avere militato; si pentiva bensi grandemente del tempo rapito agli studi. Aveva var-cato i trent’ anni, e bisognava ormai che pensasse piü alla quiete ed alle lettere, che alle armi ed ai ricami delle divise soldatesche. Chiese per ciö un impiego piü confacente al suo ingegno e alla sua indi-pendenza individuale, ed aspettava di di in di il decreto di assenso o di rifiuto (Ep. 99). In effetto, ai 24 dello stesso mese fu eletto sue-cessore al Ceretti nella cattedra di Pavia (Ep. 101); la qual cattedra — benchö caduta quest’anno sotto la riforma di molte altre — uni-tamente agli emolumenti militari che percepiva conservando il grado di capitano, gli fruttava lire 6600 annue (Ep. 111). Ma non per questo il Foscolo credeva potersi dare agli agi. Parte 1’apparente di-menticanza del ministro della guerra, Augusto Caffarelli, a cui venne dedicata la prima edizione del Montecuccoli23, e che avea giä sparso a larga mano le beneficenze sul poeta; parte le incessanti esigenze del Mussi, « il piü sordido tipografe ehe mai abbia esistito sotto la cappa del cielo », parte, come vuole il Corio, le sue sbagliate eco-nomie e le sue mai soddisfatte esigenze 24, gli rovinarono le finanze in modo ehe era costretto a farsi prestare dali’ amico Brunetti 3000 lire, ehe gli erano necessarie come il pane, contentandosi di pagare il frutto anche del 10 per cento (Ep. 121); ed ali’amico Giambattista conte Giovio, mandava un « bislacco componimento latino », pregan-dolo ehe mandasse al suo naso 1’elemosina di un po’ di rapb nella sua tabacchieruccia cappuccinesca (Ep. 116). La malferma salute lo tormentava sempre, e quasi in ogni let-tera si lamenta eo’ suoi amici delle continue sue febbri infiamma-torie, malattia particolare al suo temperamente; dei suoi occhi quasi acciecati dalla flussione; de’ suoi denti afflitti, e della tosse (Ep. 101, 102, 106, 128, 137, ecc.) Mentre accudiva sempre al Montecuccoli e ne stava affrettando il secondo volume (Ep. 108), col desiderio di finire 1’ opera per ri-tornare tosto alle vergini Muse, dulces ante omnia (Ep. 107), gli venivano innanzi e gli stavano sul capo, come ombre minacciose, le lezioni ehe doveva fare in Pavia: ci pensava sempre, e non ci la-vorava mai (Ep. 109). Passati gli ultimi giorni di novembre in casa di Carlo Bignami, rinomatissimo banchiere di Milano, il solo ehe lasciava colä con sommo dispiacere e con desiderio inflnito di rive-derlo (Ep. 142), e congedatosi dalFamata contessa Lucilla — alla quäle dali’Universitä, manderä continui saluti; Ep. 110, 143, 145, 149, 150, ecc. — come pure dal ministro deli’ interno Vaccari, e dal ministro del Tesoro pubblico del Regno d’Italia, Veneri; parti fi-nalmente da Milano accompagnato dal fedele suo domestico, Dome-nico Frigerio (Ep. 110, 146, Per. 165), e trovossi i primi giorni di dicembre in Pavia (Ep. 142). Quivi giunto avea notizie confuse del suo decreto: niuno sapeva il come, il quando, il perche (Ep. 143). Passava intanto nella sua nuova dimora25 lunghe giornate di soli-tudine, di meditazione e di malinconia, interrotta soltanto dalle visite di puntiglio fatte a piü di trenta professori, dando a tutti e ri- a cevendo da tutti una porzione di complimenti preparati secondo la ricetta accademica (Ep. 144). Ai 5 dicembre ebbe invito di assistere al concistoro collegiale dei professori: si lesse il decreto ehe sopprimeva molte cattedre, e non si capi nulla, non essendo nominate ehe aleune cattedre e nes-sun professore (Ep. 145). Gli rincresceva molto ehe si abolisse la cattedra d’eloquenza a Pavia, e pregava con istanza il Monti affinche vegliasse con occhi d’Argo e s’interponesse col suo" voto pel man-tenimento della medesima (Mon. 18, 19). Era intanto, occupato nel preparare la prolusione, rinchiuso gran parte del giorno nella sua stanzina, che battezzö col nome di «Lucilla»; lo stile della prolusione lo faceva sudare, perch£ voleva evitare la brevitä, la rapiditä e la fierezza troppo propria a’ suoi seritti26, ma pochissimo confa-cente alla cattedra (Ep. 147, 150, Mon. 21, 22). «La prolusione — seriveva al Monti — mi tiene il cervello, il cuore, e ie mani per piü ore il giorno; e spesso mi lascia spalancati gli occhi le notti intere » (Mon. 20). Le ore di ricreazione passava in compagnia del professore Montevecchio, matematico ed A j-B (Ep. 151), del quäle si fece ben tosto intimo amico. Scaldandosi ed arrostendosi il corpo al camminetto 27, parlavano per lo piü di moglie (Ep. 152); ma egli avevapochi quattrini, e 1’amico poca vocazione (Ep. 148). A scaceiare la noia seriveva continuamente lettere al Brunetti, divertendosi a man-dare saluti all’ amico Ciotti, al quäle affibbiava originali epiteti: giovine-vecchio, divoracastagne, mezz’ orbo, mezzo ealvo, mezzo scarnificato, nasiocchialuto, e simili (Ep. 143, 152, 154, 160). Altre volte eceolo passare aleune ore chiaccherando nella bottega del semigobbo libraio Baldassare Comino, o fare baldoria coi professori Cattaneo, Mangili, Montevecchio, da lui invitati a desinare, trinciando una pollastra ar-rosta (Ep. 154). Ma tosto ricadeva nella sua tetra malinconia, ineo-modato dali’ ardore delle viscere e di sangue, ehe lo faceva morir di sete e di smania: per giunta gli si infiammarono gli occhi, ed aveva il sinistro quasi acciecato (Ep. 155); lo con solo in questa circostanza la visita del Brunetti, ehe per tre giorni gli venne a ten er compagnia nella sua solitudine (Ep. 158). Intanto il Magliavacca gli avea preparato 1’abito dottorale: il Foscolo lo indosso, e guardandosi nello specchio, esclamava: O Barga, o Mercuriale, animechiare! ehe erano dottori, e parlavano latino, e serivevano ricette in cifre ch’egli non intendeva (Ep. 163). Finalmente ai 18 gennaio la prolusione, intitolata DelX origine e dell'uffizio della Letteratura, era finita (Ep. 164), e la domenica seguente, 22 gennaio 1809, il Foscolo la lesse nella grande aula del-l’Üniversitä alla presenza di tutti i professori e gli scolari delle diverse facoltä, dei primari magistrati e di moltissimi amici accorsivi dalle citti vicine. Terminata la cerimonia, 1’ oratore imbandi lauto banchetto ad una ventina de’ suoi piü cari, tra i quali teneva alto seggio il Monti, venuto appositamente da Milano in seguito alle rei-terate istanze del Foscolo (Mon. 22, 23). Ivi si tripudiö fino alla mez-zanotte, mandando piü volte in giro « le petillante Champagne » nel calice della « Felicitä », che il novello professore erasi fatto spedire dall’ amico Brunetti da Milano (Ep. 162, 163). Questo piccolo disor-dine lo fece ricadere ammalato (Ep. 167), la febbre biliosa lo tenne due giorni fuori dei sensi, quattro giorni in pericolo, nove a letto, e sette nella sua stanza (Ep. 168). Le solerti eure del professore Borda (Ep. 167) lo fecero finalmente ristabilire. Ai 2 febbraio fece la prima lezione, che fu ascoltata dallo stesso concorso, con molto entusiasmo e con maggior profitto della prolusione (Ep. 169, 170). In questo riguardo scriveva alla madre: « Se lavoro non posso la-gnarmi degli uomini, dacch& non faccio lezione senza che tutta la cittä. venga ad udirmi e gli stessi professori dell’ Universitä, e senza che la scolaresca mi accompagni a casa tra gli evviva; di che, a confessare il vero, se ho sentito piacere la prima volta, ora comincio a vergognarmene » (Per. 9). Tre giorni dopo fece la seconda lezione, ed ai 6 di febbraio se ne tornö a Milano ad abbracciare il suo Brunetti (Ep. 173). Ma quivi non trovava piü bene! « Dicono — scriveva al Montevecchio — che 1’ amore e passione di gioventü, e che 1’ambizione ci coglie dopo i trent’anni; ma i trent’ anni sono giä fuggiti per me, e non mi lasciano che un tesoro di rimembranze; ma le rimembranze non bastano. Eppure il mio cuore — che mi parla sempre, e domanda, e si affligge — non cura le lodi e gli o-nori, che pur sono acquistati lealmente. Io mi sto freddo e muto alle congratulazioni ed agli applausi che mi sembrano schietti; e solo sento un fatale bisogno dentro di me di essere riamato; e questa passione di gioventü non ö mai stata si possente dentro di me, ne mi nutri l’anima di tanta mestizia quanto in questi ultimi giorni. E quando non vedo Brunetti, io mi sento accorato, e passeggio muto, tristissimo — e tu sai quanto la malinconia mi comparisca sul volto (Ep. 174). All’instabile salute, che sempre lo tormentava, aggiungevansi le strettezze finanziarie, che, more solito, continuamente lo affanna-vano: le spese pel nuovo alloggio in Pavia (Ep. 236), i suoi viaggi, il Montecuccoli, lo avevano ridotto in punto da non poter pagare neppure il conto del calzolaio (Ep. 176, 188). La sua prolusione venne intanto stampata, e se ne vendettero molte copie a Milano ed a Pavia; la medesima piacque, almeno apparente-mente,28 al governo, il qnale perciö beneficava il Foscolo. Ma questi benefici e questi onori ambiti da tanti, erano, secondo lui, avversi all’animo suo e alle Muse (Ep. 177); e di titoli e di onori dichia-rava curarsi poco, non voleva neppure sentirsi chiamare «capitano» o «professore», ma semplicimente «Ugo Foscolo » (Ep. 175). Ma benchä egli si dica « assai freddo amatore » della gloria (Ep. 421), pure non bisogna prestargli molta fede: le son cose che i poeti dicono e forse non sentono 29. In questo agitatissimo anno di sua vita il Foscolo fu soldato e letterato e cortigiano. La patria lo invitava di nuovo a indossare la divisa militare; e questa chiamata fu un motuproprio ab alto piena di benevolenza. II vicerfe 30 gli assicurava una carica onorifica, indi— pendente e propizia a’ suoi studi, purcM lo seguisse in questa cam-pagna; e il Foscolo ne fu dolente, ma riconoscentissimo. L’ andare alla guerra gli lusingava lo spirito inquieto e marziale, cheviveva nascosto dentro di lui; amava la patria, e desiderava versare il suo sangue per lei. Al vicere fece dire in suo nome clie egli intendeva ad onorare e servire Sua Altezza, onorando e servendo secondo il suo ingegno la patria; e che s’egli non avea mai lodato il governo, 10 avea fatto perche non si credeva ne si eccellente scrittore da presumere 1’ assenso di tutti gl’ Italiani alle sue parole, ne si plebeo da contentarsi del prezzo di una dedicatoria che sarebbe forse pe-rita col libro (Ep. 178, 179). Giä cominciavano i movimenti militari, quando un inaspettato colpo percosse 1’ animo del povero Ugo; Nane, un figlio di sua so-rella, 1’ unico conforto, 1’ unico compagno di sua madre, mori. Era 11 quinto funerale che quella povera donna vedeva nella sua casa: essa rimaneva sola ed abbandonata. Allora egli deliberö fermamente di non cingersi piü nö la spada ne la corazza (Ep. 180, Per. 11), si sciolse da ogni impegno, tagliö il nodo gordiano con un risolutissimo no, e rimase a Milano presso 1’ amata genitrice (Ep. 181). — Le no-tizie politiche intanto parevano favorevoli, e credevasi, che la corte di Pietroburgo si assumei’ebbe d’essere mediatrice di pace tra 1’Austria e la Francia (Ep. 180); ma non erano che illusioni, e la guerra, pur ti’oppo, ebbe luogo (Ep. 192). In questo tempo la sua prolusione era lacerata da mille parti e da mille ferite (Ep. 179, 186); su di che scriveva al Giovio: «Gram-matici, retori, letterati per arte, cortigiani giacobini sono stati per-cossi dalla mia buona e deliberata intenzione di dire ciö che sem-bravami vero: alcuni altri, piü onesti e piü cauti, sono offesi dai miei principi; ma essi sono i miei principi — non posso cangiarli, perche sono salito sino ad essi per una via lunga e faticosa, e senza 1’ aiuto degli altri, e senza pertinacia di sistema, e senza entusiasmo di singolariti. Saranno falsi; ma gli uomini mortali che sanno e-glino mai di certo e d’ incontrastabile sulla terra ? Nascere, vivere e morire, ecco cosa sappiamo; e lo sappiamo non giä, per le cause, bensi per l’esperienza continua degli effetti; ma il come e il perche d’ ogni cosa stanno e staranno, a quanto io credo, in eterno nella Mente imperscrutabile deli’ universo» (Ep. 179). Avendo il vicere Eugenio intenzione di sospendere, come ab-biamo giä accennato, la cattedra d’ eloquenza all’Universität di Pavia, ordinö al Ministero d’ interrogare il Foscolo come e dove desiderasse d’essere collocato (Ep. 111, 188); egli chiese allora d’essere ag-giunto quäle terzo membro agli ispettori della pubblica istruzione (Ep. 189). Ad onta dell’incertezza del suo stato (Ep. 200), passö alcuni mesi in Pavia e fece alcune lezioni (Per. 16). L’ ultima delle quali fu pronunziata ai 6 di giugno ; la sala e le finestre erano af-follate di volti che ascoltavano con mesta attenzione; la commozione fu somma negli astanti e nell’ oratore, il quäle dovette a gran forza raccogliere tutti gli spiriti della voce e del cuore per poter pro-nunciare le ultime parole (Ep. 206). — Abbandono tosto Pavia, quel focolare di Pallade, che per lui era paese di tristezza e d’ impazienza, e assai volte di letargia (Ep. 192, 208); e ritornossene a Milano. In questo frattempo erano giunte tristi novelle a rubare la pace al nostro autore. Credeva egli che alla battaglia di Sacile (16 aprile 1809) avesse prešo parte suo fratello Giulio, e non avendo nuove di lui, si inquietava. Ma una lettera di Giulio, capitatagli il primo di maggio, Io confortö colla notizia ch’egli era sano e salvo, e che, per essere stato col suo reggimento nell’ ultima linea, non avea preso parte a quel combattimento (Ep. 192). Intorno agli avvenimenti politici nel Ve-neto, che tanto amareggiavano 1’ animo del Foscolo, egli francamente esternava i suoi sentimenti scrivendo al Giovio, compagno di milizia di suo fratello (Ep. 195, 202, 203). Ai mali del cuore univansi quelli del corpo. L’occhio sinistro era minacciato da una fistola lacrimale, guarita per opera del grande anatomico Scarpa, che gli prestava zelante assistenza (Per. 20, Ep. 193, 196.) 31. Anche la malattia deli’ intimo suo amico Brunetti (Ep. 191) lo rattristava molto; avea paura di starsi solo, e fuggiva le proprie stanze: per la prima volta in vita sua dichiarava d’ aver paura della solitudine, e fuori non trovava ne gioia ne pace (Ep. 217); deside-rava il lago di Como, come un’anima ardente nelle flamme infernali (Ep. 218); ma, appena giuntovi nei primi d’agosto, si lagnava della solitudine quasi insopportabile (Ep. 219). Per soprappiü un affanno perpetuo di petto e la tosse gli sopraggiunsero a torturarlo (Ep. 221); si diceva un disgraziato frenetico (Ep. 223); gli sembrava che 1’ in-gegno suo divenisse stupido, e solo occupavasi nel comporre una tragedia sugli amori di Bibli e Cauno, che perö non fini mai (Ep. 220, Per. 15). A questo punto della biografia del Foscolo entra in scena un personaggio che desta molto t interesse, ma che tosto scompare per non ricomparire mai piü. E una nuova storia d’ amore. Da Borgo Yico scriveva il Nostro in data dei 19 gennaio 1809 una lunghissima lettera amorosa a Francesca Giovio, nella quäle ei parla di un a-more da molto tempo represso, di un ardore che gli consumava l’a-nima, di lagrime e di rimorsi che ne derivavano. La bellezza, le grazie della fanciulla avevano eccitato perpetui palpiti nel cuore del poeta dal primo giorno che 1’avea veduta; dichiara di non poterla obbliare, di non poter vivere senza di lei. Segue la dettagliata istoria di questo infelice amore dipinta co’ piü vivi colori, col sentimento piü puro, col fervore di un’anima ardente; nell’ ora della morte, dinanzi al tribunale di Dio, egli esclamerä: « Vi amo con tutta la tenerezza e la lealtä.; ah! potesse la mia morte almeno farvi felice !» E qui sen-tiamo i palpiti di quelle due anime, indoviniamo i furtivi sguardi di quegli occhi divini, i dolorosi abbandoni, i fortunati incontri. Ma e-gli non poträ mai dirla sua? «Io non sono nobile (ei dice) e voi vedete quanto profonda sia nella vostra famiglia, quanto superstiziosa ed invincibile la stima a ogni titolo, a ogni idolo, a ogni ombra di nobiltä; ostacoli insormontabili, a cui s’ aggiunge l’avversione di vostro padre e della contessa ai miei principi religiosi e politici. Ma se anche disprezzassi questi riguardi, posso io violare que’ principi che ho santificati in me stesso con trenta e piü anni di sacri-fizi e di stenti ? Sposerö una giovane creduta ricca, mentre io sono certo di essere povero ? Mi fiderö degl’ impieghi e dei favori delle corti per mantenerla negli agi, in cui fu sempre educata? E gli impieghi non gli ho giä. perduti ? E quelli che mi possono essere dati, non sarebbero sempre in procinto d’essere nuovamente ritolti? E che raai posso io sperare dal principe, io che non ho fatto mai nulla di ciö che i Governi esigono dagli scrittori, e che se ardisco difenderlo da’ suoi nemici in privato, non ebbi mai la bassezza di adularlo d’ innanzi al pubblico ? E quando pure per amor vostro can-giassi carattere, e mi avvilissi, non perderei la stima del mondo e voi foi’se non sareste accusata di avermela fatta perdere ? . . . . Io vi amerö sempre, ve lo giuro dal profondo del cuore, vi amerö fino al-1’ estremo sospir-o; e giuro sull’ onor mio di non ammogliarmi finchö voi non sarete d’ altri » (Ep. 222). 32 Passati a Como due mesi, che accrebbero al nostro Ugo il fa-scio delle rimembranze e dei pentimenti, ritornö nell’ottobre di nuovo a Milano (Ep. 227), a impicciarsi nei conti del Montecuccoli con 1’ inquietissimo Mussi, e cogli associati assai poco puntuali (Ep. 231). Si pigliö due stanzine — contrada Belgioioso, casa Rusnati N. 1175 — per passare l’inverno meno disgraziatamente che gli sarebbe riu-scito, deplorando d’ aver passato tra 1’ amore, le sue pazzie e le al-trui, la sua famiglia ed il governo, in quest’ anno il piü tempestoso periodo della sua vita (Ep. 235, 236); e aggiungeva di non essere mai stato ne piü povero nö piü intricato ne’ suoi piccoli affari, nö piü incalzato dal bisogno imminente o dal timore del futuro. Al Bru-netti scriveva: « Non esco che per andare dal mio cuoco, poichö non sono si ricco da fare si che il mio cuoco venga da me» (Ep. 238). Venute a notizia del vicere Eugenio queste ristrettezze del Fo-scolo, egli, per compensarlo di ciö che perdeva uscendo dalla milizia, gli conferi il grado di capitano con lire 1300 italiane di ritirata (Ep. 236). Nel dicembre di quest’ anno scrisse una discorso militare sulla battaglia di S. Gottardo, dato alle stampe per cura di una societä letteraria (Ep. 245, 246). Nel 1810, pregato dagli amici, fece stam-pare, a Milano, nel giornale Annali di scienze e lettere, un suo certo « guazzabuglio letterario sull’ Odissea del cavalier Pindemonte» (Ep. 250) ; questo articolo, per mille accidenti occorsi in pubblico ed in privato lo confortö a «scrivere un romanzo, fratello deli’ Ortis, ma con altre tinte, con la tavolozza di Scvift, dell’ amico suo Lorenzo Sterne, di Don Chisciotte, di Platone» (Ep. 252); scrisse in otto soli giorni questo libercolo, col titolo Accademia dei Pilagorici (Ep. 255), pubblicando nel citato giornale il Capitolo quinto del medesimo, quäle avvertimento ai guasta-scienze, ai guasta-lettere, ai guasta-giovani, ai guasta-patria e siffatta turba (Ep. 252). Eccoci ora giunti alle fatali inimicizie tra il Monti ed il Fo-scolo. Gl’ invidiosi della fama e dell’ ingegno di quei sommi, avevano ormai raggiunto il vigliacco loro scopo, ch’ era quello d’ inimicarli l’un 1’ altro. In data del 13 giugno 1810 abbiamo una lettera del Fo-scolo al Monti: l’ultima lettera del cantore dei Sepolcri all’autore della Bassvilliana. II Foscolo dichiara maligne le voci corse sulla loro contesa, e dimostra come a torto il Lampredi, il Bettoni ed altri, nel lodare il Monti nei libelli e nelle Gazzette, sparlarono diretta- mente ed obliquamente dei suoi scritti. Gli ricorda quindi d' averlo, o bene o male, difeso pubblicamente, d’ avere scritto e stampato la sua difesa, d’ avere promesso e dato nel caffe dei Servi uno schiaffo a quell’ uomo che non obbedi alla sua intimazione di non denigrare 1’ amico suo. Dall’altro canto dichiara di non poter mai pagare i benefici ed i consigli coi quali lo avea aiutato nelle sue sventure e nei falli della sua gioventü. Poi continua: « Io vi prego di non in-tricarvi mai in queste misere gare, e di non difendermi mai, qua-lunque sarä per essere il danno ch’ io forse vado affrontando; . . . . vi consiglio di rispettare tacitamente la veritä . . . Se volete rispon-dermi piacciavi di rileggere questa lettera freddamente. Ma quali pos-sano essere le vostre ragioni, e qualunque sia la mia colpa, io at-tribuirö tutto al mio rigore di carattere ed alla vostra instabil itä, e persisterö a fidarmi del vostro cuore, e a non avvicinarmi piü a voi se non quando la mia amicizia poträ. efficamente giovarvi .... Per me siate certo che io non conservo rancore oontro di voi, ch’ io per-donerö le vostre collere momentanee all’antica e lunga amicizia; e torno a ripetervi, ch’ io non credo che abbiate fatta mai contro di me cosa alcuna la quäle meriti un lungo risentimento» (Ep. 259). Cosi fini tristamente quell’ amicizia che avea cominciato sotto si fausti. auspici. 33 II vantaggio che il Foscolo da tante lotte e dalle persecuzioni de’ nemici ricavava, e di cui godeva, si era quello di essersi delibe-ratamente per sempre diviso dalla compagnia dei letterati, contentan-dosi dei loro libri; compagnia della quäle egli, seguendo 1’ esempio di Giovanni Locke, non si era mai compiaciuto (Ep. 265). L’ essersi impacciato in giornali, dichiarava essere il massimo de’ suoi peccati, di cui non si credeva mai prosciolto ne lavato fEp. 272). Intanto, preoccupato sempre della madre e della sorella (Per. 18, 19), stan-dosi solo e chiuso co’ suoi libri, lavorando giorno e notte (Per. 20) vicino al fuoco, e lontano dalle giovani donne, che hanno a schifo i tabacconi (Ep. 269), andava pensando al modo di non fare piü de-biti, e di rimborsare gli amici che lo avevano generosamente soc-corso (Ep 266). Si stava incominciando una epislola in versi sulle inimicizie let— terarie, quando un libercolo capitatogli tra le mani lo trasse a in-golfarsi inavvedutamente nelle storie italiane, e quasi non volendo, scrisse una lunga vita di Niccolö Machiavelli, « argomento nobilis-simo e maltrattato sino ai di nostri. » Se non che, il diavolo incon-tentabile, che gli versava inchiostro nel calamaio, e gli temperava le penne, lo trascinö a dar principio ad una Storia, che incomin-ciava dal secolo X c doveva finire col XVIII (Ep. 275). Ma non ne abbiamo che pochi frammenti. Addi 2 febbraio dei 1811 incominciö a verseggiare 1’ Aja.ce, e si stava giorno e notte con quegli eroi e semidei deli’ Iliade (Ep. 275), lagnandosi perö che fosse passato quel tempo in cui — come quando componeva il Tieste — scriveva, con la foga e 1’ ardire della sua gioventu, un atto al giorno (Per. 21). Sopraggiunta intanto la settimana santa, interruppe il suo lavoro per darsi alla lettura di Isaia e di altri profeti; lettura dalla quäle aspettava vigore all’ im- maginazione e consolazione allanima (Ep. 276). In generale egli leggeva spesso e volentieri la Bibbia (Av. 4, 9, Ep. 445, 446, 471, Mest. 71). Indi continuö la tragedia, e finita che fu, la lesse ad alcuni giovani; tutti giudicarono il primo atto peggiore degli altri: il quarto ed il quinto rie-scirono sommamente patetici e rapidi, e compensavano il cattivo dei primi tre, benche il secondo sembrasse ali’autore il migliore di tutti. Tecmessa riusci bellissimo carattere, e cosi parve a tutti, perche tutti piansero (Ep. 280). L’ Ajace si rappresentö per la prima volta sulle scene del teatro della Scala in Milano, dalla compagnia Fabbrichesi, la sera del 9 dicembre dell’istesso anno, alla presenza di 4000 per-sone; fu replicata per acclamazione due sere consecutive, 34 ma i nemici del Foscolo, tra i quali primo 1’ abate Urbano Lampredi, fe-cero tanto da far registrare questa nuova tragedia nell’ Elenco ri-servato delle rappresentazioni escluse dai teatri del Regno d’ Italia (Ep. 282, 284, 285, Per. 29). 35 Profondamente addolorato, il Foscolo scrisse tosto al principe Eugenio dichiarando di non aver avuto viste politiche, e di non aver prešo di mira il governo di Sua Altezza. Ma, poichž le allusioni si erano trovate, egli, benche conscio delle sue rette intenzioni, confessava ehe 1’ errore era per sempre tutto suo, e domandava scusa al principe (Ep. 289). Tanta umiltä farebbe, al dire di taluni, poco onore ali’ indipendenza del Foscolo, « il libero uomo », ove non si consideri, come vuole il Mestica, ehe egli indi-rizzando quelle scuse al principe, mirava ad ottenere la clemenza di lui in favore dei magistrati puniti per conto suo. 3S Le poche ore di riposo ehe gli rimanevano dopo i suoi studi gli erano sempre rapite da una dozzina di visitatori, di clienti, di per-sone ehe chiedevano impiego, di disgraziati ehe lo credevano onni-potente cortigiano, ed oratore a cui nulla resistesse; ma egli non poteva regalare a costoro se non qualche consiglio e aleune pagine di memoriali, di difese e di lettere commendatizie. Non poche vittime strappö in vari tempi la possente sua eloquenza dalle mani del carneflce. Tra gli altri il prode capitano Trolli, il greco Caralambo Rebu, ed il povero generale Viani, ebbero ad esperimentare i benefizi della sua facondia e della sua premurosa bontä (Ep. 275, Per. 21) — Non solo da chi invocava pietosamente il suo valido aiuto, ma ben anche da chi voleva fargli prostituire la vergine sua Musa, era continuamente assediato. A questi ultimi si porse occasione favorevole quando, nel maržo del 1811, si voleva festeggiare il neonato re di Roma, il flglio di Bonaparte; generali, colonnelli, magistrati, gli chiedevano iseri-zioni, indirizzi, poesie, dediche d’ogni sorta; ed egli compiaceva agli amici e commilitoni esultanti, banchettanti, festeggianti, ma non fa-ceva festa: gli bastava di essere spettatore ed uditore soltanto, e la-sciava ehe altri si facesse onore di quelle iscrizioni profetiche, ehe, secondo lui, non potevano fare onore ad anima viva (Ep. 276). Avvi chi fece del Foscolo, riguardo a religione, un ateo e peggio. Quanto questa asserzione sia avventata — osserva il Pero-sino — lo provano le seguenti parole, colle quali il cantor dei S&-polcri chiude una lettera alla madre: « Dio Signore sia con voi» (Per. 30). Ma ben altri passi vengono in appoggio alla giusta osser-vazione deli’ egregio professore. L’ atto di fede dei Foscolo io lo trovo in una lettera che egli scriveva nel 1811 all’ amico G. B. Giovio. Questi gli avea mandato un libro intitolato Manuale cristio.no, col-l’invito di meditarö sulla religione dei padri suoi. II Foscolo abban-donö il Sallustio, che avea nelle mani, e si mise a leggere quel libro. Nella detta lettera egli esterna la sua opinione intorno al me-desimo, e tra le altre cose, dice : « Io amo e adoro Iddio, ma non ardisco pregarlo; e desidero che altri lo preghi a suo modo; desi-dero ad un tempo di poterlo adorare siccome a me piace. » E piü sotto : « io non sono ateo» (Ep. 283). Avendole, nel 1822, Lady Dacre detto: « Di voi si parla come di un uomo che non ha religione », egli risponde: «Se alcuni giudicano cosi, perche non mi odono par-lare di religione, non voglio giustificarmi; ma hanno ben essi un gran torto fondando la loro decisione sul mio silenzio. E a me pare che molte persone parlino troppo della loro religione, e della sup-posta irreligione del prossimo, immaginando che la miglior prova da dare della loro pietä, sia quella di accusare altrui d’ ateismo. » E piü sotto nota come la religione non risulti da una teoria, ma sia «un sentimento sublime insieme e profondo, cinto di abbaglianti splendori, come il trono deli’Altissimo; e quanto piü l’uomo vuol penetrare in questo abisso raggiante, tanto meno lo venera. La religione m’ empie sempre d’ idee che pur vengono in me suscitate dallo spettacolo di una bella notte senza luna; e son grandi e forti sen-sazioni piü che idee. Ma se volessi traversare con fiaccole le tene-bre di tal notte, ben ne verrebbero rischiarati gli oggetti intorno a’ miei piedi, ma le sensazioni magniflche ed ineffabili della notte subito svanirebbero dalla mia immaginazione» (Ep. 579). Aggiun-gansi ancora i diversi luoghi che incontriamo nell’ Epistolario ove egli invoca 1’ aiuto di Dio (Ep. 180, 268) e della Provvidenza (Ep. 193), « la quäle — ei dice — non abbandona mai chi non abban-dona se stesso » (Per. 59); e vedasi come parli con profondo rispetto dei principi religiosi dell’amata sua genitrice (Ep. 64, 216, 270, 290, 295, Per. 32, 34, ecc). 37 Nel febbraio del 1812 il Foscolo si portö a Venezia, ove ebbe il piacere di abbracciare la madre, alla quäle da lungo tempo aveva promesso una visita (Per. 29); ma nel marzo seguente lo troviamo di nuovo in Milano (Ep. 290), dove la tosse ed il raffreddore lo in-chiodavano spesso in letto, e sempre in casa, ed appena concedevangli di leggere Fedro e Catullo (Ep. 293). Andö dipoi a Belgioioso a pas-sare quaranta di (Ep. 295), che non gli giovarono ne alla mente ne al corpo, onde tornossi di nuovo a Milano colla febbre, che lo tenne per un mese in clausura (Ep. 298, 297). Ristabilitosi si rimise in viaggio, e giunse ai 15 d’ agosto a Bologna. Era partito da Milano col pensiero di soffermarsi a Parma per trattenersi col tipografo Bodoni; ma un accidente gli fracassö quasi il suo legno sulla riva del Po, onde, ritardatosi, dovette andare direttamente a Bologna (Ep. 299, Av. 2). 11 giorno seguente parti per Firenze, ove giunse ai 17 d’ agosto. La prima cosa che quivi fece si fu di scrivere alla Signora Cornelia Martinetti a Bologna, colla quäle strinse piü amichevoli re-lazioni38 in quelle ventiquattro ore ch’ erasi colä trattenuto (Ep. 300). Dessa avea la virtü di ridere volentieri (Ep. 302), e di starsene sem- pre allegra. Forse questa diversitä di carattere genero nel nostro scrittore qualche simpatia ehe crebbe poi, e divenne amore. « Dav-vero io vi voglio bene — le serive da Firenze — se tu fossi qui mia, il cielo mi parrebbe piü sereno » . . . . « Ricordati talvolta di me » . . . « ridete dunque mentre io tingo la penna nel mio cuore e vi serivo »,39 e chiudeva la lettera, come era solito quando parlava d’amore, mormorando aleuni versi del Petrarca, che a lui sembra-vano fatti non per Laura ma per le sue donne gentili (Ep. 309). Ma chi legö piü strettamente il suo cuore si fu la Signora L*** (z= Maddalena Bignami). La cliiama la donna « funestamente a lui cara » (Ep. 303), dichiara di aver risoluto di amarla appassio-natamente e di non voler essere riamato per 1' avvenire; si sente trafitto nell’ anima perche ella, nella prima lettera ehe gli serisse avea detto: « infine, cosa e il morire?» e andava seco ripetendo spesso quelle tristi parole (Ep. 335). Piü tardi scriverä in questi termini: « Ti confesso ehe la mia passione e piü forsennata ehe santa, e ehe m’ immergerei un coltello avvelenato nel cuore purche potessi avere in quel momento un tuo bacio » (Ep. 371). Una lettera ehe il Foscolo seriveva alla contessa d’ Albanv, ci chiarisce il mistero di questo amore: la donna, di cui erasi fatalmente invaghito, era spo-sata e madre di tigli felici. II poeta costretto dalla gelosia del ma-rito, dovette rassegnarsi al partito di non piü rivederla, e di esiliarsi perpetuamente dalla casa di lei (Ep. 372). Pero, come risulta da aleuni brani di lettere inedite pubblicate dal Chiarini, questa triste passione continuo sempre viva ed ardente, e comincio a ealmarsi ap-pena quando il Foscolo andö esule dali’ Italia.40 Lasciamo ora al poeta stesso 1’ incarico di raecontarci come egli se la passasse nel suo nuovo soggiorno a Firenze. « Nelle sere che non passeggio — serive alla sua «gentile amica» la Martinetti — fantasticando col fiume e con gli alberi e con le nuvole, o che non mi chiudo nella mia stanza, vado a passare tre quarti d’ora dalla contessa d’Albany; vado perche mi sta vicina di casa, perche va anch’ ella a dormire dopo le dieci, perche parla spesso d’Alfieri; . . . ma la sua societä e diplomatica, varia, severa; e tutti stanno seduti perpetuamente: a quattro occhi ci si sta bene, quantunque la contessa alfiereggi; ed io vorrei ehe le donne petrarcheggiassero tutte, giovani e vecchie. Ma in quel crocchio io mi sto muto e freddo come la se-dia che opprimo: — non piü cosi d’ora innanzi; perche hanno pre- sentato in quella sala il volto piü molle e piü candido di tutta Italia, e le chiome le piü graziosamente intrecciate, e una fronte un po alta forse, ma ehe ha del celeste, e un paio d’ occhi verecondi e ar-diti, e una bocca vergine, sulla quäle avrei sospirato appena, ma non avrei osato baciarla; e tutte queste belle cose in una sola testa! Non vidi il seno, ma il collo era tutto scoperto, e mi sembra alquanto grossetto, ora eh’io vi penso piü freddamente; ma allora, appunto per questo parevami piü voluttuoso. Eppur essa non apriva bocca; e appena si lasciö dire da me sommessamente alcune paroline, e mi rispose in modo che nessuno c’ intese. Ah! s’ io potessi pigliarmi con-fldenza ! . . . e giurerei di non baciai’la che sulla fronte; ma mi si raffredderebbero le labbra, perche .... la e una Musa scolpita da Canova, e comprata dalla contessa per tener compagnia al ritratto del tragico » (Ep. 301). II Foscolo con questa briosa descrizione sol-letica la nostra curiositä per dirci poi che parlava di una statua del Canova, quel sommo artista del quäle anche in altre occasioni parla con vero entusiasmo (Ep. 308). II carteggio con la contessa d’Albany arricchi 1’Epistolario del Foscolo di molti preziosi documenti. Ebbe Ugo a conoscerla il 31 a-gosto del 1812 (Ep. 414). Pochi giorni appresso gi& le seriveva: « Tutti i giorni sono piü lieto d’ avere ottenuto accesso presso di lei, e di trovarmi in una casa, dove essendo contento degli altri posso senza fatuitä raostrarmi contento di me. Verrö adunque domani sera, e mi pare mill’anni; si perch’ io spero che ventiquattr’ore di cura mi faranno star meglio, si perch’ io sono certo che quand’ anche mi sentissi peggio, la sua compagnia mi sarebbe conforto, come furono ieri le lettere di cui s’ e piaciuta d’ onorarmi (Ep. 313). Le relazioni di Ugo colla contessa — ha ragione il Reumont41 — assunsero quasi un carattere materno. E di fatti con essolei trattava apertamente le proprie faccende con 1’ affetto e la franchezza di un figlio verso una madre. A lei raccontava come la Fortuna, bruttissima deitä, calva, guercia e dispettosissima, lo avesse afflitto nelle sue piü belle spe-ranze (Ep. 352); a lei svelava gli intimi segreti del suo cuore, a lei confldava le dolorose istorie de’ suoi molteplici amori (Ep. 357, 372, 379, ecc). 42 In quest’anno, 1812, comincia ancora un nuovo ed affettuoso carteggio foscoliano colla Donna gentile, chiamata dal poeta sempre col nome di Quirina.43 Sembra ch’ essa sia stata piü ehe amica, forse anche amante del nostro poeta; a lei confidava tutte le sue vicende, e la compagnia di lei gli riusciva oltremodo gradita. Da Bellosguardo, ove, abbandonando di quando in quando Firenze, ri-tiravasi a godere la pace, ed a studiare assiduamente nella quiete di una villa (Per. 42, Ep. 327), le seriveva assai spesso, e benche ammalato (Av. 8), scendeva piü di una volta in cittä, solo per ve-dere la sua cara amica (Ep. 330); e quando nel luglio del 1813, la-sciata Firenze, si dirigeva verso Milano, le seriveva subito da Bologna, ove solo per pochi istanti fermavasi, e le prometteva di seri-verle anche da Parma (Ep. 340, 344). Per appagare il suo cuore desiderava poter vivere sempre con la sua Quirina, e morire fra le sue braccia (Ep. 370). Una volta serisse alla medesima queste ap-passionate parole: Signorina mia, Stasera io sarö da lei; s’ella non va al teatro, staro lunga-mente con lei; — s’ ella ci va, staro poco; — s’ella non sarä in casa, bacierö l’uscio piangendo! (Ep. 323). II carteggio colla donna gentile durerä ancora quando il Foscolo sarä. emigrato in Inghilterra. Con un’ altra illustre donna, la contessa Isabella Teotochi Albrizzi, corrispondeva il nostro autore, disfogando con essolei — come dice il Perosino — il suo ingegno ed il suo affetto (Per. 140, 145, 147, 148). 44 Ma delle amiche basta; e tornando agli amici del Foscolo, nou bisogna dimentieare Silvio Pellico. Dopo la preziosa pubblicazione delle lettere foscoliane al Pellico, fatta da Alessandro Avöli, vieppiü manifesta si rende 1' intirnita ehe legava i due serittori. L’affetto vi-cendevole non trovava espressioni sufficienti: «O Silvio, Silvio mio, — e tu se’ mio, tutto mio — serivi sempre, e quanto piü sai, e lunghissimamente. Tu stai meco dali’ alba alla sera; ma quando mi capita una tua lettera, io mi sento pieno di mesta dolcezza per tutto quel giorno. Ah s’ io potessi vivere e morire ed esser seppellito con te!» Cosi il Foscolo -gli seriveva nell’ottobre del 1812 (Av. 4). Con nessuno quanto col suo Silvio il nostro autore si apriva con mag-gior franchezza ed espansione; a lui solo confidava interamente il deplorevole stato della sua salute (Av. 8) e delle sue finanze, allor-quando francamente gli confessava che non saprebbe piü ove posare la sua povera testa, ne con ehe cibo sostenere il debolissimo suo corpo, ove non gli fosse stato pagato antecipatamente il primo tri-mestre del suo soldo di capitano (Av. 9). Silvio gli avea mandata la tragedia Laodamia4b, perchö ne desse il suo parere. Ugo, ehe nel leggerla pianse, la lod6 sinceramente, e ne fece una diligente e franca critica, che fu molto gradita al buon Pellico (Ep. 325, Av. 12, 13).46 Con lui stava in corrispondenza anche piü tardi, fino all'anno 1820, in cui 1’ autore delle Mie prigioni veniva rinchiuso, per motivi po-litici, nella fortezza dello Spielberg. Un altro amico del Foscolo si fu Leopoldo Cicognara, 1’autore della Storia della scultura (Ep. 406, 397); in una lettera ehe gli seriveva da Bellosguardo (1813), mandava per la contessa Lucietta, di lui moglie, una cantata « ad imitazione deli’ eroe della Mancia », che il lettore trovera nel I volume deli’ Epistolario, a pag. 466 (Ep. 327). — Altri amici gli erano rapiti dalla guerra, e specialmente tre carissimi: Delfette, compagno una volta delle sue disavventure militari; Battaglia, ehe gli era amico da dodici anni; Giovio, cui non poteva mai dimentieare (Ep. 324). Finalmente la coscrizione gli ru-bava anche il suo povero Pietro, barbitonsore, giovine gentile, inge-nuo, disinteressato, benche educato a servire (Ep. 336). Senonche, piü di tutti gli amici lo occupava sempre, come ab-biamo giä accennato, il grandissimo amore per la madre, la sua « vec-chierella innamorata» (Per. 80), la sorella Rubina,47 il fratello, e, in generale, per tutte le persone di sua famiglia. Bisognerebbe leg-gere tutte le sue lettere famigliari per farsi una idea esatta delle sue affettuose premure per i suoi; ma noi ci limiteremo a traserivorne una sola, ch’ei spediva in data dei 27 febbraio 1813 alla madre. Ne giudichi il lettore: Madre mia, Ricevo oggi una lettera dali’ Angiolo 48, ehe mi reca infinita consolazione, e quanta non ne ebbi forse mai da che tu mi hai dati fratelli, non giä pel suo avanzamento, perche, oltre ali’ essere capitano, egli sarä, senza dubbio aiutante di campo del generale co-mandante la cavalleria o aiutante maggiore di un reggimento, tanto Dio ha benedetto le mie eure, ha premiate le fatiche per quel buon giovine, ed ha ascoltato le mie preghiere; la mia consolazione piu grande deriva dal vedere ehe il tuo figlio al primo raggio di lieta fortuna pensa a te e alla sua famiglia. Mi serive ehe, malgrado al-cuni debiti ehe gli restano da pagare e parecchie spese necessarie ehe deve fare prima della sua partenza, s’ e ad ogni modo concer-tato col Ministero della guerra perche ti faccia puntualmente pagare ogni mese lire 52 di Milano, che fanno otto napoleoni, i quali ag-giunti a quello che avete ed alla pigione di casa, ch’io voglio ehe ad ogni modo continui ad essere pagata da me, vi farä, miei cari, vivere meglio assai e sostenere con men dolore le infermitä, e sopra tutto, e di ciö scongiuro la madre mia e Rubina, sopra tutto vi facciate meglio servire, perchž nell’etä. dell’una e nello stato infermo dell’altra avete bisogno di servitü. Ecco, in due voi avete 26, e compreso l’af-fitto di casa, trenta talleri al mese, oltre i regalucci ehe, sieuramente, io ehe sono il vostro fattore, v’ andrö facendo; e per ora ho prešo un bel velo da testa di blonda elegantissimamente e riccamente ri-camato, lungo braccia quasi tre, e largo uno, per la Rubina, ed in-sieme una tabacchieretta di tartaruga con un bel mosaico sopra, dov’ e un cardellino, ed una vera 49 da dito co’ miei capelli e legata in oro per la mamma. E se fra due o tre giorni non troverö occasione, vi mandero 1’ involtino per la posta. Frattanto, per onore deli’ An-giolo, desidero ehe voi partecipiate gli effetti del suo buon cuore e del suo amore figliale agli amici e parenti, e sopra tutto a casa Na-ranzi, e dite al signor Costantmo vecehio che quei figliuoletti edu-cati da te, madre mia, con tanti ardori e con lagrime e in mezzo a tanti pericoli e avversitž, de’ tempi sono stati e saranno benedetti dal Signore. Or addio, e tu, Pippi50, studia ed impara da’ tuoi zii ad amare e aiutare tua madre. Tu, madre mia, manda a tutti noi la tua benedizione. Nicolö (Per. 41). Con questa tenera invocazione alla genitrice si chiudono tutte le lettere famigliari di questo amorosissimo tra i figli.51 N6 va di-menticato 1'atto generoso compiuto dal medesimo allorche, sullo scorcio del 1809, rinunziava, in favore della madre, alla pensione di lire i-taliane 767.51, statagli assegnata un mese prima (Per. 16).52 Di quest’ epoca e pure importante una lunga lettera del Foscolo al tedesco Giovanni Paolo Schulthesius, in data dei 27 agosto 1812, in cui troviamo esposte le sue teoriche sul modo di doversi fare un buon dizionario della lingua italiana; si trattiene eziandio a parlare in generale sulla lingua italiana e sul modo di bene apprenderla. Passando poscia a dire deli’ Accademia della Crusca, osserva eh’ essa non seppe conseguire nemmeno il fine a cui per tanti anni tendeva. Tutte le voci, a suo parere, non furono amrnesse, perche non ven-nero in tanti anni osservate; ma dove la Crusca pecca imperdona-bilmente si & nelle particelle, le quali sono in ogni idioma le vere e le sole giunture delle idee principali del discorso (Ep. 304). — Bi-sogna pero notare ehe, come alla Crusca, il Foscolo teneva il broneio a tutte le accademie; ei le chiamava catene degl’ingegni e mercati di lodi reciproche, ove potenti, mezzidotti e adulatori hanno lo stesso nome e la corona stessa dei valenti (Ep. 93). Dalla lettera allo Schulthesius rileviamo ancora come il nostro autore si dolesse di non conoscere la lingua tedesca, e come, leggendo tradotte le tra-gedie e la Guerra dei treni’ anni di Federico Schiller, s’ invogliasse di vedere, se non altro, la tomba di si generoso scrittore. Verso la fine della medesima lettera egli parla di un suo discorso sulla Morale del letterato, del quäle non ci resta copia alcuna nö manoscritta n& stampata (vedi anche Ep. 324). Intanto la sospettosa polizia francese chiamö il Foscolo a ren-dere conto del suo « ostracismo » fuori del Regno.53 Ed egli corte-semente rispose come andava risposto; a Firenze non temeva oppres-sioni, ma bensi noie, perche lo credevano horninem magna et praeclara minitantem, e quanto piü, astretto dallo infermitä e dai tempi, se ne stava lontano dai rumori politici, tanto piü trovavano motivi di so-spettare di lui (Ep. 322). Pure, vedendo di non poter essere piü a lungo cosmopolita, e persuaso del bisogno di doversi dire cittadino di un paese (Ep. 337), si ridusse di nuovo a Milano, dopo lo ritro-viamo il primo d’agosto. La corsa da Firenze a Milano avea ridate le forze « alla sua magra e malinconica persona » (Ep. 338, Per. 44), e temeva quasi di morire di troppo vigore, come quindici giorni ad-dietro si sentiva uccidere dalla debolezza (Ep. 341); ma la noiosa vita di Paneropoli lo contristava di nuovo (Ep. 347). II Foscolo attendeva in quest’ anno — siamo nel 1813 — alla composizione di due grandi lavori letterari: la Ricciarda e le Grazie. La prima fu incominciata a Firenze ai 20 settembre 1812 (Ep. 309) e terminata a Bellosguardo ai 5 giugno 1813, sullo spuntare deli’ alba (Ep. 333). A proposito di questa tragedia scriveva al Trechi: « Ho terminato da piü tempo la mia povera Ricciarda: non v’ 6 parola ch’ essa pronunzi fra quei cavalieri ferrei e crociati, ehe tanto nello scriverla, quanto nel leggerla, non mi abbia fatto lagrimare, e spesso dirottamente. » E serivendo al Pellico esclamava : « Stessi almen tanto bene da poter finire questa mia disgraziata ed affettuosa Ricciarda! » Prima di andare a Bologna, ad assistere alle prove di questo nuovo lavoro drammatico, si recö a Venezia, dove ebbe appena il tempo di abbracciare sua madre e suo fratello, che partiva per la guerra (Ep. 354). Ai 12 settembre era giä di ritorno a Bologna, e stava provando la Ricciarda. Ebbe molto da lottare cogli attori poco buoni, onde era perfino incerto se dovesse arrischiarla (Ep. 358). Finalmente la sera del 17 settembre fu recitata. L’autore stesso ci da una rela-zione del successo tanto bella, ehe merita d’essere traseritta, almeno in parte. « La scena era ben decorata, esattamente dipinta, ed il ve-stiario convenientissimo a’ tempi e magnifico. — Dopo il primo atto il pubblico picchiava le mani; ed io nel mio cuore avrei picchiate quelle testacce di corno, le quali non sapevano ehe il migliore re-galo ehe si possa fare a un autore e il silenzio. Ma la benevolenza pubblica m’ irritava ancor piü dopo il secondo atto; si chiamava 1’ autore a battimani, si urlava il mio nome, si tempestava rompendo le sedie, perch’io venissi a ricevere le congratulazioni del popolo-giudice, il quäle intanto guastava la tragedia. Uscivano gli attori a incomin-ciare il terzo atto, ed erano respinti dal popolo-sovrano ehe voleva « fuori» 1’ autore. Ma 1’ autore, ehe fa lo scrittore e non giä il ciar- tano, e che non espone la sua persona bensi la tragedia 64, fece il sordo per piu di mezz’ora; e non si lasciö smuovere mai, nemmeno dal podesti ch’ era accorso per farlo uscire. Doveva io presentarmi sul palcoscenico ? Avrei fatto ciö che l'anno gl’istrioni pagati. — Sa-lutare 1’uditorio dal mio palchetto? Avrei, e ciö si sarebbe certa-mente ridetto a Milano, avrei affettati i modi di sua Maestä e del suo augusto rappresentante, i quali soli nel regno d’ Italia sogliono rin-graziare il popolo sporgendo il capo fuori del loro palchetto. Dio me ne guardi! — Ma la modestia fu dall’uditorio ascritta a super-bia: non volle piü ascoltare col primo silenzio i tre atti seguenti, e il mio prematuro alloro mi si e sfrondato ad un tratto. I comici svanirono anche quel po’ di buon senso e di coraggio che avevano; e il terzo ed il quarto atto furono recitati, ch’ io non ho mai visto recitar peggio. II mormorio della platea andava peraltro acquetan-dosi; ed il quinto atto fu solennemente udito ed inteso .... Quanto all’ ultima scena, ne il popolo ne i comici stessi sanno come la sia finita, perchö il diavolo ci messe nuovamente la coda. Awenne che, mentre Averardo e Corrado prorompono sulla scena con armati e con fiaccole . . . una di quelle torcie die fuoco alla barba di crino d’ una comparsa, e il fuoco da una barba si appiccö alle altre, e al ridere successe il terrore, perche 1’ acqua-ragia delle fiaccole, cadendo sulle assi della scena, le ardeva; e frattanto gli spettatori erano di-visi con 1’ attenzione all’ accidente funestamente ridicolo ma reale, ed alla catastrofe immaginaria dell’ infelice Ricciarda. Tuttavia il pubblico, con miä grandissima meraviglia, si eontenne decentemente; e la mia Ricciarda, benche recitata, non fu recitata per me, ne per gli altri. Chi la lodasse o biasimasse dopo questa recita, sarebbe in-giusto ed impostore. Io frattanto rimasi incantucciato nel mio palchetto e imperterrito, come quel Turco fatalista, che mentre gli crollava addosso la casa, continuava a fumar la pipa e a sorseggiare il caffe » (Ep. 359). La tragedia non si recitö che quella sola sera; i maligni fecero credere ai revisori politici della Ricciarda ehe Averardo fosse un incendiario, Guelfo un prototipo della poli-tica vendicativa italiana, Guido un seduttore, e tutta la tragedia una tela tessuta d’ impolitica e di atrocita (Ep. 337). Questi furono i motivi pei quali quando nel 1814 si recitava la tragedia a Brescia ed a Parma, i censori politici, contro ogni previsione dell’autore (Av. 4), vi espunsero piü di cento versi, cosi da renderla meno ener-gica (Per. 71), ragione per cui il Foscolo non volle che poi la si recitasse a Milano (Ep. 384).85 Intorno al carme sulle Grazie, intitolato al Canova, troviamo solo poche notizie nell’EpistoIario del Nostro. Dal carteggio della contessa d’ Albany col poeta si rileva come egli serivendo delle tre Grazie, le Tre vaghissime donne a cui le trecce Infiora di felici itale rose Giovinezza, alludesse sempre a tre delle donne 56 da lui piü passionatamente i-dolatrate: la Bignami, la Martinetti ed Eleonora Nencini di Firenze, della quäle perö nelle lettere foscoliane abbiamo scarsi ricordi (forse Ep. 357). A Giuseppe Grassi scriveva ai 16 d’agosto 1813: «Prima che spiri quest’anno, avrete,< ove altro non accadesse, il Carme sulle Grazie, diviso in tre inni. E finito ma non terminato, perche fino a che non siano stampati io mi sento impacciatissimo de’ miei scritti» (Ep. 348). Un anno dopo scriveva alla contessa d’Albany: «La tela s’e allargata nel tessere; ma perche la troppa larghezza poteva forse nuocere al disegno, ho reciso molte parti giä belle e tessute; e la composizione, si delle parti, si deli’ architettura di tutto il poema, & pienamente perfetta, secondo me » (Ep. 418). II Foscolo vi lavorö finchö visse, e non diede mai 1’ ultima mano a questo lavoro (Ep. 421, 425). I frammenti furono pietosamente raccolti dalla Magiotti, e, cresciuti dalla diligenza dell’ Orlandini, furono risaldati in tre Carmi, dei quali la prima edizione si fece appena nel 1848.57 Pochi di dopo la recita della Ricciarda il Foscolo recossi a Firenze. Le vie nella Lombardia e nel Yeneto erano pericolosissime in quei giorni in cui la guerra versava sulla patria del nostro poeta tutte le immaginabili miserie; da ogni parte giungevano notizie di assassini sulle pubbliche vie (Ep. 365, 366). Per essere informato’ delle sorti d’ Italia senza generare sospetti, pregava il Pellico di scrivergli enigmatico: « narr am i — gli scrive — le guerre d’un amore di ra-gazzi, e quanto piü saranno vicine o lontane le nozze, tanto piü de-sumerö liete o pericolanti le cose d’Italia» (Av. 16). In quei giorni perö il Foscolo desumeva ogni speranza per l’Italia dall’unione di parecchi milioni d’abitanti in un solo regno, dall’animo militare che giä as-sumeva, e dalla corona d’Italia, che un giorno o 1’altro sarebbe stata indipendente in uno dei successori di chi allora comandava (Ep. 360). Intanto la patria pericolante lo chiamava a difenderla; ed egli, che avea fatto professione pubblica d’ ltaliano, sino all’ altare ed al rogo, e che affrontava tutte le disavventure, i disagi, la guerra, la povertä, e la morte, per non aver taccia di vile, indossa verso la fine dei 1813 la vecchia sua divisa, ed entra nell’ armata come aiutante dei generale Fontanelli (Ep. 368, 370, 372, 384).58 Ebbe occupazione, poco lungi da Torino, nella divisione italiana che tornava di Spagna; ma i viaggi notturni, precipitosi, in una stagione fredda e gelata, gli avevano ridata la tosse, le febbri ed il suo male d’occhio, che durö per un mese intiero (Ep. 396), e lo resero Magro, sparuto, e pria che spento morto (Ep. 379). I primi mesi del 1814 il Foscolo fu in Milano, sempre incerto tra le calunnie dei nemici che lo avevano continuamente in sospetto (Ep. 381), ed il dovere di starsi sotto quei governo ch’ ei non avea mai adulato, ma a cui doveva suo malgrado obbedire (Ep. 384). Giunge intanto il giorno 9 maggio 1814, in cui gli Austriaci, entrati a Milano, respingono 1’ esercito italo-francese verso Bologna, ove tro-viamo anche il nostro Ugo (Ep. 389). Quivi egli si presentö al generale austriaco, il quäle volle essere informato dei fatti di lui. Ac-colse il poeta sempre gentilmente, ma sempre piü parve adombrato dei suo stare in Bologna. «II mio permesso — scrive il Foscolo alla contessa d’ Albany — secondo lui, non valeva, perchö non aveva il vidi del maresciallo di Bellegarde, che ora comanda la milizia italiana. Disse ehe avrebbe seritto a Milano al suo maresciallo: serissi anch’io; le risposte non vennero. Ier Faltro s’era spontaneamente arreso a darmi una carta da passare in Firenze e presentarmi al generale Staremberg, vedendo ch’io stava qui mal volentieri; ma ieri mattina mi chiamö premurosamente, ed invitandomi a desinare, mi ridomandö quella carta; la ridiedi lietamente; e per levargli i sospetti, gli dissi ehe se il corriere, ehe stava per giungere, non recava lettere mi-nisteriali o del maresciallo relative a me, io sarei ripartito per Milano volentierissimo. Le lettere vennero, ma nessuna sul mio passa-porto. Cosi devo mantenere la parola; riparto per Milano oggi: starö ritirato: non voglio adombrare qui nessuno; n& venire a Firenze, ove comprometterei i miei amici, se mai, come e facile, si fosse seritto di me a chi comanda » (Ep. 394). Da Milano abbiamo parecchie lettere (Ep. 396, 399, 404) lunghissime alla d’Albany helle quali e-sprime spassionatamente le sue opinioni intorno agli avvenimenti po-litici di quei giorni. Sotto il nuovo governo stimava suo dovere di vivere dignitosamente tacito; di non eccitare le fazioni de’suoi com-patrioti, e di obbedire alle leggi del principe sotto il quäle stava la sua patria. Condannava coloro ehe vaneggiarono di farsi liberi per mezzo delle framassonerie e congiure, e benediceva il Cielo della moderazione deli’Austria (Ep. 429). 59 A Milano ebbe occasione di abboccarsi coli’ abate Caluso, 1’ intimo amico dell’Alfieri; «1’ho veduto due volte — ei serive —non 10 rivedrö forse piii per ora, perch’ io torno a tossire miseramente, e da giovedi in qua non ho piü fiato: e’ son tanti avvisi ehe bisogna prepararsi a sgomberare da questa casa della vita, dove, a dir vero, non mi compiaccio. La solitudine domestica m’ucciderä piü che la tosse » (Ep. 424). Contrariamente a quanto serisse il Pecchio, giä ai primi di maržo 1815 il Foscolo andava maturando il progetto di lasciare 1’ I— talia e di provvedere alle sue faccende nelle isole greche (Ep. 438). Sulla fine di maržo poi, il suo progetto divenne un deliberato pro-posito, e 1’ obbligo del giuramento impostogli dal governo austriaco, affrettö la sua partenza dall’Italia, ma per la Svizzera, e da li per 1' Inghilterra (Ep. 442). Trascriviamo per intero la notevole lettera colla quäle egli prende definitivamente congedo dalla sua famiglia (Ep. 439): Miei cari, Milano, 31 maržo 1815. Riceverete numero 80 napoleoni d’ argento, ehe formano lire 400 d’ Italia. Con 1’ annessa cartina andrete a riscuoterle dal signor Marco Visentini, ehe ve le pagherä a vista. Col mezzo inoltre del signor Paolo Papete di Venezia riceverete una imperiale, ossia baule di carrozza ben custodito, ove si troveranno in buon essere gli effetti deseritti nella nota qui compiegata, e dei quali ne avrä una simile 11 sig. Papete, firmata da me, affinche possiate confrontarla, e farvi render conto dagli spedizioneri, se mai fossero inesatti. Frattanto s cercate di vivere alla meglio per quattro o cinque mesi, finche io possa aiutarvi dal luogo ov’ io mi troverö. L’ onor mio e la mia coscienza mi vietano di dare un giura-mento che il presente governo domanda per obbligarmi a servire nella milizia, della quäle le mie occupazioni, e 1’ etä mia, e i miei interessi m’hanno tolto ogni voeazione. Inoltre tradirei la nobiltd, incontaminata flno ad ora, del mio carattere col giurare cose ehe non potrei attenere, e con vendermi a qualunque governo. Io per me mi sono inteso di servire 1’ Italia; nž, come serittore, ho voluto parer partigiano di Tedeschi o Francesi, o di qualunque altra nazione. Mio fratello fa il militare, e dovendo professare quel mestiere, ha fatto bene a giurare; ma io professo Letteratura, ehe 6 arte liberalissima ed indipendente, e quando e venale non val piu nulla. Se dunque, mia čara madre, io mi esilio e mi avventuro come profugo alla for-tuna ed al Cielo, tu non puoi, ne devi, n£ vorrai querelartene, per-chž tu stessa m’ hai ispirati e radicati col latte questi generosi sentimenti ; e m’ hai piu volte raccomandato di sostenerli; — e li so-sterrö certamente. Non sono figliuolo disleale e snaturato se ti ab-bandono, perchö vivendoti piü lontano, ti sarö sempre piü vicino col cuore e con tutti i miei pensieri; e come in tutte le vicende della mia diversa fortuna io fui sempre uguale nell’aiutarti, "cosi conti-nuerö, madre mia, finchž avrö vita e memoria, e la mia santa in-tenzione e la tua benedizione mi assisteranno. E poi, se potessi seri-ver tutto, vedresti che il temporeggiare timidamente a pigliare questo partito non mi gioverebbe che per pochissimo tempo ancora . . Intanto, a mio fratello voi, mieicari, serivete di queste cose riservatissimamente. N& vi affliggete se non potrö serivervi spesso: voi bensi serivetemi subito quando riceverete i denari, e poi quando riceverete la roba. Di-rigete la lettera con sopraseritto fatto alla mercantile, cosi: Al sig. Giuseppe Porta e figlio, Milano. Sotto questo sopraseritto mettete un altro foglietto ben sigillato a guisa di cambiale col sopraseritto: Al sig. Lorenzo Alderani60 — nient’ altro : io vedrö poi, per una via 0 per 1’ altra di farvi capitare le mie nuove. E poi, non ö detto ehe non ci dovremo rivedere e abitare insieme, e forse fra pochi mesi; perche io non faccio delitto a serbare intatti i miei principi e la mia religione; e mi sarä data la facoltä di ripatriare a cose tranquille. Or addio, addio. Addio Pippi; ama tua madre e ascolta con religione 1 sentimenti ehe t’ ispira. Cara Rubina, ti mando un bacio — e mille baci a te, madre mia, di cui chiedo tutte le sere ehe vado a letto la santa benedizione. Addio e silenzio. Vostro Ugo. 81 Cosi il Foscolo, esiliatosi volontariamente dali’ Italia, entrava in un nuovo stadio della sua vita. La prima lettera dalla Svizzera alla famiglia (Per. 75) porta la data di Lugano 6 aprile 1815. NOTE 1 Col presente lavoro, che pubblico senza nessuna pretensione, non intendo di aver fatto altro che un tentativo di scrivere una biografia del Foscolo, estraendola dalle lettere del medesimo. Questo saggio va solamente dalla nascita del poeta al suo esiglio dall’ Italia, cioe dal 1778 al 1815. Dovendo ricorrere ripetutaraente ai vari epistolari foscoliani, adottai alcune abbreviazioni, che spiego qui sotto indicando cosi in pari tempo le varie fonti Ep. = Episiolario di Ugo Foscolo, raccolto ed ordinato da F. S. Orlandini e da E-Mayer. Firenze, Le Monnier ed. 1854 (tre volumi). Per. = Lettere inedite di Ugo Foscolo, tratte dagli autografi con note e documenti per cura del prof. G. S. Perosino. Torino, Vaccarino ed. 1875 (2* edizione). Mon. = Lettere inedite del Foscolo, del Giordani e della Signora di Stael a Vin- cenzo Monti, pubblicate dai Signori Giovanni ed Achille Monti. Livorno, Vigo ed. 1876. Av. = Lettere inedite di Ugo Foscolo a Silvio Pellico ecc., pubblicate da Ales- sandro Avöli. Roma, Befani ed. 1886. Mest. =r Lettere amorose di Ugo Foscolo ad Antonietta Fagnani, pubblicate da Giovanni Mestica con un discorso. Firenze, Barbera ed. 1887. Ad ogni sigla tien dietro il numero progressivo delle lettere nelle singole raccolte. Nel desumere perö la vita del Foscolo da codesti epistolari non mancai di tener debito conto delle molte opere, concernenti il nostro poeta, pubblicate specialmente negli Ultimi tempi, e da me citate qua e lä nelle note; ebbi inoltre sempre riflesso alle importanti biografie del medesimo, pubblicate dal Pecchio (Lugano 1833), da Luigi Carrer (Venezia 1842), dal Gemelli (Bologna 1881, 2a ediz.) e dall'Artusi (Firenze 1878). Avrei voluto consultare anche le Lettere inedite di Ugo Foscolo a Sigismondo Trechi, Parigi, Lacroix ed. 1885, libro che trovai bensi citato, ma che ne i prin-cipali librai d’ Italia ne lo stesso editore di Parigi seppero procurarmelo, dichiarando tutti d' ignorarne 1' esistenza ! 2 Diamante Spaty (o Spatis?) da Zante, nata nel 1747, mori li 28 aprile 1817 a Venezia. 3 Sappiamo ch’ egli studiö specialmente nel seminario arcivescovile di Spalato ’ ma questa notizia non trova conferma alcuna neli’Epistolario. Vedasi 1’importante opuscolo del prof. Bartolomeo Mitrovič intitolato Ugo Foscolo a Spalato, Trieste, tip. Herrmanstorfer, 1882. 4 Andrea Foscolo, veneziano d’ origine, ma nato a Corfü li 22 ottobre 1754, mori il di 25 ottobre 1788 a Spalato, dove era medico e direttore dell’ospedale. 5 La tragedia fu rappresentata per la prima volta in Venezia la sera del 4 gennaio 1797 con grande applauso degli spettatori, e ripetuta per nove sere conse-cutive. 6 II valente critico Giuseppe Chiarini ci promette un libro dal titolo Gli a-mori di Ugo Foscolo, col quäle speriamo sarä fatta piena luce sull’ ancor intricata istoria degli amori foscoliani. 7 Vedi: G. U. Posocco, Ugo Foscolo, Milano, Sonzogno ed. 1885. 8 11 Mestica prova che questo amore cominciö appena nel 1800. Cfr. Le Poesie di Ugo Foscolo, nuova edizione con riscontri su tutte le stampe, discorso e note di Giov. Mestica (2 volumi) Firenze, Barbera ed. 1884. 9 Dell' intima amicizia del Foscolo col Niccolini, «lettore di belle lettere nel-1’ Accademia di belle arti a Firenze », al quäle ei dedicava alquante sue poesie, ab-biamo, pur troppo, nell’ Epistolario del Nostro, pochi documenti (Ep. 36, 85, 90, 98). In quanto all’ influenza politica del Foscolo sul cantore di Arnaldo da Brescia, ve-dasi ciö che scrive Corrado Gargiolli nella Prefazione alle Poesie inedite di G. B. Niccolini, Firenze, Barbera ed. 1884, pag. LI. 10 Vedasi la lettera inedita del Foscolo al cittadino Rossi, ministro plenipo-tenziario della Cisalpina a Genova, pubblicata dal prof. Camillo Antona-Traversi nel Fanfulla della Domenica, Roma, 29 aprile 1888, N. 18. 11 Trascrivo integralmente, con tutti gli errori, la lettera come fu pubblicata per la prima volta da Domenico Bianchini nel Fanfulla della Domenica, 7 dicembre 1879, e poscia dal Mestica. 12 La tendenza al suicidio era ingenita nella famiglia del Foscolo, e i due suoi fratelli, Giovanni e Giulio, pur troppo, vi soggiacquero. Se Ugo fu salvo da tanta iattura lo si deve all’ affetto suo grandissimo per 1'amata genitrice, l’imagine della quäle continuamente gli balenava al pensiero. (Cfr. Antona-Traversi, Ugo Fo-tcolo nella famiglia, pag. 35). 13 Vedi la giä citata lettera alla Roncioni (Ep. 12). 14 Anche nella prefazione all’ Ortis del 1814, il poeta dichiara francamente che se gli fosse possibile « abolirebbe volentieri quest’ opera », e che « chiunque esorta ai suicidio s’apparecchia fino che ei vive i rimorsi d’avere forse sospinto qualche individuo verso il sepolcro.» 15 La lettera a Wolfango Goethe fu pubblicata dall’egregio professore Camillo Antona-Traversi nel Fanfulla della Domenica (Roma, 11 dicembre 1887), ac-compagnata da importanti osservazioni: le quali del resto non sono che una piccola e forse non 1’ ultima parte di una quistione dibattuta in tutti i sensi da arguti critici, che si studiarono di portar luce sui rapporti tra 1’ Ortis ed il Werther. II colto lettore conosce quanto in proposito fu scritto prima dal Tenca (il quäle prende le difese del Foscolo nel Crepuscolo del gennaio 1853), indi dal Šuster, dal prof. Bonaventura Zumbini, da Giuseppe Chiarini, dal Martinetti (Dell' Origine delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, Napoli, 1883), dal De Winckels, dal Biadego, dal Torraca, dal Morici, e da altri, senza che io abbia a riandare la lunga serie delle discussioni, le quali mi trarreb- bero troppo lungi dal mio assunto. — Cfr. ancora ciö che scrissero Francesco Co-stero, nella prefazione alle Ultime lettere di J. Ortis, Milano, Sonzogno ed. 1877 ; Luigi Settembrini nelle Lezioni di lett. ital. Napoli, 1872, vol. III. pag. 248; il De Sanctis nella sua Storia della lett. ital. Napoli, 1873, vol. II. pag 424-25; ed il te-desco J. L. Klein nel IV vol. della sua Geschichte des italienischen Dramas (pag. 97-99) Leipzig, T. 0. Weigel, 1869. Ne parlarono anche nelle loro biografie il Pecchio (Op. dt. pag. 93 e seg.) ed il Carrer (pag. 37-42), come pure gli alemanni Fede-rico Lautsch ed Enrico Lunden, traduttori deli’ Ortis. 16 Della negligenza dei librai sarä stato non ultima causa il Foscolo stesso’ il quäle li avrä fatto ammattire co’ suoi illeggibili caratteri. Egli stesso in piü luoghi delle sue lettere (vedi p. e. la citata: Ep. 129) accenna all’orrenda sua scrit-tura, e si meraviglia come altri la possa decifrare. «J’ai quelquefois bien de la peine ä dechiffrer vos lettres avec Madame d’ Albany», gli scriveva il pittore Francesco Sa-verio Fabre. E quäle dovesse essere codesta pena, ben sei sanno tutti i pazienti e-ditori delle lettere foscoliane, il merito dei quali e quindi gran pezza maggiore. 17 Giulio Angelo Costantino Foscolo, nato a Spalato nel 1787, pose volonta" riamente fine a’ suoi giorni in Ungheria nel 1838. Era tenente colonnello di ca' valleria nell’ esercito austriaco. 18 Lodovico Corio, Rivelazioni storiche intorno a Ugo Foscolo, Milano, Carrara ed. 1873. — In codesto libro il Gorio cerca di smorzare 1’ entusiasmo del De Araicis nel suo articolo Ugo Foscolo capita.no, pubblicato dapprima nel Fanfulla, Anno II, N. 170, e poscia nei Ricordi del 1870-71. Si confronti anoora: Martinetti, Vita militare di Ugo Foscolo (Livorno, 1883), e C. Antona-Traversi nella prima parte de' suoi Studi su Ugo Foscolo (Milano, 1884). 19 Cfr. Pellegrino Artusi, Vita di Ugo Foscolo, Firenze, Barbera ed. 1878, pag. 85, dove parla anche della Ricciarda e delle Grazie. 20 Questa lettera e pubblicata da Cesare Cantu nella prefazione all’ Arminio, i sepolcri, poesie di Ippolito Pindemonte, Milano, Sonzogno ed. 1885. 21 Parlando dell’ oscuritä dello stile foscoliano, ricordo che il Giordani in un momento di cattivo umore chiamö il carrne dei Sepolcri un « famoso enigma ». Ne parla anche il Canello nel libro Dei Sepolcri, carrne di Ugo Foscolo commentato per le scuole, Padova 1873. Tale difetto e attribuito dal Bonghi ad un soverchio svi-luppo della facolta di sentire e piccolo sviluppo della facoltä di ragionare (Vedi: Perche la letteratura italiana non sia popolare in Italia, Lettere critiche di Rug-giero Bonghi, Milano, 1873, lett. VI, pag. 66 e segg.) Dei Sepolcri scrissero anche il Trevisan (Dei Sepolcri, carrne di Ugo Foscolo, con discorso critico e commento del prof. Francesco Trevisan. Verona, 1883), il il Martinetti (Dei Sepolcri con interpret, ecc., Torino 1874), il prof. Camillo Antona-Traversi {La vera storia dei Sepolcri di Ugo Foscolo, con lettere e documenti im-diti, Livorno, 1884). Cfr. ancora: Dei Sepolcri, carrne di Ugo Foscolo, illustrato da C. Antona-Traversi e G. A. Martinetti, Torino 1884. Aggiungansi i commenti sui Sepolcri pubblicati dal Borgno (Milano 1825) dal Della Valle (Ravenna 1862), dal Li-siprandi (Milano 1872), dal prof. Costantino Socin (Programma ginn. Rovereto 1881). — Finalmente va consultato 1’ ottimo recente lavoro di Antonio Ugoletti, Studi sui Sepolcri di Ugo Foscolo (Bologna, N. Zanichelli, 1888), il quäle — d’ accordo col-l'articolo di F. Torraca nella Nuova Antologia del 1 ottobre 1884 — ribatte alcune ipotesi dell Antona-Traversi sulla questione dei Sepolcri del Foscolo e del Pindemonte, e dimostra come a torto il Traversi accusi il nostro poeta di aver tolto al Pindemonte, che trattava un poema sui cimiteri, argomento, idee, e persino interi versi, onde abbellire il suo lavoro. Ricordo, per incidenza, come anche il Rovani, nel libro La Mente di Ales-sandro Manzoni, tacciasse il Foscolo di « assimilatore », e come a lui energicamente rispondesse Giosue Carducci a pag. 245-47 della II serie delle sue Confessioni e Battaglie. Pel Carducci i Sepolcri sono la sola poesia lirica, nel gran significato pindarico, che abbia 1' Italia; in essi « si confondono in un solo e stupendo concerto gli aeeenti del sermone e deli' inno, deli’ elegia e della satira, della tragedia e del-1' epopea. » 22 Questa citta gli era punto simpatica; la chiama « citta da suicidio » (Mest. 41). Cfr. anche V. Ottolini, Principali poeti vernacoli milanesi, (Milano 1881) pag. 67. 23 La seconda edizione del Montecuccoli la dedicö a Benedetto Giovio e Giulio Foscolo (Ep. 123). 24 Vedasi: Corio, Op. cit. pag. 44 e segg. 25 Abitava in Borgo oleario, casa Bonfico (Mon. 22). 26 II Tenca, parlando dello stile del Foscolo, lo dice «vibrato, acre, spesso agitato e convulso, piu spesso grave e pieno di mestizia pensierosa e profonda » (Cfr. Prose e poesie scelte di Carlo Tenca, edizione postuma per cura di T. Mas- sarani, Milano, Hoepli ed. 1888, vol. I, pag. 197). i7 Era il Foscolo nemico giurato del freddo, e dicevasi padre, figlio e fratello carnale del caldo (Ep. 416, Per. 64). L’ inverno lo invecchiava, la primavera lo faceva ringiovanire (Per. 72). 29 Vedi: Corip, Op. cit. pag. 60. 23 Vedi: Camillo Antona-Traversi, Ugo Foscolo nella famiglia, pag. 16. 30 II principe Eugenio Beauharnais, figliastro di Napoleone I, vicere d'Italia! in questa guerra, del 1809, egli occupa Trieste e il Tarvis, e opera la congiunzione eon 1’ esercito napoleonico di Germania dopo una vittoria sulla Raab. (Rinaudo, Cro-nologia della Storia d' Italia, Firenze, 1886). 31 II suo male d' occhi I’ obbligava a portare occhiali verdi (Mest. 81) o azzur-zini (Ep. 350). 31 Fra le reliquie foscoliane osiste una lettera (diee 1’ Orlandini) deli’ inclita giovinetta al Foscolo, colla quäle gli da notizia di avere aderito alla proposta di ma-trimonio fattale dal padre, con quello a cui difatti ella si congiunse; la detta lettera e piena d' affetto, di pudore e di virtii, e fa veramente onore ai due amanti (Epi-stolario, vol. I, pag. 311). Cfr. anche: G. Chiarini, Ombre e fiqure (libro II, pag. 295 e segg.) Roma 1883. 33 Circa alla polemica fra il Monti ed il Foscolo, vedasi: Cesare Cantü Monti e I' etä che fu sua, Milano, Treves ed. 1879. 34 L' autore dovatte perö dare il bando all’ esclamazione di Calcante : O Salamini ! che suscitö la prima sera uno scoppio generale di risa. (Pecchio, Op. cit. pag. 118; Epistolario, vol. I, pag. 401, nota 2; Klein, Op. cit. vol. IV, pag. 108). 35 Chi vuol saperne di piii consulti il lavoro di G. A. Martinetti, Delle guerre letterarie contro il Foscolo, a pag. 47 e seguenti. 36 La caduta dell’ Ajace, ed altre vicende di quel torno, furono drammatizzate da Riccardo Castelvecchio nella sua commedia storica in 4 atti ed in versi, intito-lata Ugo Foscolo, commedia, che se non piacque sulle scene, si legge perö volentieri 37 Si legga anche quanto giustamente osserva il Tenca, Op. cit. vol. I, pag. 269. 38 Ne parla tra altri, il prof. Antona-Traversi nella seconda parte de’ suoi Studi su Ugo Foscolo, pag. 50-51. 39 In questa lettera passa, in modo strano, dal tu al voi, e viceversa. (Vedi del resto anche Mest. 71). 40 Tolgo questa notizia dal citato libro del Chiarini, Ombre e figure, ove son riprodotti, come dissi, alcuni brani di lettere inedite, pag. 312 e segg. — Cfr. an-cora: Lettere di Ugo Foscolo a Maddalena Bignami, pubblicate dallo stesso Chiarini nell’ appendice Vlli alla sua prefazione alle Poesie del Foscolo, edite a Livorno, 1882. 41 Alfred von Reumont, Die Gräfin von Albany, Berlino 1860. 42 Vedasi: Lettere inedite di Luigia Stolberg contessa d' Albany a Ugo Foscolo e dell’ abate Luigi di Breme alla contessa d' Albany, pubblicate da Camillo Antona-Traversi e da Domenico Bianchini, Roma, Euseo Molino ed. 1887. 43 Era, come e noto, la Signora Quirina Magiotti. 44 Cfr. C. Antona-Traversi, Di un amore di Ugo Foscolo (Milano, 1883), un opuscoletto che tratta delle relazioni del Foscolo colla Albrizzi. 45 Questa tragedia di Silvio Pellico non fu mai pubblicata. 46 La lettera 325 dell’ Epistolario e pubblicata molto piü accuratamente dal-l'Avöli, Op. Cit. pag. 32-47. 47 Rubina Molena, amorosissima sorella del Foscolo (Ep. 440), mori nel 1867. 48 Angiolo, e il secondo nome del fratello Giulio (vedi la nota numero 17). 49 II Foscolo, scrivendo famigliarmente, adopera la voce del dialetto veneto vera per anello. 60 Pippi, veramente, e vezzeggiativo di Giuseppe, ma cosi chiamavsi in fa-miglia il secondogenito della sorella di Ugo, Pasquale Molena, parroco a Mogliano in quel di Treviso (Per. pag. 36, nota 1). 51 II Baretti del 22 giugno 1871, N. 22, scrive in questo proposito : « Quelle parti di lettere in cui la madre rispondendo scriveva di suo pugno ora in italiano, ora in greco, la benedizione che mandava al suo Ugo, questi le tagliava e le conser-vava religiosamente in una custodia che portö seco sino al fine di sua vita. Nella Labronica si conservano questi pezzettini di carta, oggetto di tenere lacrime ai vi-sitatori delle memorie foscoliane. » Intorno alle relazioni del Foscolo colla sua fa-miglia vedasi eziandio il gia citato libro del prof. Camillo Antona-Traversi : Ugo Foscolo nella famiglia ecc., ed. dal Hoepli a Milano nel 1884, nel quäle libro sono pubblicate lettere e documenti inediti; e notisi specialmenta il rimprovero mosso (a pag. 41-42) al Pecchio, ehe avea seritto come il Foscolo non parlasse mai della sua famiglia, e ehe si credeva ehe fosse nato come un fungo o ehe fosse un uomo ca-duto dal moudo della luna! 52 II docuinento comprovante tale disposizione del Foscolo fu pubblicato dal Perosino, Op. cit. pag. 22, e poscia dali'Antona-Traversi, Op. cit. pag. 61. 53 Vedasi in questo riguardo la giä citata opera deli’ Antona-Traversi, Studi su Ugo Foscolo, pag. 28. 54 Cosi non la pensano i moderni nostri serittori drammatici! 65 Contro il favorevole giudizio sulla Ricciarda, emesso dalla Quarterly Review di Londra (vol. XXIV, pag. 90-97), inveisce il Klein nella gik citata Geschichte des ital. Dramas vol. IV, pag. 135. 66 Vedi Op. cit. (nota 42) pag. 16, 20: «la primiere de vos Gräces »; pag. 27 : * votre seconde G räce », e passim. 51 Cfr. Intorno le Grazie di Ugo Foscolo, discorso di Giovanni de’ Medici (Trieste 1874). — Le Grazie di Ugo Foscolo, interpretate da G. A. Martinetti (Torino 1877). — La prefa7ione alle Tragedie e Poesie di Ugo Foscolo, seritta da Eu-genio Camerini (Milano 1885). — Le Poesie di Ugo Foscolo, edizione critica per cura di G. Chiarini (Livorno, Vigo ed. 1882). 58 Si vedano a proposito del generale Fontanelli le lettere deli' Ep. 394, 396 ed altre. 59 Chi vuol saperne di piii legga: Foscolo cittadino, ehe e la terza parte del-1' Op. cit. del Corio. In quanto alle accuse mosse al Foscolo per i suoi principi po-litici leggasi ancora il bel libro del prof. Francesco Trevisan, Ugo Foscolo e la sua professione politica (Mantova 1871), nel quäle egli confuta anche i sfavorevoli giudizi emessi intorno al nostro poeta dal Tommaseo nel Dizionario estetico (pag. 170), e dal De Sanctis nel suo articolo: Ugo Foscolo poeta e critico, pubblicato nella Nuova Antologia. Intorno ali’ attivita politica del F. serisse anche il Cantu nel Monti « l'etä che fu sua, capo IX; e il prof. Antona-Traversi nel suo Ugo Foscolo nella famiglia, pag. 105-144, e ne’ suoi Studi su Ugo Foscolo, pag. 83-140. Si consultino ancora le Vile del Carrer, pag. 123; e dell’Artusi, pag. 109. 60 Questo pseudonimo assunto dal Foscolo nella Svizzera fu assai trasparente, mentre a tutti era noto esser questo il nome deli’ amico di Jacopo Ortis, ehe si finge editore delle sue ultime lettere. Veramente egli serisse dapprima Lorenzo Aldighieri, ma poi mutö nome, correggendo in Alderani. 61 La stessa lettera e pubblicata dal Perosino con aleune varianti (Per. 74). — Ed ora, ehe conosciamo a fondo il Foscolo, come serittore e come uomo, mi si dica se il Giordani non bestemmiava orrendamente quando lo diceva « pessimo di cuore, mediocre assai d’ ingegno, men ehe mediocre di dottrina, cattivo di gusto, gran ciarlatano.» (Lettera al conte Papadopoli, 24 dicembre 1831). Prof. ANTONIO ZERNITZ. <:r' T- 1 .?■ / v- j-V , U; f ■ ’** ' . : ' - • ■/. ; : • • « '■ ' Z'’”. - . .-A -V - ' t:V Vt \;'rV ;i > ' v • ■ • T ;\.v- : ‘. ‘‘ • ' : ' ' , “ " - - ■ - - . I • '-2 • ' NOTIZIE SCOLASTICHE I. PERSONALE INSEGNANTE Giacomo Babuder, Cav. dell’Ordine di Francesco Giuseppe, membro dell’Eccelso i. r. Consiglio scolastico provinciale Deputato alla Dieta provinciale deli’ Istria pel collegio delle cittä e luoghi industriali, Pinguente, Isola, Muggia; rappresentante comunale e consigliere d’ amministrazione del Pio Istituto Grisoni in Capodistria. Direttore. Insegnö lingua tedesca nelle Classi IV e VII, lingua greca nella IV. ore 10 alla settimana. Mason Carlo. — Professore anziano, promosso all'ottava classe di rango, capoclasse nella V — insegnö Latino nella V, Greco nelle classi V, VI, ore 16. Schiavi Mons. Lorenzo, canonico onorario. — Socio corrispondente deli’Accademia artistica Raffaello d’Urbino, della filosofico-medica di San Tomaso di Aquino, dell’Ateneo di Bassano, dell’Accademia romana di religione cattolica, socio d’onore della societä degli avvo-cati di San- Pietro; secondo esortatore religioso; Professore promosso all’ottava classe di rango. — Insegnö lingua e letteratura italiana nelle classi V, VI, VII, VIII. Propedeutica filosofica nelle classi VII, VIII, ore 16. Casagrande Alberto. — Professore promosso alla classe ottava di rango; capoclasse nella VIII. — Insegnö Greco nella VII, Latino nella VI e VIII, ore 15. Sbuelz Carlo. — Custode del Gabinetto di fisica e chimica; Professore; capoclasse nella VII. — Insegnö matematica nelle classi V, VI, VII, VIII, Fisica nella IV, VII, VIII, ore 21. Disertori Pietro. — Professore; capoclasse nella IV. — Insegnö Geografia nella I; Storia e geografia nelle classi III, VI, VIII; Ita-liano nella IV, ore 16. Petris Stefano. — I. R. Conservatore di monumenti storici per VIstria; Professore. — Insegnö Storia e Geografia nelle classi II, IV, V, VII; Italiano nella III, ore 17. Spadaro don Nicolö. — Professore, catechisla. Esaminatore di religione appo V i. r. Commissione esaminalrice dei candidati al magistero delle scuole popolari e civiche, qui residente; primo ešor-tatore religioso. — Insegnö religione in tutto il Ginnasio, ore 16. Zernitz Antonio. — Professore; capoclasse nella I. — Insegnö Italiano nella I, Latino nella I e IV, ore 18 (dirige la biblioteca degli scolari). Mateičič Francesco. Professore; capoclasse nella III. — Insegnö Lingua latina nelle classi III e VII, Greco nella III, ore 16. Quäle professore di lingua slava insegnö (ore settimanali 6), agli študenti ehe ne frequentarono lo studio, divisi in tre corsi ad ore 2 settimanali per ciascheduno. Gerosa Oreste. — Professore; Rappresentante comunale sostituto; custode del gabinetto di storia naturale. — Insegnö matematica nelle classi I, II, III, IV; Storia naturale nelle classi I, II, III, V, VI, ore 22. Bisiac Giovanni. — Professore; capoclasse nelta VI. Bibliotecario. — Insegnö lingua tedesca nelle classi I, II, III, V, VI, VIII; ore 18. Nlaier Francesco. — Professore; Rappresenlanle comunale; capoclasse nella II. — Insegnö lingua italiana e latina nella II, lingua greca nella classe VIII, ore 17. Komarek Antonio. — Docente nell’i. r. Istituto magistrale in luogo. — Insegnö calligrafia e ginnastica. Commissario vescovile peli’ istruzione religiosa. II Reverendissimo Monsignor Canonico Giovanni de Favento giä direttore prov. ed i. r. professore ginnasiale emerito. Civica deputazione ginnasiale Signor Antonio Dr. Zetto consigliere comunale » Pietro Dr. de Madonizza Rappr.e » » Nicolo de Belli » » Ricevitore delta tassa scolastica Signor Alessandro Bonne t. r. ricevitore di I classe nell' i. r. ufficio principale deli' imposte di qui. Zetto Francesco, bidello, — inserviente ai Gabinetti e custode del fabbricato. PIANO DIDATTICO DELL’ I. R. GINNASIO SUPERIORE DI CAPODISTRIA nell’anno scolastico 1887-88. CLASSE I. — Religione. I sem. Spiegazione del simbolo aposto-stolico, dell’orazione domenicale, del decalogo, dei cinque precetti della chiesa e della giustizia cristiana. II sem. Delle domeniche e feste della chiesa cattolica colle varie cerimonie. — Latino. Morfologia. — Le piü importanti flessioni regolari esercitate a mezzo di versioni dali’ una lingua ali’ altra, come si trovano nel libro di esercizi dello Schulz. Ogni settimana un compito scol. di mezza ora. Esercizi di memoria — piü tardi trascrizione di proposizioni latine tradotte e piccoli compiti domestici. — Italiano. Esposizione della parte etimo-logica della Grammatica di Demattio, con esercizi di analisi gram-maticale. Esercizi di grammatica logica. — Proposizioni semplici e composte. Teoria della narrazione con alcune favole dei migliori au-tori da imparare a memoria. Un tema scolastico ed un domestico per settimana. — Tedesco. Grammatica, fino alla declinazione del sostan-tivo. Lettura dal Müller (corso pratico di lingua tedesca) fino alla pag, 80. Compiti: nel II sem. uno scolastico ed un domestico per settimana alternativamente. — Geografia. Nozioni elementari della Geografia generale e politica. Addestramento nella lettura e disegno di carte geografiche. — Matematica. Aritmetica: le quattro operazioni fondamentali con numeri interi. Divisibilitä, (Frazioni) Abaco. Geo-metria intuitiva: linee, rette, circoli, angoli, parallele. Triangoli colle regole della congruenza, (costruzione di figure). — Storia naturale. I sem. Mammiferi — alcuni tipi di molluschi e radiati. II sem. Articolati. CLASSE II. — Religione. Dei SS. Sacramenti e delle cerimonie nell’amministrazione dei medesimi. — Latino. Teoria delle forme meno usitate e delle irregolari, esercitate sugli esempi del libro di esercizi dello Schulz, come sopra. Ogni settimana un compito scol. di mezza ora. Esercizi di memoria come nella I. classe; piü tardi preparazione domestica. Ogni 14 giorni un tema domestico. — Italiano. Esposizione della sintassi. Definizione della proposizione e delle sue specie, della frase e del periodo. Analisi logica di proposizioni semplici e composte. Brani facili di poesia da imparare a memoria. Un temascol.ed un domest. per settimana. — Tedesco. Elementi della Grammatica fino alVerbo. E-sercizi continui dal Müller «Corso pratico» fino al termine della Parte I. Compiti: due in iscuola e due a casa ciascun mese. Geografia e Storia. (2 ore). Geografia speciale deli’ Africa, Asia, divisione orizzontale e verticale deli’ Europa. Geografia speciale deli’ Europa meridionale ed occidentale. — Storia dell’evo antico (2 ore). — Matematica. Aritmetica : moltiplicazione e divisione abbreviata, proporzioni. La regola del tre semplice. Geometria; regole della congruenza e loro appli- cazione nei triangoli. II cerchio, il quadrilatero, il poligono. — Storia naturale. I semestre, Regno animale: uccelli, rettili, anfibi, pešci. II sem. Botanica. CLASSE III. — Religione. Storia sacra deli’ antico testamento colla Geografia della terra santa. — Latino. Grammatica; teoria dei casi e preposizioni. Lettura: da Cornelio Nipole o da Curzio. Prepara-zione. Ogni 14 giorni un compito scol. di un’ora ed un tema per casa. — Greco. Teoria delle forme regolari, con esclusione dei verbi in jjw. Yersione dal libro di Lettura. Esercizi di memoria. Preparazione nel II sem. un tema domestico ogni 14 giorni; un tema scolastico ogni 4 settimane. — Italiano. Figure grammaticali ed esercizi sugli usi particolari dei verbi e delle particelle. Esercizi di memoria con analisi logica sopra varie poesie e sopra brani del libro di testo. Temi: Un tema scolastico ed un tema domestico per settimana alternativamente. — Tedesco. Grammatica: la conjugazione debole e forte dal Müller « Corso pratico » vol. II fino alla pag. 81. Esercizi e compiti come sopra. — Geografia. Geografia speciale della rimanente Europa (ad eccezione deli’Austria-Ungheria) deli’America ed Australia. Storia del medio evo. — Nlatematica. Aritmetica: Conteggio con numeri in-determinati. Le quattro operazioni fondamentali con numeri generali intieri e rotti. Elevamento a potenza. Estrazione della radice qua-drata e cubica. — Geometria: eguaglianza delle superflci, trasmuta-zione delle figure, calcolo delle lunghezze e superflci. Somiglianza. — Storia naturale. I sem. (Inseg. intuitivo). Mineralogia II sem. Fisica sperimentale. Proprietä generali dei corpi : Calorico, idee fondamentali di chimica. CLASSE IV. Religione. Storia del nuovo testamento in con-nessione colla Geografia della terra santa. — Latino. Gramm, teoria dei modi; congiunzioni. Un tema domestico ogni 14 giorni; ogni due o tre settimane un tema scolastico. — Greco. Verbi in ju. Le forme irregolari piii iinportanti. Punti culminanti della sintassi. Versioni dal libro di lettura. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi scola-stici ogni settimana uno; domestioi ogni 14 giorni uno. — Italiano. Riepilogo di tutta la grammatica. Lettura dal testo con commenti grammaticali e storici. Esercizi di memoria sopra poesie classiche. Regole della versificazione italiana. Temi come nella classe III. — Tedesco. Grammatica: Verbi irregolari e composti; reggenza dei verbi; avverbi, preposizioni congiunzioni ed interiezioni. Lettura; dal Müller, il resto del II volume e compiti come sopra. Esercizi di memoria. — Geografia. I sem. Storia deli’evo moderno con particolare riflesso ali’Austria-Ungheria II sem. Geografia speciale deli’Austria-Ungheria, ed in particolare del Litorale. — Nlatematica. Aritmetica: Equazioni di primo grado. Regola del tre composta, interesse composto, Geometria: giacitura e posizione reciproca di linee e piani, angolo so-lido. Specie principali dei corpi, calcolo delle superflci e volumi. — Scienze naturali. Fisica sperimentale, Meccanica, Magnetismo, E-lettricitä, Acustica, Ottica, calorico raggiante. CLASSE V. — Religione. La Chiesa e i suoi dommi, parte I. Apologia. La chiesa cattolica e la sola vera chiesa di G. Cristo. — Latino (nel I semestre) Tito Livio, Ovidio Tristi, Ex Ponto. Esercizi stilistico-grammaticali 1 ora sett. Preparazione, un tema scolastico ed un domestico al mese. — Greco. Lettura; I sem. Senofonte (Crest. Schenkl) Ciropedia brani. Anabasi. Omero, Iliade Esercizi gramma-ticali, Preparazione; un tema scolastico ed un domestico ogni quattro settimane. — Italiano. Nozioni generali sulla poesia e sulla prosa, sui traslati e figure, sulla buona locuzione italiana. Storia della lettera-tura dei secoli 200, 300, 400. Esercizi di memoria. Un tema scolastico ed un domestico ogni 15 giorni. — Tedesco. Ripetizione delle parti piü importanti della morfologia accompagnate da co-piosi esercizi. Sintassi : proposizioni principali e dipendenti, in-versione, uso dell’infinito e participio, avverbio, preposizione; esercizi di memoria e traduzioni dali’ italiano in tedesco e viceversa. Compiti 2 scolastici e 2 domestici al mese. — Geografia e storia. Storia del-1’ evo antico fino ali’assoggettamento deli’ Italia. Geografia relativa. — Matematica. Aritmetica: Le quattro operazioni con interi e frazioni; numeri negativi e frazioni. Proprieta dei numeri. Equazioni di pr. grado con una e piu incognite. Geometria: Planimetria. — Storia naturale. Insegnamento sistematico. I sem. Mineralogia II sem. Botanica. CLASSE VI. — Religione. La chiesa e i suoi dommi p. II. I dommi cattolici svolti nel loro nesso e nei loro rapporti. — Latino. Salustio. de bello Iugurthino. Cicerone, Catilinarie. Virgilio. Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. Lettura; nel I sem. Omero, Iliade. Erodoto. Senofonte. Grammatica. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi come nella V. — Italiano. Dell’ invenzione. Nozione delle varie specie di componimenti poetici. Storia della letteratura dei secoli 500, 600. Esercizi di memoria. Compiti come nella V. — Tedesco. — Ripetizione e maggiore sviluppo delle teorie sintattiche. Dottrina dei casi. Costruzioni. Traduzione ed analisi di brani scelti pros. e poetici. Compiti uno scolastico e due domestici cias un mese. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. Continuazione e fine deli’ evo antico. Storia del medio evo con relativa geografia. — Matematica. Potenze, radici e logaritmi. Equazioni di secondo grado ad un’incognita, Geom. II I sem. Stereometria; il secondo sem. Trigonometria piana. — Storia naturale. Insegn, sistematico in tutti i due semestri. Zoologia. CLASSE VII. — Religione. La morale cattolica. — Latino. Cicerone, orazioni due; un dialogo breve o brani scelti di un dialogo maggiore. Cicerone, Orazioni. Virgilio, Eneide. Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazione. Temi scol. e domestici come nella V. — Greco. Demostene. Omero, Odissea. Temi come nella V. — Italiano. Dello stile. Storia della letteratura del 700, 800. Illustrazione della I Cantica di Dante di cui i brani migliori d’apprendersi a memoria. Temi come nella V. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’istru-zione). Ripetizione di tutta la sintassi. Lettura dal Noe, Antolog. p. II. Grammatica Fritsch, Traduzione ed analisi con osservazioni filolo-giche. Esercizi di memoria. Compiti come nella VI. — Geografia e storia. Storia deli’ evo moderno con riflesso allo sviluppo politico interno deli’ Europa ed alla Geografia relativa. — Matematica. Aritm.: equazioni quadrate con due incognite, equazioni diofantiche di pr> grado. Frazioni a catt. (Kettenbrüche). Progressioni, calcoli d’ inte- resse composto e rendita. Teoria delle combinazioni con applicazione. Geometria, Temi trigonometrici, Geometria analitica nel piano, se-zioni coniche. — Scienze naturali. Fisica: meccanica, calorico, chi-mica. — Propedeutica. Logica. CLASSE YIII. — Religione. Storia della Chiesa cattolica. Ripe-tizione dei punti culminanti della dogmatica e della morale. — Latino. Tacito, Germania: Annali e storie. Orazio: poesie scelte (edizione Grysar). Esercizi stilistico-gram. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. — Lettui’a nel I sem. Platone. Apologia di Socrate, due dia-loghi minori od uno maggiore. Omero, Odissea. Sofocle. Preparaz. e temi come nella Y. — Italiano. Riassunto della storia della lettera-tura. lllustrazione degli ultimi canti dell’ Inferno di Dante, della II cantica e di alcune parti della III, di cui i brani migliori da ap-prendersi a memoria. Temi come nella V. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’ istruzione). Lettura dal Noe Antol. p. II. Esercizi di versione su qualche autore classico italiano. Letteratura sulla scorta del testo (cenni sui principali periodi della letteratura tedesca). Gram. Fritsch. Compiti come nella cl. precedente. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. I sem. Storia della Monarchia austro-ungarica. II sem. Studio geografico-statistico della Monarchia austro-ungarica; riepilogo dei punti culminanti della storia greca e romana. — Ma-tematica. Esercizi nella soluzione di problemi matematici. Ripetizione delle partite piü importanti della materia. — Scienze naturali. Fisica; magnetismo, elettricitä, calorico, acustica, ottica (elementi di astro-nomia). — Propedeutica. Psicologia empirica. Annot. Agli esercizi di conversazione in lingua tedesca tenuti dal Direttore una volta per settiniana, intervennero gli študenti delle classi VII e VIII. XJn aiuto straordinario nella lingua tedesca venne dato pure dal Direttore ad alcuni scolari della Classe IV. III. ELENCO DEI LIBRI SCOLASTICI CHE SONO ATTUALMENTE IN USO IN QUESTO GINNASIO I Classe. Religione: II Catechismo grande, Vienna, i. r. deposito di Libri scolastici 1885. Latino: Schultz-Fornaciari: Grammatica-Esercizi, Torino. Er-manno Loescher 1885. Italiano: Demattio: Grammatica. Vienna, ut supra 1886. Letture p. I, 2 edizione, Vienna Alfr. Hoelder 1886. Tedesco: Müller: corso pratiso p. I. Torino. Ermanno Loescher 1884. Geografia: Klun p. I. ediz. IV, Vienna C. Gerold e figli. 1879. Aritmetica: Močnik, ediz. VI, p. I. Vienna, idem 1879. Geometria: Močnik, p. I, ediz. V, Vienna, idem 1879. Storia naturale: Zoologia: Pokorny-Lessona. Torino Loescher. II Classe. Religione: Catechismo grande come sopra. Culto di Gaume e Valli. Trento, Seiser editore, 1882. Latino: come sopra. Italiano: Grammatica come sopra. Letture p. II. Vienna, Al-fredo Hoelder 1883. Tedesco: come sopra. Geografia: Klun p. III, III ediz. Vienna, Carlo Gerold e F. 1879. Storia: Weiter p. I Evo Antico, Vienna, C. G. e F. 1879. Matematica: Aritmetica e Geometria, come sopra. Storia naturale: Zoologia come sopra. Botanica (Pokorny-Caruel). Torino 1882. III Classe. Religione: Schuster: Storia sacra. Vienna 1885. Latino: Schultz - Fornaciari ut supra. Memorabilia Alex. Magni (Schmidt e Gehlen) Vienna, Hoelder 1882. Greco: Curtius-Müller: Grammatica. Torino, Loescher, 1884, 1886. Casagrande: Esercizi. Torino, Paravia 1886, III ediz. Italiano: Demattio ut supra. Letture p. III. Vienna, Hoelder 1883. Tedesco: Müller: Corso pratico p. II. Torino, Loescher 1883. Geografia: Klun p. III, ediz. III. Vienna C. Gerold F. 1879. Storia: Weiter p. II Evo medio. Vienna C. Gerold F. 1879. Aritmetica: Močnik-Zampieri p. II ediz. IV. Vienna Carlo Gerold F. 1877. Geometria: Močnik p. II ediz. IV, Vienna idem 1871. Storia naturale: Mineralogia, Pokorny-Struever, Torino, Loescher 1882. Fisica: Vlacovich. Trieste, Caprin edit. 1880. IV Classe. Religione: Schuster: Storia sacra ut supra. Latino: Grammatica. Esercizi ut supra. Cesare: De bello gallico, (Prammer) Praga, Tempsky 1883. Greco: come nella terza. Italiano: Demattio, ut supra. Letture p. IV. Vienna. Alfr. Hoelder 1883. Tedesco: come nella terza. Geografia: Klun p. II ediz. III. Vienna, C. Gerold F. 1878. Storia: Weiter p. UI, Evo moderno, Vienna idem 1879. Matematica: come nella III classe. Fisica: Vlacovich ut supra. V Classe. Religione: de Favento. La chiesa cattolica, la sua dottrina e la sua storia. Capodistria. Priora 1879-80. Latino: Schulz-Fornaciari. Raccolta di temi per la sintassi. Torino, Loescher 1884 «Livio» edidit Grysar I e II vol. Vienna Carlo Gerold F. 1872. «Ovidio» Carmina selecta, Sedlmayer, Praga, Tem-sky 1884. Greco: Curtius: Grammatica per la sintassi come nella III ed Esei’cizi per la stessa di Schenkl, IV ediz. Torino, Loescher 1882. Schenkl: Crestomazia di Senofonte, Torino, Loescher 1880, ecc. 0-mero, Iliade I e II ediz. Zechmeister, Yienna 1880 C. Gerold e F. Italiano: Schiavi: Manuale, Trieste, Dase 1884 ediz. II. Tedesco: Noe: Antologia p. I. Yienna, Graeser 1880. Fritsch: Grammatica tedesca Torino, Loescher 1879 ediz. III. Storia: Pütz (Scarante, Pullich traduttori) parte I. Evo antico, Vienna C. G. F. 1857. Matematica: Močnik: Algebra per le classi superiori. Yienna idem 1878. Storia naturale: Mineralogia-Geologia, Hochstetten e Bisching, Yienna Hoelder 1882. Botanica, Bill-Lanza. Vienna, C. Gerold F. 1857. YI Classe. Religione: de Favento (ut supra). Latino: Schulz-Fornaciari come nella V. « Sallustio» Bellum Iugurthinum e B. Catilinae, Scheindler. Pi’ega, Tempsky 1883. «Vir-gilio» Aeneidos epitome ediz. Hoffmann, Vienna, C. Gerold F. 1875. Greco: Casagrande: Sintassi greca. Torino Loescher 1882. » Esercizi p. II (relativi), Torino idem 1870. «Omero» e «Schenkl» Crestomazia di Senofonte ut supra. «Erodoto» (Wilhelm) Yienna, C. Gerold e F. 1870. Italiano: Schiavi: Manuale p. II, Trieste, Dase 1885. Tedesco: Noe e Fritsch come nella V. Storia: Pütz p. II Evo medio. Vienna, C. Gerold e F. 1857. Matematica: Močnik Algebra ut supra. » Tavole logaritmiche, Vienna idem 1882. Storia naturale: Antropologia, giusta note del profess. Gerosa. Zoologia: Schmarda, Vienna idem 1854. VII Classe. Religione: de Favento (ut supra). Latino: Schultz-Fornaciari ut supra. Virgilio Eneide ut supra. Cicerone. Orationes selectae Klotz edid. p. I e II. Lipsia, Teubner 1883. Cicerone. De officiis, Schiche, Praga, Tempsky 1885. Greco: Curtius: Grammatica ut supra e Casagrande, Esercizi p. II. ut supra. Omero: Odissea ediz. Pauly. Praga, Tempsky p. I 1884, p. II 1880. Demostene: Oraciones ediz. Blass p. I, Lipsia Teubner 1885. Italiano: Schiavi: Manuale p. III Trieste, Dase 1885. Dante, Divina commedia. Firenze, Barbera 1883. Tedesco: Fritsch: Grammatica ut supra. Noe, Antologia p. II Vienna, Graeser 1880. Storia: Pütz p. III, Evo moderno, Vienna 1858 C. Gerold F. Matematica: come nella VI. Fisica: Münch-Mora, Vienna 1877 Alf. Holder. Propedeulica filosofica: Scliiavi, II ediz. Torino, Marietti 1879. VIII ('lasse. Religione: de Favento (ut supra). Latino: Orazio: Carmina selecta, Petschenig, Praga, Tempsky 1885. Tacito: p. I e II, Hahn, Lipsia Teubner 1884. Greco: Platone, (Wohlrab,) Lipsia, Teubner 1884. Italiano: Scliiavi. Manuale ut supra e Dante ut supra. Tedesco: come nella VII. Storia e Geografia: Hannak, Geografia e storia dell’Austria, Vienna, Holder 1884. Matematica: come nella VI e VII. Fisica: come sopra. Propedeutica filosofica: come nella VII. Nelle classi I, II, III, IV, e VIII si adopera: Trampier: Mittel-schulatlas, Wien, Staatsdruckerei 1885. Nelle classi II, III, IV, V, VI e VII si adopera: Putzger: Historischer Schul-Atlas, Wien, 1886 (Pichler). IV. TEMI PROPOSTI PER COMPONIMENTI AGLI SCOLARI DEL GINNASIO SUPERIORE CLASSE V. — Descrivere i colli, allor ciie sono, come disse Ugo Foscolo, per vendemmia festanti. — Amore e compianto agli oppressi dalle sventure. — Ad un amico, la cui famiglia fu col-pita da grave sciagura, si scriva una lettera di conforto. — Si narrino in succinto le circostanze ond’ebbe origine la festa cosid-detta fra noi della Beata Vergine della Salute. — « Tanto mangia che tu non ti satolli, e tanto bei che tu non t’ inebri» (Bono Giam-boni). — Gli uomini che hanno la testa scema sono quelli che me-nano, come le vuote botti, maggior rumore (Parabola). — Si colgano alcune delle principali bellezze che sono nel sogno di Dante al IV cerchio del Purgatorio. — Odoacre che visita la grotta del santo solitario Severino sulle sponde del Danubio presso Vienna. — II filo delle idee che sono nella canzone del Petrarca 0 aspetlata in ciel. — II filo delle idee che sono nell’altra sua canzone Spirto gentil. — Della maravigliosa pazienza di Socrate in sopportare la moglie San- tippe. — Sull’esempio del Boccaccio o di altri si mostri che il pen-tirsi, se giova al pentito, non sempre ripara agli scandali dati. — Un vostro dolce amico in un difficile concorso ha riportato la palma: scrivetegli un’ affettuosa lettera di congratulazione e di lode. — Se possa trarsi alcuna utile lezione dal fatterello di quel putto, che volle impuntarsi a non proferir mai la prima lettera dell’alfabeto. — L’im-peratore Giuseppe II con un atto d’ingegnosa caritik rimette in istato felice la onesta famiglia d’ una vedova ch’ era inferma e languente. — Le occupazioni metodiche dello scolaro diligente e morigerato, durante i due mesi di vacanze. CLASSE VI. — Caritatovole azione, fatta in Inghilterra da Sua Maestil 1’ Augustissima nostra Imperatrice Elisabetta. — Come debba diportarsi uno študente, che voglia piacere ed agli uomini e a Dio. — L’ invenzione della litografia per Luigi Senefelder. — Tanto va la secchia al pozzo che vi lascia il manico. — Napoleone I che nel-1’ isola di Sant’ Elena fa da educatore cattolico ad una fanciulla, che mori poi nel 1858 ad Aix-les-Bains (Iiacconto). —«Improvviso pre-cipita il dolore Sui di felici » (Silvio Pellico, Rosilde). — Una for-tissima commozione d’ animo, come p. e. un grande spavento o un orrore, puit ad un tratto i'ar incanutire la persona paziente. — Che dire di Democrito che ’l mondo a caso pone? e di cert.i moderni che pensano al par di lui ? — II giuoco, non in quanto onesta ricreazione, ma considerato siccome vizio, e deforme in se e funesto nelle sue con-seguenze. — Esponga ognuno le proprie idee intorno alla neve. —• La santa letizia delle feste pasquali. — « A voler istruire gli uomini, maneggiando la penna, bisogna amarli» (Paride Zajotti). — Non pu6 gustare il bello delle lettere un animo invilito da ignobili passioni. — « Non crediate, o giovani, a coloro che, respingendo con finto ossequio la religione nel San tuar io, vengono indirettamente ad esi-liarla dal mondo » (P. Zajotti). — Ancor scherzando si corregge il vizio. — II primo sbarco di Cristoforo Colombo in America. — Nar-rate i divertimenti, da voi provati, d’una pesca e d’una caccia, e dite quäle vi sia tornato piü gradevole. CLASSE VII. — Vantaggi e danni della stampa. — Gli ultimi momenti di vita dell’ Augustissima Imperatrice Maria Teresa. — « Se-gnius irritant animos demissa per aurem, Quam quae sunt oculis subiecta fidelibus » (Horat. Ar. pod.) — « A minimis incipiunt qui in maxima proruunt» (S. Bern. De Ord. Vitae). — «Difflcilmente in etä, provetta si ritrovano le felici ispira^ioni della gioventü » Sil. Pellico, prefazione all' Ildegonda). — Se le arti belle e i loro cul-tori abbiano avuto e possano avere felici ispirazioni dalla religione cattolica. — Oh! cieca cupidigia, oh! ira folle, Che si ci sproni nella vita corta, E nell’eterna poi si mal c’immolle» (Dante, Inf. c. XII). — Quanto agli uomini torni profittevole.il legno pei varii usi della vita. — Ha egli ragione Vincenzo Monti in dire che « Della patria l’amor . . . Empie a mille la bocca, a dieci il petto»? (Masch. c. I.) — Le lodi di quella nobil pianta che e l'olivo. — Non sia 1’uomo per la ricchezza, ma la ricchezza per 1’ uomo. — Se abbiano ragione i poeti in chiainare il popolo volgo profano, oppure i capicomici che lo appellano: Rispcttabile pubblico! — «Vorrei che uomo di lettere ed n o m o dabbene fossero titoli congiunti » (Sforza-Pallavicino). — Se abbia asserito il vero Giuseppe Giusti in dire ehe i bricconi pretendono sempre aver ragione (lettera a T. Grossi). — Ben sa compatiro gl’ infelici chi abbia provato la sventura. — Si mostri la guerra come un doloroso fatto ehe accompagna la vita dei popoli attraverso i secoli. CLASSE VIII. — Servono la patria non solamente il buon uomo di Stato ed il guerriero, ma ben anche quanti altri cooperano al bene di lei. — « Probra. .. spreta exoleseunt;'si irascere, adgnita viden-tur » (Tacito, Ann. üb. IV). — Rapporti di convenienza tra la lu-gubre festivitä. dei raorti e le circostanze della stagione in cui cade. — Ogni male non vien per nuocere. — « Nelle nazioni incivilite la vendetta e passion vile, e se ne biasimano con ribrezzo gli effetti » (Yitt. Alfieri). -- La ve chiaia non viene mai sola; e meno infelice e chi meglio sa tollerare le infeste compagne di lei. — «La poesia arrab-biata non migliora nessuno. Se vi sentite propenso a sparger la bile in versi, cercate allora di raddolcirvi, poetando sopra qualche nobile e-sempio di car i ta e di indulgenza» (Consiglio di Aless. Volta ad un poeta). — Parli un vecchio ed autorevole contadino ad una compa-gnia di suoi compaesani, che stanno per emigrare in America. — II detto di Michelangelo Buonarroti: «Le minuzie fanno la perfezione, e la perfezione non e una minuzia ». — « Amor di libertä bello e, se stanza Ha in cor gentile; e se in cor basso e lordo, Non virtü, ma furore e scelleranza » (Vinc. Monti, Manch, c. 1). — Le rondi-nelle. — I due storici aspetti del latino imperator Domiziano, cioe quello della sua deploranda sevizie, e quello della ridicolaggine. — Se sia ammissibile la liberta del pensiero. — La natura e un libro di pagine, parte chiuse e parte aperte ali’intelligenza degli uomini. — Differenze tra l’aspetto sempre costante della natura e quello sva-riato delle umane produzioni. — Intorno a quel proverbio ehe dice: Lontan dagli occhi, lontan dal cuore. Prof. SCHIAVi V. BRANI DI AUTORI CLASSICI LATINI E GRECI letti durante I’ anno 1887-88. III Classe: Latino. — Memorabilia Alexandri Magni (ed. Schmidt et Gehlen); I, de pueritia Alexandri; IV, Alexander in Asiam traicit; VI, Alexander Gordii nodum sol vit; VII Dareus et Charidemus; XV Tyrus expugnatur; XVIII Uxor Darei moritur; XIX, Dareus ultimum legatos mittit; XX quae ante pugnam apud Gaugamela gesta sint; XXI, Oratio Darei ad Milites; XXVIII, Mors Darei; LVI, Mors Alexandri. — Com. Nepos, Miltiades, The-mistocles, Aristides, Pausanias, Alcibiades. IV Classe : Latino. — G. Cesare (testo Prammer) de bello gallico comra. I, II, VI, VII. — Ovidio (testo Sedlinayer), ex Metamorph; de quattuor generis humani aetatibus; Deu-calion et Pyrrha. — Ex libris Tristium, de vita sua. Y Classe : Latino. — T. Limo, Libr. XXVI, XXVII. — Ovidio, Metamorfosi. — Greco. Senofonte, Anabasi C. I. VIII. — Omero, Iliade. C. I. VI Classe : Latino. — Sallustio, Bellum jugurtinum (intero), Vir- gilio. Eneide C. I. — Greco. Omero, Iliade C. XXIII, XXIV. — Erodoto, Libr. VI. VII Classe: Latino.— Virg. Eneide (ed. Hofmann) II, VI, IX; Georg. I, 1-159; II, laudes Italiae, laudes vitae rusticae; III De-scriptio pestis. Eclogae: Tityrus, Daphnis. — Cicerone, Or. in Catilinam I, de imperio Cn. Pompei, Laelius (de amicitia). — Greco. Iliade XXIV; Odissea I, IV, VI, IX. — Demostene, le olintiche e 1’ arringa rcepi tfj? slpYjVYj?. VIII Classe: Latino. — Orazio, Libr. I, Carm. 1, 2, 3, 7, 10, 14, 15, 20, 22, 24, 31, 34, 37. — Libr. II, carm. 2, 3, 6, 7, 9, 10, 13, 14, 15, 16, 18. — Libr. III, 1, 3, 4, 5, 8, 13, 23, 24, 29, 30. — Libr. IV, 2, 3, 5, 6, 9. — Epodi II. Sermoni, Libr. I, 1, 6, 9; Libr. II, 6, 8. Epistole, Libr. I, 2. — Tacito, Annali I, e singoli capitoli dei libri II, III, IV, XIV, XV. — Greco. Omero, Odissea. C. V, VI, VII, VIII. — Platone, Apologia, Critone, Eutifrone, Fe-done. — Demostene, Filippica III. VI. AUMENTI NELLA COLLEZIONE DEI MEZZI D’INSEGNAMENTO Biblioteca dei Professori. — Acquisti — Poggendorff, Annalen der Physik und Chemie und Beiblätter dazu. — Rivista di filologia classica. — Handbuch der klass. Altertumswissenschaft. — Zeitschrift für die österreichischen Gymnasien. — Neue philologische Rundschau. — Oesterreich in Wort und Bild (2 copie). — Ornis, internationale Zeitschrift für Ornithologie. — De Amicis. Poesie, Ritratti letterari, Ricordi di Londra, Ricordi di Parigi, Vita militare, La Spagna, Cuore, Novelle, Marocco. — Uhland, Gedichte und Dramen. — Hebel, Schatz- kästlein. — Br. Grimm, Kinder und Hausmärchen. — Geliert. Fabeln und Erzählungen. — Shakspeare. Teatro scelto. tradotto dal Carcano. — Bartoli Adolfo, Storia della letteratura italiana vol. VI, — Eckstein, lateinischer und griechischer Unterricht. — Sanders, Neugriechische Grammatik. — Rangabe e Sanders, Geschichte der neugr. Litteratur. — Virgilii Maronis. opera, (recognovit ott. Ribeck, in us. schola-rum ed. Schiche. (8 copie). — M. Tulli Ciceronis, libri qui ad rem-publicam et philosophiam spectant, (in us. schol. ed. Schiche, 13 copie). — Gröber, Grundriss der romanischen Philologie III Lief. Schluss des IB. — Huber, Geschichte Oesterreichs III B. — Schvoippel, Iahr-buch des höheren Unterrichtswesens in Österreich. — Hof. und Staats handbuch der öster.-ung. Monarchie 1888. — Klein, Geschichte des italienischen Draina. — Slancovich, Biografia degli uomini distinti dell’ Istria. — Kukula, Allgem. Hochschulen-Almanach. Biblioteca degli scolari (diretta dal sig. prof. Antonio Zernitz). Acquisti: Pignotti, Favole. — Manzoni, I promessi sposi, tragedie e drammi. — Melastasio, Drammi scelti. — Sacchetti. Novelle scelte. — Gozzi, Novelle. — Grossi, Marco Visconti. — Manno, Della for-tuna delle parole. — Rosini, La monaca di Monza. — Lioy, Notte. — De Amicis, Pagine sparse, Olanda, Ricordi di Londra, Marocco, Poesie. — Carcano, Damiano. — Schmidt, Racconti, la collezione completa in duplo. — Slancovich, Biografia degli uomini distinti del-1’Istria. — Oesterreich in Wort und Bild. — Contribnto degli scolari nel I sem. 105.50; ricavato dalla vendita di libri stracci, inadopera-bili, fior. 5. Doni. — Sitzungsberichte der k. Akademie der Wissenschaften (I Abth. 1886. 6, 7, 8. 9, 10. II Abth. 1885, 8, 9, 10. 1886 II Abth. 1, 2, 3, 4, 5. Archiv für öster. Geschichte 67 B. 2 Hälfte, 68. B. 1 Hälfte. — Corticelli, Grammatica italiana (dono del Can. Mons. Sin-cich) — Schultz, Kleine latein. Sprachlehre (dono del libraio Schrö-ning, Paderborn 1888). Programme deutscher Gymnasien, in cambio. — Ficher. Guida allo studio della letteratura classica antica (dono del M. Rev. Canonico Sincich). — Virgilii Maronis opera (testo del Teubner (dono ut supra). — Vatova, La colonna di S. Giustina (dono dell’autore). — Muratori, Bella forza della fantasia umana. — Bos-suet, discorso sulla storia universale. — Pasquali, Istituzioni di e-stetica. — Saggio di bibliografia istriana. — Kaiser, österr. paeda-gog. Wochenblatt (doni di Mons. Canonico Sincich). — Hočevar, Geometrie für Untergymnasien. — Ilocevar, Geometrische Übungsaufgaben für Gymnasien (doni del libraio Tempsky di Praga). — Suckow, elementi di fisica e chimica. — Litrow, Nozioni di astronomia. — Bordoni, Trattato di geodesia elementare. — Serret, Tratte de tri-gonometrie. — L. Galle, Katechismus der elektrischen Telegraphie. — Bordoni, Degli argini di terra (doni del canonico Mons. Sincich). — Oesterr. Botanische Zeitschrift.-Gesetz und Verordnungsblatt für das österr. illirische Küstenland (doni dell’eccelsa i. r. Luogotenenza di Trieste). Gedeone Pusterla (Andr. Tommasich), I nobili di Capo-distria e dell’ Istria — terza edizione, (dono dell’ autore). — Rela-zione generale della Giunta alla Dieta provinciale del Margraviato d’ Istria sulla sua gestione dalla chiusa della sessione dell’ anno 1886 in poi (dono deli'Incl. Giunta prov.) — Dotazione della biblioteca, fior. 230). Gabinetto di Storia naturale. — N. 32 pesci imbalsamati rappre-sentanti varie famiglie deli’ Adriaticu. — Un Cigno (dono dell'illustr. sig. Riccardo conto Sbruglio). — Un Colimbo rogalato dal Sig. Guido Zetto. — Una fungia, donat i da Ruzzier Eugenio del VII Corso. — Cristallo d’ Epsoniite, regalato da Komarek Giuseppe del V Corso. — Un gruppo di batraci provenienti dalle regioni del basso Nilo, dono di Marincovicli Iginio del V Corso. — Una pinna papiracea reg. da Via-nello Tullio della III. — Dotazione del Gabinetto fior. 80. Gabinetto di fisica. — Inclinatorio e Declinatorio. — Accumu-latore Plante. — Apparato di Ampere. — Spirale di Roget. — Ruota di Barlow. — (Dotazione del gabinetto fior. 130). VII. CRONACA DELL’ ISTITUTO L’ anno 1888 rimarchevole nei fasti del nostro Impero, siccome quello in cui si corapie il quarantesimo anno del regno di Sua Maestä II Nostro Graziosissimo Imperatore e Re Francesco Giuseppe I, segna pure un’epoca notabile per questo Istituto, che, fondato appunto quaranta anni or sono, venne da modesti principii gradatamente salendo all’attuale sua abbastanza florida condizione nierce la magnanimitä del-1’ Augusto Sire; fra i moltissinii atti generosi del Quäle si fu appunto il benevolo ascolto dato a ragguardevoli cittadini di Capodistria, che invocarono 1’Augusto Suo patrocinio pel completamento di un’ istituzione cittadina sorta nel 1848, — il Ginnasio civico inferiore di Capodistria. II 26 Novembre 1848 uno stuolo di 17 giovinetti dopo aver assistito al solenne uffieio divino d’inaugurazione nella Cattedrale, si avviavano all’ istituto preceduti dalla banda civica ed attorniati da una folla di cittadini festosi ed esul-tanti. Accolti nell’aula addobbata a festa vennero fatti segno ad ogni maniera di attenzioni dall’eletto pubblico ivi con-corso e salutati a nome della cittä -con un brillante discorso del sig. podesta di allora, l’avvocato Francesco Dr. de Combi. Gli scolari erano: Babuder Giacomo (attuale direttore- del Ginnasio), Biscontini Angelo, Combi de Francesco, D’ Andri Leonardo, D’Andri Pietro, Dose Sebastiano, Giovannini Pietro, Gravisi de Antonio, Gravisi de Giuseppe, Kuder Federico, Manzini de Giovanni, Pecchiar Ferdinando, Riosa Giovanni, Venier de Silvestro, Yidacovich Gerolamo, tutti da Capodi-stria; inoltre Yallon Giovanni da Muggia, Weiss Eduardo da Trieste. Si aggiunsero dopo chiusa 1’ iscrizione, Bonetti Nicolö da Buio, Samengo Eduardo da Trieste. 11 Corpo in-segnante si componeva del Prefetto, Mons. Giovanni de Fa-vento, del professore Don Marco Scarante, e del docente per la lingua tedesca, Luigi de Gravisi. La Commissione civica scolastica si componeva dei signori, Dr. de Combi, quäle preside, Dom. Demori, Giorgio de Baseggio, de Favento Pietro, Andrea mar. de Gravisi, Dr. Andrea de Manzoni, Elio march. de Gravisi, B. Cadamuro Morgante. Ispettore civico del Ginnasio era Mons. Preposito e parroco, Elio Nazario Stradi. L’Istituto comprendeva nell’anno scolastico 1848-49 la prima classe soltanto, l’anno appresso vennero aperte la II e la III, nel successivo la IV. Si era fatto molto. I battenti di quel venerando edificio, che sei anni prima — quando il Ginnasio era stato trasportato a Trieste — eransi veduti chiudere con ischianto di cuore da ogni cittadino di Capodistria, venivano riaperti e si di- schiudeva novella palestra di studi in quell’ istesso luogo, donde per oltre un secolo erano usciti molti uomini distinti nelle lettere e nelle scienze, che aveano procurato a Capo- distria 1’ onorifico appellativo di Atene istriana. Gioivano i cittadini di veder ripristinato, sebbene in proporzioni peranco modeste, l’istituto ginnasiale che avevano tanto sospirato; e quantunque non si celassero le difftcoltä che aveansi ancora a superare, per metterlo a livello delle esigenze dei tempi, in particolare dopo la radicale riforma avvenuta in tal ge-nere d’istituti nel 1849, speravano tuttavia che, fatto il pri-mo passo, il benigno appoggio deli’ Eccelso Governo non mancherebbe. Le difficoltä perö non erano lievi. II dispendio occorrevole, non dirö a completare, ma a mantenere soltanto il ginnasio inferiore, — aperto merce le obblazioni spontanee dei cittadini šalite fino alla costituzione di un fondo di oltre a 50000 fiorini, del cui censo si pagavano i professori, tutti supplenti e sacerdoti, (il direttore Mons. de Favento prestava ’ »era sua gratuitamente) — era troppo rilevante, perche vi potessero esser pari le risorse della cittä, e la questione economica cominciava ad impensierire gli animi e a destare timori. Null’altro che la Magnanimita So vrana poteva scio-gliere il viluppo di difficolta economiche sorte in allora ed agitate tra il Comune e 1’ Eccelso i. r. Groverno. I- Capodi-striani fecero ricorso all’ Augusta persona del Capo dello stato e colla venerata Risoluzione So vrana del 18 maržo 1852, quindi con quella dei 27 Gennaio 1857, ogni ostacolo fu ap-pianato e messo il colmo alla gioia della citta. Capodistria ebbe il suo Ginnasio completo di otto classi. II Giubileo imperiale che cade appunto in quest’anno e un avvenimento doppiamente lieto per noi, cui e dato di partecipare all’ esultanza generale per si fausto avvenimento con quell’ espansione di affetto, che c’ infonde nel cuore la ri-cordanza di un grande beneficio ricevuto. Fatti rimarchevoli avvenuli dopo la fine deli'anno scol. 1886-87. II 18 Agosto 1887, solenne ricorrenza del Natalizio di Sua Maestä l’Augustissimo nostro Imperalore, venne celebrato, come di solito, coll’intervento dei membri del Corpo insegnante presenti in luogo alla Messa solenne celebrata nella Cattedrale. II 4 Ottobre 1887 fu giornata di festa nell’ Istituto per la fausta ricorrenza dell’ onomastico di Sua Maestä L’ Imperatore. II giorno 19 Novembre 1887, onomastico di Sua Maestä L’Im-peratrice, venne pure festeggiato dal Corpo insegnante e dalla sco-laresca coli’ assistere alla solennitä ecclesiastica celebrata nell’Ora-torio dell’Istituto ed al discorso di occasione tenuto dal professore Mons. Lorenzo Schiavi. L’ Eccelsa Dieta provinciale 1'u, come di solito, larga di sussidio ed incoraggiamento a scolari poveri e meritevoli, e provvide pure in via straordinaria, elargeudo la solita somma di denaro ad incremento del fondo di beneficenza. I/ lnclita Giunta provinciale usa inoltre la cortesia di regalare tratto tratto alla biblioteca ginnasiale qualche pregevole pubblicazione di argomento storico istriano. Debito di riconoscenza tiene pure la Direzione verso lo spettabile Municipio di questa cittä, che nulla intralascia di cid che sta in suo potere per promuovere 1’interesse e il decoro dell’istituto. La Reverendissima Curia vescovile di Parenzo-Pola tutta intenta a regolare sempre meglio ed ampliare la provvida istituzione del convitto diocesano creata anni or sono con plauso generale dell’ I— stria, oltre a favorire gli alti scopi religiosi cui mira, si rende bene-merita della prosper itä di questo istituto, fornendo al medesimo un contigene considerevole di buoni e bravi giovani, ehe diverranno esempi di buon costume, di applicazione, di amore allo studio,— doti, che distinguono lo študente, alla cui educazione in bell’ accordo cospirano i due fattori richiesti a formare 1’ uomo ed il cittadino — la scuola e la famiglia. Un passo decisivo verso questa meta venne fatto teste col mettere stabilmente a fianco degli alunni un giovane e pio aspirante al sacerdozio, giä allievo di questo i. r. Ginnasio, ove la-sciö ottima memoria di sö. II numero degli accolti nel convitto a-scese quest’anno a 52. Personale insegnante. — II personale insegnante deli’ anno sco-lastico precedente rimase inalterato. Si deplorö anche quest’anno il difetto di docenti qualificati per 1’insegnamento della musica (canto) e del disegno, i cui corsi rimasero chiusi appunto per 1’ accennato motivo. II difetto non puö esser lamentato abbastanza. La musica ed il disegno, arti nobilissime, atte ad ingentilire 1’ animo ed a svilup-pare il senso estetico, che si cerca di educare nei ginnasi collo studio delle grandi letterature antiche e moderne, sono pure due elementi potentissimi di educazione. II giovane, cui riesce d’ invag hirsi di quegli studi, e moralmente salvo. Scolaresca. — Come si raccoglie dalla tabella dei dati statistici, 1’ istituto conto tra publici, privati e straordinarii, 223 scolari; —numero, che per le solite vicende si venne assottigliando verso la fine dell’ anno scolastico; ma tuttavia rimase abbastanza considerevole per le condizioni locali. I giorni 13, 14, 15 Marzo vennero tenuti gli esercizi religiosi pasquali, chiusi con una Messa solenne officiata da S. Signoria II-lustrissima e Reverendissima, il Yen. Vescovo diocesano, Mnr. Giovanni Nep. Dr. Glavina, che si compiacque di porgere di sua mano il pane eucaristico agli študenti. II 24 Giugno si accostarono per la prima volta alla s. Comunione 20 giovanetti del ginnasio opportunamente preparati dal sig. Pro-fessore di religione e catechista, Don Nicolö Spadaro. Dopo la fun-zione religiosa i giovinetti vennero raccolti nel refettorio del Convitto diocesano, dove venne loro ammanita una colazione a spese del Corpo insegnante, che assiste pure al festino di famiglia. Disposizioni superiori. — Giusta Dispaccio Luogotenenziale 9 Aprile 1888 N. 5265-1, venne accordata 1’esenzione temporaria dal servizio della leva in massa (Landsturm) per la durata di un anno ai Professori, sig. Stefano Petris, Antonio Zernitz, Oreste Gerosa, Francesco Maier. — Coi Dispacci 14 gennaio 1888 N. 1432 de 87, 14 Gennaio 1888 N. 1559 de 87; 24 ottobre 1887 N. 1200 dell’ Ec-celso i. r. Consiglio scolastico provinciale dell’Istria, vennero accor-dati al Professore Mons. Lorenzo Schiavi il quinto, al Profess. Carlo Sbuelz il terzo, al Prof. Pietro Disertori pure il terzo aumento quin-quennale di soldo. — Col dispaccio 29 Maggio 1888 N. 802 pres. dell’Eccelsa i. r. Luogotenenza di Trieste si partecipa che gli esa-mi orali di maturitä in questo istituto saranno presieduti quest’anno dall’ ill. sig. Giorgio Hofmann, consigliere scolastico e direttore del-l’i. r. Ginnasio superiore dello Stato in Trieste; col Dispaccio 29 Maggio 1888 N. 802 dell’Ecc. Luogotenenza di Trieste s’incarica il Direttore di questo i. r. Ginnasio Giacorno Babuder di dirigere gli esami di maturitä quest’ anno al Ginnasio di Pisino. Nell’ anno scolastico 1887-88 si ebbero due casi di morte tra la scolaresca. Marcovich conte Ugo, di Giovanni, da Umago, di anni 13, scolaro della I Classe spirava il 29 Dicembre 1887 dopo breve e feroce ma-lattia. II povero giovinetto, cui non fu dato di frequentare le lezioni che per un mese o poco piü di scuola, erasi dato allo studio con a-more e per 1’indole sua, per la morigeratezza e 1’esemplare compor-tamento autorizzava a concepire di lui le piü belle speranze,troncate bru-scamente dalla fierezza del morbo, ehe lo strappö ali’ affetto dei suoi e deli’istituto. La salraa venne trasportata nella sua cittä natale, ove ebbero luogo le cerimonie funebri. Luches Diego di Luigi, da Pisino di anni 17, študente della VII Classe, — esempio del come possa anche in giovanil etä albergare un animo forte e tenace, cui le sofferenze e le vicende penose di una malattia ahi! troppo crudele ed insidiosa non valgono a strappare, fino all’ ultimo istante, 1’ingannevole illusione di poter vivere a con-forto de’ suoi cari — spirava il 22 Febbraio 1888. Come di solito in simiii casi luttuosi, i suoi compagni di classe, precedendo coli’esempio, destarono una nobile gara in tutti gli altri, nel rendere piü decorosi i funerali del povero giovane, cui le belle doti deli’animo e l'acerbitä della sorte conciliarono vivo e perenne affetto. Capodislria nel Luglio 1888. GIACOMO BABUDER Direttore VIII. ESAMI DI MAT URITA ANNO SCOLASTICO 1886-87 II risultato degli esami di maturitä tenuti al termine doli' anno scol. 1886-87 e questo: Furono dichiarati maturi agli studi universitari tutti i candidati ehe si pre-sentarono agli esami, ad eccezione di uno, ehe venne rimesso a ripetere 1’esame in un oggetto al termine di due mesi, e ehe subi detto esame con suceesso. I eandidati dichiarati maturi con distiiizione sono: Benussi Giuseppe da Rovigno, Borri Francesco da Muggia, Goidanich Pietro da Volosca, Maraspin Giorgio da Pirano, Mattioni A-medeo da Capodistria, Roeca Giuseppe da Montona. Gli altri, ehe vennero dichiarati semplicemente maturi sono: Albanese Domenico da Rovigno, Franca Tommaso da Parenzo, Martissa Luigi da Capodistria, Mecchia Carlo da Muggia, Perozzi Zaccaria da Ter/o di Aquileia, Vianello Augusto da Trieste, Calogiorgio Nicolö da Capodistria, ftaravini Carlo da Gorizia. Di questi si dedicarono alla teologia 4, alla giurisprudenza 3, alla medicina 3, alla filologia ?, agli studi superiori matematico-tecnici 1. ANNO SCOLASTICO 1887-88 Al termine deH’anno scol. 1887-88 domandarono di essere am-messi agli esami di maturitä 10 študenti ordinari dell’istituto e due straordinari. L’esame in iscritto ebbe luogo nei giorni 4, fino al 9 Giugno incl. coi temi seguenti I. Lingua tatina — a) Versione dall’italiano in latino'.Parole di Socrate ai suoi giudici (dal Gandino — retroversioni da Cicerone). b) Versione dal latino in italiano : Orazio, Epist. I, 10 (Urbis amatorem). II. Lingua greca. — Versione dal greco in italiano: Omero, Odissea, (ed. scol.) C. XIII v. 63-113. III. Lingua italiana. — La dignitä dell’uomo. IV. Lingua tedesca. — Versione dall’italiano in tedesco di un brano desunto dai «Promessi sposi» del Manzoni. Un mattino d’au-tunno in tempo di carestia. V. Matematica. — 1) 3a-2 3a-2 V(a; 5a m) 3 (a>'6) 3; 10m £c18a — 1-72758. Che valore ha 1’ incognita x in questa equazione se m e — 2 5 ? — 2) Un tale prende a prestito un capitale all’ interesse composto del 3% e lo da a prestito al 4 */2 %• Dopo 15 anni restituisce la somma prestata ed ha un guadagno di fior. 4000. A quanto ammontava il capitale? — 3. Si trovi il volume di un cono retto, dati che siano il raggio della base (6 ■ ogcm) e 1’ angolo al vertice della sezione assiale (110° 12' 8'3"). Gli esami a voce verranno presieduti dali’111. Sig. Giorgio Hofmann, consigliere scol. e direttore dell’ i. r. Ginnasio superiore dello stato in Trieste. L’ esito verrä comunicato a suo tempo nel foglio utficiale del dominio e nel programma dell’ anno scol. pross. v. FONDO GINN ASI ALE DI BENEFICENZA Chiusa di conto al termine deli’anno scolastico 1886-87 (vedi Prog. 1887 pag. 59). Introito, fiorini 401.41; — Esito, fiorini 401.41. Dagli 8 luglio 1887 ad oggi. (come dal giorn. di cassa). Introito flor.1 sol. Špese fior. sol. 1. Dal Candidato di maturitk 1. Sussidii in denaro a scolari al termine dell’ anno scol. poveri 27 30 1^86-87 C. Garavini . . 5 — 2. Da altri scolari alla chiusa 2. Per libri scolastici compe- dell'anno scol. 1886-87. 11 10 rati di seconda mano . . 12 02 3. Dall’ill. rev. mons. voscovo di Parenzo e Pola Giovanni 3. Al libraio Vito Morpurgo Dr. Flapp 4. Dali’ inelito Municipio di Ca- 60 — per testi scolastici per sco- 40 lari poveri — podistria 5. Dall’i. r. Ufficio principale 100 — 4. Al libraio in luogo B. Lon- delle imposte in luogo, per zar per libri forniti a scolari 302 97 interessi maturati delle due poveri nell'anno 1887-88. obbligazioui di stato posse- date dal fondo 42 — 5. Al libraio in luogo G. Cer- 6. Dall’inolita Giunta dell’ecc. nivani per libri, ut supra . 3 25 Dieta prov. doli'Istria . . 150 - 7. Frutto del capitale di fio- 6. Importo riservato per lega- rini 294.04 investito al 6°/0 17 64 tura di libri scol. durante le 8. Ricavato di libri scolastici vacanze autunnali .... 6 60 straeci inadoperabili e messi fuor d’ uso 6 40 Assieme flor. 392 14 Assieme fior. 392 14 Capodistria, 7 Luglio 1888. GIAC0M0 BABUDER direttore. DATI STATISTICI DELLA SCOLARESCA NELLE Cl—ASSI g Belativamente: I II III IV V VI VII VIII i a) al numero | publici . . . Furono iseritti ' privati.... 37 44 31 28 28 22 17 10 217 — — 1 2 — — — — 3 1 straord. . . . — — — 1 — — — 2 3 Insieme . 223 Abbandonarono la scuola per varie 1 1 12 cause durante 1’ anno scolastico . 4 2 2 2 — — Rimasero non esaminati al termine del II semestre 4 — 2 2 1 1 — — 10 b) al luogo di nascita ’) Da Capodistria 7 12 4 6 6 3 — 2 40 » altri luoghi dell’Istria . . . 17 23 lb 13 16 15 14 8 121 » Trieste e territorio .... 3 5 5 4 3 1 1 — 22 Dal Goriziano 1 2 2 1 1 — — — 7 Dalla Dalmazia — 1 — 1 — 1 — 3 Da Fiume Dal Tirolo meridionale .... — — — — — 1 — — 1 Dali’ estero I 1 c) alla religione Cattolici 29 42 27 24 27 20 16 10 195 d) alla nazionalith Italiani 25 40 26 24 25 18 13 10 181 Slavi 3 2 — — 2 2 3 — 12 Francesi 1 — — — — — — — 1 1 1 e) ali’ eth Di anni 10 » 11 10 10 » 12 15 20 35 » 13 4 19 12 35 » 14 3 9 17 — — — — 29 » 15 _ 5 3 17 — — — 25 » 16 _ 1 2 6 7 — — 16 » 17 . . . _ — 1 3 7 4 — 15 » 18 _ _ — 8 5 6 14 » 19 1 1 6 3 11 » 20 — — — 1 — 2 1 1 5 f) a stipendi e sussidii Stipendiodal fondo camerale istriano a f. 84 __ __ _ _ 1 1 2 Stipendi dello Stato per študenti delle isole quarneriche, a f. 100 . . . — 1 — 1 — 1 — 3 ’) I dati ehe seguono, si riferiscono a scolari publici ehe sono stati elassificati re-golarmente al termine del secondo semestre. NEL. I_E CLASSI m E I II III IV V VI VII VIII E o co Stipendi dell’ecc. Ministero della fi-nanza a f. 150 1 1 Stipendio dali’ Inel. Ginnta prov. dell’Istria a f. 100 _ _ 3 1 2 3 1 10 i Sussidi dalla stessa a f. 50 . . — 2 1 1 2 1 1 1 9 » » » y> »25 . . — — 2 — 2 1 — — 5 » » » » » 20 . . — — 1 1 1 — — — 3 Dalla fondazione Dobrila f. 100.80 . — 1 — 1 — 1 2 — 5 Fond. Castro di Pirano a f. 105 . — — — 1 — — — — 1 Fond. scuole di caritä in Cherso a f. 100 1 1 2 Dal Mnnicip. di Trieste suss. f. 200 — — — 3 — — — — 3 Fond. «Coceich» ('Pola) a f. 210 . — — 1 — — — — — 1 Imp. compl. d. stip. e suss. f. 3772.40 g) alla tassa scolastica I. semestre pagarono la tassa seo-lastica per intero 34 18 12 8 11 7 8 5 103 I. sem. pagar. tassa scol. per meta — 1 1 1 — — 1 — 4 Ne furono esenti — 25 19 20 17 15 8 7 111 Nel II semestre pagarono per intero 13 18 12 11 13 8 8 4 87 » » metk 1 1 — — — — 1 — 3 Ne furono esenti 19 23 17 15 15 14 7 7 117 Importo eomplessivo riscosso dagli scolari pub f. 2894.50 h) agli oggetti liberi Lingua slava (frequentanti) . . . 4 6 14 14 4 7 9 2 60 Canto (non fu aperto il corso per mancanza di maestro qualilicato). Disegno (idem) Ginnastica (frequentanti) .... 7 11 3 6 5 1 1 _ 35 Dati statistici riguardanti la clas-sificazione del II semestre 1886-81, completatiinseguito ai risultati de-gli esami di riparazione tenuti al principio deli'anno scol. 1887-88 Classe prima con eminenza . . 3 4 3 2 2 3 6 3 26 » prima 29 22 21 29 19 13 9 — 142 » seconda 4 3 2 1 1 — — — 9 » terza 10 1 11 Non comparvero a subire 1' esame di riparazione -2 — 1 1 — — — — 4 Al termine deli’anno scolast. 1887-88 riportarono Classe prima con eminenza . . . 5 6 3 5 4 1 5 2 32 » prima 15 21 15 17 15 16 9 8 116 » seconda — 5 \ — — 3 — — 9 » terza 3 2 — — 1 — — — 6 Vennero rimessi ad esame di riparazione in un oggetto dopo due mesi . 1 6 8 8 2 7 — 2 — 33 A s '•J äi ,.V| * -fn- i ELENCO D’ONORE (legli SCOLARI CHE ALLA FINE DELL’ANNO SCOLASTICO 1887-88 Riportarono la classe complessiva i*C- GLASSE I. BASTIANICH GIUSEPPE GENIN RENATO NEŽIC GIOVANNI SALATA FRANCESCO ŠTOLFA EM1LIO CLASSE II. BABUDER PIO BARTOLI GIOVANNI BERGIČ GIOVANNI DEPIERA MAURO FABRO ANAFESTO MARSICH GIUSEPPE CLASSE III. CAPOLICHIO ANTONIO FULIN ANGELO LIUS ONORATO CLASSE IV. BARTOLI MATTEO GALU EDOARDO GIACHIN EMILIO GLADULICH LAMBERTO PALISCA MARCO CLASSE V. BISCONTINI GIACOMO BRONZIN ANTONIO BRONZIN VINCENZO LUCIANI LUCIANO CLASSE VI. KRAINZ GIUSEPPE CLASSE VII. BASILISCO NARCISO DEPANGHER CARLO PESANTE ANTONIO ZUBAN ANTONIO ZUCCON GIOVANNI CLASSE VIII. MANZUTTO GIUSEPPE PALIN GIORGIO p-. & n J w'- (3 AV VI S O L’apertura dell’anno scolastico 1888-89 avri luogo il 16 Set-tembre a. c. L’ iscrizione principierä il giorno 12 Settembre e continueri nei quattro giorni successivi dalle ore 9 ant. alle 1 pom. Gli študenti dovranno comparire ali’ istituto accompagnati dai genitori o dai rappresentanti dei medesimi, i quali — a seanso di misure spiacevoli ehe potrebbero venir preše dalla Direzione nel corso deli’ anno scolastico — sono tenuti di dar avviso alla serivente presso quäle famiglia intendano di collocare a dozzina i rispettivi figli o raccomandati. Cosi pure vorranno comparire muniti della fede di poverti estesa in piena forma legale quegli študenti ehe vorranno aspirare all’esenzione della tassa scolastiea od a sussidi dal fondo di beneficenza: (fede parocchiale, confermata dal rispettivo Comune, con dati precisi sulle condizioni personali ed economiche della famiglia — numero, et& dei figli, possidenza, traffichi, industrie documentati da esatta indicazione degli importi pagati a titolo di pubbliche im-posizioni, nonche delle passiviti aggravanti la sostanza). Pegli esami di ammissione alla l.a Classe sono fissate due epoche, il 15, 16 (eventualmente 17) Luglio ed il 16, 17, 18 Settembre a. c. Per altri esami sono destinati i giorni 16, 17, 18 Settembre. L’ufficio divino d’inaugurazione si celebrerä il 18 Settembre e 1’i-struzione regolare principierä il 19 Settembre. DALLA DIREZIONE DELL’ I. R. GINNASIO SUPERIORE Capodistria 8 Luglio 1888. 11 Direttore G. BABUDEIt